Ecco il nuovo kit del Q36.5 Pro Cycling Team

16.01.2024
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I primi giorni del 2024 hanno rappresentato per molti team professionistici l’occasione per presentare la propria divisa da gara per la nuova stagione. Non ha fatto eccezione il Q36.5 Pro Cycling Team, pronto a buttarsi con grande entusiasmo nella sua seconda stagione nel mondo del professionismo. Nei giorni scorsi Q36.5, primo sponsor e fornitore dell’abbigliamento tecnico della formazione elvetica, ha presentato ufficialmente il nuovo kit con il quale i ragazzi guidati dal Direttore Generale Douglas Ryder saranno chiamati a migliorare il bottino di 7 vittorie raccolto lo scorso anno al loro debutto fra i professionisti.

Rispetto al 2023 la nuova divisa si caratterizza per un colore leggermente più scuro. Ad accumunare simbolicamente tutti i capi che compongono il kit 2024 è la mission #RacingTheFuture, presente sul retro della maglia.

Luigi Bergamo CEO di Q36.5
Luigi Bergamo CEO di Q36.5

Il top di Q36.5

Il kit ufficiale si compone degli innovativi capi Gregarius Pro. La maglia e i pantaloncini sono due punti fermi della linea tecnica di Q36.5. Sono capi tecnici avanzati e sostenibili che aiutano gli atleti ad affrontare i percorsi più difficili e impegnativi e a mantenere la temperatura corporea ideale di 36,5°C in ogni momento di gara e allenamento. 

La maglia Gregarius Pro Team di Q36.5 è estremamente leggera pesando solo 110 grammi. E’ traspirante e ad asciugatura rapidissima. Combina 4 tessuti proprietari, prodotti al 70% con filati riciclati e 11 pannelli, tutti posizionati strategicamente per consentire la massima aerodinamica e termoregolazione.

I pantaloncini Gregarius Pro Team di Q36.5 sono altrettanto leggeri, soli 175 grammi. Incorporano il fondello proprietario Qlab Air e si caratterizzano per un sistema di bretelle elastiche ed una finitura con taglio al vivo sul girogamba, tutti sviluppati dal team di ricerca e sviluppo interno di Q36.5 per ottimizzare il comfort ed il trasferimento di potenza. Realizzati con filati riciclati al 100% e, come l’intera linea di Q36.5, sono prodotti a mano nel raggio di 350 km dalla sede centrale di Bolzano.

L’intero kit si caratterizza per elementi grafici che riprendono l’analisi della termoregolazione corporea e gli “accents” in colore neon, assicurano la massima visibilità in tutte le situazioni di gara.

A sinistra il direttore generale del team Q36.5 Pro Cycling Team, con Vincenzo Nibali
A sinistra il direttore generale del team Q36.5 Pro Cycling Team, con Vincenzo Nibali

Le nuove scarpe Q36.5

Rispetto alla scorsa stagione, nel 2024 la squadra correrà sia con le scarpe Unique che con le nuove Dottore Clima, un’altra novità rivoluzionaria del Q36.5 LAB. Le nuove scarpe che saranno presentate a febbraio. Ciò si ricollega allo studio di Q36.5 sul sistema dei “3 Punti di Contatto”, che ottimizza i tre punti di contatto del ciclista con la bicicletta attraverso le scarpe, i pantaloncini ed i guanti, ottenendo guadagni marginali grazie a un trasferimento ottimale della potenza e al massimo comfort. 

Parola ai protagonisti

Luigi Bergamo, CEO e Responsabile Ricerca e Sviluppo Q36.5, ha così commentato il nuovo kit e la collaborazione con il team.

«Ispirato dai nostri studi sul Body Mapping e basato sui nostri principi fondamentali di progresso e innovazione – ha detto – il kit gara del Q36.5 Pro Cycling Team per questa seconda stagione è stato sviluppato per aiutare i nostri atleti a spingersi al limite ed oltre. Siamo estremamente orgogliosi di vedere i corridori della squadra beneficiare dei nostri prodotti e portare il ciclismo di performance ad un livello superiore. Insieme stiamo costruendo il futuro del ciclismo #RacingTheFuture».

La divisa del 2024 ha dei dettagli in colore neon, che assicurano la massima visibilità in strada
La divisa del 2024 ha dei dettagli in colore neon, che assicurano la massima visibilità in strada

Parla Ryder Douglas

Dal canto suo, Douglas Ryder, Direttore Generale Q36.5 Pro Cycling Team, ha manifestato con queste parole la soddisfazione della squadra per la nuova divisa.

«Il nostro team – ha spiegato – ha davvero apprezzato nella prima stagione l’abbigliamento tecnico di Q36.5 che ha supportato gli atleti nelle condizioni più difficili e nei 200 giorni di gara. Il fatto che i corridori abbiano trovato comfort e funzionalità tecnica nell’abbigliamento Q36.5  la dice lunga sulla qualità e l’affidabilità del marchio. Resistere alle diverse condizioni atmosferiche e agli ambienti ciclistici più ostili ha garantito il comfort fondamentale per ottenere prestazioni ottimali: Q36.5 ha dato il meglio di sé su tutti i fronti. Il nuovo kit per la stagione 2024 si contraddistingue per l’incredibile design, dando maggior visibilità ai nostri partner e una maggiore consapevolezza visiva per i nostri corridori grazie agli “accents“ al neon che consentiranno loro di essere riconoscibili mentre combattono da vicino nel gruppo».

Q36.5

Q36.5 firma la maglia R2 Racing The Future

06.12.2023
3 min
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Il brand Q36.5 è in questi giorni protagonista di un bellissimo progetto benefico a sostegno di Qhubeka e World Bicycle Relief Fund, due associazioni benefiche che si occupano di collaborare con le persone delle comunità rurali. Nel caso del World Bicycle Relief Fund in tutto il mondo, nel caso di Qhubeka in Africa.

Le due associazioni si prefiggono l’obiettivo di facilitare l’accesso all’istruzione, alle strutture sanitarie, ai posti di lavoro e ai servizi vitali per quelle persone che vivono in zone particolarmente disagiate. Al centro dei loro progetti troviamo sempre la bicicletta, vista come strumento in grado di facilitare gli spostamenti quotidiani.

Il ricavato delle vendite della maglia sarà devoluto a Qhubeka e al World Bicycle Relief Fund
Il ricavato delle vendite della maglia sarà devoluto a Qhubeka e al World Bicycle Relief Fund

Una maglia speciale

Per sostenere le due associazioni benefiche, Q36.5 ha deciso di realizzare una maglia speciale: la R2 Racing The Future del Q36.5 Pro Cycling Team.

