Pogacar attacca, ma Vingegaard gli mette paura

15.07.2023
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MORZINE – Pari e patta. Anche oggi le due star del Tour si sono sfidate testa a testa e la conferma che si trae sull’arrivo è che i due sostanzialmente si equivalgano. Carlos Rodriguez ha vinto la tappa, anche perché una moto dell’Equipe e una della televisione, quasi ferme in mezzo alla strada, hanno costretto Pogacar e Vingegaard a fermarsi durante l’ultimo scatto. A quel punto sulla testa della corsa è calata una cortina di torpore e Rodriguez ha riguadagnato terreno.

Carlos Rodriguez, spagnolo classe 2001, marca la terza vittoria spagnola al Tour
Carlos Rodriguez, spagnolo classe 2001, marca la terza vittoria spagnola al Tour

I piani di Vingegaard

Adesso c’è da capire chi dei due terrà questa condizione sino in fondo o chi eventualmente dovrà calare. Il lavoro ai fianchi di Pogacar riuscirà a demolire le difese di Vingegaard? Oppure il danese, sornione e cinico, sta prendendo le misure al rivale, riservandosi di sparare tutte le sue cartucce in un giorno prestabilito, come fu lo scorso anno sul Granon?

«Penso ancora – dice la maglia gialla – che a un certo punto ci saranno differenze maggiori fra noi. Facciamo sempre dei piani, l’anno scorso come quest’anno. Noi continuiamo a seguire quello che abbiamo progettato e forse sarò in maglia gialla a Parigi. Manca qualcosa più di una settimana. Pogacar ha fatto un bell’attacco, io ho preso il mio tempo e alla fine sono riuscito a raggiungerlo. Ho anche guadagnato un secondo, ora ne ho 10 di vantaggio. Non so dire se ne esco vincitore, ma sono soddisfatto. Stiamo andando molto veloci, più dello scorso anno. Siamo felici di quello che abbiamo fatto. Voglio ringraziare tutti i compagni che hanno lavorato sodo».

Poagacar ha attaccato forte, ma non è riuscito a distanziare Vingegaard
Poagacar ha attaccato forte, ma non è riuscito a distanziare Vingegaard

La lettura di Vanotti

Probabilmente la riflessione giusta la faceva stamattina alla partenza da Annemasse quella vecchia volpe di Alessandro Vanotti, che il Tour lo vinse nel 2014 accanto a Vincenzo Nibali.

«Non credo che Vingegaard sia in calo – ha detto il bergamasco – fateci caso. Quando Pogacar lo attacca, lui si spinge fino ad un certo punto, poi è come se chiudesse il gas per non andare fuori giri. Prende la sua velocità e non molla. Lo tiene nel mirino e poi semmai torna sotto».

Esattamente quello che è successo oggi sul Col de Joux Plane. Pogacar ha messo Yates a tirare e poi ha attaccato, guadagnando un massimo di 5 secondi. Voltandosi ripetutamente, mentre l’altro faceva il suo ritmo e alla fine è riuscito a riprenderlo, dando la sensazione di non essere affatto sfinito. Considerando che il Tour è appena giunto a metà strada, viene da chiedersi quale sia la tattica che paga maggiormente.

Sepp Kuss è il valore aggiungo della Jumbo-Visma: l’ultimo uomo più solido del Tour
Sepp Kuss è il valore aggiungo della Jumbo-Visma: l’ultimo uomo più solido del Tour

Le tattiche di Pogacar

Pogacar bisogna capirlo e probabilmente aspettarlo alla distanza. Sa di dover attaccare oppure vuole farlo. Potrebbe aspettare la crono, ma la sensazione è che fra i due sia in corso anche una guerra psicologica per eleggere il maschio alfa.

«Tadej è un ragazzo intelligente – spiega Gianetti, team principal della UAE Emirates – non devi dirgli le cose per tre volte. Cosa deve fare? Ha capito che la differenza tra lui e Vingegaard è minima e quindi deve correre bene, non può buttar via energie perché l’altro è un gran corridore. Sappiamo che sulle grandi montagne abbiamo un blocco più completo rispetto alla Jumbo, fermo restando che loro hanno un super Kuss, che da solo fa un lavoro eccezionale.

«Speravamo che il lavoro fatto fosse già sufficiente e a Bilbao eravamo contenti. Invece abbiamo perso terreno nella prima tappa pirenaica, forse per le troppe energie spese prima. Però Tadej ha avuto una bella reazione e ha iniziato a migliorare. Certo, parliamo di una crescita comunque minima. Vingegaard è arrivato con un’ottima condizione e la sta mantenendo, Tadej ha trovato l’equilibrio che cercava».

Rodriguez e la Bmx

In tutto questo, quel lungagnone di Carlos Rodriguez è rientrato sui due subito prima che iniziasse la discesa e poi li ha lasciati lì a sfidarsi anche nella picchiata.

«E’ una sensazione incredibile essere qui – dice lo spagnolo – vincere lo è ancora di più. Non so se riuscirò a salire sul podio, anche gli altri sono molto forti. Lo prenderò giorno per giorno, cercando di fare del mio meglio e sperando che da qui in poi le mie gambe mi rispondano. Quando stavo inseguendo Pogacar e Vingegaard, mi sono concentrato per rendere il resto della salita il più breve possibile. Salivano molto forte, però a un certo punto hanno iniziato a guardarsi e questo mi ha permesso di riprenderli. Poi in discesa, mi sono concentrato solo a scendere il più velocemente possibile. So di andare forte, ho vinto per questo e per i tanti anni di Bmx che ho fatto da piccolo».

Per la Ineos, seconda vittoria in 24 ore, dopo il successo di ieri di Kwiatkowski
Per la Ineos, seconda vittoria in 24 ore, dopo il successo di ieri di Kwiatkowski

Una dedica e si riparte

Ha gli occhi lucidi. Uno spagnolo prova a chiedergli che cosa pensi del possibile cambio di maglia del prossimo anno, ma prima lo incenerisce lo sguardo dell’addetta stampa britannica e poi Rodriguez stesso finge di non aver sentito e risponde a un’altra domanda.

«Sono molto grato al mio team – dice – e a tutti i miei colleghi per il loro supporto. Se però devo dedicare questa vittoria a qualcuno, è ai miei genitori e alla mia famiglia, che mi hanno sostenuto fin da piccolo. Hanno fatto tutto il possibile per me; mi hanno dato tutto. Essere qui sarebbe stato impossibile senza di loro. Mi supportano ancora oggi e cercano di essere con me in tutte le gare che possono. Questa vittoria è per loro. Il ciclismo spagnolo è di buon livello. Non possiamo essere sempre i migliori, ma i tifosi spagnoli possono essere sicuri che facciamo tutto il possibile per renderli orgogliosi».

Domani si riparte. Vingegaard ha 10 secondi su Pogacar, 4’43” su Rodriguez e dopo un secondo c’è Hindley. I primi due avranno accumulato altra fatica e la tappa di Saint Gervais Mont Blanc promette sfracelli, con i suoi 179 chilometri e le tante salite. Eppure vedendoli sfidarsi oggi con scatti che non erano scatti, ce ne andiamo da Morzine con la consapevolezza di quanto sia stato un privilegio veder correre Marco Pantani.

