Inizio Tour “old style”? Podenzana racconta e spiega

15.07.2025
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Tutto al Nord, con tappe tendenzialmente veloci. E se in certe occasioni non ci fossero stati fenomeni come Van der Poel e Pogacar, avremmo visto anche più di sprint di gruppo. Parliamo dell’inizio del Tour de France, un inizio “old style”, come quelli che si vedevano negli anni ’90, quando uno dei protagonisti in gruppo era Massimo Podenzana.

Quante volte lo abbiamo visto, assieme al resto della Mercatone Uno, tirare in quei piattoni immensi per riportare dentro Marco Pantani. Il Panta magari era rimasto attardato per una caduta, una foratura o perché non aveva preso un ventaglio. Erano percorsi diversi, ma certe situazioni restano molto simili. In questa edizione del Tour ancora di più. Ormai è vietato stare oltre la quindicesima posizione. Lo abbiamo visto due giorni fa quando sono caduti Almeida e Buitrago e in gruppo erano rimasti in trenta o poco più.

Massimo Podenzana (classe 1961) è direttore sportivo della Novo Nordisk dal 2013
Podenzana (classe 1961) è direttore sportivo della Novo Nordisk dal 2013
Massimo, prime dieci tappe al Nord, qualche strappo ma tutte veloci…

Sì, anche se sono frazioni un po’ diverse rispetto a prima quando erano molto più piatte. Quando si faceva noi il Tour, nei primi dieci giorni si arrivava sempre in volata o al massimo arrivava una fuga. La cosa che invece era ed è simile è che era difficile rimanere in piedi in quelle tappe. O comunque senza incidenti. Se ci riuscivi, avevi già vinto. Almeno per noi era così, visto che con il Panta si cercava di fare classifica. Aggiungo però che a livello televisivo ora è più bello.

Perché?

Perché ci sono frazioni movimentate, intense… anche se molto nervose.

C’è più caos adesso negli sprint di gruppo? Una volta c’erano squadre di sprinter e squadre di uomini di classifica. Oggi si vedono quasi più i treni degli uomini di classifica che quelli dei velocisti, che al massimo hanno un paio di uomini…

Una volta magari c’era un po’ più spazio per le fughe. Adesso, quando ci sono tappe per velocisti, controllano le squadre dei velocisti; nelle tappe miste controllano quelli di classifica, quindi è più difficile fare differenze. La corsa è chiusa (un po’ come diceva De Marchi, ndr). Non solo, ma quando si arriva in volata tutti cercano lo sprint, sono in tanti, e viene fuori un vero caos. Si verificano un sacco di cadute, come abbiamo già visto.

Come se la cavava la Mercatone Uno in questi sprint?

A noi non ci riguardava. Eravamo compatti e concentrati sul nostro obiettivo: arrivare all’ultimo chilometro e poi sfilarci. Adesso il limite è ai tre chilometri. Si cercava di tenere il leader nelle posizioni di testa. Però secondo me le velocità sono alte anche ora. Con la mia squadra abbiamo fatto recentemente il Baloise Belgium Tour e, quando si arrivava in volata, sul tachimetro della macchina vedevi velocità da far paura.

Voi, Massimo, facevate una gran fatica perché ogni volta, come hai detto prima, c’era una caduta, un buco, un ventaglio… e stai tranquillo che c’era dentro Marco. E voi giù dentro a menare..

Vero – sorride Podenzana – il nostro obiettivo era arrivare a metà Tour, quindi a ridosso delle salite, senza cadute. Poi ci pensava lui.

Oggi è tutto diverso e capita spesso che uno sprinter forte come Merlier si metta a disposizione del leader per la generale
Oggi è tutto diverso e capita spesso che uno sprinter forte come Merlier si metta a disposizione del leader per la generale
Quando dovevate tirare e mettervi “pancia a terra” in mezzo a quelle tappe caotiche, c’era un regista? Un road capitain?

Sì, ma dipendeva dalla tappa. Ogni giorno era diverso: chi stava meglio tirava di più, l’altro di meno.

Soudal‑Quick Step: c’è una piccola analogia tra loro e la vostra Mercatone Uno? Hanno l’uomo di classifica e lo sprinter. Merlier e Remco come Manzoni e Pantani.

