Una frase, parlando giorni fa con Ballan degli errori di Alaphilippe, ci era rimasta nella testa. Proprio a proposito del francese e delle sue possibilità di battere i due giganti del cross, il campione del mondo di Varese 2008 aveva detto delle parole sibilline: «Julian può inventarsi l’attacco a sorpresa che li possa sorprendere, come la volata di Chiusdino. Anche lui è uno che sbaglia parecchio, però è forte e riuscirà a dargli filo da torcere».
Quali sono gli errori di Alaphilippe di cui parla Ballan? Bisogna chiederglielo. E così approfittando dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico e dei… buchi concessi dalla crono, lo abbiamo incontrato.
A Gualdo Tadino si congratula con VdP, ma avrebbe potuto giocarsela meglio?A Gualdo Tadino si congratula con VdP, ma avrebbe potuto giocarsela meglio?
Forza Ale, vuota il sacco, parliamo di questi errori…
E’ il suo modo di correre (sorride lo spilungone veneto, ndr), avete visto che non sta mai fermo sulla bici? Toglie in continuazione le mani dal manubrio, si distrae, si gira, sembra perennemente agitato. Non voglio dire che sia stata colpa sua, ma anche quando è caduto al Fiandre, non stava guardando avanti. Chiaro che in quella situazione sarebbe caduto chiunque, ma resta il fatto che non è capace di restare fermo.
Un disordine che è anche tattico?
Qualche attacco a vuoto lo fa anche lui, ma il più delle volte gli va bene. Mi piace molto Julian. Però ad esempio l’altro giorno hanno voluto giocarsi la tappa facendo il buco con Stybar e secondo me hanno sbagliato. Quell’azione è vincente se la fai appena Stybar passa avanti, non lo lasci così tanto a tirare. Se il buco lo avesse fatto Ballerini e Alaphilippe si fosse messo a ruota di Van Aert, Wout avrebbe tirato e potevano giocarsi la tappa con Julian.
Pensa che di questa azione di parla come di una grande intuizione tattica…
Era intelligente, ma non aveva senso in quel momento e in quel modo.
Fiandre 2020, Van Aert fa scattare la trappola, schiva la moto in extremis e Alaphilippe cadeFiandre 2020, Van Aert schiva la moto in extremis e Alaphilippe cade
Altri errori: il finale della Liegi. Deviazione in volata e poi le braccia alzate troppo presto.
E’ stata l’espressione del suo modo di fare troppo impulsivo. In certi frangenti, bisognerebbe avere la freddezza di pensare.
Forse nelle classiche questo suo muoversi incide meno, in un Giro sarebbe un bel dispendio di energie nervose, no?
Incide comunque, soprattutto perché deve confrontarsi con due che gli sono leggermente superiori. Nei Giri certo sarebbe uno degli aspetti da migliorare, anche perché ha fatto vedere di poter tenere la maglia gialla quasi fino in fondo. Nei grandi Giri devi limare ogni possibile dispersione, viste le medie a cui si corre. In proporzione, Van der Poel è uno che ultimamente usa molto di più la testa…
Anche lui è parecchio istintivo.
Diciamo che a Castelfidardo ha rischiato grosso, partendo da lontano perché sentiva freddo. Ha corso gli ultimi chilometri in piena crisi di fame: se mangi una barretta ai meno 8, vuol dire che non c’è rimasto più niente. Però è migliorato rispetto ai mondiali di Harrogate. Lì evidentemente non aveva mangiato, qui ha pagato solo in finale. Bastava ci fossero altri 30 metri di dislivello e non arrivava al traguardo.
Dopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel arriva in piena crisi di fameDopo 52 chilometri di fuga, Van der Poel in piena crisi di fame
Addirittura?
La crisi di fame è così. Lui è abituato all’ora di massimo sforzo del cross e ha gestito così il circuito di Castelfidardo. Mi ricordo quando correvo con Franzoi, anche lui crossista. Forti fisicamente, ma senza una grande visione tattica. Però sta migliorando, è un ragazzo intelligente. Peccato che non abbia in squadra un corridore più esperto che possa essergli d’aiuto. Di fatto, nei momenti caldi della corsa, si ritrova sempre da solo. Per questo di certo Alaphilippe ha le spalle più coperte…
Matteo Fabbro non sarà al via del Giro d'Italia per il febbrone preso dopo la Tirreno. Per tutelarlo, la Bora ha cambiato i piani. Si fa rotta sulla Vuelta
Avviato con grande emozione verso la paternità e con la magia iridata attorno al busto, Julian Alaphilippe ieri ha condotto la Deceunuinck Quick Step sul tracciato della Strade Bianche, percorrendo gli ultimi 50 chilometri, anche con l’intento di provare le gomme per sabato. E dato che le previsioni danno pioggia, i ragazzi della Deceuninck-Quick Step si sono soffermati su valutazioni supplementari in questo senso.
«Non ho mai corso questa gara col bagnato – dice – ma mi dicono che lo sterrato tenga bene. La condizione è buona, non ho ancora vinto ma sono contento delle sensazioni che ho. Sono motivato. Spero di vincere il prima possibile».
Nel 2019 Fuglsang provò a staccare Alaphilippe, ma invanoNel 2018 Fuglsang provò a staccarlo, ma invano
Quell’Alaphilippe del 2019
Il viaggio indietro nella memoria ci porta alla trasferta argentina e colombiana del 2019. Julian tornò in Europa carico come una molla. Vinse la Strade Bianche, due tappe alla Tirreno e poi dominò la Sanremo. Ci riprovò anche l’anno scorso, ma tutti sappiamo come finì la storia.
