EDITORIALE / La grande famiglia del ciclismo, il delirio dell’UCI

18.08.2025
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La grande famiglia del ciclismo. Per fare digerire ai team WorldTour la sperimentazione improvvisata dei gps di sicurezza e giustificarne poi la squalifica, l’UCI ha attinto a questa raffigurazione retorica che negli anni ha assunto svariate connotazioni.

I politici di Losanna hanno infarcito il ciclismo di così tanta burocrazia e regole, che sentire un appello alla famiglia suona davvero insolito. In base a quale logica, nel ciclismo dei millimetri e delle sanzioni fiscalissime, si possono sperimentare i segnalatori GPS senza un protocollo approvato? Si sbandiera il rigore scientifico e poi si chiede una sperimentazione fatta a pane e salame? Dov’e l’oggettività se devono essere le squadre a scegliere il campione? E in base a quale regolamento si possono squalificare le atlete della squadra che si sia rifiutata di indicarne una?

Milan vince, Consonni dietro festeggia: da quest’anno l’esultanza per il compagno che vince è punita
Milan vince, Consonni dietro festeggia: da quest’anno l’esultanza per il compagno che vince è punita

La grande famiglia

La grande famiglia del ciclismo è un un luogo di cui l’UCI non fa parte ormai da tanti anni. Era una delle espressioni favorite di José Miguel Echavarri, lo storico mentore di Indurain e della grande Banesto da cui oggi è nato il Team Movistar. E anche lui ne ammise la fine nei giorni dello scandalo doping al Tour del 1998. Anche in quel caso tuttavia il ricorso alla famiglia ebbe uno strano suono. Quasi fosse stata negli anni il tacito accordo per tenere al sicuro i segreti inconfessabili.

Una forma di famiglia esiste a livello nazionale. Per questo in Italia ci si preoccupa delle società di base. Della difficoltà di trovare squadra per gli allievi e per gli U23. Del criterio con cui i ragazzi arrivano al professionismo e di quelli che a 18 anni partono verso squadre juniores all’estero. E’ il motivo per cui si chiede alla Federazione di studiare contromosse che tutelino il movimento nazionale. I connotati della famiglia ci sono ancora, ma essa rischia di trasformarsi in un far west per difendersi dalle tante spinte centrifughe. Ed è il motivo per cui, al momento della rielezione, dedicammo un Editoriale al presidente Dagnoni. Sottolineammo come avesse davanti quattro anni decisivi per guidare il movimento sulla giusta strada. Se vuole, su questa strada saremo al suo fianco.

Josè Miguel Echavarri è stato il maestro di Unzue, il fondatore della grande Banesto di Indurain (foto Cadena Ser)
Josè Miguel Echavarri è stato il maestro di Unzue, il fondatore della grande Banesto di Indurain (foto Cadena Ser)

Tutti contro tutti

Che cosa c’entra oggi il richiamo dell’UCI alla grande famiglia del ciclismo se il ciclismo stesso è stato trasformato in una lotta di tutti contro tutti? Di squadre contro le altre, per paura della retrocessione e per scovare budget maggiori (impossibile non notare il rifiuto di introdurre la divisione dei profitti di tutti gli attori sulla scena). Cosa volete che gliene importi a una squadra WorldTour se la professional di turno non trova i soldi per andare avanti? Di atleti contro gli atleti, con gli sconfitti che puntano il dito contro la forma fisica di chi ha vinto. Di agenti contro gli agenti, per piazzare il maggior numero di corridori. Dei media contro i media, per scrivere le notizie più ad effetto. Dell’UCI contro le federazioni nazionali: come definire altrimenti l’imposizione di calendari sempre più costosi? E da ultimo dell’UCI contro gli atleti. Prima pretende di ingabbiarne i gesti e poi decide di squalificare 30 lavoratrici dipendenti (le 30 atlete del Romandie) per punire le loro squadre.

Dopo l’esclusione di 5 squadre senza un regolamento UCI che la prevedesse, il Romandie Feminin è partito con 30 atlete in meno
Dopo l’esclusione di 5 squadre senza un regolamento UCI che la prevedesse, il Romandie Feminin è partito con 30 atlete in meno

E’ ancora ciclismo?

