Analisi dell’attività Allievi, dove gli schemi stanno cambiando

Analisi dell’attività allievi, dove gli schemi stanno cambiando

22.11.2025
5 min
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Il ciclismo corre e cambia i suoi connotati. Fino a pochi anni fa si dava poco risalto alle gare per allievi sottolineando come in quella dimensione l’aspetto ludico dovesse mantenere la preminenza. E’ ancora così? Molti lo dicono, ma alla resa dei conti, assistendo alle gare, ci si accorge che ormai la categoria è vista come un vero e proprio antipasto degli juniores, come una porta d’accesso al ciclismo che conta.

La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini
La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini
La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini
La volata tricolore che ha premiato Tommaso Cingolani, già 1° nella crono, su Ceccarello e Fiorini

Ragazzini, ma dal fisico già strutturato

Ecco così che tutti quei principi di base, come il fatto che a quel livello il lavoro di squadra è ancora un concetto astratto, perdono valore. La categoria sta cambiando, non a caso i procuratori guardano già con sempre maggiore interesse a quanto avviene a quei livelli, vanno a caccia di talenti, ma il problema rimane sempre lo stesso: ci si dimentica spesso che la maturazione non ha gli stessi tempi per tutti

Innanzitutto dal punto di vista fisico: chi gira per le gare degli allievi si accorge che ci sono ragazzi di 15-16 anni già formati, strutturati e che sfruttano questo vantaggio fisico per emergere. Ma la maggior parte non è così, è ancora lontana dal raggiungere la sua conformazione ideale e definitiva: chi dà a questi il tempo di farlo? Il rischio di perdere di vista talenti importanti è concreto e il ciclismo italiano non può permetterselo.

In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21
In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21
In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21
In 336 gare si sono registrati 128 vincitori diversi e 266 ciclisti sul podio. Primato di presenze per Agnini, Alessiani ed Endrizzi con 21

Si gareggia troppo?

Non è questo l’unico rischio: c’è anche il fatto che il calendario, stretto com’è nella fascia tra marzo e ottobre, è sovrabbondante. Abbiamo preso in esame 336 gare, se poi si considera che molti (per fortuna…) fanno anche altre attività, come il ciclocross invernale oppure la mountain bike in alternativa, ci si accorge che i ragazzi sono impegnati praticamente tutti i fine settimana. Ma parliamo di ragazzini impegnati con la scuola, che tra allenamenti e gare vivono un impegno alternativo che riempie le loro giornate. Forse anche troppo…

E’ un problema solo italiano? Assolutamente no. Una considerazione che emerge guardando la stagione è che ormai abbiamo una categoria che è copia conforme a quella successiva. Squadre di riferimento assoluto, trasferte in giro per l’Italia a ogni pié sospinto, ma c’è un altro dato che emerge: i confronti sempre più frequenti con gli stranieri. In Italia in questa stagione sono emersi spesso nuovi talenti sloveni, come quel Maks Olenik vincitore dell’ultima Coppa d’Oro battendo un suo connazionale. Le imprese di Pogacar stanno facendo proseliti, il movimento locale è in forte incremento come nel tennis avviene anche da noi

Maks Olenik vincitore della Coppa d'Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia (foto Mosna)
Maks Olenik vincitore della Coppa d’Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia (foto Mosna)
Maks Olenik vincitore della Coppa d'Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia
Maks Olenik vincitore della Coppa d’Oro su Keun, suo connazionale. Gli sloveni hanno vinto più gare in Italia (foto Mosna)

Le squadre di riferimento

L’analisi della stagione dice che ci sono squadre che rappresentano i fari della categoria allievi, portando a casa la maggior parte delle vittorie. Come la Petrucci Zero24 e il Team Iperfinish che spesso finiscono per accaparrarsi podi popolati solamente da loro rappresentanti. Questo significa che già a quell’età si fa la corsa per entrare in quei contesti, dove c’è anche una forte concorrenza interna. Come in ogni cosa, è un fattore che può avere una valenza positiva o negativa, dipende da come lo si guarda.

Che non si possa più parlare di una categoria dove l’agonismo e l’aspetto tecnico sono in secondo piano passa anche dall’evoluzione delle corse a tappe, in importante sviluppo. E che danno responsi importanti, ad esempio mettendo in evidenza Andrea Endrizzi, corridore del VC Marostica vincitore de Le Fiumane, prova su 5 frazioni e poi terzo al Giro delle Tre Province, vinto da Andrea Gabriele Alessiani.

Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia
Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia
Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia
Il podio de Le Fiumane, corsa a tappe vinta da Andrea Endrizzi su Zanei e Brustia

Il primatista delle vittorie

Il portacolori del Petrucci Zero24 Cycling Team è  sicuramente il corridore che si è messo più in luce in questa stagione: primatista di vittorie fra gli allievi con 11 successi, trionfatore al Gran Premio Liberazione a Roma, Alessiani rappresenta pienamente il discorso fatto prima, con uno sviluppo fisico prepotente tanto che a guardarlo si pensa di essere davanti a uno junior già formato e pronto per il grande salto.

E’ proprio in casi come il suo che bisogna lavorare di cesello, evitando la facile tentazione di fargli saltare le tappe. In fin dei conti, se si dice che è dagli juniores che si comincia a fare sul serio, una ragione ci sarà…

Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici
Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici
Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici
Alessiani vincitore del Liberazione a Roma. Un fisico già definito, che lo fa emergere in molti ambiti tecnici

L’effervescenza nelle Isole

Andando in profondità c’è però un altro elemento, per certi versi un po’ nascosto, che emerge ed è la forte vitalità che emerge da regioni solitamente considerate ai margini della grande attività, come Sicilia e Sardegna. Dove non solo si svolgono molte gare per allievi (magari all’interno di altre, con classifiche estrapolate) ma emergono anche buoni talenti, grazie soprattutto al fatto che c’è un forte scambio con altre regioni.

I migliori delle Isole vanno a gareggiare anche nel continente e alcune prove locali raccolgono adesioni anche da team di riferimento di altre regioni. Questo è un dato anche superiore a quanto avviene poi fra gli juniores, dove ad esempio l’attività siciliana è strettamente locale e quella sarda molto ridotta in paragone. Su questo aspetto bisognerebbe sicuramente lavorare.

Van Rysel è anche sinonimo di abbigliamento ad alte prestazioni

Van Rysel è anche sinonimo di abbigliamento ad alte prestazioni

22.11.2025
5 min
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Non solo biciclette. Van Rysel spinge forte anche nella categoria dei capi tecnici di alta qualità e dalla resa tecnica elevata. Il marchio francese diventa sempre più un marchio premium sotto ogni punto di vista, ma i prezzi restano al di sotto della media della categoria.

Abbiamo provato la giacca Racer2 e la calzamaglia RCR Extreme. Sono due capi davvero tecnici, ben fatti e curati nel dettaglio, minimali al primo impatto visivo, ma ricchi di soluzioni per nulla banali, votati al comfort, praticità e protezione. Ecco le nostre considerazioni.

Van Rysel è anche sinonimo di abbigliamento ad alte prestazioni
Il brand di alto livello di Decathlon
Van Rysel è anche sinonimo di abbigliamento ad alte prestazioni
Il brand di alto livello di Decathlon

Van Rysel categoria Racer

Entrambi i capi oggetto del nostro approfondimento fanno parte della categoria Racer ed è la top di gamma Van Rysel. Racer2 è la giacca ergonomica ed aderente (vestibilità ProFit) con spessori ridotti (soprattutto nelle maniche), che non rinuncia a nulla in fatto di protezione. E’ composta da una membrana anti-vento esterna che al tempo stesso ha un buon potere idrorepellente. Internamente alterna tessuti dalla struttura diversa e con spessori differenziati, applicati in modo strategico. L’obiettivo è garantire una termoregolazione costante e una veicolazione del sudore all’esterno del capo, senza accumuli.