Meglio pensare al 2019?
Ho grandi ricordi. Era il primo obiettivo della stagione, c’ero arrivato benissimo con la convinzione che la corsa mi si addicesse molto. Ricordo l’attacco di Fuglsang e la facilità con cui riuscii a prenderlo. Provò più volte a staccarmi, ma non ci riuscì. E quando attaccai per arrivare a Piazza del Campo, bè… ho ancora i brividi. Quando vinci in quella specie di anfiteatro pieno di gente, dopo una corsa così dura, è impossibile non emozionarsi.
Metteresti la Strade Bianche fra le gare monumento?
Per me è una delle corse più belle. Prima di venire a farla di persona, la guardavo in televisione. L’anno scorso sono stato sfortunato, ma dopo il lockdown non so neanche se sia giusto parlare di sfortuna. Ieri durante la ricognizione sul percorso mi sono goduto queste strade, E’ una corsa importante come un monumento. Non lo è, ma lo meriterebbe.
La ricognizione all’Het Nieuwsblad di Alaphilippe, come quella per la Strade BiancheLa ricognizione all’Het Nieuwsblad, come quella per la Strade Bianche
Come si fa a tenere a bada Van der Poel e Van Aert?
Sono i grandi favoriti, non c’è dubbio. Negli ultimi giorni abbiamo visto le prestazioni di Van der Poel, che troverà un percorso adattissimo. E Van Aert sarà alla prima corsa, ma può fare molto bene. Può vincere anche lui. Io ho una squadra forte e dovremo essere furbi ad approfittare della situazione giusta.
La squadra conta molto in una corsa così dura?
La squadra è molto importante. Dipenderà dallo scenario della corsa. Bisognerà partire bene e controllare la fuga. E’ una gara dura, dipende dalle gambe. Se hai gambe buone e un compagno in fuga, è importante. Bisogna stare svegli.
Alaphilippe, all’Het Nieuwsblad un attacco da lontano concordato con BalleriniAll’Het Nieuwsblad un attacco da lontano concordato con Ballerini
Come si onora la maglia che hai addosso?
Correndo come ho sempre fatto, con il mio stile di corsa. Attaccando, mostrandola in giro. Sono contento di come l’ho indossata finora.
Il tuo primo periodo arriverà alla Liegi?
Spero di continuare a crescere fino alle classiche. Ci sono tante corse cui posso puntare. Voglio restare concentrato e fare bene le corse, poi recuperare. Il primo blocco arriva fino alla Sanremo e costituirà la base per arrivare alle altre classiche.
TI sentirai tutti gli occhi addosso?
Questa volta non credo che sarò l’unico, ma sfrutteremo la situazione. All’Het Nieuwsblad ha funzionato. Se si fermeranno attorno a me, saremo capaci di vincere con altri uomini. Potrei correre più da calcolatore. In Belgio sapevo che Ballerini stava benissimo, per cui nel suo interesse ho provato da lontano. Se guardiamo al mio risultato, si può dire che potevo ottenere di più, ma per la squadra è andata bene. Potrei anche cambiare il mio modo di correre, ma dipende da come si svilupperà la corsa. Non resta che partire, giusto?
Per Alaphilippe il secondo Fiandre in maglia iridata: una piacevole eccezione. Si riparte dalla caduta provocata da Van Aert nel 2020 contro la famosa moto
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Quando parla Patrick Lefevere, raramente i concetti sono banali e per questo i corridori, da Julian Alaphilippe al giovane Evenepoel, lo guardano e ascoltano con devozione Per questo si tende a prestare estrema attenzione al grande capo della Deceuninck-Quick Step e così. è stato anche a margine del ritiro del team ad Altea, Spagna
«Speriamo di poter correre il prima possibile – ha detto – continua ad essere una situazione strana, ma proveremo a superare tutto, proprio come abbiamo fatto l’anno scorso, quando abbiamo affrontato una situazione completamente nuova. La scorsa stagione è stata molto imbarazzante e complicata, ma siamo comunque riusciti a fare la nostra parte. Abbiamo riprovato a vincere il più possibile e abbiamo ottenuto qualità e quantità. Speriamo di ripeterci nel 2021».
Per Cavendish è un sogno essere ancora qui (foto Wout Beel)Per Cavendish è un sogno essere ancora qui (foto Wout Beel)
Remco e il Giro
Uno dei primi a parlare nell’incontro con la stampa è stato Remco Evenepoel, che ha concluso prematuramente la sua stagione nel 2020 dopo essere caduto al Lombardia. Il belga ha annunciato che rinvierà il suo ritorno alle corse, poiché sta ancora provando un po’ di dolore a causa del suo infortunio.
«Non sappiamo ancora quando e dove potrò ricominciare – ha detto – voglio dare a me stesso e al mio corpo il tempo necessario per arrivare al 100 per cento prima di tornare in bici. Non sono nel panico, poiché l’obiettivo è di essere a posto per fine febbraio. Quest’anno punterò ancora una volta al Giro d’Italia. La straordinaria prova della squadra nel 2020 mi ha motivato e voglio essere al via per scoprire la corsa e i suoi fantastici tifosi, ma per il momento il mio obiettivo più grande è recuperare completamente».
