La crescita di Vauquelin nella crisi dell’Arkéa

25.06.2025
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Kevin Vauquelin stava per riuscire in una piccola grande impresa vincendo il Tour de Suisse, peccato per lui e per la Arkéa-B&B Hotels che abbia trovato sulla sua strada un formidabile Joao Almeida e una corazzata come la UAE Emirates. Sarebbe stata la prima vittoria di un francese in una corsa WorldTour dal 2007, anno in cui Christophe Moreau vinse il Delfinato.

Vauquelin è rimasto in testa alla corsa elvetica fino alla cronometro finale. Ma per tutta la settimana ha lottato a testa alta contro tutti. Ha persino rilanciato sul traguardo di Emmetten, con una volata che per pochissimi metri non l’ha visto vincere, salvo poi cedere per pochi centimetri allo stesso Almeida. Ha utilizzato al meglio la squadra, e quei pochi uomini – tra cui anche il nostro Alessandro Verre – hanno a lungo chiuso sulle fughe e tenuto la corsa.

Arkea compatta e orgogliosa attorno al suo leader: tutti hanno reso al meglio
Arkea compatta e orgogliosa attorno al suo leader: tutti hanno reso al meglio

Tra sogno e dura realtà

Qualcosa di normale, se vogliamo, ma non nella situazione attuale della Arkéa-B&B Hotels, che naviga in acque agitate, per non dire in pieno uragano. E’ proprio in casi come questi che si vede quanto aumentino stimoli e rendimento quando ci si gioca qualcosa di grosso. Poi la cronoscalata di Stockhutte ha riportato Vauquelin e compagni sulla terra.

«Sono ovviamente deluso – ha dichiarato ai media presenti al Tour de Suisse dopo la sua prova – avevo molte aspettative su me stesso. Ho sentito molta pressione intorno a me. Mi scuso per non esserci riuscito, ci avrei voluto davvero. Avevo le gambe un po’ strane, penso che siano state tante emozioni in poco tempo, ho cercato di dare il massimo ma sentivo che mi mancava quel pizzico di grinta che si ha quando si segue qualcuno, come ieri, quando Joao ha cercato di farmi esplodere in salita. E’ ancora questo il lavoro che devo fare: in una normale cronometro individuale abbiamo la velocità che ci motiva e ci lancia, in salita no. Sentivo di avere dei watt in meno».

«Dobbiamo comunque essere contenti perché abbiamo lottato fino alla fine con squadre che hanno budget molto più elevati del nostro. E non è facile».

Vauquelin stremato al termine della crono in Svizzera dove ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida
Vauquelin stremato al termine della crono in Svizzera dove ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida

Una stagione importante

«Secondo nella classifica generale, non ci pensavamo davvero. Sono traguardi importanti per la mia carriera. In questa settimana ho superato limiti importanti. E’ fenomenale».

Ed effettivamente Vauquelin si lancia in un’altra dimensione dopo queste performance. La vittoria di tappa al Tour de France a Bologna, le affermazioni in primavera, il secondo posto alla Freccia Vallone… rappresentano quella continuità che fa dire che è un corridore vero. Non una meteora. Parliamo sempre di un classe 2001: ha compiuto 24 anni ad aprile.

In Francia si è parlato molto di Vauquelin. Adesso è anche dato tra i favoriti per l’imminente titolo nazionale. Un motivo d’orgoglio, da sfoggiare magari al Tour.

Soprattutto, il podio di Vauquelin in Svizzera ha riacceso i riflettori sulla situazione economica della Arkéa, che – come detto – versa in acque tempestose. Questo secondo posto, e anche i punti arrivati da Raúl García Pierna alla Route d’Occitanie e da Cristián Rodríguez all’Andorra Morabanca, servono a poco.

Primo, perché non è tanto la questione dei punti: di fatto la Arkéa è fuori dalla top 18 del triennio WorldTour già da un anno. Secondo, perché il vero problema è economico ed è legato agli sponsor.

Alla fine Vauquelin ha salvato il podio nella generale, arrivando secondo, e ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane
Alla fine Vauquelin ha salvato il podio nella generale, arrivando secondo, e ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane

Bravi, ma basta?

Già durante le Ardenne il team manager Emmanuel Hubert era stato chiaro: «Non so se continueremo. Servono 25 milioni di euro». E sembra anche che abbia detto ai ragazzi che se trovano una sistemazione per l’anno prossimo, di sentirsi liberi di accettarla. Non certo un bel segnale.

Questa buona prestazione, insomma, potrebbe non bastare a cambiare le sorti della squadra bretone.

«Ci troviamo in una situazione finanziaria complicata – ha detto Vauquelin, ricordando parecchio Verre all’arrivo di Sestriere – per Emmanuel Hubert è molto complicato. Spero che questi risultati possano portare sponsor e aiutare Emmanuel e il team Arkéa-B&B Hotels. Ne abbiamo bisogno. Staff e corridori stanno dando il massimo con i pochi mezzi che abbiamo. Se dobbiamo confrontarci con le grandi squadre e i grandi budget, è molto complicato. Quindi spero che questo dia un po’ di voglia a qualche sponsor di venire: nonostante le difficoltà, siamo in grado di ottenere risultati».

Per ora si sa che la Arkéa-B&B Hotels non ha ancora un roster per il 2026 e che già sei corridori – tra cui lo stesso Vauquelin e si vocifera anche Luca Mozzato – abbiano trovato una nuova sistemazione. Vedremo. Ma è certo che se per restare a galla nel WorldTour servono 25 milioni di euro, qualche domanda chi siede al tavolo dei comandi dovrà porsela.

Niente recon e distacchi sotto controllo: Almeida re dello Svizzera

23.06.2025
6 min
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Alla fine ce l’ha fatta. Joao Almeida ha vinto il Tour de Suisse. Con tenacia, con costanza, come una formichina, il portoghese della UAE Emirates si è messo sotto dopo il pasticcio della tappa iniziale e, negli ultimi 10 chilometri contro il tempo della corsa elvetica, ha ribaltato la situazione.

Kevin Vauquelin però è stato un avversario fiero. Inaspettato, ma altrettanto tenace. Finché ha potuto, ha lottato e, diciamolo pure, ha anche fatto tremare Almeida… e non solo lui. «Alla fine sì, sono deluso, ma la UAE ha mezzi più potenti dei nostri», ha sentenziato il giovane francese.

