San Baronto: la “palestra” di Visconti metro dopo metro

06.02.2025
5 min
Salva

Lungo le rampe della salita di San Baronto si accenderanno i riflettori sulla stagione juniores. Una scalata che per i giovani ragazzi toscani, e non solo, rappresenta un vero e proprio punto sacro del ciclismo. Il teatro di allenamenti e sfide da parte dei ragazzi del team guidato da Luca Scinto e della Mastromarco. Qualche anno fa il San Baronto rappresentava una vera e propria linea di confine tra due nomi di spicco del ciclismo italiano: Giovanni Visconti e Vincenzo Nibali. 

Il San Baronto è stata la salita sulla quale Visconti si è allenato negli anni da pro’ e che tutt’ora affronta spesso nelle sue uscite
Il San Baronto è stata la salita sulla quale Visconti si è allenato negli anni da pro’ e che tutt’ora affronta spesso nelle sue uscite

Nel cuore della Toscana

I due siciliani qui si sono sfidati a colpi di pedale, come faranno i ragazzi juniores tra poche settimane. Giovanni Visconti che in Toscana, proprio in cima al San Baronto, si trasferì quando era junior ci racconta i segreti di questa collina e dei suoi versanti.

«Intorno a questa salita – racconta Visconti – ci ho costruito la mia intera carriera. I versanti sono tre: due dalla parte della provincia di Pistoia e uno da quella di Firenze. Se si vuole dare una lettura agonistica alla salita di San Baronto allora dobbiamo parlare del versante che parte da Lamporecchio, provincia di Pistoia. Salita che si affrontava anche al GP Larciano qualche anno fa».

Le pendenze del San Baronto cambiano a seconda dei versanti, questo è quello più duro, con partenza da Lamporecchio
Le pendenze del San Baronto cambiano a seconda dei versanti, questo è quello più duro, con partenza da Lamporecchio
Presentacela

Misura 3,9 chilometri con un primo tratto della lunghezza di un chilometro facile, le pendenze non vanno oltre il 7 per cento. Poi arriva la parte centrale, che va dal primo al secondo chilometro, chiamata il “drittone”. Un tratto con pendenze molto più impegnative, oltre il 10 per cento. E’ qui che si fa il tempo, ma non bisogna avere fretta di spingere.

Perché?

La strada invoglia a dare tutto, ma alla cima non manca poco. Finita la parte del “drittone” ci sono ancora un paio di chilometri alla fine della salita, tutti con pendenze irregolari: si va dal 5 al 7 per cento, poi ci sono punte al 10 e ancora si torna al 6 per cento. E’ qui che chi ha gamba può spingere e guadagnare tanti secondi. 

Visconti in maglia tricolore al Gp Industria e Artigianato 2012, quello fu uno degli ultimi anni in cui si fece il San Baronto da Lamporecchio
Visconti in maglia tricolore al Gp Industria e Artigianato 2012, quello fu uno degli ultimi anni in cui si fece il San Baronto da Lamporecchio
Insomma, una salita gestire…

In particolare il tratto del “drittone” perché lì ti viene voglia di spingere, ma se vai in acido non hai la possibilità di rilanciare nel tratto finale dove si può fare maggiore velocità.

Quando eri junior questo versante era già pane per i tuoi denti?

No, lo evitavo. Pedalavo sul versante che arriva da Pistoia, leggermente più lungo ma con pendenze meno impegnative. Si tratta di una salita di 5 chilometri al 5 per cento di media. E’ pedalabile e veniva sfruttata da noi corridori, anche da dilettanti, per fare dietro macchina. Era la salita dei classici lavori di finalizzazione, quelli ad alte frequenze di pedalata. 