Ha complessivamente 5 tasche posteriori, 3 classiche ed una centrale con la zip, alle quali si aggiunge un’altra tasca esterna in rete. Tanto spazio accessibile che serve sempre e non guasta mai anche nell’ottica di uscite lunghe. Il tessuto delle tasche è parecchio elastico, vantaggioso. Colletto mediamente alto, finemente e leggermente imbottito in modo da non bagnarsi con il sudore, morbido in modo da adeguarsi in modo ottimale in caso di utilizzo di scaldacollo aggiuntivi. Zip lunga e sostanziosa, arricchita con un cursore dotato di bandella facile da raggiungere sempre. Inoltre la zona delle scapole presenta delle asole (coperte e protette) che aumentano la veicolazione dell’umidità verso l’esterno. Ottima scelta, una soluzione tanto semplice quanto efficace. E poi c’è il valore aggiunto della mezzaluna posteriore che all’occorrenza si allunga sui glutei, adattabile e idrorepellente. Una gran bella idea.

La calzamaglia RCR Extreme

E’ una salopette lunga. Disegnata, sviluppata e prodotta per chi vuole allenarsi intensamente anche quando le temperature scendono in modo importante. Cosa serve quando ci si allena con il freddo e si cerca intensità? L’atleta agonista necessita di libertà nei movimenti e adattabilità del capo. Al tempo stesso ha bisogno di protezione e di una giusta termicità dei tessuti che devono essere idrorepellenti nel modo adeguato. La salopette deve integrare un fondello adatto all’agonismo.

Il tessuto posizionato su fianchi e glutei, cosce e sulle gambe, fino alle caviglie alterna spessori e densità differenziate. Sulle articolazioni c’è una maggiore elasticità, mentre sulle sezioni meno soggette a rotazione movimento il tessuto caldo è completato da una membrana che protegge dal freddo (mai goffa e troppo rigida). Sulle caviglie il tessuto è molto sottile e privo di imbottiture, per evitare accumuli di umidità. Anche il giro vita ha spessori differenziati, caldo dove serve e più leggerezza dove è fondamentale garantire quest’ultima. Le bretelle sono molto elastiche e forate. Il fondello è prodotto da Elastic Interface su specifiche Van Rysel (sempre una garanzia). E’ molto scarico al centro e nella sezione anteriore che funge come una “tasca”, pieno e sostanzioso ai lati (e punti principali di contatto). A nostro parere è un fondello che trova la giusta interfaccia con le selle moderne che presentano il foro/canale di scarico centrale.

In conclusione

Van Rysel cala un bell’asso pigliatutto con i due capi della gamma Racer. Sono belli e fatti bene, sono sfruttabili e pur avendo una vestibilità ergonomica/asciutta, non sono estremi, ovvero non fanno l’effetto sottovuoto. La giacca, in proporzione è ancora più versatile della salopette, quest’ultima maggiormente specifica per le giornate più fredde quando il vento freddo pizzica e infastidisce. A prescindere dall’utilizzo e dall’approccio soggettivo in termini di utilizzo, i due prezzi di listino valgono al 200% la tecnicità di RCR Extreme e Racer2. Rispettivamente 79,99 euro per la calzamaglia e 69,99 per la giacca, prezzi molto interessanti e abbondantemente al di sotto della categoria normalmente dedicata agli agonisti.

Van Rysel

Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)

Pavanello e Borgo Molino: i motivi dietro l’addio

22.11.2025
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Quattro anni da corridore e poi altri ventisei in ammiraglia, a seguire, allenare, parlare e veder crescere giovani di generazioni tanto diverse ma con un’unica passione: il ciclismo. Le strade di Cristian Pavanello e della Borgo Molino Vigna Fiorita si sono separate dopo trent’anni, una scelta difficile ma necessaria. Il cammino intrapreso insieme è giunto a un bivio e non è stato più possibile proseguire l’uno accanto all’altro (in apertura Photors.it). 

«Ho fatto il diesse per tanti anni – racconta Pavanello quando lo chiamiamo per raccontarci questa storia – ma non sono io il padrone di casa. In queste situazioni nel momento in cui non sei d’accordo con determinate scelte è il momento di voltare pagina. La stagione 2025 non è stata una delle migliori, ma in tanti anni di attività possono capitare delle annate storte. Abbiamo avuto degli infortuni che ci hanno rallentati, succede e si guarda avanti».

Cristian Pavanello, Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)
Cristian Pavanello dopo 26 anni lascia la Borgo Molino Vigna Fiorita (Photors.it)
Cristian Pavanello, Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)
Cristian Pavanello dopo 26 anni lascia la Borgo Molino Vigna Fiorita (Photors.it)
Tuttavia le strade si dividono…

Chi è a capo del team ha voluto fare dei cambiamenti sui quali non mi trovavo d’accordo. Si è voluto inserire del personale nuovo che avesse un collegamento con squadre WorldTour, sinceramente mi è sembrato un passo fin troppo grande. E’ normale che dopo tanti anni si provi a cambiare, tutti cerchiamo di restare aggiornati e seguire i tempi. 

Quale aspetto non ti ha convinto?

Si vogliono apportare determinati cambiamenti in una categoria, quella juniores, nella quale i ragazzi hanno ancora tante altre cose a cui pensare. Prima tra tutte la scuola. Il ciclismo in età giovanile e adolescenziale non dovrebbe essere visto come una professione, eppure questo già succede. Ci sono ragazzi che lasciano gli studi.

Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)
Il 2025 è stato un anno difficile ma non privo di soddisfazioni, qui la vittoria al GP Rinascita, la corsa di casa del team (Photors.it)
Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)
Il 2025 è stato un anno difficile ma non privo di soddisfazioni, qui la vittoria al GP Rinascita, la corsa di casa del team (Photors.it)
Un mondo, in generale, nel quale si fa fatica a riconoscersi?

Sono arrivate anche qui (tra gli juniores, ndr) le società satellite dei team WorldTour. Per fronteggiare e competere contro queste armate non basta dire: «Facciamo come loro». Stiamo parlando di realtà con budget praticamente illimitati e un numero di personale decisamente superiore e qualificato. Per restare al passo con i tempi serve fare scelte ponderate, non basta la voglia di simulare ciò che fanno questi team. 

In Italia è possibile?

Partiamo dal dire che il regolamento federale non aiuta, non è colpa della Federazione perché per aggiornarci serve tempo e mettere d’accordo tante teste (troppe forse, ndr). Ma facciamo un paragone.

I devo team juniores hanno alzato il livello, rendendo difficile per le squadre italiane il confronto, qui la Grenke Auto Eder in parata al 37° Trofeo GD Dorigo (foto Instagram/ATPhotography)
I devo team juniores hanno alzato il livello, rendendo difficile per le squadre italiane il confronto, qui la Grenke Auto Eder in parata al 37° Trofeo GD Dorigo (foto Instagram/ATPhotography)
Prego…

Un devo team juniores può prendere ragazzi di tante nazionalità diverse, senza limiti (il Team Grenke-Auto Eder nel 2025 aveva nove ragazzi di sette nazionalità differenti, ndr). Una squadra juniores italiana può prenderne al massimo uno e poi due atleti con un punteggio superiore a 35. Va da sé che nel confronto non si parta ad armi pari, anche perché ogni domenica corri contro atleti di livello internazionale e noi abbiamo al massimo uno o due ragazzi che possono competere (ne è esempio il successo in parata della stessa Grenke-Auto Eder al Trofeo Dorigo, ndr). 

