Procuratori, gelati, Ulissi e juniores: vi ricordate di Mori?

24.06.2021
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Dice Massimiliano Mori che se Diego Ulissi fosse nato una decina d’anni dopo, sarebbe passato professionista direttamente dagli juniores. Uno che vince due mondiali di fila, tra gli under 23 non ci poggerebbe neppure il cappello.

«Però non sarebbe lo stesso un modo sano di fare – riflette – perché al di là delle conoscenze superiori a disposizione oggi di uno junior, il fisico è sempre quello di un ragazzo di 18 anni. E le fatiche tra i professionisti, se possibile, sono ogni anno superiori».

Mori e Fornaciari al Fiandre 2008: singolare che entrambi ora lavorino nel mondo del gelato
Mori e Fornaciari al Fiandre 2008: singolare che entrambi ora lavorino nel mondo del gelato

I tre Mori

Massimiliano Mori, fratello di Manuele (ritirato nel 2019) e figlio di Primo (vincitore di una tappa al Tour 1970), è diventato campione del mondo juniores 1992 della 70 chilometri a squadre (assieme a Martini, Velo e Romio). Poi è stato professionista dal 1995 al 2009 e da circa cinque anni è tornato nel ciclismo come procuratore. Nel 2005, ancora corridore, si era dedicato alla sua azienda gelatiera, al punto che oggi ne produce per una trentina di negozi, rifornisce alcuni punti Conad e ha pure i suoi tre punti vendita.

«Non siamo la Sammontana – sorride – ma ce la caviamo. Un giorno però mi cercò Marco Piccioli, che fa l’agente nel calcio ed è un appassionato di ciclismo. Fra i suoi atleti aveva anche Vieri, per intenderci, ma non conosceva corridori. Così ho accettato di aiutarlo, sono l’ultimo arrivato. Lavoriamo in squadra. Marco si occupa dell’aspetto contrattuale, io individuo i corridori che mi piacciono e gli sto vicino dando qualche consiglio. Non avendo fatto il corso Uci, per firmare i contratti ci avvaliamo dell’avvocato Mari».

Massimiliano con suo padre Primo e il fratello Manuele, ritirato nel 2019 (foto Instagram)
Massimiliano con suo padre Primo e il fratello Manuele, ritirato nel 2019 (foto Instagram)
Come si fa a prendere un corridore?

Non con le promesse, anche se ci sono alcuni che ne fanno tante. Uno che ti promette lo squadrone, genera aspettative sbagliate. Chi ci casca lo trovi, dipende dal corridore. Oggi le cose sono cambiate.

Sotto quale punto di vista?

Quando correvo io, nelle squadre il procuratore era visto come quello che mangiava sulla pelle dei corridori. Oggi sono i corridori che ti cercano, perché pensano che se non hanno il procuratore giusto, restano esclusi.

Così anche i team manager hanno cambiato opinione?

Direi di sì. Loro sono quelli che firmano i contratti, ma per noi spesso è più semplice parlare con i direttori sportivi, perché hanno una miglior conoscenza degli atleti. 

E’ stato Mori a suggerire a Cattaneo il passaggio all’Androni per rilanciarsi nel WorldTour
E’ stato Mori a suggerire a Cattaneo il passaggio all’Androni per rilanciarsi nel WorldTour
Aver corso è un vantaggio?

Secondo me sì. Marco Piccioli prima di fare qualunque movimento, chiede prima a me. In più considerate che tanti team manager e direttori sportivi sono stati miei compagni o correvano nei miei anni ed è un vantaggio.

Sei di quelli che va a pescare fra gli allievi?

No, sono contrario che si vada tanto a ritroso. E’ un male. C’è tanta competizione, si cerca sempre di anticipare, ma alla fine si fa danno al ragazzo. Gli allievi si lasciano stare, invece ho messo il naso fra gli juniores. Ero contrario, ma anche stufo di arrivare sempre dopo e così mi sono adeguato.

Quanto vi paga uno junior?

