Chissà se un giorno, ripensando alle scelte degli ultimi anni, Marc Madiot si darà la zappa sui piedi per averla data vinta qualche volta di troppo a Gaudu. Lo scorso anno lasciò a casa Demare dal Tour per richiesta dello scalatore e in un colpo solo perse il velocista e tornò a casa dalla Boucle con il nono posto.
Da quando nel 2016 vinse il Tour de l’Avenir, il bretone con gli occhiali è diventato il predestinato e purtroppo a un certo punto ha commesso l’errore di crederci. Il quarto posto nel Tour del 2022 sembrava lo squillo che anticipava la rivelazione, invece è rimasto un suono isolato. E mentre Pinot smetteva e Gaudu iniziava a pensare di avere il posto fisso, nella Groupama-FDJ sono esplosi i talenti di Martinez e Gregoire. E in breve di Gaudu in Francia si parla un po’ meno e si comincia a dubitare. A 28 anni resta un beniamino dei tifosi, ma le sue spiegazioni suonano ogni volta meno credibili.
Il passivo nella crono è stato pesantissimo, ma la sua posizione è palesemente da migliorareIl passivo nella crono è stato pesantissimo, ma la sua posizione è palesemente da migliorare
Tre crolli pesanti
Nella prima tappa di salita del Delfinato, ieri sul traguardo a Le Collet d’Allevard, Gaudu ha subito un passivo di 1’31”. Ha ceduto a 4 chilometri dall’arrivo ed è arrivato sfinito. Oggi nell’arrivo di Samoens 1600 ha ceduto ai 4,5 dal traguardo, portando a casa un passivo di 2’18”. Sommando al pesante passivo di montagna i 4’07” subiti nella cronometro, si capisce che il suo avvicinamento al Tour non sia troppo in linea con le speranze. Eppure lui getta acqua sul fuoco, con una calma che col tempo è sempre meno credibile.
«Potreste essere preoccupati per me – ha detto ieri – ma io non lo sono. L’anno scorso a quest’ora non avrei resistito neanche per 2 chilometri a questo ritmo. Non sono al meglio, ma questo non ha nulla a che vedere con quello che ho vissuto (i passaggi a vuoto del 2023, ndr). Un anno fa ho concluso il Delfinato a più di 25 minuti da Vingegaard, quest’anno forse sta andando anche meglio».
Gaudu è arrivato al Delfinato dall’altura: non ha ancora trovato il colpo di pedale (foto Groupama-FDJ)Gaudu è arrivato al Delfinato dall’altura: non ha ancora trovato il colpo di pedale (foto Groupama-FDJ)
L’obiettivo del Tour
Resta da capire quanto a lungo i media e i tifosi francesi vorranno ancora crederci. Di sicuro stiamo vivendo un Delfinato insolito, con tanti leader ancora piuttosto indietro e altri che si nascondono. Soltanto Roglic sta spingendo sul gas, per la voglia tutta sua di ricostruirsi la sicurezza.
«Il distacco della crono – accenna Gaudu – non mi ha disturbato eccessivamente. Sono in preparazione e quindi non ancora al 100 per cento. E anche in salita ho dato tutto. Ovviamente mi sarebbe piaciuto mettermi alla prova con i favoriti, ma non essendo ancora al top, aspetteremo e ci concentreremo su quello che siamo venuti a cercare qui, cioè fare il meglio possibile. Non ci siamo posti obiettivi, vogliamo lavorare tanto con la squadra in salita».
La sua dote più grande sta nella capacità di convincersi che tutto sia ancora possibile anche quando il semaforo è palesemente rosso. Non si può dire che finora non abbia avuto occasioni, ma sganciandoci dalla ricerca francese di un futuro vincitore del Tour, chissà che per la sua carriera non sarebbe più logico convertirsi in supporto per un leader più concreto di lui. Al Tour mancano ancora tre settimane, ci sono tutti i margini per crescere. Ma siamo certi che davvero Gaudu abbia la determinazione e le gambe per sedere allo stesso tavolo degli altri leader?
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«Tous les coureurs veulent ce vélo»! Tutti i corridori vogliono questa bicicletta, così ha esordito Rudy Molard quando gli abbiamo chiesto un parere a freddo in merito alla Xelius SL3. A distanza di qualche giorno dal lancio ufficiale della nuova piattaforma Xelius, Lapierrefesteggia i 75 anni di attività con una bicicletta.
