Poels e Malucelli: uno si prende la Turchia, l’altro Izmir

04.05.2025
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IZMIR (Turchia) – Matteo Malucelli lascia correre la bici fino a Istanbul, quasi. E’ un modo tutto suo per godersi questa vittoria tanto cercata e tanto voluta. Ieri, guardandolo con tutti gli “occhiali” possibili dopo l’arrivo, eravamo sicuri che oggi avrebbe vinto. I colleghi della stampa turca ci chiedevano se anche oggi avrebbe trionfato un italiano dopo il successo di Viviani. E noi rispondevamo che sarebbe toccato a Malucelli. I complimenti dopo la tappa sono arrivati anche a noi!

Scherzi a parte, siamo a Izmir, l’antica Smirne, una delle città più grandi del Mediterraneo, seconda solo a Istanbul e Il Cairo. Qui vivono oltre 5 milioni di persone. Le case hanno la bandiera turca ai balconi e la città ospita uno dei porti più grandi del Mare Nostrum, porta da e per l’Oriente.

La classifica finale ha visto: 1° Wout Poels, 2° Harold Martin Lopez e 3° Guillermo Juan Martinez
La classifica finale ha visto: 1° Wout Poels, 2° Harold Martin Lopez e 3° Guillermo Juan Martinez

Bravo Poels

Su questa strada che costeggia il porto – incanto di sole, mare e bici, lungo la rotta dell’EuroVelo 8 – la XDS-Astana festeggia. A Malucelli la tappa, a Wout Poels la classifica generale del Presidential Tour of Turkey.

L’olandese aspetta di salire sul podio con un buon colpo di pedale ritrovato. Durante l’inverno ha lavorato bene e soprattutto sembra essersi integrato nel clima della squadra.

«Andrò al Giro d’Italia per puntare a una tappa – spiega Poels – non avrebbe senso fare qualcosa per la generale. Sono molto contento di questa vittoria. Ci dà morale e devo ringraziare tutti i ragazzi che hanno lavorato alla grande. Eravamo qui con l’obiettivo di vincere e fare punti. Ci siamo riusciti».

A fine gara, l’esperto corridore olandese tiene in mano il trofeo del Tour of Turkiye: un intreccio dorato, una colonna, come tante ne abbiamo viste in questi giorni in Turchia.

Tanto mare, ma al via anche qualche bello strappo nell’entroterra
Tanto mare, ma al via anche qualche bello strappo nell’entroterra

Seduti con Malucelli…

Sceso dal podio, iniziamo a parlare con Malucelli. Matteo però ci fa spostare su delle sedie all’angolo dello stand dietro al palco. E’ stanco e preferisce stare seduto.

Per chi sono questi fiori, Matteo?

Se arrivano a casa in due giorni, ma non credo, perché sono un po’ grandi, sono per la mia ragazza, Martina. Alla fine queste sì, noi gioiamo all’arrivo e ci godiamo i risultati che ci ripagano dei sacrifici, ma viviamo quell’emozione intensa che dura un secondo e vale più di tutto il resto. Chi è a casa fa i sacrifici con noi, ma non vive quelle stesse emozioni. Quindi questo pensiero speciale è per lei.

Bastava vederti in volto ieri per capire che oggi non avresti mollato la presa…

Ieri mi sentivo bene, ma anche il primo giorno… e ho fatto secondo. Non c’era mai stata una squadra che mettesse il gruppo in fila. Sono stato anticipato da dietro, ma nella mia testa sapevo di essere più veloce. Ieri ho avuto paura di rimanere chiuso e sono partito troppo presto. E’ stato un errore, ma anche la mossa giusta: c’era una semicurva e con meno vento avrei potuto vincere. Ieri pomeriggio ho cercato di stare calmo, dormire, mangiare, recuperare. Oggi ho provato a stare a ruota di Kristoff: sapevo che la sua squadra aveva il miglior treno. Dovevo solo seguirlo e saltarlo sul finale. E così è andata.

La volata potente di Malucelli, al secondo successo stagionale
La volata potente di Malucelli, al secondo successo stagionale
Non farai il Giro, ma qui c’è uno che ci andrà. Dicci qualcosa di Poels…

E’ la prima gara che faccio con Wout. L’ho sempre visto al Team Sky, ricordo che lui era già pro’ nel 2009 e io ero ancora allievo. E’ un ragazzo molto scherzoso, un burlone, ma in corsa è serissimo. Ha guidato la squadra in maniera esemplare. Non abbiamo mai avuto momenti di difficoltà nel controllare la corsa. Ha sempre mantenuto la calma e ci ha dato quella serenità che serve per vincere. Ne parlavo anche con Fausto (Masnada, ndr) a cena: quando hai un capitano così, le motivazioni e le energie si moltiplicano. E’ bello correre da squadra…

Wout ci ha detto che non farà classifica al Giro. E’ così?

Sinceramente non lo so, ma non credo. Al Giro ci sarà una XDS-Astana d’assalto.

In effetti abbiamo visto una XDS compatta. Ma non credevamo che Poels fosse così leader…

Sì, mi avevano detto che si veniva per fare classifica con lui, quindi magari avrei dovuto lavorare. E siamo una squadra: c’era un obiettivo. Mi sono messo a disposizione e ho cercato di risparmiare più energie possibili nella seconda, terza e quarta tappa. E così facendo alla fine sono riuscito a vincere l’ultimo giorno.

