Coppa del mondo Ciclocross, Sardegna, Merceddì, 6 dicembre 2025, Gioele Bertolini

Marceddì, prove di percorso. Bertolini fa sul serio

06.12.2025
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MARCEDDI’ – L’anziana signora dice che una volta qui c’era tutto. Sua madre faceva il pane e c’era anche una sala da ballo. Adesso invece non c’è nulla, tranne i pescatori, una laguna, un paio di locali e il senso di essere sull’orlo di un salto. Come quando ti affacci a Lisbona e di là percepisci il vuoto dell’Atlantico. Un’oretta prima che i corridori comincino a girare, lei si alza e se ne va camminando piano. Dice che il 30 dicembre compirà 90 anni e tutto il lavorìo di Flanders Classics per l’allestimento della Coppa del mondo l’ha molto colpita. La prova percorso inizia alle 14, i corridori prendono contatto con la sabbia grossa e le tante pozzanghere lasciate dalla pioggia dei giorni scorsi.

Michael Vanthourehout spinge dai primi giri e forse si ricorda di quando vinse la prova di Coppa italiana sulla neve di Vermiglio. Il quadro oggi è diametralmente opposto, l’aria è mite, ma quando le nuvole coprono il sole, le giacche vengono chiuse. Fanno eccezione i corridori, che si fermano per lavare la bici e ne approfittano per farsi risciacquare anche i copriscarpe. La sabbia non è quella delle spiagge del Nord, sembra piuttosto quella pietrosa dei cantieri edili e il rumore dei dischi già dopo un giro fa pensare che le bici torneranno a casa ridotte a malpartito.

«Avremo tante bici da buttare», mormora Luca Bramati intercettando il nostro sguardo. Poi, quando le sue ragazze si fermano alla transenna, il bergamasco si avvicina e chiede come vada con la pressione delle gomme. Per ora la decisione è di gonfiare a 1,2 bar davanti e dietro: si vedrà domattina se la notte avrà compattato la sabbia e bisognerà cambiare qualcosa.

Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e oggi a Marceddì si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e oggi a Marceddì si allena davvero forte

Il mistero del Vito

In mezzo ai box della sua squadra c’è anche Alessandro Guerciotti, accompagnato a Marceddì da suo padre Paolo. Ci facciamo spiegare come proceda l’omologazione della nuova Vito a causa della quale è stata squalificata Giorgia Pellizotti agli europei e finalmente riusciamo a capire cosa non andasse. La bici dedicata a Di Tano ha i foderi posteriori sfalsati e quello che si congiungeva al telaio più in alto era fuori dal quadrilatero in cui tutto deve essere compreso.

«Per fortuna la parte monoscocca – dice Alessandro – è il triangolo principale. Dietro il carro è fasciato, per cui abbiamo modificato le misure e mandato i nuovi telai all’UCI per l’approvazione. Se fosse stato tutto monoscocca, avremmo avuto un problema. Per fortuna le bici non ci mancano – aggiunge sorridendo – e siamo riusciti a far correre tutti. Sono contento di come sta andando la squadra e l’assenza di alcune big fa sì che le nostre ragazze potranno misurarsi al livello più alto e su un percorso non estremo, mettendosi alla prova».

La grinta del Bullo

Uno che ci sta dando dentro e che non si è mai fermato è Gioele Bertolini. La sua maglia tricolore con le scritte della ALE Colnago si va coprendo di terra, mentre lui esce in rilancio dalle curve e galleggia sulle pozzanghere copiose del percorso. Anche quando il sole inizia a calare, lui gira ancora, come Filippo Agostinacchio spuntato all’ultimo e arrivato in Sardegna al mattino sul volo dei Guerciotti. Così quando Bertolini si ferma, alla fine delle due ore di prova, ci avviciniamo incuriositi. Più che una prova percorso, il suo è stato un vero allenamento.

«Diciamo che ho cambiato un po’ il mio format del sabato – spiega – mi piace provare il percorso in modo più brillante. Ho provato qualche punto in cui sicuramente si farà la differenza, però sono certo che domani il percorso cambierà ancora e quindi la prova decisiva sarà quella prima della corsa. Sicuramente c’è molta acqua e in certi tratti non si vede sotto, quindi bisogna rimanere sempre vigili perché può scivolare la ruota davanti e una caduta può essere fatale. Invece è importante prendere i tratti di sabbia con la giusta velocità, prendere subito le canaline per continuare nel modo giusto. Se si sbaglia all’inizio, si perde tanto ritmo e si pagano veramente tanti secondi. Vista la pioggia, credevamo che si compattasse di più, così invece si creano le canaline ed è importante fare velocità altrimenti il rischio è quello di piantarsi».

La scelta di campo

Marceddì è un borghetto in mezzo al nulla, in un silenzio di natura che stamattina, quando ancora tutto era immobile, suggeriva di respirare piano per non disturbare la quiete dei gabbiani e lo sciabordìo del mare. Si è ragionato a lungo sull’opportunità di scegliere luoghi così lontani o se non valesse la pena – volendo comunque correre in Sardegna – provare un percorso a Oristano che è qui vicino oppure direttamente a Cagliari. Non fanno così a Benidorm, riempiendo i parchi cittadini di appassionati, passanti e turisti qualunque?