Sei matto? Non paga niente neanche da under 23. Il procuratore non va pagato secondo me fino al passaggio al professionismo, ma certo nel momento in cui si rivolgono a noi, si aspettano proprio di passare. Ed è complicato, c’è da valutare i singoli casi. Io sono contrario al passaggio subito, meglio firmare e fare un altro anno da under 23. Alcuni lo capiscono, altri fanno fatica e magari pensano che tu non sia un bravo procuratore.

Nella sua scuderia anche Benedetti, fresco tricolore U23 (foto Instagram)
Nella sua scuderia anche Benedetti, fresco tricolore U23 (foto Instagram)
Benedetti, fresco tricolore U23, l’ha capito…

Lo scorso anno avevo già la squadra per farlo passare, ma il ragazzo preferì rimanere ancora U23 perché non si sentiva pronto e aveva fatto poche gare. Il contrario del pensiero che va per la maggiore.

Perché a volte il corridore manda avanti il procuratore per le sue esigenze in squadra?

E’ una cosa che capita, anche se a mio avviso il rapporto primario deve essere fra corridore e team. Può capitare che serva un’intermediazione, ma sulla bicicletta ci va il corridore e lui non è di proprietà del procuratore. Noi siamo di supporto, altrimenti si torna a quando pensavano male della categoria.

Davvero oggi Ulissi passerebbe subito?

Uno che vince due mondiali da junior avrebbe l’asta. Su di lui ci sono sempre state aspettative immense, pensate che peso sarebbero state se fosse passato subito. La differenza grossa è che oggi uno junior ha accesso alle stesse conoscenze dei professionisti, mentre io ad esempio di Bugno o Chiappucci non sapevo niente. A 18 anni il fisico è sempre quello. Puoi passare, puoi essere precoce, ma quanto duri?

Con Spalletti, il socio Marco Piccioli e Diego Ulissi (foto Instagram)
Con Spalletti, il socio Marco Piccioli e Diego Ulissi (foto Instagram)
Che rapporto hai con Diego: si parla solo di contratti o anche di vita?

E’ un fratello, quando ci vediamo parliamo di tutto. Di vita, di contratto e di corse. Se posso, un consiglio si dà sempre. Si dice che non vince abbastanza, ma se dovesse centrare una Liegi, allora il suo palmares assumerebbe un’altra dimensione. E’ un ragazzo umile ed educato. Quando quest’inverno ha avuto i problemi di cuore e poi nella ripresa, gli siamo stati vicinissimi.

Facendo cosa?

Lo abbiamo assistito per il discorso delle visite. E poi quando ha ripreso, scherzando durante il Giro gli dicevo che a causa sua si potrebbero rivedere le teorie dell’allenamento. Perché ha saltato l’inverno e non è andato in altura e ugualmente ha chiuso il Giro in crescendo meglio di quelli che lo avevano preparato da novembre.

Chi altri c’è nella tua squadra?

Non è bello fare l’elenco, però ad esempio sono contendo di come stanno andando le cose con Mattia Cattaneo e la Deceunick-Quick Step. Quando vidi che alla Lampre non andava, fui io a proporgli di andare all’Androni. E ora è tornato nello squadrone ed è contentissimo di starci, tanto che a breve rinnoverà per due anni.

Sono sempre rose e fiori?

Sarebbe troppo bello, ma a volte capitano anche i colpi bassi. Te ne fai una ragione e vai avanti, anche se magari sul tale corridore hai investito del tempo, lo hai consigliato e sai di aver sempre fatto il suo interesse. Ma si va avanti, ci mancherebbe. Si va avanti lo stesso.

P.S. Richiesto sul tema, Diego Ulissi ha dimostrato ancora una volta di avere la testa sulle spalle, anche perché forse il peso di passare a 21 anni è stato ugualmente importante.
«Oggi credo che la soluzione migliore per crescere – ha detto dopo aver concluso il Giro dell’Appennino – è fare un paio di anni in squadre continental. Non tante gare, ma iniziare ad assaggiare il professionismo. Io dovevo fare un solo anno tra i dilettanti, poi fu una decisione mia farne due, perché quell’anno mi ammalai. Presi mononucleosi e citomegalovirus e mi concessi un anno in più. Penso che comunque un percorso di crescita graduale sia sempre la soluzione migliore per il bene del ragazzo fisica e mentale».