Chissà se alla fine Vingegaard rimpiangerà Roglic

14.07.2023
5 min
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GRAND COLOMBIER – Nove secondi, stasera è questo il margine che separa Vingegaard da Pogacar. Kwiatkowski ha vinto la tappa (foto di apertura), lo sloveno ha cambiato atteggiamento e da pugile sfrontato che era, si è messo a lavorare l’avversario ai fianchi. Il passo del UAE Team Emirates sull’ultima salita non è parso eccezionale, eppure gli uomini della Jumbo-Visma si sono staccati uno dietro l’altro. Alla fine Pogacar si è ritrovato con Majka e Yates, mentre alla maglia gialla è rimasto il solo immenso Sepp Kuss. Lo scatto finale di Tadej, che gli ha permesso di rosicchiare altri 4 secondi al danese, può essere letto come la possibilità di ottenere il massimo con lo sforzo minore. Oppure può avere il peso di un avvertimento.

L’attacco di Pogacar agli ultimi 500 metri vale 4 secondi e l’abbuono. Ora li dividono 9 secondi
L’attacco di Pogacar agli ultimi 500 metri vale 4 secondi e l’abbuono. Ora li dividono 9 secondi

La magia della folla

Kwiatkowski al centro della strada, prima ha aspettato i compagni abbracciandoli tutti, poi si è guardato intorno, godendosi la scena. Ha solcato la folla come nelle scene più belle del grande ciclismo e a 32 anni si è portato a casa il secondo successo del Tour, dopo quello del 2020 in cui batté Carapaz in un arrivo a due.

«Ma questo è diverso – sorride – qui sono arrivato da solo. La salita finale è stata un’esperienza folle. Quando sono entrato nella fuga, ho pensato che fosse un biglietto gratuito per arrivare ai piedi della salita. Ma non avrei mai pensato che quel gruppo avrebbe lottato per la tappa, perché la UAE Emirates stava tirando piuttosto forte. Devo ammettere però che anche per loro non è stato facile inseguire 19 corridori che girano in pianura per più di 100 chilometri.

«Il finale è stato uno degli sforzi più difficili della mia vita. Mi sono gestito bene, ho tenuto un buon ritmo e sapevo solo che sarebbe stato uno sforzo molto lungo. Senza tutti quei tifosi forse non ce l’avrei fatta. Negli ultimi chilometri non avevo la macchina dietro di me, quindi non riuscivo a sentire dalla radio cosa stava succedendo. E allora mi sono fatto guidare dal pubblico fino all’arrivo ed è stata una sensazione incredibile».

L’assenza di Roglic

Chi avesse rivisto di recente la serie Netflix sul Tour dello scorso anno non può esser rimasto indifferente di fronte alla tattica della Jumbo-Visma sul Galibier e poi sul Granon, nel giorno in cui Pogacar perse la maglia gialla e le speranze di vincere il terzo Tour. La squadra olandese organizzò una tenaglia straordinaria con Vingegaard e Roglic e Pogacar abboccò alla grande. Si sfinì in almeno sette rincorse su pendenze pazzesche e sotto il sole più cattivo dell’ultima estate. Si disse che avesse avuto il Covid, poi che abbia avuto una crisi di fame o che fosse disidratato, in realtà semplicemente, quei due lo demolirono e lui dovette piegarsi.

Questa volta però Roglic non c’è. Lo sloveno ha vinto il Giro e ora si prepara per la Vuelta. E forse la grande organizzazione della Jumbo non basta per trasformare quei ragazzi gialloneri in gladiatori. Va detto per onestà, che la tappa di oggi non era la più adatta a un fondista come Vingegaard, ma annuncia una serie di confronti durissimi. Ora c’è da capire pertanto se le sue parole siano dettate dall’astuzia o da vero benessere.

«Non sono affatto frustrato o deluso – dice Vingegaard – ma ci sarebbe piaciuto vedere la fuga arrivare fino al traguardo, in modo che non ci fossero più gli abbuoni, ma non è successo. Questa tappa non mi piaceva affatto, quindi in realtà sono solo contento di non aver perso troppo tempo. Sono molto soddisfatto. E’ stata una giornata molto buona per noi. Non vedo l’ora che arrivino domani e dopodomani: quelle tappe mi si addicono di più».

La UAE Emirates ha tirato per tutto il giorno. Attivissimo Trentin, che ha lavorato fino alla salita finale
La UAE Emirates ha tirato per tutto il giorno. Attivissimo Trentin, che ha lavorato fino alla salita finale

E Tadej motiva la squadra

Pogacar è sornione. Come faceva notare Martinelli nei giorni scorsi, ha sicuramente imparato la lezione dallo scorso anno, ma chissà se pensa di poter vincere il Tour con questi piccoli scatti o non abbia in mente anche lui qualcosa di più importante. Di sicuro la rivalità fra lui e Vingegaard è palpabile, bisognerà capire se Tadej saprà aspettare fino alla crono di martedì o cercherà la grande impresa.

«Alla fine – dice mentre gira le gambe sui rulli – è stata una giornata positiva anche per noi. Ho guadagnato pochi secondi, ma penso che il Tour sia ancora lungo e siamo in una buona situazione. Andiamo avanti giorno per giorno e proviamo a cogliere questo tipo di opportunità per guadagnare altri secondi. Oggi la squadra ha fatto davvero una buona prestazione e penso che tutti oggi possano prendere molta fiducia e motivazione. Anche se non abbiamo vinto, io la vedo proprio come una vittoria».

Un terzo incomodo per il Tour? «Servirebbe un miracolo»

12.07.2023
6 min
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Quando c’era solo Pogacar e gli altri inseguivano, si parlava di Tour noioso. Poi è arrivato Vingegaard, ma l’entusiasmo è durato solo per poche settimane. Qualcuno infatti parla nuovamente di Tour noioso, perché ci sono soltanto loro due e dietro il vuoto. Il tifoso è incontentabile, ma è un fatto che a metà della seconda settimana, fra il tandem di testa e il terzo in classifica – Jai Hindley, in apertura – ci siano due minuti e mezzo. Pogacar e Vingegaard finora se le sono date senza risparmiarsi, c’è il rischio che di questo passo possano pagare il conto nella terza settimana, consentendo a qualcun altro di rifarsi sotto?

Se c’è qualcuno in grado di rispondere e immaginare l’eventuale scenario, quello è Giuseppe Martinelli: il direttore sportivo con il più alto numero di successi nei grandi Giri, che all’Astana ricopre ormai ruoli che non gli appartengono. L’ultima volta che è salito in ammiraglia, al campionato italiano, l’ha portato a casa con Velasco.

Martinelli è l’ultimo diesse italiano ad aver vinto il Tour con un italiano: Nibali nel 2014
Martinelli è l’ultimo diesse italiano ad aver vinto il Tour con un italiano: Nibali nel 2014
Martino, il Tour resterà un affare a due?

C’è veramente troppa differenza sugli altri. Uno dei due sicuramente riuscirà a vincere la battaglia. Pensavo che Vingegaard avesse più margine nei confronti di Pogacar, considerato che Tadej ha corso poco e tutto il resto. Invece a distanza di tre tappe, dove veramente se le sono date, vedo lo sloveno veramente in ripresa. Le due volte in cui l’ha preso in castagna secondo me calmeranno un po’ la maglia gialla, lo faranno rientrare nei ranghi. Però credo sia impossibile che alla fine facciano avvicinare qualcun altro.

