Elicotteri, moto, tifosi, auricolari: cosa sentono i corridori?

29.06.2021
5 min
Salva

A ben guardare, i soli a fare festa ieri al Tour sono stati i ragazzi della Alpecin-Fenix, mentre tutti gli altri hanno passato la serata a leccarsi le ferite e confrontarsi sul tema della sicurezza, che questa volta è arrivato anche al Tour. Caleb Ewan oggi non ripartirà per una clavicola rotta, Roglic invece non ha fratture e prenderà il via. Ma la domanda che ci si pone oggi nel gruppo dei tecnici più accorti riguarda la capacità stessa dei corridori di essere lucidi, nel frastuono degli elicotteri, delle moto attorno, degli auricolari nelle orecchie, dei tifosi che urlano e si sporgono…

Secondo giorno di brindisi per Vdp e i suoi compagni
Secondo giorno di brindisi per Vdp e i suoi compagni

«Gli ultimi 50 chilometri sono stati pericolosi – ha commentato Van der Poel, primo sul traguardo di domenicaero davanti per evitare di cadere. Mi sentivo molto bene. Avevo detto che se avessi potuto avrei aiutato i miei compagni, ma dovevo stare attento a non dare tutto perché sapevo che Alaphilippe avrebbe potuto approfittarne. Il primo giorno con la maglia gialla è stato speciale e speciale è anche quello che abbiamo fatto con la nostra squadra».

Merlier sogna

Merlier al settimo cielo lo ha ringraziato per non aver tirato come l’anno scorso alla Tirreno-Adriatico nella tappa di Senigallia, quando Mathieu lanciò lo sprint con così tanta veemenza, che passarlo fu davvero difficile. E considerando che nel 2019 ebbe problemi nel trovare squadra, al punto da passare per un anno in una continental (la Pauwels), si capisce la sua leggerezza nel raccontare la vittoria e nello stare alla larga dal tema sicurezza che finalmente è diventata motivo di discussione anche in Francia.

Transenne basse e cellulari ad altezza testa: altro fattore di rischio
Transenne basse e cellulari ad altezza testa: altro fattore di rischio

«Avevo già vinto al Giro quest’anno – ha detto – ma il Tour de France è la corsa più grande del mondo e sono molto felice. E’ incredibile quanto nervosismo ci fosse, pensavo che visti i primi giorni e le prime cadute, sarebbe stato tutto più tranquillo, ma alla fine no. Con due tappe vinte, qualunque cosa accada d’ora in avanti, il nostro Tour è già positivo. Sto vivendo un sogno di cui forse non mi rendo ancora conto, ma non credo che lotterò per la maglia verde».

Gouvenou spiega

Chi non ha passato un bella serata è Thierry Gouvenou, 52 anni, professionista dal 1990 al 2002, che dal 2004 lavora con Aso ed è l’incaricato al percorso del Tour de France.

Marc Madiot ha sollevato un allarme molto importante: bisogna cambiare
Marc Madiot ha sollevato un allarme molto importante: bisogna cambiare

«E’ facile dire che il finale fosse pericoloso – ha detto – ma bisogna rendersi conto che è sempre più difficile trovare punti di arrivo. Per questa tappa abbiamo dovuto togliere dalla lista le città di Lorient, Lanester, Hennebont e Plouay, che ci sembravano troppo pericolose. Non abbiamo più una città di medie dimensioni senza rotonde o restringimenti. Nel Tour de France di 10 anni fa, contammo 1.100 punti pericolosi, quest’anno siamo a 2.300».

Sindacato respinto

Ma questa volta il problema non sono state rotonde e spartitraffico, ma il disegno stesso del finale di tappa, con la discesa che catapultava il gruppo a velocità folle in un toboga di stradine strette. Tanto che il Cpa, il sindacato dei corridori, ha provato a dire qualcosa, ma è stato rimandato al mittente.

Nella caduta in cui si è infortunato Haig, anche Demare e Clarke
Nella caduta in cui si è infortunato Haig, anche Demare e Clarke

«Vista la pericolosità del finale – ha spiegato il vicepresidente Chanteur – e a seguito della richiesta di un certo numero di corridori, abbiamo chiesto che la neutralizzazione venisse ampliata fino ai 5 chilometri dall’arrivo. L’ho proposto a Gouvenou che è parso favorevole, ma quando al mattino sono andato a parlare con i commissari della Giuria, loro si sono impuntati. Hanno che la regola era la regola e che non potevano esserci deroghe».

L’allarme di Madiot

Il più netto di tutti è Marc Madiot, team manager della Groupama-Fdj. Perché è vero che le strade sono strette, ma va anche considerato che è ormai sparito dal vocabolario dei corridori il termine prudenza. Si legge che non sono pagati per vincere e che un solo secondo perso può essere decisivo, ma se sommiamo questa determinazione… satanica ai rumori ambientali (elicottero, moto, pubblico che urla e auricolari nelle orecchie) si capisce che per un corridore non è affatto facile mantenere la necessaria lucidità nei finali.