Il versante da Lamporecchio fu inserito anche nel tratto in linea dei mondiali di Firenze nel 2013
Il versante da Lamporecchio fu inserito anche nel tratto in linea dei mondiali di Firenze nel 2013
Tu abiti in cima al San Baronto, quindi avevi l’imbarazzo della scelta…

La salita da Lamporecchio quando ero professionista la utilizzavo per capire il mio livello di condizione, diciamo che assaggiavo la gamba. Qui facevo degli esercizi legati alla forza, i famosi 20/40. 20 secondi di recupero e 40 ad alta intensità. Quando stavo bene quei 3,9 chilometri li facevo intorno ai nove minuti e sapevo di andare alle gare pronto. 

Hai detto che esiste anche un altro versante.

Esatto, quello di Vinci. Sono dieci chilometri al 3,5 per cento di pendenza media. Non una salita da far male, ma quando ero professionista la si usava per fare lavori dietro macchina o moto ad alta velocità e per tempi più lunghi. Si superavano spesso i 30 chilometri orari e con frequenze sopra le 100 pedalate al minuto

Il gruppo in discesa verso Mastromarco al GP Industria e Artigianato del 2024
Il gruppo in discesa verso Mastromarco al GP Industria e Artigianato del 2024
Ti è mai capitato di fare tutti e tre i versanti?

Spesso, soprattutto quando volevo fare dei giorni con allenamenti duri e tanto dislivello. 

Tutte salite da rapporto lungo?

I versanti di Vinci e Pistoia si fanno tranquillamente con la moltiplica grande: 52 o 53. Mentre se si decide di salire da Lamporecchio è bene preservare la gamba, quindi nelle parti più impegnative meglio la moltiplica piccola per poi rilanciare. Quando al GP Larciano si affrontava più volte questa salita, nei primi passaggi era meglio non indurire troppo il rapporto, altrimenti nel finale si rimaneva senza forze. 

A Sambinello la prima degli juniores, sotto gli occhi di Salvoldi

03.03.2024
6 min
Salva

LAMPORECCHIO – Spianato sulla bici come Cavendish. Enea Sambinello è un falco sull’arrivo di Cerbaia di Lamporecchio (nella foto di apertura, la lunga volata). Il Gran Premio Giuliano Baronti è stato una sorta di campionato italiano. Che grande attesa che c’era per questo debutto stagionale della categoria juniores. Un parterre stellare, tanto da richiamare persino il cittì Dino Salvoldi. 

La giornata alterna vento e nuvoloni super minacciosi. In un inverno più mite che mai, forse questa è stata la giornata più fredda. Ma i motori dei corridori erano belli caldi. Mentre si radunavano, nella grande sala mensa ottimamente allestita da Neri Sottoli, che ha aperto i suoi stabilimenti, i ragazzi parlavano dell’impresa di Pogacar ieri alla Strade Bianche. Ma anche di allenamenti e stati di forma.

Giornata fredda, motori caldi

La corsa parte come se fosse una prova di velocità su pista. Dopo 200 metri il gruppo è allungatissimo. Complice anche il vento, i giri in basso si fanno più duri del previsto. Alla fine è un dolce ondulato, ma continuo. A ruota si risparmia tanto, altrimenti sono dolori.

Vangi, Team Franco Ballerini, CPS, Autozai, Team Giorgi… insomma le squadre dei favoriti, si alternano in testa. Solo due atleti alla fine riescono a scappare veramente. Riccardo Uderzo e Matteo Rinaldi arrivano a toccare i due minuti di vantaggio. Ma si sa che andare all’arrivo è difficile. 

Intanto Salvoldi segue la corsa dall’ammiraglia. Osserva e prende appunti: «In effetti c’è un grande parterre qui. Dopo il ritiro di gennaio, colgo l’occasione per vedere come stanno i ragazzi, soprattutto in vista del primo impegno internazionale, il trittico dell’Eroica».

In salita, verso San Baronto, scappano prima in cinque e poi nel finale in due: Andrea Bessega ed Erazem Valjavec, ma non guadagnano tanto. In discesa Giacomo Rosato, Enea Sambinello e Mattia Proietti Gagliardoni gli rientrano. Rientrano in un momento cruciale però, cioè proprio al termine della discesa. Altrimenti sarebbe stata dura.