Guardiamo all’estero ma il confronto è difficile?

E’ tutto completamente diverso, hanno capacità e metodi che per noi sono impossibili da replicare. Pensate al calendario, questi devo team possono correre all’estero quando vogliono. Lo staff e il personale sono pagati e fanno questo di lavoro. In Italia ci basiamo ancora sul volontariato: sacrosanto e per fortuna che esista, ma non si può competere. 

Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)
In Italia il movimento juniores si è sempre basato su solide realtà, ma la crisi è evidente (Photors.it)
Juniores, Borgo Molino Vigna Fiorita 2025 (Photors.it)
In Italia il movimento juniores si è sempre basato su solide realtà, ma la crisi è evidente (Photors.it)
Impossibile farlo ora, ma in futuro?

Penso sia possibile, ma si deve fare tutto grado per grado. E prima di quei cambiamenti portati avanti dal team si devono fare altre cose. Ad esempio c’è il discorso dei materiali: biciclette, abbigliamento, ecc… I devo team si basano sulle squadre WorldTour, possono offrire all’atleta un supporto illimitato. Da noi avere due o tre biciclette, poi la bici da cronometro e kit nuovi ogni mese è impossibile

Di squadre che sanno lavorare bene ce ne sono anche da noi…

Chiaramente davanti all’offerta dall’estero un ragazzo si fa attrarre, così come la famiglia. Sembra che in Italia non siamo più bravi a fare nulla, non penso sia vero. Abbiamo le nostre qualità, certo per competere con determinate realtà si fa fatica. Ma ci siamo sempre difesi.

L’accordo tra Borgo Molino e Coratti era stato siglato tra i due presidenti, Pietro Nardin e Simone Coratti. Poi il dietrofront di questi giorni
L’accordo tra Borgo Molino e Coratti era stato siglato tra i due presidenti, Pietro Nardin e Simone Coratti. Poi il dietrofront di questi giorni
E’ notizia di qualche giorno fa che la Borgo Molino e il Team Coratti non si uniranno più.

Era un’iniziativa portata avanti da me, negli anni ne abbiamo fatte tante tra Italia ed estero. Non so come mai non sia proseguita la cosa. Io avevo fatto incontrare i due presidenti delle squadre che poi erano arrivati a trovare l’accordo, ma è saltato tutto. A mio avviso era una bella iniziativa. Va bene ambire al WorldTour (l’obiettivo dichiarato della Borgo Molino è diventare devo team entro cinque anni, ndr) ma prima sarebbe stato meglio aprire gli occhi e allargare il bacino d’utenza in Italia.

Patrik Pezzo Rosola, Guerciotti

Pezzo Rosola: gli obiettivi nel cross e il rapporto con i devo team

21.11.2025
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A sentirlo Patrik Pezzo Rosola dà l’impressione di essere uno di quegli adolescenti sornioni, una montagna di ricci neri e gli occhi attenti, pronti a scrutare qualsiasi cosa gli passi intorno. Il suo secondo anno nella categoria juniores si è aperto con la stagione di ciclocross, nella quale il figlio d’arte ha trovato ottimi risultati. Tra questi un secondo posto al campionato europeo di categoria, chiuso alle spalle di Filippo Grigolini, un risultato dolce-amaro digerito quasi subito e accompagnato da una vittoria lo scorso fine settimana.

Ora il secondo dei fratelli Pezzo Rosola è a casa a riposare dopo uno dei tanti allenamenti. La scuola è finita questa estate, ma in famiglia c’è sempre da dare una mano e papà Paolo e mamma Paola non lo lasciano troppo tranquillo

«Stamattina mi sono allenato – ci racconta – ora mi sto riposando un pochino. Gioco alla Playstation e mi occupo di qualche faccenda domestica, diciamo che finita la scuola ho un po’ di libertà in più, ma non troppe».

Patrik Pezzo Rosola, Guerciotti, Aigle (foto FCI)
Patrik Pezzo Rosola in maglia tricolore festeggia la vittoria ad Aigle ottenuta lo scorso fine settimana (foto FCI)
Patrik Pezzo Rosola, Guerciotti, Aigle (foto FCI)
Patrik Pezzo Rosola in maglia tricolore festeggia la vittoria ad Aigle ottenuta lo scorso fine settimana (foto FCI)
Come sta andando questo inizio di stagione?

Bene, tra poco partiremo per la prima tappa di Coppa del mondo di ciclocross con la nazionale, correremo a Tabor. Partirò giovedì, andrò su in camper insieme ai miei genitori, mentre il resto del team arriverà venerdì. Ho scelto di viaggiare con qualche comodità in più e di arrivare un giorno prima per allenarmi là. 

Ti senti pronto per il debutto?

Sì, sono abbastanza fiducioso, la condizione c’è. Mi preoccupa leggermente il rapporto con il freddo. Fino ad adesso ci è andata bene, a Tabor però ci aspettano temperature minime sotto lo zero e non sarà facile. Anche perché domenica correremo alle 8,50 del mattino.

Patrik Pezzo Rosola, nazionale, europeo ciclocross 2025
Patrik Pezzo Rosola ha conquistato un ottimo argento all’europeo di cross a inizio novembre
Patrik Pezzo Rosola, nazionale, europeo ciclocross 2025
Patrik Pezzo Rosola ha conquistato un ottimo argento all’europeo di cross a inizio novembre
Smaltita la delusione per l’europeo?

Sì, l’ho metabolizzata subito, anche perché la sera prima ho saputo che c’erano problemi con l’omologazione delle nostre bici (il problema per cui è stata squalificata Giorgia Pellizotti, ndr) e ho avuto modo di utilizzare quella di Mattia Agostinacchio. Considerando tutta la situazione, il secondo posto è stato un ottimo risultato. 

In che modo hai approcciato questo secondo anno da junior?

Convinto, sapevo di essere uscito in crescendo dalla stagione passata. Nel ciclocross ho come obiettivi la Coppa del mondo e il mondiale. Il programma fatto insieme al team Guerciotti è interessante e volto a preparare al meglio ogni appuntamento. Dopo le prime tappe di Coppa correrò un po’ in Belgio con il team. Di quei posti mi piace l’atmosfera che si respira, nessuno vive il ciclocross come i belgi, mi diverto davvero tanto. 

Patrik Pezzo Rosola, strada, Assali Stefen Makro 2025 (Photors.it)
Nel 2026 Patrik Pezzo Rosola continuerà a correre con la Assali Stefen Makro su strada (Photors.it)
Patrik Pezzo Rosola, strada, Assali Stefen Makro 2025 (Photors.it)
Nel 2026 Patrik Pezzo Rosola continuerà a correre con la Assali Stefen Makro su strada (Photors.it)
Tra cross e strada hai fatto un primo anno da junior davvero convincente, sono arrivate anche per te le chiamate dei devo team?

Qualcuno è venuto a parlarmi, così come tutte le squadre italiane. La scorsa estate è venuta la Bora a parlarmi, con l’idea di farmi fare il secondo anno da juniores con loro. Ne ho parlato con la mia famiglia e il mio procuratore, ma non eravamo convinti. Io stesso non me la sentivo di fare un salto così grande ancora da junior.

Perché?

