Confalonieri, portaci nel mondo della Uno-X

17.02.2023
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Quello di Maria Giulia Confalonieri alla Uno-X era stato uno dei trasferimenti dello scorso autunno che aveva destato più curiosità ed interesse. Un po’ per la voglia della 29enne di Seregno di mettersi in proprio dopo anni al servizio delle compagne. Un po’ per scoprire da più vicino la formazione norvegese WorldTour al suo secondo anno di vita.

L’avvio del 2023 è stato incoraggiante. Al UAE Tour la Uno-X ha subito capito che su Confalonieri si può sempre contare. Un quarto ed un sesto posto ottenuti dalla lombarda nelle frazioni vinte in volata da Charlotte Kool, oltre ad un ruolo da regista in corsa. Dopo questi primissimi mesi, è stato quindi naturale sentire Maria Giulia per farci raccontare il nuovo mondo nel quale è entrata. Un mondo che spazia su più fronti ed in continua evoluzione.

Cosa vi hanno detto queste prime gare?

Oltre a correre negli Emirati, abbiamo esordito alla Vuelta CV ed ora le mie compagne sono alla Setmana Ciclista a Valencia. Sono gare che ci servono per far correre tutte le ragazza e per mettere ritmo nelle gambe in vista della campagna del Nord. Lassù avremo un calendario intenso per circa due mesi. Siamo soddisfatte dell’UAE Tour ma dobbiamo oliare tanti meccanismi perché ho già avvisato le mie compagne che in Belgio sarà tutta un’altra musica.

Come sarà il programma?

Il 25 febbraio correremo la Omloop Het Nieuwsblad. E’ un “mini Fiandre”. Personalmente negli anni precedenti lo ritenevo il termometro della condizione mia e della squadra. Se dovesse andare bene non bisognerà esaltarsi troppo così come non dovremo deprimerci qualora andasse male. Di sicuro però ci darà delle indicazioni importanti. Da lì in avanti faremo Le Samyn, poi tutte le altre classiche fiamminghe fino alle Ardenne con qualche capatina in Olanda. Salteremo pertanto Strade Bianche e Cittiglio. La scelta della squadra è stata dettata da una questione organizzativa anche per contenere i costi visto che hanno una base logistica in Belgio. Fin dal primo ritiro ci hanno fatto capire che volevano focalizzarsi sulle classiche del Nord.

Com’è stato invece l’impatto con la Uno-X?

Buonissimo, grazie ai due ritiri che abbiamo fatto. Il primo dal 5 al 15 dicembre a Mallorca dove c’eravamo solo noi del team femminile. Poi altri dieci giorni a gennaio ad Altea dove c’erano anche le formazioni maschili, quella dei pro’ e il Devo team. Naturalmente avevamo programmi e allenamenti diversi, anzi già noi ragazze uscivamo in due gruppi, però è stata l’occasione per conoscere meglio tutta la società. Il responsabile dei diesse è Arvesen. Il faro di tutto il gruppo è naturalmente Kristoff e la sua vittoria di mercoledì in Algarve ha fatto impazzire tutto l’ambiente nelle nostre chat. Anche Waerenskjold è un corridore importante per la società e molto seguito in patria.

Che mentalità hai trovato?

Internazionale benché quasi tutti gli atleti siano norvegesi e danesi, mentre nello staff ci sono tanti olandesi e britannici. Le mie compagne scandinave parlano in inglese anche quando sono fra loro, in modo che tutte le altre “straniere” possano capire o inserirsi nei discorsi per facilitare la conoscenza. Infatti mi sono sentita inclusa fin da subito e l’ho ritenuta una cosa molto carina. Loro ci tengono tanto a condividere ogni notizia sulle tre squadre. Tant’è che hanno un solo profilo facebook e instagram perché vogliono che tutti abbiano la stessa visibilità ed importanza. La Uno-X sponsorizza lo sci di fondo, che è il loro sport nazionale, ed organizza gare di sci per bambini. Tra le loro mission, c’è anche quella di insegnare il ciclismo e far crescere il movimento.

Che impressione hai avuto della tua squadra dopo le prime gare?

Si vede che è una formazione che deve fare tanta esperienza. Stando in gruppo si notano un po’ di mancanza di cultura e tecnica ciclistica. D’altronde è normale che sia così per ragazze che nelle categorie giovanili si saranno trovate a correre in una trentina o meno. Però stanno crescendo bene, hanno talento e ci credono tanto. Ad esempio negli Emirati sono stato molto vicina ad Ahtosalo, la velocista finlandese che va molto forte ma che con i suoi 19 anni deve ancora imparare molto. Sia io che Dideriksen che Koster siamo state prese per poter insegnare molte cose alle giovani.