Vincenzo Nibali in salvo al traguardo, nel giorno della convocazione olimpica
Vincenzo Nibali in salvo al traguardo, nel giorno della convocazione olimpica

«Capisco che le famiglie che guardano il Tour in televisione – ha detto Madiot – non vogliono che i loro figli vadano in bicicletta. Sono un padre e non vorrei vedere mio figlio fare il ciclista professionista dopo quello che abbiamo visto ieri. Non è più ciclismo, non possiamo continuare così. Dobbiamo cambiare le cose, sia in termini di attrezzature, di formazione, uso degli auricolari. Dobbiamo cambiare, perché le cose non stanno andando bene. Se non lo facciamo, avremo delle morti e questo non è degno del nostro sport. La responsabilità è di tutti. Il ciclismo sta cambiando, sta a noi decidere fino a dove vogliamo spingerci».

Altro giorno di cadute. Vince Merlier, Roglic finisce all’ospedale

28.06.2021
5 min
Salva

Se un arrivo è per velocisti quando a vincere è un velocista, allora quello di oggi a Pontivy lo è stato alla grande. La terza tappa del Tour è andata infatti a Tim Merlier, il velocista belga della Alpecin-Fenix che aveva lasciato il Giro con una scusa e appena cinque giorni dopo era andato a vincere la Ronde Van Limburg. Se però ripensiamo al pandemonio di proteste del Giro nel giorno di Cattolica, quando uno spartitraffico mandò a casa Landa e Dombrowski e si disse che non fosse possibile mettere una volata dopo tutte quelle difficoltà, allora bisogna dire – a fronte delle cadute di Roglic, Haig e Thomas poi finiti all’ospedale – che quello di oggi non solo non era un arrivo per velocisti, ma era un arrivo troppo pericoloso a prescindere da chi lo abbia vinto.

La tappa di Pontivy va a Tim Merlier della Alpecin-Fenix
La tappa di Pontivy va a Tim Merlier della Alpecin-Fenix

Gesink e Thomas

Terzo giorno di cadute al Tour, senza che una sola squadra abbia potuto prendere in mano la corsa, data l’impossibilità di restare in fila abbastanza a lungo. Tra i caduti di giornata, il primo ad andare a casa è stato Robert Gesink, caduto nel mucchio dopo 37 chilometri assieme a Geraint Thomas, cui è uscita la spalla destra. Più avanti è toccato invece a Primoz Roglic, che è arrivato al traguardo con 1’21” di ritardo e l’aspetto malconcio.

Ewan trascina a terra Sagan, Colbrelli li schiva entrambi
Ewan trascina a terra Sagan, Colbrelli li schiva entrambi

«Lo hanno fatto volare – ha detto Plugge, team manager della Jumbo Visma – è contuso e dolorante al coccige, lo stanno portando in ospedale. Gli altri ragazzi dicono che un altro corridore lo ha urtato e lo ha fatto volare. Con gli ultimi 18 chilometri di discesa, prima di un arrivo in volata. Le strade giuste…».

Ewan e Sagan

L’ultima caduta in ordine di tempo è arrivata ai pochi metri dall’arrivo, quando a cadere ma per sua responsabilità è stato Caleb Ewan. Lanciato nella volata, il tasmaniano ha trascinato con sé Peter Sagan. Nella loro scia, Sonny Colbrelli ha evitato la caduta ed ha tagliato il traguardo al quinto posto, alle spalle di Ballerini. Mentre smaltita l’impresa di ieri, Mathieu Van der Poel si è piazzato al settimo posto, dopo aver tirato la volata al compagno. Eppure nel tono di voce di Sonny c’è qualcosa di strano. Prima dice di non voler parlare, poi comincia a raccontare.

Roglic a terra

«Mi dispiace per Roglic – dice – si è agganciato a me. Mi è venuto contro. Mi ero messo a ruota degli Alpecin per farmi portare davanti. Anche lui evidentemente aveva scelto quelle ruote, ma era indietro quando mi sono infilato. E forse non guardava o non lo so, ma mi ha preso in pieno. Per quello ho alzato il braccio. E per fortuna poi sono rimasto lucido nel finale, ai 300 metri, e sono riuscito a frenare. Altrimenti a Caleb Ewan e Sagan gli finivo addosso anche io…».

Rivediamo le immagini, l’inquadratura non riprende completamente la scena. Si vede Roglic che cade e Colbrelli che si volta e alza il braccio, come nel suo racconto, come se lo sloveno lo avesse tamponato.

Percorsi pericolosi

Il punto sono i percorsi, troppo stretti e contorti. Pericolosi, come può esserlo un tracciato di gara di continui su e giù e con una discesa tortuosa, di curve strette e a 90 gradi, andando verso l’arrivo. Non era più pericoloso il traguardo di oggi a Pontivy di quello di Cattolica?

