Nella hall del Cap Negret di Altea è tutto un ribollire di americani e frasi in inglese. In un tavolo c’è Monica Santini a colloquio con il numero due di Trek, mentre lo staff marketing dello squadrone americano invade sale e salottini per interviste, foto, video e le iniziative che popoleranno le campagne di tutta la stagione. Perciò quando Paolo Barbieri, responsabile italiano dei media, ci gira il nome di Leslie Zamboni, la prima sensazione è che avremo davanti un’italoamericana, perciò l’approccio è in inglese.
Lei si volta. Risponde. Poi con un sorriso esclama: «Sono italiana, se vuoi possiamo parlare italiano».
Leslie ha gesti che lasciano trasparire sicurezza. Solo quando alla fine del nostro incontro le chiederemo di fare una foto, avrà un attimo di tentennamento. Mai chiedere a una donna di fare una foto senza averla avvertita in anticipo…
Fra il team e Santini
Di lei vi avevamo parlato in uno dei primi articoli di bici.PRO quando passammo qualche ora nel maglificio Santini e nel mucchio degli scatoloni di fine 2020 intravedemmo un paio di figure che assortivano le forniture di abbigliamento della Trek-Segafredo per il 2021. Di lei ci parlò Stefano Devicenzi, ma non ci era ancora riuscito di incontrarla.
Leslie Zamboni è la figura di raccordo fra il team e l’azienda di Lallio, dipendente direttamente da Trek Italia, per evitare che i corridori tirino matti i tecnici di Santini con le richieste più estemporanee. Non sareste anche voi curiosi di farle decine di domande?
Come arriva Leslie alla Trek-Segafredo?
Come arrivo… (sorride e riordina le idee, ndr). Ho un background di 20 anni nell’abbigliamento per il ciclismo. Lavoravo da Nalini nel commerciale estero, per cui avevo regolarmente a che fare con le squadre. Ho lavorato con la Kelme, la Banesto, l’Astana. A un certo punto mi trovai a lavorare per Trek, che al tempo non aveva una figura interna che si occupasse dell’abbigliamento. E così un bel giorno, il responsabile del team venne a propormi se mi interessasse passare con loro.
E tu?
E io ho pensato che in Nalini mi trovavo benissimo, era anche vicino casa. Ma ho sentito che fosse arrivato il momento di cambiare, così ho accettato e mi sono trovata a lavorare con lo staff per capire in primis come fosse organizzata la squadra. Ho legato con i massaggiatori, ho scoperto i meccanismi e le varie figure che operano e poi ho cominciato a fare il mio vero lavoro.
Che sarebbe?
Raccolgo le informazioni che chiunque può darmi per migliorare l’abbigliamento della squadra. Una volta messo a punto questo cumulo di dati, mi interfaccio con Santini che inizia le sue ricerche per capire se le modifiche valgano la pena e siano di facile utilizzo.
Ci hanno spiegato che il tuo ruolo è anche filtrare le richieste degli atleti.
Esatto (dice con una risata argentina, ndr). Abbiamo 31 ragazzi e 14 ragazze. Quelli che vengono da squadre più piccole, hanno meno esigenze e davanti alle forniture che ricevono spesso rimangono a bocca aperta. Quelli un po’ più esperti fanno richieste e c’è spesso da ragionare se nascano da vere esigenze o da intuizione del momento che dopo qualche ora sono tramontate. Per fortuna alcuni corridori sono un bel riferimento…
Ci hanno parlato di Stuyven.
Esatto, Jasper è un ragazzo molto attento. Testa tutti i materiali, ha un approccio molto logico e pragmatico e non si fa prendere dal momento. Un altro che sta crescendo su questo fronte è Pedersen. Sono atleti sensibili, attenti al dettaglio e poco emozionali. Vivendo al Nord, le loro relazioni sui vari prodotti sono molto attendibili.
Che cosa significa poco emozionali?
Ci sono corridori che rientrano da un allenamento in cui hanno avuto un problema e vengono a proporti di cambiare la maglia o la giacca per ovviare al problema. Poi vanno a farsi la doccia e se gli chiedi spiegazioni, l’hanno già dimenticato. A volte, se insistono, si fanno cose sapendo che non funzioneranno. Solo così sentiranno di essere presi in considerazione e si renderanno conto che l’idea non funziona. Non mi va di passare per la mamma cattiva che dice sempre di no… A volte poi il processo è inverso. Monica Santini e il suo staff a volte propongono qualcosa. Noi lo prendiamo e chiediamo il feedback dei ragazzi.
Tu sei sempre presente?
Ci sono al ritiro di dicembre per la consegna del materiale e a quello di gennaio per avere i primi report. Poi li seguo alle corse. E’ bene avere un contatto frequente. Li coccoliamo parecchio, d’accordo con Monica (Santini, ndr). Il materiale è tutto fatto su misura e a me piace stare in contatto con i corridori per il rapporto che si crea.
Quanto ti impegna la fase pre ritiro?
Sono nel magazzino di Santini per giorni interi, ad allestire scatole e valigie destinate ai corridori. E’ il momento più caldo della mia stagione. Porto sempre il buon Stefano Cerea, gran lavoratore, esperto e tanto paziente…
I corridori sono mai sfrontati nel chiedere adattamenti?
No davvero, alcuni sono timidissimi, devi capire tu se vogliono dirti qualcosa, magari sdrammatizzando. Una cosa comune a tutti è che sono molto educati. Su questo Guercilena (team manager del team, ndr) è sempre stato intransigente.
E le ragazze?
Abbiamo iniziato tutto da zero, pur avendo buone basi in Santini. Siamo partiti dalle linee già esistenti e abbiamo iniziato lo sviluppo. La cosa più interessante dell’ultimo periodo è lo sviluppo del body da strada, partendo dalla base di quello per gli uomini. Lizzie Deignan si è fatta portavoce dell’esigenza. Abbiamo fatto la modellatura e ora abbiamo fatto la prima fornitura. Siamo molto curiosi di vedere se andrà bene.
La curiosità è legittima: ti senti più una donna Trek o una donna Santini?
Bella domanda (ride ancora, ndr), sono una donna Trek, ma devo dire che con Santini si è creato un ottimo rapporto. Sono molto ferrati, in più parliamo la stessa lingua. Capiscono velocemente le esigenze dei professionisti, si tratta di uno scambio equo, perché comunque dal team arrivano spesso feedback interessanti per la produzione.