Jakobsen c’è
Un altro corridore in via di guarigione dopo la caduta dello scorso agosto è Fabio Jakobsen. L’ex campione olandese, vincitore di 18 gare tra i professionisti, ha parlato del suo recupero e di quanto sia importante per lui tornare con la squadra.
«In questo momento – ha detto – sono di nuovo in sella alla mia bici, facendo allenamenti con i ragazzi. Le sensazioni sono okay e per ora sto procedendo lentamente ma costantemente per sentirmi di nuovo un professionista. Tutti mi hanno supportato e gliene sono grato. Essere ora al fianco di Bennett e Cavendish, del miglior velocista del Tour dello scorso anno e del più grande velocista nella storia della gara, mi dà una grande motivazione. Non so ancora quando tornerò a correre, perché a febbraio ho in programma un altro intervento, ma la cosa più importante è che sono qui con i ragazzi. Non riesco a dirvi che cosa significhi per me dopo la peggiore esperienza della mia vita. Questa squadra è come una famiglia, passiamo del tempo insieme, ci prendiamo cura l’uno dell’altro e sono semplicemente felice di stare con loro».
Julian ha confermato che non correrà il Tour per la classifica (foto Wout Beel)
Un belga non dice mai di no a una birra, vero Devenyns? (foto Wout Beel)
Sole e caldo, la Spagna non ha tradito lo squadrone (foto Wout Beel)
Tante ore di sella e un ottimo lavoro, a detta dei tecnici (foto Wout Beel)
Remco Evenepoel ha bisogno di altro tempo per recuperare (foto Wout Beel)
Trenta corridori agli ordini di Peeters e Bramati (foto Wout Beel)
Confermate le ammiraglie Bmw (foto Wout Beel)
Per Alaphilippe un bel gruppo di guerrieri (foto Wout Beel)
Che gusto c’è se in salita non si gioca un po’? (foto Wout Beel)
Un caffè per Julian durante l’incontro virtuale con la stampa (foto Wout Beel)
Cambio di guarnitura, in ritiro si fanno anche le prove (foto Wout Beel)
E Stybar a sorpresa annuncia che farà il mondiale di cross (foto Wout Beel)
Si mettono a punto le bici da crono (foto Wout Beel)
Le nuove Ares di Specialized, oggetto del desiderio (foto Wout Beel)
Il lavoro sulla posizione è da sempre un must di Specialized (foto Wout Beel)
Dal raffronto dei watt, la scelta dei materiali e dell’assetto (foto Wout Beel)
Test in pista nel velodromo di Valencia (foto Wout Beel)
Julian non correrà il Tour per la classifica (foto Wout Beel)
Un belga non dice mai di no, vero Devenyns? (foto Wout Beel)
Sole e caldo, la Spagna non ha tradite (foto Wout Beel)
Tante ore di sella e un ottimo lavoro, a detta dei tecnici (foto Wout Beel)
Evenepoel ha bisogno di altro tempo (foto Wout Beel)
Trenta corridori per Peeters e Bramati (foto Wout Beel)
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Per Julian un gruppo di guerrieri (foto Wout Beel)
Che gusto c’è se non si gioca un po’? (foto Wout Beel)
Un caffè durante la pausa (foto Wout Beel)
Cambio di guarnitura, si fanno le prove (foto Wout Beel)
E Stybar farà il mondiale di cross (foto Wout Beel)
Si mettono a punto le bici da crono (foto Wout Beel)
Le nuove Ares, oggetto del desiderio (foto Wout Beel)
Il lavoro sulla posizione con Specialized (foto Wout Beel)
Test in pista nel velodromo di Valencia (foto Wout Beel)
Il re di Francia
Alaphilippe nella sua bolla iridata ha passato parecchio tempo a sviare le attenzioni da un progetto di classifica al Tour, lasciando intravedere semmai la chance per il 2022.
«Vincere a Imola – ha detto Julian – è stato per me il momento più bello dell’anno scorso e indossare la maglia iridata per dodici mesi mi dà un grande orgoglio. Non vedo l’ora di mostrarla nel maggior numero di gare possibile in questa stagione. Sto ancora recuperando dopo l’infortunio del Fiandre, ma da allora ho fatto dei passi importanti e sono fiducioso che andrà meglio nelle prossime settimane.
«Sono entusiasta di debuttare in Francia – ha aggiunto Julian – dovrebbe essere una bella esperienza. Ho partecipato al Tour de la Provence alcuni anni fa e sono contento di tornarci. Mi piacciono i percorsi, ma ci andrò senza obiettivi precisi. La cosa più importante sarà ricostruire la forma e spero che la Provenza mi aiuti a fare proprio questo prima dei miei appuntamenti primaverili, quando punterò a risultati importanti».
Test a Valencia
Infine i test nel velodromo di Valencia, voluti dal team e ancora di più dalla Specialized per avere il miglior fitting degli atleti sulle bici e provare i materiali, fra cui anche le nuove scarpe.
«Teniamo queste sessioni da diversi anni ormai – ha spiegato Leo Menville – in cui facciamo test aerodinamici. Ai corridori viene fornito un fit Retul prima di arrivare al velodromo, dove cerchiamo di dare loro un buon adattamento sulla bici, oltre a fare dei test di efficienza metabolica per darci una base su cui lavorare. Usiamo queste informazioni per ottimizzare la posizione di ognuno sulla bici, concentrandoci questa volta principalmente sulle loro Shiv da crono. Utilizziamo lo stesso protocollo ogni volta. Il corridore percorre un numero di giri di pista alle velocità impostate. I dati vengono verificati, indicando quali modifiche si possono fare alla posizione del corridore e così a oltranza fino ad avere il miglior risultato».