Non si rischia che a spendere così tanto tutti i giorni alla fine paghino il conto?

No, perché sono veramente troppo forti, sono superiori. E gli altri hanno già in testa il piazzamento. Hindley e Rodriguez lottano per il terzo posto.

Vuol dire che se tu fossi al Tour con un uomo di classifica, dopo una sola settimana saresti comunque a ragionare sul terzo posto o qualcosa proveresti a inventare?

Si può provare a inventare qualcosa in una tappa un po’… stupida, di quelle che non se l’aspettano. Magari provare sulla penultima salita, hai capito? Ci sono due o tre giornate dove non c’è l’arrivo in salita e quelle sarebbero buone. Ma l’unica condizione è che i due si ritrovino senza squadra.

Difficile isolarli a tal punto…

Perché sono forti e hanno squadre forti, è difficile prenderli in castagna, a meno che si ritrovino soli e fra loro ci sia battaglia psicologica. Devono fare tutto loro, insomma. A quel punto potrebbe succedere di tutto. Altrimenti uno o l’altro mette la squadra a tirare e hanno sempre quel paio di corridori accanto che possono tenere nel mirino l’eventuale attacco.

E’ stato chiesto a Pogacar come mai corra in modo più cauto e lui, ridendo, ha risposto di essere diventato più vecchio e più saggio.

Secondo me ha preso le misure dopo l’anno scorso, quando ha proprio peccato. Non dico di ingenuità, però ha avuto la sensazione di essere più forte e di potere spendere energie in volata, per gli abbuoni, su tutti i traguardi. Quest’anno sembra più prudente, anche se nelle prime due tappe poteva stare un pochino più sereno. A Bilbao poteva spendere un po’ meno, visto quello che ha ottenuto. Però una cosa…

Cosa?

Ma quanto è bello in questo momento il ciclismo? Non dico che tifo per questo o quell’altro e neanche che mi siano simpatici, però quando vedo Van Aert fare un’azione da lontano, mi dico: «Porca vacca, ragazzi, che corridore!». Oppure Van der Poel che tira la volata a Philipsen. E’ un bel ciclismo, si gode a vedere queste cose. Prima mi piaceva lo stesso, però non era stimolante come in questo momento.

Sul Puy de Dome, secondo Martinelli, Pogacar ha voluto staccare Vingegaard in una prova di forza
Sul Puy de Dome, secondo Martinelli, Pogacar ha voluto staccare Vingegaard in una prova di forza
Secondo te Vingegaard ha accusato il colpo delle due tappe in cui è stato staccato?

Ha preso una bella botta, nella testa e nelle gambe. La prima volta, secondo me, c’era di mezzo la vittoria di tappa e allora ci sta che Pogacar abbia potuto avere qualcosa di più. Ma la seconda per me gli è rimasta addosso. L’altro l’ha voluto proprio staccare e non c’era di mezzo neanche la vittoria. C’era il ballo il 13° posto, però è come se gli avesse detto: «Adesso ti metto lì e ti stacco!».

La sensazione è che Vingegaard sia arrivato convinto di avere vita facile…

Sì, secondo me sì. E anche la squadra. Hanno guardato quanto è andato forte al Delfinato, senza neanche fare tanta fatica, e sono arrivati convinti di avere già un pezzo di Tour in tasca, con la convinzione che Pogacar non fosse super e non potesse crescere. Alla prima occasione Vingegaard gli ha dato subito una botta proprio per questo.

Quanto sono diversi quei due?

Pogacar corre in bici e si diverte, è diverso dal classico ciclista, basta guardarlo in faccia. L’altro è più corridore, più costruito, frutto del lavoro. Pogacar, anche se lo staccano, il giorno dopo riparte da zero ed è come se nulla sia successo. Vingegaard è il classico corridore che corre per vincere, ha una squadra importante costruita per questo. Anche l’altro è forte, ma va al campionato nazionale e non aspetta il finale, sapendo che vincerà di certo. Se ne va in fuga a 100 chilometri dall’arrivo e secondo me si diverte anche un mondo e fa divertire la gente. Non sono cose facili, ma che riescono ai corridori che ci sono adesso.

Fra Pogacar e Vingegaard le stesse differenze che c’erano fra Pantani e Tonkov: l’estro contro la rigida disciplina
Fra Pogacar e Vingegaard le stesse differenze che c’erano fra Pantani e Tonkov: l’estro contro la rigida disciplina
Peccato che non siano italiani, verrebbe da dire…

Purtroppo quello ve l’ho detto più di una volta. Finché qualcuno non costruisce qualcosa di buono, la situazione non si smuove. Ne parlavo che stamattina coi miei, visto che anche noi abbiamo una squadra continental. Vedere che i migliori giovani vanno in Belgio, oppure in Francia e in Olanda, mi fa imbestialire. D’accordo, noi abbiamo Garofoli, ma uno non basta. E quando vedo Busatto e i migliori dilettanti che se ne vanno, io proprio mi infurio. Sono stato al campionato italiano allievi per andare a vedere un ragazzino, adesso la situazione è questa…   

Il riposo di Vingegaard e l’analisi di Gilbert

11.07.2023
5 min
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Philippe Gilbert ha lasciato il Tour, cedendo a Jens Voigt la moto di Eurosport da cui ha raccontato la prima settimana di corsa. Tuttavia, prima che partisse, L’Equipe lo ha intervistato e le sue parole sono diventate lo spunto per un interessante approfondimento.

Quel che colpisce dalle sue parole è innanzitutto lo stupore. Vivere il Tour da atleta è sicuramente qualcosa di inimmaginabile anche per chi ha vissuto per così tanti anni la carovana francese. Gilbert ha partecipato a 12 edizioni della Grande Boucle, ma non ne avrebbe mai immaginato la grandezza, per come viene percepita guardando ciò che c’è fuori dalle transenne. Sono gli atleti a fare la corsa, ma rendersi conto di quello che gli è stato costruito attorno e dell’attesa della gente lungo le strade è stato per il belga uno shock positivo.

Gilbert ha seguito la prima settimana del Tour per Eurosport. Al suo posto c’è ora Voigt (foto Instagram)
Gilbert ha seguito la prima settimana del Tour per Eurosport. Al suo posto c’è ora Voigt (foto Instagram)

La spontaneità e gli schemi

Ciò che ha colpito Gilbert, che dalla moto ha seguito i due di testa osservandoli in ogni dettaglio, sono state le profonde differenze fra loro. Fra la naturalezza spigliata di Pogacar e l’essere quasi schematico di Vingegaard, che a ben vedere sono le differenze che negli anni hanno animato i duelli fra Pantani e Ullrich e ancor prima fra Indurain e Chiappucci.

«Ho potuto vedere da vicino i due fantastici Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar – dice Gilbert – è stata la prima volta che ho seguito i migliori scalatori su passi mitici come il Tourmalet… però in moto! La facilità e l’efficienza dei loro colpi di pedale sono stati sconcertanti, ma quello che ho potuto vedere è stata la netta differenza nel loro atteggiamento. Vingegaard ha un approccio più strutturato, basato su un forte lavoro della squadra e su tattiche decise in anticipo ed eseguite alla lettera. Con Pogacar, c’è uno stile completamente opposto, con una spontaneità impressionante. Che sia di fronte ai microfoni in zona mista o in bici, è sorprendente. Con lui non sai mai quando attaccherà, il che dà molto stress ai Jumbo-Visma, che hanno difficoltà a leggere le carte di Tadej».