Almeida in azione nella crono di Stockhutte, dove ha rifilato 24″ a Felix Gall e 1’10” ad Oscar Onley
Almeida in azione nella crono di Stockhutte, dove ha rifilato 24″ a Felix Gall e 1’10” ad Oscar Onley

Non mollare mai

Chi invece è stato davvero uno squalo – e lui stesso ci aveva detto di essere venuto qui per vincere – è stato proprio Almeida.
Ha iniziato la rimonta quasi senza pensarci, ma con l’intento di riscattarsi conquistando le tappe. E così eccolo: l’assolo dello Spluga, la volata di Santa Maria in Calanca e la vittoria di Emmetten prima dell’epilogo di ieri. Ogni giorno tra distacchi e abbuoni rosicchiava qualcosa al leader. Tanto da presentarsi con 33″ di ritardo da Vauquelin. Non male per come si era messa: 3’22” di ritardo dopo la prima frazione.

«E’ stata una lunga strada, nella quale un errore poteva costarci caro – racconta Almeida – Per fortuna non ne abbiamo fatti più dopo l’inizio e siamo riusciti ad arrivare fino in fondo. Ma anche quando ho perso tre minuti, non credo che avessimo sbagliato tanto.
«La squadra è stata incredibile, abbiamo fatto un lavoro perfetto, abbiamo lottato per la vittoria, non ci siamo mai arresi, ci abbiamo sempre creduto. Alla fine è stata una vera lezione: non bisogna mai arrendersi. A volte le cose vanno male, niente è mai perfetto. Bisogna solo continuare a provare. Noi abbiamo continuato a farlo e ci siamo riusciti.

«E adesso? Mi godrò questa vittoria al massimo. E poi sarò pronto per il Tour de France e per supportare Tadej Pogacar. Spero che avremo altri successi».

Simone Pedrazzini è nel gruppo UAE dal 2014 (quando era ancora Lampre)
Simone Pedrazzini è nel gruppo UAE dal 2014 (quando era ancora Lampre)

Pedrazzini racconta

Tra i fautori di questa bella rimonta c’è Simone Pedrazzini, il direttore sportivo della UAE Team Emirates in questo Tour de Suisse.

«L’abbiamo ripresa per i capelli – racconta Simone – Siamo partiti così, con quella tappa in cui abbiamo perso terreno. Può succedere. Il problema è che non eravamo sicuri di recuperare, il percorso non era particolarmente selettivo. Di arrivi con salite lunghe, esclusa la crono di oggi (ieri per chi legge, ndr), non ce n’erano. E invece Joao, un giorno qua e uno là, è riuscito a recuperare tutto».

Eppure Pedrazzini ammette che loro ci hanno sempre creduto, Almeida soprattutto. Ma rimontare oltre tre minuti e passa non era affatto scontato. Anche prima della cronoscalata la certezza non era assoluta.

«Sì, ci credevamo, ma non eravamo sicuri al 100 per cento. Vauquelin è un buon cronoman, basta vedere i suoi risultati. Ma si trattava di una cronoscalata e questo ci poteva favorire. Ipotizzavamo di potergli rifilare un minuto, alla fine è stato 1’40”».

Lo aveva detto Vauquelin prima della crono: voglio svenire, voglio dare tutto. Ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida
Lo aveva detto Vauquelin prima della crono: voglio svenire, voglio dare tutto. Ha chiuso 4° a 1’40” da Almeida

Niente recon

L’approccio di Almeida alla crono è stato quantomeno insolito. In un ciclismo in cui si studia tutto, Pedrazzini racconta che il portoghese non ha fatto la ricognizione. E anche per il pacing si è scelta un’altra strada.

«E’ stata una mattina abbastanza tranquilla – dice il tecnico – Joao non ha voluto neanche vedere il percorso. Ha preferito riposare. I primi 4,6 chilometri li aveva già visti con l’arrivo di ieri. Per quanto riguarda il pacing e l’impostazione della crono, noi abbiamo David Herrero. E’ lui l’addetto che analizza tutto, che dà le indicazioni ai corridori anche sui materiali, che spiega il percorso…».

E proprio riguardo alla gestione dello sforzo e al passo sono curiose le parole di Almeida: «Non ho regolato bene il mio sforzo all’inizio e alla fine, non avevo più benzina per dare il massimo nell’ultimo chilometro ma è stato sufficiente. Ho fatto una salita davvero bella, mi sentivo davvero bene. In alcuni punti, ho pensato che il mio misuratore di potenza fosse mal calibrato, perché mostrava valori più alti del solito. Quindi sì, sono davvero super contento».

«Joao – riprende Pedrazzini – ci ha messo del suo. Il mix delle due cose, le indicazioni di Herrero e le sue gambe, ha portato alla crono che abbiamo visto. Sapete, nel ciclismo moderno non è più tanto il diesse che influisce sulla crono, ma altri. Il diesse gestisce la giornata, fa sì che tutto funzioni bene».

Il podio finale del Tour de Suisse 2025: 1° Joao Almeida, 2° Kevin Vauquelin e 3° Oscar Onley
Il podio finale del Tour de Suisse 2025: 1° Joao Almeida, 2° Kevin Vauquelin e 3° Oscar Onley

Quei due intermedi…

Una giornata ben organizzata parte anche da dettagli apparentemente banali: come il bus parcheggiato correttamente per esempio, viste le difficoltà logistiche, e tutto predisposto nel modo giusto. La riunione con Herrero è stata fondamentale, ma anche il supporto degli altri ragazzi della squadra.

«Un altro aspetto da non sottovalutare – continua Pedrazzini – è che una crono così, a fine giro, in pochi la fanno a tutta. Per noi era importante motivare tutti. Saper fare bene una crono è qualcosa che serve anche in futuro e devo dire che i ragazzi sono stati bravi nonostante il giorno prima avessero preso aria per 160 chilometri. E comunque averla fatta con impegno ha permesso che nei primi chilometri ci fossero piccole indicazioni utili per Joao, tipo una doppia curva, il ciglio del marciapiede più alto nei primi 700 metri che erano veloci. E questo è uno stimolo. Sanno che possono aiutare il capitano».

La UAE Emirates non ha lasciato nulla al caso. La corazzata ha predisposto tutto al meglio lungo il percorso.

«Per radio – conclude Pedrazzini – parlava Herrero. Come detto, è lui che fa i calcoli ed è giusto che fosse lui a dare le indicazioni. Indicazioni che servono a non arrivare in croce nei momenti topici. Almeida sapeva sempre i distacchi, non solo all’intermedio ufficiale. Avevamo organizzato per conto nostro altri due punti di cronometraggio: uno ai due chilometri e uno ai sette, oltre a quello dei 4,6 chilometri. Ecco, questo fa parte delle mansioni del diesse.