Si cerca il giusto mix tra velocità e comfort (foto Wout Beel)Si cerca il giusto mix tra velocità e comfort (foto Wout Beel)
Comodi e veloci
Le regolazioni riguardano il manubrio, più alto o più basso, più lontano o più vicino, appoggi diversi per le braccia e modifiche alla sella. Lo scopo è trovare la posizione aerodinamicamente più efficiente per il corridore durante una crono.
«Quindi accoppiamo questi dati con i test metabolici – ancora Menville – perché a volte si può avere la posizione più aerodinamica e ugualmente il corridore produce meno watt. Quindi, esaminiamo tutte le informazioni e troviamo qual è la posizione perfetta per ciascuno».
Uno come Stybar, 3 volte iridato, non va ai mondiali per fare numero: il ceko ha grandi sensazioni. In testa ha il podio, dietro Van der Poel e Van Aert
Esiste davvero la maledizione iridata? Quando si parla della “maillot arc-en-ciel” sembra quasi che sia un peso tale da impedire a chi la porta di vincere qualunque gara, figurarsi i grandi appuntamenti della stagione. Se ne è riparlato sul finire del 2020, quando Julian Alaphilippe alzò le mani al cielo a Liegi, senza accorgersi che alla sua sinistra Primoz Roglic lo aveva beffato con l’ultimo colpo di reni. Il francese è tutto l’inverno che fa i debiti scongiuri, ma a ben guardare quella della maledizione sembra proprio una leggenda metropolitana.
Bugno in maglia iridata conquistò il 3° posto al Tour del 1992Bugno in maglia iridata conquistò il 3° posto al Tour del 1992
Inizio anni 90
Di questa influenza negativa si era cominciato a parlare sul finire del secolo scorso, subito dopo la doppietta di Gianni Bugno nel 1992-93 che in maglia iridata ottenne poche vittorie. L’americano Armstrong (1993) e il francese Leblanc (1994) rimasero all’asciutto. Lo spagnolo Olano (1995) centrò il Giro di Romandia e poco altro. Lo stesso belga Johan Museeuw (1996), al tempo uno dei più grandi interpreti delle classiche d’un giorno, vinse sì 8 volte, ma senza centrare alcuno dei suoi obiettivi principali. La leggenda iniziò così a diffondersi e a poco servì il successo in maglia iridata dello svizzero Oscar Camenzind al Giro di Lombardia 1998, anche perché l’anno dopo rientrò nel gruppo senza eccellere.
Museeuw, iridato a Lugano 1996, si limita al 5° posto nella RoubaixMuseeuw, iridato a Lugano 1996, solo 5° posto a Roubaix
Vainsteins a Roubaix
I “maledizionisti” ripresero vigore nel 2001: campione del mondo era il lettone Romans Vainsteins, risultato sorprendentemente vincitore a Plouay l’anno prima. Con la sua maglia iridata era pronto a svettare alla Parigi-Roubaix, ma era in fuga con l’olandese Servais Knaven e il già citato Museeuw che erano suoi compagni di squadra. Tutto lasciava intendere che vincesse il belga, la spuntò invece Knaven e Vainsteins finì solo terzo…
Servais Knaven vince la Roubaix del 2001, che sfortuna per Vainsteins trovarsi in fuga con due compagni…Knaven vince la Roubaix 2001, Vainsteins terzo
Eccezione Boonen
Successivamente arrivarono i successi iridati di Freire, Cipollini, Astarloa (coinvolto senza colpe nello scandalo Cofidis del 2004 finendo per dover cambiare squadra di punto in bianco passando alla Lampre ma senza ottenere risultati). A smentire finalmente le dicerie ci volle Tom Boonen, un altro grande specialista belga delle corse d’un giorno, che dopo la vittoria iridata nel 2005 ottenne l’anno successivo ben 21 successi, su tutti quello al Giro delle Fiandre.
Sagan volava
Se da una parte non si può dimenticare il citomegalovirus che fece perdere ad Alessandro Ballan, nostro ultimo campione del mondo nel 2008, quasi tutta la stagione successiva, dall’altra meritano uguale considerazione la Freccia Vallone 2010 di Evans. Le 3 tappe al Giro e 3 al Tour di Cavendish nel 2011. L’Amstel Gold Race di Kwiatkowski nel 2015 per arrivare alla messe di vittorie di Sagan nel suo triennio d’oro. Nel 2016 lo slovacco iridato vinse ad esempio Gand-Wevelgem, Fiandre e titolo europeo, nel 2018 ancora Gand-Wevelgem, Roubaix e 3 tappe al Tour. Se è maledizione questa…
Evans corse il Tour 2010 in maglia iridata, chiudendo in 26ª posizioneEvans corse il Tour 2010, chiudendo in 26ª posizione
Merckx su tutti
Certo nessuno ha mai onorato la maglia iridata come Eddy Merckx. Nel 1968 conquistò Roubaix e Giro d’Italia. Quattro anni dopo, avendo vinto l’anno prima il Lombardia con la sua maglia arcobaleno in bella vista, portò a casa Sanremo, Freccia Vallone, Liegi-Bastogne-Liegi e non contento anche l’accoppiata Giro-Tour. Infine nel 1975 mise in fila Sanremo, Amstel Gold Race, Fiandre e Liegi. Ma quello era Merckx…
Alaphilippe, vuole vincere Fiandre, Liegi e Lombardia. Ce la può fare? Come la mette con le pietre fiamminghe? Ne parliamo con coach Alessandro Malaguti
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Julian Alaphilippe è stato il solo a non dover fare il cambio di stagione, dato che sulla sua maglia continuano a brillare il bianco e le strisce iridate. Brillare, esatto. La maglia iridata è un flash che nel bailamme dei colori Deceuninck-Quick Step continuava a richiamare tutti gli sguardi. In corsa la si è vista per tre volte. Alla Liegi, buttata via per l’ansia di vincerla (con la foto a braccia spalancate sull’arrivo a rendere ancor più violenta la beffa). Alla Freccia del Brabante vinta. E al Fiandre, concluso contro la moto per la malizia di Van Aert e con la frattura della mano. Ovvio che la voglia di ripartire sia al massimo e insieme il francese abbia metabolizzato quei colori, per non cadere più nel tranello di doverli onorare costi quel che costi.