Procuratori nel ciclismo, utili o necessari?

01.03.2021
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In questo periodo si parla molto della figura dei procuratori nel ciclismo, anche un tecnico storico come Beppe Martinelli li ha chiamati in causa come componente che fa parte di questo mondo ma deve dare di più e non essere legata solamente al contratto di questo o quel corridore. Quando si parla di procuratori è facile andare con la mente al calcio, dove ognuno ha il suo e anzi se non ce l’hai, una squadra non la trovi più. Nel ciclismo il loro approdo è molto più recente.

Parla Quinziato

«Io ho iniziato a correre fra i professionisti nel 2002 – racconta Manuel Quinziato, noto non solo per le sue grandi qualità di cronoman, ma anche per riuscire a conciliare la professione sportiva con gli studi e la conseguente laurea in legge – ma di procuratori si parlava già da una decina d’anni. Una cosa che ritengo sia alla base della mia professione è che l’impegno non si esaurisce con il mettere sotto contratto un atleta e trovargli una squadra, il rapporto deve continuare tutto l’anno, consolidarsi e per questo credo che sia bene avere un numero limitato di corridori nella propria agenda».

Sagan vince la Roubaix del 2018, l’abbraccio con Lombardi parla di condivisione
Sagan vince la Roubaix del 2018, l’abbraccio con Lombardi parla di condivisione

Scuola Lombardi

Nell’intraprendere questa strada, Quinziato ha avuto un maestro d’eccezione in Giovanni Lombardi, l’olimpionico di Barcellona ’92 oggi considerato, in una recente classifica pubblicata da Forbes, tra i 50 personaggi più influenti nel mondo del ciclismo.

«Abbiamo corso insieme – dice – e mi ha instillato questa passione come modo per poter restituire al ciclismo un po’ di quel tanto che mi ha dato, aiutando i ragazzi a districarsi in questo mondo».

Presenza alle corse

Quinziato, che tra gli altri cura gli interessi fra gli altri di Matteo Trentin (nella foto di apertura, i due sono insieme alla Vuelta del 2018), Jonathan Milan, i fratelli Bagioli, tiene molto all’aspetto umano della sua figura.

«Non so se ricordate il film Jerry Maguire con Tom Cruise – spiega – che seguiva la carriera di un campione del football americano, accompagnandolo in quasi tutte le sue trasferte, facendo da confidente oltre che curatore dei suoi interessi. Il nostro lavoro deve per forza essere così. Io seguo tantissime corse, sono presente con i corridori, ma naturalmente anche con le loro squadre. E se ci sono problemi da affrontare, ad esempio infortuni e conseguenti controlli medici, mi impegno in prima persona. Quando poi si tratta di strategie e di allenamenti, è mio dovere fare un passo indietro, lì contano soprattutto la squadra, il corridore e il rapporto che c’è fra loro».

Lo scouting

A differenza di quanto avviene nel calcio, dove ormai ogni team sa che deve passare attraverso i procuratori e la loro presenza è costante e certe volte anche invadente, nel ciclismo il rapporto con i team è ancora in divenire. Molti direttori sportivi, soprattutto di vecchia guardia, mal sopportano la loro figura, intesa come un semplice intermediario che porta ostacoli e perdite di tempo.

Gianluigi Stanga, tecnico di lunga milizia e che tra l’altro è fra i pochi ad avere anche il patentino Uci di procuratore, a tal proposito ha le idee abbastanza chiare.

Stanga oggi si è defilato, dall’attività. L’ultimo grande team fu la Milram di Petacchi. Qui con Capello il cui figlio è procuratore
Stanga, qui con Capello, ha il patentino da procuratore

«La figura del procuratore nel ciclismo – dice – solo da poco è diventata così importante, perché si vanno a cercare i talenti già nelle categorie giovanili per metterli sotto contratto. Io dico che se questa professione è fatta in maniera corretta, è un bene per il movimento, ma non guardando al proprio tornaconto. Pensare solo a trovare ai corridori residenze all’estero in paradisi fiscali… Avere un procuratore per un corridore non è un obbligo, se sa trattare direttamente i suoi interessi: io presi Fignon e Moser, ad esempio e vi posso assicurare che i loro interessi sapevano curarli molto bene…».