«Ma la Coppa del mondo in Italia – dice Bertolini – fa sempre piacere. Proviamo a dare il meglio e per quanto mi riguarda sarò contento se riuscirò a fare una top 15. E’ la mia prima gara di Coppa, non ho ancora le misure su belgi e olandesi, quindi domani scoprirò la mia vera posizione internazionale di quest’anno e poi speriamo di continuare a migliorare».

I meccanici soffiano aria nebulizzata sui telai e nelle parti meccaniche. Questa sabbia graffia a fondo, dice uno di loro, bisogna lavorare di fino. Per questo alcuni mandano via il grosso dello sporco, ma si riservano di finire il lavoro in hotel. Il pomeriggio volge al termine, il sole cala sul mare. Domattina il silenzio di Marceddì sarà riempito dallo sferragliare di ruote e freni nelle due gare di Coppa.

Overijse incorona la Casasola, una prima storica

Overijse incorona Sara Casasola, una prima storica

27.10.2025
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Le avvisaglie c’erano, ma forse non così evidenti da far pensare alla grande impresa compiuta ieri da Sara Casasola. La friulana (in apertura, foto Cor Vos) iscrive il suo nome nell’albo d’oro della classica di Overijse, tappa del Superprestige. L’azzurra della Crelan-Corendon è la seconda italiana capace di vincere una tappa nella prestigiosa challenge dopo la Arzuffi, ma mai era avvenuto in quello che è considerato uno dei templi del ciclocross mondiale.

Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28" sulla Brand e 37" sull'altra olandese Van Alphen (foto Facebook)
Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28″ sulla Brand e 37″ sull’altra olandese Van Alphen (foto Facebook)
Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28" sulla Brand e 37" sull'altra olandese Van Alphen (foto Facebook)
Prima vittoria per la Casasola nel Superprestige, con 28″ sulla Brand e 37″ sull’altra olandese Van Alphen (foto Facebook)

Un’impresa per il ciclocross italiano

I numeri dicono che l’impresa rappresenta quasi uno spartiacque nella carriera di Casasola, che sul traguardo di Overijse ha preceduto una maestra come Lucinda Brand, al suo 44° podio consecutivo, non senza un pizzico di fortuna vista la caduta dell’olandese. La portata dell’impresa è ancora da assimilare, quando risponde al telefono dal suo appartamento belga appena rientrata dalla gara.

«Era un percorso abbastanza duro – racconta – dove imposti il tuo passo, con una salita piuttosto tecnica, quindi ho cercato di stare davanti. La Brand ha provato più volte a fare forcing, ma sono riuscita a rimanere sempre attaccata e ho provato un paio di volte anch’io a metterle un po’ di pressione. Lei andava forte ed ero un po’ in difficoltà, ma a poco meno di un giro dalla fine, in discesa avevo preso qualche metro. Lei deve avere rischiato un po’ per rientrare, ha centrato in pieno un palo e è caduta. Io ho sentito qualcosa dallo speaker, mi sono voltata e non c’era più, quindi poi ho dovuto fare l’ultimo giro a manetta per non farla rientrare».

Per l'azzurra sono evidenti i benefici tratti dall'intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
Per l’azzurra sono evidenti i benefici tratti dall’intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
Per l'azzurra sono evidenti i benefici tratti dall'intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
Per l’azzurra sono evidenti i benefici tratti dall’intensa stagione su strada, sulla quale punta molto (foto Facebook)
In occasione della prima vittoria al Giro delle Regioni, avevi detto che eri un po’ indietro rispetto alle condizioni che avresti voluto, ma hai recuperato abbastanza velocemente, anche perché a parte questa vittoria, già eri andata molto bene nel circuito anche il weekend scorso…

Sì, l’anno scorso ero arrivata con un buon ritmo gara il primo weekend di ottobre e andavo già su con molta brillantezza. Quest’anno sono partita volontariamente più piano, lavorando sui miei punti deboli. Ho fatto una buona base, ho fatto un bel po’ di forza, palestra, fondo, perché nel passato quel che mi mancava era la potenza pura, il ritmo vero e proprio. Infatti ho iniziato nelle ultime settimane a lavorare un po’ di più sull’intensità. La scorsa settimana ero andata bene, ma erano percorsi veloci, meno adatti a me. Ho sofferto molto, ma lì è tutto un po’ più livellato, quindi se sei più intelligente riesci a venirne a capo.

Perché Overijse è così importante nella stagione del ciclocross, considerata come una classica monumento della strada?

E’ una gara storica, è stata anche Coppa del mondo in passato. Prevede un percorso impegnativo, quindi appunto penso che per vincere uno debba avere buone gambe, buona tecnica. E’ un tracciato molto completo e piace a molti, tutti si presentano qui al massimo e puntano alla vittoria, quindi credo che sia anche questo il motivo per cui sia così rinomata.