Il design della maglia si ispira alla missione del team, #RacingTheFuture, e riporta il claim sul fronte e sul retro. La maglia è la R2 Jersey della collezione Q36.5 ed è stata progettata utilizzando la tecnica del Body Mapping, che combina una serie di tessuti posizionati strategicamente, che contribuiscono a mantenere in maniera costante la temperatura corporea ottimale di 36,5°C. Un obiettivo questo che contraddistingue da sempre ogni capo realizzato dall’azienda di Bolzano. La maglia risulta essere traspirante e molto leggera (solo 110 grammi in taglia M).

Un prodotto tecnico, disegnato con la tecnologia del Body Mapping
Un prodotto tecnico, disegnato con la tecnologia del Body Mapping

Orgoglio Q36.5

Luigi Bergamo, CEO di Q36.5 e Presidente del Q36.5 Pro Cycling Team, ha espresso parole cariche di soddisfazione e orgoglio per l’impegno della sua azienda a sostegno dei progetti portati avanti da Qhubeka e dal World Bicycle Relief Fund.

«Siamo orgogliosi – ha dichiarato – di poter prendere parte con i nostri prodotti a progetti concreti di associazioni benefiche. Ci fa piacere contribuire a diffondere la disciplina ciclistica, non solo come sport, ma anche come attività che unisce ed aiuta le persone a spostarsi più velocemente, per raggiungere luoghi importanti e necessari. Q36.5 è sempre alla ricerca di nuove soluzioni per capi tecnici all’avanguardia, ma non per tutti il ciclismo è performance: per alcuni è necessità o sopravvivenza. Pensiamo quindi sia importante “fare squadra“ contribuendo con il nostro know-how e le nostre innovazioni».

Alle parole di Luigi Bergamo hanno fatto eco quelle di Douglas Ryder, General Manager del Q36.5 Pro Cycling Team: «Le biciclette non solo uniscono le persone, ma le fanno anche progredire. Come squadra, gareggiamo per qualcosa di più della semplice vittoria: corriamo per plasmare positivamente il futuro, con un’attenzione particolare alla mobilità, all’istruzione e allo sviluppo in Africa».

Ricordiamo che la maglia R2 Racing The Future di Q36.5 è  già disponibile sul sito e nel Flagship Store Q36.5 Zurich, fino ad esaurimento scorte, al prezzo di 130 euro.

Q36.5

Q36.5, l’outfit per aggredire i mesi più freddi

02.12.2023
4 min
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Uscire in bici d’inverno è spesso un atto di passione e voglia di mettersi alla prova verso questo sport. Con i capi invernali Q36.5 è possibile prolungare le proprie sessioni di allenamento resistendo al freddo più intenso. Il brand bolzanino offre un outfit che combina traspirabilità e termoregolazione per affrontare ogni sfida o intemperia che sia. Per prepararsi al meglio alla stagione più rigida, nella collezione di Q36.5 figurano la giacca Bat Jacket e i nuovi Winter Bib Tights, e l’intimo Baselayer 4.

Bat Jacket

La Bat Jacket offre una vestibilità unica e aderente. E’ attentamente tagliata per evitare lo sventolamento e la resistenza aerodinamica. L’utilizzo del UF Air Insulation nella fodera interna permette di stabilizzare il microclima e la temperatura corporea con condizioni termiche che vanno dagli 0°C ai 10°C. 

La parte addominale della maglia è realizzata con un innovativo tessuto a navetta dalla struttura molto fitta all’esterno, arricchita dal trattamento DWR. All’interno si trova un micro pile garzato che facilita la creazione di un cuscinetto d’aria che favorisce la ritenzione del calore per favorirne l’efficienza. I pannelli laterali sono realizzati con un doppio strato: UF Hybrid Shell Plus all’esterno e UF Air Insulation all’interno. Il tessuto esterno UF 2LTM, posizionato sulla parte delle braccia e sulla parte frontale della giacca, è leggero, a doppio strato, laminato, impermeabile e antivento, realizzato con una membrana microporosa ad alto rendimento. 

La parte centrale della schiena e la zona delle tasche beneficiano di una miscela di poliammide organico e della tecnologia Graphene Yarn, per dissipare il calore corporeo in eccesso. La giacca presenta prese d’aria sul petto e sul retro che favoriscono il passaggio del calore e dell’umidità in eccesso. Il prezzo consultabile sul sito è di 360 euro. 

Un intimo in grado di termoregolatore il corpo a qualsiasi intensità
Un intimo in grado di termoregolatore il corpo a qualsiasi intensità

Baselayer 4 plus

Per formare la propria corazza contro le intemperie dell’inverno e creare il proprio microclima ideale Q36.5 propone Baselayer 4 plus. L’intimo tecnico con tecnologia senza cuciture migliorata grazie all’introduzione di due tessuti intelligenti: Emana e Hollow Fiber che in sinergia garantiscono una temperatura ottimale di utilizzo tra i -3°C ai +10°C. Emana è un filato poliammidico ceramico organico che migliora la microcircolazione e l’ossigenazione durante l’attività fisica, permettendo una migliore termoregolazione e una migliore gestione dell’umidità. 

Invece, per aumentare le capacità termiche mantenendo un volume contenuto la fibra scelta è la Hollow. Questa consente un isolamento funzionale e un ridotto carico di umidità grazie alla struttura a nucleo cavo che intrappola l’aria calda. Il modello proprietario “a nido d’ape” della maglia presenta densità differenti ed è combinato a sezioni open-mesh che mappano le zone di produzione di sudore del corpo di un atleta, massimizzando l’efficienza termica. Il prezzo consultabile sul sito è di 110 euro. 

Winter Bib Tights

Chiudono l’outfit proposto da Q36.5 per l’inverno i nuovi Winter Bib Tights. Una salopette che permette di mantenere i muscoli dell’atleta alla giusta temperatura anche con clima esterno molto rigido. La calzamaglia invernale, vanta l’innovativo tessuto proprietario UF Thermo Plus a maglia estremamente fitta che blocca il freddo. L’esterno del materiale è in nylon con trattamento DWR per proteggere le gambe e la zona del fondo della schiena dalla pioggia e dagli spruzzi stradali. Per la parte interna del pantalone troviamo uno speciale filo di poliestere idrofobo che isola e allontana l’umidità dalla pelle.  

Le cuciture sono ridotte al minimo e i pannelli di tessuti e materiale sono strategicamente posizionati per garantire comfort e libertà di movimento durante la pedalata. E’ stato anche sviluppato un nuovo tessuto proprietario per migliorare l’interazione tra sella e fondello. In particolare, il modello innovativo di Q36.5 elimina la cucitura centrale che normalmente causa pressione e disagio quando si è in sella. Il fondello utilizza una nuova costruzione tridimensionale SuperMoulded-Anatomic che segue meglio l’anatomia del corpo umano e offre un maggiore comfort durante la pedalata. L’imbottitura in schiuma è stata calibrata secondo uno schema di densità e spessori variabili nelle zone perineale, ischiatica, genitale e dei glutei, con il risultato di comfort complessivo di alto livello. Il prezzo consultabile sul sito è di 220 euro. 

