EDITORIALE / Piano a dire che sia solo colpa della Federazione

04.12.2023
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Vi è mai capitato di pensare o sentir dire che gli incroci impazziscono quando a gestirli arrivano i vigili? Difficile dire se sia un fenomeno italiano, ma indubbiamente in alcune situazioni si potrebbe pensare che sia vero. Chi vive quotidianamente le dinamiche di certi snodi, ha trovato col tempo il modo per abbreviare i tempi di attesa e integrarsi con gli altri, creando meccanismi non sempre ortodossi, ma indubbiamente efficaci. Quando arriva chi è preposto ad applicare le norme, il meccanismo va in tilt. Il problema sono davvero i vigili oppure il traffico ha sposato l’anarchia e non riesce a stare nelle regole? Anche nel ciclismo italiano a volte si ha questa sensazione e se prima non si fa un’analisi un po’ più onesta, viene da pensare che puntare il dito contro la Federazione (e i vigili) serva a poco.

Alla base infatti c’è un movimento che rifiuta di prendere coscienza di se stesso e vive aspettandosi che tutto continui al solito modo: semmai spetta ad altri aggiustare le anomalie. Così non si va lontano. Ci si indigna quando i ragazzini fanno valigia e vanno all’estero. Proviamo a guardarla dal loro punto di vista: di cosa hanno bisogno e perché qui non lo trovano?

Il Cycling Team Friuli ha sempre fatto attività internazionale, che ora è aumentata con l’appoggio della Bahrain Victorious (foto Halmagyi Zsolt)
Il Cycling Team Friuli ha sempre fatto attività internazionale, ora anche di più con l’appoggio della Bahrain Victorious (foto Halmagyi Zsolt)

Troppe 13 continental

Cercano prospettive, professionalità, attività di alto livello, sbocchi professionali. Potrebbero trovarli anche qua, a patto che le squadre di casa nostra fossero in grado di garantire standard competitivi. Il 2023 ha visto in Italia 13 continental, ma quante hanno effettivamente proposto attività qualificata (dentro e soprattutto fuori dai confini nazionali), mettendo a disposizione dei loro atleti staff davvero preparati? Forse due, non più di tre.

Quando la FCI spinse per la nascita di queste squadre (conseguenza del dominio straniero al Giro d’Italia U23), probabilmente non si aspettava un’adesione così massiccia. Pensavamo tutti che nel panorama italiano sarebbero salite di livello soltanto le squadre con i mezzi finanziari per affrontare un’attività superiore. Si è capito invece che così non sarebbe stato, quando le stesse continental insorsero davanti all’impossibilità di partecipare alle gare regionali. Avevano pensato e forse ancora pensano che il cambiamento fosse solo di facciata. La colpa di questo non è della Federazione, ma di chi pensa che le norme servano per riempire pagine inutili. Davanti a questa mentalità, i ragazzi partono.

Il Team Colpack ha portato i suoi atleti alla Roubaix Espoirs e ha proposto esperienze qualificate
Il Team Colpack ha portato i suoi atleti alla Roubaix Espoirs e ha proposto esperienze qualificate

Il bullismo delle grandi

E intanto però si è innescato un corto circuito. Se 13 continental vanno a fare la voce grossa nelle gare del calendario nazionale, alle squadre più piccole non resta nulla. Un po’ come quando alla Settimana Coppi e Bartali partono 8 WorldTour e alle professional non rimane che la vittoria di una semitappa in volata.

Si corre per fare esperienza e magari anche per vincere. Obiettivo delle squadre più piccole è lavorare per innalzare il livello dei propri atleti affinché vengano notati da qualche… inquilino dei piani alti. Certamente avere avversari troppo grandi fra i piedi fa sì che venga meno la possibilità di fare esperienze costruttive.

Secondo chi scrive, quindi per opinione puramente personale, alle continental andrebbero riservate le gare del calendario internazionale U23 e quelle professionistiche, in Italia e all’estero, cui si ha la possibilità di partecipare. Allo stesso modo andrebbe ridotta significativamente la quota di WorldTour nelle corse di “classe 1” che dovrebbero essere terreno per professional e continental. Ci dicono che in tal caso parecchi organizzatori valuterebbero di cessare l’attività: in questo la Federazione (nazionale e internazionale) dovrebbe avere un ruolo di tessitura, per rendere omogenei i calendari.

Il giorno dello Stelvio e della vergogna al Giro NextGen
Il giorno dello Stelvio e della vergogna al Giro NextGen

Il giorno dello Stelvio

Fa riflettere sulla fragilità di certi organici il fatto che al Giro di Sicilia (in cui le WorldTour erano 5), a fronte di 59 corridori di continental italiane, 25 si siano ritirati. Qualche anno fa ci colpì la scelta della Mastromarco di non andare al Giro della Valle d’Aosta, avendo solo corridori molto giovani che da quella sfida non avrebbero tratto insegnamento. Questo è il giusto modo di pensare: un atteggiamento costruttivo e responsabile.

Si può dire lo stesso davanti ai 31 corridori squalificati nel giorno dello Stelvio? Un paio di squadre sparite dalla corsa in un solo giorno: 11 corridori di squadre italiane U23, 11 di continental. Il resto, erano stranieri. Sciocchi loro, i corridori, convinti di essere furbi. Ancora peggio però ne sono usciti i loro tecnici, con tutte le distinzioni fra i casi. Non si va al Giro d’Italia solo per mostrare la maglia. Quanto accadde quel giorno ha portato soltanto a multe, sospensioni e punizioni, oppure ha aperto la porta a una riflessione più seria? La Federazione potrebbe forse cavalcarla e approfittarne per ristrutturare il sistema, ma non ne ha colpa. Davanti a quella mentalità e alla superficialità di certe gestioni, i ragazzi partono.

La Mastromarco e le piccole italiane schiacciate dallo strapotere delle continental nelle gare nazionali? (foto Facebook)
La Mastromarco e le piccole italiane schiacciate dallo strapotere delle continental nelle gare nazionali? (foto Facebook)

La corsa all’oro

Su tutto ciò si allunga come un’ombra il lavoro degli agenti dei corridori che hanno vita facile a proporre contratti all’estero. Ciò che dispiace è che la loro opera si sia abbassata nel frattempo anche alla categoria allievi, dove le decisioni andrebbero prese da parte dei genitori e non dei ragazzi, facili da convincere con promesse da Paese dei Balocchi. Parecchi torneranno indietro: non tutti trovano l’oro.

Il partire indiscriminato non è colpa della Federazione, ma delle promesse e dell’inadeguatezza di alcuni team. Sarebbe bello che uno junior scegliesse di correre in una piccola squadra italiana perché capace di offrirgli le basi del mestiere da cui spiccare il volo e non perché costretto a ripiegarvi da un precedente fallimento.

EDITORIALE / La lezione di Rosola su corridori, rabbia e diesse

06.06.2022
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Dopo aver seguito il Giro d’Italia sulle moto di RCS Sport, Paolo Rosola, direttore sportivo disoccupato della Gazprom, ha trovato un posticino anche nella carovana della Adriatica Ionica Race. All’indomani della vittoria di Scaroni nella prima tappa, avendolo incontrato nella piazza di Castelfranco Veneto mentre confabulava con Malucelli (foto di apertura: Malucelli è un altro corridore della squadra inopinatamente chiusa dall’Uci, come pure Scaroni e Carboni), Rosola raccontava un interessante episodio.