Non da solo

Stanga punta molto sulla professionalità della figura: «Un procuratore non può far tutto, io mi fido più di quelli che hanno insieme a loro commercialisti e avvocati, fanno parte di agenzie ben strutturate in tal senso. L’importante però è che il procuratore abbia sempre a cuore il suo assistito non solo economicamente. Non basta curare i suoi contratti di assunzione e di sponsorizzazione, deve essere una presenza costante, dare un supporto anche alla squadra in questo senso, svolgendo il ruolo di referente, anche e anzi soprattutto quando le cose per l’atleta non vanno. Allora anche i più renitenti alla fine accetteranno di parlare con lui».

Team Colpack, Coppi e Bartali 2020

Bevilacqua, la Colpack e il ballo dei procuratori

30.12.2020
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Il Team Colpack-Ballan sta ancora masticando un paio di bocconi indigesti e si prepara per ripartire, ancora come continental, con il team manager Antonio Bevilacqua che fa il punto della situazione e solleva obiezioni su certe cattive abitudini, di cui aveva parlato anche Rossella Di Leo in una precedente intervista, che è obiettivamente difficile non condividere.

«Si riparte da un gruppo giovane – dice Bevilacqua – la politica è questa. Ce ne sono 3-4 buoni, sono curioso di studiarmi il calendario. Vorremmo seguire il programma italiano con le corse che potremo fare, da Laigueglia in poi. Se ci sarà posto. Tante WorldTour all’estero non ci vogliono andare, un po’ di corse saltano e magari al Coppi e Bartali sarà difficile essere invitati. Con Amici abbiamo un buon rapporto, spero non ci saranno problemi».

Juan Ayuso, 2020 (foto Instagram)
Juan Ayuso, classe 2002, ha vinto i due campionati spagnoli strada e crono (foto Instagram)
Juan Ayuso, 2020 (foto Instagram)
Ayuso, 18 anni, super talento spagnolo (foto Instagram)
Quali nomi hai cerchiato di rosso?

Gazzoli e Baroncini sono due begli atleti, che si sono affermati quest’anno. Su Gazzoli puntavo tantissimo. Ha preso sicurezza e si è sbloccato. Il Del Rosso lo ha vinto andando via in salita, sullo strappo. E’ veloce per corse impegnative, con gruppetto di 20-30 corridori. Un bel ragazzino è anche Persico, qui di Bergamo, di secondo anno. Sua sorella Silvia è alla Valcar, sono cinque figli e tutti e cinque hanno corso. Poi abbiamo Juan Ayuso, lo spagnolo di 18 anni che ci ha affidato la Uae Team Emirates.

Giusto, lo avete già incontrato?

Per ora lo abbiamo visto solo su Zoom. Dicono tutti che sia un fenomeno, dai test che ha fatto sembra così. Se la Uae Team Emirates lo ha preso per 5 anni, avrà qualcosa di buono. Verrà qui a gennaio, sempre se ci potremo muovere. Sta facendo una scuola inglese, per cui finirà gli esami a gennaio e poi è libero. Vivrà qui in casetta, da noi.

Che impressione ti ha fatto?

Un ragazzo di carattere. E’ serio, si vede che sa quello che vuole. Si presenta bene. Lo gestiremo noi, però sempre sotto la loro osservazione. Ci saranno degli incontri mensili per parlare di lui, perché giustamente ci tengono. La sua preparazione sarà concordata, anche perché dal 2021 oltre a Mazzoleni con noi ci sarà anche Antonio Fusi. Le nostre idee e la nostra preparazione alla Uae stanno bene, quindi seguiremo una linea concordata.

Perché hanno scelto voi?

E’ un po’ di tempo che parliamo con Matxin. Gli abbiamo dato Covi e prima ancora Consonni, Ganna e Troia. Gianetti ha corso con la Polti, ci conosce. Gazzoli fra poco andrà in ritiro con loro. Matxin ci aveva già dato Gomez, il velocista colombiano, che si è fatto il lockdown a Bergamo da solo.

Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, team manager Colpack in uno scatto del 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Bevilacqua, team manager Colpack (foto Scanferla)
Tornando agli italiani?

Abbiamo preso Verre, di secondo anno: viene dalla Casillo, è uno scalatore. Poi Petrucci dalla Francaise des Jeux. Lui è un carattere preciso, un ragazzo meticoloso e non stava bene con quello che gli dicevano. E’ un po’ particolare, va avanti per la sua strada. Gli eravamo stati dietro per due anni.

Perché alcune squadre hanno rinunciato a essere continental?

Per il lato economico e alcune cose da rivedere. E’ una bella esperienza, ma la partecipazione alle corse deve essere più sicura. Io non ho problemi, ma se fai una squadra così, con tutti i criteri giusti, devi dare la possibilità ai ragazzi giovani di provare con i professionisti.

I ragazzi giovani…

Li cercano e si fanno passare subito. Il caso di Trainini è incredibile. Come fai a prendere un ragazzino che non ha mai corso e che ha avuto dei problemini, senza nemmeno chiederci informazioni? A Reverberi ho detto: «Come mai?». Lui ha risposto che poi magari glielo portavano via. Ha firmato senza dirmelo, me lo ha detto dopo. Ma che comportamenti sono? A Reverberi ho chiesto: «Ma non vuoi sapere che corridore è? Se ti interessa, potevi chiedermi di tenerlo per un anno, gli fai firmare il contratto. Lo porti in riviera, gli fai fare lo stagista…».

Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020 (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, primo alla Vicenza-Bionde 2020: ultimo acquisto (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020 (foto Scanferla)
Baroncini arriva dal Team Beltrami (foto Scanferla)
Perché non ti ha chiesto informazioni?

Perché ormai comandano i procuratori. E i team manager si prendono i corridori senza sapere chi siano, per paura che li portino a un’altra squadra. Tutti vanno alla ricerca del fenomeno. Anche Piccolo e Tiberi avrebbero avuto bisogno di un altro anno.

Bisogno per voi o per loro?

Per entrambi. Mi sono salvato perché Gazzoli e Baroncini hanno rifiutato di passare in qualche squadra per rimanere qui e parto con due corridoi un po’ esperti e di livello. Ma di certo, se mi fossi presentato con Tiberi al Giro d’Italia, noi saremmo stati più coperti e lui avrebbe potuto mettersi alla prova. Che problema c’era se restava fino a giugno? Faceva Laigueglia, faceva il Coppi e Bartali, poteva andare con loro in ritiro e correva il Giro d’Italia. Se lo vinci o vai sul podio, passi anche con una bella cartolina.

Forse dei due, è più Piccolo che avrebbe avuto bisogno di altra gavetta?

Piccolo avrebbe avuto bisogno di mettersi alla prova da protagonista in mezzo a ragazzi del suo livello, ma quando un procuratore ti mette in testa che ti farà passare subito, hai chiuso. Il regolamento prevede che debbano fare due anni, io non ho voluto mettergli i bastoni fra le ruote e ho firmato una carta per dire che erano pronti per passare professionisti. A Guercilena ho chiesto di lasciarmi Tiberi ancora un anno, mi ha risposto che bisognava parlare con il procuratore.

Ci sono rischi?

Magari per Tiberi no, perché si è comportato bene ed è un corridore. Ad altri non danno tempo di crescere. Passano in tanti, poi che fine fanno? Adesso 4-5 che avevano smesso li ha presi Giuliani. Firmano giovanissimi, fanno due anni e chi non è Van der Poel resta a piedi. Consonni il primo anno non ci pensava a passare, nemmeno al secondo. Iniziò a parlarne al terzo. Adesso il procuratore gli dice: «Fatti vedere». Quindi il ragazzo pensa ai fatti suoi, preferisce fare quinto anziché aiutare il compagno a vincere. Non dovrebbe essere proprio l’Uci a scrivere queste regole?