Vingegaard ha provato a dare il colpo del KO a Pogacar sul Tourmalet, ma Tadej si è ben difeso
Vingegaard ha provato a dare il colpo del KO a Pogacar sul Tourmalet, ma Tadej si è ben difeso

Sul filo dei nervi

A ben vedere, la resurrezione di Pogacar sull’arrivo di Cauterets e poi la stilettata del Puy de Dome hanno prodotto proprio questa destabilizzazione, alimentata con le dichiarazioni del giorno di riposo. E se in un primo momento Vingegaard può aver pensato che avrebbe avuto vita facile, ritrovarsi davanti un Tadej nuovamente cattivo e forte, lo ha convinto a tenersi buono Van Aert, nei confronti del quale aveva già mostrato qualche segno di insofferenza.

«Con 17 secondi di ritardo e un vantaggio psicologico su Vingegaard – dice ancora Gilbert – Pogacar è in una posizione ideale, attento al minimo segno di debolezza del suo diretto avversario. Lo spingerà al limite e, come ha dimostrato lo scorso anno nella tappa di Cahors, è capace di attaccare anche nelle cosiddette tappe di trasferimento. Ogni secondo conterà e Tadej avrà comunque il vantaggio degli abbuoni».

Due modi di andare in salita molto diversi: col rapporto il danese, più scalatore. Più agile lo sloveno
Due modi di andare in salita molto diversi: col rapporto il danese, più scalatore. Più agile lo sloveno

Condizioni a confronto

Non certo un messaggio tranquillizzante per Vingegaard. Il danese ha vinto il Tour del 2022 grazie alla superiore condizione fisica e per la crisi indotta nel rivale sul Granon, ma non ha mai dovuto combattere con lui la guerra dei nervi. La Jumbo-Visma avrà la compattezza che serve per fronteggiare… l’anarchia di Pogacar?

«Secondo me – chiude Gilbert – la forma di Pogacar non era ottimale all’inizio del Tour a causa della sua frattura alla Liegi Bastogne-Liegi. Ora salirà di livello. Quell’incidente potrebbe diventare la chiave del suo successo? Non si sa. Dopo un inizio di stagione alla grande, forse al Tour gli sarebbe mancata la freschezza. Mentre così ci è arrivato motivato e fresco».

Per contro, come ha fatto rimarcare Stefano Garzelli durante la diretta della tappa di domenica, Vingegaard è al top dal Delfinato: è possibile che possa crescere ancora?

Negli ultimi giorni con Vingegaard ci sono anche la moglie Trine e la figlia Frida
Negli ultimi giorni con Vingegaard ci sono anche la moglie Trine e la figlia Frida

A porte chiuse

Il danese frattanto ha trascorso il giorno di riposo nel modo più tranquillo possibile, con una sola intervista rilasciata alla televisione danese e la famiglia intorno. Si è allenato, ha firmato autografi, poi ha passato il resto della giornata con la moglie Trine e la figlia Frida. 

«Mi sento di nuovo pieno di energia – ha detto a TV2 Danimarca – e pronto per la prossima settimana. E’ andata bene, perché mi aspettavo di essere dietro. Le tappe che arrivano mi si addicono molto di più, con intere giornate di salite e discese piuttosto che un’unica salita finale. Finora l’unica giornata in cui abbiamo accumulato fatica è stata la tappa del Marie Blanque. Crediamo molto in quello che stiamo facendo e siamo certi di poter vincere il Tour anche quest’anno».

Il riposo a porte chiuse conferma che la pressione di dover difendere la maglia gialla è un peso aggiuntivo al Tour de France, come ha ben spiegato Pogacar durante la sua intervista. Aver ribadito di essere il vincitore uscente è il modo per Vingegaard di demarcare il territorio? Può darsi, di sicuro i due non si faranno sconti.

Pogacar a Vingegaard: «Adesso la vediamo»

11.07.2023
6 min
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Vingegaard ha detto che non è preoccupato di aver perso quei pochi secondi e che le tappe alpine che arrivano sono più adatte a lui. «Bene – dice Pogacar con un sorrisetto sottile – vedremo sulle Alpi a chi si adattano meglio quelle salite. Piacciono anche a me, ho fatto le ricognizioni, alcune montagne le ho già fatte in corsa. Ogni anno miglioro anche nelle lunghe esposizioni al caldo. Dobbiamo aspettare e vedere cosa succederà nell’ultima settimana».

Giorno di riposo, il primo. Il Tour sembra iniziato da un mese, tante sono state finora le emozioni smosse da quei due e dai poveretti che cercano di stargli dietro. Quei pochi metri guadagnati sul Puy de Dome hanno lasciato nella mente dello sloveno il senso di potercela fare. Vingegaard e la sua squadra sembrano una barriera inscalfibile, ma da un paio di giorni Pogacar ha intravisto una breccia e tanto basta per infilarsi dentro, cercando di spaccare il muro.

Pogacar ha 24 anni ed è professionista dal 2018. Ha vinto due Tour
Pogacar ha 24 anni ed è professionista dal 2018. Ha vinto due Tour
E’ cambiata la tua motivazione?

Sento qualcosa di speciale, ma non so se sia legato a Jonas. Mi sento meglio ogni giorno. Oggi (ieri, ndr) è stato un buon giorno di riposo e sono pronto per tornare a correre. Sono davvero contento finora di questo Tour, posso solo migliorare.

Si dice che non avendo corso prima, potresti soffrire nella terza settimana. Sei preoccupato?

No, per niente. Anzi, penso che l’ultima settimana dovrebbe essere anche migliore della prima. Ho una buona base, in primavera stavo davvero bene, quindi la resistenza c’è. Mi sarebbe piaciuto fare qualche corsa prima del Tour, ma sono due cose diverse. Confido di stare bene nella terza settimana. Intendiamoci, potrebbe anche succedere che peggiorerò, ma non credo.

Sei sorpreso per le tue prestazioni visto che vieni da una lunga inattività?

No, non sono sorpreso. Mi sono stupito semmai quando ho perso terreno sul Marie Blanque. Sapevo che stavo bene, invece qualcosa non è andata. Mi conosco, andrò sempre meglio.

Sul Marie Banque, il cedimento inatteso di Pogacar, arrivato a Laruns 1’04” dopo Vingegaard
Sul Marie Banque, il cedimento inatteso di Pogacar, arrivato a Laruns 1’04” dopo Vingegaard
Come definiresti la tua rivalità con Vingegaard?

Bella. Già l’anno scorso, è stato uno dei migliori Tour di sempre e penso che quest’anno sia successo molto già nella prima settimana. E’ un buon momento. Sganciamo bombe quotidianamente l’uno sull’altro. Abbiamo vinto una tappa ciascuno, mi sto proprio divertendo.

Sembra che tu corra con molta più avvedutezza degli anni scorsi. Perché questo cambiamento?

Finora ho fatto tre Tour de France e ogni edizione ti dà esperienza in più. E’ bello vincere una corsa con 50 chilometri di fuga solitaria, ma siamo al Tour de France e bisogna essere consapevoli. Ci sono tre settimane e ogni giorno puoi pagare il prezzo per lo sforzo fatto il giorno prima. Devi correre davvero con la testa, non puoi semplicemente impazzire e pensare di ottenere tutto in un solo giorno.

