E’ l’inizio dell’ultima stagione e Damiano Caruso si è seduto a tavola con l’intenzione di godersi anche l’ultima briciola, prima di alzarsi e seguire altrove il filo della vita. Le giornate nel ritiro di Altea si susseguono sempre uguali, ma la consapevolezza che sia tutto per l’ultima volta fa sì che gli sguardi siamo meno sbadati e le parole meno frettolose. Questo è almeno quel che ci è parso chiacchierando con lui con la leggerezza di quando ne hai viste tante e sai che i momenti in cui essere seri sono altri.
«Sto bene – dice – tutto in ordine. Sto anche bene in bici. Quest’inverno è andato tutto liscio, come speravo che andasse. Non ho avuto intoppi di salute o altro. Pensavo che mi avrebbe intristito essere di nuovo qui a dicembre, rivivendo per l’ultima volta quello che ho fatto per tanti anni, invece non sta succedendo. Mi dà motivazione, perché voglio farlo bene e mi sto divertendo».


Tiberi ci ha detto che farai il Giro, ma non hai chiuso la porta al Tour…
La verità è questa. Di base c’è il Giro, ho chiesto io di farlo perché mi piace l’idea. Col Giro ho un altro feeling. Però è vero che non ho chiuso le porte per andare anche al Tour, Tiberi ha detto bene. Sulla carta, lo sapete meglio di me, è sempre facile dire certe cose. Faccio il Giro, il Tour, la Vuelta, questo e quell’altro. Poi però bisogna vedere come va la stagione, come stai, quanto sei stanco fisicamente e mentalmente. Teoricamente Giro e Tour si potrebbero fare, perché la squadra mi sta mettendo nelle condizioni giuste, però dobbiamo vedere come andranno le cose.
Come si corre l’ultimo Giro? Non è stato infrequente che tu sia partito da gregario e ti sia ritrovato a fare classifica, no?
Se questi cuccioli cadono, si ammalano… Sono fragili (sorride, ndr), sono fragili. No, l’ambizione è quella di provare a vincere una tappa. Mi voglio fare quest’ultimo regalo e se riesco a farlo al Giro sarebbe la ciliegina sulla torta. Alla classifica non ci penso nemmeno, anche se dopo il quinto posto di quest’anno, uno potrebbe pensare che non sia andata poi male. Però voglio concentrare le energie per vincere una tappa, essere in supporto a Santiago (Buitrago, ndr) perché immagino che farà lui classifica e prendermi qualche soddisfazione personale.
E la soddisfazione personale esclude quindi la classifica generale?
Se faccio la classifica, so che le possibilità di vincere una tappa sarebbero molto esigue, come pure quelle di andare al Tour, perché sarei troppo stanco. Fare classifica t’impegna, non è solo la gara per sé. E’ tutto il contesto, devi rimanere sempre concentrato, non puoi mai mollare. Devi stare attento a mille cose. Se vado per la tappa, avrò di certo un’ottima condizione. Però un giorno vado in fuga e quello dopo, magari in una tappa di pianura, non avrò bisogno di limare. E alla fine si parla di tante energie spese o risparmiate nell’arco di tre settimane.


Parlaci della tua primavera, ti va?
A differenza dell’anno scorso, quando a febbraio ero già in ritiro, questa volta ho chiesto di andare a correre, proprio per il discorso che vi dicevo prima. Mi voglio godere ogni singolo momento. Quindi inizio alla Valenciana, di lì vado al UAE Tour, poi penso la Parigi-Nizza o la Tirreno: devono ancora dirmelo, ma ho lasciato alla squadra la libertà di scegliere in base a dove servo di più. Poi faccio la Milano-Sanremo, quindi il classico blocco di altura, Romandia e Giro. Niente classiche, perché sono nel periodo del ritiro.
Niente classiche, mentre quest’anno saresti dovuto andare al mondiale. Visto che sarà duro anche il prossimo, ci hai pensato?
Anche questo dipende da come si svolgerà la stagione. Immagino che se dovessi rispettare appieno il programma, quindi fare Giro e Tour, forse non troverei le energie per essere competitivo in un mondiale a settembre. La vedo dura. Però mi ha fatto piacere che un paio di settimane fa mi abbia chiamato Amadio, il nuovo commissario tecnico.
Che cosa ti ha detto il tuo vecchio capo della Liquigas?
Mi ha detto: «Guarda Damiano che a me dell’età che hai non interessa (Caruso ha compiuto 38 anni in 12 ottobre, ndr). A me interessa che se tu mi dici che sei della partita, sarai sempre nella nostra lista». Devo ammettere che mi ha fatto parecchio piacere, non essere scartato a priori è sempre un grande motivo di orgoglio. Perciò, se il programma lo prevedrà e sarà compatibile, perché no? Anche concludere questa storia con la maglia azzurra non sarebbe male, sarebbe bellissimo.


