Malori, ritorno al futuro con gli junior della Nial Nizzoli

23.12.2022
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BASILICANOVA – Il tasto rewind ha riavvolto il nastro della metà degli anni di Adriano Malori. La sua attuale vita ciclistica (e non) ha riabbracciato quella di quando era junior alla Nial Nizzoli. Il legame con la società reggiana con cui ha iniziato a diventare grande come persona e come atleta si è rafforzato curandone la preparazione atletica per la seconda stagione.

L’occhio clinico del “Malo” lo consultiamo spesso. Dalle impressioni sulla postura in bici di Pinot all’immancabile opinione sui cronomen fino al modo di correre della Jumbo-Visma all’ultimo Tour de France. Stavolta però lo incontriamo nel suo studio “58×11” mentre verifica il giusto posizionamento di un ragazzo di 17 anni, parmense come lui, della Nial Nizzoli. Sfruttiamo questo momento tecnico per farci raccontare da Malori il salto all’indietro temporale che sta vivendo.

Cosa prevede in generale il tuo programma con la squadra?

Preparo le tabelle dei ragazzi. Palestra, esercizi a corpo libero da fare a casa e naturalmente gli allenamenti su strada con i vari lavori da fare sia da soli sia quando si trovano tutti assieme. Li segue Primo Borghi che filtra ai ragazzi le indicazioni che gli do io. Con lui mi sento almeno 4/5 volte la settimana a seconda delle necessità e del periodo. Quando riesco, considerando gli impegni col lavoro e con la famiglia, cerco di andare con loro in palestra a Correggio. Mentre quest’anno in gara li ho seguiti solo alle cronometro che hanno disputato ma l’anno prossimo vorrei andarli a vedere un po’ di più nelle corse della zona.

Che effetto ti fa essere tornato con Borghi con ruoli quasi invertiti?

Strano perché prima il capo era lui mentre adesso è lui che deve ascoltare me (dice divertito, ndr). Quando a fine 2021 mi ha fatto la proposta di collaborare mi ha fatto molto piacere. Così come le parole di Auro (Nizzoli, ndr) che aveva ben accolto il mio ingresso con loro. Ho accettato volentieri anche perché ritengo che Primo, nonostante sia un diesse della vecchia scuola, abbia saputo tenersi bene al passo coi tempi. Si è ben adattato ad un ciclismo diverso chiedendomi consiglio. Ci conosciamo bene e ci confrontiamo tanto. Secondo me stiamo facendo un buon lavoro.

Che 2022 è stato con la Nial Nizzoli?

Direi molto buono. Abbiamo visto i progressi e quindi i risultati. Quintavalla da primo anno ha disputato il Lunigiana con l’Emilia-Romagna e in stagione ha fatto due bei terzi posti in gare impegnative. Al Lunigiana ci è andato anche Tagliavini, che ha colto pure una vittoria in Toscana e due secondi posti di rilievo. Lui ora è passato U23 con la Beltrami-TSA-Tre Colli e continuerò a seguire la sua preparazione in accordo con loro. Sono contento per lui perché va in un team continental dove può crescere con calma e fare esperienze importanti.

Com’è il tuo rapporto con i ragazzi?

Mi trovo bene con loro e credo che la cosa sia reciproca. Forse il mio recente passato da corridore mi agevola nel farmi comprendere meglio però vedo che comunque mi ascoltano, chiedono e mi seguono. Gli sto insegnando a correre bene tatticamente. Devono sapersi muovere per evitare ad esempio, se hai buone doti in salita, di prendere una salita in cinquantesima posizione. Oltre all’aspetto atletico, cerco di tenerli sulla corda a livello motivazionale. Li stimolo nel tirare fuori il carattere e… gli attributi (sorride, ndr). Ci sono formazioni più forti però spiego sempre a loro di non avere paura. Bisogna correre senza subire la corsa o comunque pensare a come mettere in difficoltà le squadre o i corridori più forti, magari anche in corse meno alla propria portata. Un po’ come faceva la Nial Nizzoli ai miei tempi.

A proposito di questo, quanto è cambiata la categoria juniores? Come ti ci trovi?