La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
La friulana era già stata seconda nella tappa di Ruddenvoorde, dietro la Norbert Riberolle
Questo era il secondo weekend che ti confrontavi a livello internazionale. Cominci adesso anche ad avere un quadro della situazione anche di come sono le tue avversarie, a che livello sono e come sono in relazione a te?

Al momento la più ostica è sicuramente la Brand – sentenzia la Casasola – sulla Van Empel c’è un gran punto di domanda perché ha vinto sì due corse, ma qui dicono che era un po’ indietro come preparazione, io però penso che all’europeo arriverà in condizione. La Alvarado è ancora ferma e riprenderà a correre verso fine novembre. Quindi la Brand è il vero riferimento. Tira sempre fuori qualcosa di più.

Rispetto agli anni scorsi parti per certi versi avvantaggiata dal fatto che hai avuto una stagione su strada corposa e impegnativa…

Sì, io penso che abbia dato una grossa mano e questo lo vedremo meglio più avanti, perché appunto la strada di solito ti dà un buon fondo e lo vedi correndo di più. A dicembre e gennaio si vedrà, però penso che abbia dato una buona mano. A livello di ritmo di base sono migliorata molto e quindi credo che fare una buona stagione su strada aiuti sempre.

La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7" sull'olandese Ronhaar (foto Facebook)
La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7″ sull’olandese Ronhaar (foto Facebook)
La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7" sull'olandese Ronhaar (foto Facebook)
La gara maschile ha visto primeggiare il belga Michael Vanthourenhout, con 7″ sull’olandese Ronhaar (foto Facebook)
Come l’hanno presa nel team questa tua vittoria?

Erano molto contenti. Poi arriviamo da due gare di Superprestige vinte, quindi il morale è decisamente alle stelle. Ora vediamo la prossima gara, il Koppenberg sabato prossimo: è una bella corsa, è sempre molto selettiva, si parte proprio sulla salita del Giro delle Fiandre, poi scendi sul prato e risali dal famoso muro, quindi è una corsa bella, impegnativa.

Magari ci prendi le misure per tornarci la prossima primavera…

Sarebbe bello, anche se su strada sono più una da corse a tappe che da classiche, però mai dire mai, sarebbe bello appunto fare il Fiandre una volta…

Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

Pontchateaux, Vanthourenhout bis. Viezzi 4° fra gli juniores

05.11.2023
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Michael Vanthourenhout ha colpito ancora al momento perfetto e ha conquistato nuovamente il campionato europeo di ciclocross, come già lo scorso anno a Namur. Con Van Aert e Van der Poel ancora fuori dai giochi, il belga ha approfittato della giornata negativa di Thibau Nys e degli errori commessi da Lars Van der Haar sul percorso scivoloso e fangoso. 

«Avevo buone gambe – ha detto Vanthourenhout – e ho dato il massimo dall’inizio alla fine. Finora la stagione non era stata buona, ma già nel Koppenbergcross mi ero sentito bene, pur non essendo riuscito a capitalizzarlo. Ma qui a Pontchateau c’era in ballo una maglia, sono venuto con fiducia e tutto ha funzionato alla perfezione. Oggi è stata la mia giornata. Ho avuto un ottimo feeling subito dopo la partenza e sono riuscito a prendere il comando abbastanza presto. Fortunatamente sono stato abbastanza forte da reggere fino alla fine».

Per Michael Vanthourenhout, 29 anni, doppietta europea dopo la vittoria del 2022 a Namur
Per Michael Vanthourenhout, 29 anni, doppietta europea dopo la vittoria del 2022 a Namur

Due azzurri al via

La gara, che vedeva al via 30 corridori con Ceolin e Bertolini unici azzurri, è stata accesa per i belgi prima da Laurens Sweeck, che è partito a cannone e poi si è fermato.

E mentre ci si chiedeva il perché di quella strategia, nel secondo giro ha attaccato il campione in carica. Nessuno poteva ancora immaginare che fosse l’attacco decisivo, probabilmente neanche lui.

«Pensavo che la sua prima metà gara fosse stata fantastica – ha detto suo cugino e allenatore della nazionale Sven Vanthourenhout – ma a dire il vero dubitavo anche che avrebbe resistito».

Stopper Iserbyt

Hanno provato a rispondere prima gli olandesi e poi i britannici, ma questa volta nel ruolo di stopper si sono ritrovati fra i piedi Iserbyt e Ronhaar. Così a metà gara ci ha provato l’olandese Lars Van der Haar, che sta attraversando un ottimo momento di forma. A quel punto tutti si aspettavano che entrasse in azione anche Thibau Nys, ma l’attesa è rimasta vana.

Van der Haar è diventato pericoloso nel quinto giro, quando Iserbyt ha forato, ma è stata una scivolata a impedirgli di rientrare sul fuggitivo, che invece ha disputato una gara impeccabile. Al settimo di otto giri, la prova si è praticamente conclusa quando Van der Haar ha avuto l’ennesima caduta.

Vanthourenhout ha così confermato il suo titolo, al secondo posto è arrivato il britannico Cameron Mason, terzo lo sfortunato Van der Haar.