«Il direttore sportivo di una squadra WorldTour di cui non faccio il nome  – raccontava – ieri mi ha guardato e mi ha detto che fra i suoi corridori ce ne sono alcuni che guadagnano 300.000 euro all’anno e sono svogliati, mentre questi qua non prendono lo stipendio da tre mesi e hanno addosso la rabbia che serve per fare i corridori».

La volontà e la rabbia spesso non bastano. Ieri sul Grappa Carboni ha dovuto stringere i denti e poi mollare
La volontà e la rabbia spesso non bastano. Ieri sul Grappa Carboni ha dovuto stringere i denti e poi mollare

Un fatto di grinta

Sicuramente la motivazione di questi ragazzi è qualcosa fuori dal comune. Però è altrettanto vero che osservando alcuni dei corridori che fanno parte del gruppo, la sensazione che alcuni si accontentino di vivacchiare sui contratti firmati in certi momenti ti assale.

A conferma di ciò valgano le parole di un massaggiatore, ugualmente incontrato in corsa. Parlando di un corridore giovane della sua squadra, annunciato come molto forte e di cui non ha fatto il nome, ci ha chiesto informazioni sulle sue qualità di quando era un under 23.

Quando gli abbiamo chiesto il perché di quella domanda, ci ha raccontato che questa corsa è la prima volta in cui lo abbia massaggiato e che glielo abbiano presentato come un ragazzo di sicuro talento. Ma quando durante il massaggio gli ha chiesto quanto pesasse, il ragazzo gli ha risposto di essere un chilo sopra al suo miglior peso da dilettante. Considerando che di solito il miglior peso da dilettante è soggetto a… dimagrimento, è stato immediato dedurre che probabilmente qualcosa non andasse. Tanto più che nella prima tappa, piena di strappi, la squadra puntava su di lui e lui si è staccato.

La Colpack è una continental: il confronto con i pro’ e un’attività ragionata dovrebbero far crescere
La Colpack è una continental: il confronto con i pro’ e un’attività ragionata dovrebbero far crescere

Chi comanda davvero?

E’ sicuramente sbagliato pretendere che tutti abbiano la fame e la rabbia dei corridori della Gazprom: anche fra loro ce ne sono alcuni che non hanno reagito esattamente in questo modo. E’ sbagliato anche pretendere che un neoprofessionista possa avere capito tutto, ma il livello della Adriatica Ionica Race è tale che un neopro’ uscito da una buona continental possa essere qui a giocarsi le tappe. Altrimenti a cosa servono le continental? Sarebbe bello vederli con il sangue agli occhi e la voglia di recuperare l’indomani qualora la tappa di oggi fosse andata male.

Perché il tempo passa e non c’è niente di peggio di lasciarselo scorrere addosso. Ma lo spunto conclusivo in questo cammino di ragionamento lo ha offerto ancora una volta Rosola nella risposta data a quel direttore sportivo.

«Questi qui avranno sicuramente una fame fuori dal comune – gli ha detto – ma se da voi ce ne sono alcuni che guadagnano così tanto e sono svogliati è perché come direttori sportivi non comandate più nulla. E i loro manager decidono al posto vostro. Si sveglieranno semmai quando sarà il momento di rinnovare il contratto».

Pianeta giovani: con Matxin tra scouting, crescita e squadre

06.04.2022
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Capitolo giovani e scouting, come non poteva esserci Joxean Fernandez, per tutti Matxin? Il basco è uno dei team manager della UAE Emirates ed è un vero esperto in quanto a ragazzi. Ha l’occhio lungo, una profonda conoscenza e una grande passione. Il suo modo nel giudicare un corridore è a 360°. I valori fisici dell’atleta sono importanti, ma la valutazione va fatta nel complesso e tiene conto anche della sensibilità della persona e del suo carattere… non solo in bici.

Sapevamo che Matxin aveva sotto controllo diretto almeno una ventina di corridori, beh… ci sbagliavamo: ne ha molti di più. 

Come accennato lo spagnolo non guarda solo gli ordini d’arrivo. Molto spesso infila il casco, sale in moto e con le staffette della corsa si butta nel gruppo dei ragazzi. Tempo fa ci disse: «E’ fondamentale osservarli in modo diretto. Come reagiscono ai momenti di difficoltà, come tengono il testa a testa, come si muovono in gruppo».

Matxin (classe 1970) è uno dei team manager della UAE Emirates. Ha scoperto molti talenti, l’ultimo è Ayuso
Matxin (classe 1970) è uno dei team manager della UAE Emirates. Ha scoperto molti talenti, l’ultimo è Ayuso
Ma adesso Matxin come fai a seguirli visto che sei sempre più impegnato con la UAE Emirates? 

E’ sempre più difficile infatti. Per questo parlo molto con i diesse delle squadre, con qualche organizzatore di fiducia e chiedo loro come è andata la corsa. Non guardo solo al risultato perché tra i giovani spesso la gara ha certo un andamento, non c’è il controllo come tra i professionisti. Tutti hanno e devono avere le loro chances. Spesso va via la fuga. Guardate anche l’altro giorno quando ha vinto Lorenzo Milesi. Quindi non conta solo il risultato, ma anche come questo arriva.

Come fai a capire qual è la squadra giusta per quel corridore? Come proponi il ragazzo al team?

Questa è una cosa molto importante. Trovare una squadra adatta significa molto. Se ho tra le mani un ragazzo norvegese non lo piazzo, nel limite delle possibilità, in una squadra latina. Fa fatica ad ambientarsi. Ma uno spagnolo che già parla bene inglese, magari lo mando nella squadra di Axel Merckx. Dipende molto dal ragazzo stesso e non solo dal suo essere corridore.

Cioè?

Nicolas Gomez, che ora è alla Colpack-Ballan, per esempio aveva bisogno di un ambiente latino. In teoria, essendo un velocista poteva anche stare bene in una squadra belga. Ma probabilmente quello non era il suo ambiente migliore, non lo era per il suo carattere.

La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più al “mercato” italiano
La Bardiani Csf Faizanè ha iniziato un progetto giovani, ma il loro scouting mira più al “mercato” italiano
Si parla spesso di juniores che fanno subito il salto tra i pro’, magari pensiamo ad una Bardiani-Csf-Faizanè che ha messo su il settore U23, come fai a capire chi è pronto e chi no?

Non siamo tutti belli, né tutti brutti: non si può generalizzare. Per qualcuno può essere presto, per altri prestissimo, ma puoi provare. Anche per Ayuso era presto per passare in un grande team, forse anche per la Colpack, ma poi ci parli e ti rendi conto che non stai dialogando con uno di 16-18 anni, ma con un ragazzo che è almeno due passi più avanti degli altri. Devi quindi fare un “Doc” (una documentazione, ndr) per ognuno. E capire: chi può andare in Belgio, chi può passare pro’, chi deve restare dov’è, chi andare tra gli under 23. Devi ascoltare anche i loro manager, per trovare il posto giusto.