Stai invecchiando? Nel 2021 hai vinto con una fuga di 48 chilometri a Le Grand Bornand…

Sì, probabilmente sto diventando vecchio. Infatti (sorride, ndr), è il mio ultimo anno con la maglia bianca.

Le discese sono veloci e insidiose, giusto rischiare tanto? Lui è Adam Yates, gregario extra lusso
Le discese sono veloci e insidiose, giusto rischiare tanto? Lui è Adam Yates, gregario extra lusso
Adam Yates sarà a tua disposizione o farà la sua corsa?

Averlo accanto può essere un vantaggio. E’ in super in forma e penso che stia migliorando sempre di più. Quindi penso che nelle prossime tappe possiamo correre d’intesa. Adam è un grande compagno di squadra e averlo così vicino in classifica generale mi toglie pressione di dosso.

Sei entrato in questo Tour dicendo che non hai niente da perdere, la pensi ancora così?

E’ più divertente correre senza niente da perdere rispetto a dover difendere una maglia gialla. Ora che siamo nel cuore del Tour, non sembra così diverso. Ti concentri solo sulle corse, ma di sicuro ho avuto meno pressione arrivando al Tour. E’ stata una sensazione un po’ diversa rispetto a quando avevo il titolo da difendere.

In casa Jumbo Visma hanno detto che sul Puy de Dome hai fatto i tuoi migliori 35 minuti. Sei d’accordo?

Non lo so. Non conoscono tutti i miei allenamenti o tutti i miei dati di gara, quindi non sanno tutto su di me. Quindi non possono presumere certi numeri con esattezza. Però posso dire che è stata un’ottima prestazione, forse davvero la migliore.

La Jumbo-Visma sembra una barriera inscalfibile, ma Pogacar pensa di aver aperto una crepa
La Jumbo-Visma sembra una barriera inscalfibile, ma Pogacar pensa di aver aperto una crepa
Come sta Urska?

Sta molto meglio, oggi è andata di nuovo in bici. Non è in condizioni perfette, avrà bisogno ancora di qualche giorno per riprendersi. Quando perdi il manubrio ad altissima velocità è uno degli incidenti peggiori. A volte penso alle discese, come domenica, quando andavamo a 90 all’ora in gruppo sull’ultima grande discesa prima del Puy de Dome. Meglio non pensare a ciò che può succedere e che tutto possa andare in malora. E’ il nostro lavoro. Abbiamo cercato di essere rispettosi in gruppo e affrontarla con più calma, ma a volte è tutto così caotico. E allora ti chiedi se ne vale la pena.

E’ tutto così caotico, al punto da chiedersi se ci sia ancora tempo per fare i propri bisogni…

Normalmente nel ciclismo tradizionale succede che quando la maglia gialla si ferma, tutti si fermano con la maglia gialla e poi rientrano (sorride, ndr). Poi ci sono quelli che la fanno dalla bici. Personalmente, provo a fermarmi al massimo due volte per tappa, sempre quando c’è un momento in cui sai che puoi rientrare abbastanza velocemente. Oppure quando c’è più gente che si ferma, mai da solo. E se hai bisogno di fare qualcosa di grosso, sei fottuto. E’ difficile rientrare.

Cosa ti aspetti dalla Jumbo Visma?

Proveranno di tutto per preparare un grande attacco. Proveranno a farmi crollare di nuovo, ma staremo a vedere. Preferisco andare avanti giorno per giorno, sono motivato e pronto a tutto. Anche per le loro tattiche, cercherò di essere pronto qualsiasi cosa facciano.

Gran morale sul Puy de Dome e anche grande caldo: forse il solo punto debole di Pogacar
Gran morale sul Puy de Dome e anche grande caldo: forse il solo punto debole di Pogacar
E’ vero che per il prossimo anno stai ragionando di fare il Giro, lasciando che Almeida venga in Francia, dato che il Tour finisce solo tre giorni prima delle Olimpiadi?

Lo vedremo. Almeida è un ottimo corridore e quest’anno l’ha dimostrato al Giro. E’ pronto per andare al Tour e magari l’anno prossimo sarà possibile. Penso che lo voglia da molto tempo. Potremmo farlo insieme, come quest’anno sono con Adam Yates. Con Almeida ho fatto poche gare, ma abbiamo buoni rapporti. Sarà l’argomento di cui discutere fra otto mesi o giù di lì. Adesso no, per favore. Domani (oggi, ndr) ricomincia il Tour de France.

Woods nel vuoto del Puy de Dome. Colpi di stiletto fra “i due”

09.07.2023
5 min
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Due corse in una sul Puy de Dome, incredibilmente vuoto e silenzioso senza pubblico. Stavolta al Tour de France si è corso in modo simile al Giro d’Italia con due corse in una. E le due corse di oggi se le sono aggiudicate Michael Woods e Tadej Pogacar.

Due sfide dai contenuti tecnici più profondi di quanto non si sia visto da fuori e per questo Domenico Pozzovivo ci aiuta ad analizzarli. Il lucano ha una doppia valenza, è compagno di Woods alla Israel-Premier Tech ed è uno scalatore e visto che si parla di salita…

Per la tappa

La corsa si potrebbe riassumere in un “tanto tuonò che non piovve”, o quanto meno fece una “pioggerellina”. C’era un’attesa enorme attorno a questa tappa e a questa montagna, che mancava da 35 anni. L’Equipe aveva proposto una copertina dal sapore storico, giocando sul duello del 1964 fra Poulidor e Anquetil.

Invece il gruppo degli uomini di classifica lascia andare. La fuga va via al primo tentativo e prende un margine enorme, il cui vantaggio massimo supererà i 16′. 

All’imbocco della salita Matteo Jorgenson scappa e sembra averla fatta franca. Tutti gli occhi sono puntati su Woods, il favorito, che invece non reagisce. 

Woods mette Jorgenson nel mirino. Recupera qualche istante, poi scatta. Per il canadese (classe 1986) un successo che corona una lunga carriera di sport
Woods mette Jorgenson nel mirino. Recupera qualche istante, poi scatta. Per il canadese (classe 1986) un successo che corona una lunga carriera di sport
Domenico, ha vinto un tuo compagno. Complimenti!

Missione compiuta! Quando una squadra come la nostra, allestita per le tappe, ne vince una può ritenersi soddisfatta. Adesso i ragazzi correranno in modo più rilassato e magari potranno correre anche rischiando di più e, perché no, vincere ancora. 

Vincere porta a vincere, insomma?

Sì, sei più rilassato, non hai paura di perdere e rischi. E tutto sommato già oggi Woods è come se avesse giocato a poker. Si è un po’ rilassato ad inizio salita e poi è stato costretto a recuperare. Ma è riuscito a sfruttare le sue qualità.

E quali sono le sue qualità?

Quelle di un corridore molto bravo su salite di questo tipo: dure ma non troppo lunghe. Lui è molto esplosivo e venendo dall’atletica, dal mezzofondo, ha una capacità lattacida invidiabile.

Tu già lo conoscevi?

Sì, sono anni che lo conosco, che siamo avversari e poi da quest’anno corriamo insieme. Una persona di qualità, forte…

E anche lui non è proprio un bimbo! Woods conosceva questa frazione? Era venuto in avanscoperta in quella giornata organizzata da ASO?