Loro per Merlier sfruttano molto il lavoro degli altri. Noi eravamo tutti per Marco. Manzoni se la cavava da solo. Merlier oggi è più forte che in passato: al Baloise è arrivato in volata e non c’era storia. Milan è forte, però non mi sembra al top come prima. Inoltre tende a posizionarsi un po’ alto nello sprint: si alza con spalle e testa e prende aria. Però le sue qualità non si mettono in dubbio.

Rispetto al tuo ciclismo cosa è cambiato pensando sempre alle prime tappe di questo Tour, ma dei grandi Giri in generale?

Molte cose sono uguali, ma qui c’è un corridore di un altro pianeta che va a prendersi tappe che un tempo gli uomini di classifica avrebbero lasciato. Pogacar l’ha già dimostrato anche in questo Tour. E a cronometro ha perso pochissimo da uno specialista. Vingegaard, invece, dopo l’incidente, non è tornato quello di prima. Ha lavorato molto, però secondo me non è più il vincitore sicuro di Tour.

Se paragoni Pogacar a un capitano dei tuoi tempi chi ti viene in mente?

Secondo me il Panta in salita aveva qualcosa in più, però Pogacar a cronometro è più forte e in generale è più completo. Marco al massimo nelle cronometro si difendeva, come per esempio, le seconde crono di un grande Giro, che erano più per chi aveva ancora energie piuttosto che di prestazione assoluta.

Sempre secondo Podenzana, un tempo la corsa era più lineare e c’era una squadra (o poche altre) che controllavano
Sempre secondo Podenzana, un tempo la corsa era più lineare e c’era una squadra (o poche altre) che controllavano
Massimo tu sei stato un corridore e sei un direttore sportivo. Come si lavora in queste situazioni quando devi tenere l’uomo davanti?

Secondo me il lavoro è uguale, con l’aggravante che ora c’è più stress. Prima non c’erano tutte queste squadre attrezzate come oggi. Prendiamo la tappa di Rouen: per prendere l’ultima salita, tutti erano davanti. Anche squadre come la Groupama-FDJ. Sì, Gregoire è forte, ma una volta squadre così non avrebbero tirato così costantemente e probabilmente uno come lui non sarebbe stato lì. Adesso, con le rotonde, gli spartitraffico… altro che stress.

Ti piaceva avere indicazioni o preferivi non averne?

No, era diverso senza radio. Si viveva più la giornata. Adesso quando partecipi a una corsa sai già tutto: finale, rotonde, curve… Ma oggi le radioline servono. Al campionato italiano ci dicevano di avvertire i corridori per un problema: ma senza radio come facevi?

Come studiavate la tappa?

Si studiava il libro gara, cercando di capire gli ultimi due–tre chilometri. Non veniva segnalato tutto come adesso.

C’era un road captain?

Sì, ma variava a seconda della tappa, di chi stava meglio. C’ero io, c’erano Conti, Fontanelli, Zaina, Velo… dipendeva dai momenti della gara.

Quali squadre vedi lavorare bene oggi?

La UAE Emirates, anche se al Giro d’Italia non mi è piaciuta tanto, ma qui stanno facendo tutto al meglio. Anche la Visma-Lease a Bike mi piace: porta sempre Vingegaard davanti nei momenti top e lo protegge costantemente. Sono le due squadre migliori e lo sono anche perché hanno i corridori più forti, quelli con più gamba e che di conseguenza sanno ben muoversi in gruppo.

Podenzana apprezza molto il laoro di Visma e UAE
Podenzana apprezza molto il laoro di Visma e UAE
Tappe più ondulate, ma anche più nervose, come quelle di questo inizio Tour sarebbero piaciute di più alla Mercatone Uno rispetto ai piattoni di allora?

Sarebbe stato comunque difficile per noi. Eravamo più a nostro agio con le grosse salite. Magari su questi ondulati Pantani si sarebbe difeso meglio perché aveva classe e non aveva paura di lottare.

Lo avreste portato nelle montagne con meno svantaggio dopo dieci tappe?

