Zanatta (e la Eolo-Kometa) al lavoro per ritrovare un Rosa così

30.09.2021
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C’è un corridore da far rifiorire, che deve e vuole tornare a pungere in corsa. Diego Rosa ne ha tutte le capacità (o spine se preferite) per farlo. Ne è convinto di questo anche Stefano Zanatta, diesse della Eolo-Kometa. La professional di Ivan Basso e Alberto Contador a partire dal 2022 sarà la formazione del piemontese (in apertura mentre vince la Milano-Torino del 2015), al quale è stato offerto un contratto di un anno e contemporaneamente la possibilità di rilanciarsi. 

Con questa cartolina social, la Eolo-Kometa ha annunciato il suo arrivo per il 2022
Con questa cartolina social, la Eolo-Kometa ha annunciato il suo arrivo per il 2022

Francia di traverso

Il trentaduenne della Arkea-Samsic (la squadra in cui approderà l’altro italiano Alessandro Verre) viene due stagioni in Francia non particolarmente fortunate. Ci si era trasferito a fine 2019 insieme al trio colombiano Winner Anacona, Dayer e Nairo Quintana, proprio per fare da supporto a quest’ultimo nelle grandi gare a tappe. Gli unici piazzamenti nella top five risalgono a febbraio 2020, prima che il mondo si fermasse e si stravolgesse. 

In epoca di Covid, sembra che sia passata un’eternità da quei giorni, meglio quindi per Rosa decidere di cambiare aria e accettare la proposta della Eolo-Kometa. Con Zanatta (in ammiraglia in questi giorni al Giro di Sicilia) ci siamo fatti raccontare cosa prevedono per lo scalatore di Corneliano d’Alba.

Zanatta ha avuto un ruolo molto importante nel rilancio di Vincenzo Albanese
Zanatta ha avuto un ruolo molto importante nel rilancio di Vincenzo Albanese
Stefano come è nato il contatto con Diego?

Avevo saputo a metà agosto da un conoscente dell’ambiente che non era contento in Arkea-Samsic, del calendario che gli avevano designato e anche che il feeling con loro si era raffreddato. Ne ho parlato subito con Basso e gli ho proposto di sentirlo perché poteva fare al caso nostro. Tempo di qualche doveroso incontro anche con Fran (Contador, general manager e fratello di Alberto, ndr) e abbiamo trovato l’accordo.

E lui come vi è sembrato quando lo avete chiamato?

Entusiasta, molto. Ha avuto subito un grande approccio e siamo rimasti colpiti positivamente da questo. Pensate che per qualche settimana mi chiamava ogni tre giorni per sapere programmi, materiali e novità sull’anno prossimo. Gli ho dovuto dire (spiega sorridendo, ndr) di stare calmo, che consumava troppe energie.

Nel vostro roster avete corridori esperti come Gavazzi e Belletti (che ha già annunciato il ritiro a fine stagione). Per Rosa pensate ad un ruolo simile “da chioccia” per i vostri giovani come avete fatto con loro?

Loro due sono stati molto d’aiuto con i nostri giovani. Per Diego sarà più o meno così. Nel senso che lui ha già una bella esperienza alle spalle avendo corso e vinto con team WorldTour come Astana e Ineos e potrà tornare utile alla nostra causa. Però pensiamo anche che possa ancora fare molto per se stesso. Che possa giocarsi le sue possibilità in tante corse, come ad esempio in un Lombardia (nel quale ha già ottenuto un secondo e quinto posto, ndr). Senz’altro in gara sarà un tramite tra l’ammiraglia e gli altri ragazzi.

Rosa ha firmato solo per il 2022. Si gioca il tutto per tutto o c’è già un’opzione per la stagione successiva?

Onestamente non lo so, non sono questioni che seguo direttamente. Di sicuro lui dovrà sfruttare questa occasione che gli forniamo. Che gli forniamo ben volentieri sia chiaro, perché crediamo molto nel suo rilancio.

L’esperienza alla Arkea-Samsic non è stata delle migliori, dopo un primo anno promettente
L’esperienza alla Arkea-Samsic non è stata delle migliori, dopo un primo anno promettente
Fortunato e Albanese su tutti, ma non solo. La vostra linea è stata quella di puntare su corridori che rischiavano di non avere più carte da giocare nel ciclismo di un certo livello.

Lavoriamo per dare una nuova chance a professionisti che a 24 anni non possono considerarsi vecchi o finiti. Con alcuni corridori abbiamo fatto una buona scelta. Ma abbiamo anche dodici neopro’, come ad esempio Piganzoli o Fetter (rispettivamente decimo al Giro U23 e quarto agli europei U23 nella prova in linea, ndr) che quest’anno sono cresciuti tanto.

Chiudendo Stefano, secondo te cosa è stato a far accettare a Diego Rosa la vostra proposta?

Bisogna dire che quando ti telefonano persone come Basso, Contador o Sean Yates (il responsabile dell’area sportiva, ndr) non puoi restare indifferente. Ma non è stato soltanto quello, c’è un buon clima da noi. Abbiamo una bella struttura, un bel progetto in cui crediamo. Siamo una professional, ma ben attrezzata nel nostro piccolo. Non promettiamo nulla che non possiamo fare o dare. Non abbiamo capitani designati. Non mettiamo pressioni. E anche il nostro presidente Luca Spada, che è uno sportivo, è interessato ma non ossessionato dai risultati. 