«Tornando ai distacchi, già dopo due chilometri – i più favorevoli a Vauquelin – Almeida aveva 11″ di vantaggio. Questo ha significato molto. Così come l’aver preso Alaphilippe… per carità, lui non è uno specialista, ma in una cronoscalata averlo a vista per oltre un chilometro è stato un riferimento in più. Anche per il morale».

Almeida a Piuro mette una toppa al suo Tour de Suisse

18.06.2025
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PIURO – Joao Almeida arriva da solo sotto il sole di Piuro che non lascia scampo alla pelle dei corridori. Taglia il traguardo, festeggia e stoppa il computerino sulla bici. Dopo duecento metri gira la bici e sale piano piano verso il podio. Accanto alla zona mista delle interviste trova il tendone dove all’ombra scende dalla sua Colnago, i meccanici tolgono la ruota posteriore e dopo averla agganciata ai rulli Almeida ci sale nuovamente per fare defaticamento. Pedala e smette di sudare solo dopo qualche minuto. Il colore della pelle da rosso torna roseo. 

Il portoghese del UAE Team Emirates-XRG ha lo sguardo fisso sulla ruota posteriore abbandonata qualche metro accanto a lui, intanto gira le gambe. Pensa e riflette. Oggi a Piuro in Valchiavenna, dove il Tour de Suisse è tornato dopo 27 anni, ha vinto la sua quinta gara stagionale: una tappa alla Parigi-Nizza, due ai Paesi Baschi e la classifica generale sia in Spagna che al Tour de Romandie. 

La Svizzera in Italia

Joao Almeida torna a vincere in Italia dopo più di due anni, siamo al Tour de Suisse ma oggi la corsa ha respirato la passione dei tifosi italiani accorsi numerosi sotto le Cascate dell’Acquafraggia. Quando corri nella squadra numero al mondo devi cogliere le occasioni che ti vengono concesse. Lo scorso anno al Tour de Suisse Almeida venne battuto dal proprio compagno di squadra Adam Yates, si dice che  l’umore del portoghese non fosse dei migliori al termine della cronometro di Aigle. Questa volta lo scalatore portoghese è venuto da solo come unico leader del team emiratino

Almeida ha preso il largo negli ultimi chilometri del Passo dello Spluga, la scalata che ha decretato lo sconfinamento in Italia. Un allungo, non uno scatto. Il passo e le gambe da cronoman hanno fatto il resto del lavoro nella discesa finale

Il portoghese ha fatto la differenza negli ultimi chilometri del Passo dello Spluga
Il portoghese ha fatto la differenza negli ultimi chilometri del Passo dello Spluga
Congratulazioni, è la tua terza vittoria in Svizzera. L’anno scorso hai fatto un lavoro straordinario insieme ad Adam Yates, mentre ora sei il leader unico della tua squadra. Come ci si sente?

È bello. Sono contento della vittoria di tappa, abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra. Mancano ancora tante tappe a domenica (giorno in cui si concluderà il Tour de Suisse, ndr). 

Quando sei rimasto da solo hai pensato di poter prendere anche la maglia di leader?

No, avevo in mente solamente la vittoria di tappa. Con un percorso del genere era difficile pensare di poter prendere più di due minuti a Romain Gregoire (leader della corsa, ndr). 

Oggi il Tour de Suisse è arrivato in Valchiavenna e i corridori hanno pedalato immersi in scenari mozzafiato
Oggi il Tour de Suisse è arrivato in Valchiavenna e i corridori hanno pedalato immersi in scenari mozzafiato
Ti aspettavi di arrivare da solo?

Oggi mi sono sentito bene per tutto il giorno, avevo la sensazione di andare forte fin dai primi chilometri. Gli ultimi dieci chilometri di pianura ho pensato solamente a spingere al massimo e questo sarà il piano fino all’ultima tappa. 

Cosa è successo nella prima tappa quando avete perso tre minuti da Gregoire?

Lui era in fuga e noi abbiamo commesso degli errori come squadra e una volta fatti è stato impossibile riprendere i fuggitivi. In qualche modo siamo riusciti a limitare i danni e oggi ho guadagnato un minuto. 

Pensi di poter provare a vincere questo Tour de Suisse?

Credo sia molto difficile, quasi impossibile, ma possiamo provarci. Domani la tappa sarà impegnativa e la cronoscalata di domenica permette di pensare a tanti scenari diversi. 

Sei tornato in corsa e in questi giorni stai correndo per prepararti al Tour de France, come ti senti?

Penso che la forma sia buona, quindi posso essere felice di come mi sento e partire per il Tour de France con la giusta mentalità, ovvero provare a vincere con Pogacar. 

Schwarzsee, in Svizzera si brinda al giorno di Albanese

17.06.2025
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La seconda tappa del Tour de Suisse porta il nome di Vincenzo Albanese, 28 anni, che sul traguardo di Schwarzsee centra la prima vittoria WorldTour. Il giorno dopo la vittoria di Gregoire, la gara a tappe elvetica proponeva ugualmente un percorso vallonato con circa 2.700 metri di dislivello, con salite brevi e impegnative come il Guggisberg, l’Heitenried e il Rechthalten. Strappi da classiche, prima di affrontare gli ultimi chilometri di salita verso il traguardo.

«Mi sentivo bene fin dall’inizio – ha detto il toscano – il mio ruolo oggi era quello di aprire la strada a Madis Mihkels, ma negli ultimi due chilometri Quinn Simmons e altri ragazzi hanno attaccato e io li ho seguiti. Poi ho visto che mancavano 200 metri al traguardo e mi sono lanciato a tutta velocità verso l’arrivo. Questa è la mia prima vittoria WorldTour e vedremo cosa succederà nei prossimi giorni».

La fuga dei tre che ha condizionato la seconda tappa dello Svizzera
La fuga dei tre che ha condizionato la seconda tappa dello Svizzera

L’attacco di Simmons

Tre corridori in fuga dall’inizio. Silvan Dillier, Jonas Rutsch e Mauro Schmid, che non hanno mai superato i due minuti di vantaggio. Sulla salita del Guggisberg, Dillier si è arreso. Il gruppo ha fatto il forcing sull’Heitenried, con la Tudor Pro Cycling in testa per fiaccare i velocisti. Schmid ha lasciato indietro il compagno di fuga Rutsch, ma pochi chilometri dopo, anche lui si è arreso. E’ stato a quel punto che la EF Education-EasyPost ha preso l’iniziativa, per lanciare Madis Mihkels. Mentre erano quasi certi che il gruppo fosse lanciato verso lo sprint, Jan Christen è partito a due chilometri dal traguardo e con lui si è avvantaggiato Quinn Simmons. L’americano ha giocato davvero bene la sua carta, ma è calato, consegnandosi alla rimonta di Albanese, che ha vinto dando la sensazione di non aver neppure speso tutto.

