Alla partenza della penultima tappa del Tour of the Alps da Naturno, mentre Thibaut Pinot si scaldava sui rulli, il diesse Philippe Mauduit in un angolo li osservava e intanto spiegava.
«Il problema è la schiena – diceva – e non passa. Da quella caduta il primo giorno dell’ultimo Tour, a Nizza. Abbiamo visto ortopedici e osteopati, ma il primo disse le parole giuste. Questo tipo di lesioni sono meno gravi di una frattura. Ma una microfessura nell’articolazione sacroiliaca è lunga da far guarire. Possono servire dai 6 agli 8 mesi, fino a un anno. Thibaut sta certamente meglio. Ci sono dei giorni in cui si allena senza sentire dolori e altri in cui non riesce a stare sulla bici. In corsa magari sta per due ore a non avere nulla, ma appena serve più forza, deve rialzarsi».
La fuga e la resa
Per questo Pinot ha rinunciato al Giro d’Italia e verosimilmente dovrà rivedere la sua stagione. E’ stato lui per primo a spiegarlo sul traguardo dell’ultima tappa, a Riva del Garda, in cui aveva… beccato la fuga giusta. Solo che mentre Grosschartner è andato all’arrivo e l’ha vinta, il francese ha dovuto rialzarsi.
«Mi sono divertito in quest’ultima tappa – ha detto Thibaut prima di salire sul pullman – ma è stato ancora una volta frustrante, essere stato nella fuga che è andata sino alla fine e non aver potuto lottare per la vittoria. E’ successo come gli altri giorni, più passano i chilometri e meno stavo bene. I risultati sono catastrofici, non c’è stato molto di positivo in questa settimana. Non sono in condizione di fare bene al Giro».
Tre ore di corsa
Alla partenza dell’ultima tappa sembrava di buon umore, scherzando con Bardet in riva al lago di Idro, poi le cose si sono rimesse ad andare male e neppure 24 ore dopo è arrivato il comunicato della squadra.
«Se venissi al Giro – spiegava ancora Pinot a Riva – soffrirei inutilmente e non potrei aiutare la squadra. Non è nemmeno una questione di forma, ma il mal di schiena mi impedisce di esprimermi. E’ difficile da spiegare. Purtroppo più passano i chilometri, più il dolore aumenta e ad un certo punto fa troppo male forzare. Dopo tre ore di corsa, per me si complica tutto. Ma adesso voglio curarmi, lasciarmi alle spalle questi problemi alla schiena per ritrovare il mio livello e lottare con i migliori».
Infiltrazione, no grazie
Alle spalle di tutto questo, una luce positiva c’è e riguarda la dignità e la rettitudine di questo ragazzo introverso ma trasparente. Raccontano i colleghi francesi e conferma la squadra che durante l’inverno, di fronte al dolore che non passava, gli è stato proposto di fare un’infiltrazione. Pinot è sempre stato contrario all’uso di simili pratiche, che nel calcio o nel tennis sono all’ordine del giorno, ma si trattava di un periodo fuori competizione e per potersi allenare accettò.
«Quando vedo l’effetto che l’infiltrazione ha avuto sulla mia schiena – ha raccontato di recente Thibaut a L’Equipe – mi dico che avrei potuto finire diverse gare. Ma nonostante questo non ho mai avuto intenzione di ricorrervi in gara. Preferisco rimanere retto nella mia convinzione».
Modello ciclismo
Sull’argomento nelle scorse settimane è arrivato anche il commento del tecnico francese Thomas Voeckler.
«Una posizione che va a suo merito – ha detto – e non sorprende che venga da lui. E’ uno di quei corridori che hanno una chiara concezione della propria professione. Nessuno dubita della sua integrità, come si fa oggi per altri corridori. La bicicletta, dopo essere stata additata, ora viene mostrata come esempio. In altri sport, alcuni campioni vengono dipinti come dei duri, perché giocano sotto infiltrazione».
Intanto però a margine di tanti discorsi, Pinot e la sua microfrattura hanno ripreso mestamente la via di casa. Nel team cresce intanto l’astro di Gaudu, ma per la simpatia verso il “vecchio” Thibaut, che comunque non ha ancora compiuto 31 anni, speriamo possa presto venirne a capo.