Guarischi e Sanguineti, ultime ruote a confronto

26.02.2023
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Fra poche ore saranno avversarie sulle strade della Omloop van het Hageland poco distante da Leuven con le loro nuove rispettive squadre. Barbara Guarischi e Ilaria Sanguineti sono state volute da SD-Worx e Trek-Segafredo per la loro capacità di interpretare il ruolo di lead-out. E diventare quindi le migliori ultime ruote per Lorena Wiebes ed Elisa Balsamo.

Barbara e Ilaria, o se preferite “Baby” e “Yaya”, sono amiche e si conoscono bene. La scorsa estate la prima ha vinto la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo grazie alla volata tirata dalla seconda. Sfruttando la loro simpatia e la loro loquacità, andiamo subito a sentire cosa ci hanno detto in questa intervista doppia dopo le prime gare disputate (e vinte) con le loro capitane.

Intesa perfetta. Sanguineti lancia Guarischi che vince l’oro ai Giochi del Mediterraneo 2022 (foto Coni)
Intesa perfetta. Sanguineti lancia Guarischi che vince l’oro ai Giochi del Mediterraneo 2022 (foto Coni)
Due qualità che servono per fare il lead out e perché lo fai?

GUARISCHI: «Intelligenza, che comprende avere occhio, prendere posizione e capire che tipo di volata è. Poi responsabilità o sangue freddo per prendere le giuste decisioni. Mi sono ritrovata ad essere pesce-pilota perché è la cosa che mi riesce meglio e perché ci sono ragazze più veloci di me».

SANGUINETI: «Bisogna saper pensare per due. Dove passo io, deve passare anche la mia velocista. Ed anch’io dico sangue freddo. Penso di essere una ragazza altruista. Tiro le volate perché mi sento più felice a fare così che a vincerle io».

Treno ok. Guarischi e la sua SD Worx festeggiano la vittoria di Wiebes nella seconda tappa del UAE Tour
Treno ok. Guarischi e la sua SD Worx festeggiano la vittoria di Wiebes nella seconda tappa del UAE Tour
Un lead out è un velocista mancato oppure si nasce per quel ruolo?

GUARISCHI: «Credo che si nasca velocista e si diventi ultima ruota per necessità. Anche perché non è facile organizzare un treno. Tuttavia per quello che mi riguarda resta la voglia di giocarsi le proprie carte in volata quando c’è la possibilità.»

SANGUINETI: «Entrambe le cose secondo me. Se non sei un velocista, non puoi sapere come si deve muovere un lead out».

Qual è la cosa più facile e quella più difficile nel fare da lead out a Lorena/Elisa?

GUARISCHI: «La più facile è che Lorena si è fidata subito di me. Non perde mai la mia ruota. Di difficile invece nulla per il momento. Al UAE Tour eravamo solo in tre a gestire il suo treno ma siamo riuscite a vincere una tappa e fare un secondo ed un terzo posto».

SANGUINETI: «La più facile è che non dobbiamo dirci nulla, ci facciamo solo cenni con la testa. La più difficile forse è convincere Elisa che sta bene anche quando dice il contrario. E convincerla che è nel posto giusto nel treno. Nel complesso rispetto a quando eravamo in Valcar non ho notato nessuna differenza. O meglio, lei è ancora più forte».

Sanguineti sullo sfondo esulta per la vittoria di Balsamo a Valencia. Hanno ricominciato come si erano lasciate nel 2021 al Women’s Tour.
Sanguineti sullo sfondo esulta per la vittoria di Balsamo a Valencia. Hanno ricominciato come si erano lasciate nel 2021 al Women’s Tour.
Che volata vuole Lorena/Elisa? Usa parole particolari nei momenti clou?

GUARISCHI: «Lorena vuole uno sprint fuori dal caos con una velocità che si alza in modo crescente e costante, cercando di occupare sempre una parte della strada fin da subito. Ho già visto che non dice nulla e che parla solo se c’è qualcosa che non va. E allora a quel punto poi parlo io con le altre dicendo cosa fare».

SANGUINETI: «Dipende da com’è il finale, l’ho capito col passare del tempo. Se c’è un arrivo piuttosto dritto, vuole una volata impostata per sorprendere le avversarie. Se invece l’arrivo è tecnico, vuole il rischiare il giusto. Elisa parla solo quando mi sta perdendo la ruota. Lei dice “Yaya” e io so già tutto quello che devo fare».

La spedizione azzurra al Mediterraneo 2022. Guarischi e Sanguineti sanno fare gruppo
La spedizione azzurra al Mediterraneo 2022. Guarischi e Sanguineti sanno fare gruppo
A chi ti ispiri nel fare questo ruolo?

