Insieme all’altro Ganna nel mondo di Pippo

07.12.2021
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A casa Ganna di Olimpiadi se ne intendono. Marco a Los Angeles 1984 ci è andato nella canoa, il figlio Filippo ne ha seguito le orme sfrecciando quest’estate nel velodromo di Izu con Lamon, Consonni e Milan sino all’oro nell’inseguimento a squadre. Quella è stata una delle svariate gemme tra Giro d’Italia, europei e mondiali che hanno fatto sì che il venticinquenne di Vignone venisse scelto quale atleta dell’anno 2021 dalla giuria di giornalisti piemontesi dell’Ussi Subalpina, gruppo intitolato al mitico Ruggero Radice (penna storica delle due ruote). Con lui i nuotatori Alessandro Miressi e Carlotta Gilli, anche loro grandi protagonisti a Tokyo. A proposito di ciclismo, nell’occasione hanno ricevuto un riconoscimento speciale anche due cuneesi: l’iridata Elisa Balsamo e Diego Colombari (oro nella staffetta di handbike alla Paralimpiade giapponese).

Top Ganna però è già ripartito verso la nuova stagione tra pista e strada e così a Torino a ritirare il premio è venuto il papà, con tanto di mascherina griffata Ineos Grenadiers d’ordinanza. Prima di posare con l’ennesimo riconoscimento per l’asso azzurro, ci ha parlato di lui.

Che effetto ti fa ritirare un premio al posto di tuo figlio?

Fa sempre piacere ritirare premi per Filippo, così come so che farebbe piacere a lui essere qui a goderseli. In questo periodo dell’anno però lui è sempre impegnato e, dopo uno stop molto breve, è già ripartito. Purtroppo lo sport sta cambiando in questo senso e anche le pause tra le stagioni sono sempre più brevi.

L’hai visto più stanco?

Ci siamo incrociati poco a casa, ma non mi è sembrato particolarmente stanco, anche perché era ancora bello in condizione e quello lo si è visto anche ai mondiali di Roubaix. Forse era più stanco di testa, soprattutto per le pressioni ricevute negli ultimi mesi.

Forse a quello era anche dovuto il suo sfogo premondiale?

Non era uno sfogo, ma direi più un “richiamo”, se consideriamo che dopo l’Olimpiade ha continuato ad allenarsi su strada. Poi, ha fatto l’europeo dove hanno vinto con la squadra, ma lui ha fatto secondo nella crono individuale e allora ha ricevuto le critiche per aver mancato il successo per pochi secondi. Come se non bastasse, al mondiale è andato a vincere in Belgio a casa di due dei più grandi protagonisti che ci sono attualmente nel ciclismo, poi hanno fatto una grandissima gara nella staffetta. Ormai siamo arrivati al punto che, secondo gli italiani, ogni volta che lui parte in una gara, la deve vincere per forza, sembra tutto scontato. A Tokyo, in tanti hanno parlato di debacle per il 5° posto nella crono su strada ma, lasciando stare Roglic, erano in 4 corridori in 4 secondi e mezzo e lui era a meno di 2″ dal bronzo.

Tutto questo quanto gli pesa?

A Filippo in realtà non più di tanto, perché lui è molto bravo a lavorare sull’aspetto mentale. Lo fa da solo, senza aiuto di nessun mental coach come altri sportivi, non ne sente il bisogno. E’ capace di isolarsi dal resto del mondo e si concentra senza lasciarsi distrarre da nulla. Ha trovato questo modo di allenarsi in altura: va su a Macugnaga in un rifugio dove praticamente non c’è niente, nemmeno il wifi. Lui, terminato l’allenamento, prende la funivia, sale a 3.000 metri e fino al giorno dopo sta là tranquillo. Si riposa e recupera: è dura, perché alcuni ciclisti, di cui non faccio il nome, sono andati due giorni e poi sono scesi perché non ce la facevano più a essere isolati dal mondo. Lui è capace di stare lì una settimana o dieci giorni, senza problemi. Scende, fa gli allenamenti sulle strade di casa perché Macugnaga non è lontana da noi. Così si rigenera.

Quando era piccolo, ti saresti aspettato di vederlo come il faro del ciclismo italiano?

Dico la verità, i miei figli non li ho mai obbligati a fare attività sportiva. Gli ho solo detto di fare sport perché gli faceva bene. Filippo ha giocato a pallavolo, un po’ pallacanestro e nuotava come Carlotta, poi si è appassionato al ciclismo. Nessuno dei due ha mai provato, invece, a fare canoa come me. 

Prima degli appuntamenti importanti Filippo è capace di isolarsi a 3.000 metri sopra Macugnaga: il suo segreto
Prima degli appuntamenti importanti Filippo è capace di isolarsi a 3.000 metri sopra Macugnaga
Tu invece pedalavi da giovane?

Lo facevo a livello amatoriale. Uscivo, poi quando ha cominciato Filippo, ho smesso io. Adesso però ho ripreso.

Esci mai con lui in bici?

Sono uscito due volte e praticamente ho fatto dietro moto. Direi che basta, perché anche quando va piano, è un razzo.

Essendo tu un ex-atleta, ti ha impressionato?

Ha un bel motore, però lo si sapeva già da quando era giovane. Io non ero nel giro del ciclismo e non conoscevo tante regole di questo sport, ma gli dicevo sempre: «Esci, pedala, prendi l’aria in faccia e poi qualcosa arriva». In effetti, direi che è stato così e lui ha imparato bene.

Dove può arrivare ora?

Diciamo che di cose ne ha già fatte tante. Secondo me, tra qualche anno, può diventare un corridore da classiche, senza snaturare il suo modo di correre. In tanti insistono perché punti ai grandi Giri: certo, se facessero cronometro di 60 o 70 chilometri, allora se ne potrebbe riparlare. Lui comunque ha in mente i suoi obiettivi, sinora li ha raggiunti tutti, ora vedremo nei prossimi anni. 

Tutti lo tirano per la manica perché provi con i grandi Giri, ma questo tipo di pressione gli scivola addosso
Lo tirano per la manica perché provi con i grandi Giri
Ti piace il seguito che ha?

Soprattutto quello dei ragazzini. Riceviamo tante richieste di giovani ciclisti che vogliono fare attività sportiva e, grazie alle sue imprese, si sono uniti al nostro mondo. 

Tra le domande più ricorrenti c’è quella sul record dell’Ora: che idea ti sei fatto?

Ne abbiamo parlato. Abbiamo buttato giù delle idee assieme ai suoi preparatori, vedremo che succederà. In casa si parla di tutto, ma non sempre di ciclismo. Se Filippo ha bisogno di un consiglio, glielo do volentieri, ma per il resto sa gestirsi perché ormai è grande.