Forse sì, perché quei percorsi sarebbero stati più adatti a lui rispetto ai totali piattoni e poi c’erano cronometro più lunghe. Ma la posizione in gruppo è troppo determinante oggi. Lui stava spesso dietro e risalire costa troppe energie. Ai miei tempi anche se era sbagliato qualche volta si poteva, ma oggi, se vuoi fare classifica, devi stare tra i primi venti. Sempre.

Massimo, chiudiamo con un aneddoto. Pensando alle tante sgroppate d’inizio Tour che vi faceva Pantani ce n’è una che ricordi più delle altre?

Ce ne sono tante. Mi viene in mente la tappa di Pau: dovevamo stare davanti, avevo una gran condizione. Ho lavorato tutto il giorno e sono riuscito a tenerlo là. Marco mi ringraziò. Ma ogni giorno dovevi dare il meglio per non fargli perdere terreno o energie. Anche se il ricordo più vivo non è legato al Tour ma al Giro.

Raccontaci!

Tappa dell’Alpe di Pampeago, quando Tonkov staccò Marco nel finale. Lì dovevo essere il penultimo uomo. Tiriamo, prepariamo l’attacco. Io sto per dare il cambio pensando ci sia un altro compagno dietro di me. Invece mi volto e c’è lui, Marco. E mi fa: «Pode, lungo». Insomma, tira ancora. Ho dato l’anima finché non è scattato. Quando lo ha fatto per me è stata una liberazione. Quel “Pode Lungo” me lo ricorderò per sempre.

Perracchione, nuovo pro’ senza passare dagli U23

30.10.2023
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L’ingaggio di Alessandro Perracchione da parte della Novo Nordisk ha colto molti di sorpresa. Il giovanissimo piemontese passa professionista saltando a piè pari la categoria U23. Eppure non è stato tra quelli che più si sono messi in mostra quest’anno. Entrando più a fondo della questione si scopre così che questo passaggio non nasce dal nulla. E’ invece l’evoluzione di un contatto nato molto tempo fa.

Massimo Podenzana, diesse della formazione americana che da anni permette di fare attività ad alto livello a corridori affetti da diabete di tipo 1, racconta come Alessandro sia nel mirino del team praticamente da sempre.

«Già da quando era allievo lo seguiamo con attenzione. Fu Ellena a segnalarmelo, raccontandomi la sua storia di ragazzino alle prese con il diabete sin da quando aveva 2 anni. Ha partecipato ad almeno un paio di nostri training (nella foto di apertura, ndr), abbiamo visto che ha un buon motore. Sinceramente abbiamo valutato quello più che i risultati».

Podenzana, ex tricolore su strada, è direttore sportivo della Novo Nordisk dal 2013
Podenzana, ex tricolore su strada, è direttore sportivo della Novo Nordisk dal 2013

L’anno della mononucleosi

Perracchione effettivamente non ha avuto una grande stagione, ma il perché è presto spiegato: «La sua annata è stata contraddistinta dalla mononucleosi. Praticamente gli ha impedito di ottenere risultati per tutta la prima parte dell’anno. Nella seconda parte è andato sempre in crescendo, solo che la vittoria, quella importante, è arrivata solo in extremis, nell’ultima classica della stagione.

«Alessandro è un ragazzo di qualità, che deve solamente crescere con calma, senza stress. La sua scelta è stata a lungo ponderata, ne abbiamo parlato anche con i genitori. Con loro abbiamo convenuto che la scuola viene al primo posto. Alessandro deve finire gli studi nel 2024 e quindi faremo un calendario appropriato per permettergli di concentrarsi sugli esami».

Perracchione ha corso con l’Energy Team per 2 anni: nel 2022 aveva ottenuto 3 vittorie, 1 nel 2023 (foto GAS Photography)
Perracchione ha corso con l’Energy Team per 2 anni: nel 2022 aveva ottenuto 3 vittorie, 1 nel 2023 (foto GAS Photography)

Un passista-veloce

Che tipo è Alessandro, sia come persona che come corridore: «Un ragazzo tranquillo, anche un po’ timido, che sta maturando da ogni punto di vista. Tecnicamente è un passista-veloce, che trova la sua dimensione ideale entrando nei gruppetti che si giocano la corsa. Allora può davvero vantare buone carte a suo favore. Ma è chiaro che deve ancora imparare tanto».