Hai avuto modo di conoscere i vertici della squadra?

Sì e sono rimasta piacevolmente impressionata, specie dal general manager che è Jens Haugland. Lui ha meno di 40 anni ed è anche il CEO di Uno-X Norway (la catena di carburanti e stazioni di rifornimento low-cost e self-service in Norvegia e Danimarca che fa parte della Reitan Retail, azienda leader nella vendita al dettaglio in vari settori tra Scandinavia e Paesi Baltici, ndr). E’ una persona multitasking. Appassionato di sport, sempre informato nel lavoro e sempre sul pezzo sulle nostre corse. Pensate che quando eravamo negli Emirati ogni giorno mandava un messaggio ad ognuna di noi per sapere come stavamo, per incoraggiarci o per farci i complimenti se avevamo corso bene. Non mi era mai successo prima.

Cosa ci dici delle vostre bici Dare?

So che è una azienda taiwanese che dal 2018 ha una filiale in Norvegia, anno in cui ha iniziato a fornire le bici alla Uno-X. Sono bici montate con Shimano e che attirano l’attenzione degli appassionati. In allenamento a casa tutti gli amatori mi chiedono informazioni. Io ho il modello “aero” viste le mie caratteristiche ma ce n’è anche una più adatta alla salita. Il modello da crono ha un manubrio particolare fatto da Wattshop, una azienda britannica. Nel complesso mi sto trovando molto bene.

La Uno-X è la squadra giusta dove poter vedere Maria Giulia Confalonieri tagliare per prima il traguardo di una corsa?

Speriamo di sì (sorride, ndr). Il successso della generale al Tour de la Semois a settembre mi ha sbloccato, ci voleva. Non ho pressioni, ma mi piacerebbe togliermi questa soddisfazione, anche vincendo al fotofinish, senza necessariamente alzare le braccia al cielo.

La Uno-X cambia faccia agli scalatori: ecco Hindsgaul

12.02.2022
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Alessandro Fedeli, secondo sull’arrivo in salita di Termessos, ha un diavolo per capello. Dice che il vincitore della Uno-X lo ha chiuso nella rimonta, ma Madsen Jacob Hindsgaul rimanda tutto al mittente. E se per il veronese della Gazprom-RusVelo l’eventuale vittoria sarebbe stata per sua stessa ammissione una sorpresa, per il danese del team in maglia giallorossa il compito è riuscito per come l’avevano progettato. Nulla si inventa, neanche al Tour of Antalya.

«Eravamo venuti a vedere la salita nei giorni scorsi – dice ai piedi del podio – l’obiettivo era vincere, per cui dal mattino eravamo molto motivati e sono riuscito a finalizzare. Avevo messo da tempo gli occhi su questa tappa, la forma è buona, ma si tratta pur sempre della prima vittoria da pro’, quindi un po’ di sorpresa c’è. I compagni sapevano di dovermi portare davanti all’ultima curva, perché in un gruppetto di venti potevo vincere. Invece ci sono arrivato in quinta, sesta posizione, più indietro di quanto volessi. Per questo ho dovuto rimontare dall’esterno a tutto gas e un po’ chiudere la traiettoria. Ma spazio per passare ce n’era di certo…».

Le immagini mostrano che Hindsgaul ha effettivamente chiuso la traiettoria, ma anche che rispetto a Fedeli veniva su a una velocità sensibilmente superiore. Per questo alla fine le rimostranze sono durate appena un battito di ciglia.

Turisti per caso

Il primo arrivo in salita della stagione lascia comunque il segno, anche se la pendenza non era da capogiro. Quando la Uno-X si è messa davanti a scandire il passo si è capito comunque che qualcosa bollisse in pentola, mentre dietro i corridori si staccavano come schegge.

Neve ai lati della strada, tornanti e il traguardo alla fine della strada, dove un parcheggio per turisti suggerisce la visita all’antica Termessos e alle sue rovine a mille metri di quota. Un viaggetto da turisti da queste parti varrebbe la pena considerarlo, ma mentre i corridori delle retrovie continuano a raggiungere la vetta alla spicciolata, il lavoro ci strappa alla riflessione e ci buttiamo nuovamente nella mischia inzaccherata della terra turca.