«Devo ringraziare i miei compagni di squadra – ha detto Albanese – che hanno fatto un lavoro fantastico dall’inizio alla fine. Sono davvero felice. Christen ha attaccato quando mancavano circa due chilometri all’arrivo e Neilson Powless ha chiuso il gap. Poi nell’ultimo chilometro Quinn Simmons e un altro corridore hanno attaccato, io ho seguito l’americano e poi ho sprintato negli ultimi 200 metri».

Vincenzo Albanese è nato a Salerno, ma sin da piccolo si è trasferito il Toscana. Correrà con la Ef fino al 2027
Vincenzo Albanese è nato a Salerno, ma sin da piccolo si è trasferito il Toscana. Correrà con la Ef fino al 2027

Il momento d’oro del team

La squadra si è presa cura di lui per tutta la giornata. Negli ultimi 20 chilometri, Vincenzo e i suoi compagni di squadra hanno preso il controllo del gruppo, posizionando l’italiano e il velocista Madis Mihkels sulla testa della corsa e assicurandosi che tutti i fuggitivi venissero ripresi. Il piano iniziale prevedeva che Albanese aprisse la strada al compagno, ma quando sono iniziati gli attacchi sulla salita verso il traguardo, Vincenzo è rimasto calmo. E’ saltato sulle ruote degli attaccanti, si è fatto largo, ha accelerato e ha vinto la corsa.

«Con la squadra mi trovo molto bene – ha detto Albanese – abbiamo anche vinto a Gippingen tre giorni fa con Powless. Questo è un momento importante per noi perché tra due-tre settimane inizia il Tour de France, quindi tutto bene. Ora vediamo cosa succederà nei prossimi giorni».

Per il toscano si tratta della prima stagione con la Ef Education-EasyPost, dopo il primo assaggio di WorldTour lo scorso anno con la maglia della Arkea-Samsic. L’italiano non vinceva una corsa dal Tour du Limousin del 2022, quando ancora correva con il Team Eolo-Kometa. L’anno scorso, Albanese non ha preso parte ad alcun Grande Giro, così che la sua ultima partecipazione a una grande corsa risale al Giro d’Italia del 2023. La squadra americana non ha ancora diffuso la lista dei candidati alla partenza del Tour, ma certo una tappa al Giro di Svizzera, su un arrivo comunque impegnativo, è la conferma che Albanese è al punto giusto.

Almeida: «Al Tour de Suisse per vincere e testare la condizione»

15.06.2025
4 min
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Se ieri abbiamo iniziato a parlare del Tour de Suisse con uno dei corridori più attesi, Tao Geoghegan Hart, stavolta lo facciamo con quello che a detta di tutti è il favorito numero uno: João Almeida.

Lo scorso anno il portoghese fu secondo, alle spalle di Adam Yates, per quella doppietta UAE Emirates che a posteriori altro non era che un anticipo del dominio che poi Tadej Pogacar e appunto la squadra avrebbero avuto al Tour.
E così ecco che Joao, con grande disponibilità, ha risposto alle nostre domande… aggiungendo anche un pensiero sul Giro d’Italia.

Quest’anno Almeida ha disputato sin qui 5 corse a tappe: due vittorie, due secondi posti e un sesto (alla Parigi-Nizza dove non era al top fisicamente)
Quest’anno Almeida ha disputato sin qui 5 corse a tappe: due vittorie, due secondi posti e un sesto (alla Parigi-Nizza dove non era al top fisicamente)
Joao, come stai? Com’è la forma?

Tutto bene, siamo qui in Svizzera per vedere se la gamba è buona.

Qual è il tuo obiettivo in questa corsa? Vuoi confermare il podio o è uno step di passaggio verso il Tour?

No, io credo che voglio confermare che la forma sia buona e che siamo qui per vincere la gara. E anche provare la gamba, com’è… soprattutto venendo da un lungo ritiro a Sierra Nevada.

A proposito, in generale com’è stata la tua preparazione quest’anno? Hai avuto intoppi?

Devo dire che è andato tutto bene. Sono stato un po’ malato alla fine della Parigi-Nizza e anche la settimana dopo, ma niente di speciale. Sono stato costante, ho fatto le gare che dovevo fare e anche per questo sono fiducioso.

La crono dello Svizzera 2024 era praticamente identica a quella di quest’anno. Almeida la vinse usando bici da strada e casco aero
La crono dello Svizzera 2024 era praticamente identica a quella di quest’anno. Almeida la vinse usando bici da strada e casco aero
Joao, tu sei un ottimo cronoman e una tua prestazione in questa specialità conta moltissimo. L’altro giorno al Delfinato Tadej ha pagato qualcosa: ebbene, quanto è importante la crono che ci sarà a questo Tour de Suisse per acquisire dati, fare degli interventi?

In teoria è importante, ma qui in questo Giro di Svizzera la crono che c’è è facile dal punto di vista dei materiali, perché è in salita. E’ tutta una questione di spinta. E stare lì sulla posizione della crono non è facile.

Però è importante per il Tour, per quella di Peyragudes che è sempre in salita…

Esatto, alla fine è uno sforzo simile, una crono da fare a tutta. Ma per me è più un giorno indicativo per valutare la gamba. Perché è uno sforzo che non ti consente di respirare. Devi impostare un pacing giusto e spingere forte. E devo dire che anche per questo sono eccitato, non vedo l’ora di farla.

Quanto ti senti più leader adesso, Joao? Hai acquisito questo senso di leadership sia dentro di te che nei confronti della squadra?

Io credo di sì. E’ una cosa che tutti gli anni cresce in me. In questi ultimi anni ho cominciato a vedere quello che funziona e quello che funziona meno per me. Allenamento, alimentazione… tutte queste cose. Capire come funziona il mio corpo, come devo fare l’allenamento. In questo momento sono in una posizione di consapevolezza. E questo ti dà fiducia per arrivare alle gare e dire: “Sto bene, la gamba c’è”.

La vittoria ai Paesi Baschi di quest’anno è stata una grande iniezione di fiducia per il portoghese
La vittoria ai Paesi Baschi di quest’anno è stata una grande iniezione di fiducia per il portoghese
Chi saranno i rivali principali per questo Tour de Suisse?