«La riabilitazione ha richiesto più tempo di quello che pensassi – ha raccontato a L’Equipe a metà dicembre – per ritrovare il 100 per cento della funzionalità. I medici dicono che è normale non aver ripreso subito la mobilità e la capacità di stringere il manubrio. Non riuscivo a scattare. A lungo ho potuto solo pedalare da seduto e alzarmi in piedi, purché mi limitassi ad appoggiare».
Programmi in arrivo
Le cose stanno migliorando e i programmi sono in arrivo, pur con tutte le incertezze del calendario . I medici si dicono ottimisti, lui lavora sodo con i fisioterapisti. A metà dicembre il ritorno sul pavé gli sembrava improponibile, dopo le ultime due settimane ad Andorra invece, Julian appare decisamente ottimista. E’ stato uno strano Natale quello del campione del mondo, il primo senza suo padre, trascorso nella clausura Covid che da un lato potrebbe aver reso tutto molto malinconico e dall’altro ha certamente portato vie le pesanti incombenze di fine stagione, quando la vita diventa un frullatore di impegni extra sportivi.
Dopo la vittoria di Nizza al Tour (foto di apertura), il mondiale ha dato un senso al 2020 di Alaphilippe: qui con Marion RousseLa vittoria di Nizza (in apertura) e Imola, il top del suo 2020
Cav, un fratello
Il ritorno di Cavendish in squadra ha portato a varie reazioni, ma per Julian è stato come ritrovare un fratello maggiore.
«Sono stato super felice di ritrovarlo – racconta Alaphilippe – perché ho dei grandi ricordi con lui. Quando ho vinto la prima corsa della carriera al Tour de l’Ain nel 2014, eravamo compagni di stanza. Lui stava recuperando dopo la caduta del Tour, quindi non aveva obiettivi particolari. Perciò si prese cura di me, pedalavamo vicini e mi portava lui le borracce. Ero solo un neoprofessionista e questa storia mi ha segnato. Abbiamo anche parlato della maglia ridata (Cavendish è stato campione del mondo nel 2011, ndr) che entrambi abbiamo inseguito per tanto tempo. Mark mi ha raccontato che non ricorda di aver iniziato un solo allenamento senza guardare le righe iridate. Per me è lo stesso, solo toccare la maglia è una gioia».
Alla Freccia del Brabante, Alaphilippe fa la selezione in salita e batte Van der Poel in volataForcing al Brabante e volata vincente su VdP
Un mese al top
L’obiettivo è partire subito forte e arrivare come un missile sulle corse del Nord, da quelle fiamminghe fino alle ardennesi.
«Per me è importante far vedere la maglia lassù – dice – dovrò essere forte dalla fine di marzo fino alla Liegi. Un mese a tutta. Per questo va anche bene non tornare in Sud America e cominciare un po’ più tardi, per correre molto in primavera. Ho davanti l’ultimo anno di contratto con questa squadra, con cui ho costruito un rapporto forte. Amo la mentalità del WolfPack e il modo di correre con cui mi identifico. Si adatta perfettamente al corridore che sono oggi, tutto concentrato sulle classiche. Andare via? Forse se decidessi di cambiar pelle e puntare sulle corse a tappe, ma fino alla Liegi non voglio pensare ad altro. Per la mia concentrazione, non perché pensi che una vittoria possa ridefinire chi io sia davvero. I risultati non saranno decisivi per il futuro, perché le squadre conoscono il mio valore».
Tre in fila: Van Aert, Van der Poel e Julian Alaphilippe. Il francese in maglia iridata ha attaccato il Koppenberg come la rampa del garage. Si è mosso in corsa con la sicurezza di uno che il Fiandre l’ha sempre corso, invece era al debutto.
Van Aert arriva alla moto e scarta di colpo senza avvisare chi segueVan Aert arriva alla moto e scarta di colpo
Mancano 40 chilometri al traguardo. La moto rallenta sulla destra. E anche se non dovrebbe essere lì, Van Aert la vede benissimo. Esistono regole non scritte del gruppo, anche in corsa. Gli ostacoli si segnalano: si mette la mano dietro la schiena e si indica di allargarsi. Ma il Fiandre è zona di guerra e certe accortezze non valgono. Per cui Van Aert punta la moto e non fa un cenno.
«Se guardate le immagini – dice Alessandro Tegner, marketing manager della Deceuninck-Quick Step – Van Aert va dritto sulla moto. Van der Poel la schiva di un soffio. Julian la prende in pieno».