Una capsule collection, che ha un duplice obiettivo: il primo quello di celebrare il compleanno, il secondo di far sì che la bicicletta del pro-team diventi disponibile per tutti, con un allestimento al top e un rapporto tra la qualità ed il prezzo davvero interessante.
A spasso con i pro’, Molard e Madouas, durante la presentazione della Lapierre Xelius di terza generazione (foto Ugo Richard Lapierre)A spasso con i pro, Molard e Madouas, durante la presentazione della Lapierre Xelius di terza generazione (foto Ugo Richard Lapierre)
La stessa Xelius SL3 dei pro’
Il frame e la forcella sono gli stessi utilizzati dal team Groupama-FDJ (in realtà c’é anche il manubrio), con il medesimo blend di tessuti compositi che collimano grazie alla tecnologia costruttiva UD-SLI, che in questo caso specifico si arricchisce del suffisso Techno Carbon Team. Il processo costruttivo ed il design sono i medesimi delle versioni “standard” inserite a catalogo e presentate ufficialmente la settimana scorsa. E’ diverso l’abbinamento cromatico, lucido con carbonio a vista, intervallato dalle scritte e dai loghi dorati.
E poi c’è un pool di componenti che non lascia nulla al caso. Facciamo una veloce panoramica sulla configurazione e poi vediamo cosa ci hanno detto gli atleti transalpini, Valentin Madouas e di Rudy Molard, entrambi coinvolti nello sviluppo della Lapierre Xelius SL3.
Gli atleti del team Groupama-FDJ utilizzano la stessa bicicletta, con alcuni componenti diversi, per via degli sponsor (foto Ugo Richard Lapierre)Gli atleti del team Groupama-FDJ utilizzano la stessa bici, con alcuni componenti diversi, per via degli sponsor (foto Ugo Richard Lapierre)
Componentistica over the top
Partiamo dal manubrio integrato e tutto in carbonio, ben fatto e proporzionato, molto rigido. Lo stesso che usano i pro’? Sì. Nasconde tutte le guaine del sistema idraulico dei freni e si abbina perfettamente con la zona dello sterzo ed i suoi spessori. Nel nostro caso non passano i cavi della trasmissione, perché i nuovi pacchetti Shimano non hanno i fili (solo quelli per gli switch da scalatore). Questo cokpit è compatibile con le trasmissioni meccaniche.
Ha i pulsanti/switch tanto amati agli scalatori per cambiare rapporto senza togliere le mani dalla parte orizzontale e sono posizionati tra l’attacco e la sezione orizzontale del manubrio. La trasmissione è la nuova Shimano Dura Ace Di2 12v, con la guarnitura 52-36 ed il pacco pignoni 11-30. Manca qualcosa? Forse il power meter, ma con questo strumento cambierebbe il prezzo. C’è la sella, una Prologo Dimension Nack (in carbonio) con la colorazione dedicata.
Che ruote e che prezzo….
E poi ci sono quelle ruote Dura Ace C36 di ultima generazione, davvero belle e capaci di vestire la bicicletta senza essere eccessivamente alte. Sono gommate con i Continental GP5000 TL, già in configurazione tubeless. Il valore (dichiarato) alla bilancia? 6,8 chilogrammi nella taglia media. Il prezzo, considerando il pacchetto, è qualcosa che vale pena mettere sotto la lente: 8.999 euro.
Il logo 75th sul retro del piantone
La Xelius SL3 vista di fronte con il bel manubrio integrato
Il cockpit Lapierre e i pulsanti da azionare con i pollici
La Prologo Dimension versione Nack dedicata alla bici
La guarnitura Dura Ace 52/36. Si nota anche la sede per il magnete relativo al power meter Shimano
Il libro con la storia aziendale e gli occhiali Julbo con livrea dedicata, un pacchetto fornito con la bici
Il fodero posteriore non-drive-side, il disco da 140 mm di diametro in dotazione
Lapierre Xelius SL3 anniversary edition 75th
La ruota Shimano Dura Ace C36 in dotazione alla Xelius 75th
Diamond-Shape per l’innesto del piatone nella scatola BB e la livrea lucida con carbonio a vista e opaca
Il logo 75th sul retro del piantone
La Xelius SL3 vista di fronte con il bel manubrio integrato
Il cockpit Lapierre e i pulsanti da azionare con i pollici
La Prologo Dimension versione Nack dedicata alla bici
La guarnitura Dura Ace 52/36. Si nota anche la sede per il magnete relativo al power meter Shimano
Il libro con la storia aziendale e gli occhiali Julbo con livrea dedicata, un pacchetto fornito con la bici
Il fodero posteriore non-drive-side, il disco da 140 mm di diametro in dotazione
Lapierre Xelius SL3 anniversary edition 75th
Molard preferisce la Light
«Ho iniziato ad utilizzare la bicicletta definitiva nel mese di giugno. Ho avuto l’opportunità di testare differenti configurazioni, anche la M con il modulo STIFF. Personalmente preferisco la LIGHT, non tanto per la questione legata al peso, ma per quello che è capace di esprimere in fatto di reattività e comfort nel lungo termine. Rispetto alla STIFF, a parità di taglia è leggermente più morbida.