Ben O’Connor: io credo che lui andrà forte. Anche Ben ha fatto un ritiro a Sierra Nevada e quindi si è allenato bene. Poi penso a Aleksandr Vlasov. Doveva esserci anche Mattias Skjelmose, ma non ci sarà perché è malato. Questi per me erano i più forti. Poi vediamo giorno per giorno, perché sicuramente c’è tanta gente che sta bene. In tanti si sono allenati forte prima di questa gara e potrebbero anche esserci sorprese.

Chiudiamo con una curiosità. Nei giorni del Giro d’Italia, sulle tue pagine fan dei social – soprattutto i portoghesi – dicevano che era l’occasione di Joao al Giro. Ci hai mai pensato un pochino?

Sì – ride Almeida – alla fine puoi pensare a tante cose. Il Giro d’Italia mi piace tanto.
E non vedo l’ora di tornarci un giorno. Vedendo il Giro, pensavo che fosse in effetti un bel percorso per me. Due crono, salite giuste e anche l’ultima tappa sul Colle delle Finestre mi è piaciuta molto. La squadra è stata brava, hanno fatto una bella gara, alla fine siamo stati un po’ sfortunati. E qualche nostro corridore è caduto, ma nonostante tutto siamo stati lì per vincere. Dai, vediamo se un giorno tornerò: io lo spero tanto!

Sobrero: «Non vedo l’ora di tornare (veramente) in gruppo»

12.06.2025
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Matteo Sobrero stava viaggiando su un treno con destinazione Svizzera. E’ questa la Nazione che ha visto e che vedrà riprendere la sua stagione agonistica: il Tour de Romandie a maggio, adesso il GP Aargau e soprattutto il Tour de Suisse.


L’alfiere della Red Bull-BORA non si era visto per un po’, quando a metà marzo è caduto in allenamento, riportando una commozione celebrale e la frattura dello zigomo, tanto che è stato trasportato in ospedale con l’elisoccorso. Poi finalmente è riapparso al Romandia, anche se per lui ci sono state solo quattro tappe. Ma l’importante era esserci. E adesso? Adesso è lui che ci spiega come stanno le cose…

Sobrero (Classe 1997) quest’anno ha messo nel sacco solo 17 giorni di gara. Per questo ha una grande voglia di rivincita
Sobrero (Classe 1997) quest’anno ha messo nel sacco solo 17 giorni di gara. Per questo ha una grande voglia di rivincita
Matteo, si ricomincia insomma?

Si ricomincia. Avevo ripreso al Romandia ma è già passato un po’. Poi il ritiro in quota a Sierra Nevada e ora ho proprio voglia di ributtarmi nel gruppo.

Come è andata con quella caduta?

Adesso tutto bene e ormai è un capitolo chiuso. Mi sento meglio. E’ stato un brutto incidente, ma anche la squadra è stata molto vicina nel recupero e mi ha dato tempo per il rientro. E infatti sono cambiati i piani.

E quali erano?

Dovevo fare le Ardenne, il Giro d’Italia e prima la Sanremo. E ora vedremo se farò il Tour de France o la Vuelta.

Che poi, da quel che abbiamo saputo, hai avuto problemi anche di equilibrio?

Di equilibrio e non solo. Ho avuto una commozione cerebrale pesante. Facevo persino fatica a guardare il telefono, dovevo stare al chiuso, al buio. Non sopportavo la gente o la confusione. Ho iniziato con i rulli, ma solo dopo 15 giorni di fermo assoluto. Poi, dopo un’ulteriore settimana, ho ripreso su strada. E’ stato un vivere alla giornata. Di positivo c’è che almeno ho passato parecchio tempo a casa.

Sobrero ha iniziato a lavorare con Roglic dall’anno scorso. Chissà se sarà al Tour con lo sloveno
Sobrero ha iniziato a lavorare con Roglic dall’anno scorso. Chissà se sarà al Tour con lo sloveno
E come è andata al Romandia?

Ho fatto una grande fatica. Ho fatto fatica proprio a tornare in gruppo. Tante cose che erano normali, normali non lo erano più. Mi richiedevano una certa concentrazione. E’ stata una cosa strana.

Quando hai sentito davvero di aver fatto uno step in avanti?

Dopo due mesi dall’incidente ho iniziato a sentirmi come prima e mi sono detto: ci siamo. In bici facevo quello che volevo e da lì ho ricostruito la condizione fisica. Poi l’altura con la squadra, riprendere quella routine mi ha aiutato tantissimo. E mi ha dato modo anche di non pensarci troppo.

E ora a correre finalmente! Come affronti questo Giro di Svizzera?

Diciamo che è importante questo blocco: GP Aargau e Tour de Suisse. Il capitano sarà Vlasov, magari io avrò qualche possibilità in qualche tappa, visto che di ondulate ce ne sono diverse. Tappe ideali per fughe e attacchi.

E gli italiani?

Stavo per dire infatti che dopo la Svizzera per me ci saranno i campionati italiani: sia a crono che su strada. E lì, in quei giorni, saprò se farò il Tour o la Vuelta. In entrambi i casi dirò okay. E lo farò con un sorriso sincero.

Perché?

Perché il Tour è il Tour, ma anche la Vuelta quest’anno non è cosa da poco per me. Passa da dove sono cresciuto, Alba, e quindi ci tengo parecchio. Per entrambe le corse la motivazione non manca, mettiamola così!

Il piemontese è un abile cronoman e agli italiani spera di fare benissimo in questa specialità, che lo ha visto persino vestire il tricolore nel 2021
Il piemontese è un abile cronoman e agli italiani spera di fare benissimo in questa specialità, che lo ha visto persino vestire il tricolore nel 2021
Che ci dici dei tuoi compagni al Giro?

Eh, il Giro l’ho seguito. Mi è dispiaciuto per Primoz. So che ora sta facendo l’altura, ma per conto suo: è a Tignes. E’ davvero tanto che non lo vedo, dal Teide. E dire che invece dovevamo fare parecchie gare insieme, ma poi è andata come è andata. Tra quelli che mi hanno colpito chiaramente c’è Giulio.

Pellizzari, ovviamente…

Avevo detto subito che sarebbe esploso. Lo avevo già detto a tanti che avrebbe fatto vedere qualcosa di buono molto presto perché lo vedevo in allenamento. E sono davvero contento per lui, perché oltre al corridore è davvero un ragazzo bravissimo. Solare, attento… E’ bello lavorare con lui.

A proposito di compagni, chi c’era con te a Sierra Nevada?