Che fine ha fatto Fancellu? Ce lo dice Stefano Zanatta

09.09.2021
4 min
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Alessandro Fancellu, giovane corridore ventenne, del team Eolo Kometa sta attraversando un periodo non facile per la sua carriera. L’ultima volta che lo abbiamo visto in azione è stato ad aprile al Tour of the Alps, corsa a tappe che si corre principalmente in preparazione al Giro d’Italia. Appuntamento rosa che Alessandro era pronto a conquistarsi sulla strada, a colpi di pedale, poi però il momento buio e le poche certezze sulle sue condizioni fisiche, non gli hanno permesso di correrlo.

«Non so nemmeno io cosa mi sia successo – disse Alessandro – arrivavamo da un ritiro in Sierra Nevada di una ventina di giorni. Stavamo preparando il Tour of the Alps e gli appuntamenti successivi, quando negli ultimi giorni di allenamento ho iniziato ad accusare stanchezza e malessere generale».

Al Tour of the Alps la sua ultima corsa, poi il black out. Eccolo tra Bais e Fetter
Al Tour of the Alps la sua ultima corsa, poi il black out. Eccolo davanti a Fetter

Ne parliamo così con Stefano Zanatta, da quest’anno nello staff tecnico del team Eolo Kometa. Il diesse ha vissuto, insieme ad Ivan Basso, il momento no di Alessandro. E così lo abbiamo intervistato per capire quali possano essere state le cause che hanno portato il ragazzo comasco fino a questo punto di non ritorno.

La squadra come ha reagito alla situazione di Alessandro?

È stato prontamente seguito da tutta l’equipe medica. Ha a disposizione ben quattro persone dello staff che tutti i giorni lo sentono e lo monitorano. In più Ivan (Basso ndr) lo sente quotidianamente, chiama anche i genitori, non è scontato avere tutta questa disponibilità tecnica in un team così giovane. È un bel segnale, la squadra crede in lui, questo non si può negare, ai miei tempi non sarebbe stato così.

Tutti questi mesi senza risposta, come se il suo fosse un male invisibile…

Ha subito il passaggio nel professionismo, lui vorrebbe andare in bici e non far fatica. Il fatto è che gli è cambiato il mondo che lo circonda, ha corso solamente due anni da under 23 e questo dal mio punto di vista lo ha condizionato. 

Alla Settimana Coppi e Bartali ha colto alcuni piazzamenti interessanti
Alla Settimana Coppi e Bartali ha colto alcuni piazzamenti interessanti
Ma ora si passa professionisti molto presto, bisogna mettere in conto anche queste cose…

Vero, passare prima nei pro’ non ti dà un buono sconto per le esperienze non fatte tra gli under. Ora va così e ci si deve anche adattare ai cambiamenti. Correre tra i pro’ cambia tutto, ora affronti gente con anni di esperienza in questo mondo, devi aver voglia di fare più fatica ancora.

In che senso dici “gli è cambiato il mondo che lo circonda”?

Quando è passato professionista aveva i titoli dei giornali dedicati, articoli e proclami da ogni parte. Però poi la gente e soprattutto i giornali, vogliono i risultati e se non arrivano ti surclassano, lui è giovane, non è facile destreggiarsi tra queste cose.

Come mai così ha corso così poco tra gli under?

Era nel team Kometa, la formazione under 23, e dopo i suoi risultati è stato subito contattato da molte squadre. Allora la Eolo ha deciso di portarlo nella formazione pro’, per non perdere la risorsa, questo non ha giovato però alla sua maturazione, fisicamente non è ancora maturo per questo mondo. Deve mettersi in testa di ripartire dalle basi, gli è stato anche consigliato di staccare, fare una vacanza ma non ne ha voluto sapere.

«Continuo ad allenarmi –dice infatti Fancellu – ho fatto una decina di giorni senza bici tra aprile e maggio, ma il mio problema si presenta principalmente in corsa, quando mi alleno generalmente ho delle sensazioni migliori».

Fancellu, classe 2000, è uno scalatore. Da U23 faceva già parte del gruppo Eolo
Fancellu, classe 2000, è uno scalatore. Da U23 faceva già parte del gruppo Eolo
Dalle sue statistiche vediamo che si è ritirato spesso, tende a gettare la spugna?

È un dato da valutare, oltre al Tour of the Alps si è ritirato anche dalla Vuelta a Burgos la scorsa stagione e dal Campionato Italiano. Deve tornare a correre per il gusto di farlo e senza pensare al risultato, mettersi il numero sulla schiena e finire una gara, anche quello è un allenamento.

Sono quattro mesi che non corre, quasi cinque. Ne parlate di un possibile ritorno in gara?

Sì, gli abbiamo tranquillamente detto che quando si sente pronto noi lo possiamo mandare a gareggiare. Non è un problema il correre meno, abbiamo qualche corridore giovane che ha disputato poche gare, ma fa parte della crescita.

È possibile che si sia nascosto dietro a queste sensazioni e si sia disabituato alla fatica?

Questo è un rischio che corriamo, però fa capire quanto si creda in lui. Dice che ha mal di gambe, un corridore ha mal di gambe da gennaio a ottobre, per questo dico che deve riabituarsi a correre ed andare in bici, senza strafare. 

E dal punto di vista medico?

Abbiamo ancora un ultimo esame a cui sottoporlo. E non è neanche facile da fare, perché non tutti gli ospedali lo eseguono, a testimonianza della fiducia della pazienza nei suoi confronti. Alla fine di tutto verrà stilato un rapporto, se non risulteranno anomalie mediche la squadra lo aspetterà nel ritiro invernale, dopo una bella vacanza e da lì inizierà la nuova stagione.