Prima di salire sul palco, Malucelli, Kristoff (questo anche l’ordine d’arrivo) discutono dello sprint. Lonardi ha vinto la maglia a punti
Prima di salire sul palco, Malucelli, Kristoff (questo anche l’ordine d’arrivo) discutono dello sprint. Lonardi ha vinto la maglia a punti
Risparmiare energia pur lavorando però, perché ti abbiamo visto spesso davanti…

Negli anni ho imparato che in queste gare a tappe lunghe, perché otto giorni non sono pochi, la chiave è il recupero. Abbiamo un orologio Garmin che ci monitora tutto e ho visto che anche stando fermo al pomeriggio dopo le tappe, consumavo energia. C’era stress. Quindi ho cercato di dormire tutti i pomeriggi, recuperare al massimo. E c’è differenza: il giorno dopo lo senti, vedi che hai recuperato di più. Sembra banale, ma dopo otto tappe fa la differenza. Ho curato il recupero, il sonno, l’alimentazione… perché sapevo che agli ultimi due giorni dovevo arrivarci più fresco possibile.

Non sarai al Giro: un po’ ti dispiace?

Mi piacerebbe fare un Grande Giro, non l’ho mai fatto. Ma so anche che sarebbe una sofferenza grande per me. Penso di aver trovato la mia dimensione in gare così, con qualche squadra WorldTour. Posso essere competitivo e togliermi soddisfazioni.

Onesto…

Sì, ci sono 4-5 velocisti più forti, c’è poco da fare. Per un velocista è importante vincere e questa è la mia dimensione. Magari posso migliorare ancora un po’ con più corse di questo livello. L’anno scorso ne ho fatte poche, quest’anno ho già corso in UAE, in Cina e qui in Turchia. La mia condizione crescerà e voglio dimostrare che il mio posto qui me lo sono meritato. Nelle prossime settimane avrò molti appuntamenti per sprinter.

In Turchia domina la XDS-Astana. Lopez, Poels… e Masnada

03.05.2025
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SELCUK (Turchia) – Uliveti e coltivazioni di pesche si susseguono senza sosta lungo l’anello di 156 chilometri che parte e arriva da questa cittadina nel Sud-Ovest dell’Anatolia, Selcuk la moderna Efeso. L’area archeologica ci attende subito dopo la tappa. Dopo aver ascoltato quanto detto dalla guida, tra colonne, templi e teatri ci viene da pensare che dopo i Greci e i Romani, ora tocca agli XDS-Astana dominare questa antica città.

Il Tour of Turkiye aggredisce questa frazione, forte anche del riposo forzato del giorno precedente: tappa sospesa per troppa pioggia… non senza una certa coda di polemiche.

C’è vento in basso nelle vallate più grandi, ma all’improvviso le strade larghe diventano prima strette, poi strettissime e il vento cala un po’. Si va nella Turchia più autentica, fatta di case vecchie, contadini e… gente con lo smartphone in mano pronta a riprendere i corridori. Si respira un’aria di una genuinità strabordante e si ammirano paesaggi bellissimi.

Strappi cattivi

Il finale è tosto per davvero. Due salite che non regalano nulla, specie la prima. Ci sono strappi anche al 15 per cento. Davanti restano i migliori 15 atleti di questo Tour of Turkiye e tre di questi sono della XDS-Astana: Wout Poels, Harold Martin Lopez e Fausto Masnada.

Tra i 15 c’è anche Giovanni Carboni. L’italiano va forte, fortissimo… Alla fine sarà quinto. Un piazzamento che non lo soddisfa.

«Sono partito troppo presto – racconta l’atleta della Unibetla gamba c’era, ma forse dovevo aspettare. Tanto più che altri avevano compagni di squadra. Ma l’altro giorno, nella tappa regina, ho perso del tempo a causa di alcune cadute e volevo recuperare un po’. Ci proveremo ancora, vedremo cosa uscirà fuori».

Masnada tira, cuce, rilancia e poi lascia fare a Lopez. A circa 1.800 metri dal traguardo Lopez se ne va e va a prendersi la tappa. Lo segue Poels, giusto per non perdere la leadership. Primo e secondo. A distanza di cinque mesi e 2.500 chilometri vediamo realizzarsi le parole che ci aveva detto Maurizio Mazzoleni a Denia, in Spagna, questo inverno: che avrebbero corso in un certo modo, andando a caccia di punti in corse magari meno note, ma pesanti. E il Tour of Turkiye appartiene alla categoria “.Pro“, la più importante dopo quella WorldTour.

Bentornato Masnada

Che bello rivedere il bergamasco davanti, attivo nella corsa. Tanto più che il suo lavoro ha contribuito a far vincere un compagno di squadra, Harold Martin Lopez.

«Mi fa piacere essere qui – racconta soddisfatto Masnada – alla fine, dopo tre anni con parecchi problemi fisici, sembra che sto ritrovando un po’ il colpo di pedale. Faccio fatica, non sono brillante come una volta, però oggi avevo una motivazione in più. Dato che abbiamo il leader e il secondo in classifica, stiamo correndo da vera squadra. Per cui ho ritrovato anche il piacere di lavorare per i capitani e di godermi la corsa e le sue dinamiche. Quando si concretizza ti senti valorizzato.

«Oggi (ieri, ndr) ho fatto quello che mi è stato chiesto e le gambe hanno risposto abbastanza bene. Come l’altro giorno siamo riusciti a concretizzare il lavoro, e questo dà morale. Anche perché in queste gare, anche se non sono di primissimo piano, si fa parecchia fatica e non è semplice controllare la corsa. Ci restano ancora due tappe e il nostro velocista, Matteo Malucelli, potrà dire la sua nelle volate che restano».

Ora Fausto Masnada torna al grande ciclismo: sarà al Giro d’Italia. «Da qui andrò direttamente in Albania, con un volo da Istanbul lunedì».

La Pantera Rosa dell’Ecuador

E poi c’è il vincitore, Harold Martin Lopez. La prima cosa che gli chiediamo è come dobbiamo chiamarlo: Harold o Martin? E lui: «In Ecuador sono Martin, in XDS-Astana sono Harold!». Sempre Masnada ci ha detto che Lopez ha un grande motore e che è un bel prodotto del vivaio XDS-Astana.

«Ho trovato una squadra che investe anche sui giovani – ha concluso Masnada – Nel ritiro invernale c’era sempre anche la squadra Continental e questo lavoro di gruppo mi è piaciuto. Adesso Harold ha fatto il salto di qualità, penso che da noi ci sia un ambiente giusto per far nascere nuovi talenti».