No, perché non era al Delfinato. Michael era con me al Tour d’Occitanie, dove ha anche vinto. E’ riuscito a sfruttare questa tappa. La fuga è stata favorita dall’andamento tattico. Ci si aspettava un controllo fra Vingegaard e Pogacar, una partita a scacchi che appunto ha favorito la fuga. Se uno dei due doveva recuperare avrebbero chiuso, ci sarebbe stato un altro ritmo e la fuga non sarebbe arrivata.

L’altra corsa…

E poi appunto c’è stata la partita a scacchi fra la Jumbo-Visma e la UAE Emirates. Solo poco prima della salita la squadra di Vingegaard ha preso in mano la corsa. Poi sono subentrati i ragazzi di Pogacar e di nuovo i gialloneri. Fino allo scatto dei due a 1.500 metri dal traguardo.

Domenico, passiamo dunque alla sfida fra i due grandi di questa Grande Boucle… Tanto tuonò che non piovve: anche tu la vedi così?

Come detto prima si sono controllati. Quando poi di mezzo non c’è la vittoria di tappa le polveri inevitabilmente si bagnano un po’, non c’è mai la stessa carica agonistica. Per di più oggi la tappa è filata via tranquilla e ci hanno messo un po’ per passare alla modalità aggressiva.

Si conoscono molto bene. Pogacar ha portato un attacco di “X” secondi e l’altro sapeva che il suo affondo sarebbe durato così. Poi ha tenuto duro, ma l’altro ha insistito un pelo di più. Erano sul filo. Tutto molto tecnico-tattico. Tu come la vedi?

La verità è che io ho visto più preoccupato Pogacar che Vingegaard. Per me Tadej era molto attento al caldo. Se ci avete fatto caso si bagnava spesso su tutto il corpo. Sappiamo che quando fa caldo lui ha spesso una piccola contro-prestazione. Vingegaard dal canto suo contava su questa cosa e forse si aspettava che calasse un filo. Mentre Pogacar si è sentito meglio di quel che credeva e ha attaccato.

E riguardo ai watt?

Credo che entrambi ne abbiano espressi un filo meno che sui Pirenei, e credo dipenda proprio dal caldo.

Pogacar e Vingegaard sono davvero al limite e alla pari. Ormai si parla di metri, neanche di secondi. Sarà una lotta anche di nervi?

Senza ombra di dubbio. Questa è una componente fondamentale nella sfida uno contro uno. E in questo Tadej forse ha qualche chance in più, anche se l’altro ha una grande squadra.

Il risveglio di Pogacar ricompatta la Jumbo-Visma

07.07.2023
4 min
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Tappa facile oggi verso Bordeaux al limite del surplace e Van Aert sorridendo alla partenza ha ammesso che finalmente potrà riposarsi. Quel che ha fatto ieri il belga ha prosciugato la scorta degli aggettivi. Neppure il fatto che alla fine Pogacar da solo abbia messo in croce la corazzata Jumbo-Visma riesce a ridimensionare l’enormità del suo lavoro. La sola spia della grandezza del gesto sta nel barcollare nel momento in cui ha smesso di pedalare, avendo raschiato veramente il fondo.

Jumbo-Visma compatta: ultime tirate fino a 5 chilometri dall’arrivo, la tappa di Van Aert ieri è stata monumentale
Jumbo-Visma compatta: ultime tirate fino a 5 chilometri dall’arrivo, la tappa di Van Aert ieri è stata monumentale

Da zero a 140

Van Aert se ne è andato al chilometro zero ed è rimasto davanti fino a 5 chilometri dall’arrivo di una tappa che ne misurava 144,9. Vicino a lui c’era Nathan Van Hooydonck, che ha subito intuito la portata di quell’accelerazione.

«Avevamo progettato di avere qualcuno in fuga – racconta – e sapevo che Wout sarebbe partito nella scia delle prime auto. Nel primo chilometro lo abbiamo visto accelerare e se non riesci a prendergli la ruota, non lo vedi più. La fuga è stata istantanea. Qualcuno dice che Wout non sarebbe forte come lo scorso anno, ma non è vero. E’ partito perché già da due giorni aveva vinto il premio della combattività. Wout è un ragazzo di classe e un corridore super bravo, dobbiamo fregarci le mani per il fatto di avere un corridore del genere».

Che sia stato per accumulo di fatica o per un calo di zucchero, Vingegaard al traguardo era davvero sfinito
Che sia stato per accumulo di fatica o per un calo di zucchero, Vingegaard al traguardo era davvero sfinito

Piano sfumato

Difficile dire se le tensioni dei giorni scorsi siano state tutte dimenticate o se si sia trovata una soluzione diplomatica. Sta di fatto che dopo il gran lavoro di ieri, anche Vingegaard ha faticato a restare del tutto indifferente: la sensazione è che il crescere del “nemico” Pogacar abbia compattato il fronte della Jumbo-Visma.

«Wout è stato ancora una volta super forte – ha detto la maglia gialla – ma non lo è stato solo lui. L’intera squadra è stata fantastica. Tutti hanno corso alla grande, ma Wout è stato davvero eccezionale».

Difficile dire meno a un campione che lo ha scortato fino a meno di 5 chilometri dal traguardo, nel giorno in cui lo stesso Vingegaard è stato meno fantastico del giorno precedente.

«L’intenzione – ha spiegato – era quella di staccare Pogacar sul Tourmalet e poi approfittare dell’aiuto di Wout dopo lo scollinamento per guadagnare ancora, ma non ha funzionato. Tadej è riuscito a passare bene il Tourmalet e sulla salita finale verso Cauterets è stato il più forte. Meritava di vincere».

L’analisi serale dei dati ha evidenziato che proprio sul Tourmalet, Vingegaard ha battuto il record di scalata, salendo in 45’11, quasi due minuti meglio del record fissato da David Gaudu nel 2021. Lui è andato forte, Pogacar non è stato da meno.

Dopo aver scortato Roglic alla vittoria del Giro, Sepp Kuss si è preso la Jumbo-Visma sulle spalle
Dopo aver scortato Roglic alla vittoria del Giro, Sepp Kuss si è preso la Jumbo-Visma sulle spalle

Ancora super Kuss

La restituzione dei complimenti a 24 ore da quelli ricevuti da Pogacar potrebbe suonare anche come un atto formale, ma è un fatto che dopo l’arrivo quei due si siano abbracciati, in un gesto di riconoscimento reciproco che non è sfuggito neppure ai compagni.

«Volevamo provare a scoprire Pogacar – ha detto un immenso Sepp Kuss – ma forse Jonas aveva ancora nelle gambe la dura tappa di mercoledì, quando ha dovuto pedalare molto a lungo a un ritmo altissimo».

«Sono felice di essere di nuovo in giallo – ha chiuso Vingegaard – sarebbe stato meglio avere un vantaggio di due minuti, ma anche 25 secondi non è male. Non sono stato affatto sorpreso che Tadej abbia risposto. Questo Tour è stato già molto duro e siamo ancora nella prima settimana. Penso che possa rimanere emozionante fino a Parigi».

Tra Pogacar e Vingegaard è uno pari. Non svegliateci!

06.07.2023
6 min
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Dateci un pizzico. Ma è tutto vero? Una tappa sensazionale quella di oggi, che lo diventa ancora di più se sommata a quella di ieri. L’attacco e la rivincita. In una parola: duello. Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard ci hanno regalato uno spettacolo sensazionale.

