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Lite tra Gaudu e Demare. Mauduit la chiude così

01.02.2023
5 min
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Acque agitate in casa Groupama-FDJ. Negli ultimi giorni le cronache relative al team francese, si sono occupate delle polemiche roventi innescate da David Gaudu nei confronti del suo coequipier Arnaud Demare (nella foto d’apertura de L’Equipe i due “contendenti”). Il più giovane, quarto lo scorso anno al Tour, non ci è andato leggero, prendendo spunto dalla presenza del velocista nel ritiro della squadra dedicato prevalentemente agli scalatori.

Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della squadra francese (foto Groupama-FDJ)
Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della squadra francese (foto Groupama-FDJ)

«Al Tour non ce lo voglio»

«Ha scelto lui di venire, se poi è distrutto di che si lamenta? – sono state le parole espresse da Gaudu – vuole venire al Tour? Il posto non è garantito, anzi vorrei che non venisse. Non ce lo voglio».

A questo Gaudu, un fiume in piena, ha fatto seguire altro: «Tra me e lui non va, mi manca di rispetto dal 2017, l’ho sentito io dire: “Non salgo in ascensore se c’è Gaudu” e durante delle riprese ha anche tentato di farmi cadere. Non lo sopporto e lo sa benissimo».

Successivamente, come sempre succede, Gaudu ha ritrattato, affermando che erano parole che dovevano rimanere riservate e che ha chiesto scusa alla squadra e al diretto interessato. Ma la frattura è ben lungi dall’essere sanata.

Lo stesso team manager del team, Marc Madiot ha detto: «Non m’interessa molto che siano amici, se devono correre insieme lo faranno e infatti alla Parigi-Nizza dovranno farlo. Non sempre se sei amico di qualcuno significa anche che ci lavori bene insieme. Quella di Gaudu è stata una ragazzata».

Un estratto della chat dove sono comparse le roventi parole di Gaudu su Demare
Un estratto della chat dove sono comparse le roventi parole di Gaudu su Demare

Conta la corsa

Madiot per certi versi minimizza, ma il tema resta e per saperne di più abbiamo chiesto lumi al diesse della squadra Philippe Mauduit, che spiega innanzitutto come sono trapelate le parole “dell’enfant prodige” transalpino.

«Partecipava a una di quelle chat associate ai videogiochi, rispondendo ad alcune domande, non pensava che sarebbero uscite da quel contesto. Diciamo che è stata una leggerezza cadere nelle provocazioni e David si è scusato per questo. Noi siamo allineati con la posizione di Madiot, quel che conta è la squadra».

Far coesistere due persone di primo piano che non si sopportano (anche se va detto che da Demare non c’è stata alcuna replica) non è semplice: «Noi guardiamo quel che avviene in corsa e in allenamento, quel che si fa per la squadra. Se la diatriba coinvolge il lavoro, allora diventa un problema e noi lo affrontiamo come tale. Sanno bene entrambi che i primi penalizzati sarebbero loro, se non si fa ciò che viene chiesto.

«Non mi sembra una storia così eclatante, sono cose che nell’ambiente possono succedere: considerate che un team ciclistico coinvolge qualcosa come 140 persone, impossibile che tutti vadano d’accordo, ma la collaborazione deve essere sempre massima».

Gaudu ha chiuso 4° all’ultimo Tour e ora punta decisamente al podio. Esordirà al Tour des Alpes Maritimes
Gaudu ha chiuso 4° all’ultimo Tour e ora punta decisamente al podio. Esordirà al Tour des Alpes Maritimes

Demare senza treno

Va anche detto che, in base alle loro caratteristiche tecniche, Gaudu e Demare non avranno così tante occasioni di coesistenza.

«Questo è vero – continua Mauduit – ma ci saranno comunque, come alla Parigi-Nizza. Vorrei chiarire un punto sul Tour de France: se Demare non ci sarà, non è certo per le parole di Gaudu. Noi dobbiamo valutare quel che è meglio per la squadra e nel prossimo Tour ci saranno poche occasioni per i velocisti, al massimo sei tappe».

L’occasione viene buona anche per chiarire un aspetto tecnico legato proprio a Demare, che ricordiamo da quest’anno sarà privo del suo “pesce pilota” abituale, Jacopo Guarnieri.

«Arnaud – dice Mauduit – sa bene che non può avere un treno a lui dedicato, ma è così ormai già da un paio d’anni. L’ultima Parigi-Tours l’ha vinta correndo senza un treno, giocandosi le sue carte da solo. Se guardate, ormai i veri e propri treni per velocisti sono pochissimi, inoltre bisogna considerare che ormai vere volate non ci sono quasi più: trovi sempre o una salitella finale che fa selezione, o una curva in prossimità dell’arrivo che scompagina il gruppo e così via».

La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022, senza un treno a lui dedicato
La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours 2022, senza un treno a lui dedicato

Un team, più obiettivi

Probabile quindi che Demare venga dirottato sul Giro d’Italia, dove comunque le occasioni per uno sprint non saranno poi molte di più: «Probabile, non sicuro. Quando gestisci un team devi valutare bene che cosa vuoi ottenere. Se hai il corridore che va per vincere, come Pogacar o Vingegaard, allora costruisci la squadra su di lui. Se hai un corridore che può – e il verbo è importante – salire sul podio non puoi vincolare tutto il team a questo, devi pensare anche alle tappe, devi fare una valutazione generale per portare a casa quanto più possibile».

«Demare si deve adattare a correre senza un treno, ma anche i compagni devono adattarsi a non avere una squadra completamente bloccata pensando alla classifica. Per questo dico che David e Arnaud devono collaborare, quel che conta è il team».

Due punte, meglio di una. Pinot e Gaudu verso il Tour

24.06.2022
5 min
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Stefano Garzelli è della “vecchia scuola”: per lui meglio il capitano unico. Ma è altrettanto vero che il varesino sa bene riconoscere le nuove dinamiche e i valori in campo. E per lui contro lo strapotere di Pogacar meglio avere due punte. «Quando hai davanti uno come Pogacar è bene portarne due, perché sai che nel testa a testa sono tutti perdenti», ci aveva detto la maglia rosa del 2000.