U23, ancora Belgio

In questa domenica di fango e pioggia, il Belgio l’aveva già fatta da padrone fra gli under 23, su un percorso con molti colpi di scena, con passaggi fangosi che hanno costretto i corridori a superare ostacoli più insidiosi che impegnativi.

Belgi molto attesi e partiti infatti a ritmo forsennato, al pari di quello che avrebbero fatto in seguito gli elite. Il primo giro è parso una gara su strada, al punto che i primi cinque corridori al primo passaggio erano tutti belgi.

Quello che non ha fatto il percorso, lo hanno fatto gli errori. L’olandese Haverdings, forse il più atteso, al pari di Van der Haar ha messo insieme errori e rotture. E solo i francesi hanno provato a inseguire in modo organizzato quando in testa all’europeo under 23 si sono ritrovati Michels e Verstrynge, ma il loro margine si è rivelato troppo grande. Anche perché i due belgi in fuga sono compagni di squadra e non hanno avuto dubbi a collaborare sino in fondo. Solo nel finale si sono sfidati, con Michels che si è avvantaggiato approfittando di un problema meccanico del compagno ed è arrivato a braccia alzate. Il primo degli italiani è stato Filippo Agostinacchio, 15° a 3 minuti: 26 secondi meglio di Luca Paletti.

Bronzo azzurro sfiorato

Vittoria francese infine fra gli juniores, con la vittoria di Sparfel, 17 anni. Il francesino ha potuto approfittare del vantaggio preso relativamente presto, per festeggiare la sua vittoria nel sottobosco fangoso di Pontchateau. Il corridore dei Vosgi ha vinto davanti all’ungherese Zsombor Takacs, mentre al terzo posto si è piazzato un altro francese, Jules Simon.

Al quarto posto si è piazzato Stefano Viezzi, che ha lottato con Simon fino all’arrivo, vedendo sfumare il bronzo per l’inezia di un secondo. Fra i primi anche Mattia Agostinacchio, decimo a 1’14”.

Gullegem, una maxi festa per il ciclismo e per Van Aert

07.01.2023
7 min
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Van Aert da queste parti è una fede. Dopo due ore tra la gente e dopo averlo visto benedire i bambini, ti chiedi se in realtà non sia capace anche di trasformare in birra la pioggia che sta cadendo incessantemente. La terra si è subito squagliata in una melma infernale, ma tanto hanno tutti ai piedi gli stivali di gomma e si spostano da un punto all’altro del percorso, con una birra nella mano.

Il posto si chiama Gullegem, paesone alle porte di Kortrijk, nel cuore delle Fiandre. Si è corsa la settima prova del Super Prestige che anticipa la Coppa del mondo di domani a Zonhoven, ma qui più che la corsa a restarti negli occhi è l’ambiente.

«Quando sei da solo al comando – dice Van Aert dopo il podio – riesci a malapena a riconoscere gli amici più stretti. Gli altri sono macchie di colore, quello che percepisci è l’atmosfera. E nel ciclocross è sempre come una grande festa e questo mi piace molto. Può darsi che da fuori si possa pensare che in queste gare io abbia pressione, come accade ogni volta che ho un numero sulla schiena. Ma non è vero. Per me tutto questo è molto rilassante, perché nel cross ho raggiunto tutti i risultati possibili e corro per divertimento».

Fango e gomme

Dopo la vittoria di Ceylin Del Carmen Alvarado, la gara degli uomini è iniziata sotto i primi scrosci di pioggia. E la pioggia ha cambiato le carte in tavola. Lo diciamo a Van Aert che si fa una risata: dopo la ricognizione dell’ora di pranzo, aveva detto che il percorso gli era parso tecnico, ma con meno fango di quanto avesse immaginato.

«Con la pioggia – ride – il fango è venuto rapidamente. Non era un percorso super duro da correre, ma molto scivoloso. E questo ha creato situazioni complicate. 

«Siamo partiti tutti con le gomme larghe, perché la pioggia era abbastanza forte prima della partenza e si poteva pensare che il terreno avrebbe mollato. Successivamente sono passato a una pressione degli pneumatici più bassa. Ma su un fondo così scivoloso e privo di aderenza, non ci sono gomme che tengano…».

Come sapone marrone

Così a un certo punto, dopo aver dato l’impressione di volersi accontentare, il santo di Herentals ha preso il volo. Ha cambiato faccia e passo e alle sue spalle per Iserbyt e Vanthourenhout, il campione europeo e vincitore di Vermiglio che pure era partito alla grande, si è spenta la luce.

«Quando Wout ha accelerato – racconta Iserbyt – non ho avuto la forza. Spingeva in modo impressionante nel fango e oggi si scivolava davvero. Era come andare in uno schifoso sapone marrone. Ma alla fine è stato anche bello, davanti a un grande pubblico. Mi sono divertito».

«Non so cosa sia successo esattamente – gli fa eco il campione europeo cercando di capire perché il suo telaio si sia rotto – all’inizio è andata piuttosto bene. Poi ho iniziato a fare sempre più errori, ho anche forato. Però sono contento di essere ancora sul podio, al netto della sfortuna, sono soddisfatto».