La Red Bull-BORA è un team forte e importante, dove però le richieste e le pressioni sono maggiori rispetto a una normale squadra juniores. Queste devo guardano già alla vittoria e chiedono risultati. Io invece ho preferito restare ancora con l’Assali Stefen Makro, così da crescere e stare tranquillo. Con la squadra mi trovo bene, staff e compagni li conosco, per cui non avevo motivo di lasciarli. Ho preferito fare le cose in maniera più regolare, concedendomi il tempo per crescere e maturare. 

I risultati della scorsa stagione hanno acceso i riflettori sul più giovane dei fratelli Pezzo Rosola ma per i devo team ci sarà tempo da U23
I risultati della scorsa stagione hanno acceso i riflettori sul più giovane dei fratelli Pezzo Rosola ma per i devo team ci sarà tempo da U23
Invece da under 23?

Lì il discorso cambia e passare in un devo team è un mio obiettivo. Dopo l’europeo di ciclocross qualche chiamata è già arrivata. Spero di concludere la stagione del fango con un accordo già in tasca. Mi piacerebbe anche trovare un devo team che mi faccia continuare a correre nel cross, ma questo si vedrà.

Kjell Carsltrom, Israel Premier Tech, NSN Cycling Team

Carlstrom saluta Israel e riparte da NSN Cycling Team

21.11.2025
4 min
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«Siamo orgogliosi di dare il benvenuto a NSN e Stoneweg nel nostro team – ha dichiarato Kjell Carlstrom – e di annunciare il nostro nuovo nome e la nostra nuova identità».

Non è bastato per trattenere Premier Tech, ma la metamorfosi della Israel Cycling Academy è ora avvenuta davvero. L’obiettivo di distaccarsi dalla bandiera israeliana è stato raggiunto e il gruppo sportivo guidato da Kjell Carlstrom proseguirà l’attività con un altro nome e una nuova affiliazione. Dopo le manifestazioni della Vuelta nei giorni più atroci del massacro di Gaza e la rinuncia (non si sa quanto spontanea) alle corse italiane di inizio autunno, la squadra ha deciso di svoltare. 

«La società internazionale di sport e intrattenimento NSN (Never Say Never) e Stoneweg, una piattaforma di investimento globale con sede a Ginevra, in Svizzera – si legge nel comunicato – hanno stipulato una joint venture nel ciclismo professionistico su strada per rilevare la struttura dei team WorldTour e Development per la stagione 2026 (in realtà la Israel-Premier Tech era una professional, ndr). Di conseguenza, il nome della nuova squadra World Tour è NSN Cycling Team. Questo è un nuovo capitolo incredibilmente entusiasmante per il team e non vediamo l’ora di debuttare come NSN Cycling Team».

Fra Svizzera e Spagna

La nuova squadra sarà affiliata in Svizzera, al pari della Tudor Pro Cycling e del Team Pinarello-Q36.5. La struttura sarà invece spagnola, con sedi a Barcellona e a Girona, vero hub del professionismo internazionale. Il perché dell’anima catalana si spiega anche col fatto che tra i fondatori di NSN c’è Andres Iniesta, leggenda del Barcellona e della nazionale spagnola.

La presenza in gruppo del vecchio team, nata come veicolo di propaganda per Israele, ha causato diverse contestazioni, al punto che lo sponsor canadese Premier Tech ha annunciato l’immediato ritiro dalla squadra, ritenendo “insostenibile” continuare a sponsorizzarla. I canadesi si sono accontentati di diventare per i prossimi due anni il primo nome della continental francese St Michel-Preference Home-Auber93.

«Questa opportunità – ha spiegato Jean Bélanger, Presidente e CEO di Premier Tech – si sposa perfettamente con le ragioni per cui siamo impegnati nel ciclismo da oltre 30 anni. Costruire ponti a tutti i livelli dello sport e contribuire allo sviluppo dei ciclisti del Quebec e del Canada».

Durante la Vuelta le proteste contro la presenza del team israeliano hanno più volte fermato il gruppo (foto Marta Brea)
Durante la Vuelta le proteste contro la presenza del team israeliano hanno più volte fermato il gruppo (foto Marta Brea)

Il Tour de France sotto casa

La squadra ha cambiato nome, dalla prossima settimana dovrebbe essere in ritiro, mentre l’organico, i nuovi colori, i materiali (si parla di separazione da Factor Bikes con l’ingresso di Scott, rimasta fuori dalla Q36.5) e il programma delle gare saranno annunciati in seguito.

«E’ una sfida enorme per NSN immergersi nel mondo del ciclismo – ha detto Joel Borràs, Presidente e Fondatore di NSN – uno sport di portata così globale. E’ una fantastica opportunità per esplorare nuovi modi di comunicare e di entrare in contatto con uno sport in linea con i valori della nostra azienda».

«Il lancio del NSN Cycling Team – ha dichiarato invece Jaume Sabater, CEO di Stoneweg Group – è un momento di orgoglio per tutti noi e siamo incredibilmente entusiasti di lavorare con Kjell e l’intero team per garantire che possiamo raggiungere i massimi livelli nel ciclismo nei prossimi anni. Il ciclismo è uno sport che incarna valori in cui crediamo fermamente, dall’ambizione e dalla resilienza al lavoro di squadra e all’integrità. Il nostro nuovo team mira a incarnare questi principi e a ispirare la prossima generazione di ciclisti e tifosi».

Con il Tour de France 2026 che partirà da Barcellona, sede di NSN, è facile immaginare che per il nuovo gruppo si prospetta la ghiotta occasione di celebrare il fresco investimento.

Copertoni Schwalbe Tudor

Quali gomme invernali? Le scelte in casa Tudor

21.11.2025
4 min
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Per pedalare d’inverno, lo sappiamo, occorre attrezzarsi bene. Gambe coperte e giacca pesante, copriscarpe, guanti e chi più ne ha più ne metta. Ma nella brutta stagione anche la bici necessita di un “abbigliamento” particolare, a partire dai copertoni.

Che differenze ci sono tra gli pneumatici estivi e quelli invernali? Come utilizzarli al meglio? L’abbiamo chiesto a Diego Costa, una vita da meccanico di altissimo livello e ora Head of Operations nel Tudor Pro Cycling Team.

Diego Costa, meccanico, head of operations Tudor Pro Cycling
Diego Costa è passato alla Tudor dopo anni alla Ineos. Dal 2026 sarà Head of Operations (foto Tudor Pro Cycling)
Diego Costa, meccanico, head of operations Tudor Pro Cycling
Diego Costa è passato alla Tudor dopo anni alla Ineos. Dal 2026 sarà Head of Operations (foto Tudor Pro Cycling)
Diego, come prima cosa ci dici quali sono le differenze tra una gomma estiva e una invernale?

La differenza principale riguarda il rotolamento. Con quelle estive si cerca il massimo della performance e della velocità, ma si perde qualcosa per quanto riguarda il grip. Quelle invernali invece sono più strutturate come carcassa, quindi leggermente meno veloci, ma più aderenti. Una differenza che infatti si vede anche nel peso.

Alla Tudor siete sponsorizzati da Schwalbe, che modelli utilizzate e quanto pesano?

Durante la stagione montiamo sempre gli Schwalbe Pro One da 28 mm, anche a cronometro. Invece per l’inverno diamo ai corridori gli Schwalbe One 365 sempre da 28, uno pneumatico quattro stagioni. Pesano rispettivamente 260 e 360 grammi, quindi come dicevo c’è una bella differenza.

Cambia anche la resistenza alle forature?