Eravamo in otto in tutto: Vlasov, Lipowitz, Pithie, Fisher-Black, Adrià, Fisher-Black… Un bel gruppo, lavorato bene.

Chiudiamo con un po’ di progetti e speranze, Matteo. Prima hai detto che in questo Tour de Suisse ci sono diverse tappe ondulate. Ne hai già segnata qualcuna di rosso? O non si dice nulla per scaramanzia?

No, no… Guarderò il da farsi giorno per giorno. Poi consideriamo anche che dopo l’altura è sempre un po’ un enigma. Curiamo prima di tutto Vlasov e poi ogni giorno sarà diverso. Io non dico niente, non so a che percentuale di forma sono. Prima corro e poi saprò giudicare. Diciamo però che sto bene…

Svizzera blindato: ora Yates e Almeida verso il Tour con Pogacar

16.06.2024
4 min
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Primo e secondo per quattro giorni di seguito al Tour de Suisse: il dominio del UAE Team Emirates anche in questo caso è stato schiacciante. Pensare che Adam Yates e Joao Almeida ora andranno al Tour da gregari di Pogacar fa capire con quanta determinazione la squadra emiratina abbia voglia di ribaltare i verdetti degli ultimi due anni. L’incidente di Vingegaard rischia di sballare le previsioni e gli equilibri, in ogni caso la consistenza del team è piuttosto impressionante.

L’ultima sfida ha visto i due compagni di squadra scaldarsi uno accanto all’altro sui rulli nella zona di partenza. Neppure uno sguardo in cagnesco, piuttosto l’intima convinzione di tirare fuori il meglio dalla giornata. E il meglio ha significato per Almeida vincere la crono, con una gestione aggressiva della prova. Per Yates una tattica conservativa, sapendo che a meno di un tracollo il margine sarebbe stato sufficiente per portare a casa la maglia gialla. Quando Almeida è sceso dai rulli per andare alla partenza, i due si sono stretti la mano e poi la sfida è cominciata. Erano le 16,19: dopo 33 minuti 23 secondi e 870 millesimi, il portoghese ha conquistato l’ultima prova. Staccato di 8 secondi, il britannico ha sollevato l’ultimo trofeo.

Ottime, a margine, le prove di Skjelmose, Riccitello, Pidcock e Lenny Martinez, ma contro quei due la partita era ingiocabile.

Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità
Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità

Il finale di Almeida

Come tutti gli altri, anche Almeida è partito con la bici da crono e poi è passato alla Colnago da salita. Un cambio necessario, visto che il finale verso Villard sur Ollons era da tappa di montagna. E mentre tanti si sono intestarditi su un rapporto troppo lungo, gli ultimi due chilometri di Almeida lo hanno visto spingere con la corona più piccola, facendo velocità con la cadenza. Curiosità nel trionfo, pur essendo un grande cronoman e avendo fatto ottime prove in precedenza, Almeida non aveva mai vinto una crono WorldTour.

«Sono davvero contento della vittoria – dice – penso che sia stata la mia prima vittoria a cronometro, escludendo i campionati nazionali, quindi è molto buono. Sapevo sin dalla partenza che sarebbe stato praticamente impossibile vincere la classifica generale contro Adam. E’ abbastanza forte ed è un combattente. Per cui sono super felice anche del secondo posto dietro di lui.

«Non sapremo mai come sarebbe andata se non avessi dovuto lavorare per lui. E’ stata una settimana fantastica, di un perfetto lavoro di squadra. Poteva essere un’occasione anche per me, ma ci siamo detti che saremmo stati corretti e alla fine è bello vincere avendo questa consapevolezza».

Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono
Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono

I fantasmi di Yates

Yates e la sua barba sono crollati sull’asfalto, ansimando forte. E proprio mentre era lì che cercava di riconnettersi con la vita, dalle spalle sua moglie ha portato il peloso cane bianco che si è messo ad annusarlo e fargli festa. A volte gli organizzatori ci lasciano interdetti: sono così severi nel tenere lontani i fotografi e poi fanno arrivare un cane (sia pure il suo) addosso al vincitore della classifica.

«E’ sicuramente una delle vittorie più importanti della mia carriera – dice Adam – non ero sicuro di riuscirci. Ovviamente, avevo i distacchi rispetto a Joao, partito davanti a me e sapevo che alla fine avrebbe accelerato. Io invece non riuscivo proprio a farlo. Ero già al limite, quindi ho provato a tenere il ritmo e per fortuna è bastato. Sono ancora senza fiato perché è stato molto impegnativo. Avevo in mente da molto tempo il 2019, quando persi la Tirreno-Adriatico per un solo secondo nell’ultima crono (vinse Roglic, ndr) dopo essere stato in testa per cinque tappe. E questo fantasma era nella mia testa da anni. Per cui finalmente è bello vincere una corsa con un’ultima crono come questa.

«In più a inizio anno ho avuto un brutto incidente e la cosa peggiore è che non capivo quanto tempo mi sarebbe servito per tornare. Per fortuna le cose sono state abbastanza rapide e ne sono grato. Vincere la corsa è già una grande cosa, dividere il podio con Joao è una sensazione davvero speciale».

Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose
Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose

Chissà se Pogacar ha seguito quest’ultima crono e si è fregato le mani immaginando quale tranquillità potranno dargli questi due angeli custodi al Tour de France. Ormai tutti i tasselli stanno andando al loro posto. Firenze sta per diventare la capitale mondiale del ciclismo. Prima con il weekend dei campionati italiani e poi con la Grand Depart. Noi siamo pronti, la sensazione è che lo siano anche loro!

Gianetti e la UAE: un mosaico costruito minuziosamente

13.06.2024
6 min
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La Svizzera è una cartolina, la bellezza ti viene in faccia quando meno te lo aspetti allo stesso modo in cui, non appena la pendenza delle salite si fa cattiva, i corridori si trovano senza gambe. Carì si trova sulle montagne del Ticino a 1.655 metri di quota, luogo incantato per escursioni e sport invernali. Ed è proprio in un punto più verde di altri che Adam Yates, dopo l’assaggio di ieri, decide di attaccare. E’ la quinta tappa del Tour de Suisse e ancora una volta il UAE Team Emirates ha preso in mano la corsa, risucchiando i fuggitivi.