E due punte le ha non solo la Jumbo-Visma, la principale rivale di Tadej, ma anche la Groupama-Fdj con Thibaut Pinot e David Gaudu (in apertura foto Instagram).

Correre compatti sarà importante e vitale. Il direttore sportivo Philippe Mauduit ci fa capire meglio come cercheranno di fronteggiare i mostri che si contenderanno la Grande Boucle.

Philippe Mauduit (classe 1968) è il diesse della Groupama-Fdj (foto Twitter)
Philippe Mauduit (classe 1968) è il diesse della Groupama-Fdj (foto Twitter)

Leader e amici

Pinot e Gaudu stanno andando molto forte. Pinot lo abbiamo visto anche dal vivo al Tour of the Alps, Gaudu si è ben comportato al Delfinato, tanto da vincere una tappa. Due punte, due leader quindi… purché non si becchino.

«Tra Pinot e Gaudu – dice con la consueta gentilezza Mauduit – le cose avverranno in modo abbastanza naturale. David ha già dimostrato di mettersi al servizio di Thibaut. E Thibaut al Giro di Svizzera ha dichiarato che è pronto a condividere le situazioni che presenterà la strada con David. E che sarebbe contento di tirare per David visto ciò che ha fatto nei suoi confronti in questi anni».

«Quello che dice Garzelli non è sbagliato, si hanno più possibilità. Pogacar ha vinto il primo Tour praticamente senza squadra. Il secondo ne aveva una migliore e lo ha gestito meglio. Quest’anno ha un team molto più forte. In più Tadej è un fenomeno e i fenomeni sono difficili da destabilizzare. Se avremo le gambe, se saremo in grado, cercheremo di attaccarlo come Ineos-Grenadiers, Jumbo-Visma…».

Alleanze sì o no?

Citando altre squadre Mauduit apre una finestra affascinante: quella delle alleanze trasversali. Un conto è che attacchino in modo alternativo due corridori della stessa squadra e un conto è che lo facciano più capitani di team diversi.

«Alleanze in comune non credo siano possibili nel ciclismo moderno – spiega Mauduit – E’ diverso rispetto a trenta anni fa. I team hanno partner con interessi troppo diversi e specifici. Ognuno fa la corsa per conto suo, pensando di portare in alto i propri colori come meglio può. 

«Magari l’interesse comune può esserci in una tappa: per chiudere su una fuga o mettere in difficoltà qualcun altro. Ma sono alleanze che nascono sul terreno e sul momento».

La chiave comunque è tutta nella frase precedente di Mauduit: “gambe permettendo”. Prima di tattiche, del doppio leader e delle alleanze bisognerà essere in grado di attaccare Pogacar o chi per lui. Semmai Pinot e Gaudu possono stimolarsi negli allenamenti, nel condurre una vita da atleta agguerrito. Il galletto che vuol spodestare il re. Il re che vuole mantenere la sua leadership.

«Entrambi – riprende Mauduit – sono due ragazzi competitivi. Thibaut viene da un anno e mezzo in cui ogni due o tre settimane era costretto a fermarsi. Negli ultimi sei mesi non ha più avuto problemi e pian piano sta tornando ai suoi livelli. Ma è normale. Lui vive per la competizione. Adesso è convinto, tirato, fisicamente sano.

«L’altro, David, è cresciuto ed è sempre più sicuro e motivato. Peccato che alla Parigi-Nizza sia sia rotto una vertebra che gli ha fatto perdere tempo e quindi non ha fatto ciò che voleva al 100%, ma anche lui sta tornando al punto giusto, nel momento giusto. Quindi non dico che sono fratelli, ma di certo sono molto amici».

La squadra francese è andata in sopralluogo due volte sul pavé che il Tour affronterà nella 5ª tappa (foto Instagram)
La squadra francese è andata in sopralluogo due volte sul pavé che il Tour affronterà nella 5ª tappa (foto Instagram)

Lavoro di squadra

La compattezza della Groupama-Fdj si vede non solo dai due leader, ma anche dalla squadra che hanno portato e come hanno preparato l’avvicinamento al Tour de France. Lavori corali nei ritiri, cura degli aspetti tecnici, gare…

Anche se sotto quest’ultimo punto di vista è curioso notare come le due punte in questione non abbiano quasi mai corso insieme in questa stagione. L’unica gara in cui la squadra li ha schierati entrambi è stata il Mercan’Tour Classic, corsa di un giorno datata 31 maggio. Corsa, tra l’altro, sfruttata soprattutto per i sopralluoghi nei giorni successivi, visto che si correva nelle zone alpine.

«Abbiamo fatto i sopralluoghi delle tappe iniziali e due volte quella del pavè. Abbiamo inserito in squadra anche dei ragazzi in grado di tirare per questo tipo di tappe e nel vento».

«Anche le scelte tecniche le abbiamo fatte con l’aiuto della parte del team che fa le classiche. Abbiamo lavorato con loro. Abbiamo scelto ruote speciali. La bici per il pavè sarà la Lapierre Xelius (un po’ meno rigida della Aircode, ndr). Di più proprio non potevamo fare».

Andiamo con Valter a scoprire il suo amato Giro “ungherese”

21.02.2022
5 min
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E poi fra gli ungheresi in odore di Giro, c’è Attila Valter (in apertura foto Instagram – @equipegroupamafdj). Lo scorso anno, lo ricorderete, indossò la maglia rosa per tre giorni. Un momento che a quanto pare gli ha cambiato la vita. Adesso non è più uno dei tanti…

Valter, della Groupama-FDJ, tornerà sulle strade del Giro d’Italia. L’obiettivo è quello di migliorarsi, anche se non è ancora il momento di fare classifica, nonostante l’anno scorso abbia concluso la corsa rosa al 14° posto. 