Qualcuno già aveva parlato di Tour de France “chiuso”, o quantomeno ben indirizzato, vista la superiorità quasi violenta di ieri da parte del danese della Jumbo-Visma. E invece oggi è già tutto diverso.

Il duello dei duelli annunciato sin dall’arrivo di Parigi dell’estate scorsa non sta tradendo le attese. Ogni volta che i due hanno potuto si sono sfidati faccia a faccia.

Nella prima parte di tappa Bora-Hansgrohe sin troppo attiva. Hindley non lascia troppo spazio alla fuga
Nella prima parte di tappa Bora-Hansgrohe sin troppo attiva. Hindley non lascia troppo spazio alla fuga

Reazione da campione

Il valore aggiunto di questa giornata è stata la reazione di Pogacar. Una reazione da campione, da uomo tosto, non solo da atleta potente. 

Questo ragazzo non era mai stato battuto. Aveva vinto facile e già doversi scontrare per vincere era una cosa nuova. In più ieri le aveva prese di nuovo. E anche bene. Lo sloveno non solo è riuscito a tenere botta verso Cauterets-Cambasque, ma ha fatto molto di più. Una reazione alla Pantani.

Qualche giorno fa avevamo scritto del campione che fiuta la preda. Che qualcosa cambia quando capisce di stare bene. E oggi la chiave – chissà se di tutto il Tour – è nel Tourmalet. Jumbo che distrugge ogni velleità. Spacca il gruppo come poche volte si è visto nella storia del ciclismo e Tadej che resta lì. Il corridore della UAE Emirates è concentrato, agile, stabile… alla ruota di Vingegaard.

Il danese spinge, ma lui capisce che lo tiene bene. Nella testa del campione che deve riprendersi in quel momento scatta qualcosa. Sicuro. Matematico.

Ma quali valigie

Ed è quel che è successo. Dopo ieri qualche pensiero poco positivo c’era nella testa di Pogacar. «Chi non sarebbe stato turbato? – ha detto Pogacar stesso – Quello che Jonas ha fatto ieri è stato incredibile.

«Oggi, quando ha iniziato ad accelerare nel Tourmalet, ho pensato tra me e me che sarebbe stato come ieri. Avremmo potuto fare le valigie e tornare a casa».

Oggi la gamba era diversa e, come detto Tadej, ha fiutato qualcosa… «Per fortuna oggi avevo una buona gamba. Sono riuscito a seguirlo nel Tourmalet e quando ho sentito che era il momento giusto, ho attaccato nel finale – breve pausa e poi aggiunge – E’ stato un grande sollievo».

Quest’ultima è una frase da non sottovalutare da parte di Pogacar. E’ la prima volta che gliela sentiamo dire. Ma tutto ciò non fa che avvalorare l’impresa della rivincita. Della reazione.

A 2,8 km dall’arrivo Pogacar attacca. Vingegaard non risponde. Ora nella generale tra i due ci sono appena 25″
A 2,8 km dall’arrivo Pogacar attacca. Vingegaard non risponde. Ora nella generale tra i due ci sono appena 25″

Quella musica sul bus

Reazione che parte da ieri in qualche modo. Anche se in casa UAE non c’erano poi questi musi lunghi. E ancora una volta il merito era soprattutto del diretto interessato, ma anche dell’ambiente che lo circonda.

«Ieri abbiamo parlato tranquillamente quando è arrivato al bus – racconta Joxean Fernandez Matxinsi è messo nel macchinario per il down cooling e con lucidità abbiamo analizzato a tappa. Ma serenamente. Tadej ha detto che aveva trovato un avversario più forte, ma anche che mancavano tanti giorni e che si sentiva un po’ meglio. Era ottimista come sempre.

«Pensate che quando siamo ripartiti da Laruns avevamo la musica a tutto volume nel bus!».

In UAE si aspettavano un andamento della corsa di oggi come quello che si è visto. E loro sarebbero stati pronti a difendersi compatti.

«Dovevamo stare attenti sul Tourmalet. E Tadej ci è riuscito… Poi è successo quello che avete visto. In ammiraglia Andrej (Hauptman, ndr) che gli parlava gli diceva della strada: quanto mancava, le curve, le pendenze e dopo che è partito oltre ai distacchi reali – ci tiene a sottolineare il tecnico spagnolo – anche qualche altro incitamento… Per esempio gli ha detto che Urska (Zigart, la sua fidanzata, ndr) stava meglio, che c’erano i genitori all’arrivo, che stava facendo un’impresa dell’altro mondo. Tutte cose per non fargli sentire il mal di gambe».

Dopo l’incidente alla Liegi, Pogacar è più fresco e il Tour dura tre settimane. «Questo è vero. E’ un aspetto che abbiamo valutato, però ci sono anche gli avversari, a partire da Vingegaard. Non è una gara di Tadej… contro di Tadej».

«Come lo vedo io? Ieri aveva la rabbia di chi vuole riscattarsi e oggi quella di chi vuol vincere. Che poi non si tratta di rabbia. Tutti noi siamo compatti, uniti. In squadra c’è un bell’ambiente. Oggi quando è tornato al bus ci siamo abbracciati tutti. E tutti abbiamo iniziato a saltare».

Vingegaard è comunque in maglia gialla. Lo premia Macron, presidente della Francia
Vingegaard è comunque in maglia gialla. Lo premia Macron, presidente della Francia

Conti senza l’oste

E poi c’è il lato della Jumbo-Visma. Fortissima. Anche loro belli da vedere. Arrivano con i passisti fino a 5-6 chilometri dal Tourmalet. Usano gli scalatori in modo diverso: non stile “gregari diesel”, ma come degli attaccanti da salita. Le azioni di Kelderman (soprattutto) e Kuss sono state brevi e intense. 

In cima poi c’è l’altro protagonista di giornata che li attende, Wout Van Aert. Superbo. Ha tirato da solo per oltre metà tappa. E come Tarzan sulle liane, Vingegaard è passato da un gregario all’altro. Tattica perfetta e anche giusta, se vogliamo.

«Sarebbe stato perfetto – ha detto Vingegaard – staccare Tadej sul Tourmalet e trovare Van Aert nel fondovalle. Ci abbiamo provato ma non ci siamo riusciti. Lotteremo fino a Parigi».

In fin dei conti i gialloneri hanno ragionato sui numeri di ieri. Con Jonas che era il più forte. Ed è stata più che legittima la loro tattica. Ma oltre la tattica ci sono gli avversari. E quando uno di questi è Pogacar non si può mai stare tranquilli.

In tutto ciò un’altra bella notizia è che ancora non è finita. Il sogno continua. Non svegliateci… ma teniamo gli occhi aperti!

Hindley e la Bora, un altro piano ben riuscito

05.07.2023
6 min
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Ciccone ha un diavolo per capello. Poco oltre, l’altro abruzzese (adottivo) di giornata non sta nella pelle, per la tappa e la maglia. Jai Hindley ha dato uno scossone al Tour e dietro di lui un altro colpo durissimo l’ha mollato Vingegaard a Pogacar. Rispetto ai vecchi Tour delle prime sette tappe piatte come la noia, questa quinta tappa si è portata decisamente avanti.