Q36.5

Eccessivo calore ai piedi, una sfida per aziende e corridori

30.11.2023
7 min
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Il calore che si genera tra scarpa ed estremità del corpo condiziona la prestazione e il benessere dell’atleta. Far abbassare la temperatura, mantenere una ventilazione costante ed avere un comfort ottimale sono gli obiettivi primari.

Affrontiamo l’argomento con Nicola Minali di DMT e con l’intervento di Luigi Bergamo di Q36.5. Inoltre abbiamo chiesto ad Elia Viviani, testimonial d’eccezione per DMT e tester che ha contribuito a sviluppare le calzature in knit dell’azienda veneta.

Elia Viviani usa le DMT KR0 con doppio Boa
Elia Viviani usa le DMT KR0 con doppio Boa

Il calore ai piedi fa male

Viviani è stato uno dei primi atleti ad indossare le scarpe con la tomaia in tessuto knit e ha contribuito in modo importante allo sviluppo di questa tipologia di calzature. «E’ un pignolo – come ci ha detto Minali – ma è in grado come pochi altri di dare dei feedback sul prodotto e riportare le sue idee, peraltro costruttive a favore del miglioramento».

«Il calore ai piedi è una delle cose che fa più male – dice Elia Viviani – ti condiziona e si cerca di trovare la soluzione perfetta. Con DMT abbiamo dato il via alla rivoluzione della tomaia utilizzando il tessuto Knit, a mio parere una sorta di gamechanger. Per abbattere il problema del calore eccessivo, si lavora principalmente in due direzioni. La scarpa ventilata e la qualità della calza. Le calze estive sono molto sottili e non piacciono a tutti, ma non accumulano calore».

Ogni calzatura passa prima da una bozza su carta (foto DMT)
Ogni calzatura passa prima da una bozza su carta (foto DMT)

Il calore, una sfida costante

Se DMT è stata la prima ad utilizzare il tessuto knit nell’ambito del ciclismo, Q36.5 ha fatto della ricerca sui materiali e della guerra al calore eccessivo i due punti fermi per abbigliamento e scarpe. Le due aziende adottano un approccio differente per le fasi di sviluppo e di valutazione della calzatura. Entriamo nel dettaglio.

L’eccessivo calore ai piedi; un problema che condiziona la performance?

BERGAMO (Q36.5): «Certamente, qualsivoglia eccesso o deficit di temperatura influisce in modo sostanziale nelle prestazioni e nel benessere fisiologico. Questo è il credo da cui è nato il nostro brand: cercare sempre di mantenere il perfetto equilibrio dell’organismo».

MINALI (DMT): «Certo è uno dei problemi contro i quali si combatte da sempre, tanto per l’estate, quanto per l’inverno o la stagione fredda in genere. Ma è anche una sfida e un punto di partenza da considerare quando si sviluppano nuove scarpe».

La difficile realizzazione della scarpa per il ciclista (foto DMT)
La difficile realizzazione della scarpa per il ciclista (foto DMT)
La problematica dei piedi bollenti è un tema che viene affrontato in fase di sviluppo di nuovi prodotti?

BERGAMO (Q36.5): «Tutto il processo di R&D di Q36.5 comprende un’attività di monitoraggio della temperatura, attraverso parametri scientifici standard, grazie a strumenti di rilevazione e con test empirici. Va inoltre specificato che, quando si parla di piedi bollenti, ci troviamo di fronte ad un’alterazione del sistema nervoso periferico conseguente a condizioni di estremo caldo ma altrettanto di estremo freddo. I nostri studi valutano entrambe».

MINALI (DMT): «In questo caso affermo con orgoglio che, da quando DMT ha virato completamente sull’utilizzo della tecnologia Knit, il problema della latenza del calore all’interno della calzatura è quasi scomparso. O meglio, abbiamo dato il via ad un nuovo modo di interpretare la calzatura per il ciclismo e tutto quello che riguarda il comfort, una ventilazione costante e anche l’abbinamento ottimale tra piede e tomaia. Inoltre si lavora anche sui punti di pressione. Credo che il processo evolutivo abbia ancora diversi margini di miglioramento e vedremo un ulteriore progresso in futuro. Inoltre è dovuta una precisazione: quando i corridori vanno sulle strade della Grande Boucle o corrono nei mesi estivi centrali, la temperatura dell’asfalto arriva a 50°C eed è difficile da combattere. Non è un semplice dettaglio».

Dietro ad una scarpa c’è molto da racontare (foto Q36.5)
Dietro ad una scarpa c’è molto da racontare (foto Q36.5)
Fate collimare ricerca e feedback degli atleti?

BERGAMO (Q36.5): «Tomaie e suole sono determinanti nella creazione di una scarpa che sia globalmente adattabile alle differenti conformazioni fisiche. Seguendo il principio dei “three points of contact” di Q36.5, siamo naturalmente molto attenti anche ad altri fattori quali solette e tipologia di chiusure che possono impattare in modo determinante. Naturalmente quando si portano questi concetti agli estremi, come nel caso degli atleti professionisti, si innesca un processo che porta a spingersi ad un livello di dettaglio estremamente più profondo».

MINALI (DMT): «Grazie ai feedback degli atleti cerchiamo di mettere in pratica alcune soluzioni, ma anche di fornire delle alternative, perché i corridori sono diversi. In Diamant il lavoro di modellismo che viene fatto è enorme. Ogni modello viene provato dai professionisti e poi viene riportato ad una produzione su larga scala. Ne è un esempio la calzatura con i lacci usata da Pogacar, quando ha vinto il primo Tour. Si trattava semplicemente di una prova e non era in produzione. Gli avevamo consegnato la calzatura poco tempo prima che andasse in Francia».

Tour 2020, Pogacar indossa le DMT con i lacci, allora un prototipo

Tour 2020, Pogacar indossa le DMT con i lacci, allora un prototipo
Calore eccessivo alle estremità del corpo, ci sono delle conseguenze?

BERGAMO (Q36.5): «Certamente, si parte da una semplice sensazione di fastidio, che rappresenta un elemento di stress e di distrazione da non sottovalutare quando si sta esprimendo un gesto atletico, sino ad arrivare a perdite di sensibilità che sono estremamente pericolose e penalizzanti».

MINALI (DMT): «Una volta si diceva che con il male ai piedi non si andava avanti. Molto è cambiato, nelle forme e nei materiali, nel modo di costruire le scarpe e fare bene quelle per i ciclisti non è facile. Ma il vecchio adagio rimane sempre valido ed attuale».

Avete notato delle correlazioni tra l’aumento della temperatura e la forma del piede?