Alla notizia che il Giro sarebbe partito dall’Ungheria, Valter ha postato questa foto su Instagram. “Motivazione alle stelle”, aveva scritto
Alla news che il Giro sarebbe partito dall’Ungheria, Valter ha postato questa foto su Instagram. “Motivazione alle stelle”, aveva scritto

Voglia di Giro

Questo ragazzo ungherese è letteralmente innamorato del Giro e la grande partenza da casa sua, da Budapest, lo mette ancora più sulle spine. Probabilmente la sua squadra lo avrebbe spedito in Italia lo stesso, ma è stato anche lui a proporsi. Csomor, il centro da dove viene, infatti si può dire sia un distretto di Budapest, un sobborgo che sorge una dozzina di chilometri a Nord-Est della capitale ungherese, dove tra l’altro risiede anche Erik Fetter, intervistato pochi giorni fa. E’ un’occasione più unica che rara per Attila.

«Sì, per lui è una grande occasione – afferma il suo diesse, Philippe Mauduit – certo, le cose sono state messe in chiaro sin da subito con lui: noi andiamo al Giro per Demare e Attila sarà un po’ isolato. Ma sappiamo che si può fare, che potrà avere i suoi spazi e fare bene lo stesso. Lui è supermotivato, specie con questa partenza dall’Ungheria».

«Lo scorso anno ha portato anche la maglia rosa e questa gli ha dato tantissimo. Ha ricevuto molto sia da un punto di vista ciclistico che extraciclistico. Adesso in Ungheria lo riconoscono».

E su questo aspetto giungono rumors davvero curiosi. Le richieste da parte dei media su di lui sono state così tante che Valter sembra sia stato costretto a cambiare numero di cellulare. Meglio così! Un buon segnale per l’atleta, ma soprattutto per il ciclismo ungherese. Avere nei prossimi anni un nuovo bacino ciclistico importante può solo che far bene al nostro sport.

L’ungherese (classe 1998) in rosa scortato dai suoi compagni, ma l’anno scorso non c’era Demare…
L’ungherese (classe 1998) in rosa scortato dai suoi compagni, ma l’anno scorso non c’era Demare…

Scalatore tra i velocisti

Tornando a Valter, non deve essere facile sapere di essere l’unico uomo da classifica in una squadra votata al velocista. E’ un po’ come correre da isolati, come si faceva all’inizio del ‘900! Ovviamente non è così, però…

«Sapendo che la Groupama-FDJ al Giro è costruita attorno a Demare – riprende Mauduit – non è facile per lui, ma come ho detto Valter è motivato. E’ stato lui ad aver chiesto di essere portato al Giro.

«L’unica cosa che potremmo fare è che uno degli uomini di Demare sarà un “mezzo scalatore”. Quel corridore che magari dovrà aiutare Arnaud nei finali più duri per non perdere la volata, potrebbe stare vicino ad Attila nelle fasi iniziali delle tappe in salita».

In ritiro a Tenerife con la squadra, ecco Valter (a destra) con Pinot (foto Instagram)
In ritiro a Tenerife con la squadra, ecco Valter (a destra) con Pinot (foto Instagram)

In gruppo, che fatica…

Alla luce di queste dichiarazioni, probabilmente, vedremo un Attila Valter correre sulle ruote degli altri? Il che ci starebbe. Tutto sommato non sarebbe spettato a lui, né alla sua squadra, fare la corsa.

«L’obiettivo di Valter al Giro è quello di migliorarsi: non tanto nella classifica nel testa a testa con i big, perché non è ancora pronto, ma di sfruttare le fughe».

«Attila è ancora giovane. Lo porteremo come leader in qualche corsa a tappe in futuro, ma non ancora. Perché? Perché come ho detto è giovane, ci sono cose che ancora deve imparare. Non ha molta esperienza. Anche in Algarve per esempio, dove ha corso in appoggio di Gaudu, ha avuto qualche problema per stargli vicino.

«Problemi non di ritmo, ma nello stare in gruppo. Sapete – e qui Mauduit fa un ragionamento molto interessante – i ragazzi come Attila che vengono da Peasi ciclisticamente piccoli fanno fatica in certe situazioni perché da bambini corrono in pochi, non crescono con l’abitudine di correre in 200 e quando ci si ritrovano hanno delle difficoltà. Specie se devono svolgere ruoli specifici».

Grande sinergia fra Lapierre e la Groupama-FDJ: entrambi hanno investito molto sulla crono. Qui, Valter al Giro 2021
Grande sinergia fra Lapierre e la Groupama-FDJ: entrambi hanno investito molto sulla crono. Qui, Valter al Giro 2021

Motore sì…

Ma se dal punto di vista tecnico Valter ha qualche difficoltà, da quello del motore sembra invece in netta crescita.

«Il gap con David Gaudu e Thibaut Pinot si è molto ridotto – afferma Mauduit –  lo abbiamo visto anche nei ritiri. Ed è per quello che puntiamo molto su questo ragazzo. Ha qualità fisiche e anche qualità mentali».

Mauduit parla di un ragazzo che ha voglia di imparare, di mettersi in gioco. Anche a crono, per esempio, lui e il suo team hanno lavorato.

«E tanto – conclude Mauduit – per noi è troppo importante che i ragazzi sappiano esprimersi al meglio nelle cronometro. E non solo per una questione di prestazione, ma anche di guida. Non ci devono lavorare solo gli specialisti. E quando poi c’è una cronosquadre? Si rischia che vadano tutti per terra».

Aspettiamoci quindi un Valter col coltello tra i denti. Nelle prime frazioni in Ungheria, si vorrà mettere in mostra, ma forse non avrà il terreno ideale. Invece, visto come andò l’anno scorso, saranno le prime tappe italiane, quelle sulla terra ferma che potrebbero strizzargli particolarmente l’occhio. In fin dei conti prese la maglia rosa sul duro arrivo di Ascoli, a San Giacomo…

Mauduit: «Su Pinot è tornato a splendere il sole»

27.01.2022
6 min
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Sembra essere questa la stagione buona per tornare a vedere un grande Thibaut Pinot. Il campione francese della Groupama-FDJ finalmente sembra aver ritrovato la sua costanza di allenamento, i suoi problemi alla schiena sono alle spalle e chi gli è vicino, come il suo diesse Philippe Mauduit, parla di un Thibaut sereno.