Caruso, come il vino buono, migliora invecchiando?
Non è che me lo aspettassi, diciamo che ho semplicemente continuato a lavorare con dedizione e con disciplina. Magari ha inciso anche il fatto che nella prima parte della mia carriera non mi sia spremuto più di tanto e adesso questo mi dà la possibilità di essere ancora solido. Era un ciclismo differente, al giovane appena passato si chiedeva semplicemente di crescere. Ti insegnavano il mestiere, ti lasciavano i tuoi tempi. E forse è anche colpa mia.
Di quale colpa parliamo?
Forse mi sono adagiato, credendo di aver raggiunto un livello già buono, invece ero ancora lontanissimo dall’aver trovato i miei limiti. Ho viaggiato per qualche anno in una comfort zone in cui facevo fatica, ma non il salto di qualità. In quel momento pensavo che andasse bene, convinto che col tempo sarei maturato. Invece le situazioni cambiano e sono riuscito ad autoimpormi un cambio di ritmo, che alla fine ha pagato. Dal 2019-2020 a oggi, sono sempre stato a livelli più che accettabili.
Hai parlato degli anni spartiacque del Covid dopo cui i corridori maturi hanno iniziato a pagare.
La verità è che se avevi raccolto prima, continuare a fare gli stessi sacrifici dopo quel periodo è diventato più difficile. Io mi sono detto che fin tanto che mi divertivo a fare questo lavoro, avrei continuato. Nel 2024 non mi sono divertito, infatti pensavo di smettere. Ho avuto cadute, malanni e altri intoppi e ho detto basta, così non era più divertente. Infatti pensavo che il 2025 sarebbe stata l’ultima stagione.


Invece?
Invece le cose cambiano. Ho dimostrato in primis a me stesso che il fatto di non andare forte non avesse ragioni fisiologiche, ma semplicemente era stato la conseguenza di una serie di circostanze. Nel 2025 ho dimostrato a me stesso che, facendo tutto bene e avendo anche un po’ di fortuna, evitando cadute e acciacchi vari, sono ancora competitivo e soprattutto mi diverto. E questo ha fatto la differenza.
Il tuo amico De Marchi ha ammesso che nell’ultima stagione da pro’ ha iniziato a guardare la squadra con gli occhi da direttore sportivo. Tu potresti pensare di diventarlo?
Non dico che non ci sto pensando, però non è un assillo. Mi sento ancora corridore, posso aver pensato a come sarebbe, ma non è un pensiero che la notte non mi fa dormire. Diciamo che se tutto va in un certo modo, il prossimo anno potrei anche provare a fare il direttore sportivo. Ma devo capire una serie di cose.
Quali cose?
Se è una cosa che mi si addice, se sono adatto e se mi piace. Se sono bravo abbastanza, se ho voglia di continuare a fare questa vita sacrificata, perché anche il direttore sportivo fa tanti giorni fuori casa. Non è comunque una cosa che escludo, ma potrebbe succedere.


Che cosa ti sembra della squadra per il 2026?
E’ molto giovane, abbiamo tanti ragazzi. Inutile sottolineare che per età vinco a mani basse. Quando sono seduto a tavola, ci sono tutti ragazzetti di 21, 22 anni, uno ne ha 19 (Jakob Omrzel, il vincitore del Giro Next Gen, ndr). Però è una squadra che ha voglia di ripartire bene, ho notato subito un ambiente propositivo. Ragazzi che vogliono crescere e mettersi in evidenza. Qualcuno cerca conferme, qualcuno vuole dimostrare che vale tanto. Chiaramente è sempre difficile quando in gara devi confrontarti con una corazzata come la UAE, ma quello non è solo un problema del Team Bahrain, ma di tutte le altre 17 squadre del WorldTour. Mi piace dire che lavoriamo tutti al massimo delle nostre capacità, con ambizione e serietà, che sono due aspetti di cui non si può fare a meno. Vedremo alla fine che cosa saremo stati in grado di portare a casa.
Natale a casa?
Certamente. Sono stato sempre a casa anche prima di venire qui, perché con i bambini che vanno a scuola, non è facile spostarsi. Allora ho preferito fare delle brevi vacanze, dei weekend, giusto per stare insieme. Non ho avuto il tempo di prendermi dieci giorni per andare alle Maldive o da qualche altra parte. Primo perché non avevo il tempo e secondo, sinceramente, non avevo neanche la voglia. Giù da noi (Caruso vive alle porte di Ragusa, ndr) abbiamo la fortuna che fino a ottobre, novembre è praticamente estate. A ottobre si andava al mare, perché c’erano 26-28 gradi e si stava benissimo. Per cui le Feste le passiamo a casa, poi ritorno qui a gennaio, faccio un’altra decina di giorni e poi iniziamo a correre.









































