Sambinello glaciale

A quel punto Sambinello è glaciale. Non si fa intimorire. Sa di essere il più veloce e sul rettilineo finale detta la sua legge. A dicembre lo avevamo lasciato tra le interrogazioni su Ariosto e il ritiro-premio con la UAE Emirates in Spagna.

«Abbiamo fatto il ritiro poco tempo fa con la squadra, la Vangi – racconta Sambinello – e avevo buone sensazioni. Questa settimana è iniziata male perché lunedì sono caduto e sono stato un po’ male, quindi non sapevo bene a che livello ero.

«Oggi però sulla salita ho visto che stavo bene. Ho preso un po’ dai primi, ma in discesa ci siamo buttati giù forte. Sapevo di essere tra i più veloci e sono riuscito a giocarmela bene. Sono rimasto tranquillo. Anche perché sapevo che dietro c’erano due miei compagni, pertanto potevo non dannarmi eccessivamente l’anima per portare avanti la fuga e al tempo stesso concentrarmi sulla volata».

Sambinello vince con due bici buone di vantaggio. Man mano che arrivano i suoi compagni, i ragazzi della Vangi si abbracciano. Si nota un certo affiatamento. Un affiatamento che, a quanto pare, c’è stato anche in corsa.

«In effetti devo ringraziare tantissimo i miei compagni – racconta Sambinello – soprattutto Giacomo Sgherri, perché mi ha aiutato veramente tanto a prendere la salita davanti. Ma in generale tutta la squadra ha lavorato bene e siamo stati molto uniti. Parlavamo spesso su come gestire la corsa. Comunque era la prima gara e c’era molto nervosismo in gruppo. Quindi cercavamo di stare davanti, di evitare le cadute. Ma qualche battuta l’abbiamo scambiata anche con gli avversari, più che altro per salutarci, per sapere come stavano dopo l’inverno».

«Se ho parlato con Salvoldi? Non ancora, ma spero sia contento». Sambinello ci congeda parlando dei prossimi impegni, quelli con la nazionale e quello già cerchiato di rosso: il GP Liberazione a Roma.

Salvoldi sorride

E a proposito di Dino Salvoldi, il cittì non si può lamentare. Il tecnico azzurro si è fermato sulla salita per osservare meglio i ragazzi e trarre nuovi spunti. Dino si era confrontato anche con Luca Scinto per la scelta del percorso.

«Un tracciato così – spiega il cittì – era ideale: in linea con i percorsi moderni per durezza e chilometraggio. Insomma non era il “circuitino”. I ragazzi oltre ad avere più possibilità di andare all’arrivo, potevano anche prepararsi meglio con più convinzione ad un appuntamento simile».

Il cittì è soddisfatto perché i nomi cerchiati di rosso non lo hanno “tradito” e questo è importante per proseguire il lavoro che ha in mente.

«Alla fine sono arrivati davanti tutti i ragazzi che mi aspettavo. Un buon segnale. Vuol dire che hanno lavorato bene. Ho sentito per radio che Sambinello è rientrato in fondo alla discesa. A quel punto era favorito. Mattia Proietti (un primo anno, ndr) è andato molto bene. Così come Giacomo Rosato, che in pianura ci ha provato. No, no… molto bene».

Stasera Salvoldi farà il giro di telefonate con i ragazzi. Anche se con la maggior parte di loro ha parlato faccia a faccia dopo l’arrivo.

«E’ molto importante questo dialogo, perché mi consente di capire meglio come stanno e soprattutto di sapere se qualcuno che poteva fare di più ha avuto qualche problema. Per esempio c’è stata una caduta prima della salita che ha spaccato parecchio il gruppo e per me è importante saperlo».