Eppure Perracchione, a dispetto delle difficoltà incontrate quest’anno, si era messo davvero in luce tanto che non c’era solo il team americano a seguirlo.

«Mi avevano contattato anche altre squadre – racconta il corridore classe 2005 – ma sinceramente avevo già scelto sin dall’inizio dell’anno. Con Podenzana ci conosciamo da tempo, ho partecipato anche all’ultimo training camp dove eravamo ben in 25. Se sono arrivato qui devo dire grazie a lui e a Fabrizio Tacchino, il mio preparatore che mi segue praticamente da sempre».

La vittoria al GP Camignone, precedendo Vesco e Monister (foto Rodella)
La vittoria al GP Camignone, precedendo Vesco e Monister (foto Rodella)

Il diabete e la tecnologia amica

La mononucleosi però ha avuto un forte peso nella sua evoluzione: «Non posso negare che mi ha un po’ allarmato. Vedevo che non ottenevo risultati e non ne uscivo fuori, facendo uscire qualche dubbio. Avevo fatto un inverno molto buono, volevo raccoglierne i risultati, ma fino ad agosto la forma non arrivava e devo ammettere che è stata una bella botta».

In tutto questo discorso il diabete è come uno spettatore esterno. Eppure ha avuto un peso in tutta la sua vita, anche nella sua decisione di seguire la strada tracciata dalla Novo Nordisk che da sempre accoglie nel suo gruppo atleti con questa particolare patologia.

«Io ci convivo da quando ne ho memoria – spiega – i vincoli che impone sono parte di me, del mio vissuto. Non si può negare poi che rispetto a quando sono nato sono stati fatti passi da gigante. Quando ho iniziato a gareggiare c’era ad esempio ancora la necessità di farsi le punture al dito per verificare il glucosio nel sangue tramite la gocciolina. E in corsa non potevi certo portarti tutto il necessario… Ora con le app è tutto più facile, hai un aggiornamento costante sullo smartphone o il cardiofrequenzimtro al polso. L’evoluzione tecnologica è fondamentale».

Per il piemontese anche un’esperienza in nazionale, al Trophée Morbihan ’22 (foto Andrey Duval)
Per il piemontese anche un’esperienza in nazionale, al Trophée Morbihan ’22 (foto Andrey Duval)

Il tempo di crescere

Podenzana dal canto suo ha ben chiaro come proseguire nel rapporto con Perracchione. Come farlo maturare nei tempi giusti: «Io dico che i mezzi li ha, ma va tenuto tranquillo. Per molti versi mi ricorda un altro corridore che fa parte del nostro team, Matyas Kopecky, atleta ceko quinto agli ultimi europei U23. Se si dà loro il tempo di crescere, i risultati li portano».

E’ pur vero però che saltare una categoria non è semplice se non sei l’Evenepoel di turno: «Non è facile ambientarsi, questo è chiaro e per questo bisognerà lavorarci di cesello. Nel primo anno farà un po’ la spola tra la prima squadra e quella continental. Nella prima parte dell’anno avrà un calendario dosato per poi progressivamente, messi da parte gli impegni scolastici, fare sempre più esperienze anche al livello superiore».

Anche da allievo Alessandro si era messo in luce, anche nel ciclocross (foto Sentinella del Canavese)
Anche da allievo Alessandro si era messo in luce, anche nel ciclocross (foto Sentinella del Canavese)

Si comincia a novembre

Per il tecnico spezzino quella di Perracchione è una scelta naturale e ponderata, uno dei pochi nuovi ingressi nel team: «Abbiamo anche promosso in prima squadra 4 ragazzi provenienti dal team Devo. Abbiamo avuto una stagione che reputo positiva anche se non sono arrivati successi, ma quando riesci a piazzare tuoi corridori nei primi 10 anche in qualche classica belga, significa che la qualità c’è e che stai lavorando bene. Quando ti confronti con i team WorldTour è dura, hanno a disposizione mezzi che noi possiamo solo sognare e per questo anche i piazzamenti hanno un loro valore. In Spagna a fine novembre porremo le basi per il nuovo anno e sono sicuro che quel che è mancato quest’anno arriverà».