«D’altronde è sempre necessario pensare che noi siamo in bici per molte ore al giorno e anche durante le grandi corse a tappe, un buon comfort e di qualità è un fattore che molti apprezzano. Uno degli aspetti che preferisco è la sua fluidità e la facilità con la quale si rilancia, non solo quando si pedala in salita, ma anche nei tratti pianeggianti».
Rudy Molard (con la mascherina) durante la chiacchierata tecnica (foto Ugo Richard Lapierre)
Rudy Molard ha 32 anni ed è pro’ dal 2012 (foto Ugo Richard Lapierre)
Valentin Madouas ha 25 anni ed è pro’ dal 2018 (foto Ugo Richard Lapierre)
Valentin Madouas ha pedalato con noi durante il test della nuova Lapierre (foto Ugo Richard Lapierre)
Rudy Molard (con la mascherina) durante la chiacchierata tecnica (foto Ugo Richard Lapierre)
Rudy Molard ha 32 anni ed è pro’ dal 2012 (foto Ugo Richard Lapierre)
Valentin Madouas ha 25 anni ed è pro’ dal 2018 (foto Ugo Richard Lapierre)
Valentin Madouas ha pedalato con noi durante il test della nuova Lapierre (foto Ugo Richard Lapierre)
Madouas: «SL3 versatilità incredibile»
«Fin da subito nel team ci siamo trovati tutti bene e tutti i corridori vorrebbero salire su questa bicicletta, non solo gli scalatori come Rudy, ma anche gli atleti più veloci. La Xelius SL3 è incredibile, perché con le ruote dal profilo basso è eccellente quando la strada sale ed in discesa. Con le ruote dal profilo più alto diventa velocissima. Forse non al pari della Aircode DRS, ma la differenza non è poi così grande. Se pensi che Demare ha voluto utilizzarla per la Paris-Tours ed ha vinto, questo rende bene l’idea della considerazione che abbiamo noi corridori nei confronti di questa bicicletta.
«Inoltre ti dico che anche il manubrio integrato può fare la differenza in positivo, perché da quel tocco di rigidità in più, ma senza essere scomodo. E poi è leggera, ma non è nervosa ed instabile. Sono fattori importanti quando è necessario concentrarsi sulla corsa e sul pedalare, pensando che la bicicletta è affidabile e non ti devi preoccupare del suo comportamento nei tratti particolarmente tecnici ed in discesa».
Viaggio all'antica a Roccasecca a casa di un ragazzino che ce ne farà vedere delle belle. Si chiama Lorenzo Germani, corre in Francia. Ha testa e motore
Attila Valter, una del sorprese del Giro d’Italia 2021 e corridore atteso per la prossima edizione della corsa rosa. Al Tour of the Alps abbiamo fotografato la Lapierre Xelius SL3 del corridore ungherese (la stessa con cui ha corso Thibaut Pinot, vincitore ieri dell’ultima tappa). Ruote medio/basse, due dischi freno da 140 e le corone grandi, queste le preferenze dell’atleta ungherese.
La Lapierre Xelius SL Team 2022La Lapierre Xelius SL Team 2022
Tanti spessori sotto il manubrio
Come già evidenziato in passato, il gruppo degli scalatori del team transalpino non adottano dei setting estremizzati ed eccessivamente caricati sull’avantreno. Tra lo stem e la battuta dello sterzo ci sono parecchi spessori che aiutano a non comprimere il diaframma in fase di respirazione. Tutti gli atleti usano la piega full carbon integrata Lapierre con i pulsanti climber nella sezione posteriore.