Attacco non pianificato

Wout adesso si è seduto e dopo aver risposto alle tante domande in fiammingo, ci concede qualche battuta in inglese (imparare il fiammingo potrebbe essere la prossima sfida!).

«Perché ho deciso di andare da solo? Per le sensazioni. All’inizio – spiega – ho visto che stare in gruppo era rischioso, non era facile stare sulle ruote su questo percorso scivoloso. Così ho pensato che avrebbe avuto più senso andare al comando e trovare le mie traiettorie. E appena ho potuto accelerare, ho trovato il mio ritmo evitando rischi.

«Sono molto contento di questa vittoria. Le ultime due settimane sono state davvero buone, ho ottenuto delle belle vittorie, soprattutto nel Super Prestige. Ho vinto a Diegem, che era sempre stata difficile. E ora ho anche vinto Gullegem per la prima volta».

Ultimi cross di stagione

Dopo la Coppa del mondo, Wout volerà in Spagna con la Jumbo Visma per allenarsi su strada. Correrà la Coppa del mondo di Benidorm e proseguirà fino ai mondiali, dove si chiuderà la sua stagione del cross.

«Mi piace mischiare le cose – sorride – rende il ciclismo interessante. Sono abituato a farlo e per me è la miglior combinazione. Prima che inizi la stagione del cross mi alleno il più possibile nei boschi per prendere nuovamente confidenza con la bici, ma adesso fra le corse esco solo su strada».

I bambini stravedono per Van Aert: il pubblico è tutto per lui, almeno quello belga
I bambini stravedono per Van Aert: il pubblico è tutto per lui, almeno quello belga

A casa come Binda?

Nei giorni scorsi qualcuno si è lamentato perché a causa del suo strapotere e quello di Van der Poel (fermo per un ritorno di mal di schiena) gli altri vincono poco e il movimento si starebbe indebolendo. Dovranno pagarlo perché non corra più, come fu per Binda. Ma prima andatelo a dire a tutta quella gente e ai bambini che ogni volta lo aspettano come fosse davvero un messia. Ditegli che siccome è troppo forte, non l’hanno portato e loro devono andare ad applaudire davanti ai camper sempre vuoti di tutti gli altri.

Sembra di sentire i cori di quelli che si lamentavano perché Pantani vinceva sempre. Quando l’hanno fermato, forse il ciclismo degli altri è diventato più forte? Date retta, fratelli belgi. Non sarà un santo e magari non fa miracoli, ma tenetevelo stretto. Uno così e quelli che cercano di batterlo danno un senso alla passione per il ciclismo.

Val di Sole, la Ridley X-Night del vincitore

18.12.2022
5 min
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Una Ridley X-Night domina e vince in Val di Sole. A Vermiglio Vanthourenhout conferma ancora una volta la sua abilità tecnica nella guida del mezzo in condizioni al limite.

Il belga, campione europeo in carica taglia il traguardo con la bici numero 3, una Ridley X-Night con i tubolari per i fondi veloci e compatti. L’abbiamo analizzata.

Tre cambi di bici

«Negli ultimi giri ho preferito utilizzare la bicicletta con le gomme veloci, ma con pressioni leggermente inferiori alla norma e di poco superiori a 1 bar. Penso che le scelte tecniche soggettive non abbiano fatto una grossa differenza, mentre il vantaggio è arrivato nel cambiare la bici al momento giusto e sbagliando il meno possibile, sacrificando anche un po’ di velocità in alcune fasi di gara».

Sella S-Works Mimic

E’ la sella corta che viene utilizzata anche da Iserbyt. Originariamente questo prodotto di Specialized è stato sviluppato per le donne, ma viene utilizzato anche tra gli uomini che preferiscono utilizzare una sella corta, comoda e morbida, capace di adattarsi grazie al foam interno e che al tempo stesso dissipa buona parte delle vibrazioni. La sella ha un arretramento non trascurabile, abbondante se consideriamo una categoria di corridori che tendono a portare la sella in avanti.

Il cockpit Deda con piega SuperZero
Il cockpit Deda con piega SuperZero

Componenti Deda

Attacco in alluminio Zero100 e piega Deda SuperZero in carbonio e con il profilo alare. Inoltre il forte corridore belga, alto e longilineo, utilizza due spessori da 1 centimetro ciascuno tra l’attacco manubrio e il cap della serie sterzo. I comandi non sono eccessivamente tirati verso l’interno del manubrio. Anche il seat-post da 27,2 è Deda della serie SuperZero.

Power meter Shimano

Il plateau è doppio, con la combinazione 46-49, 11-30 invece per i pignoni posteriori. C’é il power meter Shimano di ultima generazione, con il magnete di contrasto posizionato sulla tubazione obliqua. Questo perché la scatola del movimento centrale della Ridley X-Night è larga 68 millimetri e c’è tanto spazio tra il fodero e la pedivella.

Inoltre le calotte dei cuscinetti Cema sono esterne al telaio (non sono press-fit). Sempre attuale ed efficiente il dente che evita la caduta della catena, rivettato sotto l’obliquo. Questa è una soluzione adottata su tutte le Ridley da cx. Le pedivelle sono lunghe 172,5 millimetri.