Hai nominato la parola manager: però loro hanno altri interessi riguardo ai ragazzi. Per loro sono tutti forti…

E’ importante avere un buon rapporto con loro, i manager. Le squadre vogliono i migliori. Devi parlare con fiducia e riuscire ad individuare la scelta giusta e questo poi si ripercuote anche a livello contrattuale. Spesso succede che un ragazzo proprio nel passaggio, nei primi tre anni, sbagli squadra. Non riesce ad esprimersi e perde due, tre stagioni. E questo è un ostacolo alla sua crescita, ma anche alla sua forza contrattuale. A 26 anni, infatti, ti pagano per quello che hai fatto (nel bene e nel male, ndr), a 21-22 per quello che puoi fare.

Tu controlli circa 20 juniores, giusto?

Venti? Venti per Paese almeno…

Quindi ormai hai una tua rete chiaramente: non puoi seguirli tutti da solo?

No, ho dei contatti. Con qualcuno parlo direttamente, altri mi contattano, parlo come ho detto con i vari direttori sportivi. Per esempio, in questi anni abbiamo osservato 100 colombiani. C’è un ragazzo che va bene e voleva venire in Europa. L’ho portato in una squadra spagnola anziché in un altro Paese. E poi anche il team dove va deve essere convinto di prenderlo.

La fuga è un elemento fondamentale per l’osservazione dei ragazzi: impossibile giudicare le categorie giovanili solo dagli ordini d’arrivo
La fuga è un elemento fondamentale per l’osservazione dei ragazzi: impossibile giudicare le categorie giovanili solo dagli ordini d’arrivo
In che senso?

Se prendi un colombiano devi assicurarti che la squadra abbia un buon budget, perché se il ragazzo ha bisogno di tornare a casa due, tre volte l’anno gli si deve pagare il volo (o comunque deve potervi far fronte, ndr). Poi magari c’è anche quello che riesce a stare fuori casa tutto il tempo. Io come tecnico valuto il corridore, ma devo vedere anche il lato umano.

Tra la esperienza e la tua vasta rete di ragazzi visionati, non avete pensato di fare un team giovanile in UAE Emirates?

Lo abbiamo pensato e l’idea piace, però ci sono dei pro e dei contro. Fra i pro c’è che chiaramente riesci a controllare e a visionare i ragazzi in modo più semplice e diretto. Il contro è che non sempre porti tutti quei corridori in prima squadra. Faccio un esempio. Io di quel gruppo ne ho tre bravi, ma ho spazio solo per due. Alla fine il terzo va da un altro e gliel’ho cresciuto io. O al contrario sei tu che ne vai a pescare uno da un altro team. E poi devi fare anche un bilancio sportivo.

Cioè?

Per esempio ho tre scalatori forti, ma serve un velocista e tu non ce l’hai, sei costretto a prenderlo da un altro. Servono tutti i tipi di corridori: chi tira, chi porta avanti lo sprinter, lo scalatore… Deve essere bilanciato un team. Anche così decidi chi prendere e chi no.

Stanga

Stanga, smettere presto è sempre colpa dei corridori?

18.01.2022
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Quella frase di Alex Carera continua a risuonare nella mente: «Coloro che smettono non sarebbero nemmeno dovuti passare». Ne avevamo parlato anche nell’editoriale della settimana scorsa, perché in essa è contenuto molto del malessere che vive attualmente il ciclismo italiano. Si parla tanto di passaggi precoci al professionismo, ma nella storia italiana periodi simili non sono una novità, lo ha raccontato anche un campione del secolo scorso come Silvano Contini. Allora dov’è la verità?

Per approfondire il discorso abbiamo voluto confrontarci con Gianluigi Stanga, marinaio di lungo corso che ha vissuto molteplici ruoli nel ciclismo professionistico (ha anche il patentino Uci come procuratore), per verificare innanzitutto se è davvero un problema nuovo con cui dobbiamo aver a che fare.

«Ci sono stati più periodi – dice – nei quali si passava pro’ appena scavallata la maggiore età. Non solo ai tempi di Saronni e Contini, non dimentichiamo ad esempio Pozzato, anche lui passò professionista sulla base dei risultati nelle categorie giovanili. Quando il talento emerge in maniera prepotente, è chiaro che si tende a massimizzare e a iniziare la carriera che conta quanto prima. Allora però le squadre erano composte al massimo da 14-15 corridori, oggi ne hanno il doppio e quindi si pesca con maggiore frequenza».

Carera 2021
Alex Carera, procuratore, ha messo sul piatto una prospettiva diversa sui passaggi precoci
Carera 2021
Alex Carera, procuratore, ha messo sul piatto una prospettiva diversa sui passaggi precoci
Venendo nello specifico, Carera ha ragione?

Per alcuni versi sì, ma è chiaro che i procuratori fanno di tutto per accelerare i tempi. Guardiamo il caso di Ayuso, appena ha iniziato a ottenere risultati è subito passato, io credo che rimanere ancora fra gli under 23 gli avrebbe fatto bene, anche per incassare meglio le giornate storte che ci sono state e ci saranno, come per ogni corridore. Poteva bastare anche terminare la stagione, poi affrontare il nuovo anno nella categoria maggiore con meno pressioni.

Perché il passaggio di categoria è così traumatico?

E’ un ciclismo diverso, con molta più pressione e pochi si adattano subito. Nelle categorie precedenti si è tutti coccolati, quando passi sei uno dei tanti e molti si sentono abbandonati. Alla fine emergono quelli che hanno più carattere, quindi è parzialmente vero che i corridori prima di passare dovrebbero pensarci bene, è pur vero però che poi hai il terrore che il treno non passi più e i procuratori, che nel tempo si sono moltiplicati, spingono per farli passare.

Saronni Moser 1980
Un giovanissimo Saronni in maglia tricolore, insieme al “nemico” Moser. Beppe passò a 19 anni, nel ’77
Saronni Moser 1980
Un giovanissimo Saronni in maglia tricolore, insieme al “nemico” Moser. Beppe passò a 19 anni, nel ’77
E’ giusto dire che vendono il loro prodotto?

Solo in parte. Un procuratore non finisce il suo lavoro quando il corridore ha firmato il contratto, ma deve continuare a seguirlo, deve aiutarlo a emergere perché solo così anche lui potrà guadagnare. Nel calcio è più semplice, i giocatori hanno tempo per emergere, ci sono le squadre Primavera, qui invece si consuma tutto più in fretta, da junior puoi essere un vincente, ma da pro’ non è detto che sia la stessa cosa.

Non sarebbe il caso di porre un freno, imporre una militanza nella categoria, se non per tutta la sua durata almeno per parte?

Le regole ci sono in Italia, ma si aggirano facilmente con la residenza estera, perché il problema è a monte, nel regolamento internazionale che è cambiato con le Olimpiadi. Mi spiego meglio: prima del 1992 c’erano due federazioni distinte, quella per professionisti e per dilettanti, che comunicavano ma gestivano autonomamente l’attività. Poi con l’avvento dei professionisti alle Olimpiadi in ogni sport, si è proceduto all’unificazione e venendo ai giorni nostri, all’estero il problema non è così sentito come da noi e nessuno ha interesse a rimettere mano al regolamento. Quel che dovrebbe vigere è il buon senso: d’altronde come fai a impedire a un maggiorenne di firmare un contratto proposto? Si rivolgerebbe subito a un tribunale del lavoro vincendo la causa…

Pozzato 2013
Anche Filippo Pozzato passò professionista a 19 anni saltando di categoria
Pozzato 2013
Anche Filippo Pozzato passò professionista a 19 anni saltando di categoria
Sei d’accordo sul fatto che il precoce passaggio di Evenepoel ha provocato danni nell’ambiente?