Eddy Lissens faceva il poliziotto e stamattina è uscito di casa come gli capita da vent’anni per guidare la moto al Giro delle Fiandre. Stavolta come moto della Giuria. La situazione è semplice: ci sono gli uomini più forti nella fuga che deciderà la Ronde. I tre hanno raggiunto un vantaggio superiore ai 20 secondi, per cui la Giuria e il cambio ruote Shimano rallentano per disporsi dietro alla fuga.
Van der Poel ha scartato la moto per un soffio, Alaphilippe non fa in tempoVan der Poel scarta, Alaphilippe non fa in tempo
«Ci siamo lasciati sfilare – racconta a Sporza – la moto della televisione si è spostata sul lato sinistro della strada, noi abbiamo scelto il lato destro. Saremmo dovuti stare anche noi dall’altra parte della strada? Chi dice una cosa del genere non ha mai corso una gara».
Julian a ruota dei due non si guarda troppo intorno. Forse la radio lo distrae. Porta una mano sul petto per schiacciare l’interruttore e non si accorge che Van Aert ha schivato la moto. Che Van der Poel l’ha evitata per un soffio, con un riflesso da gatto selvatico. E quando il francese si trova davanti il baule della Suzuki grigia, è già troppo tardi.
«Julian evita le mosche – dice Tegner – se avesse avuto un segnale di pericolo non avrebbe mai preso quella moto. Alla Liegi ha commesso un errore per la troppa pressione. A Scheldeprijs l’errore l’ha fatto Van der Poel e per poco non lo paga lui. Ma al Fiandre non è stata solo sfortuna. Dopo la sua caduta si sono voltati entrambi. Van der Poel ha la faccia di quello che l’ha scampata bella. Van Aert si rimette subito a menare. Non hanno neppure fatto il gesto di rallentare per capire se sarebbe ripartito».
I due si voltano, poi tirano dritto senza esitazioneI due si voltano, poi tirano dritto
Il Fiandre è guerra e forse il galletto iridato dai modi sbarazzini e per certi versi irriverenti non va tanto a genio ai due giganti del cross che sui sentieri fiamminghi hanno costruito la loro carriera e la reciproca rivalità. Alaphilippe grida sull’asfalto, una moto si ferma per soccorrerlo.
«Mi dispiace da matti — dice il Lissens – per quello che è successo. Certe manovre si fanno cento volte in una corsa e non succede mai niente. Ma questa volta Alaphilippe stava parlando nella radio e non ha fatto in tempo ad evitarmi. Sono in corsa da vent’anni, non mi era successo mai niente del genere».
Van Aert e Van der Poel si sono giocati il Fiandre. Il primo ha ringraziato il secondo, che ha vinto, per avergli dato lo stimolo di migliorare ancora. Su quella manovra per evitare la moto ognuno si farà la sua idea.
Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert, ancora loro. Il primo ha 25 anni il secondo 26. Eppure sembra ci siano da un secolo. Questa infatti è un’altra rivalità, o meglio, un altro dualismo che tanto piace ed esalta il ciclismo. Un olandese e un belga, una bici, del fango, della strada, a volte un po’ di pietre. E quei due a darsele di santa ragione.
E questa sfida ha trovato definitivamente il suo apice ieri nel Giro delle Fiandre, uno dei cinque Monumenti. Mathieu e Wout erano annunciati come favoriti e non hanno tradito le attese. Anche il terzo “incomodo” (e che incomodo) ha detto: presente.Julian Alaphilippe, con la maglia iridata era con loro due, prima di scontrarsi con una moto.
Julian Alaphilippe dopo la caduta. Si è scontrato con una motoJulian Alaphilippe dopo la caduta
Una lunga sfida
Teatro del primo match internazionale tra i due fu Koksijde, uno dei templi del cross. Era il 2012 e Van Aert e Van der Poel erano juniores. Vinse l’olandese. Ma di quella edizione passò alla storia una fotografia che li ritraeva con un grosso microfono in mano dietro il tavolo di uno studio televisivo. Avevano le guance rosse e i lineamenti morbidi di chi ancora deve sviluppare.
Dall’epoca le sfide si sono ripetute ogni anno. Van Aert ha vinto tre mondiali elite consecutivi (dal 2016 al 2018), due Coppe del mondo, un Superprestige. Van der Poel ha vinto tre mondiali elite (2015, 2019, 2020), una Coppa del mondo, quattro Superprestige. E se uno trionfava l’altro faceva secondo o al massimo terzo. Fin quando non sono arrivati anche alla strada.
La loro potenza è strabiliante. All’inizio peccavano un po’ in errori tattici. Da quest’anno si sono affinati. Van Aert ha vinto la Strade Bianche e la Sanremo (il suo Monumento) dopo averci le preso le misure per tre anni. Van der Poel, di una potenza mostruosa, attacca quando vuole. Entrambi sono velocissimi. VdP ha perso la Freccia del Brabante da Alaphilippe qualche giorno fa solo perché certe tempistiche deve ancora limarle e perché il francese è una “volpe”. Ma l’esperienza di quello sprint a due gli è servita eccome. E infatti proprio ieri sull’arrivo di Oudenaarde è stato perfetto.
Van der Poel e Van Aert: la sfida sul Vecchio Kwaremont (senza pubblico)Van der Poel e Van Aert: sfida sul Kwaremont (senza pubblico)
Tensione sul Kwaremont
Eh sì. Dopo che i due sono rimasti da soli a una trentina di chilometri dall’arrivo, hanno spinto e quasi hanno stipulato un accordo di non belligeranza. Entrambi contavano sull’immensa potenza che hanno in volata. Nel terzo ed ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont e sul Paterberg, insolitamente vuoti e silenziosi, si sono guardati. Pronti a inseguire se uno dei due avesse attaccato.