Tafi a Ballerini: la Roubaix si vince così…

13.01.2023
6 min
Salva

«E’ arrivata l’ora di puntare veramente in alto. Sembra difficile da dire, ma il mio sogno è uno e resterà sempre quello: la Roubaix. Cercherò di provarci fino in fondo, anche se bisogna che i satelliti si allineino nel punto giusto e al momento giusto. Però finché non ci credi, di sicuro non si avvererà mai nulla».

Con questo destino scritto nel nome, Davide Ballerini ha iniziato la settima stagione fra i professionisti. E come accade ogni volta che ci soffermiamo sullo strano incrocio, il ricordo di Franco torna a galla. Questa volta abbiamo bussato alla porta di Tafi, amico e anche rivale.

Ottobre 2022, Davide Ballerini ha appena vinto la Coppa Bernocchi e festeggia con Alaphilippe
Ottobre 2022, Davide Ballerini ha appena vinto la Coppa Bernocchi e festeggia con Alaphilippe

Il San Baronto nel mezzo

I due vivevano sulle pendici opposte del San Baronto: Casalguidi per Franco, Lamporecchio per Andrea. Quel monte è un confine naturale, con i campanilismi ciclistici contrapposti capaci di scatenare vere e proprie contese. Gli ultimi alfieri sono stati forse Visconti e Nibali, ma questa è un’altra storia.

Ballerini e Tafi furono compagni di squadra alla Mapei, in tante campagne del Nord e anche nelle due Roubaix vinte dal Ballero. Nel 1995, Tafi chiuse in 14ª posizione. Nel 1998 fu secondo, mentre terzo si piazzò Peeters, anche lui della Mapei e oggi direttore sportivo di Ballerini (foto di apertura).

Quando poi Ballerini lasciò la Mapei, fu la volta di Tafi che nel 1999 vinse la Roubaix. Mentre nel 2002, l’anno dopo il ritiro di Franco, vinse il Fiandre.

I due hanno trascorso la carriera insieme. Qui al Grand Prix Breitling del 1998, cronocoppie in Germania
I due hanno trascorso la carriera insieme. Qui al Grand Prix Breitling del 1998, cronocoppie in Germania
Tafi dà consigli a Ballerini su come vincere la Roubaix… Non ti sembra un po’ strano?

Abbastanza (ridacchia, ndr). Però fa tornare un po’ indietro negli anni, quando era Franco che dava consigli a me. E’ un modo strano per ricordare un grandissimo amico, con cui davvero ho condiviso periodi indimenticabili, in cui ci osservavamo l’un l’altro per capire come stessimo lavorando.

Perché la Roubaix, come forse solo la Sanremo, si attacca così tanto al cuore di certi corridori?

La Roubaix è la corsa di un giorno più bella e più impegnativa al mondo. Con tutto quello che si può dire sui sassi e il fatto che è fuori dal tempo, è la più bella. Anche Bettiol quest’anno vuole puntarci. Ha corso su quelle strade al Tour ed è tornato innamorato. Non è per tutti, servono attitudine, motivazione e voglia. Però poi è la corsa che ti può dare il timbro di campione. Se vinci la Roubaix o il Fiandre entri a far parte di un circolo piuttosto esclusivo.

Aprile 1999, da solo con la maglia tricolore: arriva la vittoria con una vera impresa
Aprile 1999, da solo con la maglia tricolore: arriva la vittoria con una vera impresa
Ballerini ha 28 anni, quanta esperienza serve per poterla vincere?

Fino allo scorso anno, avrei risposto in un modo. Poi però è arrivato Sonny Colbrelli che l’ha vinta al primo tentativo. Il ciclismo è cambiato moltissimo, sembra che gli anni passati dai miei tempi siano pochi, ma sono venti ed è cambiato il mondo. Noi parlavamo di esperienze da fare, oggi arrivano e sono subito pronti. Poi magari non dureranno allo stesso modo, ma io ho vinto il primo Monumento a 30 anni, il Lombardia. Evenepoel ha vinto la Liegi a 22, poi anche la Vuelta e il mondiale. Magari a 30 anni avrà già detto tutto, chi lo sa?! Per questo credo che anche Ballerini ormai sia pronto per puntare in alto.