BERGAMO (Q36.5): «Non c’è una correlazione diretta. La nostra esperienza ci porta piuttosto a considerare l’aumento della temperatura su tutte le parti terminali, mani e piedi, come una conseguenza di un non corretto scambio d’aria. Questo influisce sulla capacità del corpo di adattarsi al cambiamento del clima esterno o delle condizioni interne dovute alle dinamiche di corsa».

MINALI (DMT): «Non c’è un collegamento diretto tra i due fattori. Quello che abbiamo notato è un cambio radicale della forma dei piedi, che sono sempre più magri ed asciutti, quasi allungati. Sono sempre di più gli atleti che mostrano questa evoluzione».

Le suole in carbonio e l’utilizzo di alcune tipologie di plantari personalizzati influiscono sulla temperatura interna alla scarpa?

BERGAMO (Q36.5): «Sicuramente i materiali hanno una rilevanza fondamentale, ma è altrettanto evidente che ci sono alcuni elementi ormai divenuti imprescindibili per gli atleti, come la suola in carbonio o il plantare personalizzato. E’ nostro compito trovare il modo di renderli efficienti anche in termini di gestione del calore».

MINALI (DMT): «Certamente. Le suole in carbonio non dissipano calore e sono molto rigide. Questa rigidità, tanto richiesta dai corridori, ha un prezzo. Si traduce in microsfregamenti che generano attrito e calore. La stessa cosa vale per i plantari, anche se in questo caso è sempre necessario considerare il materiale di costruzione, ma di sicuro non aiutano a rinfrescare».

In che modo si può intervenire per mantenere uno stato di comfort ottimale anche durante la stagione più calda?

BERGAMO (Q36.5): «Estremo caldo o estremo freddo non sono molto diversi da condizioni di clima mite quando si parla di comfort. Il principio è quello di garantire al piede di essere correttamente inglobato dal sistema scarpa, suola/tomaia, per scongiurare e allontanare il più possibile fenomeni di alterazione del sistema nervoso periferico. Quando il piede si trova in una condizione di corretta trasmissione nervosa e affluenza sanguigna si scongiura qualsiasi forma di discomfort».

MINALI (DMT): «L’aria deve circolare costantemente. Il calore prodotto dal piede, il vapore ed il sudore non devono bagnare la tomaia e devono uscire. Ovviamente si parla di materiali che lo rendono possibile e mi rifaccio allo Knit. Poi si può parlare di forme e delle soggettività degli atleti, ma una ventilazione costante dell’estremità corporea non deve essere sacrificata. Questa affermazione è valida per la stagione estiva, ma anche nel corso di quella fredda, perché una tomaia che non si inzuppa di sudore non si raffredda e non fa ghiacciare i piedi».

Com’è il gravel negli USA? Ce lo racconta Brennan Wertz

27.11.2023
6 min
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BOLZANO – Stiamo scendendo da Cavalese in direzione Ora, lo scricchiolio della strada ghiaiata sotto le ruote ci sta accompagnando in una discesa che ripercorre il vecchio percorso del treno. Le curve si susseguono e davanti a noi abbiamo un ragazzo classe ’97 alto 1,96 che danza tra le curve sulla sua bici in titanio. Si chiama Brennan Wertz, è californiano ed è un corridore professionista gravel. Ma cosa ci fa uno statunitense sulle Dolomiti? 

Brennan è sponsorizzato da Q36.5 ed è venuto in Italia per disputare il campionato del mondo gravel. La sua storia merita di essere raccontata, ex vogatore dell’Università di Stanford e della nazionale USA con cui è stato campione del mondo U23. In seguito a un infortunio ha iniziato a pedalare su una gravel e da lì è iniziato il suo percorso off-road. Così ci siamo fatti raccontare la sua storia e come sia il gravel negli Stati Uniti dove è nata questa disciplina.

La guida divertente è una delle caratteristiche che ha portato Brennan Wertz ad innamorarsi del gravel (foto Jim Merithew)
La guida divertente è una delle caratteristiche che ha portato Brennan Wertz ad innamorarsi del gravel (foto Jim Merithew)
Come sei arrivato al gravel?

Ho trascorso otto anni remando, viaggiando per il mondo, gareggiando con la nazionale oltre che con il mio team universitario. Penso che sia stato di grande aiuto per costruire il mio fisico attuale, è lì che ho messo le basi per il motore che ho oggi. Prima del gravel facevo MTB, anche se non ho mai corso. E’ sempre stato solo per divertimento.

Poi cos’è successo?

Poi è arrivato l’infortunio mentre remavo. Avevo un’infiammazione ai muscoli delle costole. La tipica storia di qualcuno che si infortuna e inizia a pedalare per recuperare. Così mi sono reso conto di quanto fosse divertente la guida di queste bici. Devo dire che il tempismo ha giocato a mio favore. Sono molto fortunato che questo tipo di scena gravel sia esplosa negli ultimi quattro o cinque anni negli Stati Uniti.

Com’è il gravel negli Stati Uniti?

E’ decisamente più comune. E’ una disciplina che è in circolazione da tanto. Alcune gare vanno avanti da oltre 10 anni, quindi vanta già un’esperienza consolidata. Penso che negli ultimi quattro o cinque anni il gravel sia diventato davvero più popolare e che ci siano alcuni corridori chiave che in un certo senso hanno attirato molta attenzione su di esso. Ragazzi come Ted King, Ian Boswell, sono arrivati direttamente dal WorldTour e sono diventati un esempio di specialisti del gravel.

Abbiamo intervistato Brennan durante il training camp organizzato da Q36.5 in Trentino (foto Jim Merithew)
Abbiamo intervistato Brennan durante il training camp organizzato da Q36.5 in Trentino (foto Jim Merithew)
Come sei arrivato ad essere un pro’?

Io penso di essere in una posizione unica, sono una delle prime persone a diventare professionista nelle corse gravel senza aver partecipato al WorldTour. Ancora oggi, molti dei ragazzi che corrono professionalmente nel gravel provengono da lì e forse sono in… pensione o hanno semplicemente deciso che ci sono più opportunità in questa disciplina o perché gli piacciono di più queste corse. Quindi lasciano la strada per andare sulla ghiaia. Io ho iniziato a pedalare a livello agonistico solo nel 2019, è ancora un periodo piuttosto breve. Penso che sia una scena che al momento gode di molto slancio, energia, entusiasmo e industrie che investono su di essa.

Lo praticano in molti il gravel in USA?

Sì, alle persone piace davvero. Quando vado alle gare, ci sono migliaia di partecipanti ed è davvero una bella opportunità. Possiamo stare tutti con lo stesso obiettivo sulla stessa linea di partenza e vivere un’esperienza condivisa.

Che idea ti sei fatto del gravel in Europa?