Mi ci trovo bene ma è indubbio che ora sia molto più esasperata rispetto al 2005 e 2006 di quando c’ero io. Sembrano tutti mini professionisti. Ci sono meno gare rispetto a prima, ogni domenica è praticamente un campionato del nord Italia. L’asticella si è alzata ma non significa che sia un bene. Il divario tra squadre forti e deboli si è ampliato. Ci sono formazioni che fanno il bello e il cattivo tempo a loro piacimento e altre che arrancano. Poi dal 2023 con i rapporti liberi se ne vedranno di tutti i colori. Vedrete quante formazioni useranno il 54×11 e quanti ragazzi che avranno problemi muscolari se non gestiti a dovere. Non stupiamoci se abbiamo carenza di un certo tipo di corridori in Italia. Per il momento noi abbiamo deciso che il 52×12 è già un rapporto adeguato, da non sottovalutare considerando lo sviluppo fisico del ragazzo.

Il preparatore Adriano Malori ha fissato degli obiettivi nel 2023 coi propri ragazzi?

No, non ne abbiamo di veri e propri. Continuare a crescere è l’obiettivo basilare. Avrò 14 ragazzi e il livello medio secondo me è più alto rispetto al 2022. Stando ai valori espressi dai test, ci sono tre ragazzi del secondo anno che appaiono come le individualità più forti. Cannizzaro è un velocista che potrebbe diventare più passista. Capuccilli ricorda un po’ me strutturalmente. Ha un gran fisicone, è forte sul passo e vorrei lavorare con lui sulle crono. Infine c’è Quintavalla che è un buon scalatore. E’ magro ma si è rinforzato muscolarmente. Vorrei che tornasse a correre il Lunigiana più da protagonista. Lui quest’anno ha le doti per andare forte ed essere davanti nelle gare dure.

Un’ultima curiosità. Ti abbiamo visto “professore” per un giorno in un istituto superiore di Parma. Che giornata è stata?

Ho partecipato ad un progetto in cui gli sportivi della nostra provincia portano la propria testimonianza di atleta. Qualcuno mi ha conosceva già, altri no. Ho raccontato qualcosina di me ma ho preferito non tediarli con dati tecnici o esperienze ciclistiche. Personalmente ho dato più importanza ad un aspetto formativo. Ho impostato la mattinata facendo capire ai ragazzi i benefici fisici e i sacrifici che si fanno per andare bene a scuola e nello sport che pratichi. E’ stata una bella esperienza. Sono incontri che potrebbero essere importanti per gli studenti purché non vengano visti dalle scuole come una lezione in cui non si impara nulla o una perdita di tempo.

Fuga in Sicilia: la provocazione (rientrata) di Auro Nizzoli

10.12.2022
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L’Italia del ciclismo non è unita e guai fingere che lo sia. Sentite cosa è successo quando Auro Nizzoli, sponsor di un team juniores di Reggio Emilia, ha annunciato l’intenzione di affiliare la squadra in Sicilia. La sua non era una provocazione, ma lo è diventata. E ha fatto capire che c’è tanto da fare.

Lo avevamo ascoltato durante un recente viaggio in Sicilia, lo abbiamo richiamato per approfondire il discorso. La sua azienda ha esperienza decennale nell’attività di demolizione, bonifica, autotrasporti e, a partire dal 2014, anche nell’edilizia. Auro è del 1959, ha corso fino al 1981 e ha dentro una passione sconfinata per il ciclismo, che vede soprattutto come una scuola di vita. Mentre parlavamo era davanti alla palestra, con i ragazzi dentro al lavoro. Il ritorno in sella ufficiale avverrà invece ai primi di gennaio, con un ritiro a Noto.

Anche i ragazzi del team emiliano-siculo di D’Aquila e Nizzoli hanno partecipato ai test della nazionale a Montichiari
Anche i ragazzi del team emiliano-siculo hanno partecipato ai test della nazionale a Montichiari
Com’è la vita da sponsor?

Ho corso per tanti anni. Mi sono divertito. Ho conosciuto un sacco di persone che mi hanno aiutato. E quando ho smesso e ne ho avuto la possibilità, ho cercato di dare indietro quello che ho ricevuto. A stare in mezzo ai giovani si rimane giovani. Le persone che ho vicino hanno passione e volontà. Sono sacrifici e soldi, ma vado avanti da 22 anni. Non c’è ritorno economico, il ritorno è la persona che sei. Se fai delle cose di cuore per i giovani, che tu sia un ingegnere oppure uno che non ha studiato, sicuramente quello che ti dà il ciclismo è un valore aggiunto.