Poi eccoci a Lopez. Quando parla lo fa con un ottimo italiano, appare sicuro e spontaneo: due caratteristiche non da poco.

«Sinceramente mi aspettavo di vincere – ammette con schiettezza – ho iniziato la stagione con una brutta caduta in Australia (porta ancora i segni sul volto, ndr) e sono stato fermo due settimane. Però poi ne ho fatte quattro a tutta in Ecuador. Mi sono allenato e sono tornato bene, avevo tanta voglia e sono subito andato forte, sia alla Milano-Torino che al Catalogna che ancora al Giro di Grecia: l’ho vinto. Quindi arrivavo qui in Turchia con tanta grinta. Ero ed avevo una squadra motivata. Qui in Turchia avevo fatto secondo nella tappa regina e oggi toccava a me».

Lopez è un altro figlio delle Ande, uno scalatore puro. Piccolo ma potente, con due cosce così. E soprattutto è un giovane: parliamo di un classe 2000. Ha tanta voglia di imparare e anche per questo ama stare con gli italiani. Masnada lo ha ribattezzato “Pantera Rosa”… In Ecuador esce spesso con Richard Carapaz.

«Richard è un mio amico – dice – e anche lui mi dà tanti consigli. Dopo che sono arrivato secondo in una tappa in Grecia mi ha detto che ero proprio un dilettante, perché avevo fatto lo sprint con le mani sulle leve».

Tarozzi: una stagione in fuga dalla Spagna alla Malesia

25.10.2024
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1.962 chilometri dei 12.395 corsi nel 2024 visti dalla testa della corsa. Manuele Tarozzi conclude la sua terza stagione in maglia VF Group-Bardiani CSF-Faizanè con questi numeri, ai quali affianca anche due vittorie. Il corridore di Faenza è pronto per le vacanze di fine stagione, che corrispondono anche alla luna di miele, visto il matrimonio celebrato lo scorso giugno. Ma prima di partire gli chiediamo di ripercorrere insieme a noi questi 1.962 chilometri, iniziati in Spagna e terminati in Malesia. 

«Tra poche ore sarò in volo – ci anticipa Tarozzi – direzione Seychelles per andare finalmente in ferie. Torneremo il 5 novembre e dal 10 sarò di nuovo in bici, d’altronde la stagione inizia il 20 gennaio e bisogna farsi trovare pronti. Ora però mi godo due settimane senza regole e pensieri, poi si pensa al 2025».

La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa
La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa

Di necessità virtù

Manuele Tarozzi durante questi tre anni ha intensificato sempre di più la sua presenza nelle fughe della prima ora. Nel 2022 fu una sola alla Coppa Sabatini, l’anno dopo sei, mentre quest’anno i giorni in avanscoperta sono stati ben 16.

«Mi sono accorto al Giro del Veneto di domenica – continua – che non ho il ritmo per seguire i migliori. Mi mancano quei 5 o 10 minuti di sforzo massimale per restare con loro. Così mi sono dovuto ingegnare e ho capito che se voglio vincere devo anticipare la corsa. Qualche volta arrivo anche (dice ridendo, ndr) e devo dire che è un bel modo di fare, sia per me che per la squadra».

Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
La prima fuga quest’anno è stata alla Valenciana, con la doppietta firmata insieme a Tonelli dopo 155 chilometri. E’ stata difficile?

Non direi, anzi quelle a inizio stagione sono le fughe più semplici perché arrivi fresco, riposato e libero di mente. A gennaio e febbraio la testa è sgombra da fatiche e pensieri che invece si accumulano durante l’anno. In più nei primi mesi faccio registrare valori alti, che difficilmente replico nel resto dell’anno. Quella della Valenciana è stata una giornata particolare nella quale piano piano abbiamo staccato tutti i nostri compagni di avventura. Poi ci siamo goduti l’arrivo in parata.

Anche se ad un certo punto avete sbagliato strada.

Lì è stato un errore della traccia GPX. Tonelli ha visto che doveva girare a destra, aveva la testa bassa e si è buttato. Io mi ero accorto dell’errore e l’ho richiamato, in quel momento avevamo ancora tanto vantaggio sul gruppo. Non è stato un finale thrilling, diciamo che è andata bene!

Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Poi sono arrivate le tre fughe, su cinque tappe, alla Coppi e Bartali…

Il primo giorno sono andato in avanscoperta e ho preso la maglia dei GPM, così la squadra mi ha detto di tenerla. Questo mi ha portato a cercare la fuga anche il giorno dopo per prendere altri punti. L’ultima tappa, invece, sono andato in avanscoperta per evitare brutte sorprese. Con me c’era anche il secondo della classifica dei GPM quindi me la sono dovuta sudare. Sono uscito da quella gara parecchio cotto visti i 315 chilometri in fuga sui 707 totali di gara. Però era la corsa di casa, quindi l’ho fatto volentieri. 

Dei tanti giorni passati in testa alla corsa quali sono stati i tuoi preferiti?

Quelli del Giro d’Italia. Non per sminuire le altre gare ma la corsa rosa è davvero unica. Il giorno migliore direi quello vissuto sulle strade di casa, da Riccione a Cento. Abbiamo fatto tutta la Via Emilia, e siccome le visite parenti sono ormai vietate mi sono dovuto inventare la fuga, anche se non ne valeva la pena.

Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
In che senso?

Decidere di andare in fuga prevede comunque una strategia. Si cerca di uscire allo scoperto quando sai che ci sono buone chance di arrivare al traguardo. Questa cosa si impara con il tempo. Ad esempio al Giro sai che nella tappa dei muri ci sono buone occasioni, infatti quest’anno ha vinto Alaphilippe. Io lì c’ero, ma il francese è stato più forte. Tornando alla tappa di Cento si sapeva che il gruppo avrebbe chiuso, ma sulle strade di casa si doveva fare. Ma lì era una lotta per capire chi potesse andare in fuga. 

Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Spiegaci meglio.

Che in certe tappe la fuga non parte perché provano tutti, come nella tappa di Sappada al Giro di quest’anno. Altri giorni si fanno 50 chilometri senza che nessuno faccia uno scatto o un allungo. 

Tra l’altro tu eri anche in quella di Sappada…

Direi che è stata la più bella della stagione. Per tanti era l’ultimo giorno disponibile per provare a vincere, anche perché il giorno si scalava due volte il Monte Grappa e il verdetto era scritto. Così come a Roma. Quel giorno verso Sappada siamo andati via in 19. E’ la mia fuga preferita perché nonostante tutto ho ottenuto un buon undicesimo posto, che al Giro non fa mai male. 

Poi sono arrivate quelle più “esotiche” in Malesia e in Cina, lì riesci a goderti il panorama?

Quando sei in fuga meno. In gruppo puoi alzare lo sguardo una volta in più e respirare. Invece nel momento in cui sei in testa alla corsa devi pensare a come fare per arrivare per primo. La mente è impegnata a cercare strategie per fregare il gruppo. 

La giornata più dura?

In Turchia! Mi sono sciroppato 70 chilometri da solo e mi hanno ripreso solamente a 100 metri dall’arrivo (in apertura foto Tour of Istanbul). In quei momenti, a fine gara, pensi sempre che avresti potuto fare qualcosa in più: una pedalata, una curva… Ma poi ti rivedi in video e capisci che non era possibile. Di quel giorno mi rimane l’orgoglio di essere arrivato a pochi metri dal successo e la soddisfazione di non aver buttato tutto visto il decimo posto finale. Al contrario di quanto fatto in Malesia. 

In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
Perché?

Nella quarta tappa ci hanno ripreso a 200 metri dall’arrivo, ma lì siamo stati ingenui. Ci siamo fermati a un chilometro dall’arrivo per guardarci. Nessuno voleva perdere e alla fine il gruppo ci ha infilato. Non ci ho dormito la notte, e sono uno che di solito chiude gli occhi presto a letto. Avevo talmente tanta rabbia che due giorni dopo sono ripartito e ho vinto, anche se per soli nove secondi. Poi ce n’è un’altra della quale sono orgoglioso.

Quale?

La vittoria in Cina, al Tour of Qinghai Lake. Nella frazione regina, la terza, sapevo di non avere il passo degli scalatori più forti. Così ho deciso di anticipare, sapevo che se fossi arrivato con un minuto o due ai piedi dell’ultima salita sarei potuto rimanere agganciato ai migliori. Così è stato. In discesa ho recuperato un po’ e nel finale me la sono giocata con Mulubrhan allo sprint. Un doppio risultato positivo: la vittoria e la maglia di leader. Il giorno dopo l’ho persa, ma quella tappa mi ha permesso di rimanere sul podio della classifica generale.

Pinarello torna dalla Turchia con nuove consapevolezze

13.02.2024
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Il viaggio di ritorno dalla Turchia per Alessandro Pinarello è durato praticamente tutta la giornata di lunedì. Dal Tour of Antalya il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha messo in valigia un secondo posto nella classifica generale. Lo ha conquistato sulle strade della terza tappa, quando ha tagliato il traguardo posto in cima alla salita di Tahtali. Quello che è uscito da quella frazione è un podio tutto italiano con Piganzoli, Pinarello e poi Zambanini. Ordine che si è rispecchiato anche nella classifica finale il giorno successivo. 

«Il viaggio è stato lungo – dice Pinarello appena messo piede alla Tenuta il Cicalino, in Toscana – rimarremo qui per il ritiro di squadra, fino al 22 febbraio. Un bel blocco di allenamento e domani sarò già in bici, il giorno di riposo era oggi».

Secondo nella tappa regina, alle spalle dell’amico e rivale Piganzoli
Secondo nella tappa regina, alle spalle dell’amico e rivale Piganzoli
Che cosa provi se ripensi al Tour of Antalya appena concluso?

Penso al secondo posto nella tappa più impegnativa e sono felice. Era la prima gara della stagione, ho avuto delle belle risposte, ma sono tranquillo. La strada per la stagione è ancora lunga, ma questo è un buon inizio.

Ti sei giocato la tappa, e la classifica, con altri due italiani giovani…

E’ sicuramente una cosa davvero bella, che da un lato ci dà, e mi darà, tante motivazioni. Con Piganzoli ho condiviso tante esperienze, tra cui il Tour de l’Avenir del 2023. Anche “Zamba” (Edoardo Zambanini, ndr) lo conosco molto bene. Trovarci a lottare sulla salita finale della tappa più dura è stato bello. 

Il confronto tra i due alla fine della tappa, uno scambio di battute e la consapevolezza di essere stati forti
Il confronto tra i due alla fine della tappa, uno scambio di battute e la consapevolezza di essere stati forti
Raccontaci la tappa, come l’hai vissuta?

Partivamo per la Turchia senza un vero capitano. Sapevamo che la terza frazione avrebbe fatto la differenza e sulla salita finale avevamo carta bianca. La Tudor ha tenuto la corsa in mano per tutto il giorno, anche sulle prime rampe dell’ultima salita. Il ritmo è stato alto ma regolare per tutto il giorno, quindi di fatica ne abbiamo fatta. 

E nel finale com’è andata?

La selezione è arrivata man mano, chilometro dopo chilometro. Piganzoli è stato il primo a provarci, l’ho seguito e siamo rimasti fuori noi due per un chilometro. Zambanini è rientrato assieme a Badilatti. Ai meno tre chilometri “Piga” ha fatto un secondo scatto, che sinceramente non mi aspettavo, ed è stato bravo a tenere il vantaggio. Secondo me non ci credeva troppo nemmeno lui, ma gli va dato atto di aver portato a termine l’azione. 