«Oggi all’arrivo le primissime parole che mi ha detto Adam Yates – fa Gianetti al settimo cielo – sono state: “Mamma mia, che lavoro di squadra”. Lo ha detto un metro dopo l’arrivo e neanche ringraziando loro, ma dicendolo a me. La squadra ha fatto il lavoro e lui l’ha solo finalizzato. Questo è uno spirito bellissimo, che mi piace. Adam e Joao Almeida sono dei ragazzi straordinari. Non sono solo dei corridori veramente fenomenali, ma delle persone molto intelligenti con le quali è veramente bello lavorare».

Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica
Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica

Yates e dietro Almeida

Yates attacca come gli scalatori di una volta: lui l’alta frequenza di pedalata non sa cosa sia. Quando dà la prima bordata, il primo a tenerlo è Bernal. Poi il colombiano cede e si fa sotto Mas, finché entrambi vengono ripresi da Almeida. Procedono così, staccati di una manciata di secondi fino al traguardo. Primo Yates, secondo Almeida a 5″, terzo Bernal a 16″, quarto Riccitello a 18″, quinto Mas a 22″. Lo scenario dei due compagni di squadra quasi appaiati ricorda l’identico scenario alla Vuelta dello scorso anno.

«Sapevamo di voler fare un ritmo serrato – racconta il leader – l’intera squadra ha lavorato davvero duramente per tutto il giorno. All’inizio la Ineos ha provato a spronarci un po’ nelle prime due salite, quindi abbiamo dovuto riorganizzarci. Poi però i ragazzi sono stati super forti. Hanno controllato la fuga e poi abbiamo fatto un gran ritmo nel finale. Soprattutto con Joao (Almeida, ndr) salivamo davvero forte. E quando dalla macchina mi hanno detto che stava risalendo, mi sono voltato e quasi pensavo di vederlo passare. So che anche lui è in ottima forma, siamo venuti qui come leader alla pari. Quindi per la squadra è stata una giornata fantastica».

Un mosaico chiamato UAE Emirates

Domani intanto si vivrà uno scenario che ricorda quello del Giro nel giorno di Livigno, ma con il dovuto anticipo. La tappa regina non si potrà fare a causa della neve e in alternativa verrà proposta una… tappetta di 42,5 chilometri. Nonostante gli sforzi, si è deciso che anche il percorso alternativo previsto per la tappa regina attraverso i passi del San Gottardo e del Furka non è fattibile. Si partirà da Ulrichen con la salita finale di Blatten-Belalp che potrebbe riservare comunque degli attacchi. Gianetti da queste parti gioca in casa e ancora una volta, dopo le meraviglie del Giro, si trova ad abbracciare i corridori dopo una gigantesca prova di squadra.

«E’ una soddisfazione – dice – dopo anni di costruzione minuziosa. Pezzo dopo pezzo, come un mosaico, ogni piccola pietrina fa parte del disegno globale. Il personale, i direttori sportivi, i massaggiatori, i meccanici, i manager, il nutrizionista, i cuochi, i fisioterapisti, gli ingegneri, i nostri partner… tutti! Ciascuno mette veramente qualcosa per far sì che questo mosaico sia un bel disegno. E’ bello perché è frutto di tanta passione».

Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team
Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team

Il segreto dell’amicizia

Yates disposto a mettersi a disposizione di Almeida, poi tutti a disposizione di Pogacar al Tour. Come si costruisce una simile intesa? Bastano gli ingaggi alti per spegnere le velleità di corridori nati per essere campioni? Gianetti ascolta. E’ stato corridore. Sa com’è quando dentro hai il fuoco della vittoria.

«Questa è la cosa della quale sono più orgoglioso – dice il Team Principal e CEO del UAE Team Emirates – perché abbiamo creato la squadra partendo dai giovani. Forse uno dei pochi innesti per cui siamo andati sul mercato è proprio Adam Yates. Però Almeida, Ayuso, Hirschi, McNulty, Bjerg, Del Toro e lo stesso Pogacar sono corridori che abbiamo forgiato noi, anche nel senso dell’amicizia. Vogliamo da subito che ogni corridore abbia lo spazio per vincere, tutti i nostri giovani quest’anno ci sono già riusciti. Sei giovane, ma non devi solo lavorare e questo dà loro una carica incredibile. Avete visto con quale personalità hanno lavorato oggi Christen, Del Toro e lo stesso Mark Hirschi? Insistiamo quotidianamente su questo aspetto, per far sì che i ragazzi abbiano rispetto uno dell’altro. Affinché ciascuno in questa squadra abbia rispetto per gli altri. Dobbiamo stare assieme tutti i giorni dalla mattina alla sera, anche in camere doppie: bisogna andare d’accordo.

«Vogliamo che abbiano una mentalità molto aperta, propositiva. Non critica, ma propositiva perché vogliamo migliorare. Voglio che ognuno possa portare qualcosa di suo. Siamo la squadra migliore al mondo perché ci sono 140 persone, tra corridori e personale, che fanno il meglio per far crescere la squadra: se stessi e il gruppo. I corridori questa cosa la sentono, la percepiscono. E’ un circolo che abbiamo costruito in maniera veramente ricercata e dettagliata e io ne vado veramente molto orgoglioso».

Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo
Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo

Al Tour per Pogacar

Per questo stesso motivo andranno al Tour a lavorare per Pogacar: sette capitani al servizio del più capitano di tutti. Come si fa a essere certi che uno non parta con il pugnale nascosto sotto la maglia? Mauro sorride, la situazione è sotto controllo.

«Siamo chiari dall’inizio della stagione – sorride – anzi da prima che il corridore firmi il contratto. “Vuoi venire da noi? Bene, perché vuoi venire da noi? Cosa vuoi da noi come squadra? Noi da te vogliamo questo, ma tu perché vuoi venire da noi? Vogliamo capire se siamo la squadra giusta per quello che tu vuoi”. Quindi è importante chiarire questo aspetto prima di tutto. Poi inizia la stagione e a novembre Matxin fa un lavoro straordinario, corridore per corridore, su quali siano le loro ambizioni e cosa vogliano fare.

«Okay, è chiaro, al Tour c’è Tadej e si lavora per lui: questo è scontato, quindi tutti lo sanno. E sanno che se vogliono trovare un’occasione per vincere, dovranno concentrarsi e identificare il momento in cui loro stessi avranno la squadra a disposizione. E’ frutto di una programmazione molto oculata e discussa in maniera esaustiva. Da domani Yates e Almeida faranno corsa parallela perché ovviamente non corriamo da soli. Ci sono molti avversari che proveranno ad attaccare, che proveranno a fare la corsa dura, difficile, complicata. Quindi ovviamente bisognerà correre bene, sfruttare questa situazione che ci vede al comando della classifica. E se alla fine uno dei due starà meglio dell’altro, la situazione sarà accettata in modo molto sereno».