Tutte le squadre cercano il Remco o il Pogacar della situazione e quindi appena uno vince, anche da allievo, subito si grida al campione. Se hai una squadra di 30 corridori, 10 saranno per le vittorie, 10 per lavorare, fra gli altri puoi anche permetterti di scommettere…

Quale potrebbe essere allora la soluzione?

L’ho detto, il buon senso. Ricollegandosi al ciclismo di una volta, mettendo un limite al numero di ciclisti tesserabili nelle varie squadre, limitando l’attività come giorni di gara, tanto le prove che contano veramente, che cambiano la vita di un corridore e fanno la fortuna di un team sono sempre quelle: una Liegi non potrà mai essere paragonata a un Uae Tour… Manager e diesse, procuratori e corridori, io dico che bisogna lavorare tutti di comune accordo avendo a mente il bene generale e non del singolo, se serve tenere i giovani un po’ di più a bagnomaria, facciamolo, se ne gioveranno più avanti. Ma mi rendo conto che sto parlando di un’utopia, vista la società nella quale viviamo…

Procuratori, sul valore dei corridori sentiamo anche Scimone

07.01.2022
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Continua il nostro viaggio nel mondo dei procuratori. Dopo aver ascoltato il parere di Alex Carera, ci siamo rivolti ad un altro procuratore di lungo corso, Raimondo Scimone. A lui abbiamo rivolto sostanzialmente le stesse domande del suo collega. Abbiamo gettato sul piatto della discussione lo stesso argomento, vale a dire come viene stabilito il valore di un corridore.

(Da sinistra) Conca, Aleotti e Colleoni ad Extragiro 2020: oggi il giovane deve essere “già esperto” e forte
Da sinistra: Aleotti e Colleoni ad Extragiro 2020. Oggi il giovane deve essere “già esperto” e forte

Età fondamentale

Scimone ha iniziato questo mestiere all’inizio degli anni 2000, i primi contatti con il ciclismo sono del 1999 ma effettivamente opera da vent’anni.

«Come si stabilisce il valore di un corridore? Ah, che domandona! Non è un argomento da poco – scherza Scimone – Il valore di un corridore è chiaramente soggettivo e varia da atleta ad atleta. Il primo parametro che mi viene in mente è l’età, soprattutto in questo periodo in cui le squadre vanno alla ricerca dei giovani.

«È tutto più esasperato. Mi verrebbe quasi da dire che i giovani non hanno più diritto alla gioventù visto che vengono richiesti appunto giovani, esperti, già formati e forti».

«Con la ricerca di giovani questi assumono più valore. E’ anche più facile che un ragazzo di buone prospettive guadagni di più rispetto ad un corridore che già è professionista da 10 anni. Penso ad un atleta di sostanza, che magari non vince moltissimo ma che è sempre presente e ad un neopro’ che ha fatto intravedere qualche risultato. Oggi si ragiona moltissimo in prospettiva».

Scalatori purissimi sempre più rari, qui Sosa
Scalatori purissimi sempre più rari, qui Sosa

Velocista, passista o scalatore?

Anche per par condicio con Scimone abbiamo, come detto, impostato l’intervista sullo stesso binario di Carera, qualche differenza però c’è. E con Raimondo infatti il discorso del valore dell’atleta passa anche dalla tipologia del corridore stesso.

«Oggi il mondo dei professionisti è pieno di passisti veloci. Si sentono moltissimi corridori dire: “Tengo bene, sono veloce, la volata di gruppo non la vinco, ma posso regolare un gruppetto di 20-25 atleti”. E questa tipologia è ancora più frequente nel ciclismo “anglosassone” e per anglosassone intendo un po’ tutto il resto d’Europa tolta la Movistar. Questo per dire che uno scalatore lo “vendo” meglio di un passista, per il semplice fatto che sul mercato ce ne sono di meno».

«Almeno personalmente, ho meno difficoltà nel piazzare lo scalatore piuttosto che il passista veloce. Poi è chiaro che se lo scalatore ha zero vittorie e solo un paio di piazzamenti e il passista veloce ha 12 vittorie, forse riesco a venderlo bene ugualmente. In più bisogna considerare che oggi una figura come lo scalatore puro emerge del tutto solo su salite estreme come il Mortirolo o lo Zoncolan».

«Penso per esempio a Matteo Fabbro, guardando ai corridori di “casa mia”. Dopo un periodo di apprendistato, è venuto fuori lo scalatore che c’è in lui, soprattutto dopo gli ultimi due Giri d’Italia. Matteo però prima ha dovuto guadagnare qualcosa sul passo e in consistenza in generale, e solo successivamente è potuto tornare a valorizzare la sua caratteristica di scalatore. Nella valutazione quindi bisogna considerare anche situazioni simili».

Se fosse interessata ai grandi Giri, sarebbe “facile” piazzare un uomo di classifica alla Alpecin visto che non ne ha in rosa
Se fosse interessata ai grandi Giri, sarebbe “facile” piazzare un uomo di classifica alla Alpecin visto che non ne ha in rosa

I “microparametri”

Lo scalatore si piazza meglio dunque. Il che non fa una piega, è il classico discorso della domanda e dell’offerta.

Scimone poi chiarisce anche che parliamo di corridori bravi. Ci si riferisce quindi ad uno standard medio-alto. Il corridore scarso generalmente dopo il primo contratto non trova più una collocazione, mentre il fenomeno la squadra la trova “da solo”.

«Lo scalatore vale più del passista veloce – riprende il procuratore – Poi dipende anche da dove va e qui entrano in gioco quelli che io chiamo i “micro sottoparametri”, vale a dire quelle caselle che quel team deve riempire. Se per esempio ad una squadra manca il passista veloce magari te lo paga un po’ di più».

«Un altro di questi parametri è la mentalità del risparmio. C’è quel team che è più esposto a questa dinamica e chi invece bada più al sodo e colma quel gap (lo stipendio del corridore, ndr) un po’ più facilmente.

«Faccio un esempio: un cronoman è conteso fra due team, ma per questa serie di “piccoli motivi” o semplicemente perché necessita di un cronoman appunto, da una parte questo corridore prende 100.000 euro di più che dall’altra. Quindi a volte sono anche le esigenze di spogliatoio a determinare la valutazione di un atleta».

Scimone tra due dei suoi assistiti più esperti: Domenico Pozzovivo (a sinistra) e Alessandro De Marchi (a destra)
Scimone tra due dei suoi assistiti più esperti: Domenico Pozzovivo (a sinistra) e Alessandro De Marchi (a destra)

Scouting in prima persona 

È curioso poi anche capire come avviene l’approccio fra procuratore e corridore. Chiaramente ognuno ha i suoi metodi. Noi ci immaginiamo il procuratore che va alle corse e si avvicina al ragazzo che lo ha colpito con la sua azione sul campo.