Penso che sia decisamente differente. E’ banalmente un habitat diverso dove praticare questo sport. Negli Stati Uniti, abbiamo queste strade agricole che sono semplicemente sterrate, dove ci potrebbero passare quattro auto in larghezza. Vai dritto per miglia e miglia, poi c’è una svolta e poi di nuovo dritto, e poi un’altra svolta e di nuovo dritto. Le curve che incontri sono sempre a 90° suddivise in una specie di griglia di strade che si incrociano. Credo che l’Europa sia anche semplicemente più piccola, con più patrimonio culturale e storia, le persone vivono qui da più tempo. Ci sono queste strade strette e tortuose, con tutte queste curve. Per esempio ai campionati del mondo in Italia, attraverso i vigneti, non siamo mai andati dritto per più di un minuto o due. Curva, contro curva, su e giù. Questo cambia lo stile delle corse. E’ più aggressivo, corri rilanciando ad ogni svolta. E’ uno sforzo molto diverso e di conseguenza anche il suo approccio è differente. Negli Stati Uniti basta spingere per ore e guidare tra i 300 e i 500 watt ininterrottamente. Qui invece si hanno dei picchi di potenza costanti. 

Ti è piaciuto il mondiale in Italia?

Sì, moltissimo.  Aveva un percorso che non mi si addiceva molto, per queste salite davvero ripide con punte a più del 20 per cento. Ma non ho mai visto fan come quelli che abbiamo avuto quel giorno. C’erano persone così appassionate. Urlavano e facevano il tifo per noi su ogni salita toccandoci e spingendoci. Ricordo che le salite quel giorno mi hanno penalizzato e sono finito nelle retrovie. Nonostante ciò, la gente urlava e mi incitava. Negli Stati Uniti le nostre gare sono davvero isolate, in mezzo al nulla e puoi passare ore senza vedere nessuno. E’ stata un’esperienza super divertente. Un percorso bellissimo dove non bastava essere forti, ma bisognava anche essere bravi a guidare la propria bici. 

Brennan Wertz vanta molteplici vittorie nel circuito gravel statunitense (foto Jim Merithew)
Brennan Wertz vanta molteplici vittorie nel circuito gravel statunitense (foto Jim Merithew)
Che bici usi?

Io pedalo su una Mosaic Cycle GT-1 45 in titanio. Ho avuto anche bici in carbonio, ma devo dire che questo materiale per me si sposa al meglio con il gravel per come lo intendo io. Posso fare un single track senza preoccuparmi, viaggiare senza stare in pensiero. E’ una bici robusta, leggera e molto comoda. Questo telaio lo uso dal 2021 e può fare ancora tante miglia. 

Come è nata la tua sponsorizzazione con Q36.5?

Negli Stati Uniti per correre non hai bisogno di una vera e propria squadra, ma devi crearti un nucleo di sponsor. Con Q36.5 ci siamo trovati d’accordo fin da subito, i nostri intenti erano gli stessi. Con loro collaboro anche per il test di prodotti e sono ambassador negli Stati Uniti. Mi piace davvero la tecnicità dei prodotti che hanno e lo studio che c’è dietro ognuno di esso. 

Fancellu azzera tutto e riparte dalla Q36.5

22.11.2023
4 min
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Dopo alcune settimane di dubbi e di domande, Alessandro Fancellu ha trovato finalmente una nuova casa: la Q36.5. Si è chiusa la parentesi della Eolo-Kometa, che tra team under 23 e pro’ lo ha accompagnato dal 2019 al 2023. Cinque anni, dove il talento del giovane comasco non è riuscito a sbocciare come ci si sarebbe aspettati. Intanto sulle sponde del lago di Como il freddo aspetta ad arrivare e le giornate sono ancora gradevoli. 

«Ho ripreso ad allenarmi da una decina di giorni – racconta Fancellu – mi alterno tra bici e palestra. Quando non ho lavori specifici da fare vado in mountain bike, mi piace e si prende anche un po’ di freddo in meno. Ne approfitto anche perché per ora la bici da corsa me la presta un amico che ha un negozio. La Eolo ha voluto subito indietro la Aurum, mentre da Q36.5 non è ancora arrivata la Scott, probabilmente mi verrà data al primo ritiro a dicembre».

Per Fancellu il miglior piazzamento è stato un undicesimo posto nella terza tappa del Giro di Slovenia
Per Fancellu il miglior piazzamento è stato un undicesimo posto nella terza tappa del Giro di Slovenia
Com’è nata l’occasione Q36.5?

Il mio procuratore, Carera, mi ha detto che c’era l’occasione di firmare con loro e mi sono detto: «Facciamolo subito!». Stavamo parlando con altre squadre, ma non c’era nulla di concreto. Da lato Q36.5 la proposta non è arrivata subito, hanno prima voluto fare degli accertamenti. Hanno controllato i file di Training Peaks e mi sono sottoposto ad alcune visite per certificare il mio stato di salute. Direi che è andato tutto bene, visto che ho firmato. 

Si è chiuso un rapporto lungo e importante, quello con la Eolo…

Era giusto cambiare aria, qualcosa in questi anni non ha funzionato. Di preciso non saprei dire cosa. Quando nel 2022 non mi sono ammalato ed ho avuto più continuità, sono andato benino. Soprattutto nella seconda parte di stagione, al Tour de l’Avenir. 

Pensi a cosa non è andato?

Difficile dirlo, sono tutte ipotesi: forse ho corso poco, forse dovevo allenarmi in modo diverso. Non ho in mente nemmeno io come mai non sia andato tutto come sperato, ma ormai non ha più senso farsi troppe domande.

Nei cinque anni passati alla Eolo, di cui tre da pro’, Fancellu non ha mai trovato la miglior versione di sé
Nei cinque anni passati alla Eolo, di cui tre da pro’, Fancellu non ha mai trovato la miglior versione di sé
Meglio resettare e ripartire?

Ho deciso, parlando anche con la squadra, che sarebbe stato meglio ripartire da zero: nuovi stimoli, nuovi compagni, nuovo staff. Insomma tutto nuovo, con l’obiettivo di concentrarsi sul 2024 (anche perché Fancellu ha firmato per un solo anno, ndr). 

Hai parlato di obiettivi con la Q36.5?

Non ancora nello specifico, non so bene che calendario faremo e farò. Tanto dipenderà dagli inviti che ci arriveranno. Già dalla prima “call” ho capito che credono in me, i risultati in questi anni non sono stati all’altezza, ma mi hanno detto che posso fare qualcosa di buono. 

Il 2023 sarebbe dovuto e potuto essere un anno diverso?

Una volta finito bene il 2022, mi sarei aspettato di trovare più continuità nelle mie prestazioni. Sicuramente questa non è stata la stagione che mi aspettavo di fare.