Zanatta ci racconta l’esordio della Eolo-Kometa

21.07.2021
4 min
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L’Eolo-Kometa Cycling Team, squadra italiana pilotata da due grandi campioni del passato come lo spagnolo Alberto Contador e il nostro Ivan Basso, è riuscita a raccogliere importanti risultati al suo esordio nella categoria professional. Corridori giovani e corridori esperti all’interno di un gruppo che ha gettato delle solide basi per affrontare nel migliore dei modi la prima parte di stagione.

Per la Eolo-Kometa Cycling Team era il debutto tra i grandi
Per la Eolo-Kometa Cycling Team era il debutto tra i grandi

Voglia di crescere

«C’è tanta voglia di crescere – racconta Stefano Zanatta, direttore sportivo dell’Eolo-Kometa – a inizio stagione abbiamo dovuto adattarci un po’ per prendere le misure con i team più forti al mondo. Non è stato facile soprattutto dopo il periodo di chiusura forzata al quale abbiamo risposto con tre training camp che hanno gettato le basi del nostro inizio. Due ritiri di circa dieci giorni si sono svolti a Mallorca. Uno di essi a dicembre e l’altro a gennaio, dove tra l’altro avevamo intenzione di esordire con la Vuelta a la Comunitat Valenciana, cosa che non è stata possibile per via dell’annullamento della corsa.

«A seguito di questo imprevisto – continua Zanatta – abbiamo deciso con il team di fare ancora un altro ritiro a febbraio. Un ritiro nel quale i corridori hanno potuto lavorare intensamente sia con le bici da crono, che da strada. Abbiamo suddiviso il lavoro in base alle caratteristiche tecniche di ciascun corridore. Abbiamo dato importanza un po’ a tutto: volate, salita, pianura e lavoro di gruppo, come ad esempio le crono a squadre. Il nostro obiettivo è stato quello di lasciare un’impronta come una squadra organizzata».

Francesco Gavazzi, uomo squadra e punto di riferimento dell’Eolo
Francesco Gavazzi, uomo squadra e punto di riferimento dell’Eolo

L’avvicinamento al Giro

L’avvicinamento al Giro d’Italia è stato un vero e proprio lavoro di qualità per l’intero team. Durante il cammino la squadra si è resa protagonista in corse di rilievo come la Settimana Internazionale Coppi e Bartali e il Presidential Cycling Tour of Turkey.

«Il Giro d’Italia – riprende Zanatta – per noi è stato molto importante. Abbiamo raccolto i frutti di un lavoro svolto con impegno, cura e professionalità. La vittoria sullo Zoncolan con Lorenzo Fortunato è stata una bella sorpresa per tutti noi. Si vedeva anche nei giorni prima della vittoria che aveva le gambe per fare bene. E c’è riuscito».

Lorenzo Fortunato in azione sul Grappa, dove a vinto, alla Ionica-Adriatica Race
Lorenzo Fortunato in azione sul Grappa, dove a vinto, alla Ionica-Adriatica Race

Prossime corse in Francia

«Devo dire che ci aspettavamo qualcosa in più da Ravasi, che è stato comunque bravo in qualche frazione a restare con i primi in salita. Adesso tirando una riga usciamo da questa prima parte di stagione molto soddisfatti. Anche perché sempre lo stesso Fortunato ha vinto una tappa e la classifica finale dell’Adriatica-Ionica Race. Le prossime corse – continua Zanatta – ci vedranno protagonisti in Spagna e in Francia. Ad attenderci troveremo percorsi difficili come ad esempio il Tour de Limousin (17-20 agosto, ndr) dove servirà una buona preparazione per essere competitivi».

Edward Ravasi, ha corso un Giro d’Italia tra alti e bassi
Edward Ravasi, ha corso un Giro d’Italia tra alti e bassi

Gavazzi leader

Tanti corridori italiani compongono l’organico dell’Eolo-Kometa Cycling Team, alcuni esperti come Manuel Belletti e Francesco Gavazzi, quest’ultimo protagonista al Giro d’Italia dove ha conquistato un’ottima seconda posizione nella tappa di Guardia Sanframondi, vinta dal francese del team Cofidis, Victor Lafay. Mentre altri corridori più giovani crescono acquisendo esperienza.

«E’ un bel gruppo il nostro – conclude Zanatta – personalmente sono molto soddisfatto di Francesco Gavazzi che ha saputo essere un vero leader e un valido supporto per i ragazzi più giovani. Il ciclismo poi è uno sport duro, magari ti aspetti qualcosa in più dai corridori più esperti e invece a stupirti ci pensano quelli giovani a cui avresti dato più tempo per fare esperienza».

Ammiraglie in festa: Basso commosso, Zanatta pure

22.05.2021
3 min
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Sulla strada infangata che porta alla seggiovia per tornare al Quartier Tappa, le ammiraglie della Eolo-Kometa sono una dietro l’altra. Nella prima che incontriamo, Jesus Hernandez parla al telefono e ride di gusto. Bussiamo al finestrino e ci regala un sorriso da settimo cielo, il pollice in alto. Quella subito avanti ha lo sportello aperto e Ivan Basso è in piedi che guarda verso la montagna. Lui, che quassù vinse nel 2010 in un giorno certamente meno gelido, sta vivendo emozioni profonde, come accade quando inizi un’impresa e la vittoria fuga i dubbi che ti camminano accanto.

«Bisognava prendere la fuga con gli uomini giusti – dice – ma per noi questa è un’impresa, perché Fortunato è un nostro talento, che non aveva fino a questo momento espresso tutto il suo valore. Siamo contenti che sia riuscito a farlo con noi. E adesso Zanatta ha vinto due Zoncolan. Fu bello quando vinsi io, ma è bellissimo anche oggi. Quando si vince è sempre bello».