Esatto, i 365 hanno la protezione RaceGuard, oltre ad una carcassa più robusta e una mescola diversa. Per questo paga qualcosa in termini di resistenza al rotolamento, ma per gli allenamenti invernali vanno più che bene. Poi dipende anche dalle condizioni atmosferiche e da dove si abita. Abbiamo corridori spagnoli che usano sempre i Pro One, anche per avere sempre lo stesso setup. Allo stesso tempo ci sono altri corridori, per esempio gli olandesi, che utilizzano i 365 durante tutto l’anno.

E questo cambiamento tra pneumatici da allenamento e gara non si sente?

Molto poco direi, perché comunque giochiamo anche con le pressioni per fare in modo che abbiano le stesse sensazioni. Per esempio tenendo i Pro One a un gonfiaggio più basso.

A proposito di pressioni, quali sono quelle giuste per il modello invernale 365?

Parlando della versione tubeless, che consiglio senz’altro, noi le usiamo dai 4 a 5,3 bar. Secondo me anche per gli amatori durante l’inverno conviene certamente un copertone un po’ più robusto e più sicuro, e quello è un ottimo modello. Anche per quanto riguarda il design, il 360 ha le scanalature più accentuate di quello estivo, un dettaglio importante in questa stagione, quando spesso le strade restano umide anche con il bel tempo.

Negli Schwalbe One 365 anche la scanalatura è più marcata, per un migliore grip sul bagnato
Negli Schwalbe One 365 anche la scanalatura è più marcata, per un migliore grip sul bagnato
Torniamo un attimo alla vostra scelta durante le gare. Come mai avete optato per la misura da 28 mm?

Abbiamo esplorato molte combinazioni, fatto molti test, e quella sezione, nell’insieme del sistema copertone-ruota-bici, si è dimostrata la migliore. L’anno scorso per esempio utilizzavamo il 25 mm all’anteriore e il 28 mm al posteriore, da quest’anno invece siamo passati solo alla sezione più grande. E rimarremo così anche per la prossima stagione. Tranne che per le gare sulle pietre, dove utilizzeremo i Pro One ma da 30 mm.

Qualcuno dei vostri durante l’inverno fa anche gravel? In questo caso che pneumatici consiglieresti?

Sì qualche corridore che abita in nord Europa lo fa, anche per diversificare la preparazione, ma è una cosa che chiedono direttamente loro. Per il gravel un’ottima opzione sono gli G-One Overland 365 da 40 mm, per i quali vale più o meno lo stesso discorso fatto per gli One 365 stradali. Sono degli pneumatici quattro stagioni, quindi con protezione antiforatura e con maggior durata, la scelta giusta per chi li usa a livello amatoriale senza l’ossessione del risultato agonistico

Alberto Puerini, fratelli Cingolani

Zero24 Cycling Team, l’anno spaziale raccontato da Puerini

21.11.2025
7 min
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PESARO – Della Serata del Grande Ciclismo abbiamo già detto nell’editoriale di lunedì, parlando della rivendicazione di Garofoli a favore dei corridori italiani. Tuttavia la serata organizzata da Maurizio Radi e Giacomo Rossi ha visto sfilare sul palco anche alcuni dei migliori talenti marchigiani e fra questi non poteva mancare il Petrucci Zero24 Cycling Team allievi, il brand del Pedale Chiaravallese. Di loro abbiamo parlato più e più volte, quando ancora nessuno poteva immaginare che la squadra di Alberto Puerini sarebbe stata la dominatrice di stagione.

Nove successi con Tommasi Cingolani, fra cui il campionato italiano in linea e a cronometro. Sei con Edoardo Fiorini. Cinque con Filippo Cingolani. Dieci con Andrea Gabriele Alessiani e fra queste il Gran Premio della Liberazione a Roma, il Giro delle Tre Province in Emilia e il Giro dei Cinque Laghi in Veneto. Sono numeri da prendere con le molle, sempre di allievi si parla. Ed è positivo rendersi conto che identica consapevolezza ce l’ha il loro direttore sportivo Puerini.

«Quando da ragazzini – ricorda Puerini – andavamo a correre in Romagna, già vedevi la differenza. Andavi a correre in Toscana e neanche ti presentavi, perché era tutto un altro ritmo. Abbassavano la bandierina, alzavi la testa e non riuscivi a capire quanti ce ne fossero davanti e la corsa era finita. Figuratevi in Veneto, cosa volevi fare? Quest’anno siamo andati al Nord e abbiamo sentito le altre squadre dire che si lottava per il secondo posto, perché c’eravamo noi. Per me è una bella rivincita. Prima, quando un marchigiano vinceva fuori regione, era un campione. Quest’anno siamo andati spesso e abbiamo vinto alcune fra le gare più importanti».

Già il 2024 era stato positivo, che cosa è cambiato quest’anno?

Molti ragazzi del primo anno sono cresciuti e migliorati, i risultati sono venuti per la loro crescita. Sin dall’inizio dello scorso anno, avevano preso la categoria allievi con una buona mentalità. Dopo un mese e mezzo di gare, avevano smesso di correre per fare bene, ma partivano per vincere, chiudendo la stagione con il titolo italiano della cronometro a squadre: la ciliegina sulla torta. Quest’anno abbiamo proseguito. Siamo partiti subito a mille e abbiamo vinto le prime due gare, le domeniche che non abbiamo vinto si contano sulle dita di due mani.

Alla Sarnano-Recanati, Fiorini precede Alessiani. E' il 28 settembre
Alla Sarnano-Recanati, Fiorini precede Alessiani. E’ il 28 settembre, lo Zero24 Cycling Team domina
Alla Sarnano-Recanati, Fiorini precede Alessiani. E' il 28 settembre
Alla Sarnano-Recanati, Fiorini precede Alessiani. E’ il 28 settembre, lo Zero24 Cycling Team domina
Li guardi e non pensi che siano allievi, sono molto più grandi rispetto a una decina di anni fa…

Dopo il Covid c’è stata un’accelerazione enorme. La mentalità che hanno ora forse prima non l’avevano neppure gli juniores. Qualche ragazzino che deve ancora formarsi e fa fatica c’è ancora, però secondo me il lavorare molto in palestra, che prima non si faceva, giova anche alla crescita. Sono strutturati fisicamente e mentalmente sono più focalizzati, hanno una marcia in più di quella che avevamo noi.

Forse proprio per questo bisogna stare attenti a non esagerare con i carichi di lavoro?

Bisogna distinguere tra ragazzo e ragazzo. Quello che ancora è indietro con la maturazione lo devi aspettare, non puoi esagerare. Devi dargli i tempi di recupero, stare molto attento alle fasi di crescita. Nel momento che il fisico sviluppa, non lo puoi stressare, perché ha bisogno di energie fisiche e mentali proprio per crescere, quindi devi andare tranquillo. In questo aiutano molto le nuove metodologie. Puoi controllare gli allenamenti, la forza, la frequenza. Il potenziometro, che prima sembrava chissà cosa, secondo me aiuta molto a preservare i ragazzi: di fatto non sbagli più. Per contro, non devi avere… fame. Devi pensare al bene dei ragazzi, non a vincere più corse possibili. Li devi far crescere, soprattutto mentalmente. Perché fisicamente crescono da soli, secondo natura.

Gorizia, Tommaso Cingolani precede Ceccarelli e Fiorni al tricolore
Gorizia, Tommaso Cingolani precede Ceccarelli e Fiorni al tricolore. Per la Zero24 Cycling Team un giorno indimenticabile
Gorizia, Tommaso Cingolani precede Ceccarelli e Fiorni al tricolore
Gorizia, Tommaso Cingolani precede Ceccarelli e Fiorni al tricolore. Per la Zero24 Cycling Team un giorno indimenticabile
Il direttore sportivo è anche psicologo?