Una delle migliori prestazioni di Fancellu è arrivata all’Avenir 2022, che sia mancato il passaggio intermedio nella sua crescita? (foto Tour de l’Ain)
Una delle migliori prestazioni è arrivata all’Avenir 2022, che sia mancato il passaggio intermedio nella crescita? (foto Tour de l’Ain)
Ne hai parlato con Basso?

Anche lui mi ha detto che qualcosa in questi anni non ha funzionato e che sarebbe stato meglio cambiare aria. Non siamo andati come ci si sarebbe aspettati alla fine di questo triennio. 

Quali erano i tuoi obiettivi? 

Mi sarebbe piaciuto arrivare al 2023 con qualche risultato, invece non è stato così. A firma avvenuta con la Q36.5 ho parlato anche con Fortunato e Albanese e anche loro mi hanno detto che cambiare era la scelta migliore. Loro due hanno avuto un inizio di carriera come il mio, con qualche difficoltà, poi il cambio di squadra gli ha permesso di emergere.

Che obiettivo avrai nel 2024?

Ne ho parlato anche con il mio preparatore, lui mi ha detto che basta allenarsi nella maniera corretta. Voglio essere davanti nelle corse dure, fin da inizio stagione. Partire bene per guadagnarmi un posto in squadra nelle corse importanti. Ora dall’11 al 22 dicembre saremo ad Altea al primo ritiro dell’anno e stileremo un programma. Non vedo l’ora.

Q36.5 Thermobolik Body Invernale, un’armatura per l’inverno

03.11.2023
3 min
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BOLZANO – L’utilizzo comune del body che conosciamo tutti è quello estivo, ormai un elemento ricorrente in gruppo. Q36.5 presenta Thermobolik Body Invernale, un capo pensato per ridurre al minimo la perdita di calore tra gli strati, per offrire una vestibilità da gara e un isolamento termico efficace, e per mantenere l’atleta al caldo durante le uscite in pieno inverno, senza ingombri aggiuntivi. Lo abbiamo visto al quartier generale di Q36.5 a Bolzano durante la presentazione delle novità del brand attraverso le parole di Luigi Bergamo Amministratore Delegato e Responsabile R&D di Q36.5. 

Protezione estrema

Il Thermobolik Body Invernale deve molto allo sci alpino, il quale fu il primo a introdurre l’uso di tessuti sintetici leggeri e performanti nel mondo del ciclismo. La parte anteriore della giacca integrata impiega il tessuto UF Hybrid, il tessuto termico con una struttura esterna ad altissima densità per una protezione dal vento unica. Il materiale in pile all’interno della giacca ha una struttura alveolare per facilitare la creazione di un cuscinetto d’aria che funge da isolante. L’effetto complessivo di questo tessuto leggero è di offrire un’ottima ritenzione del calore unita a un’alta traspirabilità dato che non serve alcuna membrana.

«Le due zone della giacca – spiega Bergamo – che sono maggiormente esposte al freddo e alla pioggia, ossia le spalle e le maniche, sono dotate di una combinazione di UF Air Insulation e UF Hybrid Shell Plus, un tessuto molto elastico che offre grande libertà di movimento. Unendo un materiale ad altissima densità che offre un’ottima protezione e traspirabilità alla protezione guscio intelligente di Q36.5 per le regioni molto esposte al vento, ci ha permesso di ottenere una vestibilità ideale e prestazioni elevate senza ingombri aggiuntivi».

Sulla spalla è presente la tasca con all’interno la pettorina antivento
Sulla spalla è presente la tasca con all’interno la pettorina antivento

Comfort e performance

«Non esiste performance se non c’è il comfort». Le parole pronunciate da Luigi Bergamo in questo senso non lasciano spazio a intepretazioni. Per la realizzazione di questo Thermobolik la comodità di utilizzo è stata rifinita al massimo. I pannelli laterali della giacca come anche la calzamaglia integrata sono fatti con UF Thermo Plus. Questo tessuto proprietario ad altissima densità offre un ulteriore effetto riscaldante grazie alla fibra intelligente all’interno chiamata Heat Fiber, che attira raggi infrarossi lontani dall’ambiente e li utilizza per scaldare il corpo. 

La fascia in vita, lì dove la giacca è unita al pantalone, è stata realizzata per fornire un’ulteriore protezione alla zona addominale e progettata per adattarsi al corpo senza esercitare alcuna pressione quando si è in sella. Infine, le leggere tasche invisibili permettono al ciclista di portare con sé piccoli oggetti essenziali, come il proprio documento di identità, il cellulare e le barrette e i gel. 

Il design intelligente della giacca contiene anche una tasca invisibile in cui è riposta una membrana antivento integrata. Può essere facilmente aperta e fissata sulla parte anteriore del petto tramite tre bottoni magnetici. Garantisce un ulteriore livello di protezione dal vento. Il range di utilizzo si attesta tra i -5°C e i 5°C, dove riesce a offrire comfort e ottime prestazioni. Disponibile in taglia XXS a XXL, il peso complessivo è di 650 g ed è consultabile sul sito con un prezzo di 850 euro.

Q36.5

Conca riparte dopo due mesi senza bici (come Masnada)

22.10.2023
6 min
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CALDARO – Siamo in Trentino per il training camp di Q36.5 pronti a partire per un itinerario gravel, propensi a testare il materiale tecnico del marchio bolzanino. Ivan Santaromita (ex campione italiano, nonché tester e consulente R&D per Q36.5) ci sta parlando delle innovazioni tecniche che il brand sta progettando per il prossimo futuro. Vediamo arrivare un ragazzo alto, vestito con l’abbigliamento da riposo del Q36.5 Pro Cycling Team. «Oggi non pedalo con voi – dice sorridendo amaramente Filippo Conca – anzi a dir la verità non pedalo da inizio settembre». 

Proprio così, vi avevamo raccontato dell’infortunio di Fausto Masnada un mese fa e oggi troviamo con lo stesso medesimo problema al soprasella Filippo Conca. Un’infezione che lo ha costretto a riporre la bici in garage per due mesi senza altre possibilità. Per lui un anno complicato, ricco di aspettative, ridimensionate a seguito di tanti intoppi susseguitisi uno dopo l’altro inesorabilmente. 

Conca ha scelto il Q36.5 Pro Cycling Team dopo due anni in Lotto Dsnty
Conca ha scelto il Q36.5 Pro Cycling Team dopo due anni in Lotto Dsnty
Com’è andato questo tuo anno?

Un quarto di anno. Squadra nuova, tutto partiva da zero anche per loro. Le ambizioni erano comunque alte, sia come team sia per me stesso. L’anno scorso, a fine stagione, finalmente ero riuscito a trovare continuità, due o tre mesi senza problemi e stavo raccogliendo bene alla Vuelta. Alla diciassettesima tappa ho ripreso il Covid, quindi la stagione è finita anche lì in modo brusco. Dopo un bell’inverno ho iniziato bene, avevo buone sensazioni già a gennaio e febbraio alla Valenciana. Dopodiché al Tour of Rwanda sono stato male per colpa di un virus intestinale dopo solo un giorno di gara. Alla Strade Bianche comunque, non sono andato forte, ma col livello che c’era, neanche pianissimo, cioè mi sono staccato sul Monte Sante Marie da 50 corridori.