Come nasce l’abbinamento con la Sicilia?

Per puro caso. Conoscevo da quasi vent’anni la famiglia D’Aquila. Mi aveva presentato un mio grandissimo amico, Giancarlo Ceruti (presidente FCI dal 1997 al 2005, scomparso nel 2020, ndr), che era amico anche di Salvatore d’Aquila. Mi propose di andare da lui, avrei conosciuto una persona valida e squisita e avremmo partecipato alla corsa che organizza: il Memorial Cannarella. Mi disse anche che portando giù la squadra, avremmo fatto vedere in Sicilia un po’ di movimento. Ho conosciuto così Salvatore. Sono sempre andato alla sua corsa e ho visto l’impegno che mette per far crescere il ciclismo. Così ho pensato di dargli una mano. Avevo delle biciclettine da giovanissimi e gliele ho portate giù. Poi, a distanza di anni, quegli stessi ragazzini li abbiamo fatti passare juniores.

Ha visto la sua stessa passione?

E’ una cosa di famiglia. Di Salvatore e di Giuseppe, suo figlio. Investono. Ci mettono soldi loro. Quando incontri queste persone e cominci a parlarci, senti la voglia di collaborare. Il progetto è nato così.

Il progetto Sicilia nacque dalla conoscenza con Salvatore D’Aquila, a sinistra di Nizzoli
Il progetto Sicilia nacque dalla conoscenza con Salvatore D’Aquila, a sinistra di Nizzoli
Perché affiliarsi in Sicilia?

Perché la Sicilia ha bisogno di far vedere qualcosa. Finché noi portiamo via i ragazzi più forti, come si può creare una cultura ciclistica giovanile sull’isola? I genitori devono lasciare che il figlio a 16 anni vada in un’altra famiglia o in un ritiro dove vivrà da solo o con altri ragazzi come lui. Sono dei bimbi, dopo 22 anni di juniores vedo bene cosa sia un sedicenne di oggi. Quando Nibali è venuto su, era il fenomeno che in Sicilia staccava tutti e si faceva fughe di 30 chilometri da solo. Trovò una famiglia (quella di Carlo Franceschi a Mastromarco, ndr) e fu fortunato. Altri vivono nei ritiri, devono cucinarsi, andare a scuola e allenarsi. Per quella che è l’opinione di Auro Nizzoli, è troppo presto. Come può crescere così il ciclismo giovanile?

Quindi l’obiettivo è non farli partire?

Ho pensato che se riesci a fare qualcosa di locale, se fai vedere che c’è un movimento, allora nasce la mentalità, che è importante quanto i soldi. Il genitore si fa anche 200 chilometri per portare suo figlio alla corsa e lo vede. Vede i dirigenti e la gente che gli sta attorno. Si entusiasma e magari lo trasmette ad altri genitori. Condivide e assapora qualcosa di diverso.

Adesso funziona diversamente.

Facile vincere quando prendi due forti, li porti su perché sono dotati, li metti lì e fanno qualcosa. Ma il rischio qual è? Quando a un giovane di 16 anni chiedi di dare il massimo e lo fai sentire importante, puoi star certo che non andrà lontano. A quell’età non hai la mente per resistere. E quando la vita si farà dura sul serio, lui mollerà. La sua asticella mentale resta bassa, quindi c’è bisogno che crescano in maniera diversa. Quello che ho fatto voleva essere un segnale, visto che sono stati tolti i vincoli regionali.

Il Memorial Cannarella si svolge a maggio a Monterosso Almo (foto Ragusa Oggi)
Il Memorial Cannarella si svolge a maggio a Monterosso Almo (foto Ragusa Oggi)
Poteva funzionare?