Caro David Lappartient (il presidente dell’UCI è in apertura con Ferrand Prevot), la sua gestione sta trasformando il ciclismo in qualcosa che non è mai stato. Migliore o peggiore? Non è un fatto di gusti, ma di cose che non funzionano. Se mai fosse esistita la grande famiglia del ciclismo e avesse avuto dei padri con i piedi nella storia e il cervello nel futuro, il suo posto dalla tavola sarebbe stato già tolto da un pezzo. Questa non è più una famiglia e forse non lo è mai stata. Questo non è più il ciclismo che ha fatto la storia e siamo certi che prima lo fosse davvero.

Regole UCI: aziende nel caos. Ma ecco le prime reazioni

17.07.2025
7 min
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Qualche settimana fa, il 12 giugno per la precisione, l’UCI ha reso pubbliche alcune nuove e importanti regole che entreranno in vigore dal prossimo gennaio. Norme che puntano alla sicurezza, ma che impattano su una cospicua parte dei materiali utilizzati dai professionisti. Le modifiche riguardano manubri, ruote, rapporti, gomme, telai (qui potete rileggere nello specifico il tutto).

Vi avevamo già accennato nell’editoriale di lunedì quale problema enorme rappresenti questa svolta improvvisa per le aziende. Stavolta, quindi diamo voce proprio ad alcune di loro: quelle che per prime hanno avuto il coraggio di farsi sentire.

Decathlon e Van Rysel, ad esempio: un’enorme parte dei manubri già prodotti non sarà più omologata secondo i regolamenti UCI. In teoria, non si potranno nemmeno utilizzare in una gran fondo sotto l’egida della Federazione e di riflesso dell’UCI. Prendiamo anche l’ultima bici Factor, per esempio, vista al Tour, con forcella e carro molto ampi: sarà fuori norma. E la lista dei brand coinvolti è lunga.

Jean Paul Ballard CEO di Swiss Side durante la presentazione delle nuove ruote Ultimate e Classic a Lille alla vigilia del Tour
Jean Paul Ballard CEO di Swiss Side durante la presentazione delle nuove ruote Ultimate e Classic a Lille alla vigilia del Tour

Già a Lille il clima era teso

La querelle è esplosa in pieno giugno. Molte aziende si erano organizzate, anche in vista del Tour de France, per presentare i propri nuovi prodotti, approfittando della visibilità garantita dalla corsa francese.

A una di queste presentazioni eravamo presenti anche noi. Ricordate le ruote Swiss Side? Ebbene, al netto della qualità indiscutibile, una parte delle nuove ruote, tra cui le Ultimate (quelle di fascia più alta), non potrà essere utilizzata da gennaio. Parliamo dei modelli da 85 e da 68 millimetri, quando il nuovo limite imposto è 65. Daniele Cerafogli, del marketing team di Swiss Side, non aveva nascosto il disappunto, specie per le tempistiche con cui l’UCI aveva comunicato i cambiamenti. Oltre allo sviluppo praticamente vanificato, questi modelli erano già entrati in produzione.

Il grafico presente nella lettera che Swiss Side ha inviato all’UCI. In pratica più le linee hanno un valore di yaw basso e più la ruota è stabile. Si nota come quella da 68 mm sia più efficiente
Il grafico presente nella lettera che Swiss Side ha inviato all’UCI. In pratica più le linee hanno un valore di yaw basso e più la ruota è stabile. Si nota come quella da 68 mm sia più efficiente

Le prime lettere

Proprio ieri, Swiss Side ha inviato una lettera all’UCI, firmata dal CEO Jean Paul Ballard. Una lettera lunga, dettagliata, in cui sono elencate le criticità: danni economici, produzione già avviata, impossibilità di essere pronti a inizio 2026.

Secondo Swiss Side, una ruota con profilo più alto ma progettata con un determinato disegno (profondità e larghezza del canale) è più sicura in termini di stabilità e guidabilità rispetto a una ruota con profilo più basso. Nel documento è allegato anche un grafico con dati della galleria del vento, che mostra l’impatto del vento trasversale (fino a 15°) sul cerchio.

Nel finale della lettera, a dimostrazione che qualcosa si muova, si legge: «L’UCI, in quanto organo di governo del ciclismo, dovrebbe sempre essere considerato responsabile, obiettivo e inclusivo. Le azioni attuali non sono coerenti con questi valori. Chiediamo pertanto un’urgente riconsiderazione della recente modifica all’attuazione del regolamento».