Poi?

A quel punto, sono andato alla Tirreno-Adriatico. I primi due o tre giorni stavo bene, poi tutto d’un colpo, da un giorno all’altro ero morto, mi staccavo prima dei velocisti e non si capiva il perché. Avevo un mal di schiena forte, non riuscivo a dormire, però non avendo né tosse né raffreddore, non abbiamo pensato neanche di fare un tampone Covid. Così ho fatto un mese completamente senza forze, fino a quando ho iniziato avere problemi respiratori. Tutte le volte che ho avuto il Covid ho sempre avuto problemi analoghi. Per 20-30 giorni, era difficile sia camminare che andare a 30 all’ora. Quindi molto probabilmente avevo passato il Covid senza essermene accorto.

Qui Conca all’italiano di Comano Terme con alla sua ruota Simone Velasco
Qui Conca all’italiano di Comano Terme con alla sua ruota Simone Velasco
Questo ha complicato la tua stagione?

Sì perché continuavo ad allenarmi, ma andavo sempre più piano, fino a quando poi abbiamo deciso di fermarci a inizio aprile. La squadra mi ha fatto un test VO2 Max e abbiamo visto  che avevo perso 12 punti di VO2 Max e 80 watt in soglia nonostante non avessi mai interrotto gli allenamenti fino a quel giorno. Da lì ho dovuto ricostruire tutto da capo, altura a Livigno e quant’altro, a fine aprile ho ripreso con le corse. Gare diciamo non adattissime, però facevo il mio, cercavo di aiutare la squadra, giustamente perché ero stato fuori la prima parte di stagione.

Quando hai rivisto la luce?

Finalmente sono riuscito a raggiungere un buono stato di forma all’italiano e ho fatto ottavo. Una piccola dimostrazione che mi ha dato fiducia per proseguire a testa bassa. In quelle situazioni ti aggrappi anche a risultati così. Alla sera dell’italiano sono partito e sono stato a Livigno 26 giorni, poi sono sceso e ho corso subito in Spagna dove ho ritrovato una buona gamba.

Poi cos’è successo?

Mi sono allenato ancora a casa e dopo 20 giorni sono andato a Burgos, dove è successo il misfatto perché ho fatto le prime tre tappe forte. Alla terza sentivo di stare bene, mi sono risparmiato per tutto il tempo, quando poi è arrivata la salita l’ho presa a tutta e sono rimasto subito da solo. Dopo tre, quattro minuti, tutto d’un tratto, sono esploso come se di colpo mi fossi surriscaldato. E’ una cosa di cui non avevo mai sofferto ed è suonato un campanello d’allarme. Con il dottore ci siamo accorti dell’infiammazione al soprasella, ma non abbiamo collegato le due cose. Nell’ultima tappa, sono stato malissimo, ho sofferto tutto il giorno e poi dopo l’arrivo febbre, vomito, mal di testa e l’ascesso tutto insieme. Da lì si è fermata la mia stagione…

Il Covid e l’infezione hanno alterato la stagione e la condizione fisica di Conca
Il Covid e l’infezione hanno alterato la stagione e la condizione fisica di Conca
E adesso?

Ho fatto l’operazione come ha fatto Masnada. Si rimuove l’ascesso e si riparte da zero. Infatti l’intervento è stato fatto dallo stesso chirurgo che ha operato Fausto.

Riprenderai la bici a novembre dopo 50 giorni. Ti aspetta un inverno anomalo?

Più o meno partirò nello stesso periodo, forse un po’ più tardi degli altri anni, perché di solito parto a inizio novembre. Anche se gli altri anni stavo fermo 20 giorni, dipendeva dall’annata, adesso però ripartirò da zero. 

Come ti sei tenuto in forma in questi due mesi senza bici?

In realtà ho provato a prenderla qualche volta quando l’infiammazione si sgonfiava, ma ogni volta facevo un danno più grosso. Così in accordo con i preparatori sto facendo camminate e molta palestra. Sono anche curioso di vedere come andrà, perché comunque non ho mai lavorato così tanto sulla forza. Pensavo di mettere molti più chili con la palestra. Proverò a far tutto l’inverno, tenendo gli allenamenti in palestra due volte a settimana.

La cronometro quest’anno gli ha regalato la terza top 10 stagionale
La cronometro quest’anno gli ha regalato la terza top 10 stagionale
Per quanto riguarda il team come ti sei trovato quest’anno in Q36.5?

Mi sono trovato bene. Comunque l’ambizione della squadra è alta, gli sponsor sono molto buoni, quindi c’è anche budget per lavorare bene. Il primo anno non è mai semplice, però credo sia stata un’annata positiva per la squadra.

Senti di aver trovato il tuo giusto spazio, sai che lo troverai anche anno prossimo?

Sì, a dir la verità, ho scelto di venire qua per questo. Sono professionista da tre anni e nelle poche occasioni in cui sono riuscito a trovare anche solo due mesi di costanza, che è pochissimo nel nostro sport, ho trovato un ottimo livello di performance. Con continuità potrei arrivare a livelli importanti anche di risultato. La possibilità di rinnovare in Lotto-Dstny ce l’avevo, però ho preferito cambiare aria. Il ruolo di gregario non lo disdegno, certo preferirei farlo in una squadra WorldTour italiana. Però qui sento che posso giocare le mie carte e mettermi a disposizione quando serve. Il tutto dimostrando di essere all’altezza anno dopo anno. 

Il tuo “quarto di anno” si è concluso. Ora obiettivi e ambizioni sono tutti spostati al 2024. Si parla di Giro d’Italia per Q36.5. Se così fosse?

Voglio esserci. Dovevo farlo nel 2022, ma il Covid me lo ha tolto due giorni prima del via. 

Novità e ambizioni in casa Q36.5 nelle parole di Bergamo e Nibali

18.10.2023
6 min
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BOLZANO – Abbiamo imparato a conoscere Q36.5 per la continua ricerca dell’innovazione in campo tessile. Nel 2023 il brand bolzanino si è messo in gioco anche dal punto di vista agonistico con il team professional. La scorsa settimana abbiamo partecipato al training camp di Q36.5 al Lago di Caldaro, dove ci siamo immersi nel dietro le quinte del team e del marchio tricolore. Ne abbiamo approfittato per intervistare Luigi Bergamo, Amministratore Delegato e Responsabile R&D di Q36.5 e Vincenzo Nibali, brand ambassador e consulente per la squadra. 