E’ emozionato. Sale nell’ammiraglia, mentre Zanatta ha il sorriso dei giorni migliori. Il ritorno in gruppo sta dando ottimi frutti. C’era davvero lui su quella della Liquigas quando Ivan domò lo Zoncolan e risalì dall’undicesima alla terza posizione, lanciandosi verso la seconda maglia rosa.

Albanese in fuga? Per portare con sè Fortunato: missione compiuta
Albanese in fuga? Per portare con sè Fortunato: missione compiuta

Azione di squadra

Il piano è scattato a 194 chilometri dall’arrivo o forse sarebbe meglio dire 11 chilometri dopo la partenza da Cittadella, dove le mura e ogni pietra ricordavano il tricolore di Nizzolo. Nella fuga degli 11, fra le coppie della stessa squadra con Affini-Bennett e Mosca-Mollema, la presenza di Albanese e Fortunato era forse quella che incuteva meno timore.

«Il guaio – dice ridendo Zanatta – è che Fortunato stava bene, ma non riusciva a prendere le fughe. Così, visto che aveva buoni valori, stavolta gli abbiamo messo accanto Albanese e inizialmente Gavazzi, perché lo portassero fuori e ci sono riusciti. In questi giorni la Ineos ha lasciato fare, ma certo alla fine la paura che il gruppo tornasse l’abbiamo avuta. Eravamo qui per fare bella figura e già il secondo posto di Gavazzi a Guardia Sanframondi ci era sembrato una cosa grandissima. Di certo non pensavamo di vincere e di certo ancora non ci rendiamo bene conto di quello che è successo».

Il Giro e le Asturie

Fortunato il posto per il Giro ha dovuto conquistarselo, con la sua storia fra Mastromarco e Hopplà, poi due anni alla Vini Zabù.

«Ha fatto un buon ritiro a Sierra Nevada – racconta – poi è andato alla Vuelta Asturias e l’ultimo giorno è arrivato settimo all’Alto del Naranco, conquistandosi il posto in squadra. A Sestola si era staccato in discesa. A Campo Felice era nel gruppo dei migliori… Insomma, sapevamo che stesse bene e già da tre giorni ci eravamo messi a pensare a questo arrivo. Credo che si sia creata una bella alchimia in squadra, lo spirito giusto, fra l’entusiasmo dei giovani e l’esperienza mia e di Yates, che qualcuna l’abbiamo vista fin qui». 

Subito dopo l’arrivo, Fortunato è stato placcato e portato nella zona premiazioni
Subito dopo l’arrivo, Fortunato è stato placcato e portato nella zona premiazioni

Una lunga storia

La colonna delle ammiraglie inizia a incanalarsi lungo la stradella dell’incolonnamento. I primi stanno già scendendo in bici verso i pullman fermi ai piedi del tratto più duro. Quassù, sull’ultima salita che vide grande Marco Pantani, ha vinto un bolognese, in una sorta di tributo inconsapevole al Pirata e cercato e voluto a Ivan Basso che ha saputo motivarlo. La sua ultima vittoria porta la data del 12 giugno del 2016, quando a Lamporecchio batté proprio il compagno di squadra Albanese. Forse davvero nulla è mai per caso, mentre lo Zoncolan registra la quarta vittoria italiana in questo Giro d’Italia. Dopo Ganna, Vendrame e Nizzolo, stasera brinderemo alla vittoria di Lorenzo Fortunato.

Agnoli, parole dure: i corridori meritano rispetto

14.04.2021
6 min
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Valerio Agnoli, che alla fine del 2019 ha annunciato il ritiro, sta sostenendo gli esami per il terzo livello. «I corsi organizzati dal Centro Studi in questa fase sono stati spettacolari – dice – ho studiato tanto, ma ne è valsa la pena».

E proprio studiando per diventare direttore sportivo, Valerio ha aperto gli occhi su «una serie di dinamiche e abitudini che quando ci sei dentro ti sembrano normali». E se normali non ti sembrano, cerchi di fartele andar bene per mantenere quello che hai.

Un mondo a parte

«Il mondo del ciclismo è particolare – comincia Agnoli – si viaggia sempre sul filo e qualunque cosa ti dicano, ti sembra che valga mille. Sul piano dell’alimentazione, per come sei trattato e per le frasi che ti dicono. Niente ti scivola veramente addosso. Ora che sto studiando da direttore sportivo, la sensazione che certi approcci non siano troppo corretti mi è venuta. Un direttore sportivo non è uno che ti dice di sperare che un compagno si faccia male, per sperare di correre. E devi stare anche attento a lamentarti, perché i contratti durano sempre poco e non vuoi avere ritorsioni. Se vogliono che tu vada piano, vai piano davvero. Ho saputo che avrei fatto il mio ultimo Giro d’Italia dopo il Tour of the Alps, due settimane prima. Non era nel programma. Magari provi a parlare con i procuratori, ma anche loro arrivano a un certo punto e si fermano, perché devono continuare a lavorare».

La carriera di Agnoli si conclude dopo 16 anni al Tour of Guanxi
La carriera di Agnoli termina dopo 16 anni al Tour of Guanxi
E così nessuno dice niente…

Non troverai nessuno che parla, perché tutti vogliono mantenere quel che hanno raggiunto. Non puoi puntare il dito e non puoi parlare, perché non hai voce in capitolo. Ti mandano il programma e devi accettarlo.

Sono problemi di tutti oppure chi va forte sta meglio?