GUARISCHI: «Tra gli uomini Morkov, ma ho sempre preso spunto da Tiffany Cromwell. Lei adesso ha un po’ cambiato le sue caratteristiche, ma quando eravamo assieme alla Canyon-Sram era lei che mi tirava le volate. Mi è sempre piaciuta per la sua intelligenza che usava nel pilotarmi».

SANGUINETI: «Nessuno in particolare. Anzi, devo dirvi che quando guardo le gare in televisione non faccio mai caso al lead out. Guardo la volata semplicemente».

Che caratteristica ruberesti all’altra e che qualità atletica ammiri in lei?

GUARISCHI: «Yaya ed io siamo molto simili però lei è più scalatrice di me. Mi piace la sua “cattiveria” nell’affrontare le salite o gli strappi. Diciamo che le ruberei più “fibre rosse” (sorride, ndr)».

SANGUINETI: «Vorrei la sua capacità di tenere molto bene le posizioni in gruppo. Barbara più giù della ventesima non ci va mai. A livello atletico è ben definita, una statua».

Tre aggettivi per descrivere l’altra ed un particolare del suo carattere che apprezzi.

GUARISCHI: «Il primo che dico è pazza (risata, ndr). Poi aggiungo limatrice e generosa. Di lei mi piace il suo essere sempre sorridente e saper fare gruppo. Credo che anche questi aspetti ci accomunino».

SANGUINETI: «Attenzione che potrei toccare tasti dolenti, ma non lo faccio perché poi si offende. Quindi dico che è permalosa (ride anche lei, ndr), spericolata e soprattutto carismatica. Apprezzo che è una persona divertente. E’ un’ottima compagna di camera».

Come si batte il treno della squadra della Trek-Segafredo/SD Worx?

GUARISCHI: «Non l’ho ancora visto, ma onestamente non mi pongo questa domanda né per il loro treno né per quello di un’altra formazione. Il mio obiettivo è quello di far funzionare al meglio i nostri vagoni».

SANGUINETI: «Non ne ho idea, voglio scoprirlo nelle prossime gare. Al UAE Tour ho lavorato molto per Elisa e Gaia (Longo Borghini e Realini, ndr). Solo nell’ultima tappa abbiamo deciso nel finale con Slongo di buttarmi nella volata, ma non ho fatto attenzione a come era organizzata la SD-Worx».

Fra voi due chi è più forte in volata?

GUARISCHI: «Beh, sono più forte io (sorride, ndr)… ma siamo entrambe perdenti in una volata con altre velociste!».

SANGUINETI: «Ha ragione Barbara. Lei è più velocista di me».

Come e dove si affina la sintonia con la propria velocista?

GUARISCHI: «Conosco Lorena da poco, ma siamo sempre state in camera assieme negli ultimi tre mesi ed abbiamo approfondito la conoscenza. In pratica ho visto più lei di mia madre. Credo che il fuori-gara faccia tanto per fidarsi. Poi contano anche le piccole cose più in gara che in allenamento».

SANGUINETI: «Elisa ed io abbiamo la fortuna di essere amiche da tanto tempo, quindi c’è una fiducia vera a livello personale. Abitando molto distanti tra noi, la nostra armonia la perfezioniamo di gara in gara. Per dire, a Valencia sorridevamo assieme più che per la sua vittoria, quanto per il mio quarto posto finale ottenuto sullo slancio della tirata».

Pensavi di poter vincere così presto con Lorena/Elisa?

GUARISCHI: «Speravamo e volevamo vincere tutte e tre le tappe per velociste negli Emirati. Siamo andate là per creare sintonia e trovare una giusta misura. Onestamente me lo aspettavo di fare subito risultato».

SANGUINETI: «Sì, perché ci credevo tanto. Ero certa che le avrei tirato una volata perfetta. Avevo voglia di far vedere che eravamo tornate. Ci eravamo lasciate nel 2021 che Elisa aveva vinto l’ultima gara dell’anno con uno sprint che le avevo tirato al Women’s Tour con la maglia iridata appena conquistata. E ci siamo ripresentate alla Volta Valenciana allo stesso modo»

Quando ti sposti poi guardi sempre la volata?

GUARISCHI: «Dipende da come arrivo nel finale. Se sono distrutta non guardo nulla. Se invece la trenata è andata bene, allora tengo gli occhi sullo sprint. Perché se va tutto bene spesso si vince».

SANGUINETI: «Io guardo sempre la volata. Se poi so, come a Valencia con Elisa o al Mediterraneo proprio con Barbara, che la vinciamo allora me la godo tutta. Praticamente i miei occhi diventano telecamere fisse».