Un urlo dopo la vittoria, poi il vincitore danese è rimastro incredibilmente composto
Un urlo dopo la vittoria, poi il vincitore danese è rimastro incredibilmente composto

Vizietto di… famiglia

Nello stesso giorno in cui il compagno Charmig Anthon, 23 anni (1,82 per 66 chili), ha vinto sul traguardo di Qurayyat al Tour of Oman e una settimana dopo la vittoria di Johannessen, 22 anni (1,76 per 64 chili) all’Etoile de Besseges, ecco un altro danese longilineo che vince in salita. Un metro e 87 per 67 chili, magrissimo, sicuro e veloce. Del modo di lavoro della squadra e di questi scalatori danesi e norvegesi ci aveva già raccontato Kurt Asle Arvesen che li guida, ma certo è insolito riscontrare il dominio in salita di corridori di tal fatta.

«Vivo in Danimarca – sorride – in una zona che più pianeggiante non si potrebbe. Non credo serva vivere su un monte per andare forte in salita, puoi prepararti bene nei training camp in montagna e quando sei a casa rilassarti e recuperare gli sforzi. Un esempio può essere Jonas Vingegaard. Anche lui vive in Danimarca, ma è arrivato terzo al Tour. E vincere il Tour è il mio sogno da quando sono salito su una bicicletta da corsa, anche se a dirlo adesso può sembrare che mi dia delle arie».

Non si può che Jacob Hindsgaul Madsen sia superstizioso: ecco la sua Dare, bici norvegese, con il numero 17
Non si può che Hindsgaul sia superstizioso: ecco la sua Dare, bici norvegese, con il numero 17

Subito fra i grandi

Chi segue le cose dei dilettanti lo ricorda vincitore del prologo al Giro di Val d’Aosta del 2019 quando aveva da poco compiuto 19 anni (poi però si ritirò), quindi secondo al Piccolo Giro di Lombardia dell’anno successivo, alle spalle di Sweeny.

«Ho cominciato a correre da junior – dice – e non ho pensato di farne un mestiere fino al piazzamento nel Tour de l’Avenir dello scorso anno. Entrare a 19 anni nel team Uno-X e confrontarmi subito con i corridori del WorldTour all’inizio mi era parso un pensiero selvaggio, perché sono i migliori ciclisti del mondo e fino al 2020 li guardavo sfidarsi in televisione. Nonostante questo, cerco di ricordare a me stesso che sono solo ragazzi come me, che si divertono ad andare in bicicletta. Purtroppo il 2020 non è stato un grande anno e sono stato fra quelli che si è speso tanto nelle sfide virtuali, ma ora è ciclismo vero».

Ottimismo Fedeli

Così vero che, salvo sorprese, domani si porterà a casa anche la classifica generale, mentre Fedeli dopo il podio ha ritrovato il sorriso e ammette lo stupore per una prestazione così buona.

«Di stare bene lo sapevo – ammette – ma non così bene. Salite lunghe non le ho mai fatte negli ultimi anni, a parte da dilettante al Giro di Val d’Aosta, quindi parecchio tempo fa. Tutto bene, sono contento. All’ultima curva sono rimasto chiuso. A metà tappa mi hanno urtato e il cambio ha smesso di funzionare, anche se mi sono fermato per raddrizzarlo. Giornata difficoltosa, in situazione ottimale avrei potuto vincere. Sto bene, sono sereno di testa. Ho trovato la squadra dove mi trovo veramente bene, spero di continuare con questo morale. L’anno scorso ho toccato il fondo quindi adesso vedo tutto roseo, questa squadra è veramente organizzata. Il secondo posto un po’ dispiace, ma sono le prime gare…».

Johannessen e Tiberi, storia di scelte diverse

08.02.2022
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Entrano nella stessa inquadratura: uno bello a fuoco davanti con il braccio destro alzato, l’altro dietro, ancora ingobbito, a strappare il terzo posto di giornata. Tobias Johannessen, norvegese di 22 anni, vincitore dell’ultimo Tour de l’Avenir, neoprofessionista. Antonio Tiberi, italiano di 20 anni, campione del mondo juniores della crono nel 2019, secondo anno da professionista. Succedeva sabato, merita un approfondimento.

E’ l’eterna disputa fra educatori sull’opportunità o meno di andare a scuola un anno prima. E siccome non se ne viene a capo e a seconda dei casi la “primina” è un vantaggio o una condanna, anche il beneficio di anticipare o meno il passaggio al professionismo resta legato ai casi e se ne potrà parlare a pensione raggiunta. I due sono entrambi lì, sulla cima del Mont Bouquet, salita di 4,6 chilometri con dislivello di 437 metri e pendenza media del 9,5 per cento, dalla cui cima si vedono le torri di Avignone. E questo è un fatto.