Per quanto riguarda il lato sportivo, nel breve periodo l’ambizione è quella di partecipare al Giro d’Italia e in tre o quattro anni c’è la volontà di fare il salto nel WorldTour. Lato prodotto invece, abbiamo avuto la conferma che negli uffici di Bolzano la parola innovazione sia un dogma che coinvolge tutti e tre i punti di contatto della bici, tra fondelli, guanti e scarpe in continua evoluzione.

Saper testare

La mission di Q36.5 è quella di creare prodotti che si adattino ad ogni esigenza del ciclista con standard di comfort e performance al top. Il mantra è scritto nel nome del brand, creare tecnologie che mantengano la temperatura del corpo ideale e costante in ogni situazione. Il team professionistico in questo ha un ruolo fondamentale, cioè quello di essere il banco di prova per eccellenza.

«E’ sempre un po’ difficile – spiega Luigi Bergamo – all’interno di un team, trovare le persone che hanno quella sensibilità, perché tanti, dicono “sì, va bene” oppure “no, non va bene”. Però il problema è capire che cosa devi correggere. La fortuna nostra interna è che siamo tutti un po’ ciclisti e anche grazie a chi lavora con noi e ha praticato ciclismo a livello professionistico, come Ivan Santaromita o Mario Kummer, riusciamo anche in fase di sviluppo, a correggere e capire come sviluppare al meglio i prodotti. Abbiamo alcuni ragazzi del Pro Team che ci hanno dato un po’ di feedback per migliorarli. Ma soprattutto ci è servito anche per verificarli con lo stress test per eccellenza: cioè l’utilizzo professionistico.

«L’altro aspetto importante – afferma Bergamo – è che ci teniamo a capire la durata di vita del prodotto, quindi nel senso della durevolezza, se nel materiale c’è qualcosa da correggere. Non so, magari la posizione della cucitura da spostare che può dare fastidio. Piuttosto che appunto la qualità dei materiali in termini di usura».

Innovazione continua

Vincenzo Nibali in questi giorni, esattamente un anno fa, chiudeva la sua carriera professionistica. Oggi è un riferimento per Q36.5 come brand ambassador e tester dei prodotti. 

«Partendo dal marchio – dice Nibali, che negli stessi giorni è diventato papà per la seconda volta – sono stato introdotto praticamente quasi da subito, quindi da novembre dello scorso anno fino a oggi. Posso dire di aver provato almeno una ventina di capi d’abbigliamento. Solitamente ogni brand magari ha tre o quattro linee massimo da farti testare, ma avere così tanti prodotti da utilizzare e sviluppare costantemente non mi era mai capitato prima.

«Questo è anche il bello di Q36.5, che non si sofferma soltanto a un singolo capo, bensì ha l’obiettivo di sviluppare sempre e continuamente nuovi prodotti per ogni tipo di di settore, dalla mountain bike al gravel, dalla strada alla crono e infine il triathlon. Magliette più leggere, più areo con diversi capi magari più invernali, primaverili, autunnali e via dicendo. C’è una grandissima cura del prodotto. Luigi (Bergamo, ndr), quando crea o studia qualcosa, la segue dall’inizio alla fine. Sta alzando l’asticella su molti aspetti. Se non conoscessi il brand ed entrassi in un negozio, difficilmente ne uscirei a mani vuote».

The Shark è la collezione esclusiva che Q36.5 ha realizzato in collaborazione con Nibali
The Shark è la collezione esclusiva che Q36.5 ha realizzato in collaborazione con Nibali

Gli obiettivi di Bergamo

Nemmeno un anno di vita e il Q36.5 Pro Cycling Team ha posizionato l’asticella degli obiettivi già ad un livello impensabile anche solo pochi mesi fa. 

«Non siamo WorldTour – afferma Bergamo – ma professional. Abbiamo la fortuna di avere dei partner come UBS o Breitling che ci danno il supporto economico per poter competere. Il team è partito all’ultimo momento come un’idea, se vogliamo un po’ pazza. Basti pensare che si è iniziato a lavorare nella costruzione della squadra da luglio 2022 in poi, diciamo con tempi molto ristretti. Però, nonostante tutto si è riusciti, a mio avviso, a creare un bel team. Possiamo vedere anche dei ragazzi giovani del Continental Team che hanno performato bene. E’ sempre difficile scontrarsi con i giganti WT, soprattutto, appunto, al primo anno. Nonostante non abbiamo partecipato ai Grandi Giri, i nostri atleti hanno avuto modo di farsi vedere e soprattutto i ragazzi di fare una buona esperienza. 

«L’obiettivo per il 2024 – argomenta Bergamo – è di continuare a crescere. Sono stati aggiunti adesso cinque nuovi inserimenti e l’obiettivo è un po’ quello di scalare la classifica e fare questi mitici punti per poter magari nel 2025 o 2026 ambire al grande salto nel WorldTour. Il Giro d’Italia può essere un primo traguardo. Faremo il possibile per esserci, come brand italiano, come squadra con una forte presenza tricolore, da Moschetti e Conca, fino a Brambilla e l’arrivo di Nizzolo.

«Insomma, ci sono tanti italiani di valore, anche promettenti. In questo periodo diciamo dove il circuito italiano magari è un po’, come dire, alla ricerca di talenti noi abbiamo interpreti come Calzoni, ragazzo giovanissimo che promette molto bene. La nostra presenza alla corsa rosa sarebbe anche un riconoscimento e un giusto banco di prova. Sarebbe importante per il team anche per la visibilità perché poter essere lì per tre settimane, sarebbe insomma l’obiettivo massimo».

Vincenzo NIbali si è connesso da remoto per stare vicino alla nuova arrivata Miriam Nibali
Vincenzo NIbali si è connesso da remoto per stare vicino alla nuova arrivata Miriam Nibali

Il bilancio di Nibali

Gli atleti in maglia Q36.5 quest’anno hanno alzato le mani sul traguardo sette volte, chiudendo un anno positivo, ma con ampi margini di miglioramento. Luigi Bergamo e gli sponsor hanno ambizioni importanti. Vincenzo Nibali dall’alto dei suoi 17 anni di professionismo ha il compito di capire cosa c’è da correggere.

«Credo che il bilancio sia ottimo – conclude Nibali – perché la squadra è partita quest’anno con delle ambizioni molto forti. Abbiamo subito raccolto una grandissima vittoria allo sprint con Moschetti e poi successivamente sono arrivati anche tanti altri successi. Chiaramente non dobbiamo fermarci qua, il team deve crescere ancora. C’è ancora da lavorare tanto, ma la partenza è più che buona. Ci siamo posizionati nella categoria professional, ma abbiamo ottenuto già dei risultati molto buoni. Fare uno step successivo sicuramente non è semplice, ma c’è lo spazio per poterlo fare».