Bisacce piene, morale alto: Volpi rilancia la corsa all’oro

03.12.2024
7 min
Salva

Con Carboni, Malucelli e Pesenti che hanno cambiato squadra, il JCL Team Ukyo riparte per la nuova stagione forte dei risultati del 2024 e la sensazione di aver trovato la chiave per farlo ancora. Alberto Volpi racconta e attraverso le sue parole la nuova squadra prende forma. Il comunicato diffuso ieri ha reso noti i nomi dei quattro italiani selezionati per la prossima stagione. D’Amato, Fancellu, Garibbo e Raccani saranno la spina dorsale italiana della continental giapponese, che nel 2024 ha conquistato 16 corse.

Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
La squadra ha fatto la sua parte, anche abbondantemente…

Sì, anche io sono contento, con tutta onestà. Quando ti aspetti delle cose belle che poi non arrivano, dici di essere moderatamente insoddisfatto. Mentre io devo dire il contrario. Avevo previsto di fare bene, ma siamo andati meglio delle previsioni. E’ la legge della compensazione, a volte i corridori ti stupiscono. Però quello che è stato è stato, adesso dobbiamo guardare avanti e cercare di fare ancora bene. E’ la nostra condanna (sorride, ndr).

Ti aspettavi che l’anima europea e quella giapponese si integrassero così bene?

Lo staff e i corridori sono veramente di buona qualità umana. Quando hai questo ingrediente, è solo questione di tempo, aspettare che si conoscano e si mettano insieme. Poi è chiaro che avevo anche tre italiani – due su tre molto esperti – che ci hanno messo del loro. Hanno trovato terreno molto fertile nei ragazzi giapponesi, quindi non è stato difficile che si integrassero. In realtà non mi ero neanche posto il problema dell’integrazione, è venuto tutto naturale.

Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Avevi tre italiani, hanno ottenuto i migliori risultati, ma sono andati via…

Abbiamo cominciato una trattativa dall’inizio di luglio. Avevano delle richieste importanti da altre squadre che io non potevo soddisfare in termini economici. Come in tutte le aziende, ho dovuto fare i conti con il budget e mi è molto dispiaciuto non poterli riconfermare. Credo sia stato giusto che abbiano colto le occasioni. Sono venuti da noi con la voglia di rivalutarsi e rilanciarsi e ci sono riusciti in pieno. Hanno dato tanto, noi gli siamo stati vicini ed era giusto che proseguissero la loro strada. Quando inizialmente in Giappone ho detto che sarebbero andati via, anche Malucelli che aveva vinto tanto, è certamente dispiaciuto, ma hanno riconosciuto che avessimo fatto delle scelte giuste. Anche questo è un motivo di orgoglio. Perdere delle persone di valore non è così sempre negativo, vuol dire che hai dato loro qualcosa di importante.

Che cosa ha rappresentato per la squadra giapponese aver vinto il Giro del Giappone con Carboni?

E’ stato un ottimo risultato. Subito prima, abbiamo vinto con Atsushi il Tour de Kumanu, la gara di preparazione. Vincere con un ragazzo giapponese a me fa super piacere, perché la matrice della squadra è chiara. Per cui i ragazzi europei servono per dare più qualità e questo l’hanno fatto. La mission sarebbe quella di portare fuori l’Arashiro del futuro. C’è da lavorare, però quando vince un corridore giapponese puoi essere davvero soddisfatto.

Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Come si rimpiazzano gli europei che sono partiti?

Adesso è complicato. Vivo in questo ambiente da tantissimi anni. Le cose sono cambiate per via delle varie categorie e degli sviluppi che ci sono stati nelle squadre WorldTour, che hanno integrato nella loro galassia anche i team di sviluppo. Noi siamo una continental un po’ anomala, ci vedono quasi come una professional perché riusciamo a partecipare a gare di livello. Per questo ci dicono che abbiamo un buon appeal, ma nonostante ciò è sempre più difficile trovare corridori giovani di un certo livello, perché se li accaparrano tutti i devo team, a partire da Redbull e Visma.

Quindi come si fa?

E’ un lavoro lungo, hai le amicizie, qualche valutazione fatta con dei test che permettono di individuare se il motore ha una certa portata, ma non sono tutto. Basarsi solo sui numeri non è la ricetta gusta. Possono pure avere un buon motore, ma se li porti su strada e non sanno stare in gruppo e far fruttare le loro doti oppure usare la testa, non vanno lontano. I numeri devono coincidere con la vera identità del corridore, altrimenti rischi che ti aspetti tanto e non ti danno niente.

Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Su cosa avete puntato per fare le vostre scelte?