«Thibaut sta bene. Il suo stato fisico è buono… non come il meteo da voi in Italia, ma quasi! Anche su di lui splende un bel sole».

Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della Groupama-FDJ (foto Groupama-FDJ)
Philippe Mauduit, classe 1968, è uno dei diesse della Groupama-FDJ (foto Groupama FDJ)

Alla ricerca del sole

Il francese ha passato davvero un terribile 2021. E anche una brutta fetta di 2020. Ogni volta i dolori alla schiena lo fermavano. Lui si allenava, neanche bene, e ogni volta doveva alzare bandiera bianca. Alla fine solo un lungo stop durante la scorsa primavera lo ha rimesso in piedi. 

«Pinot – spiega Mauduit – ha fatto un buon inverno nonostante il freddo e la pioggia che c’è nella sua regione (Vosgi, Borgogna, ndr). Ogni tanto gli tornava il mal di schiena e così più di qualche volta ha preso l’aereo ed è andato alla ricerca del sole che sicuramente lo agevola per quanto riguarda i dolori e il recupero. Grazie a questa costanza di allenamento sta tornando al suo livello. Che dire, sta, e stiamo, solo aspettando le prime gare per giudicare finalmente il suo reale stato fisico».

«Thibaut farà la prima gara al Tour des Alpes Maritimes et du Var (18-20 febbraio, ndr), ma proprio negli ultimi giorni del ritiro a Tenerife, abbiamo deciso di lasciare una porta aperta: se ci sarà la possibilità infatti potrebbe iniziare anche un po’ prima (sembra a Besseges, ndr)».

E questo è certamente un buon segnale per Pinot. Di solito le porte aperte si tengono per posticipare, in questo caso invece c’è voglia di mettersi subito in gioco.

Pinot, va per i 32 anni, questa sarà la sua 13ª stagione da pro’, tutte nel team di Madiot
Pinot, va per i 32 anni, questa sarà la sua 13ª stagione da pro’, tutte nel team di Madiot

Nel segno della continuità

Mauduit parla di un lavoro svolto nel segno della continuità. Di solito quando le cose non vanno bene si va a ritoccare la preparazione e persino la posizione in bici, tanto più che i problemi di Pinot riguardavano la schiena.

«Grossi cambiamenti – dice Mauduit – non ce ne sono stati. Chiaramente come tutti i corridori che invecchiano anche Pinot deve fare qualcosa in più per essere al suo livello. I corridori esperti e di classe come lui sanno cosa è giusto per loro e cosa no. Tendono a riprodurre quelle cose che gli hanno fatto bene, che gli hanno permesso di ottenere risultati. Quindi nessuna rivoluzione francese!».

«La cosa più importante per Thibaut è che la sua infiammazione passasse, che non tornasse più: così è stata strutturata la sua preparazione e per questo l’unica cosa che ha cambiato e che ha fatto un po’ più di esercizi senza bici (il core zone)».

«Neanche sulla bici abbiamo cambiato nulla. Abbiamo sentito tanti pareri, tanti dibattiti, tante opinioni… Oggi ognuno può dire la sua pur bevendo una birra sul divano. Noi abbiamo un gruppo di esperti con i quali abbiamo fatto delle valutazioni.

«Sì, qualche piccolo aggiustamento c’è stato, ma sono stati aggiustamenti dettati anche dalle sensazioni del corridore sul momento. E, come ho detto, un corridore di alto livello, un campione come Pinot, ha le sue abitudini, ha la sua “base”».

E sul concetto di base Mauduit insiste parecchio. Quando un corridore, un atleta, ha dei problemi deve tornare sempre alla sua base, alle sue certezze. E da lì ripartire.

«Le sue qualità – riprende Mauduit – non spariscono, magari non riesce a tirarle fuori in quel momento, ma ci sono.

«Guardiamo al calcio, pensiamo ai grandi allenatori, non so Wenger, Ancelotti, Guardiola… Ecco, proprio di Pep leggevo un’intervista in cui diceva: “Quando le cose non vanno guardo i miei giocatori negli occhi e dico loro di stare tranquilli, di fare un passo indietro verso le loro certezze, che le cose torneranno a posto. Di fare ciò che sono capaci di fare”. Ed è la stessa cosa che abbiamo detto a Pinot».

Thibaut Pinot, caduta Nizza, Tour de France 2020
La caduta di Nizza al Tour 2020: da lì sono iniziati i problemi alla schiena
Thibaut Pinot, caduta Nizza, Tour de France 2020
La caduta di Nizza al Tour 2020: da lì sono iniziati i problemi alla schiena

Tour sì, ma il Giro…

Quando si parla poi di Pinot, è impossibile non tirare in ballo anche il Giro d’Italia. Il francese ama molto il nostro Paese ed è innamorato del Giro. Più volte ha detto che la corsa rosa per lui è la più bella e che se potesse farebbe ogni anno il Giro e il Tour.

Però è anche vero che ci sono le scelte del team e quest’anno la Groupama-FDJ vuole presentarsi con una squadra di grandi scalatori alla Grande Boucle.

«Se tutto confermato – continua Mauduit – Pinot dovrebbe andare al Tour e non fare il Giro. Non possiamo prendere dei rischi con la sua salute. Per lui abbiamo previsto un programma di gare ben studiato, un programma fatto di periodi molto intensi, nei quali crescere, e di altri molto più tranquilli per recuperare: il tutto in vista proprio del Tour».

Il francese ha in lista tra le altre gare anche: Tirreno, Tour of The Alps, Romandia e Giro di Svizzera.