Per esempio, avevamo visto che Alex Carera aveva una sua rete di talent scout e lui stesso poi osservava i files di ordini d’arrivo e palmares.

«Io – riprende Scimone – non ho questa rete definita di talent scout. L’approccio lo faccio da me, anche per questo motivo ho meno atleti rispetto ai Carera. Ascolto il passaparola soprattutto dei corridori che già seguo. Ho dei rapporti con dei direttori sportivi, con questo o con quel team… Parlo con loro chiaramente e poi sgomitiamo con gli altri procuratori!».

«La categoria che inizio ad osservare è quella degli juniores, gli allievi assolutamente no – ribatte secco Simone – è anche vero però che anni fa dicevo tutto ciò degli juniores e adesso invece si va a pescare proprio lì».

«In questa categoria (juniores, ndr) i ragazzi non hanno una maturità fisica e neanche psichica. Tutto può cambiare in breve tempo. E anche in corsa spesso si vedono strategie scriteriate. Quindi ancora di più non mi sento di approcciare gli allievi. Poi è anche vero che se il De Marchi della situazione (suo assistito, ndr) ha un fratello che corre negli allievi e mi dice: “Raimondo, voglio che lo segui te”, un occhio glielo dò. Ma è tutt’altra tipologia di approccio».

Sia Scimone che Carera ci hanno detto che non si tratta con gli allievi, ma sarà sempre così?
Sia Scimone che Carera ci hanno detto che non si tratta con gli allievi, ma sarà sempre così?

I primi stipendi

Il procuratore è una figura molto importante per il corridore, cura i suoi interessi e il più importante è chiaramente quello dello stipendio. Ma quando si inizia lavorare con corridori così giovani, come gli juniores, quando percepisce la sua percentuale il procuratore? Prende qualcosa già da quando gli trova squadra fra gli U23?

«Prima di tutto – conclude Scimone – io vorrei che il corridore non vedesse il procuratore come una figura che incide nel suo bilancio e basta. Io dedico del tempo e del denaro per portarlo al professionismo. Poi da lì chiaramente anche io inizierò a guadagnare.

«Prima di arrivare ai professionisti non percepisco nulla dal mio assistito. Chiedo, parlo, e mi muovo presso i team con cui ho più confidenza, ma nella trattativa non metto bocca. E addirittura anche dopo essere arrivato al professionismo, se quell’atleta non raggiunge un livello economico soddisfacente io non prendo nulla. Ognuno ha il suo metodo».

Carera 2021

Il valore di un corridore? Parola ad Alex Carera

04.01.2022
7 min
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Al pari del calciomercato anche nel ciclismo in qualche modo si parla spesso di acquisti, di nuove leve, di stelle da scoprire… In tutto ciò gioca un ruolo centrale la figura del procuratore, colui che aiuta il corridore non solo a trovare una squadra ma anche un buon contratto. Noi vorremmo capire come viene stabilito il valore “di mercato” di un corridore e per farlo ci siamo rivolti Alex Carera, uno dei procuratori più esperti.

Dopo due stagioni alla corte di Gianni Savio, nel 2018 Egan Bernal passò al Team Sky
Dopo due stagioni con Savio, nel 2018 Bernal passò al Team Sky

Contratti e penali 

«Innanzitutto va fatta una precisazione – spiega Alex Carera – rispetto al basket o al calcio in cui c’è un valore del cartellino dell’atleta, nel ciclismo questo non esiste. In qualche modo sono tutti svincolati e non è possibile fare delle plusvalenze. Detto ciò, ci sono però le penali».

La penale può essere equiparata al valore del cartellino. «La penale è obbligatoria in un solo Stato ed è la Spagna. E’ una cifra che si stabilisce in merito alla “forza” di quel corridore. In pratica se si paga alla squadra il valore di quella penale, il corridore è svincolato e torna ad essere libero. Per esempio proprio Pogacar ha una penale, altissima, per essere svincolato dalla UAE. Abbiamo stabilito una cifra che il team manager Gianetti ha accettato».

A questo punto però ci viene in mente il caso Bernal. Quando fu venduto da Gianni Savio all’allora Sky (oggi Ineos), per il colombiano c’era un “costo del cartellino”.

«Intuito il valore assoluto dell’atleta, Savio aveva previsto nel contratto che, se fosse arrivata una proposta da un team WorldTour entro un certo termine, avrebbe avuto diritto ad un indennizzo per rescindere appunto il contratto tra la sua squadra e l’atleta in questione (un importo che il piemontese ha chiamato “premio di valorizzazione”, ndr). Ma non è stato il solo caso. C’è stato anche quello di Masnada. Per Fausto addirittura questo è accaduto due volte: nel passaggio alla CCC e da qui alla Quick Step, chiaramente con importi diversi».

La festa organizzata da A&J All Sport per i propri assistiti. In primo piano a destra anche Johnny, in ripresa da un brutto incidente d’auto
La festa di A&J All Sport. A destra anche Johnny, in ripresa da un incidente d’auto

Il valore dell’atleta

Come si fa a stabilire un valore di mercato? A quanto pare non è solo il procuratore che attribuisce un valore.

«E’ il mercato stesso che dà una valutazione al corridore – riprende Carera – chiaramente ogni procuratore ha un’idea di base sul proprio atleta. Gli dà una stima. Ma lo stipendio non lo stabilisce né il team, né il procuratore, né il corridore. E’ appunto il mercato a determinarlo. Molto poi dipende anche dalla situazione del corridore stesso, se questo è in crescendo o in calando. E addirittura può variare nel corso della stagione.

«Faccio un esempio banale. Prendiamo Covi. Alessandro inizia il 2021 con un determinato valore. Dopo un buon Giro d’Italia ne assume un altro e dopo San Sebastian ne ha un altro ancora. E più il corridore è giovane e più vale, perché potenzialmente può migliorare».

Leggere il mercato

E qui secondo Alex Carera interviene l’abilità del procuratore. La sua intuizione nel sapersi muovere in anticipo.

«Il bravo procuratore è colui che sa leggere il mercato, capire ed analizzare l’evoluzione dell’atleta e della situazione. Se nasce una nuova squadra automaticamente aumenta il valore contrattuale di ogni corridore. Ci sono più posti a disposizione e quindi più scelta.

«Se al contrario chiude un team, il valore si riduce, specie per chi è in scadenza di contratto. Il caso della Qhubeka per esempio ha provocato un abbassamento del valore medio. Poi è anche vero che chi è davvero forte, da una situazione così, ne può anche approfittare per accaparrarsi uno stipendio buono dal team che lo andrà a prendere».

Per Carera, Vingegaard (classe 1996), secondo al Tour, è la sorpresa del 2021
Per Carera, Vingegaard (classe 1996), secondo al Tour, è la sorpresa del 2021

Il potenziale

Carera ha parlato di potenziale. Quanto cioè un atleta può fare: crescere, raccogliere, vincere… Chiaramente se è giovane tutto assume un altro valore. Quanto incidono dunque il potenziale e soprattutto l’età nell’andare a stipulare un contratto?