Il Gottardo accende lo Svizzera, Yates affonda il colpo

12.06.2024
5 min
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La strada verso il Tour è una sorta di grande mosaico, le cui tessere si vanno evidenziando in tutte le corse di giugno. E se il Delfinato ha segnalato i nomi di Roglic e Jorgenson, Carlos Rodriguez, Evenepoel e Buitrago, il Giro di Svizzera va ancora in cerca dei suoi tasselli. Oggi il primo arrivo in salita sul San Gottardo ha dato un bello scossone alla classifica. La tappa se l’è portata a casa Torstein Træen, norvegese di 28 anni, che dopo sette stagioni alla Uno X (quattro nel devo team e tre nella professional), ha fatto il grande salto nel WorldTour. Una bella intuizione dei manager del Team Bahrain Victorious, visto che il ragazzo non aveva ancora vinto una sola corsa, né si era distinto per clamorose azioni da gregario. Chapeau! Alle sue spalle intanto oggi si è accesa la lotta fra Yates e Skjelmose.

«Non credevo fosse possibile – ha raccontato il norvegese – perché stamattina non pensavo di avere le gambe. Poi, durante la fuga, ho iniziato a pensare a tutto quello che mi è successo negli ultimi anni e, ovviamente, a Gino (Mader, scomparso lo scorso anno prorio al Tour de Suisse, ndr). Ho sperato solo di poter resistere, e fortunatamente l’ho fatto. L’ultimo chilometro sembrava non finire mai. Yates arrivava velocemente. Non era asfalto, ma ciottolato e c’era vento contrario.

«Vincere la tappa dedicata a Gino è stato incredibile. Manca a tutti. Personalmente non lo conoscevo perché l’anno scorso non ero in questa squadra, ma sento quanto manca. Sono onorato di aver vinto questa tappa per lui, soprattutto con la sua famiglia presente. Significa così tanto…».

Prima vittoria da pro’ per Torstein Træen, norvegese classe 1995
Prima vittoria da pro’ per Torstein Træen, norvegese classe 1995

Gli scatti di Yates

Alle sue spalle, è mancato poco che Adam Yates riuscisse nella grande rimonta. L’inglese ha attaccato quando forse mancava troppo poco all’arrivo e alla fine non è riuscito a recuperare gli ultimi 23 secondi: quando è partito il fuggitivo viaggiava oltre quota 3 minuti. In più con i suoi 58 chili, quando ha messo le ruote alte in carbonio sul selciato che sale al Gottardo, che ha il simpatico nomignolo “Tremola”, la sua azione si è un po’ disunita. Ugualmente il britannico ha conquistato la maglia gialla.

«E’ stata una bella tappa – ha detto – anche se il piano oggi non era di attaccare. Dopo aver dato un’occhiata agli arrivi, volevamo cercare di risparmiare un po’ di energia. Ma durante la salita mi sentivo bene e così ho deciso di mettere i ragazzi davanti e fare un bel ritmo. Ho attaccato solo per vedere se qualcuno mi avrebbe seguito, non ero molto sicuro di me nel tratto con i ciottoli. Non mi piacciono le strade così, perché quando pesi meno di 60 chili, vieni sballottato qua e là ed è piuttosto difficile trovare la giusta trazione. Quindi prima ho attaccato solo per vedere. E visto che nessuno mi ha seguito, ho deciso di continuare.

«Penso che la salita di domani mi si addica un po’ meglio. E’ un po’ più ripida, ma d’ora in avanti ogni giorno si arriva in cima ad una montagna, anche la crono ha l’arrivo in alto. Quindi il difficile sta per arrivare. Sarà una settimana molto dura, ma la squadra sembra forte e motivata. Quindi spero che alla fine diremo che sarà stata una bella settimana».

Skjelmose nella scomoda posizione di avere Almeida (compagno di Yates) così vicino
Skjelmose nella scomoda posizione di avere Almeida (compagno di Yates) così vicino

Le risposte di Skjelmose

La tappa di domani di cui parla Yates prevede l’arrivo a Carì, a quota 1.636, a capo di una salita di 10,2 chilometri all’8 per cento di pendenza media. La classifica è ancora corta, ma oggi alle spalle di Yates si è mosso bene il vincitore uscente Mattias Skjelmose.

«Credo che oggi abbiamo corso bene – ha detto  Skjelmose – come squadra abbiamo fatto quello che dovevamo. I ragazzi hanno creduto in me e hanno fatto un ottimo lavoro per tenere sotto controllo la situazione per molto tempo, Jacopo (Mosca, ndr) in particolare. L’attacco di Yates è stato violento. Se fossi stato alla sua ruota, forse avrei potuto provare a seguirlo. Comunque è andato forte, ma io ho avuto sempre la sensazione di buone gambe, quindi ho deciso di aspettare il momento giusto per forzare il ritmo e minimizzare le perdite. Sono contento della mia prestazione.

«Per me era il primo test in montagna dopo aver staccato e aver fatto il training camp in altura. Si arriva a giorni come questo sempre con un po’ di dubbio, invece alla fine mi sono sentito davvero bene e questa è la cosa più importante. Anche se Yates oggi ha mostrato un’ottima forma, sento che la gara per la classifica generale è ancora aperta. Sono in una buona posizione. Avremo tre tappe di montagna e una cronometro per giocarci le nostre possibilità. Ci proveremo».

Bettiol ha difeso la maglia, ma le pendenze e una caduta hanno reso il compito impossibile
Bettiol ha difeso la maglia, ma le pendenze e una caduta hanno reso il compito impossibile

I dubbi di Bernal

Skjelmose ha lo stesso distacco di Almeida e questo potrebbe rendergli la vita molto difficile. Il portoghese e il britannico, entrambi di maglia UAE Emirates potrebbero metterlo facilmente in mezzo e questo aggiunge un tocco di pepe al Giro di Svizzera. Per dare l’idea della forza della UAE Emirates, consideriamo che i due andranno al Tour per fare da gregari a Pogacar!

Oggi nella scia di Skjelmose e Almeida si è visto anche Bernal, che ha ceduto 12 secondi soltanto nell’ultimo chilometro. Il colombiano viaggia a 49 secondi nella generale e c’è da capire a che punto sia il suo recupero della miglior condizione. Nei giorni scorsi ha detto che qualora non si sentisse all’altezza dei migliori, potrebbe rinunciare al Tour. Difficile da credere, ma merita di essere seguito. La sensazione è che i giochi siano appena agli inizi.