A Tenerife un buon lavoro di squadra e un buon feeling con i compagni. Pinot in testa a tirare con Valter (foto Instagram)
A Tenerife un buon lavoro di squadra e un buon feeling con i compagni. Pinot in testa a tirare con Valter (foto Instagram)

Tra Gaudu e Valter

E a proposito di scalatori, alla Groupama-FDJ questi proprio non mancano. In particolare ce n’è uno, David Gaudu, con il quale c’è una bella rivalità. Davvero si aiuteranno al Tour? I due hanno legato?

«Thibaut è molto legato davvero alla squadra, è parte integrante di questo team. Fa gruppo. In Spagna c’era davvero un bell’ambiente. La cosa che mi ha colpito è stato vedere come corridori che non si incontrano molto spesso durante la stagione delle gare, penso a Valter, Van den Berg, Reichenbach… si sono trovati bene. Vederli scherzare a tavola è stato bello».

Qualche giorno fa abbiamo scritto che Pinot non era proprio felicissimo di non aver dimostrato di essere il migliore in ritiro. E che proprio Gaudu lo ha messo in difficoltà.

«Questo però è successo a dicembre – conclude Mauduit – nel ritiro di gennaio le cose sono cambiate un po’! Io ho visto un Pinot davvero forte. Sta tornando al suo livello. Con David c’è una stimolazione continua.

«Il primo anno che David era in Groupama-FDJ, io facevo ancora il direttore sportivo in Italia, ma ho sentito che il “piccolo” gli faceva sempre la “mezza ruota”. E Pinot rispondeva. Questo gioco è rimasto tra loro due. Questa competizione fa crescere entrambi. Posso garantire che sono amici e che amano correre insieme».

Mauduit su Pinot: il mal di schiena, le capre, il ritorno

12.08.2021
4 min
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«Oui, Pinot rientrerà in gara al Tour du Limousin», ci dice non senza gioia Philippe Mauduit, diesse della Groupama-Fdj. Già, ma che fine ha fatto Thibaut Pinot? Le ultime due volte che avevamo visto il transalpino le cose per lui non erano andate bene: una brutta Tirreno, morale basso e qualche chiletto di troppo, e la mazzata del Tour of the Alps, dopo il quale dovette alzare bandiera bianca in vista del Giro.

Da allora, era fine aprile, il francese non ha più corso. Il suo inverno era stato dominato dal mal di schiena e da quel fastidio che, specie quando andava sotto sforzo, tornava puntualmente a farsi sentire. Pertanto non era neanche riuscito ad allenarsi bene.

Philippe Mauduit, diesse della Groupama-Fdj
Philippe Mauduit, diesse della Groupama-Fdj
Philippe, come sta Pinot?

Thibaut adesso sta finalmente meglio. Ha attraversato un periodo molto difficile dovuto a questo forte dolore alla schiena. Un dolore che non passava mai. Abbiamo fatto esami su esami, abbiamo ascoltato degli specialisti… ogni volta sembrava stesse un po’ meglio. Ma poi nulla.

Come avete affrontato il problema?

Gli specialisti ci dicevano che il suo problema, per una persona normale, si risolve in 6-8 settimane, ma per un atleta professionista che non sta mai fermo ci sarebbero potuti volere anche 6-12 mesi. Non sapevamo nulla neanche noi. E solo adesso possiamo dire che tornerà in gara.

Okay il mal di schiena, ma cosa ha avuto di preciso Thibaut?

Lui era caduto nella prima tappa del Tour (quello 2020, ndr). Lo avevano preso molto forte con la ruota anteriore nella parte bassa della schiena andando a toccare in modo molto violento dei nervi e dei legamenti nella zona del sacro-illiaco. Facemmo subito degli esami, ma poiché l’ematoma era enorme questo nascondeva tutto. Così, con uno sforzo estremo, Pinot riuscì ad arrivare a La Rochelle, dove c’era il primo giorno di riposo. 

Thibaut Pinot, caduta Nizza, Tour de France 2020
Pinot dopo la caduta nella prima tappa del Tour de France 2020
Thibaut Pinot, caduta Nizza, Tour de France 2020
Pinot dopo la caduta nella prima tappa del Tour de France 2020
Però quel Tour lo ha finito…

Lui insistette molto perché ci teneva, il Tour passava dalle sue parti. Subito dopo si fermò un po’. Sembrava stesse migliorando e ci disse che voleva andare alla Vuelta. «Magari punto a un paio di tappe e alla maglia di miglior scalatore», ci disse. Invece si bloccò subito. Inoltre le prime tre tappe erano già abbastanza impegnative. A quel punto facemmo il primo vero stop. L’ematoma si era ritirato, ripetemmo gli esami e nel punto in cui aveva subito la botta c’erano dei segni di frattura e quando s’infiammava diventava molto doloroso.

Hai parlato di specialisti: ne avrete girati tanti…

Sì, si… c’era anche chi si proponeva per curarlo! Sapete, con un campione così in tanti si sono fatti avanti. Ma noi siamo andati per la nostra strada. Il primo a vederlo fu il medico di un team di rugby, proprio a La Rochelle, quella è la mia zona e ho delle conoscenze. I giocatori di rugby ne prendono tante di botte. E la sua diagnosi alla fine fu corretta. Ma non si sbilanciò proprio perché l’ematoma nascondeva tutto. Comunque ci disse che era stata interessata la zona ileo-sacrale. Più in là siamo andati a Parigi, dallo specialista che segue la nazionale di calcio, lo stesso che rimise in piedi Zidane e abbiamo seguito i suoi consigli.

Quali? 

Che la prima cosa che serviva era del riposo…

Tuttavia alla Tirreno Pinot non andava proprio. Anzi lo avevamo visto anche un po’ giù di morale…

Ma non aveva scelta povero Thibaut – dice con tono affranto Mauduit – dopo la Tirreno lo abbiamo fatto riposare pensando al Giro. Quando è tornato al Tour of the Alps sentiva dolore. Ci ha provato lo stesso, ma quello non era il suo livello. E quindi sì: è stata una grande delusione. Non dico depressione, ma se come lui hai la passione per quello che fai e non ci riesci, non è facile. Il tuo corpo ti dice stop, però non ti dice quando riprendere. E’ difficile vivere così.