Davide Guntri di Deda Elementi (qui a colloquio con Maestri): il rapporto con i team è costante sia in termini di performance che di sicurezza
Davide Guntri di Deda Elementi (qui a colloquio con Maestri): il rapporto con i team è costante sia in termini di performance che di sicurezza

La voce delle aziende

Abbiamo sentito Davide Guntri di Deda Elementi, che rappresenta bene i brand che si erano mossi in base a un regolamento poi modificato improvvisamente. Grazie alla sua disponibilità e chiarezza ci ha aiutato ad approfondire l’argomento. In precedenza, anche Gianluca Cattaneo, responsabile dell’azienda lombarda, aveva espresso la sua contrarietà in un post su Linkedin.

Davide, ci sono aziende che si ritrovano con una parte di prodotti fuori norma, già in produzione. E’ davvero così?

No, non una parte: la maggior parte è già in produzione. Parlo di tutti i prodotti presentati a Eurobike, la fiera più importante in Europa e tra le prime al mondo. Ruote da 70 millimetri, manubri da 38 centimetri. Per esempio, noi di Deda abbiamo dovuto fare una frenata improvvisa e ora ci troviamo in difficoltà con tutte le squadre che sponsorizziamo. Avevamo già dei prodotti pronti per la consegna, tipo i manubri. E adesso cosa facciamo?

Di solito c’era un confronto tra UCI e brand?

Sì, ma stavolta non c’è stato nessun confronto. Loro hanno deciso e noi lo abbiamo saputo dopo.

Chi ha cambiato le carte in tavola? L’associazione SafeR c’entra qualcosa?

Davvero non lo so. Ma l’iter non doveva cambiare, soprattutto a ridosso della fiera più grande dell’anno o quando tutte le squadre hanno i nuovi manubri montati. Anche le aziende di bici hanno già avviato la produzione per il 2026. Canyon, ad esempio, ha un manubrio che non andrà più bene. Peggio ancora Ridley: tutti i loro manubri saranno fuori norma, dalla squadra WorldTour a quella femminile e development. La perdita economica è notevole. Anche perché non tutti i fornitori accettano di fermare la produzione. Cosa facciamo, rottamiamo tutto?

La sicurezza in primis, ma non si può ridurre alla larghezza di un manubrio o di una gomma, quando ancora i piedini delle transenne spuntano nella careggiata
La sicurezza in primis, ma non si può ridurre alla larghezza di un manubrio o di una gomma, quando ancora i piedini delle transenne spuntano nella careggiata
Parliamo di professionisti, ma un cicloamatore potrebbe comunque usare questi componenti?

Certo, ma l’amatore segue le tendenze dei pro’. E non posso quantificare la perdita, ma potrebbe essere pesante per tutte le aziende coinvolte. Persino quelle che fanno i gruppi.

Ti riferisci al pignone da 10 denti di Sram che manderebbe oltre il limite di sviluppo metrico il set con molte delle sue corone?

Esatto. Le loro cassette sono un monoblocco, non basta togliere un ingranaggio.

Volendo essere maliziosi Shimano e UCI sono molto vicini…

Sembra che Shimano abbia detto all’UCI di fare attenzione, che certe regole avrebbero messo in difficoltà anche altri costruttori di gruppi. Hanno avuto una posizione molto corretta.

Il punto è capire se si tratta di sicurezza reale o solo di facciata…

Esatto. Siamo andati all’estremo. E’ giusto: non puoi far correre un ragazzo alto due metri con un manubrio da 36 centimetri. Però se vogliamo parlare di sicurezza vera, dobbiamo uscire dalla questione materiali. Vogliamo parlare di transenne, curve non messe in sicurezza, spartitraffico… E poi fermi le aziende? E indirizzi fortemente il mercato?

Anche i team dicono di aver ricevuto un questionario UCI pochi giorni prima delle nuove norme…

Immagino! Qualche sera fa ero in pista, a Crema, come presidente della FCI della provincia. Parlando con Ivan Quaranta mi ha raccontato che quando tre anni fa svilupparono con Pinarello il manubrio Most, il loro ingegnere suggerì di lavorare su un manubrio da 35, non da 33 centimetri. «Vedrete che il 33 non andrà più bene», gli disse.

Guntri non nega che certe regole servano. In qualche caso si è andati oltre, come questa piega da 28 cm per la pista (dove il limite è stato portato a 35 cm)
Guntri non nega che certe regole servano. In qualche caso si è andati oltre, come questa piega da 28 cm per la pista (dove il limite è stato portato a 35 cm)
A chi giova questa situazione?