A completare il podio giovane e italiano ecco Zambanini, i tre si conoscono da tempo
A completare il podio giovane e italiano ecco Zambanini, i tre si conoscono da tempo
Cosa vi siete detti alla fine?

Eravamo consapevoli di essere andati forte, ci siamo parlati e confrontati. Alla fine siamo avversari in gara, ma fuori dalla bici siamo amici. Per quanto mi riguarda ero anche sorpreso di aver fatto determinati valori a inizio stagione. 

Hai cambiato qualcosa durante questo inverno?

Un po’ nella preparazione e nel peso. A inizio inverno ho lavorato tanto sulla forza e sull’esplosività sia in bici che in palestra. Nella seconda parte ho fatto tanti allenamenti alla soglia, cosa utile per andare forte in salita, come si è visto (dice con una mezza risata, ndr). 

Il peso come lo hai curato?

Con il mio nutrizionista abbiamo capito che c’era la possibilità di dimagrire. Ora ho una dieta calibrata giorno per giorno in base agli allenamenti e all’intensità. Era un obiettivo perdere qualche chilo, volevo arrivare ad un peso forma che voglio tenere costante per tutta la stagione. Forse qualcosina posso perdere ancora, ma vedremo passo per passo. 

Dopo il ritiro al Cicalino hai già un programma?

Il 28 febbraio corro al Laigueglia, poi Istrian Trophy, Coppi e Bartali e poi vedremo il calendario italiano. Qualche gara da under 23 la farò ancora, ma sempre meno rispetto alle passate stagioni.

Il Giro, con la banda dei giovani italiani, è una possibilità?

No no, penso che farò ancora un passo intermedio con il Giro Next Gen. C’è tempo per fare tutto, ma con calma.

Masciarelli e la Colpack protagonisti in Turchia

08.10.2023
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Lorenzo Masciarelli è tornato da qualche giorno dal Tour of Istanbul, che ha corso insieme alla Colpack Ballan. Il team bergamasco è stato invitato in Turchia ed ha accettato, tuffandosi nell’avventura di un ciclismo tutto da scoprire. Masciarelli e compagni hanno messo insieme tanti piazzamenti ed un’esperienza che sicuramente li ha arricchiti. 

«Abbiamo avuto questa occasione – dice Masciarelli da casa sua – e l’abbiamo colta. Ci avevano parlato bene di questa gara e così è stato. Si tratta di una corsa giovane ma davvero ben organizzata, ci siamo trovati benissimo. L’organizzazione ci ha fornito l’ammiraglia, con tanto di adesivi degli sponsor, e un pulmino a nove posti per noi ragazzi. L’hotel in cui abbiamo alloggiato era a cinque stelle, quindi con un servizio invidiabile».

Il rientro

Masciarelli sta concludendo la sua prima stagione su strada con il Team Colpack, annata che ha avuto anche dei bassi, non ultimo la pericardite che ha costretto il giovane abruzzese a fermarsi per qualche mese. 

«Appena ho avuto il via libera dai medici – racconta Masciarelli – ho chiamato la squadra per organizzare e pianificare al meglio questo finale di stagione. L’obiettivo di quest’anno era fare tanta esperienza su strada, per questo una volta avuto il permesso per correre sono tornato. Il team non mi ha messo alcuna pressione e mi ha dato la possibilità di gareggiare senza alcuna pressione. Anche in Turchia mi sono messo a disposizione dei compagni e ho fatto tanta fatica, cosa fondamentale per prendere il feeling giusto con questo nuovo ciclismo.

«Dopo la pericardite – spiega – ho ripreso con calma a fine giugno e la condizione è stata fin da subito decente. Ho avuto un piccolo calo, ma già dal Matteotti stavo bene, ho corso davanti e solo nel finale mi si è spenta la luce, ma ci stava. Già da dopo quella gara stavo bene, forse meglio di come stavo a inizio stagione».

Il ciclismo turco

Andare a correre in Paesi dove il ciclismo è in rampa di lancio permette di sperimentare e provare qualcosa di nuovo. Terre diverse e persone differenti che si affacciano a questo sport per la prima volta. 

«Sapevamo che il ciclismo in Turchia non fosse molto seguito – dice Masciarelli – ma la gente era davvero curiosa. E’ capitato più volte che in qualche negozio le persone ci fermassero per farci domande sulla gara e quello che stava accadendo. Il tifo a bordo strada era davvero tanto, soprattutto nell’ultima tappa. Ci chiedevano borracce e autografi, ci siamo divertiti molto e la fatica non è mancata».

Le tappe

In Turchia le tappe erano quattro e la Colpack si è messa in evidenza in tutte e quattro. Il maltempo ha colpito la gara, rendendola ancora più dura e selettiva. 

«Ha piovuto tre giorni su quattro – racconta Masciarelli – non pioggia leggera, ma davvero forte. Nella prima tappa Romele ed io eravamo in fuga insieme ad un’altra decina di corridori, ma ci hanno ripreso. Sono usciti dal gruppo altri tre corridori e hanno preso un grande margine che non siamo riusciti a chiudere, complice anche la pioggia. Ci sono state tante cadute, lo stesso Romele mentre inseguivamo. Invece Volpato ha bucato. Alla fine siamo rimasti io e Persico, e lui è stato bravo a buttarsi nella mischia e cogliere un sesto posto. Anche nelle altre tappe ha piovuto molto, nella seconda Romele ha colto l’occasione giusta e si è agganciato al gruppetto che è arrivato all’arrivo, arrivando secondo. 

«La vittoria – prosegue – è arrivata nella terza tappa, l’unica senza pioggia, lì siamo riusciti a ricucire sulla fuga e Persico ha premiato il nostro lavoro con un grande sprint. A livello di squadra ci siamo comportati bene durante tutta la corsa, potevamo raccogliere qualcosa in più, forse. Ma alla fine possiamo ritenrci soddisfatti».