Barbara e Ilaria sono state spesso compagne di camera durante le gare con la nazionale
Barbara e Ilaria sono state spesso compagne di camera durante le gare con la nazionale
Nelle prossime volate in cui sarete fianco a fianco con i vostri treni, come ti comporterai con l’altra? Farete a spallate?

SANGUINETI: «C’è tanto rispetto fra di noi. Credo che forse qualche spallata senza cattiveria possa scapparci. Ma sì Baby, delle dolci spallate (ride, ndr)».

GUARISCHI: «Macché spallate. Ci rispettiamo a vicenda. Sappiamo quello che stiamo facendo e che siamo lì per lavorare, anche per cercare di vincere. Non ci saranno grandi problemi e mai ce ne sono stati. Insomma Yaya, niente spallate e solo abbracci (sorride, ndr)».

Velocisti, caos e perfezione alla velocità della luce

26.01.2023
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«Anche quella dei velocisti – dice Viviani, in apertura con Richeze – è una famiglia che si sta evolvendo. Siamo tanti, ma non vedo un dominatore assoluto. I giovani arrivano. De Lie ha vinto tante corse lo scorso anno e ha cominciato bene quest’anno. Poi ci sono Kooij e anche Jakobsen, anche se lui è una conferma. Lo scorso anno però non c’è stato uno che abbia schiacciato gli altri. Se ci mettiamo tutti insieme in una gara come questa, magari qualcuno manca, però non c’è uno che le vinca tutte».

Ieri la salita ha diviso il gruppo. Davanti sono rimasti Gaviria e Sagan, dietro Jakobsen, lo stesso Viviani e tutti gli altri. La curiosità di fare con Elia il punto sui velocisti è venuta proprio osservando l’andamento della Vuelta a San Juan. Ogni volata un vincitore diverso, ogni volata una squadra capace di gestire diversamente il finale. Poco importa se giovani o più esperti.

«In questo momento – conferma Viviani – Van Poppel è quello che fa la vera differenza e Bennett ne trae beneficio. Però anche Bennet ha la mia età, quindi possiamo dire che c’è una decina di velocisti che si dividono le vittorie. Poi ogni anno c’è chi prevale sull’altro in termini di numero o qualità delle vittorie. Non è secondo me come gli scalatori. Il Tour se lo giocano Pogacar, Vingegaard e non so chi altri. Sul piano delle volate, la situazione è più aperta».

Alla Vueltsa San Juan per ora tre volate e tre vincitori diversi
Alla Vueltsa San Juan per ora tre volate e tre vincitori diversi
Dipende dal livellamento delle prestazioni?

No, perché comunque lo sprint non è come in salita. La differenza la fanno tante cose, non solo i watt per chilo. La fa il percorso, se tira un po’ in su. La fa se la volata viene un attimo più tirata, come qui nella seconda tappa. La fanno le dinamiche, il treno migliore, restare chiusi sulle transenne, riuscire a venir fuori… Quindi tante cose che, messe insieme, non fanno prevalere sempre il corridore più potente. Probabilmente i primi sprint da giovanissimo potrebbero far prevalere sempre lo stesso, però tra i professionisti non è più così.

Quanto incide il treno? 

Prima ho parlato di Van Poppel per dire che tantissime squadre possono portare il velocista all’ultimo chilometro, ma è quello che succede nel finale a fare la differenza. Tutte le volte che ho vinto nel 2018-2019 era perché Sabatini, Richeze o Morkov lavoravano per me. Questa combinazione di corridori aveva il pieno controllo di quello che succedeva nell’ultimo chilometro. Quindi la squadra può fare bene dal chilometro zero fino all’ultimo, ma in quello spazio, sono il penultimo e l’ultimo uomo che fanno la differenza. Un Van Poppel così fa la differenza e ti porta a giocarti il 90 per cento delle volate. Senza di lui, Bennett non vincerebbe così bene.

In che modo l’assenza dei treni all’antica cambia la volata?

La situazione è più caotica. Non c’è più il treno di quei 6-7 che prendono la testa e portano il leadout fin là. Oggi parliamo di due uomini: quello che entra al chilometro e porta l’ultimo ai 500 metri e quello ti lancia negli ultimi 500 metri. Le squadre non sono più sbilanciate verso lo scalatore o il velocista. Tutto da una parte o dall’altra. Ormai ci sono dentro i due uomini per lo scalatore e i due per il velocista. Per questo non vediamo più il dominio di un treno che prende la testa e va pulito sino falla fine.

Van Poppel è l’ultimo uomo di Bennett, uomo chiave invidiato da tanti velocisti
Van Poppel è l’ultimo uomo di Bennett, uomo chiave invidiato da tanti velocisti
Una volta fra grandi velocisti c’erano spesso tensioni, adesso come va?