«L’età – dice – conta moltissimo. Se tu vinci una Roubaix a 23 anni potenzialmente puoi vincerne almeno altre cinque. Se ne vinci una a trent’anni, ne puoi vincere un’altra o due al massimo. Quindi l’età conta, ma conta di più vincere presto. Prima vinci, prima raggiungi certi livelli e più assumi valore. Anche perché va fatta una considerazione: si fa presto ad aumentare il valore, mentre ci vuole di più a perderlo in quanto subentra una questione d’immagine che ci si porta dietro nel corso delle stagioni».

Sorpresa Vingegaard

Però non sempre oggi il mercato tende a ragionare in base alle vittorie. A volte si dà un alto valore ad un corridore anche se questo da giovane non ha vinto o non è esploso definitivamente. Per esempio ci viene in mente Fortunato, re dello Zoncolan, buon corridore e ottimo potenziale. Ad un certo punto della stagione era sulla bocca di tutti.

In questo caso Carera fa dei chiarimenti. «Secondo me non è un esempio calzante, Lorenzo non è così giovane. E per il mercato se tu hai vinto la tappa dello Zoncolan o un’altra cambia poco. Lui è già al terzo o quarto anno da pro’.

«Per me un esempio calzante in tal senso potrebbe essere Vingegaard. Per me lui è stata la vera sorpresa del 2021 con il secondo posto al Tour de France. Un qualcosa di grandioso. Il problema per il danese è che questo risultato non lo ha colto quattro o cinque anni fa da neoprofessionista, ma a 25 anni. Jonas non è passato da predestinato, per questo ha un valore sottostimato».

Oggi la categoria juniores è uno dei bacini maggiori per i team e i procuratori
Oggi la categoria juniores è uno dei bacini maggiori per i team e i procuratori

Sempre più giovani

L’età media nel passaggio tra i professionisti si sta abbassando. Squadre e procuratori vanno a cercare atleti sempre più giovani, tra gli juniores sicuro e forse anche tra gli allievi, proprio per il discorso del potenziale.

«Tra gli allievi no – dice Carera – non è neanche una categoria internazionale UCI. Oggi essendoci più procuratori nel mondo o presunti tali, si va alla ricerca di atleti sempre più giovani anche perché se ci lavori bene hai più probabilità di mantenerli nel corso degli anni. I contratti si sono allungati per durata, sono a lunga scadenza. Vedere contratti triennali è molto più normale rispetto ad una volta.

«Noi (l’agenzia di Alex e Johnny Carera è la A&J All Sport, ndr) lavoriamo su due mondi. Vediamo i file, gli ordini di arrivo da una parte e abbiamo una rete di talent scout dall’altra. Con loro andiamo a scoprirli sul campo, magari anche in Paesi diversi. Per esempio abbiamo Diego Millàn per l’America, Andrea Noè per l’Italia o Intxausti per la Spagna. Lì cerchi di scoprire nuovi talenti, chi ha margine di crescita. Poi è chiaro, una volta avremmo preso un corridore all’ultimo anno tra gli under 23, adesso lo andiamo a pescare al primo anno da juniores».

Il contratto

«Il valore di un corridore – dice Carera – è un cocktail di più elementi. Il primo è l’età, poi la progressione atletica, perché un exploit da “0-100” non contribuisce ad un grosso aumento di valore mentre una certa costanza sì. In Italia, per esempio, abbiamo due giovani che in tal senso sono molto appetibili: Alessandro Covi e Andrea Bagioli.

«Entrambi stanno crescendo con costanza, quindi sono affidabili. Un altro elemento del cocktail è la nazionalità. Un americano vale di più di un corridore croato, per il semplice fatto che negli Stati Uniti c’è più movimento di bici, di sponsor, di marchi interessati. Altra cosa che conta molto oggi sono i follower sui social».

«Tutti questi elementi sono portati nella trattativa con i team. Ma, come ripeto, quello che conta è il valore di mercato. Se tre team ti offrono un milione per quel corridore, vuol dire che il suo valore riconosciuto è quello. Tu procuratore non puoi pensare di ottenerne due. Al contrario se tu pensavi che valesse 500.000 euro e invece ci sono due o tre team che arrivano ad offrirti 750-800.000 ti adegui. Ti adegui in entrambi i casi».

«In fase di trattativa non si deve guardare solo all’offerta economica. Il buon corridore ha sempre più di una sola offerta, ha almeno due squadre che lo seguono. E lui deve scegliere non solo in base i soldi, ma in base al progetto che c’è dietro. I soldi sono la conseguenza di un buon lavoro. Il buon procuratore consiglia questo».

Ballan 2021

Ballan, oggi sarebbe possibile un altro… Ballan?

21.10.2021
5 min
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Qualche giorno fa, chiacchierando nell’ambiente è rispuntato fuori un assioma: «Al giorno d’oggi Alessandro Ballan non sarebbe passato professionista, così avremmo perso un Giro delle Fiandre e un campionato del mondo». Un concetto che in sé riassume un tema che stiamo portando avanti da tempo, quello dell’eccessiva fretta che pervade il ciclismo attuale che brucia corridori in età ancor prematura e che è all’esasperante ricerca di talenti sempre più giovani.

Non potevamo non affrontare l’argomento chiamando in causa lo stesso Ballan, al quale raccontiamo il piccolo episodio trovando in lui piena conferma: «E’ verissimo, io ho fatto 6 anni da dilettante e sono passato pro’ a 25 anni, nel 2004, quando ormai non ci speravo più».

Come mai una militanza così lunga?

Ci sono varie ragioni. Nei primi due anni ebbi grandi problemi a un ginocchio, persi in pratica le stagioni dovendomi operare due volte. Poi la maturità e subito dopo arrivò il servizio militare. In due anni feci 28 gare, davvero pochine per mettersi in mostra. Quei due anni però mi avevano preservato dall’attività forsennata, iniziai a fare il corridore seriamente nel nuovo secolo, fra la Trevigiani e la Cyber Team. Il problema è che ormai mi consideravano vecchio per il passaggio.

Ballan Fiandre 2007
Alessandro Ballan in trionfo al Giro delle Fiandre 2007, battendo nello sprint a due il belga Hoste
Ballan Fiandre 2007
Alessandro Ballan in trionfo al Giro delle Fiandre 2007, battendo nello sprint a due il belga Hoste
Che cosa accadde allora?

Si interessò Wilier, il patron della squadra che provò a sondare il terreno e non gli dirò mai grazie abbastanza. Alla fine trovò un contatto con la Lampre, ma il mio approdo nel ciclismo che conta ebbe un inizio quasi grottesco.

Dai, racconta…

Io mi ero messo l’animo in pace tanto è vero che avevo iniziato a lavorare come imbianchino. Un giorno ero in cima alla scala a passare la tinta, squilla il telefono e dall’altra parte sento: «Ciao, sono Fabrizio Bontempi, della Lampre, volevo proporti un incontro per domani…». Non lo feci neanche finire: «Sì, va bene, bello scherzo…» e misi giù. Quando lo dissi al datore di lavoro, quasi mi tirò giù dalla scala. Io neanche conoscevo Fabrizio Bontempi, lui mi disse chi era. Richiamai subito e il giorno dopo firmai il contratto.

Non pensi che l’ingaggio prematuro di Remco Evenepoel abbia rivoluzionato il modo di reclutare corridori nel ciclismo attuale?

