Andrea Ferrigato ha fatto il professionista dal 1991 al 2005, ha vinto 17 corse (fra cui una tappa al Giro e la Leeds International Classic) ed è anche arrivato secondo nell’edizione 1996 della Coppa del mondo. Oggi fa la guida cicloturistica e proprio per questo acchiapparlo durante la stagione è spesso complicato. Respirando ancora l’aria del ciclismo tramite gli amici che ha nel gruppo, gli viene facile ragionare e fare confronti piuttosto pertinenti. “Ferri” è uno di quelli che parla poco e può così permettersi il lusso di non dire mai cose banali. Così lunedì scorso, commentando su Facebook l’editoriale che parlava della penuria di corridori italiani ai piani alti delle corse, ha scritto una frase su cui abbiamo rimuginato a lungo.
«Iniziamo con il misuratore di watt tra gli allievi – ha scritto – e poi non abbiamo giovani forti, forse perché con l’eccessivo allenamento non vediamo più i talenti ma i super allenati che poi chiaramente spariscono. Ma forse… Forse è così».
Gran fondo a Mallorca
In questi giorni Andrea si trova alle Baleari per la 312 Mallorca, gran fondo che vedrà al via 8.000 cicloturisti e fra loro qualche faccia nota come Alberto Contador, Oscar Freire, Ivan Basso e Jan Ullrich. E dopo aver scherzato sul fatto che non vuole più saperne di fare delle gare a tutta, avendo già corso abbastanza, il discorso torna al punto di partenza.
«Sono qui con Enrico Pengo – dice Ferrigato, riferendosi allo storico meccanico della Lampre e poi del Team Bahrain – e parlavamo di Ulissi. E’ chiaro che è diventato un ottimo corridore, ma la proporzione fra quello che è stato da junior, con due mondiali vinti, e la sua carriera attuale non si è mantenuta. Ne parlavo anche con Angelo Furlan (ex professionista e oggi allenatore, ndr) e si ragionava sul fatto che attorno ai 23 anni si ha il secondo sviluppo. Ma se esageri da giovane, tolti dal mazzo i fenomeni, magari quello sviluppo non ce l’hai e smetti di progredire».
Il discorso sta in piedi…
Ricordate quel video in cui Tosatto a Livigno chiede a un ragazzino quanti anni abbia, mentre quello fa le ripetute? Appena gli risponde che è un allievo, Matteo gli urla di tornare a casa. Che non si fanno le ripetute in altura da allievo. E poi quando cresci, cosa fai? Devi andare a 4.000 metri? Se si fanno lavori specifici da troppo piccoli, perdi la possibilità di svilupparti ancora a vent’anni…
Se si allena un ragazzino al pari di un professionista, lo si porta a livelli altissimi, ma si riduce il suo margine per gli anni successivi?
I procuratori prospettano carriere fino ai 28 anni, ma così perdiamo quelli che magari si sviluppano dopo. Tosatto ha dovuto fare il Carabiniere perché non aveva i punti, oggi avrebbe smesso. Vanno avanti quelli che vengono allenati meglio, a discapito di chi ha i numeri e magari ha bisogno di più tempo per venire fuori o non vuole bruciare le tappe. Si sono infilati in un circolo vizioso e sono costretti ad adeguarsi. Uno junior che fa 6 ore a febbraio è troppo e io so di gente che lo fa. Ma probabilmente il loro allenatore è stato professionista e non capisce di dover calibrare bene gli allenamenti.
Vogliono tutto e subito?
In questo momento, al mondo ci sono cinque ragazzi giovani e fortissimi. Ma non si può pensare di volergli somigliare. I fenomeni sono delle eccezioni, come Saronni che vinse il Giro a 21 anni. Oppure Gimondi e Merckx. Sono pochi e se ne racconta ancora. Poi ci sono tutti gli altri. Invece ho la sensazione che si stia perdendo la voglia o la capacità di far crescere il corridore rispettando i suoi tempi. Anche Tosatto per me è stato un fenomeno, con i 28 grandi Giri portati a termine, sempre pronto a tirare per un compagno.
E tu?
Io non sono stato un fenomeno, ma di certo ero molto pronto. Sono passato e ho subito vinto, poi hanno capito che avevo dei mezzi e mi hanno messo in attesa. Ho avuto tanta fortuna e il tempo per adattarmi. Se mi avessero buttato dentro come oggi, non avrei avuto le forze per quella velocità.
Il tempo è un lusso…
Oggi non c’è tempo e neppure la voglia. E non bastano più due anni. Ricordo quanto soffrivo sulle salite al 3 per cento. Ho cominciato a stargli dietro a 25 anni. Avere il tempo per crescere è stato una fortuna, perché io prima non avevo la potenza necessaria. Usavo il cardiofrequenzimetro, un po’ si doveva interpretare. Oggi invece si usano i watt e non si sbaglia. E i corridori più giovani spariscono. Sempre parlando con Pengo, abbiamo visto che ai mondiali di Salisburgo eravamo in 8 veneti. Dalle parti di casa, una volta c’era un campione ogni 15 chilometri, adesso non più e patiamo la sensazione di non avere più nessuno. Nel mondiale in cui Moscon fu squalificato (Bergen 2017, ndr), mettemmo tre juniores nei primi dieci. Dopo sei anni, possibile che nessuno di loro sia ancora venuto fuori?
Anche quest’anno, Ferrigato parteciperà al Giro-E: dopo 9 tappe sarà sostituito da Alessandra Cappellotto (foto Facebook) Alla pedalata di solidarietà #NoiConVoi2016 con Cristian Salvato (foto Facebook) Oggi Ferrigato collabora con Girolibero e accompagna ciclisti sulle strade del mondo (foto Facebook)
Perché secondo te?
Forse perché non fanno quel secondo step di sviluppo. In questo modo il grande campione emerge, mentre il corridore medio sparisce. Non è giusto. Ma se quando sono così giovani, li alleni coi watt, ci sta che dopo 4 anni a quel modo, siano stanchi. Io andavo a caso e non sapevo niente. Usavo il cardio ed era già spaziale, ma forse così facendo mi sono risparmiato.
E poi quando correvi tu, l’Italia aveva qualche squadra di più…
C’è stato un periodo che ne avevamo 12, in modo che se in una non ti trovavi, ne provavi un’altra. Ora mancano. Forse fra tutte le voci dette finora, avere una squadra italiana in cui crescere e in cui mettersi alla prova nel WorldTour sarebbe il modo giusto per riprendere in mano i fili dello spettacolo.