L’Etoile de Besseges ha inaugurato la seconda stagione da pro’ di Antonio Tiberi
L’Etoile de Besseges ha inaugurato la seconda stagione da pro’ di Antonio Tiberi

Poca strada

Tobias Johannessen ha scoperto il ciclismo su strada solo la scorsa stagione perché, fino ad allora, con il fratello gemello Anders (7° al Tour de l’Avenir), passava il tempo lungo i fiordi norvegesi in mountain bike (ha vinto il bronzo ai mondiali juniores 2016) o la bici da ciclocross.

«Le strade di casa sono piuttosto pianeggianti – spiega – e abbiamo imparato ad andare in salita grazie alla mountain bike lungo i sentieri non asfaltati. Tuttavia non so ancora che tipo di corridore sono veramente. Questo è quello che devo cercare di scoprire. E’ solo il mio secondo anno su strada e tutte queste gare sono nuove per me».

Alla fine, Johannessen ha conquistato la maglia dei giovani e il 3° posto
Alla fine, Johannessen ha conquistato la maglia dei giovani e il 3° posto

Buone sensazioni

Antonio Tiberi al confronto mastica strada e chilometri da tempo, pur essendo dei due il più giovane: nato nel Lazio, formato in Toscana e arrivato nel WorldTour con la Trek-Segafredo dopo un assaggio di under 23 con il Team Colpack. In Italia si fa presto ad appendere etichette e già nei suoi confronti c’è chi ne ha confezionate alcune troppe frettolose. Il ragazzo è giovanissimo e avendo scelto di anticipare tutto, sta ora facendo i passi giusti.

«Sono molto soddisfatto del risultato di oggi – ha confermato dopo il traguardo – ma soprattutto delle sensazioni che ho avuto. Ho sentito un salto di qualità tangibile rispetto alla scorsa stagione, mi sentivo perfettamente a mio agio tra i big. Era una sensazione che mi era mancata l’anno scorso e averla nella prima gara dell’anno mi dà grande fiducia per i prossimi appuntamenti».

Ai 400 metri, Tiberi, che era da poco rientrato, ha provato ad andarsene da solo
Ai 400 metri, Tiberi, che era da poco rientrato, ha provato ad andarsene da solo

Più solido

Innegabile che, malgrado la minore esperienza, i due anni in più diano a Johannessen una diversa consistenza fisica. Al Tour de l’Avenir si è mangiato con astuzia e classe un predestinato come Rodriguez e il nostro Zana. La sua squadra, la professional danese Uno-X, è sponsorizzata da una compagnia che distribuisce benzina low cost e punta a salire nel WorldTour a partire dal prossimo anno. Ad ora sogna e pensa di meritare l’invito al Tour de France, che parte proprio dalla Danimarca. Anche se, a rigor di logica, ASO darà la precedenza alle francesi TotalEnergies e B&B Hotels.

«Avevo visto che era una bella salita per me – ha detto Johannessen dopo il traguardo – sapevo che avremmo dovuto attaccare per vincere. Questa corsa è stata una bella esperienza. A parte aver perso terreno il primo giorno, poi sono arrivato per due volte terzo e alla fine ho vinto».

Mentalità vincente

Tiberi continua a crescere per gradi, convinto in modo coerente del percorso scelto. Un terzo posto lo aveva centrato anche nel 2021 nell’impronunciabile arrivo in salita di Gyöngyös-Kékestető al Giro di Ungheria, che poi gli era valso anche lo stesso piazzamento sul podio finale.

«Il nostro obiettivo per la giornata – ha detto al traguardo – era aiutare Skujins a rimanere tra i primi dieci in classifica. Quando siamo arrivati ai piedi della salita finale, le mie sensazioni erano ancora molto buone e mi sono detto: “Proviamoci!”. Ero in mezzo al gruppo e mi è costato del tempo per recuperare. Quando sono arrivato davanti, ho avuto solo un momento per respirare prima di saltare sulle ruote di Johannessen e Vine. A 400 metri, sull’ultima rampa dura, ho dato il massimo, cercando di andare in solitaria per vincere. Non ha funzionato, ma sono comunque molto contento. L’Etoile de Besseges è stato un crescendo per me. Giorno dopo giorno mi sono sentito sempre meglio. Domani c’è la cronometro, la mia specialità: un’altra occasione per fare bene». 

Alla prossima

E la crono infatti ha sorriso più all’italiano, 10° a 23″ da Ganna, che al norvegese, 15° a 34″. I due ora proseguiranno lungo il calendario deciso per loro dai rispettivi tecnici, ma non mancheranno occasioni prossime di confronto. E se la stampa francese è convinta che la Norvegia abbia trovato in Johannessen un uomo da affiancare ai giovani prodigi che ad ora spopolano nel ciclismo, perché non dovremmo pensare di averne uno quasi pronto anche noi? Due anni di differenza a questi livelli non sono esattamente uno scherzo…