Sicuramente, il problema è che come Evenepoel o lo stesso Pogacar ce ne sono pochissimi, ma adesso ci troviamo di fronte a un’esasperazione nella ricerca del talento sempre più precoce. Il problema è che di questa esasperazione i corridori sono vittime, ma i protagonisti sono tanti: diesse, procuratori, genitori stessi. Tutti tesi a far andare i ragazzi sempre più forte col rischio di bruciarli. Quanti ottimi allievi e juniores non sono neanche arrivati al professionismo? Quanti Ballan ci siamo persi per strada?

Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Fiandre e in mezzo il patron Sergio Galbusera
Fabrizio Bontempi 2007
Fabrizio Bontempi, a destra, diesse della Lampre con Ballan dopo il Fiandre e in mezzo il patron Sergio Galbusera
E’ un sistema che copia tantissimo quanto avvenuto nel calcio…

Sì, ma ci sono differenze tecniche molto importanti. Faccio un esempio: Evenepoel al primo anno ha partecipato alla Clasica di San Sebastian e l’ha vinta. Perché? Se guardiamo i suoi dati non è mai andato in soglia. Un altro della sua età, se provava a fare la stessa cosa, prendeva una bastonata solenne, che gli restava dentro e magari gli avrebbe tarpato le ali. Non dobbiamo dimenticare che parliamo di un fenomeno assoluto, ma molti lo dimenticano.

Secondo te il problema è legato alla funzione dei procuratori?

Sì, ma non solo. Per me è assurdo che vadano a cercare e mettere sotto contratto corridori che sono ancora allievi. In questo modo non rendi un servizio al movimento, cerchi solo la gallina dalle uova d’oro… Il ciclismo non fa sconti e l’ho capito sulla mia pelle sin da subito…

In che modo?

Un altro esempio: quando ero junior feci abbastanza punti per accedere alla compagnia Atleti dell’Esercito. Eravamo 100 in tutto, ma almeno 70 di essi avevano punteggi migliori dei miei, il che significa che erano andati meglio di me. Di quelli passarono pro’ in 15 e solo 5 ebbero una carriera durata almeno 6 anni…

Evenepoel San Sebastian 2019
Evenepoel in fuga alla Clasica di San Sebastian 2019. Un fenomeno che ha fuorviato il movimento
Evenepoel San Sebastian 2019
Evenepoel in fuga alla Clasica di San Sebastian 2019. Un fenomeno che ha fuorviato il movimento
Era un altro ciclismo?

Probabilmente sì, ma parliamo di meno di vent’anni fa. Io da junior mi divertivo, pensavo a correre, ma con la testa di un giovane di quell’età, la mentalità professionistica venne dopo, in maniera seria. Oggi invece vedi tutti con cardiofrequenzimetro, Srm, tabelle, nutrizionista, a quell’età è sbagliato.

E’ un problema generale o italiano?

Abbiamo visto che un po’ in tutte le Nazioni c’è la ricerca del campione precoce, ma credo che in Italia sia troppo esasperata. Oggi un caso come il mio è praticamente impossibile, puoi forse accedere a una continental, ma poi è difficile progredire. Gli osservatori dei team WorldTour d’altronde non guardano neanche le gare dei team continental, vanno direttamente sugli under 23 se non addirittura gli juniores. Gli stessi under 23, dopo un paio d’anni nella categoria sono già considerati vecchi. Non c’è più la buona abitudine di aspettare la maturazione di un atleta.

Secondo te la Federazione può fare qualcosa?

La Fci può fare molto, ma molto possono fare anche le stesse società giovanili, pensando a tutelare gli atleti e a insegnargli il mestiere, non solo a cercare i campioni da far passare per avere poi immagine, sponsor, soldi. E’ un sistema che va rivisto dalle fondamenta e tutti devono metterci del loro.

Dopo Carera, sentiamo Perego, il decano fra le donne

08.10.2021
4 min
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Lo ha detto ieri Lorenzo Carera: prima l’unico procuratore fra le donne era Perego. Poi è nato il WorldTour e sono arrivati anche loro. Perego è lo stesso che seguiva Nizzolo e la Paternoster e che lo scorso inverno, più per ripicca che convinzione, decise di candidarsi alle elezioni federali. Di mestiere fa il promotore finanziario e fra le sue più recenti operazioni di ciclomercato c’è la firma di Vittoria Guazzini con la Fdj-Nouvelle Aquitaine (foto di apertura).

Se è vero che lui c’era anche prima, perché non chiedergli di disegnare il suo punto della situazione?

«Lavoro con le donne dal 2018 – dice – ed è vero che l’Italia è un’eccezione. Le straniere hanno gli stessi manager degli uomini e ci sta che con il WorldTour anche la mia categoria inizi a metterci il naso, lo stanno già facendo. Ma in Italia con le donne è molto più difficile. Non puoi prenderne 60 e sperare che qualcuna venga fuori, quei numeri non ci sono e perché il mercato non assorbe così tanto. La Movistar ha un’italiana. La Sd Worx idem. La Bike Exchange ne ha una. La Fdj ne ha due…».

Fabio Perego, Ernesto Colnago, Cordiano Dagnoni
Perego, Colnago, Dagnoni, quando Fabio e il presidente Fci erano dalla stessa parte
Fabio Perego, Ernesto Colnago, Cordiano Dagnoni
Perego, Colnago, Dagnoni, quando Fabio e il presidente Fci erano dalla stessa parte
Com’è fatto l’ambiente delle squadre?

Nelle grandi trovi gli stessi manager degli uomini, per cui ad esempio alla Movistar c’è Unzue e alla Bike Exchange c’è Copeland, mentre altrove ci sono nomi diversi. Nelle squadre più piccole, sono spesso abituati a trattare con le ragazze. Un po’ come i team manager di alcune professional italiane, che quando trova il procuratore vede rosso. E’ un mondo più chiuso.

Hai detto che i numeri non ci sono.

Devi prendere le forti, ma si contano sulle dita di una mano. Poi vai a pescare fra le giovani, che però hanno 18 anni e non danno garanzie. Ci può essere la Barale che va al Team Dsm, altrimenti la loro destinazione sono la Valcar, la Fassa Bortolo, la BePink, le continental italiane. E serve il procuratore per portarle lì? Che cosa vai a chiedergli in termini di soldi?

Francesca Barale, fortissima, passerà nel Team Dsm
Francesca Barale, fortissima, passerà nel Team Dsm
Non stai parlando di squadre tanto piccole…

Hanno un ruolo importantissimo, ma anche un periodo da capire. L’arrivo di team come la Cofidis e le altre che cominciano passerà per un anno da continental, a meno che non trovino una licenza WorldTour da comprare. Di conseguenza si riducono i posti per le continental alle corse, perché è chiaro che certi squadroni avranno la precedenza e così per avere gli inviti si dovranno comprare ragazze con i punti. Ma potrebbe succedere che a questo punto in Belgio inviteranno le squadre belghe e in Francia le francesi, che non hanno bisogno magari di hotel e rimborsi. Per cui se le squadre italiane non entrano nell’ottica di trasformarsi in vivai, altrimenti avranno vita complicata.

Lo stesso problema che hanno le continental fra gli uomini.

Lo stesso problema, che a volte investe anche le professional.

Quindi?