Parecchio. Devi cercare di capirli, sapere quando è il momento del bastone e quando della carota. E quando si fidano, iniziano a confidarsi come se fossi un fratello maggiore o un secondo padre. Ti raccontano tante cose della scuola, magari quando hanno preso un brutto voto e devo spingerli a dirlo anche a casa.

Genitori, spesso la nota dolente: che rapporti hai con loro?

La prima cosa è che devono fidarsi, perché in quel caso è fatta. Ti lasciano il figlio e non hai problemi. Però è tosta, è la parte più difficile del direttore sportivo. Devi far capire che vuoi il bene di loro figlio, ma che li consideri tutti uguali. Non è sempre facile, perché c’è sempre quello con la puzza sotto al naso secondo cui non consideri abbastanza suo figlio o non fai abbastanza.

Il 24 agosto, Alessiani porta a casa il Giro delle Tre Province
Il 24 agosto, Alessiani porta a casa il Giro delle Tre Province. Lo Zero24 Cycling Team è al suo fianco
Il 24 agosto, Alessiani porta a casa il Giro delle Tre Province
Il 24 agosto, Alessiani porta a casa il Giro delle Tre Province. Lo Zero24 Cycling Team è al suo fianco
Come fai?

Non è facile, prendiamo i due Cingolani. Loro padre Francesco lo portavo a correre quando era esordiente, ha fiducia in me, però è anche uno che conosce bene il ciclismo. I Cingolani, anche nonno Amos, sono molto esigenti. Vogliono le cose fatte bene, ma è capitato che gli abbia detto: «Ricordati che qualche volta i tuoi figli vanno ancora a giocare a fare le capanne al fiume». Sono ancora ragazzini e non si può sempre considerarli dei professionisti, mentre loro sono molto professionali e guardano il particolare. E’ più facile avere a che fare con un genitore che non capisce niente di ciclismo e si fida, senza mai intromettersi. Se invece sbagli qualcosa, oppure qualcosa non va per il verso giusto, Francesco lo nota subito e ce lo fa notare. Non devi mai abbassare la guardia.

Ti sembra che ci sia un po’ di risveglio nel ciclismo marchigiano?

Qualcosa si muove, ma secondo me si può fare di più. C’è da lavorare sui vivai, sui ragazzini, sulle scuole di ciclismo. C’è da trasmettere la passione, il divertimento. E c’è anche da lavorare tanto sui giovani, perché purtroppo il ciclismo è accelerato e parecchi ragazzi smettono anche troppo presto. Servono anche nuovi tecnici, che siano preparati e parlino la loro stessa lingua.

A Roma la vittoria di Alesiani al GP Liberazione (foto Simone Lombi)
A Roma la vittoria di Alesiani al GP Liberazione, successo di prestigio per lo Zero24 Cycling Team (foto Simone Lombi)
A Roma la vittoria di Alesiani al GP Liberazione (foto Simone Lombi)
A Roma la vittoria di Alesiani al GP Liberazione, successo di prestigio per lo Zero24 Cycling Team (foto Simone Lombi)
Che cosa intendi?

Guardo in casa nostra e per la preparazione mi aiuta Lancioni, che à un 2004 e fa Scienze Motorie. Tommaso Fiorini, fratello di Edoardo, il prossimo anno farà il direttore sportivo con gli esordienti. C’è un altro ragazzo del 2008 che già dall’anno veniva ad allenarsi con noi, anche se ha smesso di correre. Sta in bicicletta con loro e li tiene in riga perché è un po’ più grande. E poi c’è un altro del 2006 che tutte le domeniche vuole venire con noi a fare l’accompagnatore , anche solo per dare le borracce. Bisogna investire su questi ragazzi, perché ci sono ancora in giro i direttori sportivi di quando ero allievo io. Hanno passione, ma vivono nel ciclismo degli anni 80-90.

Avete avuto la tentazione di portare questo gruppo fra gli juniores?

Qualcuno ce l’ha proposto, ma non saremmo in grado di farlo. Ci avevamo provato con Mario Austero, però oltre che essere costosissimo, a mio avviso non siamo pronti per quel ciclismo. Bisogna essere strutturati bene. Se hai Fiorini, Cingolani e Alessiani, che è andato alla Pool Cantù, non puoi farli correre solo in Abruzzo, nel Lazio o in Emilia. Certe esperienze bisogna che le facciano, devi andare a fare la corsa a tappe, che ha dei costi notevoli. Preferiamo lavorare bene fra gli allievi, che in questi anni conta ancora di più.

Nella serata di Pesaro, Puerini insieme a Edoardo Fiorini
Nella serata di Pesaro, Puerini insieme a Edoardo Fiorini con il trofeo Morfeo Gadget
Nella serata di Pesaro, Puerini insieme a Edoardo Fiorini
Nella serata di Pesaro, Puerini insieme a Edoardo Fiorini con il trofeo Morfeo Gadget
Perché?

Perché bisogna essere bravi a costruire i ragazzi soprattutto a livello mentale e di maturità, di consapevolezza delle scelte e delle rinunce che dovranno fare. Devono capire che c’è la scuola, poi c’è il ciclismo e solo dopo viene tutto il resto. Se hai passione, le cose ti vengono facili, sennò si fa presto a mollare. E non possiamo permetterci di perdere i talenti migliori.

Giro d'Italia 2016, Michele Scarponi

Michele Scarponi, profondo come una salita. Che libro…

20.11.2025
7 min
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Michele Scarponi rivive in uno splendido libro scritto da Alessandra Giardini che sembra nata per trasferire le emozioni nelle parole. “Michele Scarponi, profondo come una salita” è una storia di storie, voluta dalla Fondazione che ne porta il nome e si impegna per l’educazione al comportamento stradale, alla cultura del rispetto delle regole e dell’altro. «La strada è di tutti – questo il suo slogan – a partire dal più fragile». Noi abbiamo estrapolato 6 passaggi per invogliarvi alla lettura.

A casa di nonno Marino

Cantalupo è un bar, una balera, una scuola d’infanzia, una fabbrica tessile, una ventina di case, tanti tanti campi. Un po’ di fossi, qualche albero e tanto ciclo. Michele scorrazzava dappertutto, senza fermarsi un attimo. Era nato trascinatore. Quando la sera finalmente lo mettevano a letto, si spegneva di colpo, stremato. Gli altri cugini erano quasi tutti più grandi di lui. Simone aveva la sua età ma era più alto e grosso. Soltanto con Juri, l’ultimo nato di quella tribù di maschi – Silvia, Serenella e Sara sarebbero venute dopo – Michele poteva fare la parte del grande. Soltanto a Juri un giorno di maggio confidò il suo sogno.

Avevano pranzato nella cucina del garage come facevano sempre nella bella stagione, e poi nonno Marino aveva acceso la radio per seguire la tappa. A casa Scarponi il ciclismo scandiva la vita come le stagioni della terra, ma era il Giro d’Italia l’unica corsa che contava davvero. La Tirreno-Adriatico passava fin troppo vicino, le classiche erano troppo a nord – chissà se esistevano davvero – e del Tour Marino e i suoi figli se ne fregavano. II Giro invece era reale, lo potevi toccare, sentire, qualche volta passava addirittura sotto casa. Le salite le conoscevano tutti, magari soltanto per sentito dire.