Però guardiamo avanti, alle cose belle, come il rientro al Tour du Limousin (17-20 agosto). Come ha lavorato in questi ultimi mesi Pinot?

Dopo il riposo ha ripreso a pedalare ed è andato in altura con la squadra sulle Alpi. Lì ha fatto uscite di 4-5 ore e ha detto che si sentiva bene. Anzi, era già a livello di alcuni suoi compagni, ma è normale: un campione riprende a velocità supersonica. Così abbiamo detto che si poteva provare al Limousin, corsa ideale: impegnativa, ma non durissima e senza scalate di 20′.

Thibaut ha una vera passione per gli animali, eccolo con le sue caprette (foto Instagram)
Thibaut ha una vera passione per gli animali, eccolo con le sue caprette (foto Instagram)
E avete tirato giù un programma da qui a fine stagione?

Diciamo un “programmino”. Molto dipende proprio da cosa ci dirà questa corsa. Dopo praticamente un anno di problemi, dobbiamo essere molto attenti a porre degli obiettivi.

Lui fermo e Gaudu che esplodeva, cosa vi diceva Thibaut?

Cosa ci diceva… non era facile per lui vedere i compagni correre e non sapere quando poter tornare in gara. Si scriveva con i compagni e anche con me. Ma non aveva senso parlare di bici con lui, magari era troppo stressante. E così gli chiedevo dei suoi animali.

Animali?

Sì, Thibaut ha una fattoria e ha tantissimi animali: mucche, vitelli, asini, capre… e questo di sicuro gli ha fatto bene.

Una call su Skype per portare Attila alla Groupama

14.05.2021
3 min
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Come è stato che Attila Valter sia approdato alla Groupama-Fdj lo spiega assai bene Philippe Mauduit, il più italiano dei francesi in gruppo. L’intuizione fu di Yvon Madiot, il fratello minore di Marc e suo socio nello squadrone della maglia rosa. Il ciclismo era appena ripartito dal primo lockdown e si era già sparsa la voce che la CCC non avrebbe continuato. E così Madiot si mise a studiare e individuò il nome di quel ragazzino ungherese che di lì a poco avrebbe vinto la corsa di casa lasciandosi dietro Quinn Simmons della Trek-Segafredo.

«Iniziò a martellare Marc – sorride Philippe – sul fatto che dovessimo incontrarlo, perché ne valeva la pena. E così ad agosto facemmo una call a tre su Skype. Yvon, Attila e il sottoscritto. Parlammo per mezz’ora e vedemmo che malgrado fosse davvero giovane, aveva appena compiuto 22 anni, aveva le idee chiarissime. Alla fine la scelta di prenderlo venne quasi da sé e lui parve molto contento di accettare».

Vuelta a Burgos 2020: concentrato e furibondo dopo una caduta, in attesa dell’ammiraglia
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Soglia del dolore

Da qui a immaginare che in meno di un anno sarebbe arrivata la maglia rosa, il passo è davvero lungo per il ragazzino che aveva vinto l’ultima tappa al Tour de l’Avenir del 2019 e che al Giro dello scorso ottobre si era piazzato 11° nella classifica dei giovani.

«E’ difficile dire il suo valore – spiega Mauduit – perché 22 anni sono davvero pochi per capire. Una cosa che abbiamo notato subito però è la capacità di farsi del male quando è in difficoltà o quando ha un obiettivo. Sa andare oltre la soglia del dolore e lo fa razionalmente. Se lui si convince che può farlo, di solito lo fa. E’ grintoso. Se molla la presa, vuol dire che è davvero morto».

La seconda rosa

Le versioni sulla tappa di San Giacomo sono contrastanti. Il corridore dopo l’arrivo ha dichiarato di essere partito sin dal mattino con l’obiettivo di conquistare il primato, mentre il direttore sportivo dice di avergli raccomandato di puntare alla tappa e che la classifica semmai ne sarebbe stata una conseguenza.

«Gli ho detto di restare concentrato sulla tappa – spiega – perché in salite di questo tipo, se i primi della classifica si fossero guardati, lui sarebbe potuto partire in contropiede e magari vincere. Probabilmente quando si è reso conto che non sarebbe stato possibile riprendere Mader, si è concentrato sulla maglia rosa e ha avuto questa ricompensa eccezionale. Per me la rosa è la maglia più bella al mondo, non so se stanotte riuscirò a dormire. Credo che per la Groupama-Fdj, che pure ha tanti anni nelle gambe, la sola volta prima fu con Bradley McGee al Giro del 2004. Non sono cose banali, ragazzi. Abbiamo preso la maglia rosa!».

In partenza dalle Grotte di Frasassi, con la maglia rosa nella testa
In partenza dalle Grotte di Frasassi, con la maglia rosa nella testa

Una grande scuola

Il senso di enfasi che filtra dalle sue parole dà l’esatta dimensione del prestigio del simbolo ed è ancora più bello pensando che a pronunciarle è un francese, il cui attaccamento al giallo del Tour è notoriamente inscalfibile.

«Dovremo tutti fare lo sforzo di restare con i piedi per terra – dice il tecnico della Groupama-Fdj – perché già la maglia bianca ci era sembrata eccezionale. Così prima di mandarlo a dormire gli ho detto: “Guarda dove ti trovi guarda quali campioni hai attorno e cerca di recuperare. Perché quella gente non ti regalerà niente”. Ma è chiaro che proveremo a tenerla, non si lascia andare un onore come questo e i ragazzi daranno tutto. Sappiamo che sulle montagne troveremo probabilmente corridori più forti di noi, ma in ogni caso daremo il massimo. Nella Groupama del Giro ci sono tre ragazzi molto giovani. Due di 22 anni e uno di 23. Comunque finirà, per loro sarà una scuola straordinaria».