Se sei un leader, hai il tuo gruppo e in qualche modo il programma lo fai tu e sei al riparo. Ma se sei uno che vince e viene pagato per vincere, se non arrivano i risultati, dopo un po’ rischi che vada male anche a te. Di sicuro il ciclismo che avevo sempre sognato non è come quello che in certi momenti mi è capitato di vivere.

Il ciclismo che avevi sempre sognato l’hai mai visto?

In Liquigas ci davano il programma da gennaio a giugno e cambiava solo se stavi male. Non mi è mai capitato di essere mandato in Belgio, a una corsa che non mi si addicesse, per poi sentirmi anche dire che fossi andato male. E alla fine paga sempre il corridore, la colpa non è mai di chi ha fatto certe scelte sulla sua pelle.

Giro d’Italia 2010, Agnoli con Stefano Zanatta lavorando per la vittoria in rosa di Basso
Giro 2010, Agnoli con Zanatta lavorando per Basso
Andando per esclusione, se alla Liquigas andava bene, restano l’Astana e il Bahrain…

Con il principe del Bahrain mi sono lasciato bene. A volte ci scriviamo su Instagram e mi ha detto che sarebbe contento di incontrarmi, se tornassi giù. In Astana non ho mai avuto grossi problemi. Ci sta che in una squadra chi comanda possa non piacere a tutti. Lo stesso Lefevere, che per me è un mito, potrebbe non essere amato da tutte le persone che lavorano alla Deceuninck. Ma è brutto sentirsi non accettato, percepisci che non c’è fiducia e a quel punto anche la più piccola defaillance viene accentuata. Il corridore è come un calice di cristallo…

In che senso?

Se lo lucidi e lo tieni da conto, continua a splendere a lungo. Il periodo con Zanatta mi è mancato molto, negli anni successivi ho tenuto botta per quieto vivere. E’ così per molti, mi viene il sospetto che sia proprio così nello sport professionistico in genere. Ogni giorno un esame. Tutte le mattine ti svegli e devi salire sulla bilancia, sfido qualsiasi collega a dire che si tratti di un bel momento.

Il problema alimentare c’è, ormai è chiaro…

Sul Teide, nel giorno di riposo, io ero uno dei pochi che prendeva la macchina e scendeva sul mare a mangiare una pizza. Qualche volta è venuto anche Vince (Nibali, ndr). Ma siamo professionisti, sappiamo che con la pizza ci va al massimo una Coca Zero. C’erano altri corridori che non scendevano mai. Sono situazioni che si accavallano. E’ frustrante fare sacrifici e non ottenere risultati. Sei in giro con il 4-5 per cento di grasso, non c’è altro da limare.

Al Giro 2016, Agnoll si ritira per caduta (e frattura del capitello radiale) il giorno di Asolo. Qui con Nibali in rosa a Torino
Al Giro 2016, Agnoli si ritira per caduta nell’11ª tappa
C’è chi lo faceva.

Io con Brajkovic ho corso all’Astana e mi chiedevo come facesse ad andare in bici con il 2 per cento di grasso. Per questo credo che una figura come il mental coach o uno psicologo, qualcuno al di fuori del sistema, non sia così sbagliato, visto che il ciclismo è così estremo. Quando sono passato professionista nel 2004, gli stimoli ce li cercavamo sfidando i grandi campioni, adesso è dura.

Hai parlato dei diesse: non ce ne sono più oppure non li lasciano lavorare?

Ci sarebbero pure. Penso a Zanatta, a Mario Chiesa che ti cazziava, ma sapeva anche darti una pacca sulla spalla. Persino Mariuzzo, che quandi ti incitava, ti faceva venire i brividi. Guardo Bramati e fa piacere vedere un diesse che spacca la macchina per tirarti fuori il 110 per cento. Ricordo la cronosquadre del 2010, quella in cui io presi la maglia bianca. Zanatta dall’ammiraglia ci gasò così tanto, che ognuno di noi diede più del massimo. Ma oggi pare che contino altre cose. La velocità, la potenza, la forza. Ho letto un articolo sul 54…

L’hai letto giusto qui.

Ricordo che il primo a usarlo era Gasparotto, io l’avrò messo 3-4 volte in tutto. Si va fortissimo. Non ci sono più le piccole corse. L’anno scorso mentre mi scrivevo con Nibali, mi ha fatto notare che aveva fatto la crono del Giro a 400 watt medi. Che cosa poteva farci se gli altri sono andati più forte? Chissà come stava sul pullman…

Cosa succede sul pullman?

Ci sali dopo la corsa. Ti fai la doccia e cominci a pensare a come è andata. Ti rivesti. E mentre infili la tuta, cominci a guardare i distacchi. C’è un mondo sul bus, ci si potrebbe scrivere un libro. Perché proprio in quei momenti serve il diesse che con un solo sguardo sia in grado di capire se qualcosa non va. Non è facile…

Oggi Agnoli è testimonial del cicloturismo nel Lazio e tecnico regionale Fci
Oggi Agnoli è testimonial del cicloturismo nel Lazio e tecnico regionale Fci
Fare il corridore?

Il ciclismo è una cosa fantastica, ma è anche un sogno che può trasformarsi in un incubo. Se non vai, vieni emarginato. Non so se in certi casi sia giusto parlare di mobbing, non so se sia solo la mia esperienza. Mi è capitato di fare dei lavori in salita e poi di piangere in discesa, perché ero convinto di aver fatto bene e invece i dati dicevano il contrario. Certe volte Slongo nemmeno ce li faceva vedere, per paura del condizionamento. Sono sfumature che fanno parte del lavoro.

Che tu hai svolto per quanti anni?