Podenzana e ora Zana: i tre tricolori di Reverberi

11.07.2022
6 min
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Trent’anni fa, poco meno. Massimo Podenzana aveva già 32 anni, perché lui – come dice spesso scherzando – è passato a 26 che era già vecchio. A Prato si correva il campionato italiano, in un giorno caldo come a fine giugno in Puglia. E come quest’anno, fu una fuga ad assegnare la maglia tricolore. E se Zana per vincere ha dovuto fare la volata, il “Pode” preferì arrivare da solo, come da solo sarebbe arrivato anche l’anno successivo, centrando una clamorosa doppietta nel 1994 a Cles. Sono i tre tricolori di Reverberi.

Alla corte di Reverberi

Tra le curiosità e le coincidenze, oltre a quelle ultime quattro lettere, il denominatore comune per entrambi è infatti Bruno Reverberi. Tanto che dopo la vittoria di Filippo, l’attuale direttore sportivo del Team Novo Nordisk, ha mandato un messaggio al reggiano, scherzando sul fatto che abbia impiegato trent’anni per rivincere l’italiano.

«A Prato – ricorda – non ero partito per vincere, ma di sicuro per dare battaglia. Ricordo che uscimmo dal circuito di Seano che mi avevano quasi preso. Vedevo dietro Lelli e Sciandri a 100 metri, ma dissi a me stesso che finché non mi avessero raggiunto avrei tenuto duro. Col caldo non ho mai avuto problemi. Salii fino a 1’30” e alla fine ne mantenni uno su Bugno in maglia iridata, Cassani e Faresin».

Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati
Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati

Un altro ciclismo

Trent’anni fa, poco meno. Una vita. Forse Zana non conosce nemmeno la storia del suo predecessore, essendo nato nel 1999 che per Podenzana e gli uomini della Mercatone Uno fu invece maledetto. Ma nel 1993, con Pantani al primo anno da professionista e lo spezzino vestito della maglia Navigare, quel che sarebbe accaduto non era neppure immaginabile. Era un altro ciclismo. Prima del Giro, la squadra di Reverberi partecipò alla Vuelta, perché prima del WorldTour si poteva.

Le stesse squadre, più o meno, ma un ciclismo molto diverso…

Oggi è difficile andare alle grandi corse, devi sperare nell’invito. Prima le facevi tutte. La Navigare era una di quelle squadre piccole, che aveva sempre dentro qualche buon corridore. Bruno puntava sui giovani e, come oggi, ne prendeve sei o sette all’anno, sperando di tirarne fuori qualcuno più forte. Non io, perché ero già vecchio. Ma quell’anno passò con noi Guerini, c’erano Shefer, Barbero e Davidenko, il mio attuale team manager.

Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
La maglia tricolore non ha mai cambiato valore però…

Quello non cambia. Indossarla dà sensazioni e una responsabilità. Porti la bandiera del tuo Paese in giro per il mondo. Ricordo che io ero uscito bene dal Giro d’Italia, come anche Zana, che ha fatto bene anche alla Adriatica Ionica Race. Scoprirà anche lui che quando la avrà indosso, sarà spinto a dare il massimo.

Ricordi la tua prima uscita con il tricolore sulle spalle?

Il Trofeo Melinda, se non ricordo male, che vinse Della Santa su Gianetti e Belli. Si arrivava in salita a Fondo. Di certo, ricordo quanto fu strano prepararsi. Ero così poco convinto di vincere il tricolore, che mi ero organizzato una vacanza in Sardegna con la famiglia. Di solito avrei preso la bici davvero poco, quella volta pensai più ad allenarmi che alla vacanza. Il Melinda fu una corsa dura, ma per me fu un’emozione incredibile. E poco dopo andai a Camaiore e vinsi.

Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Oggi ci si stupisce per la pulizia della maglia, nel 1993 non si pensava a un tricolore alternativo…

Credo che il primo per cui si fece una maglia diversa dalla bandiera fu Pozzato, perché la Katusha volle cambiare. La mia era tricolore e basta.

L’anno dopo vincesti nuovamente l’italiano: dopo un po’ ti sei abituato a quel simbolo?