Come te e Franco, avrà una bella concorrenza interna, che non è banale…

Non è affatto banale. La Mapei di allora che poi diventò Quick Step ha avuto dall’inizio la forte impronta per le classiche e grandi campioni per vincerle. Però a volte la concorrenza è meglio averla in casa che fuori, perché sai quale tattica faranno quei tuoi compagni così forti, che poi in corsa potrebbero diventare avversari.

La Roubaix del 1995, la prima di Ballerini. La seconda arriverà nel 1998 (foto di apertura)
La Roubaix del 1995, la prima di Ballerini. La seconda arriverà nel 1998 (foto di apertura)
Come si fa a essere corretti e anticipare gli altri?

La prima cosa che dovrà fare Ballerini sarà farsi trovare pronto. E poi serve programmazione, la Roubaix non si improvvisa in 15 giorni. Devi prepararla e analizzarla con tutta la squadra.

Ci ha raccontato che l’anno scorso ha bucato due volte nella Foresta: la fortuna è così predominante?

La fortuna incide con una percentuale molto alta, ma alcune volte dipende dalle situazioni. Dal meteo, perché se c’è acqua non vedi bene le buche. Si fora perché magari prendi la traiettoria sbagliata e impatti male con le pietre, ma a volte sei costretto a farlo. Quando sei in gruppo, come nell’Arenberg, non hai troppa libertà di cambiare direzione. Certo due forature nella Foresta magari dicono anche altro.

Ballerini, doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Ad esempio?

La prima può succedere per quello che ci siamo detti. La seconda potrebbe dipendere da errori dati dal nervosismo e dall’ansia di recuperare. Se buchi due volte lì dentro, sei spacciato.

Un italiano in un team belga ha gli stessi spazi?

E’ chiaro che a parità di valore, la squadra potrebbe preferire il corridore belga. Però Lefevere è un grande professionista e sa quello che deve fare: chi ha la condizione migliore ha un occhio di riguardo e la protezione di quel gruppo così forte.

Si parlava di amore per la Roubaix e proprio tu nel 2018 hai provato a correrla di nuovo 13 anni dopo il ritiro. Perché?

Nel profondo c’era il richiamo della Roubaix. Insieme era anche il modo di fare capire quanto sia cambiato il ciclismo, a partire dalle bici. Proprio le forature rispetto a una volta sono un’altra cosa. Adesso per un po’ puoi continuare, prima ti fermavi sul ciglio e aspettavi l’ammiraglia. Se era fra le prime, forse ti salvavi, altrimenti addio. Sarebbe stato bello far vedere che la fine della carriera non è la fine del ciclismo, ma si può continuare a praticarlo stando bene fino ai 50 anni e anche oltre. E lo avrei dimostrato nella corsa che ho più amato.

Si va avanti ancora a lungo, ne faremo un altro articolo: promesso. Si parla intanto del Borghetto Andrea Tafi che si è ripreso dopo le chiusure per la pandemia. Delle tre ore in bici fatte ieri all’ora di pranzo, quando c’è più caldo. Di Bettiol, cui darà altrettanti consigli e anche qualcosa di più, essendo il compagno di sua figlia Greta. E di sicurezza stradale. I campioni di prima avevano il gusto di approfondire e raramente i loro addetti stampa usavano la clessidra.

E se Ballerini fosse l’erede di Tafi?

10.03.2021
4 min
Salva

C’è un altro Andrea Tafi in circolazione nel ciclismo italiano? Sono molti anni ormai che le due ruote tricolori attendono di trovare un altro protagonista capace di far sognare alla Parigi-Roubaix e il toscano, che l’ha vinta nel 1999 finendo altre tre volte nella top 5, pensa di averlo finalmente identificato.