Nel finale, un rettilineo infinito, Mathieu si tiene tutto a destra. Come uno sprinter navigato concede un solo lato all’avversario. Trecento metri. Il rapporto è in canna ma nessuno si muove. 250 metri, ancora nulla, ma la presa sul manubrio si fa più forte. Duecento metri Van der Poel è davanti e non può più aspettare. A quella distanza dalla linea non avrebbe più tempo per risalire. Così parte, forse persino un po’ troppo agile. Riesce a buttare giù quel dente. Van Aert rimonta, rimonta, lo affianca, ma… Per un cerchio e un copertone è dietro.
Il colpo di reni superbo di VdP: guardate dov’è la sellaIl colpo di reni superbo di VdP
Un colpo da biker
Il colpo di reni dell’olandese è strabiliante. Da antologia e da manuale al tempo stesso. O più semplicemente è da vero biker. La sella infatti gli arriva fin sullo sterno. Lancia la bici quei 15 centimetri più avanti che fanno la differenza.
Chissà allora, forse la differenza l’ha fatta proprio la Mtb. Entrambi sono l’esempio calzante della multidisciplinarietà. Strada, un po’ di pista, ciclocross… Ma Van der Poel in più ha dalla sua l’attività sulle ruote grasse. Attività a livelli siderali. Vince europei, gare di Coppa e punta deciso alle Olimpiadi.
Anche senza pubblico. E’ stato un Giro delle Fiandre da eroi, con quel cielo grigio che lassù è bellissimo.
Non si può chiamarla maledizione, se proprio sul più bello Alaphilippe ha perso la testamentre Roglic ha continuato a usarla. E forse prima della testa, Julian aveva perso le gambe. La Liegi si è accesa sulla Cote de la Roche aux Faucons, quando gli uomini del campione del mondo hanno alzato l’andatura. E mentre davanti c’era ancora Dumoulin, a 13,8 chilometri dall’arrivo, Alaphilippe ha sferrato l’attacco.
Si fa la selezione, il francese attacca sulla Roche aux FauconsSulla Roche aux Faucons, Alaphilippe attacca. Con lui, Hirschi, Roglic e Pogacar
Alaphilippe, insolita vigilia
«Sono davvero entusiasta di unirmi alla squadra – aveva detto alla vigilia Alaphilippe, rientrato dal primo allenamento – per la prima volta dalla vittoria ai campionati del mondo e di rivedere i miei compagni di squadra. Quando sono arrivato in Belgio non vedevo l’ora di salire sulla mia nuova Specializedpersonalizzata e di uscire per il primo allenamento da iridato insieme al Wolfpack. E’ stata una bella pedalata, resa ancora più piacevole dai fan sulla Redoute, che mi hanno applaudito. Non vedo l’ora che arrivi domenica e alla mia prima gara da campione del mondo, quando sarò pronto a dare il massimo per un buon risultato».
Julian avrebbe dovuto correre la Freccia e staccare la spina dai festeggiamenti, lasciando chiusa quella porta fino a che la stagione non si fosse conclusa. Invece ha scelto di saltare la corsa che l’ha applaudito due volte e di schierarsi direttamente alla Liegi.
Gioia effimera per il francese dopo l’arrivo: non si è reso conto della scorrettezza?Gioia effimera per il francese dopo l’arrivo: davvero non si è reso conto della scorrettezza?
Hirschi, debuttante coi fiocchi
Dietro Alaphilippe si è mosso subito Hirschi, che con la Freccia nel taschino si è presentato alla Doyenne senza il minimo timore. Poi è arrivato facile Roglic. Quindi Pogacar e Kwiatkowski. Sono troppi, ha pensato Hirschi, che ai meno 11 dà un’altra botta, staccando il polacco e restando da solo fra il campione del mondo e i due sloveni.
Alla fine sul podio di Liegi salgono Hirschi (a sinistra), Roglic e PogacarAlla fine sul podio di Liegi salgono Hirschi (a sinistra), il vincitore Roglic e Pogacar
La Roche aux Faucons è l’ultima salita della Liegi, da quando lo scorso anno si è ritornati col traguardo nel centro della città. E così la corsa a quel punto è diventata uno stillicidio di sguardi di traverso e scatti di assaggio.
Alaphilippe a quel punto si è guardato intorno. Ha ritenuto di essere il più veloce e, come pure alla Sanremo, si è preparato per la recita da campione. Come Ganna a Palermo, ma senza la certezza numerica dei cronoman.
Si è lanciato per lo sprint, ma ha sentito che la bici non prendeva velocità. Oppure ha sentito che gli altri ne prendevano di più. E così ha scartato verso il centro, spostando Hirschi, che ha perso il pedale e ha dovuto smettere di pedalare.
Il fotofinish è impietoso: Roglic passa Alaphilippe e conquista la LiegiAlaphilippe_Roglic_Hirschi_Liegi2020
Roglic, la forza di crederci
Roglic ha fatto la sua volata. Senza nulla aggiungere. Senza nulla togliere. Non ha avuto ostacoli davanti. E ha fatto quel che gli hanno sempre insegnato: ha dato il colpo di reni, mentre al suo fianco l’airone iridato aveva già allargato le ali pregustando lo champagne.