E’ il 2004, terzo anno da professionista: vittoria di tappa alla Coppi e Bartali prima del 4° posto alla Liegi
E’ il 2004, terzo anno da professionista: vittoria di tappa alla Coppi e Bartali prima del 4° posto alla Liegi

Vincerò il Giro d’Italia

Michele non vinceva, non ancora: erano corse al massacro, tutte volate e spallate, e lui era troppo più leggero degli altri. Ma gli era bastata la prima pedalata per capire che quella sarebbe stata la sua vita. «Da grande voglio correre il Giro d’Italia, e vincerò io».

A casa Scarponi nessuno aveva mai immaginato di correre in bicicletta: erano appassionati, non corridori. Ma Flavia e Giacomo erano sempre stati convinti che uno sport bisognasse farlo, soltanto questo chiesero ai loro figli. Marco scelse il calcio e anche Silvia anni dopo avrebbe giocato a pallone fino alla Serie A.

Era stato un carabiniere, Mario Accorroni, a dare a Giacomo il consiglio giusto. Erano a Santa Maria Nuova, in piazza, Michele non era ancora stato fermo un secondo. «Mettilo in bicicletta, ‘sto monello».

Giro d’Italia 2011: Contador chiude in maglia rosa, ma con una squalifica pendente. La vittoria finale va quindi a Scarponi
Giro d’Italia 2011: Contador chiude in maglia rosa, ma con una squalifica pendente. La vittoria finale va quindi a Scarponi

La profezia di Bartali

Michele era sempre il più piccolo di tutti, fecero fatica a trovare una bici della sua taglia, eppure con quelle gambette pedalava come nessuno. Aveva talento, a dispetto di un fisico che lo svantaggiava rispetto ai suoi coetanei.

Il primo successo arrivò il giorno in cui Michele compiva nove anni, domenica 25 settembre 1988, a Tolentino. (…). Era un’epoca in cui ancora le gare si correvano nel cuore dei paesi, non come adesso nelle zone industriali, con il traguardo sotto il centro commerciale. Era un mondo antico, e Michele sembrava un corridore di una volta, venuto fuori dalle parole del nonno Marino. Ci sarebbe stato bene anche con Bartali, uno così (…).

Anche nella smorfia di Michele in salita non era difficile rivedere la tigna di nonno Armando. Se nonno Armando era la parte istintiva, nonno Marino era quella razionale (…). Una volta da giovanissimo, Michele andò a correre in Toscana e nonno Marino non perse l’occasione di presentarlo a Gino Bartali. Che lo guardò e non ebbe dubbi: «Ma questo ha le gambette da corridore!».

Giro 2016: Michele, fermato da Slongo, attende Nibali. L’emblema del grande cuore di Scarponi
Giro 2016: Michele, fermato da Slongo, attende Nibali. L’emblema del grande cuore di Scarponi

Il Giro 2011 e i gemelli

«Michele, il Giro l’hai vinto tu».

«Ma no che non l’ho vinto. Sul podio c’è andato lui (Alberto Contador, ndr), e in maglia rosa c’era lui».

«ll Giro l’hai vinto tu, Michele. Fattene una ragione».

Quando cominciarono a telefonargli Michele era al settimo cielo, ma la decisione del Tas non c’entrava affatto. Da qualche settimana lui e Anna avevano saputo che sarebbero diventati genitori, e adesso sapevano anche che avrebbero avuto due gemelli. Era un sentimento strano, che toglieva importanza a tutto il resto, e al contrario faceva sembrare tutto quanto amplificato. Ogni cosa era improvvisamente più forte, più veloce, più colorata.

A Michele continuavano a dire tutti di godersi questi mesi, ché poi con due bambini in casa la pace sarebbe finita, ma lui si sentiva come da piccolo alla vigilia della sagra delle noci di Storaco, quando faceva fatica ad addormentarsi per l’eccitazione di quello che lo aspettava il giorno dopo. Non vedeva l’ora che quei due nascessero, voleva toccarli, annusarli, vedere le loro facce, tenerli in braccio. E allontanarsi da Anna era diventato improvvisamente difficilissimo.

Cinque giorni prima dell’incidente in cui sarà ucciso, Scarponi conquista la tappa di Innsbruck al Tour of the Alps
Cinque giorni prima dell’incidente in cui sarà ucciso, Scarponi conquista la tappa di Innsbruck al Tour of the Alps

Giro 2016, cuore da gregario

«Ho capito Paolo, aspettiamo lo Squalo».
Lo disse con un sorriso. Era convinto che sarebbe bastato rallentare e aspettare il capitano. Ma Slongo fu più drastico. L’eventuale vantaggio di Nibali si sarebbe ampliato nel falsopiano che portava all’ultima salita. «Fermati. Prendi da mangiare e da bere per te e Vincenzo e riparti quando saranno vicini».

Michele non obiettò. Mise il piede a terra. Passarono alcuni corridori che Michele aveva staccato in salita prima, guardavano e non capivano. Scarpa fece l’occhiolino a Slongo: «Tra poco li riprendiamo».

Quando vide Nibali arrivare da lontano, Michele urlò: «Squalooooooo».

E riparti davanti al capitano. Lo guidò sul falsopiano e poi tirò ancora sull’ultima salita, fino a nove chilometri dal traguardo: uno sguardo d’intesa, poi toccò a Nibali. Quando arrivò al traguardo di Risoul, 6 minuti dopo il suo capitano, Michele sapeva che il Giro era riaperto. Guardò il tabellone con la classifica: Vincenzo era secondo a 44″ da Chaves. E le montagne non erano finite.

La quarta Liegi di Valverde arriva il 23 aprile 2017, all’indomani della morte di Scarponi, cui dedica vittoria e premi
La quarta Liegi di Valverde arriva il 23 aprile 2017, all’indomani della morte di Scarponi, cui dedica vittoria e premi

22 aprile 2017, l’ultima uscita

Martino lo chiamò quando era appena arrivato a casa, l’Operazione Giro d’Italia era partita e non bisognava trascurare niente.

«Martino, abbiamo fatto un clamoroso sbaglio».

«Quale sbaglio?».

«Non ho preso la bici da crono».

«Come faccio adesso a farti arrivare la bici da crono sull’Etna?».

«Sono sicuro che tu puoi».

E poi si buttò sul tappeto a giocare, i gemelli addosso a lui, con le maglie di leader del Tour of the Alps. Finalmente avevano visto il loro babbo vincere. Improvvisamente tutta la stanchezza passò,  suoi figli riuscivano a trasmettergli quell’energia che in loro sembrava inesauribile. Crollarono tardi, ridendo. Prima di addormentarsi disse ad Anna che la mattina sarebbe uscito presto, per fare un’ultima sgambata, poi sarebbe stato tutto loro.

Appena sveglio andò in garage, prese la bici appoggiata alla parete che Giacomo e Tommaso avevano decorato per lui con le loro impronte colorate. Uscì prima che loro si svegliassero senza far rumore.

Il libro è disponibile contattando la Fondazione Michele Scarponi: tel. 347 5929666 – mail info@fondazionemichelescarponi.com

Per informazioni e prezzi:

Fondazione Michele Scarponi 

L’addio di Viviani, per Martinello lo rimpiangeremo a lungo

L’addio di Viviani: per Martinello lo rimpiangeremo a lungo

20.11.2025
6 min
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In queste ore Elia Viviani sta affrontando la sua ultima competizione. Per tradizione la 6 Giorni di Gand è la passerella per tanti di coloro che hanno scritto la storia della pista. Il veronese non si è privato di questo piacere, del saluto di un pubblico appassionato che non guarda al colore della bandiera nel tributare i giusti onori a chi ha dato tanto a questo settore.