Avversari e strada

Scorrendo fra la startlist del Tour of Instanbul si notano i nomi di alcuni team development come quello dell’Astana e Novo Nordisk. 

«Le squadre presenti – continua Masciarelli – erano forti, soprattutto le straniere. C’era un team danese della Restaurant Suri che ha vinto la corsa, i belgi del Tarteletto e qualche devo team. La differenza con le squadre orientali si sentiva, tanto che all’ultima tappa siamo partiti in 80. Tanto ha fatto il meteo, perché si vedeva che lì non piove molto, infatti le strade erano viscide e ci sono state tante cadute e forature. Il percorso risultava sempre impegnativo, con continui sali e scendi e davvero poca pianura. L’esperienza, come detto è stata davvero positiva e ci ha fatto conoscere un ciclismo diverso dal nostro, mettendoci alla prova anche lontani da casa. Sono stato contento anche di quanto ho fatto io, aiutando la squadra e i miei compagni.

«Ora la stagione – conclude – sta finendo e insieme alla squadra vedremo come organizzare l’inverno. Vorrei fare qualche gara di ciclocross, come promesso lo scorso inverno, ma dopo i problemi al cuore bisogna capire come gestire il riposo. In inverno capiremo come gestirci, probabilmente correrò verso il finale della stagione del cross, verso gennaio o febbraio».

Bouhanni, tre mesi fermo. Un ricordo che fa male

01.05.2022
5 min
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Presidential Tour of Turkey, seconda tappa. Arrivo ad Alcati, 11 aprile, si attende la volata. Il mare sulla destra, le case e il marciapiede sulla sinistra. Il gruppo arriva tutto in fila, ma un pedone cammina in mezzo alla strada e non si sposta. Qualcuno lo chiama. L’omino addetto all’incrocio con la giacca gialla fa per tirarlo indietro, ma è tardi. Il primo a centrarlo è un corridore della Eolo-Kometa. Fra gli altri che lo seguono a ruota ci sono anche Manuel Penalver della Burgos BH che finisce lì la sua corsa e Nacer Bouhanni, maglia Arkea-Samsic, che colpisce in pieno i due uomini sulla strada: il bollettino medico parla di vertebra cervicale fratturata. La sua stagione, iniziata finalmente bene, subisce un brutto arresto. Il ricordo sa tanto di scampato pericolo, ma è terribilmente amaro. 

«Eravamo in fila indiana a più di 55 all’ora – racconta Bouhanni (nella foto Instagram di apertura è nella Clinica Bizet di Parigi) – perché c’erano dei cordoli pericolosi. Poi ho questo flash in cui vedo due persone davanti a me sulla strada. Le ho colpite entrambe a testa alta. Ricordo di averla abbassato solo all’ultimo per proteggermi e poi ricordo la sensazione di aver sbattuto contro un muro. Non ho fatto in tempo a mettere la mano sul freno, è successo in una frazione di secondo. Da allora, non ho dormito per tre notti. Avevo questa immagine violenta di shock che continuava a tornare».

La caduta nella 2ª tappa al Presidential Tour of Turkey of stata provocata da un pedone (foto Instagram)
La caduta nella 2ª tappa al Presidential Tour of Turkey of stata provocata da un pedone (foto Instagram)

Il collo non regge

Abbiamo parlato più volte con i corridori di cosa si provi in quell’attimo in cui capisci che la caduta è inevitabile. Ci sono delle volte che non ti rendi conto, altre in cui, come in questo caso, capisci di non poterci fare niente. E’ incredibile invece come poi, nel racconto, sembri quasi di viverla al rallentatore.

«Mi sono reso conto – ammette il francese – ho subito messo le mani sulla testa per via del dolore e perché mi sentivo come se il collo non ce la facesse a reggerla. Ho pensato al peggio. Ricordo anche che c’erano Emmanuel Hubert, e il mio direttore sportivo (Yvon Ledanois, ndr). Gli ho chiesto perché mi stesse capitando ancora. Avevo già avuto una commozione cerebrale all’inizio dell’anno (il francese era caduto in allenamento ad Altea, in Spagna, e aveva per questo rinviato il debutto, ndr). Ho anche detto che non volevo saperne di più del ciclismo. Con tutto quello che mi stava succedendo, non ce la facevo più. Soprattutto ero spaventato. Pensavo che non li avrei più visti. Tenevo la testa e sentivo che c’era qualcosa di serio».

A soccorrere Bouhanni sulla strada, subito Ledanois, il suo direttore sportivo alla Arkea (foto Instagram)
A soccorrere Bouhanni sulla strada, subito Ledanois, il suo direttore sportivo alla Arkea (foto Instagram)

Ospedale da incubo

Paura. Dolore. Essere per giunta lontani da casa, in una terra di cui non capisci nemmeno la lingua. E quel senso di sgomento, perché il collo che non sorregge il capo.

«Soffrivo molto – prosegue questa volta Bouhanni con il giornalista de L’Equipe – volevo solo essere rimandato a casa in fretta per vedere mia moglie e mio figlio. Non sapevo cosa fosse. Ero spaventato, era orrore. E quando sono arrivati i soccorsi è stato anche peggio. Mi hanno preso bruscamente per mettermi su una barella. Continuavo a urlare che soffrivo atrocemente. Mi hanno gettato nell’ambulanza. Tutto quello che hanno fatto mi è parso brusco. Il viaggio poi è stato tremendo. Buche. Curve. Stavo impazzendo. Mi hanno chiesto di muovere la testa da destra a sinistra, ma non potevo. Non si rendevano conto che poteva essere molto grave? In ospedale ho passato sette ore in pantaloncini in un corridoio con l’acqua che cadeva dal soffitto. Ho dovuto fare pipì in una bottiglia di plastica. Ho pensato tra me e me che stavo dormendo e probabilmente mi sarei svegliato. Per fortuna c’era anche il medico della squadra e l’ho pregato di non lasciarmi lì da solo. Ha passato la notte in camera. Poi i medici turchi mi hanno fatto una radiografia. Mi hanno detto che era molto grave e che avevo rischiato la paralisi…».