Bella domanda. Quando il nostro direttore mi ha mandato l’estratto della normativa, mi si è gelato il sangue. Mi sono chiesto: «Cos’è successo? Ho sbagliato qualcosa nella lettura delle regole?». Ti viene da pensare di aver perso qualcosa. Leggi e rileggi. Poi vedi la realtà dei fatti. E’ difficile orientarsi tra le regole. Quelle della crono, ad esempio, sono complesse da interpretare anche per noi. E a proposito di crono e di precisione da parte dell’UCI, vogliamo parlare delle dime con cui misurano se una bici è a norma?

Parliamone…

Al Giro dItalia, alcune bici di un team con cui abbiamo un buon rapporto anche se non è nostro cliente, andavano bene per la crono in Albania, ma non a quella di Pisa. Stesse bici, identiche. E poi parliamo di sicurezza: vogliamo discutere della quantità di macchine al seguito? Ci sarebbero tante regole da sistemare prima di agire sui materiali. Perché nella crono esistono tre categorie (1, 2, 3) per altezza dell’atleta e misure del mezzo e su strada no? Basterebbe introdurre lo stesso sistema e risolveresti.

Chiaro, senza vietare certi prodotti. E questo automaticamente sistemerebbe anche il settore femminile, che per assurdo in alcuni casi vede ingrandirsi i manubri oltremodo…

Ripeto: la sicurezza viene prima di tutto. Va bene fare regole che spingano in quella direzione. Però affrontiamola per gradi. Troviamo qualcosa che protegga sotto al casco, dico per dire. E facciamolo con le tempistiche giuste e con dialogo.

Ci sarà una reazione delle aziende? L’UCI dovrà dare delle spiegazioni, no?

So che ad Eurobike Adam Hansen (presidente del CPA, ndr) e un ispettore UCI hanno incontrato i produttori. Spero che venga concessa una deroga per il 2026, perché i tempi sono troppo stretti e in molti non riusciranno a rifare tutto in tempo.

Nuove regole UCI: manubri, ruote, rapporti… non tutto è chiaro

01.07.2025
6 min
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E’ in arrivo una svolta regolamentare nel ciclismo professionistico. A partire dal 1° gennaio 2026 entrerà in vigore una serie di regole UCI riguardanti manubri, rapporti, ruote e gomme, tutte pensate per aumentare la sicurezza e l’equità delle competizioni.

Le nuove norme sono frutto di un lavoro condotto da SafeR, l’organizzazione per la sicurezza nel ciclismo professionistico, in collaborazione con squadre e corridori. Tuttavia, il recepimento da parte degli atleti non è stato affatto unanime né così convinto. Abbiamo analizzato i tre principali cambiamenti in arrivo e raccolto il punto di vista di Cristian Salvato, presidente dell’Accpi, la rappresentanza italiana dei corridori. E non solo…

Vediamo prima nel dettaglio le regole su strada (perché alcuni cambiamenti riguardano anche pista e cross) e poi aggiungiamo le considerazioni degli interessati.

La larghezza interna minima delle leve deve essere di 32 centimetri (misurata tra i bordi interni delle leve stesse)
La larghezza interna minima delle leve deve essere di 32 centimetri (misurata tra i bordi interni delle leve stesse)

I manubri

Le bici da strada dovranno avere una larghezza minima del manubrio di 400 millimetri misurata tra i bordi esterni, con almeno 320 millimetri tra le leve freno (bordi interni) e 380 millimetri centro-centro.
Oltre al minimo, l’UCI ha fissato una distanza massima di 50 millimetri tra l’estremità interna e quella esterna del manubrio sullo stesso lato, per limitare geometrie estreme. In pratica profili troppo alari.

Questa regola mira a impedire l’adozione di manubri troppo stretti che, pur migliorando l’aerodinamica, compromettono la stabilità e la sicurezza in gruppo.
Secondo l’UCI, si tratta di uno standard condiviso dalla maggior parte dei produttori. Tuttavia, il tema ha acceso un dibattito, specie tra le atlete più minute che spesso preferiscono misure più compatte. L’approccio, secondo l’UCI, è stato condiviso con le parti in causa, ma nel gruppo c’è chi ha percepito una comunicazione a senso unico.

Parlando con i team, emerge che il questionario da compilare non sia stato particolarmente capillare. Dario David Cioni, per esempio, ci ha detto che non ha ricevuto nulla e che, se qualcosa è arrivato, è arrivato al team. Roberto Reverberi ci ha riferito che effettivamente è giunto, ma pochissimi giorni prima dell’annuncio ufficiale: come a dire “ve lo chiediamo, ma abbiamo già deciso”.