Pulsanti da scalatore per Attila Valter
Attila Valter è nato nel 1998, è alto 1,85 e pesa 65 chili
Pulsanti da scalatore per Attila Valter
Attila Valter è nato nel 1998, è alto 1,85 e pesa 65 chili
La trasmissione, un mix tra forza ed agilità
Le corone 54-40 sono abbinate alle pedivelle Dura Ace della generazione precedente. Questa combinazione è quella preferita da Attila, con i pignoni posteriori 11-34. Tutto sommato non è una cosa usuale, in particolare la scelta della corona anteriore più piccola da 40 denti. Buona parte dei suoi colleghi opta ancora per il 39.
La Prologo Nago Evo PAS CPCLa Prologo Nago Evo PAS CPC
Una Prologo Nago Evo CPC
L’atleta ungherese preferisce una sella con la lunghezza tradizionale e con gli inserti CPC. La larghezza di questo modello è di 141 millimetri, una soluzione che per certi versi è parallela a quella di Romain Bardet. Ovvero, corridori alti e filiformi, stretti nella zona del bacino che utilizzano selle con larghezze medie.
Combinazione anteriore 54-40, ma le corone sono montate sulle “vecchie” pedivelle
Scala pignoni 11-34
Disco posteriore da 140 e perno passante Shimano
140 anche per il comparto frenante anteriore
Ruote Dura-Ace C36 nuova versione, ma da tubolare
Gomme da 25 e tubolari
Combinazione anteriore 54-40, ma le corone sono montate sulle “vecchie” pedivelle
Scala pignoni 11-34
Disco posteriore da 140 e perno passante Shimano
140 anche per il comparto frenante anteriore
Gomme da 25 e tubolari
Ruote Dura-Ace C36 nuova versione, ma da tubolare
Ruote C36 e tubolari
Nelle tappe al Tour of the Alps abbiamo visto Attila Valter con le Dura Ace C36, quelle di ultima generazione e con la predisposizione al tubolare. La scelta è caduta sulle Continental Competition LTD da 25 millimetri di sezione.
Thibaut Pinot, solo per citare un esempio, opta per il profilo da 50 e gomme tubeless. Rimaniamo nella parte bassa della bici, per segnalare i due dischi freno da 140 millimetri di sezione e i perni passanti Shimano, quelli con la linguetta che non ha bisogno della chiave a brugola per la rimozione della ruota.
Orizzontale personalizzato per la Lapierre di Pinot
3 Centimetri il totale degli spessori, non usuale tra i pro’
Una Prologo Nago Evo CPC per Pinot
Tubeless e ruote da 50
Orizzontale personalizzato per la Lapierre di Pinot
3 Centimetri il totale degli spessori, non usuale tra i pro’
Una Prologo Nago Evo CPC per Pinot
Tubeless e ruote da 50
E la Lapierre di Pinot? Eccola
Vince l’ultima tappa del Tour of the Alps 2022, non sarà al via del Giro d’Italia, ma torna ad essere protagonista. Thibaut Pinote la suaLapierre Xelius SL3, sempre con le Dura Ace C50, i tubeless da 25 e quei tre centimetri di spessori (stem/sterzo). Pinot non usa una sella corta, ma il modello Prologo Nago Evo CPC con lunghezza tradizionale e larghezza da 134 millimetri.
Una dozzina di giorni ci separano dal Tour de France. Se il richiamo della Grande Boucle è fortissimo per tutti i corridori del mondo, per i cugini transalpini e per i loro tifosi, che aspettano l’erede di Bernard Hinault dal lontano 1985, è una sorta di percorso sacro. E il predestinato potrebbe essere ancora un bretone e risponde sempre più al nome di David Gaudu. Tra l’altro questa edizione della corsa gialla parte proprio dalla Bretagna. Per chi crede a sorte e simbolismi è un indizio non da poco.
In questi giorni David è in ritiro sulle Alpi della Savoia, con una “ruota in Italia e una in Francia”. Giusto ieri ha scalato Bonette, Colle della Maddalena e Colle della Lombarda. Questo è per lui l’ultimo blocco di lavoro in altura prima della grande lotta.
Gaudu in ritiro in altura, eccolo sul Colle della Lombarda (da Instagram)Gaudu in ritiro in altura, eccolo sul Colle della Lombarda (da Instagram)
Al Tour con fiducia
Il giovane atleta della Groupama-Fdjesce da un buon Delfinato. Ha chiuso l’antipasto del Tour in nona posizione nella generale e primo tra i giovani: sempre nel vivo della corsa, ma ancora con qualcosa da “limare”. Sul fronte dei cavalli gli manca qualcosina rispetto ai leader della corazzata Ineos-Grenadiers e anche sulle tempistiche degli attacchi diciamo che poteva giocarsi meglio alcune carte, specie nella prima delle due tappe vinte da Padun. Ma di base il ragazzo c’è.