Viviani insieme al belga Jasper De Buyst con il quale sta correndo la 6 Giorni di Gand
Viviani insieme al belga Jasper De Buyst con il quale sta correndo la 6 Giorni di Gand
Viviani insieme al belga Jasper De Buyst con il quale sta correndo la 6 Giorni di Gand
Viviani insieme al belga Jasper De Buyst con il quale sta correndo la 6 Giorni di Gand

Silvio Martinello è stato anch’egli un grande protagonista della pista. Come Viviani ha saputo coniugare la disciplina del suo cuore con la strada, emergendo in entrambe. Sa bene cosa ha passato il veneto, soprattutto nelle ultime stagioni, dorate su pista ma tribolate su strada: «E’ sicuramente un momento opportuno – dice – e un palcoscenico ideale per chiudere. E’ un evento particolarmente sentito, che conosco molto bene perché ho partecipato e l’ho vinto in un paio di occasioni. In un Paese, il Belgio, dove il ciclismo è qualcosa di molto importante, pertanto sicuramente è l’occasione giusta per salutare il pubblico che lo ha seguito con affetto in tutti questi anni».

L’ultima parte di carriera di Elia è vissuta su due binari paralleli, la pista e la strada. La pista ha continuato a regalargli grandi soddisfazioni, su strada ha fatto sempre più fatica, pur riuscendo a trovare dei momenti per emergere. E’ normale questo andamento ondivago?

Lui è un corridore con le caratteristiche giuste per le grandi corse a tappe, dove i velocisti trovano il terreno più adatto, più opportunità per vincere. Negli ultimi anni le squadre si sono però focalizzate su altri obiettivi e non lo hanno convocato. Mi pare che abbia corso la Vuelta come ultima uscita in una grande corsa a tappe, che quest’anno non aveva propriamente un percorso adattissimo ai velocisti, pertanto ha avuto molte meno opportunità. Lui ha corso in squadre molto importanti in quasi tutta la sua carriera, team che guardavano alla classifica. Pertanto è stato un epilogo su strada al passo con i tempi attuali e in relazione alle sue caratteristiche atletiche.

Silvio Martinello, olimpionico su pista e due volte candidato alla presidenza FCI
Silvio Martinello, olimpionico su pista e due volte candidato alla presidenza FCI
Silvio Martinello, olimpionico su pista e due volte candidato alla presidenza FCI
Silvio Martinello, olimpionico su pista e due volte candidato alla presidenza FCI
Vincere per oltre 10 anni su pista secondo te è qualcosa che diventerà sempre più raro come su strada o ci sono più possibilità che si ripetano carriere come la sua?

Le opportunità rispetto ad un tempo, parlo della mia epoca, sono molte di più ora. Allora non c’erano gli europei, per esempio e poi i programmi di gara erano molto più asciutti. L’eliminazione dove ha vinto tre titoli mondiali, allora non faceva parte del programma, la sua sublimazione era alle Sei Giorni. Chiaramente non c’è nulla di scontato, bisogna avere la classe, l’attitudine, la determinazione, la concentrazione, la professionalità e la serietà che Viviani ha sempre avuto fino al termine della sua carriera.

La Lotto è stato l'ultimo dei grandi team che l'ha voluto con sé e con il quale Viviani ha vinto su strada
La Lotto è stato l’ultimo dei grandi team che l’ha voluto con sé e con il quale Viviani ha vinto su strada
La Lotto è stato l'ultimo dei grandi team che l'ha voluto con sé e con il quale Viviani ha vinto su strada
La Lotto è stato l’ultimo dei grandi team che l’ha voluto con sé e con il quale Viviani ha vinto su strada
Ora che appende la bici al chiodo, secondo te cosa può dare ancora Elia a questo mondo?

Certamente molto in relazione alle esperienze che ha vissuto. Da ciò che leggo mi sembra che per lui ci siano opportunità sia all’interno di qualche formazione importante sia come collaboratore federale, in un ruolo manageriale. E’ la naturale conseguenza di una carriera luminosa dal punto di vista dei risultati. Di una modalità di comportamento sempre rispettosa sia della maglia azzurra sia delle varie scelte che lo hanno visto protagonista.

Che cosa intendi?

Non ha mai alzato la voce quando è stato estromesso da qualche selezione per il Giro d’Italia piuttosto che per il Tour de France. E’ sempre stato un corridore molto corretto e può dare qualcosa anche in un ruolo diverso. Ora per lui termina un capitolo e ne inizia un altro anche più complicato rispetto a quello agonistico. Perché è molto più complicata la vita giù dalla bicicletta rispetto a quella in sella…

Il veneto in gara a Santiago, nel mondiale dove ha colto l'ultimo alloro iridato
Il veneto in gara a Santiago del Cile, nel mondiale dove ha colto l’ultimo alloro iridato
Il veneto in gara a Santiago, nel mondiale dove ha colto l'ultimo alloro iridato
Il veneto in gara a Santiago del Cile, nel mondiale dove ha colto l’ultimo alloro iridato
Si è detto spesso in queste settimane che Elia con le sue imprese ha rilanciato il movimento della pista, ora secondo te c’è il pericolo che con il suo addio spengano le luci dell’attenzione oppure si è ormai innescato un circolo virtuoso?

Parto da queste ultime due parole: no, il circolo virtuoso non si è innescato e dico purtroppo perché c’erano e ci sono ancora tutte le condizioni per poterlo fare, ma non vedo segnali in questo senso. Elia è il frutto di un lavoro iniziato fin da giovane frequentando il centro di Pescantina e sfruttando la tanta attività che comunque era prevista in molte regioni d’Italia. Ora tutto questo si è spento.

Perché dici così?

Anch’io a un certo punto ho dovuto metterlo nel contratto che volevo la libertà di gestire la mia attività su pista con le squadre per cui correvo. Il suo è il frutto di una passione personale, di una grande attrazione nei confronti della pista che ha saputo gestire insieme a Marco Villa e ha aiutato certamente molti altri corridori di grande qualità come Ganna e Milan. Ma nonostante gli straordinari risultati che da due quadrienni i nostri atleti hanno raggiunto, questo circolo virtuoso non si è innescato.

Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Elia Viviani in una delle sue prime vittorie, al Giro delle Tre Province, ancor prima di passare professionista
Perché?

Perché non si sono sfruttati gli straordinari risultati che sono arrivati. Invece sono stati usati per nascondere i problemi sotto il tappeto e non per innescare quel circolo virtuoso che invece una scelta lungimirante avrebbe consigliato. Così ci ritroviamo da molti anni con questo paradosso che abbiamo delle fortissime nazionali maschili e femminili su pista, ma senza avere un’attività di base, con gli impianti che sono lasciati alla buona volontà dei gestori, più o meno capaci, più o meno determinati, più o meno volonterosi di programmare la loro attività. Non esiste un progetto a livello nazionale che consenta ai vari centri di far crescere gli atleti e le atlete con un programma ben preciso. Tutto questo è il frutto della mancanza e dell’incapacità di programmare e di avere anche un minimo di visione. Il risultato è che abbiamo i talenti, ma li scopriamo per caso e nella maggior parte li perdiamo.

Cosa si rischia?

Si rischia di stare a secco come nei 15 anni dopo l’epoca Martinello-Villa e Collinelli, un ciclo che si è concluso con i Giochi di Sydney. Siamo stati fino al 2016, fino proprio a Viviani, senza toccare palla…