Sedici anni e alla fine mi sono ritrovato senza squadra, ma con tanti bei ricordi. La folla nell’Arena di Verona con Basso in maglia rosa. Le Tre Cime di Lavaredo con Nibali. L’ala di gente all’ultimo chilometro dello Zoncolan. Sono cose che solo chi le ha vissute può capire. Il motivo per cui si fa quel mestiere, con tutto quello che comporta.

Francesco Gavazzi, Vincenzo Albanese, ritiro Eolo Kometa 2020

Eolo-Kometa, come è andato il primo ritiro?

17.12.2020
4 min
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Al penultimo giorno di ritiro spagnolo, Stefano Zanatta si è messo a guardare i ragazzi che pedalavano davanti all’ammiraglia (in apertura, Gavazzi e Albanese) e sotto sotto ha provato un moto di soddisfazione. Si può cominciare col passo giusto, ha pensato. Poi è tornato a concentrarsi sulla guida. La Eolo-Kometa concluderà il primo training camp a Oliva con le ultime cinque ore di allenamento previste per oggi. E nel quaderno degli appunti del tecnico veneto sono finiti alcuni spunti su cui ragionare.

«Ci siamo allenati bene – dice – con tranquillità ed entusiasmo. Abbiamo sempre trovato bel tempo. Giusto ieri 16 gradi, ma è stato il giorno più freddo. Altrimenti siamo stati sempre sui 21 gradi, per cui i ragazzi sono usciti sempre con maglietta e pantaloncini».

Ivan Basso, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Ivan Basso ha partecipato al ritiro per una settimana, uscendo in bici con i ragazzi
Ivan Basso, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Basso ha partecipato al ritiro per una settimana
Adesso che li hai un po’… annusati, che gruppo hai tra le mani?

Un bel mix, fra giovani ed esperti. Abbiamo impostato il lavoro per tutti con Carlos Barredo e Giuseppe De Maria, i nostri preparatori. L’obiettivo di adesso è entrare bene in sintonia, per stabilire e confermare le linee guida della stagione. Siamo un gruppo ben strutturato, in cui io sono l’ultimo arrivato.

Con quali di questi corridori avevi già lavorato?

In pratica solo con Albanese e Wackerman, che ho avuto alla Bardiani. E’ passato del tempo, ma è certamente utile conoscersi, perché se non altro parliamo la stessa lingua. Altri due, Gavazzi e Belletti, li conosco ma li ho sempre avuti come avversari.

Francesco Gavazzi, ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Quattro corridori dalla Androni alla Eolo-Kometa: Frapporti, Pacioni, Gavazzi e Belletti (foto)
Francesco Gavazzi, ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Belletti (sopra), Pacioni, Frapporti e Gavazzi dalla Androni alla Eolo
Quale sarà il loro ruolo in un team così giovane?

Hanno avuto entrambi l’opportunità di continuare. Di fatto, non avendoli portati al Giro d’Italia, nel 2020 hanno corso per una settimana e la loro motivazione è dimostrare che ci sono ancora. Da parte nostra, li stimoliamo perché siano di esempio al gruppo dei più giovani. Il loro aiuto potrebbe aiutarli ad abbreviare i tempi. Poi, fatto questo, hanno davanti un anno. Se il fisico regge, si tolgono l’ultima soddisfazione della carriera. Altrimenti smetteranno, sapendo però di essersi giocati le loro carte.

A cosa serve soprattutto il primo ritiro?

A entrare in sintonia con corridori che magari non si conoscono, dando loro l’opportunità di conoscersi. Ci si confronta, si parla, si cerca di capire le ambizioni dei singoli e di conoscere le persone. A tutti loro voglio portare la mia esperienza.

Edward Ravasi, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Primi test anche per Edward Ravasi, chiamato a un anno di riscatto
Edward Ravasi, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Il momento dei test per Ravasi, chiamato al riscatto
Come avete gestito l’aspetto della sicurezza Covid?

Abbiamo fatto i tamponi prima di partire. Tutte le mattine il dottore misura la temperatura e l’hotel è comunque solo per noi. I rapporti con l’esterno sono ridotti praticamente a zero e sempre con la mascherina, anche quando andiamo fuori per mangiare. E poi faremo l’ultimo tampone prima di partire, che è obbligatorio per rientrare in Italia. Io l’ho fatto ieri. Abbiamo fatto tutto nella norma, per tutelarci e perché sarebbe stato un peccato rischiare. La paura c’è, per cui abbiamo vissuto questi giorni con serenità, ma non con leggerezza.

Sono arrivate le bici nuove?

Abbiamo dedicato loro i primi due giorni del ritiro. Prima Alberto le ha illustrate e siccome è pignolo, ha controllato tutto. Poi abbiamo fatto il posizionamento. Quindi i test sui rulli, le visite, i test in salita e parecchie ore di sella.

Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Il ritiro della Eolo-Kometa si è svolta a Oliva, in Spagna
Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Il ritiro della Eolo-Kometa si è svolto a Oliva, in Spagna
Basso e Contador si sono visti?