«E’ incredibile – ha detto a caldo – era così vicino. Questo dimostra che non si può mai smettere di credere e non smettere mai di spingere fino all’ultimo centimetro. Era la prima volta che facevo la Doyenne. Era nella mia lista dei desideri vincerne una. E sono super felice di essere riuscito a vincerla dopo questa estate così particolare per me».
Pogacar in agrodolce
Picachu dalla maglia gialla, che aveva già attaccato al mondiale, ha visto sfumare la possibilità di vittoria proprio negli ultimi metri.
«Ho sensazioni contrastanti – ha detto – perché mi sono sentito bene tutto il giorno. La squadra ha lavorato duramente e alla fine ho iniziato lo sprint in buona posizione. Vedevo la riga e ho pesato che avrei vinto. Un secondo dopo, ho sentito che stavo per mollare. Ho tenuto duro. Ho tagliato il traguardo al quarto posto, poi hanno squalificato Alaphilippe e sono arrivato terzo».
Per avere un commento di Alaphilippe dovremo aspettare la serata. Non è facile digerire una botta come questa. Per sua fortuna c’è ancora il Fiandre. E per sua fortuna c’è quella maglia da guardare allo specchio ogni volta che la malinconia prenderà il sopravvento.
Tutti ricordiamo l’esito dell’ultima Milano-Sanremo, con la volata a due fra Julian Alaphilippe e Wout Van Aert terminata a favore di quest’ultimo. E’ innegabile che il belga del Team Jumbo-Visma abbia fatto una prima parte di stagione straordinaria. E’ però altrettanto vero che difficilmente il francese perde delle volate di quel tipo e soprattutto è ancora più difficile vederlo sbagliare le curve in discesa, uno dei suoi terreni preferiti. Cosa può essere successo ad Alaphilippe nella discesa dal Poggio?
Julian Alaphilippe attacca sul PoggioJulian Alaphilippe e Wout Van Aert nell’attacco sul Poggio
Il cambio bici è cruciale
Per capire cosa sia successo bisogna tornare indietro di alcuni chilometri. Quel giorno il transalpino era partito con la sua Specialized Tarmac su cui monta un 54, ma all’inizio del Colle di Nava cambia la bicicletta a causa di qualche imprecisione del funzionamento della trasmissione. A questo punto il corridore continua la corsa con la seconda bici, fotocopia della prima. Finito il Colle di Nava i corridori si fiondano verso Imperia per immettersi sul tracciato tradizionale della Sanremo. Proprio ad Imperia, a 35,5 chilometri dall’arrivo, Alaphilippe rallenta per un secondo cambio bici dovuto ad un danneggiamento al telaio causato dalle forti irregolarità dell’asfalto. Pare ci sia una grossa buca su cui più diun corridore ha danneggiato la bici. Ma questa volta Alaphilippe non ritrova la prima bicicletta riparata, bensì la terza che ha in dotazione: una Venge che monta come moltiplica grande un 53.
Sbaglia le prime curve
Si arriva al Poggio e il francese attacca furiosamente staccando tutti, compreso Van Aert. I secondi di vantaggio sono pochi e la discesa è un punto cruciale, come sempre alla Sanremo. Ed è qui che l’ultimo cambio della bicicletta crea qualche problema ad Alaphilippe, infatti va leggermente lungo nei primi tornanti, perdendo secondi preziosi. Ricordiamo che Alaphilippe passa per essere uno dei migliori discesisti del gruppo e conosce bene la discesa del Poggio. Cosa può essere successo per sbagliare in quel modo?
Julian Alaphilippe e Wout Van Aert nella discesa del PoggioJulian Alaphilippe e Wout Van Aert impegnati nella discesa del Poggio
Colpa dei freni a disco?
Ed ecco che arriviamo ad uno degli argomenti più dibattuti nel ciclismo moderno: i freni a disco. Se ci pensate bene il francese in discesa avrebbe dovuto avere un vantaggio tecnico rispetto a Van Aert, che era equipaggiato con i freni tradizionali, ed invece ha perso il suo vantaggio. Il guaio è stato che la terza bici, per una serie di motivi, non era più stata usata molto dal campione francese. E quando ha dovuto frenare violentemente, Julian si è accorto che i freni pompavano a vuoto. Questo ha causato una frenata più lunga, che non gli ha dato la possibilità di tirare alla perfezione le staccate e i tornanti. Accortosi di questo ha deciso di aspettare Wout Van Aert e andare all’arrivo insieme a lui.
Il momento in cui Van Aert anticipa di pochissimo Alaphilippe sulla linea di arrivoVan Aert anticipa di pochissimo Alaphilippe sul traguardo
La volata imperfetta
Un’altra differenza: la moltiplica anteriore da 53 anziché da 54. Questo fattore può averlo agevolato durante lo scatto fatto sul Poggio con un rapporto leggermente più facile da rilanciare, ma nella volata finale con Van Aert gli si ritorce contro. Infatti, anche rispetto allo scorso anno, al francese manca qualcosa negli ultimi metri che non gli permette di superare il belga. Forse, abituato con il 54, non è riuscito a esprimere tutta la sua potenza negli ultimi metri. Certo se non avesse avuto il problema ai freni sarebbe stato raggiunto solo dopo aver finito la discesa. Questo avrebbe comportato uno sforzo maggiore per Van Aert, che forse avrebbe pagato nella volata finale. Ma di questo non abbiamo certezza, quello che è certo è che il dibattito sui freni a disco continuerà ancora per un bel po’.