«Dopo il mio grande incidente a Tenerife mentre ero in altura (era caduto a 70 all’ora, ndr) non sapevo realmente dove fossi – aveva dichiarato a Cyclisme Actu, Gaudu – Ho avuto sensazioni altalenanti sin dall’inizio del Delfinato. Sono stato bene il secondo giorno e meno bene gli altri due. Questa prestazione mi dà fiducia per il futuro».
Vedendo la posizione il bretone deve lavorare ancora molto a cronoVedendo la posizione il bretone deve lavorare ancora molto a crono
Crono e salita
Risposte importanti Gaudu le cercava dalla crono, che quest’anno non mancherà al Tour. Ci sono due frazioni: una di 27 chilometri, nella quinta tappa, e una di 30, nella ventesima. David non aveva mai fatto crono a tutta di un certo livello da quando era pro’. Lui stesso ammette che non è il gesto che preferisce ma che tutto sommato non è andata male. Tutto sommato i 16,4 chilometri contro il tempo al Delfinato sono stati “buoni”. «Ci ho preso confidenza – ha detto – ci ho lavorato ed è importante sentire la pressione in certi momenti. I valori sono stati buoni».
E in salita? Se la “contre la montre” come i francesi chiamano la crono non è la sua specialità preferita, la strada che sale è invece il terreno di caccia del vincitore del Tour de l’Avenir 2016.
«Le sensazioni in salita sono state ottime – dice Gaudu – specie nelle due tappe finali. Ho esitato a seguire Porte verso La Plagne (prima tappa vinta da Padun, ndr) perché ho creduto mancasse troppo all’arrivo. Poi dietro abbiamo giocato un po’ al gatto con topo. Per fortuna fare scatti è il mio modo di correre e questo mi andava bene».
Il giorno dopo invece ci si aspettava una sua azione sul Joux Plane ma evidentemente il ritmo della Ineos ha bloccato ogni iniziativa e alla fine si è dovuto accontentare di essere il migliore del gruppetto dei leader sull’arrivo di Les Gets. Ma anche in questo caso ha avuto indirettamente delle conferme: quando la strada sale Gaudu c’è.
A Les Gets Gaudu ha tagliato il traguardo con i migliori della classificaA Les Gets Gaudu ha tagliato il traguardo con i migliori della classifica
Avanti così
«È stato bello salire sul podio per aver conquistato la maglia bianca. Dopo la caduta in altura, il Delfinato mi ha rassicurato. Anche il fatto di essere rimasto davanti sul Joux Plane (la salita più dura della corsa, ndr) con i migliori vuol dire molto per me». Sono consapevolezze importanti. Consapevolezze che servono anche alla sua squadra.
La Fdj-Groupama al Tour avrà anche Demare e quindi una parte del team sarà a disposizione del forte velocista, ma riguardo a David c’è entusiasmo. «Vero – ha dichiarato il diesse Thierry Bricaud sempre a Cyclisme Actu – David continua a crescere, sprona i compagni, c’è fermento intorno a lui».
Gaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo DelfinatoGaudu ha vinto la maglia bianca di miglior giovane all’ultimo Delfinato
L’avvertimento di Hinault
L’obiettivo quindi è fare bene. La stampa francese già lo vorrebbe sul podio e il rischio maggiore per Gaudu è di finire nel “tritacarne dell’erede di Hinault” come in passato è successo a Chavanel, Rolland, Pinot e Bardet. Per fortuna che a fargli da “parafulmine” in parte e indirettamente c’è Alaphilippe.
Gaudu parte per fare classifica, per fare il massimo e provarsi in ottica futura. Un piano abbastanza lineare e condivisibile. Eppure non tutti la pensano così. La voce fuori dal coro, e che voce, è proprio quella di Hinault
«Se fossi il direttore sportivo di Gaudu – ha detto il “Tasso” – gli direi di non occuparsi della generale. Alla fine è solo il primo posto che conta (e qui parla da fuoriclasse, ndr). David dovrebbe andare a caccia di tappe. Se vincesse ad esempio il 14 luglio da francese, resterebbe a vita nella memoria dei francesi. Se finisse quarto nella generale lo dimenticherebbero. Deve ragionare così: posso vincere il Tour o andare sul podio? No, e lo sa. E allora meglio cercare le tappe. Non credo che sia mirando ai primi dieci della generale che fai esperienza».