Abbiamo deciso di avere fiducia nei giovani, sapendo che hanno bisogno del loro tempo. Aleotti, per fare l’esempio di un corridore che cresce in uno squadrone, sta venendo fuori gradualmente e con sostanza: non sono tutti come Evenepoel. Ne abbiamo cercati alcuni che per caratteristiche e voglia di dimostrare, possono fare il salto di qualità. Devi lavorare solo su quello, perché il giovane fenomeno ha addosso gli occhi dei procuratori. I ragazzi che sono andati via avevano le loro motivazioni forti e quelle fanno la differenza. Pesenti ad esempio…

Cosa avete visto in lui?

Thomas veniva dalla Beltrami, me ne avevano parlato bene, però non aveva ancora fatto corse di alto livello tecnico. Qui si è integrato bene anche nelle gare più toste e si è guadagnato un posto nel devo team della Soudal. Malucelli ha sempre vinto, era il più affidabile sotto il profilo del rendimento e sapevamo che in certi contesti poteva fare egregiamente la sua parte. Carboni veniva da un periodo difficile, ma si vedeva che avesse dentro qualcosa. Bisognava avere un po’ più di pazienza e fortuna e sperare che tirasse nuovamente fuori le sue qualità, cosa che ha puntualmente fatto. Si è sempre fatto trovare pronto nelle gare in cui era leader e ha lavorato molto bene con il gruppo giapponese.

La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
Ci sono quattro nuovi italiani. 

Simone Raccani viene dalla Zalf. Due anni fa era stato preso dalla Quick Step come stagista a Burgos, ma è caduto e si è rotto un gomito. E’ andato alla Eolo-Kometa, invece l’anno scorso è tornato dilettante. Non tutti sono pronti per il salto a vent’anni, ma resta che ha fatto dei buoni risultati in salita. D’Amato viene dalla Biesse-Carrera, è un buon corridore, anche molto veloce. Non quanto Malucelli: si avvicina di più alle qualità di un Colbrelli, fatte tutte le distinzioni possibili. Poi abbiamo Garibbo, che arriva dalla Technipes, la squadra di Cassani, e quanto ai punteggi è stato uno dei più bravi dilettanti del 2024. Infine Fancellu, che arriva dalla Q36.5.

Una scommessa come quella su Carboni?

La squadra non lo ha confermato, ma resta un ragazzo che da junior si piazzò terzo al mondiale vinto da Evenepoel, è stato quinto a un Tour de l’Avenir, per cui un po’ di qualità le ha, vediamo se riusciamo noi a regolare la centralina. Ne ho parlato con Zanatta per un mese e mezzo, dato che ho cominciato a pensare a lui ad agosto. Ci sentiamo spesso e Stefano ci ha lavorato tanto. Mi ha detto che gli darebbe ancora una chance, per cui alla fine abbiamo deciso di crederci.

Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Questo è il quadro?

Ci sono altri nomi in arrivo, ma li sveleremo nei prossimi giorni. Il ciclismo è cambiato anche in questo, non è come prima che si diceva tutto subito, anche la comunicazione ha i suoi tempi. Per il resto i materiali restano gli stessi, le bici Factor, le ruote Shimano e le gomme Vittoria. Iniziamo fiduciosi, perché abbiamo visto che il nostro metodo di lavoro funziona. Gli anni non sono mai tutti uguali, lavoreremo perché anche questa sia un’ottima stagione.

Carboni alla Unibet, i passi fino al contratto

23.11.2024
4 min
Salva

Fai l’intervista e mettila da parte. E’ stato così a Pesaro con Carboni, è così da qualche settimana con ragazzi che hanno il contratto in tasca, ma attendono l’annuncio da parte delle squadre. Abbiamo incontrato il pesarese nella sua città, in occasione della Serata di Grande Ciclismo, voluta e organizzata da Maurizio Radi e Giacomo Rossi. Dopo dieci giorni di scaramanzia, in cui al telefono diceva di essere a un passo dalla firma, Carboni questa volta non ha potuto nascondersi dietro scuse o pretesti e ha vuotato subito il sacco. Il prossimo anno correrà alla Unibet Tietema Rockets, squadra nata in Olanda col nome di Tour de Tietema e appena approdata in Francia col sogno di correre il Tour. La notizia è uscita ieri, finalmente. E così anche l’ultimo italiano della sventurata vicenda Gazprom ha trovato una sistemazione stabile.

Abbiamo incontrato Carboni a Pesaro, alla Serata di Grande Ciclismo di Fisioradi e Ca’ Virginia
Abbiamo incontrato Carboni a Pesaro, alla Serata di Grande Ciclismo di Fisioradi e Ca’ Virginia

Una prospettiva di futuro

I risultati ottenuti nel 2024 con il Team Ukyo gli hanno aperto la porta di una professional e hanno rimandato i propostiti (rabbiosi di ritiro). Dopo la lunga pausa estiva in cui il team giapponese si è fermato per esigenze burocratiche, Giovanni era di pessimo umore. Non riteneva possibile restare ulteriormente in una continental, ma di fatto non arrivavano proposte diverse. Anche se scopriremo a breve che i primi contatti con il team di Bas Tietema erano già in divenire.