Tre mesi fermo

Tornare a casa. Avere intorno qualcuno di fiducia che prenda in mano la situazione. Il team manager che contatta un neurochirurgo in Francia, che per fortuna lo tranquillizza. Dopo aver ricevuto il risultato della tac infatti, la dottoressa parigina è più rassicurante di quanto siano stati i colleghi all’ospedale di Smirne.

«Il rischio di paralisi – sorride ora per il pericolo scampato – si è trasformato nella necessità di tenere per due mesi il busto senza poter muovere la testa. Poi saranno necessari altri esami per valutare cosa fare. Quel che è certo è che dovrò stare per tre mesi senza sport. Non c’è bisogno di dire altro per descrivere il resto della mia stagione. Avevo lavorato duramente per rientrare dopo la commozione cerebrale all’inizio dell’anno e invece siamo di nuovo qui. Adesso però penso alla salute, nessuna fretta. Per cosa? Offrirei in cambio le mie 70 vittorie, perché il ciclismo è una cosa, la vita un’altra. Mentalmente, è molto difficile accettare quello che mi sta succedendo. Sento già intorno a me dire: ”Sei un combattente, ne uscirai e tornerai”. Dopo un po’ però ti dici che non sei Superman. Quello che mi fa impazzire è che questo è successo in una gara UCI. Allora penso che quei signori che ci danno lezioni dietro le loro scrivanie, dovrebbero finalmente dare un’occhiata seria alla sicurezza dei corridori».

Un podio per sognare in grande? Chiedete a Tagliani

11.02.2022
4 min
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Dice che il podio di oggi è una bella emozione, ma quei cinque minuti di attesa sul palco della crono di Torino al Giro d’Italia, neoprofessionista e per giunta primo a scattare, saranno impossibili da dimenticare. La storia di Tagliani è di quelle che ti restano addosso e aspetti il varco giusto per farla uscire. Oggi è il giorno giusto, anche se il terzo posto nella tappa di Antalya potrebbe non giustificare chissà quali slanci. Filippo avrebbe voluto sprintare anche ieri, ma è rimasto chiuso. Oggi invece ha trovato il varco e si è arreso solo a Rajovic e Gibson

«L’anno scorso quando ero su quel palco – sorride – mi è passata tutta la vita davanti. Ho rivisto vent’anni di ciclismo. Mi ci hanno tenuto per cinque minuti, un’eternità».

Volata della seconda tappa, Rajkovic anticipa, Tagliani chiude terzo
Volata della seconda tappa, Rajkovic anticipa, Tagliani chiude terzo

La grinta di Righi

All’ammiraglia dopo l’arrivo il diesse Righi gli strillava bonariamente in faccia: «Adesso puoi mandarmi a cagare! Mi ci mandi a cagare?».

Si vedeva che il tecnico toscano della Drone Hopper-Androni Giocattoli fosse contento, ma non capivamo il perché di quelle parole, finché non glielo abbiamo chiesto.

«Ieri l’ho brontolato – dice con un’espressione toscanissima – e lui mi guardava male. Erano stati bravi per tutto il giorno a restare davanti nonostante quel vento, ma lui ha esitato ed è rimasto chiuso per la volata. E allora, visto che mi guardava storto, gli ho detto che aveva un solo modo per mandarmi a cagare: fare un bel risultato. E oggi l’ha fatto. Per carità, non s’è ancora combinato nulla, ma mi auguro che il podio gli dia morale. Qualsiasi cosa fa la fa per sé, non certo per me».

Nel 2018 la sua vittoria più bella: la San geo sulle strade di casa (foto Piton)
Nel 2018 la sua vittoria più bella: la San geo sulle strade di casa (foto Piton)

Destino segnato

Tagliani non poteva che fare il corridore. Se nasci a Gavardo e per anni ti partono da davanti casa la Coppa San Geo e il Trofeo Soprazocco, la voglia di buttarti anche tu nel mezzo deve venirti per forza. In più suo nonno Emilio ha mandato avanti per anni la trattoria Alle Trote, che ora è dei suoi genitori e per i corridori è un vero punto di ritrovo. Per questo nel 2002 ha staccato il primo tesserino con la UC Soprazocco e ci è rimasto sino al 2011. Forse per questo, fra le vittorie più belle da dilettante, Filippo inserisce la Coppa San Geo.

«Vincere davanti a parenti, amici e tifosi, sulla porta di casa di Delio Gallina è stato qualcosa di molto speciale – raccontò – quel giorno ho davvero toccato il cielo con un dito. Ci tenevo moltissimo ed è stato il miglior modo per dire grazie all’amico Delio e al team manager Cesare Turchetti, con i quali sono rimasto in buonissimi rapporti anche quando ho cambiato club».

Pro’ a 25 anni

Già perché la sua storia passa per un anno alla Named-Ferroli, ben 4 alla Delio Gallina, una alla Casillo e l’ultima alla Zalf, prima di passare professionista a 25 anni, mentre intorno impazzava la caccia ai ragazzini.

«Ma io ci ho sempre creduto – dice di ritorno verso l’hotel – altrimenti avrei ascoltato i consigli di chi mi diceva di smettere da under 23. Per fortuna continuo a fare le cose come voglio farle io e questo piccolo podio non è niente, ma ripaga dei sacrifici che sono sempre tanti lo stesso. Ho iniziato la stagione in Venezuela e ho preso un virus intestinale, ma per fortuna è durato poco e il lavoro non s’è buttato. Lo so che i risultati importanti sono altri, ma questo podio dà morale per riprovarci. Voglio fare una bella stagione, per cui domenica mi butto dentro lo stesso».

Dimenticato il vento di ieri, la Turchia mostra il suo volto primaverile
Dimenticato il vento di ieri, la Turchia mostra il suo volto primaverile

Volata kamikaze

E se gli fai notare che nella volata mancavano a causa della salita alcuni dei velocisti più forti, l’orgoglio viene in superficie.