Ruote DT Swiss CRC

Le ruote sono le DT Swiss CRC 1100Spline, specifiche per il ciclocross e in versione tubolare. Come confermato dal campione Europeo, la bicicletta che ha tagliato il traguardo da vincitrice ha le Dugast Typhoon (gomme veloci) da 33.

Re Vanthourenhout. VdP e la Val di Sole: gelo reciproco

17.12.2022
6 min
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Tutti aspettavano Van der Poel, ma lui “non c’è”. Mathieu gela così la Val di Sole. E forse anche la Val di Sole ha gelato lui. A Vermiglio vince, anzi domina, Michael Vanthourenhout. Bello, potente, con la gamba sempre in spinta.

Nonostante non ci fossero la categorie giovanili, che tanto “riempiono” le piste di cross, la cornice di pubblico è stata calorosa e folta. Il tifo si è fatto sentire. E se la maggior parte del pubblico era qui per Mathieu, e per la sua annunciata vittoria, è stato bello vederlo girare. 

Costanza Vanthourenhout 

VdP partiva in seconda fila e ci poteva stare che non fosse subito in testa, ma dopo due giri le campane d’allarme hanno iniziato a suonare. Davanti Vanthourenhout inanellava giri veloci: 7’30”, 7’15”… fino a 7’03”. 

Il corridore della Pauwels Sauzen – Bingoal tutto sommato aveva un conto aperto. Lo scorso anno era stato secondo. E solo quel fenomeno di Van Aert lo aveva battuto. Non ha ceduto per nulla al mondo.

«Rispetto all’anno scorso – ha detto a fine gara il campione europeo – il percorso era più tecnico e anche più duro. E questa durezza era dovuta al fondo più ghiacciato. C’era meno neve, ma la vera differenza è stata nel non commettere errori nelle fasi di guida più concitate»

E infatti Michael ha fatto la differenza con la sua costanza. Prestazione tanta, okay, ma mentre gli altri sbagliavano lui filava via come fosse sull’asfalto. E poi la costanza è da sempre un suo cavallo di battaglia.

Applausi e silenzio

Rispetto a quanto detto alla vigilia, Van der Poel una cosa l’ha azzeccata e una l’ha sbagliata. Aveva avuto l’occhio lungo ad individuare in Vanthourenhout l’uomo più pericoloso, ma aveva molto probabilmente sbagliato quando ci aveva detto che il freddo non avrebbe influito.

Dopo l’arrivo tira dritto. L’organizzazione vorrebbe deviarlo in zona mista per le interviste, ma in quei metri dopo il traguardo, in cui si lascia scorrere la bici, il suo team manager gli indica di tirare dritto. Mathieu si fa spazio tra la folla, che comunque lo applaude, ma cade in un silenzio assordante.

E neanche i tentativi successivi con l’addetto stampa cambiano le cose. Van der Poel voleva vincere, non ci è riuscito e si è arrabbiato. Ci sta.

Il freddo batte VdP

E per un VdP che si chiude nel silenzio, c’è l’occhio più fino presente in Val di Sole a chiarire le cose: Martino Fruet, oggi commentatore tecnico dell’evento e ieri in pista a girare. E una tornata l’aveva fatta proprio con il fuoriclasse della Alpecin-Deceuninck.

Ci si chiede se forse oggi il percorso più veloce non abbia limitato la sua potenza. Ieri le rampe le faceva solo lui in bici. Oggi le facevano tutti.

«In effetti – dice Fruet – la potenza contava più ieri e lo stesso la tecnica. Ieri era una guida simile alla sabbia: velocità e pedalate più basse. In pratica era come SFR continua. Lui anche oggi spingeva duro, ma sembrava imbastito.

«Per me semmai ciò che ha pagato oggi è stato il freddo. Veniva dalla Spagna e lo sbalzo climatico si è fatto sentire. Ieri alla fine si era, seppur di poco, sopra lo zero. Era umido, ma non si gelava (ha anche girato senza guanti, che oggi invece aveva, ndr). E comunque non doveva spingere a tutta». 

«Di una cosa sono certo: se la gara fosse stata ieri sarebbe stato tutto diverso. Ieri quando Mathieu accelerava non aveva bisogno di arrivare 100 pedalate al minuto come oggi. Doveva spingere e poi pensare di stare in piedi, perché la bici andava a destra e sinistra. Sono stato alla sua ruota e non si teneva, quando apriva il gas. Oggi non aveva queste condizioni».

Nei primi giri, Van der Poel ha provato a rientrare. Si vedeva dall’impegno, dallo sforzo sul viso. Però perdeva sempre una decina di secondi. Poi quando ha capito che non poteva più vincere, “ha mollato”. A lui fare “esimo” non serve… O vince, o ciao!

Nicolas Samparisi e Filippo Fontana sono stati i migliori degli azzurri, rispettivamente 14° e 15°
Nicolas Samparisi e Filippo Fontana sono stati i migliori degli azzurri, rispettivamente 14° e 15°

Quei watt mancanti

E sempre secondo Fruet non tiene la scusa che VdP non avesse il ritmo gara.