Mai niente per caso

In casa Bora-Hansgrohe si fa festa, sia pure con garbo, perché la storia promette di essere ancora lunga. In attesa che Hindley si racconti o trovi quantomeno le parole per farlo, dall’ammiraglia della squadra tedesca scende Enrico Gasparotto. Vero che al Tour c’è venuto per stare sulla seconda e per giunta da debuttante, ma quando c’è di mezzo “il Giallo”, qualcosa succede sempre. Anche che vada via una fuga di 35 piena di uomini forti…

«Nella vita – sorride – non succede mai niente per caso. Bisogna sfruttare l’opportunità, farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. A un certo punto dopo 10 chilometri Pogacar ha fatto chiudere su una fuga di corridori che non erano pericolosi ai fini della classifica. Ci siamo stupiti noi in macchina e anche i ragazzi in corsa, abbiamo pensato di non capire più nulla di ciclismo. E a quel punto infatti è nata una fuga di 35 corridori. Jai e Buchmann erano già davanti, perché a Jai piacere correre in testa, mentre la Jumbo-Visma ha lasciato il lavoro in mano alla UAE Emirates.

La presenza di Hindleyt nella fuga è stata frutto della sua concentrazione, l’attacco era per vincere

«Detto questo – prosegue Gasparotto – ho trovato strano anche io che abbiano lasciato andare Hindley, che ha vinto un Giro e in un altro ha fatto secondo, boh! Ci siamo chiesti, in ammiraglia con Rolf Aldag, se fermando Jai la fuga sarebbe andata, però c’era anche Ciccone che era in classifica e voleva vincere la tappa. Noi eravamo in tre, come pure la Lidl e alla fine, sacrificando Konrad e con il lavoro della Ag2R, la fuga è andata. Poi, quando Hindley è partito, aveva in testa la tappa e la maglia. Sta bene, ha fatto la ricognizione, conosce le strade e questo aiuta come sempre…».

Ciccone mastica amaro

Secondo all’arrivo, Ciccone mastica amaro. Le telecamere hanno captato il suo disappunto: di quelle parole che si dicono dopo il traguardo, prima che qualcuno ti faccia il riassunto e tu capisca come stanno le cose.

« C’è stato un errore di comunicazione – dice a denti stretti – perché nella tabella dell’organizzazione ho letto 25 secondi, invece quello era il distacco da Felix Gall. Pensando che il distacco da Hindley fosse così basso, ho creduto di poter collaborare con Vingegaard, invece la squadra sapeva che Hindley era più lontano e non aveva senso inseguire. Jonas chiedeva collaborazione perché sapeva che tirando potevamo giocarci la tappa, ma il nostro leader era nel gruppo con Pogacar. Non potevo aiutarlo».

Ciccone chiude al secondo posto e ora è terzo in classifica: non ha capito il divieto di aiutare Vingegaard
Ciccone chiude al secondo posto e ora è terzo in classifica: non ha capito il divieto di aiutare Vingegaard

«Onestamente – riprende Giulio – mi aspettavo di stare un po’ meglio sull’ultima salita, invece ho pagato tutti gli sforzi fatti prima. Però abbiamo fatto una bella tappa e pensiamo a recuperare, perché domani ce n’è un’altra, ancora più dura. Si sapeva che oggi sarebbe stata una giornata strana, perché con una partenza così veloce poteva succedere di tutto. Non mi aspettavo una fuga così numerosa e soprattutto così di qualità. Alla fine è stata una giornata corsa a tutto gas e le sensazioni non sono state male. Le gambe ci sono, la testa è bella dura, quindi ogni giorno proverò a fare qualcosa».

Pogacar si nasconde

La delusione ha facce diverse. Perciò, quando Pogacar passa il traguardo e va a fermarsi vicino agli uomini del UAE Team Emirates, il suo proverbiale sorriso cede il posto a perplessità. I tanti ragionamenti sul fatto di avere in Adam Yates un capitano alternativo poggiavano su una consapevolezza fondata? Oppure l’incapacità dello sloveno di rispondere potrebbe far pensare davvero a una giornata storta? Altrimenti come si spiegherebbe il tanto tirare dei giorni scorsi?

L’inatteso crollo di Pogacar colpisce la UAE Emirates. Yates scivola in 5ª posizione, Tadej subito dietro
L’inatteso crollo di Pogacar colpisce la UAE Emirates. Yates scivola in 5ª posizione, Tadej subito dietro

«Delusione è la parola giusta – dice Pogacar – ma sono più triste nel sentire che la mia ragazza è caduta al Giro e forse ha una commozione cerebrale. Intendiamoci, è triste anche aver perso un minuto contro Jonas. Quindi bisgnerà andare avanti giorno per giorno. Penso si sia accorto che non stessi andando troppo bene in salita e così ha cercato di attaccare. Non ho potuto seguirlo perché oggi era più forte. Io invece ero al limite, sicuramente negli ultimi due chilometri di salita. Spero in gambe migliori per domani e penso che si raddrizzerà. C’è ancora molta strada e mi sento bene e questa è la cosa più importante della giornata».

Il morso di Vingegaard

Vingegaard e il suo sguardo lampeggiante si sono spenti una volta sceso dalla bici. La grinta e quei denti a punta che scopre nel momento di massimo sforzo, cedono ora il posto al ragazzo che ragiona e poi parla.

«Il piano per questa tappa – dice il danese – era avere un paio di compagni nella fuga, ma poi sono diventati tre: Laporte, Van Aert, Benoot. Non era tanto per piazzarne uno all’arrivo, quanto per riuscire a salvarci: pensavamo che non fosse la tappa ideale per me. Invece quando abbiamo iniziato l’ultima salita ho sentito di avere buone gambe così ho detto a Kuss di passare davanti. Lui l’ha fatto e ho deciso di attaccare. Prima del via ne avevamo parlato e non pensavamo che fosse uno scenario possibile, piuttosto era più facile prevedere che uno dei ragazzi in fuga vincesse la tappa e per noi sarebbe stato davvero lo scenario dei sogni.

«Invece è successo tutto l’opposto. Io ho attaccato e Tadej non ha risposto. Mi sono meravigliato. Ho voluto metterlo alla prova, perché sentivo buone gambe e sono molto contento di quello che ho ottenuto. Un minuto guadagnato è un buon margine, ma so che lui non si arrende mai. Sarà una battaglia tutti i giorni fino a Parigi. E bisognerà tenere d’occhio Jai Hindley».

L’ultima vittoria di Hindley? La classifica del Giro 2022 e prima la tappa del Blockhaus
L’ultima vittoria di Hindley? La classifica del Giro 2022 e prima la tappa del Blockhaus

Il presente e il futuro

Intanto Hindley scende dal palco vestito di giallo, poco più di un anno dopo aver conquistato la maglia rosa. Il Tour è iniziato da appena cinque giorni: pensare sin da adesso di difendersi sarebbe da incoscienti.

«Oggi prima di partire – sorride ancora Gasparotto – ho fatto una battuta. Ho detto: “Viviamo il presente con un occhio futuro”. Nei grandi Giri è bene vivere giorno dopo giorno, può succedere qualsiasi cosa. Il nostro Tour non sarà negativo, quindi siamo già contenti di questo. Poi se staremo bene, è fuori dubbio che battaglieremo sino alla fine. Jai sta bene. Abbiamo scelto di puntare sul Tour e lui ha fatto i compiti a casa. Ma il viaggio è appena cominciato».