Sparirà il pignone da 10 denti di Sram? Probabilmente sì, a patto di non usare corone da 50 denti per restare entro i 10,46 m di sviluppo massimo
Sparirà il pignone da 10 denti di Sram? Probabilmente sì, a patto di non usare corone da 50 denti per restare entro i 10,46 m di sviluppo massimo

I rapporti

Un’altra grande novità riguarda la limitazione del rapporto massimo: nella seconda metà del 2025, in alcune corse a tappe ancora da definire, verrà testato il limite di 54×11 (10,46 metri di sviluppo a pedalata).
«La misura – spiega l’UCI – è volta a contenere la velocità e, quindi, il rischio di cadute e incidenti. Si tratta di una sperimentazione, ma potrebbe preludere a una regola definitiva a partire dal 2026».

Il provvedimento, però, non ha trovato il consenso degli atleti, che lo considerano inutile se non dannoso. Secondo Cristian Salvato e altri corridori interpellati, le alte velocità si raggiungono in discesa, dove i rapporti lunghi servono per non perdere terreno e non sono in sé causa di pericolo. Inoltre, la variabilità delle sezioni degli pneumatici rende complicata anche la misurazione reale dello sviluppo metrico stesso. Per molti, l’efficacia di questa regola è tutta da dimostrare.

Abbiamo chiesto anche a un meccanico, Francesco Giardiniere della Red Bull-Bora: «Queste regole ci costringeranno a fare un bel lavoro: dovremo rivedere molte misure. Per quanto riguarda le cassette, noi in SRAM abbiamo anche quella che termina con l’11, ma poi dovremo montare corone diverse. Vedremo cosa ci forniranno».
Il nuovo limite metrico è di 10,46 metri, quello del 54×11. Anche con un 52×10 si sarebbe oltre, visto che equivale a circa 11,18 metri.

Gli fa eco Stefano Zanatta, direttore sportivo della Polti-VisitMalta : «Questa cosa dei rapporti mi sembra una sciocchezza. Come si fa ad aprire ai rapporti liberi tra gli juniores e poi bloccarli tra i professionisti? E poi noi il materiale lo paghiamo: acquistare 40-50 cassette che costano 300 euro l’una è una spesa enorme. Ma chi decide queste cose non ci pensa». Anche Zanatta ha confermato che, se il questionario è arrivato, è rimasto chiuso in qualche mail di squadra senza essere diffuso.

Definiti i profili massimi delle ruote: 65 millimetri. Ma questo inciderà meno
Definiti i profili massimi delle ruote: 65 millimetri. Ma questo inciderà meno

Ruote e gomme

Terza e ultima area di intervento riguarda ruote e gomme. Dal 1° gennaio 2026 sarà vietato utilizzare cerchi con altezza superiore ai 65 millimetri nelle gare su strada. Anche in questo caso, lo scopo dichiarato è migliorare la stabilità e la maneggevolezza delle bici.

Questa misura sembra meno controversa, in quanto i profili da 60 millimetri sono già molto diffusi nel gruppo e le ruote più alte sono poco utilizzate.

Più dibattuta la questione delle gomme, che l’UCI vorrebbe rendere standard la sezione di 28 millimetri. La misura sarà oggetto di un test in una gara da individuare entro la fine del 2025.
Collegate alle sezioni delle gomme sono anche le misure interne delle forcelle e dei foderi posteriori: 115 millimetri all’anteriore e 145 millimetri al posteriore.

«Una ruota più larga – osserva Salvato – andrà anche più veloce, ma assicura anche una tenuta migliore».

Cristian Salvato, presidente ACCPI (associazione corridori ciclisti professionisti italiani)
Cristian Salvato, presidente ACCPI (associazione corridori ciclisti professionisti italiani)

Parola a Salvato

Il polverone si è alzato. Le donne si sono arrabbiate più degli uomini per quanto riguarda i manubri: tra loro, essendo più minute, è più diffuso l’uso di pieghe da 36 centimetri centro-centro. Alla fine, bisogna essere onesti: la misura di 40 centimetri esterno-esterno corrisponde spesso a pieghe da 38 centimetri, accettabili per la maggior parte degli uomini. Più delicato il posizionamento delle leve, che devono distare almeno 32 millimetri, ma questa è un’estensione della regola sulla rotazione interna di 5° introdotta tempo fa.

«Sui manubri – sottolinea Salvato – è giusto evitare estremismi come leve troppo piegate o pieghe da 35 centimetri. Ma bisogna considerare la conformazione fisica degli atleti, specie delle donne. Delle regole rigide possono creare problemi».