Sono stati con noi fino a domenica, poi li abbiamo mandati via. Scherzando gli ho detto che noi pensiamo a pedalare, loro a trovare i soldi. Si sono allenati per una settimana con i ragazzi e nel weekend si è unito anche Spada, il presidente di Eolo. Quando è arrivato Alberto, i giovani hanno smesso di parlare. Penso a Rivi e Bais, soprattutto. La sua presenza è stata un valore aggiunto. E soprattutto si sono resi conto di cosa sia un campione. Perché è vero che ha preso qualche chilo e per questo lo abbiamo preso un po’ in giro, ma in bici va ancora molto forte. Per cui la riverenza dovuta al nome è diventata rispetto per il corridore…

Vincenzo Albanese, Coppi e Bartali 2020

Il nuovo Albanese, peso a posto, testa e grinta

25.11.2020
4 min
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Quando vedi sbocciare e poi appassire un giovane, resti sempre con l’amaro in bocca, per questo la notizia che Vincenzo Albanese ha firmato con la Eolo-Kometa ha portato il sorriso. Il miglior risultato 2020 del campano è stato il 5° posto al Matteotti, che curiosamente vinse all’ultimo anno da under 23. Qualcosa è cambiato, non c’è dubbio. Ma siccome le battute dicevano che la prima causa dei problemi fossero lui e la poca voglia di lavorare, siamo andati direttamente alla fonte. A Reggello, paesino di 16.000 anime, a mille metri sul mare, dove vive con la sua famiglia.

Vincenzo Albanese, raccolta olive 2020
Nella casa di Reggello, cogliendo le olive a novembre
Vincenzo Albanese, raccolta olive 2020
Reggello, a novembre si colgono le olive

«In Campania torno poco – dice – a Natale e semmai ad agosto. Quest’anno sono rimasto fuori dal Giro d’Italia e ho cominciato già da un mesetto a lavorare bene. Non faccio tante ore. Esco in bici 4 volte a settimana. Poi palestra, camminate e attenzione alla tavola. Il peso è a posto, perché sto molto meglio psicologicamente. Ormai tutti sanno come allenarsi, la differenza la fa la testa».

Squadra nuova, testa nuova?

Quello che mi intriga di correre per Basso e Contador è che hanno fatto la storia di questo sport e sanno che ambiente creare per far rendere bene i corridori. Non ci siamo mai incrociati alle corse, ma hanno già l’esperienza della continental. Credo molto in questo progetto.

Curioso il raffronto fra i due Matteotti a quattro anni di distanza, non trovi?

Non voglio mettere le mani avanti, ma il Covid ci ha messo lo zampino. Nel 2016 partimmo con 80 corridori, fra continental e professional. Quest’anno eravamo 180 con quattro squadre WorldTour. Non voglio sminuire la vittoria di allora né allontanare le mie responsabilità in tante cose, ma il 2020 ha preso tante corse minori e le ha trasformate in campionati del mondo.

Vincenzo Albanese, campionati europei U23, Plumelec 2016
Da U23, ai campionati europei di Plumelec 2016: andava forte con qualche chilo di più
Vincenzo Albanese, campionati europei U23, Plumelec 2016
Plumelec 2016, agli europei under 23
Che cosa è successo in questi anni?

Alti e bassi, fisici e di testa. Qualche infortunio. E quasi non mi sono reso conto di essere arrivato alla quinta stagione. Vedo tanti corridori che hanno vissuto gli stessi problemi, poi sono rinati.

Può darsi che tu sia passato pensando che fosse tutto facile?

Non facile, ma certo l’ho presa sotto gamba. Ero abituato a vincere con poco lavoro, ma ho capito che qua per vincere a volte non basta il 110 per cento. E poi le continental stanno cambiando la storia.

Da quale punto di vista?

Quando sono passato io alla Bardiani-Csf, erano davvero pochi i neopro’ che arrivavano alle squadre WorldTour. Invece adesso vanno a cercarli persino negli juniores. Sono convinto che con il sistema di adesso e visti i miei risultati da giovane, sarei approdato in una WorldTour. Ma è andata così. Non posso rimpiangere il fatto di essere nato cinque anni prima.

Vincenzo Albanese, camminata in montagna 2020
Ha ripreso la preparazione: bici 4 volte a settimana e camminate
Vincenzo Albanese, camminata in montagna 2020
Camminate e bici per ripartire bene
Per quale motivo Contador e Basso, parlando al bar con gli amici, dovrebbero essere contenti di averti ingaggiato?

Perché porto esperienza e sono un corridore da rilanciare. Anzi, sono un corridore da scoprire. In questi quattro anni non ero al mio posto, io non sono quel Vincenzo lì. Ho sbagliato molto e mi assumo le mie responsabilità. Ognuno deve adattarsi all’ambiente che trova, alcuni ci riescono e altri no. Non dico che la colpa sia della squadra, come detto mi prendo la mia fetta, ma mi sono sentito poco considerato, lasciato senza consigli, allo stato brado. Colpa mia probabilmente che non ho saputo gestire quella fase.

Ritrovi Zanatta, un problema alla luce di quello che hai appena detto?

No, un lusso! Sono contento, perché finché ha potuto gestire noi giovani, l’aria era diversa. Poi si è reso conto di non avere autonomia e ha lasciato. Con Zanatta non scappa una virgola, abbiamo tutto organizzato. I programmi giorno per giorno per i tre mesi successivi, come nelle WorldTour.

Siete già in contatto?

Sì, sento di essere nelle mani giuste. E’ un ambiente propositivo che mi mette grinta. Sento lui e il preparatore, Carlos Barredo, anche lui un ex professionista. Faremo un ritiro in Spagna fra 15 giorni, non vedo l’ora. Ripeto, la differenza si fa con la testa. Io l’avevo un po’ persa, ma adesso sto a mille.

Ivan Basso, Stefano Zanatta, Dario Mariuzzo, Giro d'Italia 2010

E alla fine Zanatta ritrovò il suo Basso

11.11.2020
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«Non potevo dire di no a Basso e Contador – dice Zanatta ridendo – ho provato a fare un sondaggio in famiglia e ho capito che i figli mi avrebbero ammazzato. Ci ho provato a stare a casa, ma li tiravo tutti matti. E a quel punto ho accettato».