Quindi il lavoro eccezionale della Valcar di questi anni, ad esempio, rischia di perdersi. La ragazzina migliore dopo un po’ va via, soprattutto se c’è il procuratore che la offre allo squadrone.

WorldTour o no, squadre forti come la Valcar possono essere ancora il vivaio del ciclismo italiano
WorldTour o no, squadre forti come la Valcar possono essere ancora il vivaio del ciclismo italiano
E poi c’è la questione dei corpi militari.

Un problema che si aggiunge. Nel momento in cui verrà riconosciuto il vero professionismo alle ragazze, alcune di loro saranno chiamate a fare una scelta importante. E in quei frangenti io farò un passo indietro e spero lo facciano tutti i miei colleghi. Perché è vero che la vita agonistica di una ragazza è potenzialmente più lunga di quella di un uomo, ma è anche vero che si tratta di una scelta di vita. E poi c’è l’aspetto formale.

Che sarebbe?

L’atleta è del Corpo Militare per cui è tesserata, per cui con loro bisogna parlare, trattare, discutere. Se provi a escluderli, possono benissimo mettersi di traverso e non puoi farci niente. Stabilire che l’atleta farà le 5-6 corse all’anno con loro e poi metterla in servizio. E’ chiaro che anche loro hanno a cuore il successo sportivo, ma ricordiamoci che le migliori sono con loro.

Che tipo di concorrenza c’è fra voi del ramo?

C’è chi parla del suo lavoro e chi spiega il modo in cui agisce e perché lo fa. E poi c’è chi parla male del lavoro degli altri. Ci saranno certamente degli sgambetti. Anzi, ci sono già stati…

Dall’esempio di Verre, riflessioni sul passaggio tra i pro’

22.09.2021
5 min
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Alessandro Verre, under 23 di secondo anno passato a fine 2020 dal Team Casillo alla Colpack-Ballan, diventerà professionista il prossimo anno alla Arkea-Samsic con contratto triennale. Il piccolo lucano, molto forte in salita, è stato in alcuni momenti una delle note liete della stagione. Ha vinto tre volte. A Corsanico, nella tappa di Pollein al Val d’Aosta e al Trofeo Città di Meldola, ottenendo inoltre alcuni piazzamenti interessanti. Secondo le logiche del ciclismo di un tempo, quello in cui si cresceva nella squadra dei dilettanti per essere pronti al grande salto, dopo un primo anno così convincente, prima del passaggio avrebbe avuto bisogno di un’altra stagione per consolidarsi. Secondo le logiche del ciclismo di oggi e vedendo lo sport come un lavoro, perché non dovrebbe passare?

Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale
Alessandro Verre vince il Trofeo Città di Meldola: è il 18 aprile, prima vittoria stagionale

Non ancora vent’anni

Verre compirà 20 anni il prossimo 17 novembre. E’ forte in salita, ma al confronto con compagni già maturi come Baroncini e Gazzoli avrebbe forse bisogno di formarsi ancora.

«A chi lo avrà il prossimo anno – dice il suo direttore sportivo Antonio Bevilacqua – suggerirei di seguirlo con più attenzione negli allenamenti, di parlarci più di quello che si fa abitualmente con un corridore esperto. Lui è forte e talentuoso e per la preparazione si fa seguire da Pino Toni. Magari continuerà a lavorarci ancora. E’ stato un po’ una sorpresa il fatto che abbia deciso di passare, avrebbe potuto fare qualche corsa tra i professionisti anche con noi, ma ha deciso così e per questo gli facciamo i migliori auguri».

Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia in Toscana. Le sue considerazioni sul passaggio sono molto interessanti
Pino Toni dirige il centro Cycling Project Italia. Le sue considerazioni sul passaggio sono interessanti

Una corsa sfrenata

Verre per gli allenamenti lo segue Pino Toni, si diceva. E a lui ci rivolgiamo per capire se il ragazzo sia veramente pronto per il passaggio.

«Analizziamo i fatti – dice – i procuratori iniziano a collaborare con ragazzi sempre più giovani e chiaramente devono immetterli nel mercato del lavoro. Li propongono alle squadre a discapito di quelli che ci sono già. I posti nel mondo del professionismo sono quelli, per mettere dentro uno nuovo, tolgo spazio a uno che c’è già, che sia mio o di un altro. Il lenzuolo è corto. E magari ragazzi che hanno fatto solo due anni di professionismo e non hanno avuto i risultati che ci si aspettava, ragazzi su cui le squadre potrebbero investire ancora, si ritrovano senza lavoro. Io mi domando, l’atleta che smette è stato “bruciato” dalla precocità atletica o dalla ricerca sfrenata del fuoriclasse? Tutti vogliono proporre il giovane perché sperano di avere il Pogacar e il Bernal che a 20-22 anni vince il Tour. Quindi bruciano quelli passati prima».

Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre
Alessandro Verre è uno scalatore molto forte: classe 2001, compirà 20 anni a novembre

Caccia al fenomeno

Il sistema è chiaro, il meccanismo sotto gli occhi di tutti. Se le continental protestano, si ritrovano contro i procuratori che ormai presidiano il fronte e hanno sui corridori maggior ascendente rispetto ai direttori sportivi. E così il meccanismo che si è messo in moto a fine 2018, quando Evenepoel ha sbalordito il mondo, va avanti a tutto vapore.

«Io spero che fra qualche anno cambierà – dice ancora Bevilacqua – perché non tutti sono fenomeni. E magari anche le squadre dei professionisti ci penseranno bene prima di prendere così tanti ragazzini. La sensazione però è che abbiano tutti paura di perdere il fenomeno, per cui continuano a farli firmare giovanissimi. Mi chiedo se chi investe nelle squadre continental o quelle dei dilettanti andrà avanti a oltranza, sapendo che basta un piazzamento per perdere il corridore su cui ha investito».

Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo
Lo staff tecnico della Colpack-Ballan al gran completo, con Valoti, Rossella Di Leo, Ayuso, Antonio Bevilacqua e Flavio Miozzo

L’età giusta

A un certo punto, insomma, ti rendi conto che lo standardi per il passaggio al professionismo non dipende dal livello tecnico raggiunto e dalla maturazione dell’atleta, bensì dalla capacità del mercato di assorbire nuovi atleti a scapito degli altri.

«A che età si è pronti per andare a lavorare? E’ un dilemma – riprende Toni – è chiaro che se le squadre continental ti dessero la tranquillità di uno stipendio, anche Verre potrebbe restare ancora nella categoria con i giusti stimoli. Ma come fai a suggerirgli di fare un altro anno con un rimborso spese se di là ti propongono uno stipendio superiore a quello di un impiegato di banca? Se lo seguirò ancora? Non lo so, abbiamo lavorato benissimo e c’è stima di entrambi, ma quando sei professionista devi anche attenerti a quello che ti scrivono sul contratto, per cui vedremo. Difficile dire se sia troppo giovane per passare, ma di sicuro ormai è diventato tutta una corsa al ribasso. Magari c’è anche un aspetto economico, nel senso che un corridore giovane ti costa sicuramente meno e ha meno pretese. La storia dice che tanti si sono bruciati, ma tanti sono andati avanti. Magari arriveranno ai 32-33 anni e poi smetteranno, l’importante è che abbiano preso dal ciclismo quello che potevano, prima di entrare per tempo nel mondo del lavoro».