La sicurezza secondo Salvato non passa solo dalle regole, ma anche da arrivi con barriere più idonee e circuiti da poter mettere in sicurezza
La sicurezza secondo Salvato non passa solo dalle regole, ma anche da arrivi con barriere più idonee e circuiti da poter mettere in sicurezza

Quale sicurezza?

«Sono regole nate con intenti nobili – osserva Salvato – ma rischiano di diventare pura burocrazia. Capisco lo spirito di SafeR e dell’UCI di voler rallentare le corse per migliorare la sicurezza. Ma limitare i rapporti o la sezione delle gomme rischia di essere solo una forzatura senza benefici reali. Le vere priorità sono altre».

Più netta la sua posizione sulla limitazione dei rapporti: «E’ una misura insensata. In discesa la velocità non dipende certo dal 54×11. Inoltre si rischia di tornare ai metodi da giovanissimi, con le strisce a terra per misurare lo sviluppo. Siamo seri… La vera sicurezza è nelle barriere protettive, per dirne una, nei circuiti pensati con intelligenza. Se vogliamo proteggere i corridori, iniziamo da lì».

Salvato fa un paragone forte ma efficace: «Nel motociclismo, in 40 anni è cambiato tutto: tute, airbag, circuiti sicuri, vie di fuga. Nel ciclismo, rispetto ai tempi di Gimondi, abbiamo solo caschi più aerodinamici. Per il resto gli arrivi sono sempre gli stessi, con l’aggravante che le città moderne, piene di spartitraffico, rotonde, dossi e pali, sono pensate per le auto, non per le bici. Anche per questo insisto sui circuiti: si possono progettare e mettere in sicurezza molto meglio rispetto a una gara di 200 chilometri in linea».

EDITORIALE / Vuelta pericolosa o regole inesistenti?

28.08.2023
4 min
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Probabilmente Adam Hansen avrà capito (ormai a sue spese) quanto sia ingrato il compito di presidente del CPA su temi come la sicurezza in corsa e le avverse condizioni meteo. Quello che è successo alla Vuelta e in parte anche in Belgio al Renewi Tour (dove i corridori hanno messo piede a terra a 100 chilometri dall’arrivo, in protesta per il finale tortuoso) è la perfetta dimostrazione di come non sia possibile pretendere comportamenti coerenti senza la base di regole condivise e definitive.

La cronosquadre di apertura della Vuelta a Barcellona, che sarebbe dovuta essere una colossale festa di sport, si è trasformata in un bel disastro a causa della pioggia, delle curve e dell’oscurità della partenza serale (foto di apertura).

Laurens De Plus è finito in ospedale con una frattura dell’anca. «Due minuti di spettacolo – ha dichiarato – dopo mesi di duro lavoro in montagna. Non vedevo l’ora di iniziare queste tre settimane di battaglia con tutte quelle superstar. Ma la vita non è sempre giusta e la corsa va sempre avanti».

Adam Hansen, 41 anni, è da quest’anno il nuovo presidente del CPA
Adam Hansen, 41 anni, è da quest’anno il nuovo presidente del CPA

Evenepoel e Vingegaard

Quando si è accorto che anche la seconda tappa sarebbe stata bagnata e nel finale avrebbe avuto curve in abbondanza, anche Evenepoel ha detto la sua.

«Dopo ieri – così ha parlato il belga dopo che una consultazione con la direzione di gara non aveva tolto tutti i dubbi – penso che meritiamo un po’ più di rispetto da parte dell’organizzazione».

Lo stesso vincitore del Tour, Jonas Vingegaard, è stato ripreso mentre entrava sul pullman della Movistar per concordare una linea comune, dopodiché i corridori hanno trovato un accordo con la direzione.

Jonas Vingegaard si è fatto interprete dei malumori del gruppo, cercando condivisione fra i vari team
Jonas Vingegaard si è fatto interprete dei malumori del gruppo, cercando condivisione fra i vari team

Il diritto all’opinione

L’iniziativa è stata efficace. L’organizzazione ha spostato la registrazione del tempo ufficiale a 9 chilometri dall’arrivo e a quel punto la maggior parte dei corridori si è rialzata in modo plateale, con Evenepoel di nuovo in testa. Sono passati sul traguardo più di 6 minuti dopo il vincitore della tappa, con un chiaro messaggio agli organizzatori.