Lapierre Xelius SL3, per quella che è la terza generazione di una bicicletta icona del marchio francese. Rispetto al passato cambia tutto, materiali e concept costruttivo.
Lapierre è uno storico marchio francese che da anni collabora con il Team Groupama-Fdj, che vede nelle sue fila corridori del calibro di Thibaut Pinot,Arnaud DemareeStefan Kung. Proprio quest’ultimo è uno specialista delle cronometro, specialità in cui ha ottenuto numerose vittorie e piazzamenti di prestigio. La collaborazione con i ragazzi della Groupama-FDJ ha portato all’ultima evoluzione della Aerostorm DRS, la bicicletta da cronometro e da triathlon della casa francese.
Con i freni a disco
L’ultima versione dell’Aerostorm DRS è dotata di freni a disco idraulici, che sono stati perfettamente integrati nel design della bicicletta in modo da ottimizzare l’aerodinamica. Proprio l’aspetto aerodinamico è quello preponderante in questo tipo di bicicletta, non a caso DRS sta per Drag Reduction System. Per ottenere questo risultato i tecnici francesi hanno creato un telaio con il profilo dei tubi Naca (National Advisory Committee for Aeronautics) e Kamm Tail, vale a dire con la coda tronca. Questo tipo di profilo è dimostrato portare notevoli vantaggi per quel che riguarda la riduzione della resistenza all’aria.
L’ultima versione della Aerostorm DRS è con i freni a discoL’ultima versione della Aerostorm DRS è con i freni a disco
Manubrio firmato Lapierre
Un elemento molto importante su cui si è lavorato molto è il cockpit aerodinamico in carbonio, con un profilo alare che aiuta a tagliare meglio l’aria e offre una base d’appoggio generosa e comoda nelle fasi di guida in cui il corridore è in presa alta. Inoltre, il cockpit realizzato da Lapierre permette il completo passaggio interno dei cavi per la massima pulizia frontale.
Il cockpit realizzato da Lapierre con le appendici di PROIl cockpit aerodinamico realizzato da Lapierre con le appendici di PRO
Una pinna al posteriore
Il design della Aerostorm DRS si caratterizza per un tubo verticale che segue il profilo della ruota posteriore con una piccola pinna posta appena sopra l’innesto con i foderi obliqui del carro. Proprio quest’ultimi nella parte alta si presentano come due piccole ali che favoriscono il flusso dell’aria. Da notare l’estrema compattezza del carro posteriore che è pensato per fornire la migliore reattività.
Ben visibile la pinna del tubo verticale e i foderi generosiSono ben visibili sia la pinna posteriore del tubo verticale che i foderi dal design generoso
Baricentro basso
Anche il reggisella è stato realizzato da Lapierre e oltre ad avere un design aerodinamico, permette un’ampia regolazione in avanzamento e arretramento della sella. Questo è un aspetto importante visto che i corridori cercano la massima efficienza di pedalata in sforzi come quelli della cronometro.
La geometria è stata pensata per dare al corridore un baricentro basso che dona una maggiore guidabilità della bicicletta e una posizione aggressiva pensata per ridurre al minimo l’impatto dell’aria.
Le ruote DT Swiss profilo differenziato
Baricentro basso e ruote DT Swiss con profilo differenziato
Ruote con profili differenti
Il modello che vediamo nelle foto viene equipaggiato con lo Shimano Ultegra Di2, appendici firmate da PRO, sella Prologo Dimension Tri e le ruote DT Swiss ARC 1100 Dicut Carbon. Nello specifico è stato scelto di montare una ruota con profilo di 80 millimetri al posteriore e di 62 millimetri all’anteriore, una scelta che vuole favorire la guidabilità con un profilo più basso davanti e la ricerca della massima velocità con il profilo alto posteriore. Per finire forniamo il prezzo, che è di 6.999,00 euro.
David Gaudu, respinto con danni dal Ventoux, prova a riscattarsi sui Pirenei. Obiettivo: vincere una tappa. La classifica (ben compromessa) può aspettare
David Gaudu fa fatica a ritrovare il colpo di pedale. Il Delfinato si sta rivelando un supplizio, ma lui si dice sereno. E dice che per il Tour sarà pronto
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