La resa di Thibaut: «Dopo tre ore, il buio…»

25.04.2021
4 min
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Alla partenza della penultima tappa del Tour of the Alps da Naturno, mentre Thibaut Pinot si scaldava sui rulli, il diesse Philippe Mauduit in un angolo li osservava e intanto spiegava.

«Il problema è la schiena – diceva – e non passa. Da quella caduta il primo giorno dell’ultimo Tour, a Nizza. Abbiamo visto ortopedici e osteopati, ma il primo disse le parole giuste. Questo tipo di lesioni sono meno gravi di una frattura. Ma una microfessura nell’articolazione sacroiliaca è lunga da far guarire. Possono servire dai 6 agli 8 mesi, fino a un anno. Thibaut sta certamente meglio. Ci sono dei giorni in cui si allena senza sentire dolori e altri in cui non riesce a stare sulla bici. In corsa magari sta per due ore a non avere nulla, ma appena serve più forza, deve rialzarsi».

Al via dell’ultima tappa, Thibaut scherzava con Bardet
Al via dell’ultima tappa, Thibaut scherzava con Bardet

La fuga e la resa

Per questo Pinot ha rinunciato al Giro d’Italia e verosimilmente dovrà rivedere la sua stagione. E’ stato lui per primo a spiegarlo sul traguardo dell’ultima tappa, a Riva del Garda, in cui aveva… beccato la fuga giusta. Solo che mentre Grosschartner è andato all’arrivo e l’ha vinta, il francese ha dovuto rialzarsi.

«Mi sono divertito in quest’ultima tappa – ha detto Thibaut prima di salire sul pullman – ma è stato ancora una volta frustrante, essere stato nella fuga che è andata sino alla fine e non aver potuto lottare per la vittoria. E’ successo come gli altri giorni, più passano i chilometri e meno stavo bene. I risultati sono catastrofici, non c’è stato molto di positivo in questa settimana. Non sono in condizione di fare bene al Giro».

Questa la caduta di Nizza, prima tappa del Tour 2020, dove tutto cominciò
Questa la caduta di Nizza, prima tappa del Tour 2020, dove tutto cominciò

Tre ore di corsa

Alla partenza dell’ultima tappa sembrava di buon umore, scherzando con Bardet in riva al lago di Idro, poi le cose si sono rimesse ad andare male e neppure 24 ore dopo è arrivato il comunicato della squadra.

«Se venissi al Giro – spiegava ancora Pinot a Riva – soffrirei inutilmente e non potrei aiutare la squadra. Non è nemmeno una questione di forma, ma il mal di schiena mi impedisce di esprimermi. E’ difficile da spiegare. Purtroppo più passano i chilometri, più il dolore aumenta e ad un certo punto fa troppo male forzare. Dopo tre ore di corsa, per me si complica tutto. Ma adesso voglio curarmi, lasciarmi alle spalle questi problemi alla schiena per ritrovare il mio livello e lottare con i migliori».

Philippe Mauduit, ds della Groupama, parla con Novak: dietro il bus, Pinot sui rulli
Philippe Mauduit, ds della Groupama, parla con Novak

Infiltrazione, no grazie

Alle spalle di tutto questo, una luce positiva c’è e riguarda la dignità e la rettitudine di questo ragazzo introverso ma trasparente. Raccontano i colleghi francesi e conferma la squadra che durante l’inverno, di fronte al dolore che non passava, gli è stato proposto di fare un’infiltrazione. Pinot è sempre stato contrario all’uso di simili pratiche, che nel calcio o nel tennis sono all’ordine del giorno, ma si trattava di un periodo fuori competizione e per potersi allenare accettò.

«Quando vedo l’effetto che l’infiltrazione ha avuto sulla mia schiena – ha raccontato di recente Thibaut a L’Equipe – mi dico che avrei potuto finire diverse gare. Ma nonostante questo non ho mai avuto intenzione di ricorrervi in gara. Preferisco rimanere retto nella mia convinzione».

In fuga verso Riva con Grosschartner: l’austriaco vincerà, Pinot dovrà rialzarsi
In fuga verso Riva con Grosschartner: l’austriaco vincerà, Pinot dovrà rialzarsi

Modello ciclismo

Sull’argomento nelle scorse settimane è arrivato anche il commento del tecnico francese Thomas Voeckler.

«Una posizione che va a suo merito – ha detto – e non sorprende che venga da lui. E’ uno di quei corridori che hanno una chiara concezione della propria professione. Nessuno dubita della sua integrità, come si fa oggi per altri corridori. La bicicletta, dopo essere stata additata, ora viene mostrata come esempio. In altri sport, alcuni campioni vengono dipinti come dei duri, perché giocano sotto infiltrazione».

Intanto però a margine di tanti discorsi, Pinot e la sua microfrattura hanno ripreso mestamente la via di casa. Nel team cresce intanto l’astro di Gaudu, ma per la simpatia verso il “vecchio” Thibaut, che comunque non ha ancora compiuto 31 anni, speriamo possa presto venirne a capo.

Thibaut Pinot, caduta Nizza, Tour de France 2020

Pinot ferito, freccia Demare, sorpresa Gaudu

12.12.2020
5 min
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Pinot ritirato dal Tour e della Vuelta. Demare supervittorioso al Giro. Gaudu rivelazione alla Vuelta. Il 2020 della Groupama-Fdj ha avuto tanti alti e qualche basso davvero pesante su cui volevamo raccogliere informazioni. Per questo ci siamo rivolti a Philippe Mauduit, direttore sportivo del team francese, legato a filo doppio con l’Italia prima per la carriera di corridore e poi da tecnico. La linea va e viene, perché ammette di trovarsi in una valle in cui del cellulare ci si potrebbe anche dimenticare. Chiediamo venia, strappiamo un sorriso e cominciamo.