L’Emilia Romagna ha tanti corridori e comunque la mia attività sarà svolta principalmente qui. Non è che tutte le domeniche potrò fare avanti e indietro con la Sicilia, però saremo un po’ giù e un po’ qua. L’Emilia poteva anche sfruttare questa cosa per far capire ci potrebbero essere delle sinergie. Invece mi hanno ostacolato, questa cosa l’hanno utilizzata contro i miei ragazzi e i genitori. E’ stato difficile, ma comunque io non mollo. Vorrei dire ai due Comitati Regionali che dovrebbero dialogare per il futuro del nostro ciclismo…

Cosa pensa Nizzoli dell’eliminazione dei vincolo regionale?

Gli juniores sono una categoria internazionale e in Italia ci sono cinque squadre semi professionistiche. Offrono soldi a ragazzi di 16 anni, fanno delle squadre vincenti con dentro 5-6 corridori fortissimi. Per me è sbagliatissimo. Di quei cinque, forse uno diventerà un corridore, mentre gli altri smetteranno. Intanto però ammazzano la corsa e mettono in ombra l’80 per cento del gruppo, composto da quelli che stanno crescendo e prendono paura. Sono preparatissimi, stipendiati, sono già dei professionisti. Se invece ci fosse una cultura di crescita anche per questi più forti, in squadre in cui non li gestiscano come fenomeni, allora può darsi che il nostro ciclismo migliorerebbe.

Era prevedibile che l’Emilia Romagna si mettesse di traverso?

Diciamo la verità, ci sta. Dopo 22 anni che sono tesserato in regione, penso di aver dato qualcosa al ciclismo emiliano e togliersi non è bello. Forse dovevo dialogare, andare a parlare con loro del progetto. Forse potevo anche aspettare un anno per vedere come andava con questo nuovo regolamento. Ma i segnali sono chiari…

Il diesse Scribano e Damiano Caruso, entrambi cresciuti alla Libertas Ibla del professor Guarrella
Il diesse Scribano e Damiano Caruso, entrambi cresciuti alla Libertas Ibla del professor Guarrella
Cioè?

In Emilia Romagna, i 6-7 corridori più forti sono stati presi e portati in altre regioni. Hanno cercato anche qualcuno dei miei. Gli hanno offerto uno stipendio, ma hanno detto di no. Non è corretto pagarli. Io spendo già soldi per formarli, dovrei pagarli perché stiano con me? Non sarebbe più una scuola di ciclismo, almeno io la penso così. Mi dispiace solo per la figura, perché Salvatore lo aveva annunciato. Ho dovuto ritirare quello che ho detto e non è bello. Però questo non sposta niente, io continuo. Perché al di fuori dei tesserini di cui non mi importa nulla, noi saremo emiliani e siciliani. 

Come fate a tenerli insieme?

Si confrontano oggi tutti i giorni sui canali a disposizione. Le problematiche, gli allenamenti, anche su quello che fanno a scuola. Fra le regole della nostra società, la scuola è al primo posto. E’ tassativo che a giugno tutti vengano promossi e questa è la prima vittoria per tutta la squadra. A chi viene bocciato, taglio il tesserino. Se vinci a scuola perché ti impegni, vuol dire che puoi andar bene anche in bicicletta. Dopo 22 anni, ho fatto la media dei ragazzi passati da me che hanno vinto e che andavano bene a scuola. Quelli che hanno continuato nello sport non sono quelli che vincevano di più, ma quelli che andavano bene a scuola. La scuola apre la mente e impari a gestirti meglio. 

Dal 2022 ad allenare i ragazzi di Nizzoli è Adriano Malori, che nel team ha corso da allievo
Dal 2022 ad allenare i ragazzi di Nizzoli è Adriano Malori, che nel team ha corso da allievo
Qualche esempio?

Covili, ma come lui anche Zhupa, Malori e altri che sono arrivati al professionismo. Covili ha vinto una corsa in due anni da junior, era un ragazzo come tutti gli altri. A scuola andava benissimo e passato dilettante, è sempre migliorato. Non ha mai vinto, ma ora è professionista. Ha fatto l’università e sta migliorando di continuo. Magari non è un fenomeno, ma ha la testa per fare belle cose ed è importante per il nostro territorio. Oggi si diventa professionisti, perché c’è la testa. Le gambe servono per vincere nei giovanissimi, negli esordienti e negli allievi. Poi arriva il momento che devi collegare il cervello alle gambe e la differenza la fai per i sacrifici, i chilometri, per la tattica e perché sai dosare la fatica.