«Rispetto a ieri – dice – mancava solo Mareczko, gli altri c’erano ma non sono usciti. Abbiamo fatto gli ultimi cinque chilometri di volata e sull’arrivo stavolta mi ci sono lanciato da kamikaze. Volevo partire lungo, è partito lungo anche Rajovic ed è stato il più forte. Perciò sì, sono emozionato, ma quei cinque minuti sul palco di Torino ancora sono inarrivabili. Me lo dissero la mattina dello stesso giorno, non mi aspettavo neanche la convocazione per il Giro. No, quell’emozione resta la più bella».

Malucelli e Mareczko, nervi tesi ad Antalya

10.02.2022
5 min
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«Uso il 53 perché ho le pedivelle corte – dice Malucelli – quindi se per caso rallento, rilanciare una padella grande è difficile. Però in un arrivo come questo, tutto dritto e con la strada che scende, a un certo punto cercavo i rapporti, ma erano finiti. Sono andato a tutta. L’ho visto arrivare. Mareczko ha sicuro il 54. Era in scia e ha cominciato a uscire. Non mi sono seduto e ho detto: “Fino alla fine, fino alla fine!”. Arriva, arriva, arriva, arriva. Poi per fortuna è arrivata prima la riga».

Sei andato dritto?

Non lo so (ride, ndr). Che domande mi fai?! Mi sembra di sì, gli ho lasciato lo spazio per passare. Lo spazio c’era.

Verdetto in bilico

Per una volta cominciamo dalla fine, mentre il vento sferza la costa di Antalya e la neve del Monte Toros si specchia sul mare. Tour of Antalya, prima tappa. Dopo il traguardo l’attesa per il fotofinish è stata lunga come un rosario. Malucelli era convinto di aver perso. Mareczko si sentiva di aver vinto. I rispettivi compagni intorno chiedevano e guardavano i vari replay. Ci sono foto di varie esultanze. E quando alla fine il verdetto ha premiato il romagnolo, la battuta di Mareczko mentre posava per una foto accanto al rivale, è stata sferzante. «La prossima volta faccio anch’io così».

«Vecchie ostie», ha commentato Malucelli andando verso il podio. Vecchie ruggini.

Sapevamo che i rapporti fra i due non fossero idilliaci, succede fra velocisti. Mareczko è arrivato tra i professionisti forte di vittorie a palate fra gli under 23 e quando Malucelli cominciò a batterlo, lui che da under 23 non era in grado di tenergli testa, il bresciano si convinse che probabilmente le sue vittorie fossero frutto di scorrettezze. Tra velocisti è così. Chiedete a Cipollini e Abdujaparov, a Cavendish e Sagan.

La 1ª tappa del Tour of Antalya è partita da Side, città che fu anche romana
La 1ª tappa del Tour of Antalya è partita da Side, città che fu anche romana

Promessa mantenuta

Ma dietro questa vittoria c’è una lunga storia, di cui il forlivese ci aveva già parlato in ritiro, a Calpe, quando lo incontrammo nell’hotel della squadra. I racconti sul lavoro fatto per migliorare in salita, perdendo lo spunto in volata. La voglia di tornare velocista, investendo di nuovo sulla palestra.

«Abbiamo mantenuto le promesse – sorride il corridore della Gazprom-RusVelo – ma in genere è stato un inverno regolare. Mi sono ammalato fra Natale e Capodanno, ho preso un virus intestinale che mi ha debilitato per una decina di giorni, ma tutto sommato è stato un inverno tranquillo. Sono stato attento, nel senso che a Capodanno i miei amici hanno fatto il tampone per venire a casa mia e nell’ultimo mese non sono uscito mai a cena, per paura di ammalarmi. E’ stato un inverno regolare, ma impegnativo. Anche la a mia ragazza ha fatto un bel po’ di sacrifici insieme a me e questo era il massimo che potevo ottenere dopo tanti sacrifici».

Doppia fila e volate

La Turchia ha suoni e colori speciali, anche se la temperatura non è troppo primaverile. La sveglia del mattino arriva col muezzin e la gente è gentile oltre ogni immaginazione. Le vestigia della città romana alla partenza da Side fa capire quanta storia ci sia lungo queste strade. E intanto Malucelli racconta, seduto davanti all’antidoping, perché non è banale vincere la prima corsa, dopo un inverno di lavoro.

«Abbiamo fatto tanti lavori di doppia fila – racconta – e volate, volate, treni… La mia fortuna è sempre quella di riuscire a partire bene. Nel 2017 ho fatto 4° nella prima tappa in Argentina, nel 2018 ho vinto al Tachira, nel 2019 ho fatto 2° nella prima tappa in Argentina, l’anno scorso ho vinto al Tachira. Quindi ho questa fortuna che facendo tanta fatica, perché il motore è piccolo rispetto agli altri (sorride, ndr), in allenamento sono sempre fuori giri e quindi arrivo alle corse che ho già il ritmo gara e l’abitudine alla fatica. Ho già un fuori giri importante. E poi abbiamo lavorato tanto. Palestra e abbiamo fatto tante doppie file e volate, doppie file e volate».

Sul podio, oltre ai due italiani, anche l’estone Lauk
Sul podio, oltre ai due italiani, anche l’estone Lauk
Hai una bestia nera in squadra che ti fa dannare in volata?

Vacek, è forte, verrà un bel corridore. E’ un 2002, viene fuori un campione. Ma adesso penso a me. Vincere subito dà morale. Sapevo di stare bene, ma un conto è stare bene e un conto è vincere. Non è uguale.

La volata, disse a dicembre, è come nella giungla, vince chi sopravvive. Oggi la giungla ha trovato il suo re. Ma a giudicare dal ghigno di Mareczko, l’occasione per la rivincita non tarderà ad arrivare.