«Le gare sono diventate molto più difficili – ha commentato Marc Sergeant su Het Nieuwsblad – oppure i corridori si fanno sentire di più. I social media hanno anche reso più semplice esprimere la propria opinione, senza rivolgersi direttamente all’organizzatore. Penso che la voglia di dare la propria opinione sia una buona cosa. Ho rispetto per i corridori che fanno così, perché senza protagonisti non c’è gara».

Per Laurens De Plus una Vuelta durata pochi chilometri e conclusa in ospedale
Per Laurens De Plus una Vuelta durata pochi chilometri e conclusa in ospedale

Lezione per il futuro

Contro il meteo si può poco, ma contro i percorsi si può studiare e agire d’anticipo. Ci si è tanto lamentati per il tracciato della cronosquadre ai mondiali di Glasgow, ma ci sono stati sei mesi senza che nessuno abbia provato a metterci mano. Quali sono, tuttavia, i criteri e le regole per cui un percorso è non sicuro, in assenza di un disciplinare cui tutti siano costretti ad attenersi?

«Siamo arrivati ai giorni più difficili – ha detto a Het Nieuwsblad Il direttore del Renewi Tour, Christophe Impens di Golazo – dopo una catena di eventi, in cui i corridori potrebbero non essersi sentiti ascoltati. C’è stato il caos per le moto al Tour, la morte di De Decker e poi quello che è successo sabato alla Vuelta. Non sono arrabbiato, penso solo sia un peccato che questo sia successo durante la gara. I corridori e i team manager possono studiare il percorso con settimane di anticipo tramite un software speciale. Ne possiamo parlare quando vogliono, se necessario, ma non durante la corsa. E’ una lezione per il futuro».

La prima tappa della Vuelta, una cronosquadre a Barcellona, ha destato molte polemiche
La prima tappa della Vuelta, una cronosquadre a Barcellona, ha destato molte polemiche

Siamo sul filo

A volte bisognerebbe ascoltare i corridori, più che chi li guida e che è spinto da interessi che magari con lo sport non c’entrano molto. Lo ha detto chiaramente l’altro giorno Salvatore Puccio: servono regole chiare da applicare senza doverne parlare. In modo che sia chiaro per tutti che certi percorsi non possono essere disegnati. Che serve un percorso alternativo per i tapponi, evitando le scene ridicole dell’ultimo Giro d’Italia. Ma i corridori devono sapere che questo potere non è illimitato. Il ciclismo non è la Formula Uno e non lo sarà mai. Per questo serve un tavolo condiviso per stabilire regole certe: affinché nessuna componente prevalga sull’altra. Siamo sul filo: è un attimo cadere da una parte o l’altra.

Riviste le regole UCI: cosa convince e cosa no…

19.04.2021
5 min
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Con le prime classiche delle Ardenne non solo si sono visti (e rivisti) i duelli tra i campioni, ma sono anche entrate in vigore le nuove regole Uci. O meglio, la revisione di queste regole. Ne avevamo parlato anche con Matteo Trentin, referente del CPA per i corridori. E lui stesso ci disse delle grandi perplessità su alcuni punti e della presa di posizione quasi unilaterale dell’Uci.

Le green zone, furono introdotte già nel 2014
Le green zone, furono introdotte già nel 2014

Rivoluzione Uci

Come è noto lo scorso 1° aprile sono entrate in vigore le nuove normative: è stata bandita la “tuck position” (quella a “uovo” in discesa), è stata bandita anche quella “tipo crono” con le mani che non toccano il manubrio ed è stata sancita la regola della borraccia: squalifica per chi viene sorpreso a lanciare a terra la borraccia al di fuori di una green zone, vale a dire quelle “aree rifiuti” che si trovano di tanto in tanto nella corsa. Si tratta di spazi nei quali il corridore può liberarsi di borracce appunto, ma anche di cartacce, involucri e sacchetti per il rifornimento. Aree che chi ha preso parte alle granfondo ha già visto.

La grande protesta ha riguardato soprattutto il dopo-Fiandre, quando lo svizzero Michael Schar si era liberato di una borraccia gettandola in direzione di alcuni tifosi a bordo strada. Il fatto avvenne in diretta tv e sui social ci fu un vero sollevamento globale a sostegno del corridore della Ag2r-Citroen. Perché se ci sono le regole Uci, è anche vero che ci sono le regole della tradizione, quelle non scritte. Tra l’altro un gesto bellissimo. Schar non solo fu squalificato, ma prese anche una multa e perse dei punti Uci.