Ero fortunato, perché il tricolore cade in un periodo in cui io sono sempre andato bene. Feci bene alla Bicicleta Basca, vinta ancora da Della Santa. Poi feci bene al Giro, che chiusi al settimo posto. Ebbi anche una caduta, ma per evitare terapie che mi distraessero o mi condizionassero, corsi fino all’italiano senza andare dal dottore. Ci andai dopo e venne fuori un problemino di facile soluzione all’anca. A Cles, al campionato italiano del 1994, feci metà corsa in gruppo e poi me ne andai.

Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
E l’anno dopo cambiasti squadra: il tricolore fa mercato?

Difficilmente cambiavo squadra. Passai all’Atala, poi con Reverberi, la Brescialat, Carrera e Mercatone Uno. La Brescialat era la novità, creata da Giupponi, Leali e Bordonali. Il 1995 andò bene, al secondo anno si divisero. Io avevo il contratto con Leali e Giupponi e rischiai di smettere, perché nel 1996 la squadra che nel frattempo era diventata San Marco Group, chiuse. Poteva davvero finire la carriera, ma Boifava mi salvò.

Cosa fece?

A maggio mi aprì le porte della Carrera. Mi portò al Giro di Svizzera e poi al Tour, dove vinsi una tappa e mi sistemai per il futuro. A Boifava devo tanto, voglio ringraziarlo. Fu lui che nel alla fine di quell’anno mi portò da Luciano Pezzi e mi fece firmare con la Mercatone Uno di Marco Pantani, nonostante lui stesse facendo la Asics con Chiappucci.

Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Due anni da campione italiano cambiano la vita?

Sono sempre stato uno che non si montava la testa. Sapevo dove potevo arrivare, che poi è il consiglio che mi sento di dare a Zana. Ho vinto poco, ma corse importanti. La tappa al Tour, una al Giro. Il Toscana. Ho portato la maglia rosa e quella azzurra. Sono tutte in un armadio, anche le due tricolori, ma quelle originali.

Ti capita mai di aprire quell’armadio?

E’ successo proprio nei giorni scorsi. Ho preso il Covid e mi sono isolato su in mansarda. E così mi sono messo a riguardare le vecchie foto e le maglie, perché sennò le giornate sarebbero state lunghe. Ho aperto i cassetti e ho rivisto la maglia rosa e la gialla con la dedica e l’autografo del Panta. Bei ricordi. Mia figlia non capiva cosa stessi facendo. Non guardavo la televisione, in compenso ho rivisto la mia storia.

Novo Nordisk cacciatori a Sanremo. Parla Podenzana

12.02.2021
5 min
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Massimo Podenzana, quello delle due maglie tricolori e dell’indimenticabile supporto agli assalti di Pantani, è da 10 anni il direttore sportivo del Team Novo Nordisk. Nel 2011 la squadra si presentò come Team Type 1-Sanofi e assunse l’attuale denominazione nel 2013, diventando la bandiera del ciclismo di vertice per gli atleti affetti di diabete di tipo 1.

Wild Sanremo

Nel pieno delle agrodolci reazioni post wild card, la Novo Nordisk ha stappato la bottiglia per la chiamata alla Milano-Sanremo. Non che non ambiscano a fare di più, ma di certo la partecipazione alla Classicissima è la vetrina internazionale più ambita e come tale sarà preparata.

«Sappiamo che partecipare alla Sanremo – dice il ligure – è per noi un traguardo importante ed esserci riusciti ci ha messo di buon umore. L’anno che abbiamo alle spalle è stato difficile, ma siamo riusciti a correre. Sembrava che il 2021 sarebbe stato diverso, invece sembra tutto uguale. Andare alle corse resta un problema, bisogna accettare quel che viene e ripartire».

Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro con Pantani
Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone del Giro 1998

Fino al 2023

Esiste un ciclismo che si accontenta e non di certo perché valga di meno, ma perché preferisce correre nei suoi limiti piuttosto che inseguire improbabili chimere.

«Faremo comunque il nostro calendario – spiega Podenzana – che prevede Laigueglia, Larciano e Sanremo. Volevamo andare in Turchia e in Rwanda, ma sono state cancellate. E’ già buono quello che stanno facendo gli organizzatori, anche se il rischio è che comincino a posticipare le date, creando l’accumulo che poi diventa difficile da gestire. Non è tanto un problema per noi, quanto per le squadre più piccole. Non faremo il Giro, ma abbiamo prolungato la sponsorizzazione per altri due anni e anche nel periodo Covid abbiamo avuto il nostro senza alcun problema. Che cosa ci chiedono? L’immagine, ci tengono tanto. E di spenderci nelle pubbliche relazioni. Prima del Covid alle corse venivano i bambini a chiedere gli autografi, ora è davvero triste…».