Thibaut Pinot, Laruns, Tour de France 2020
Nella tappa di Laruns, Pinot alla deriva e dolorante
Thibaut Pinot, Laruns, Tour de France 2020
Alla deriva e dolorante verso Laruns
Quale maledizione si è abbattuta su Pinot?

E’ caduto al Tour, nella prima tappa. E’ andato all’ospedale e si è visto che c’era un ematoma e nessuna frattura, ma lui aveva ancora male. Sapete quanto è cocciuto. Per cui si è messo l’anima in pace per la classifica, ma puntava a qualche tappa. E’ arrivato ottavo a Orcieres Merlette, ma il dolore continuava a essere forte. Così nel secondo giorno di riposo ha fatto altri esami, che evidenziavano soltanto un grosso ematoma che non si assorbiva. Di fatto ha voluto arrivare a Parigi, soffrendo come un cane. Finché è tornato a casa.

E che cosa è successo?

E’ successo che dopo 10 giorni senza bici, ha ripreso a pedalare e aveva ancora male. Però meno che al Tour. Così ci ha chiesto di andare alla Vuelta. Invece dopo i primi due giorni molto impegnativi, si è reso conto di non poter continuare. E questa volta, visto che l’ematoma era sparito, le radiografie hanno fatto vedere che c’era una microfrattura. Per cui l’unica cosa da fare era fermarsi.

Poveretto, non si riusciva a vedere prima?

No, perché la frattura è piccola e l’ematoma la copriva. Ha ripreso dieci giorni fa, ma il dolore c’è ancora. Può andare solo piano e aspettare. Ma lui non è un tipo tranquillo e questa situazione lo rende nervoso. Ha ancora due anni di contratto, come tutti i nostri corridori migliori. Ma vuole dimostrare di essere forte. Perché di fatto è andato sempre bene, secondo al Delfinato, quinto alla Route d’Occitanie. Ma non nei grandi Giri.

Arnaud Demare, Matera, Giro d'Italia 2020
Demare a Matera, salta fuori con la squadra nel finale e infilza Sagan
Arnaud Demare, Matera, Giro d'Italia 2020
A Matera Demare batte ancora Sagan
Vi aspettavate un Demare così vincente al Giro?

Non così tanto, ma che fosse forte lo sapevamo. Ha cambiato preparazione. Durante l’inverno e poi nel lockdown ha ripreso a fare palestra, che aveva mollato da anni. Ci sono cose basiche che un professionista deve continuare a fare d’inverno e poi a richiamare durante la stagione. Per essere vincente devi lavorare su tutti gli aspetti del fisico. Poi alla ripresa ha fatto corse minori, come Wallonie e Poitou Charentes, in cui ha vinto e ha preso morale.

Stessa cosa che ci hanno raccontato i suoi compagni.

Perché lo abbiamo condiviso. Quando il velocista vince, dà fiducia ai gregari. E il nostro comincia a essere un gruppo di grande esperienza. Ragazzi di 30 anni che sanno correre e che nei finali sono capaci di prendere da soli le decisioni.

Nella tappa di Matera, ci ha detto Bramati, avete vinto senza tirare un metro.

Hanno fatto tutto i ragazzi. Il diesse dalla macchina può dire ben poco e quello che vede in televisione è già successo. Sono loro a dover parlare e Jacopo Guarnieri in queste fasi è una colonna portante.

David Gaudu, caduta Nizza, Tour de France 2020
Anche Gaudu è caduto a Nizza, ha provato a resistere ma si è fermato durante la 16ª tappa
David Gaudu, caduta Nizza, Tour de France 2020
Caduta a Nizza anche per Gaudu, poi ritirato nella 16ª tappa
E poi c’è Gaudu, due tappe vinte e l’ottavo posto alla Vuelta.

Anche lui ha un bel carattere e un bel fisico. E’ piccolino, ma è resistente. E quando si mette qualcosa in testa, diventa imbattibile. Dopo la caduta del Tour, è stato fermo per 15 giorni e allora si è scelto di portarlo alla Vuelta.

Dove ha vinto due tappe di montagna.

Quando corri per un piazzamento, poco importa perdere minuti nelle prime giornate, come gli è successo. Ma lui lo ha sofferto, anche se era realistico pensare appunto al massimo a un posto nei dieci e non meglio. Così gli abbiamo detto di concentrarsi piuttosto sul vincere una tappa, che sarebbe stata la prima vittoria in un grande Giro. E ne ha vinte due.

Nel 2021 potrebbe pensare di fare classifica?

Al Giro e alla Vuelta sì, per il Tour è presto. E’ il nostro progetto, per il quale stiamo aspettando i percorsi di Giro e Vuelta. Vederlo fare il leader in Spagna è stato una bella scoperta. Dopo la crisi dei primi giorni, dal quinto in poi si è reso conto di stare bene con i migliori e ha svoltato.

David Gaudu, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Alla Vuelta però, 8° in classifica e due tappe vinte: qui a La Covatilla
David Gaudu, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Ma alla Vuelta rivincita con due tappe vinte
In che modo?

Sul pullman faccio parlare i ragazzi, mi piace quando prendono la parola. E lui ogni giorno dava grandi motivazioni. Un piano di corsa può imporlo il direttore e ci saranno buone possibilità che venga eseguito. Ma se la stessa cosa viene da loro, in quel caso andranno fino alla morte. Con David è stato così ogni volta. Lui diceva la sua idea. Loro rispondevano. Parlavano. Ognuno portava un dettaglio che aveva osservato e io alla fine facevo la sintesi.

Leader anche in gruppo?

In bici chiedeva dove voleva essere portato nei vari momenti della tappa, di cosa aveva bisogno. Una vera rivelazione.

Farete un ritiro prima di Natale?

Faremo dei mini stage nella zona di Cannes la prossima settimana. Con gruppetti di 5-6 corridori. E poi altre date a seguire, ma da capire se sarà davvero possibile. Per fortuna abbiamo trovato un hotel, che però non ci servirà i pasti. Così abbiamo dovuto rivolgerci a un catering. Si vive alla giornata. Oggi così, domani chissà…