Abbiamo rapporti abbastanza buoni. E’ ovvio che poi con qualcuno vai più d’accordo e c’è chi ti sta più sulle scatole o chi secondo te si muove in modo un po’ troppo aggressivo. Capita poche volte ormai di vedere delle scorrettezze per cui dici: «Cavoli, mi ha fatto rischiare la vita!». C’è rispetto, questo mi sento di dirlo.

Non ci sono più… i banditi come un tempo?

Con tutti i temi che si trattano negli ultimi anni, parlando di sicurezza, di stare attenti… E’ inutile che lottiamo per la sicurezza organizzativa, se poi ci ammazziamo fra noi. Quindi è ovvio che questo porta ad essere un po’ più corretti. Anche le squalifiche che ci sono state secondo me hanno indotto qualcuno a pensarci bene prima di fare scorrettezze.

L’incidente di Jacobsen, per esempio, ha fatto parlare?

Ha fatto parlare tanto, però secondo me ha fatto parlare in modo sbagliato. Come al solito se ne è parlato per le conseguenze, non per quello che è successo. Perché io sono ancora del parere che Groenewegen si sia spostato una volta di troppo, ma anche Fabio ha pedalato una volta di troppo. Nove velocisti su dieci avrebbero capito che era il momento di frenare. Quindi per me in quell’incidente le responsabilità sono 50 e 50. E’ successo a chiunque di vedere la ruota che arriva sotto e fare uno spostamento. Okay, Groenewegen ha esagerato, ma dall’altra parte Jakobsen ha provato a infilarsi fino a quando il manubrio è entrato nelle transenne. La mossa di Dylan non è stata per ammazzare Jakobsen. Certo che ne abbiamo parlato, ma nel modo giusto, analizzando ambedue le parti.

La drammatica caduta al Polonia 2020, che stava per costare la vita a Jakobsen (che vola oltre la transenna)
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Il fatto che si usino i rapporti sempre più lunghi in volata è causa dell’evoluzione del ciclismo?

Ma sì, perché comunque ci sono volate dove chi è da solo magari mette un dente in più. Se gli va bene e prende la scia giusta, riesce a saltare quelli davanti. Quindi secondo me l’uso di rapporti sempre più lunghi è più per la dinamica che ormai c’è nelle volate. E poi si va avanti, guardiamo come sono aumentati i rapporti in pista. Aumentano le velocità, però quei rapporti bisogna tirarli.

Cioè?

Mercoledì avevo il 56 pensando alla volata, ma non sono arrivato a farla. Quindi a cosa serviva il 56? Sulla bilancia va messo sempre tutto, perché se non sei abituato a tirare un certo rapporto, probabilmente può essere più nocivo che altro. Per contro, il primo giorno era una volata tutta piatta, si girava a sinistra e trovavi vento a favore, probabilmente un dente in più sarebbe servito. Quindi c’è sempre da analizzare non solo quei 500 metri finali, ma anche la giornata.

Prima forse queste attenzioni non c’erano.

Non si cambiavano i rapporti giorno per giorno. Avevi un rapporto ed era quello. C’era chi metteva il 54 tutto l’anno, chi il 53… Sicuramente fa parte delle scelte di oggi. Come gli scalatori cambiano dal 36 al 39 e al 42 se la salita è poco pendente, lo stesso noi possiamo permetterci cose che una volta non si facevano.

San Juan per Viviani è momento di verifica con gli altri velocisti e preparazione per gli europei in pista
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Tu hai corso la Sei Giorni di Rotterdam e poi hai fatto i lavori in pista prima di venir qua: com’è il passaggio dai carichi di lavoro della pista alla prima corsa su strada?

Nei primi giorni è sempre difficile, però è ovvio che facendole entrambe, non è un problema e anzi deve essere un vantaggio. Il passaggio successivo è che dopo questa corsa, andrò ancora in pista con le gambe belle cariche. Adesso dovremo finire questa gara, poi recuperare e recuperare non vuol dire viaggiare. Quindi ci prenderemo qualche giorno in più a casa per assimilare quello fatto qua e aggiungere la qualità, per arrivare pronti all’europeo

E dopo gli europei?

Strada. Uae Tour e poi sono nella lista della squadra per la Parigi-Nizza, ma dobbiamo vedere le dinamiche di inizio stagione. Il mio programma strada sarebbe perfetto vede Parigi-Nizza, Sanremo, Gand-Wevelgem. Se non dovessi essere fare la Parigi-Nizza, potrei andare in Coppa del mondo al Cairo. Ma il programma numero uno è quello della strada al 100 per cento.