Andrea Peron e Brian Kamstra con vista sul mare
Andrea Peron e Brian Kamstra con vista sul mare

Tutti in fuga

A proposito di progetto, questo è esula dal… vendere corridori e creare campioni, ma vuole offrire una prospettiva a chi pensa che il diabete sia una malattia invalidante. Vedere quella maglia in fuga o in lotta per la vittoria è lo spot migliore.

«Ai tempi in cui c’era Sanofi – ricorda – avevamo anche atleti senza il diabete, ora non più. Il fatto di correre da protagonisti è la miglior vetrina. In determinate corse bisogna farsi vedere, la Sanremo è una di queste. Magari però non mettendone 4 in fuga come l’ultima volta. Altrimenti si potrebbe pensare che il direttore sportivo sia rimbambito. Mentre nelle corse di seconda fascia si può provare a fare risultato. Abbiamo anche un team development negli Stati Uniti, che ogni anno organizza un camp con ragazzi di 17-18 anni per ingaggiare i più forti. Il loro direttore sportivo è Lagutin, che vinse il mondiale U23 nel 2003. E’ magro come quando correva».

Quattro uomini della Novo Nordisk in fuga alla Sanremo 2019, un po’ troppi…
Quattro della Novo Nordisk in fuga alla Sanremo 2019

Lampi tricolori

Nel team Novo Nordisk c’è tanta Italia. E’ a suo modo italiano il team manager Vassili Davidenko, che qua si mise in luce da corridore assieme al “gemello” Shefer nei primi anni Novanta, passando poi professionista con Reverberi. E’ italiano ovviamente il direttore sportivo, come la nutrizionista, Laura Martinelli, che vi abbiamo già presentato. E’ italiana Alice Podenzana, figlia di Massimo, che si occupa di comunicazione. E poi ci sono i corridori, Andrea Peron e Umberto Poli.

«Per loro la Sanremo è come un mondiale – prosegue Podenzana – ovvio che vogliano esserci. Ma gliel’ho detto che devono essere pronti, altrimenti il fatto che siano italiani non conta. La Sanremo non è un diritto e visto che di un certo livello facciamo solo questa, sarà bene essere all’altezza. Mi pare che l’abbiano capito. La Sanremo è la sola prova monumento di tutta la stagione. Per il resto, saremo in Spagna, faremo il Giro d’Austria, l’Ungheria, il Giro del Belgio, la Parigi-Tours. Diciamo che cerchiamo di correre nei Paesi in cui il ciclismo è più importante. Quanto alla Martinelli appena arrivata… Ero un po’ scettico all’inizio, non avevo mai avuto un nutrizionista quando correvo. Mi sono accorto al ritiro di quanto sia importante e brava. E alla fine l’ho ringraziata».

Umberto Poli è del 1996 e viene da Verona
Umberto Poli è del 1996 e viene da Verona

Quale percorso?

Dopo Larciano i ragazzi andranno a casa, non correndo Strade Bianche e neppure la Tirreno, ma in vista della Sanremo si organizzerà un ritiro.

«Faremo qualcosa dal 13 al 18 marzo – conferma Podenzana – e non è stato semplice organizzarlo. Abbiamo saputo dell’invito solo questa settimana, per cui non è stato complicato trovare un hotel a Milano. Il ritiro lo faremo qui dalle mie parti, nello spezzino. E anche per il programma siamo in attesa. Se il percorso cambia ancora, ha senso andarlo a vedere. Sennò ci alleneremo nei dintorni. Il Colle di Nava a marzo in effetti è un bel rischio, aspettiamo quel che diranno. In ogni caso il nostro obiettivo sarà portare via la fuga in partenza. I campioni devono lasciarla andare, altrimenti gli tocca controllare una corsa sempre più nervosa. I chilometri di pianura dopo la partenza da Milano, saranno il nostro terreno di caccia».