I corridori, e forse anche i tifosi, con la loro pressione all’Uci sono riusciti a far modificare la regola del “rosso diretto”. Adesso, la prima volta che il corridore viene pizzicato riceve una multa in franchi svizzeri, la seconda viene squalificato. Questo in una corsa di un giorno. Se invece il fatto avviene in una corsa a tappe: alla prima viene multato, alla seconda incappa in un minuto di penalità, alla terza viene squalificato.

L’entità di multa e penalizzazione dei punti variano rispettivamente da 100 a 500 franchi svizzeri e da 5 a 25 punti a seconda della classe della competizione.

Chissà se con le nuove norme rivedremo gilet portaborracce tipo utilizzati qualche anno fa
Chissà se con le nuove norme rivedremo gilet portaborracce tipo utilizzati qualche anno fa

Borraccia in mano

Certamente è un passo in avanti, ma le distanze tra corridori e Uci sono ancora marcate. Ovviamente non per il fatto di gettare o meno le borracce (sul tema dell’inquinamento sono tutti d’accordo), ma sul fatto che le borracce non possano essere lanciate ai tifosi. La regola dice che semmai il corridore la deve passare in mano al tifoso. Lanciare la borraccia infatti potrebbe indurre il fan a bordo strada, specie se bambino, a spostarsi al centro della carreggiata per riprenderla (riferendosi al fatto che spesso la borraccia sbatte sul ciglio del marciapiede e rimbalza verso il centro strada). Un caso verosimile, ma mai verificatosi, almeno a nostra memoria.

Pertanto il corridore si può liberare delle borracce nelle green zone, passarle in mano al tifoso, darle ai veicoli che seguono la corsa o alla propria ammiraglia. Solo così non viene sanzionato.

Richardson beccato. I mignoli non garantiscono una presa sicura (da Twitter)
Richardson beccato. I mignoli non garantiscono una presa sicura (da Twitter)

Mignolino galeotto

Ma a tenere banco non c’è solo il “BottleGate”, scimmiottando i grandi processi statunitensi. Si discute, anche se in maniera meno forte, sulle posizioni adottate in corsa.

Contrariamente a quanto si potesse pensare, i corridori che hanno dovuto accettare queste norme, sono stati più infastiditi dal dover dire addio alla posizione aerodinamica in discesa che non a quella delle braccia appoggiate sul manubrio “tipo crono” con i gomiti sulla piega e le mani libere “a picco” sulla ruota anteriore.

«Non si sono mai verificati incidenti con la posizione tuck», hanno detto più o meno in coro gli atleti. Mentre sono stati più propensi ad accettare lo stop sulla presa del manubrio. «A volte ha causato delle cadute», questa la loro sintesi. Ma anche in questo caso, se si va a vedere, è stata una negligenza di pochi che si sono messi con i soli gomiti sulla piega anche in gruppo. In questo modo, in effetti, non si ha la possibilità di frenare in caso di necessità improvvisa, né di poter scartare un eventuale ostacolo. Cosa ben diversa invece se si è in fuga da soli o in testa al plotone. Comunque sia adesso non si può più fare.

Ma come si dice, “fatta la grazia gabbato lo santo”. O almeno così pensava Alexander Richardson. Giocando come un abile avvocato tra le parole della norma stessa, la quale dice che il manubrio non può essere libero da una presa delle dita, senza specificare quante, il corridore della Alpecin Fenix ha messo i gomiti sulla piega e con i mignoli è andato a cercare la leva. La giuria però non si è fatta sorprendere e qualche ora dopo l’arrivo lo ha squalificato.

Nella 4ª tappa del Turchia maxi caduta e corridori sotto alle transenne vecchio stile
Nella 4ª tappa del Turchia maxi caduta e corridori sotto alle transenne vecchio stile

Coerenza e buonsenso

Chissà se anche in tal senso a breve ci sarà un’altra revisione dell’Uci. Di base, quando si parla di sicurezza si può anche essere d’accordo, per esempio va bene la figura la figura dell’Event Safety Manager, ma sulle regole della tradizione, come la borraccia al pubblico, serve del buonsenso. Asgreen nel finale del Fiandre ha gettato la sua borraccia, ma per fortuna sua (o forse perché aveva studiato le regole) era all’interno dei tre chilometri dall’arrivo che sono ritenuti green zone e se l’è cavata.

Anche perché poi non si comprende tanta rigidità su questo aspetto e si consente ad altre gare, si veda il Tour of Turkey, di utilizzare ancora certe transenne negli arrivi. Che sia un fatto di soldi che le gare versano all’Unione Internazionale? Come dire: a pensar male si sbaglia ma…