Stefano è di buon umore. Basso aveva fatto il suo nome sin dall’inizio, pregando di non scriverlo. C’era solo da aspettare che Zanatta si decidesse, contento com’era della pensione raggiunta da un anno e scottato dall’incredibile storia del Team Monti in cui aveva messo comunque la faccia. Al punto che, avendolo incontrato alla partenza di Mileto al Giro d’Italia, aveva detto che mai e poi mai sarebbe tornato a guidare un’ammiraglia. E non mentiva, non del tutto almeno. Infatti l’affondo davvero deciso Basso con lui l’ha fatto due giorni dopo la fine del Giro, di martedì.

Mario Scirea, Dario Mariuzzo, Paolo Slongo, Biagio Conte, Stefano Zanatta, Alberto Volpi, diesse Liquigas
Ritiro Liquigas a San Pellegrino: Scirea, Mariuzzo, Slongo, Conte, Zanatta e Volpi
Dario Mariuzzo, Paolo Slongo, Biagio Conte, Stefano Zanatta, diesse Liquigas
A San Pellegrino con Mariuzzo, Slongo e Biagio Conte
Però ti girava intorno da un po’…

Ogni tanto ci sentivamo, sin dai tempi della continental. Mi ha sempre dato stima, tutto quello che abbiamo fatto in Liquigas è rimasto. Così quando è stato sicuro di fare la squadra, mi ha chiamato. Cercava una figura di riferimento, ma io ero perplesso…

Perché?

Non morivo dalla voglia di partire nuovamente e fare 300 giorni via da casa, perché un direttore sportivo campa così. Ma Ivan mi ha spiegato la struttura e allora ho intravisto la possibilità, assieme a Yates ed Hernandez e con Andriotto a fare lo scouting. Insomma, al Giro abbiamo parlato un po’ nelle rare volte in cui è venuto e al martedì mi ha chiamato e mi ha chiesto se volessi diventare la figura di riferimento del team in Italia.

E tu?

Lavorare con i giovani mi è sempre piaciuto, far crescere una squadra è un grande stimolo. Avevo messo da parte certe velleità, ma obiettivamente non avevo più un solo motivo per dire di no. E alla fine ho detto di sì.

In due parole, chi è stato Ivan Basso per Stefano Zanatta?

L’ho conosciuto da giovane, alla Fassa Bortolo. Ha vinto con me le sue prime tre corse. Poi ci siamo ritrovati in Liquigas. Cercavamo un corridore adatto a richiamare l’attenzione dei media e lui era perfetto. Amadio mi ha dato fiducia e ho cominciato a lavorarci io. Si è creato un bel rapporto. Ivan è andato verso grandi risultati e intanto diventava un riferimento per giovani come Nibali e Caruso, che intanto crescevano accanto a lui.

Un grande campione?

Ha tirato fuori il meglio da se stesso, facendo tutto il necessario per arrivare ai grandi risultati. Il suo talento è stato capire di non avere la brillantezza di Nibali e Sagan, che si alzavano dal letto e vincevano senza fare colazione. Lui ha dovuto sudarsi ogni risultato. Ha puntato sull’autostima e sul lavoro che paga.

Sembra che stia facendo lo stesso con la Eolo-Kometa.

Da quando ha smesso, ha cominciato a lavorare a questo progetto. Ha trovato in Contador un ottimo compagno di avventura. Ha creato un bel gruppo di giovani e li ha plasmati secondo la sua mentalità. E lui ha competenze e conoscenze.

Ivan Basso, Stefano Zanatta
Tra Stefano e Ivan si è subito creato un rapporto di grande fiducia
Ivan Basso, Stefano Zanatta
Tra Basso e Stefano, subito grande fiducia
Per parecchie cose dice di ispirarsi alla Liquigas.

Quel gruppo è stato un esempio di ottimo ciclismo in cui i grandi vincevano, lasciando ai giovani il tempo di crescere. Un budget non eccessivo, eppure una famiglia in cui ciascuno portava il suo mattoncino fino a completare la costruzione. Ci si divertiva. Tutti quelli che ci sono passati la ricordano volentieri. Abbiamo ancora un gruppo whatsapp in tutti scrivono. Alle corse ci ritroviamo sempre, come avendo un filo conduttore. E una volta l’anno ci si ritrova sempre a cena, tranne quest’anno ma per colpa del Covid.

Quanto ha inciso l’esperienza Monti sulla tua ritrosia ad accettare?

Ero legato a Scirea e Magrini, c’erano bei giovani che restano validi, perché ovunque siano andati hanno fatto bene. Il fatto di essere riusciti a sistemare tutti ha reso la cosa meno spiacevole. Mi ha dato fastidio non mantenere le promesse, ma pesa meno perché non è dipeso da me. Era una squadra di dilettanti, avremmo lavorato per farli crescere. Mi sarebbe pesato di più essere coinvolto nel flop della squadra ungherese (il progetto teoricamente finanziato dal governo ungherese in cui erano stati coinvolti parecchi corridori, sfumato nel nulla a novembre 2019, ndr) di cui hanno fatto le spese dei professionisti.

Quali i programmi imminenti della Eolo-Kometa?

Per ora incontri in videoconferenza. I preparatori hanno già iniziato a lavorare dando le loro indicazioni e intanto aspettiamo di capire se e come potremo muoverci. Il primo passo l’ho fatto, sono tornato. Adesso studiamo con calma e tutti insieme quale sarà il prossimo.