«Non sono convinto – ribatte Fruet – Bisognerebbe vedere cosa ha fatto in queste due settimane. Se pensiamo a come ha vinto ad Anversa, prima del ritiro in Spagna, non gli mancava nulla. Accelerava forte, guidava bene… ed era di un altro pianeta. Con quelle due sgasate ha fatto il vuoto… e c’era Van Aert! 

«Ohi, poi tutte queste sono ipotesi. Magari domattina ha 40 febbre e siamo qui a parlare al vento. Ma ieri, ripeto, avrebbe vinto con tre minuti, non che li avrebbe presi come oggi. Non aveva la sua gamba, non faceva i suoi 1.000 watt. Per me gliene mancavano 300».

Un urlo strozzato dunque in Val di Sole? Forse, ma lo spettacolo non è mancato. E anche mentre scriviamo e i gatti stanno ripulendo il tracciato che da domani tornerà ad essere una pista da fondo, la festa va avanti. Si canta, si balla e si aspetta l’edizione 2023.

A Overijse di scena il nuovo Pidcock, battuto ma felice

22.11.2022
4 min
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C’è stato un momento, nella prova di Coppa del Mondo di Overijse, nel quale si è ben capito perché i “tre tenori” fanno uno sport a parte rispetto agli altri. E’ stato nel primo giro, quando il campione del mondo Tom Pidcock (l’unico in gara, Van Der Poel e Van Aert esordiranno più avanti) è transitato dopo la partenza solitario in fondo al gruppo dei 43 partenti e pure con un certo distacco.

Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar
Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar

Un sorpasso dietro l’altro

Si saprà dopo l’arrivo che in un sol colpo il britannico ha avuto un problema alla catena e a una scarpa. Plausibile considerando che la gara belga si è svolta in un clima da “vero ciclocross”, con pioggia e freddo che avevano trasformato il percorso in una colata di fango. Ebbene, è stato allora che Pidcock ha fatto vedere di che pasta è fatto: una serie inesauribile di sorpassi, uno dopo l’altro con gli avversari che sembravano andare al rallentatore. Alla fine del primo giro era 9°, al secondo era già in testa con i due rivali belgi Vanthourenhout e Iserbyt.

A molti quella cavalcata trionfale ha riportato alla memoria ricordi lontani, quelli di un certo Pirata che sulla salita di Oropa sfilava al fianco del gruppo alla spicciolata, superando un corridore dopo l’altro fino ad andare a vincere. Pidcock ormai sta diventando un habitué delle grandi imprese anche se quella di Overijse è rimasta a metà, perché a vincere è stato il campione europeo Vanthourenhout. Alla fine della gara però le attenzioni maggiori erano rivolte al campione del mondo e lo stesso Michael ha candidamente ammesso che la vittoria è stata un passaggio: «Il prossimo fine settimana le cose temo che andranno diversamente e sarà già un altro Pidcock».

Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck
Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck

Tre ore in bici e basta…

«Mi darei un bell’8 – ha affermato il campione della Ineos Grenadiers al suo arrivo – è stata una gara divertente che mi ha riportato alla mente i percorsi dei miei inizi in Gran Bretagna. D’altronde non potevo neanche pretendere molto di più considerando che nelle gambe avevo un allenamento di due ore in settimana e un’ora di gara al sabato nel Superprestige (concluso al 7° posto a Merksplas, ndr). La sconfitta è dovuta alla caduta nel penultimo giro, tra l’altro su uno dei pochi tratti in asfalto. Ho preso una botta che al lunedì si è fatta sentire…».

La notizia delle pochissime ore in bici ha lasciato gli interlocutori a bocca aperta. Questo è un altro fattore che fa ben capire come nel suo caso (ma da quel che si sa a proposito di Van Der Poel non ci sono così tante differenze…) si parli davvero di qualcosa di diverso rispetto agli altri e forse siano proprio queste cose che innescano una sorta di “inferiority complex” negli altri, come le dichiarazioni post-gara di Vanthourenhout fanno capire. Il suo allenatore Kurt Bogaerts era andato anche oltre parlando di una sola ora di lavoro specifico. In sala stampa Pidcock lo ha corretto, ma non è che poi le cose cambino di molto…

Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…
Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…

Galleggiare sul fango

Guardando la gara di Overijse con occhio attento, ad esempio non è sfuggita agli occhi esperti la sua straordinaria capacità di guida nei tratti più scivolosi, dove evitava accuratamente di toccare i freni lavorando molto con il manubrio e con gli spostamenti di equilibrio, usando quelle tecniche che lo hanno reso famoso e quasi imbattibile anche nella mountain bike.

Per questo quella caduta sull’asfalto lo ha fatto molto arrabbiare, deconcentrandolo anche mentalmente: «Nell’ultimo giro la gara era ancora recuperabile, ma non avevo la necessaria lucidità e la mia guida non è stata più così pulita, bravo alla fine Vanthourenhout a mantenere quei 3” di vantaggio».

Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada
Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada

E i mondiali? Vedremo…

Al di là del risultato, a fine gara è apparso comunque un Pidcock disteso, neanche troppo interessato al risultato finale e qualcuno glielo ha fatto notare: «Il mio grande obiettivo era vestire questa maglia da campione del mondo, ora quello che viene è un di più. Gareggio senza eccessive pressioni, per divertirmi, tanto che non è neanche detto che sarò al via del prossimo mondiale per difenderla, devo fare i conti con i programmi della squadra per la stagione su strada».

Intanto domenica arriva il primo scontro al vertice, con Van Der Poel: «Andrà sicuramente forte già alla sua prima gara, come ogni anno d’altro canto…».

Vanthourenhout re di Namur. Stanotte nella Cittadella si balla

06.11.2022
4 min
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Dovendo fare i conti con le assenze dei 3 moschettieri Wout Van Aert (Belgio), Mathieu Van der Poel (Olanda) e Thomas Pidcock (Inghilterra), tutti si aspettavano il solito mano a mano tra Iserbyt (brutta la sua gara chiusa ritirandosi) e Van Der Haar. Invece un po’ sorpresa, ma per la verità non così tanto, Michael Vanthourenhout è diventato il nuovo campione europeo di ciclocross nella categoria elite uomini.

17.300 spettatori paganti

Bisogna credere che Namur porti proprio bene al ventottenne belga della Pauwels Sauzen-Bingoal. Tra la cittadella e Vanthourenhout è quasi una storia d’amore. Già nel dicembre del 2021 il neo campione d’Europa aveva vinto la 12ª manche di Coppa del mondo. 

Raggiunto il record di affluenza con 17.300 spettatori paganti, la Cittadella è diventata una vera e propria bolgia e questo ha dato le ali a Vanthourenhout, come confermerà nel post gara.

Di per sé incredibilmente tecnico e difficile, il percorso dell’europeo è diventato epico per la pioggia caduta per tutta la corsa.

La gara degli elite si è corsa sotto la pioggia, davanti a 17.300 spettatori paganti
La gara degli elite si è corsa sotto la pioggia, davanti a 17.300 spettatori paganti

Una corsa durissima

Equilibrata in testa nei primi cinque giri, le cadute hanno in parte definito la dinamica della gara. Infatti fino al quinto dei nove giri è stata lotta ai ferri corti con l’olandese Lars Van der Haar (secondo a 40 secondi), campione uscente e vincitore una settimana fa sul Koppenberg. Terzo sul traguardo, a 2’17” Laurens Sweeck, per il belga quello di oggi  è il terzo bronzo europeo in carriera.

«E’ stata una corsa dura – ha detto il vincitore – credetemi davvero dura. Con Lars abbiamo combattuto sul filo di lana per oltre metà gara. Con la pioggia tutto è diventato più difficile, ma anche più aperto. Caduto lui, caduto io, ma alla fine sono riuscito prima a riprenderlo e poi a staccarlo. Forse sono stato un pizzico migliore nei tratti tecnici. Abbiamo gareggiato in un clima pazzesco, un tifo del genere ti gasa, ti esalta».

Van der Haar era il più in forma dopo il Koppenbergcross, ma alla fine ha dovuto arrendersi
Van der Haar era il più in forma dopo il Koppenbergcross, ma alla fine ha dovuto arrendersi

Poi alla domanda su che effetto gli faccia aver conquistato quella maglia, il corridore fiammingo ha risposto: «Questa maglia rappresenta tantissimo per me, perché è la prima maglia distintiva che indosso da quando corro nella categoria elite».

La rimonta di Bertolini

Buona e coraggiosa la prova dell’unico azzurro Gioele Bertolini, dodicesimo a 3’33”.

«La pioggia – spiega l’azzurro – ha reso il percorso scivoloso. C’erano due o tre tratti dove stare molto attenti per rimanere in sella. Speravo di recuperare qualche posizione in più in partenza, ma si sono creati dei buchi, e non sono riuscito a guadagnare posizioni. Così ho deciso di impostare un ritmo regolare, ho cercato di saltare gruppettino per gruppettino».

In effetti ad un certo punto il corridore lombardo era riuscito a tornare sul gruppo che lottava per l’ottava posizione.

«Poi però si è creato qualche buco – spiega – e per poca roba non sono riuscito a centrare la top ten. Peccato, ci tenevo davvero, ma sono comunque contento della mia corsa perché conscio di avere dato il massimo».

Bertolini ha fatto una bella rimonta e alla fine si è piazzato 12° a 3’33”
Bertolini ha fatto una bella rimonta e alla fine si è piazzato 12° a 3’33”
Toglici una curiosità, ma viste tutte le cadute davanti tu sei riuscito a rimanere in piedi?

Sì dai, a parte una bella sbandata ad inizio gara e qualche rischio qua e là è andata bene. Diciamo che alla fine (ridendo, ndr) sono riuscito a portare a casa la pelle.

Prossimi obiettivi?

La settimana prossima correrò in Svizzera e poi arrivano le prossime tre gare di Coppa del mondo.

Così anche per Gioele bisognerà anzitutto recuperare e dosare bene le forze. Mentre lassù nella Cittadella, finita la corsa è iniziata la musica. E si balla malgrado la pioggia.