«I percorsi sono brutti – conferma Colbrelli – e il gruppo è nervosissimo. Di questo passo il Tour lo vince un velocista. Io sto anche bene, sono arrivato quinto e la volata non l’ho quasi fatta. Mi butto dentro, ma ho paura. Succede quando vedi cadere un compagno. Noi oggi abbiamo perso Jack Haig che avrebbe fatto classifica. L’ha portato via l’ambulanza e adesso è in ospedale. Stavo cadendo ancora anche nell’ultimo chilometro, ma non sono tappe in cui un treno possa dare una mano. Sono tappe in cui al massimo puoi sperare di salvarti».

Un pensiero per Weylandt, poi è tempo per un’altra volata

10.05.2021
4 min
Salva

«Di Wouter Weylandt ho un ricordo bellissimo. Quell’anno condividemmo la camera durante classiche, io ero al primo anno da professionista e fu una bellissima esperienza passare quel periodo assieme a lui. Parlava anche italiano, quindi per me che ero appena entrato nel professionismo era semplice stare con lui. Invece di quel tragico giorno ricordo uno shock. Ricordo che ero a casa, la televisione diceva che Weylandt era morto… Che dire, ci son poche parole per descrivere quella giornata se non“ terribile”. E’ stato davvero un bell’omaggio da parte del Giro d’Italia. Lo portiamo tutti nel cuore».

Da Weylandt a Novara

Nizzolo dice tutto d’un fiato nel buio della seconda notte al Giro d’Italia. Il Giro d’Italia ha ricordato i 10 anni dalla morte di Weylandt con una gigantografia del suo numero 108 alla partenza, davanti cui il gruppo si è fermato in un minuto di raccoglimento. Poi è iniziata la corsa e il traguardo di Novara ha visto Nizzolo secondo, ma un po’ come per la crono tra Ganna e Affini, nella sua voce non c’è una delusione particolare.

«La storia dei secondi posti inizia a scocciarmi – dice – chiaro che tutti vorrebbero vincere. Non credo che il mio valore sia legato alle vittorie, anche se me la meriterei. Se verrà, sarò il primo ad essere felice. In passato ci sono stati tanti piazzamenti che mi sono bruciati, questo meno. Merlier ha fatto gran volata. Sapevo che era così forte. L’avevo anche detto a Missaglia andando alla partenza. Ero contento di stargli a ruota perché di solito parte lungo…».

Casco tricolore Ekoi, con autodichiarazione stile Covid: al Giro per vincere una tappa
Casco tricolore Ekoi, con autodichiarazione stile Covid: al Giro per vincere una tappa

La prova del nove

Con Giacomo avevamo parlato anche ieri e aveva spiegato che la prima volata è un po’ un’incognita e, confermandolo, aggiunge che quanto visto ieri sarà un utile punto di partenza.

«Esatto – dice – sono contento, era una tappa per velocisti puri e Merlier è un bel velocista. Dopo le classiche ho staccato un po’, dovevo recuperare. Per cui non sapevo bene cosa aspettarmi. Non mi sono allenato inseguendo qualcosa di particolare. Ieri ho avuto buone sensazioni, oggi sarà la prova del nove. Il discorso meteo sarà decisivo, a me non piace correre sotto la pioggia. Durante la tappa, Viviani mi ha un po’ spiegato il percorso, dato che è andato a vederlo…».

L’autodichiarazione

La maglia. La bicicletta. Il casco. Non c’è parte del suo kit che non ricordi il tricolore, coperto dalle insegne di campione d’Europa. E non è un mistero che correre il Giro con la maglia di campione italiano avrebbe avuto un altro sapore.

«Fa strano non avere addosso il tricolore – sorride – ma come avete visto, cerco di metterlo dovunque. In ogni caso è bello correre anche con la maglia di campione d’Europa, mi riconoscono, chiamano il mio nome. L’idea della bici con quei colori nasce da una mia indicazione. I grafici di Bmc avevano fatto delle proposte e sono stati bravi a fare la sintesi con le mie idee. Mentre il casco è pure tricolore e con l’idea dell’autodichiarazione, sul fatto che sono qui per una vittoria di tappa, spero di aver strappato un sorriso e insieme ricordato il difficile momento Covid da cui stiamo uscendo».

La sua Bmc ha il telaio azzurro con i colori d’Europa e l’orizzontale con quelli d’Italia
La sua Bmc ha il telaio azzurro con i colori d’Europa e l’orizzontale con quelli d’Italia

Moda e bici

Il ciclismo e il Giro in questi giorni stanno facendo la loro parte per portarci fuori da quella prospettiva dolorosa e bloccata. Il pubblico è presente lungo le strade con la mascherina, mentre sul fronte delle distanze ci sarebbe da dire qualcosa, anche se la sensazione, in una fase di riapertura degli stadi, è che ci sia la necessità di tenere la briglia sciolta per non avere figli e figliastri.

«Stiamo tornando alla normalità – chiude Nizzolo – direi che dopo questi mesi il ciclismo è diventato uno sport super di moda. Probabilmente è quello che prima mancava, fa piacere a tutti, a noi per primi che ne abbiamo fatto il nostro mestiere. E’ una bellissima cosa».