Da solo con la maglia tricolore addosso: odore di impresa
Non ci sono più avversari davanti, è il momento dell’allungo

«Da quel che ho visto – dice Tafi – possiamo avere in Davide Ballerini un grande pretendente alla vittoria. Ha fatto un’escalation importante, anche lui come me ha iniziato con Savio, è passato all’Astana come io vissi un’esperienza alla Carrera ed ora è nel pieno della maturazione alla Deceuninck come me quando arrivai alla Mapei. E’ molto concentrato sulla sua attività e mi dà fiducia il fatto che stia seguendo una parabola ascendente da un paio d’anni. Attualmente non è un fatto di poco conto perché troppo spesso si vedono corridori che spariscono da un anno all’altro».

Perché questo avviene?

Io dico sempre che la bici vuol vederti soffrire, ti chiede quel “sacrificio”, parola tanto cara ad Alfredo Martini, ma è un sacrificio buono, quello che ti porta a emergere, a cambiare la tua vita. Le nuove generazioni sembra non sappiano che cosa vogliono, non sappiano che i risultati arrivano solo con il lavoro costante e appena molli un po’ la presa, non arrivano più. Il ciclismo è fatto di tante cose, non è solo tecnologia…

Davide Ballerini finora ha corsa una sola Roubaix, nel 2019 con l’Astana
Davide Ballerini finora ha corsa una sola Roubaix, nel 2019 con l’Astana
Che corridore è il “candidato per la Roubaix”?

Sicuramente non può essere un corridore leggero, ma non dev’essere neanche troppo pesante anche se in passato esempi del genere ce ne sono stati, basti ricordare Backstedt (primo nel 2004, ndr). Deve essere uno “tosto”, da ogni punto di vista, fisicamente ma anche mentalmente, pronto a combattere contro le pietre e che naturalmente ha una buona predisposizione a pedalare sul pavé.

Proprio a proposito di pavé, come va interpretato?

Dipende da settore a settore, ce ne sono alcuni più semplici e altri che sono determinanti per la corsa, alcuni che puoi affrontare ai suoi lati e altri dove è meglio andare sulla “schiena d’asino” ossia cercare la parte centrale. Cambiano se c’è sole o pioggia, magari passi su una piccola pozzanghera che nasconde una buca profonda che ti costa la foratura e la corsa. Per questo è fondamentale la ricognizione del venerdì, per studiare ogni settore, bisogna impararli a memoria e non è facile. Anche perché sono strade che durante la settimana precedente sono comunque aperte al passaggio dei trattori e dei mezzi motorizzati.

Nell’era della multidisciplina, chi ha una base proveniente da una specialità fuoristrada è avvantaggiato?

Enormemente perché ha una capacità di guida talmente rodata che gli permette di approcciarsi ai vari settori nella maniera giusta. Saper guidare la bici consente di risparmiare energie e in una gara come la Roubaix la riserva di forze è quello che fa la differenza.

Quanto conta l’approccio mentale?

Una Roubaix non s’improvvisa. Puoi magari sapere all’ultimo di correrla per sostituire un compagno, ma molto difficilmente potrai recitare un ruolo importante. Chi punta alla Roubaix la prepara molto prima, io cominciavo a pensarci già a dicembre. Sapevo che era il punto clou della stagione e mi preparavo a puntino, grazie anche a un grande team che mi permetteva di organizzarmi in sua funzione.

Assaggio di pavé fra i pro’ per Ganna, che aveva vinto fra gli U23
Assaggio di pavé fra i pro’ per Ganna, che aveva vinto fra gli U23
Hai detto di Ballerini. Ti viene in mente un altro nome?

Visto quello che ha fatto nelle categorie giovanili, soprattutto con la vittoria fra gli under 23 nel 2016, credo che Filippo Ganna sia adattissimo alla Roubaix, ma un conto è correrla nelle categorie giovanili, un altro fra i big. So che se ne parlerà il prossimo anno, lo seguirò con grande curiosità.