«Il discorso è venuto fuori dopo la Coppi e Bartali – ci ha raccontato – poi siamo andati avanti a parlarne per tutta l’estate. Come squadra siamo stati fermi per tre mesi e io intanto ero in contatto con altre due. Solo che ho voluto guardare a una prospettiva futura e dopo il Tour de Langkawi ho puntato sulle prospettive di questa squadra. Ha un modo tutto suo di lavorare. Si muovono diversamente per attirare varie figure interessate al mondo del ciclismo. Anche la gestione del budget è diversa. Fondamentalmente, chi direbbe mai che uno sponsor sarebbe potuto arrivare tramite un canale YouTube? Questo l’ho trovato molto curioso».

Adriatica Ionica Race 2022, a Brisighella la vittoria di Carboni all’indomani della chiusura della Gazprom
Adriatica Ionica Race 2022, a Brisighella la vittoria di Carboni all’indomani della chiusura della Gazprom

Un’esperienza nuova

Dopo l’anno giapponese, fatto di innegabili difficoltà iniziali e della scoperta di una cultura e un’accoglienza con pochi eguali, il ritorno in un team europeo è fatto di un’organizzazione di matrice anglosassone e una programmazione rigorosa.

«Sicuramente per me è un’esperienza nuova – ci ha spiegato – e totalmente differente da quelle che ho fatto fino ad ora. Sapevo come era nata la squadra come e sicuramente sono stato incuriosito anche dal fatto che dall’inizio dell’anno la crescita dei loro risultati è stata continua. Sono tutti ragazzi giovani che a sorpresa hanno ottenuto dei buonissimi risultati, specialmente nel finale di stagione. Questo è sinonimo di buona programmazione e lavoro. Ma anche di buoni materiali (il team corre dall’inizio su bici Cannondale, ndr) che li mettono alla pari con altre squadre del loro livello».

Bas Tietema accoglie così De Vries dopo la vittoria al Tour of Antalya 2024 (foto TDT-Unibet)
Bas Tietema accoglie così De Vries dopo la vittoria al Tour of Antalya 2024 (foto TDT-Unibet)

Pronto a smettere

Che cosa cerca Bas Tietema da Giovanni Carboni di Fano? Il modo in cui il corridore italiano può essere utile alla squadra passa per la sua capacità di ottenere risultati e per i punti che porta in dote dopo l’ottima stagione con il Team Ukyo. Le quattro vittorie e i tanti piazzamenti fanno di Carboni uno degli italiani più concreti del 2024 ed era giusto che qualcuno se ne accorgesse.

«Quello che abbiamo messo sul piatto – ha spiegato – è la mia esperienza. Sono uno tra i più anziani del team, quindi posso portare esperienza e solidità in un certo tipo di gare, come ho dimostrato quest’anno. Nelle brevi corse a tappe riesco ad avere una buona continuità di risultati. Eppure nessuno se ne accorgeva e io ero davvero pronto a smettere di correre e nel dirlo ero sereno. Se dopo un anno come questo mi fosse toccato di smettere, sarei stato sereno, perché penso di aver dimostrato con i fatti che meritavo di continuare. Sono contento, ma soprattutto curioso di una nuova avventura fuori dal ciclismo che abbiamo sempre vissuto. Perciò mi preparo per il solito inverno da professionista, come ho sempre fatto. Le cose finalmente stanno andando a posto».

Malucelli all’Astana, un perfetto colpo di reni

23.10.2024
4 min
Salva

Matteo Malucelli è un corridore dell’Astana Qazaqstan Team. Ieri sera, col buio che aveva già inghiottito tutto, il romagnolo non stava nella pelle e forse non aveva neppure capito bene. Lunedì, il giorno prima, aveva firmato il contratto. Una WorldTour nel momento in cui forse pensava che fosse tardi. Invece alla fine i conti tornano e i tasselli dispersi dell’ultima Gazprom stanno trovando una collocazione, in una sorta di tetris che ha lasciato fuori soltanto Canola. Anche Carboni si è messo a posto, ma per l’annuncio c’è da aspettare ancora.

Malucelli si trova in ritiro a Padova con la nuova squadra. Ieri sera era appena arrivato in hotel e raccontava col tono basso di chi svela un segreto, quasi con la mano davanti alla bocca. Ma abbiamo condiviso così tanti discorsi e riflessioni in questi ultimi anni, che fare il misterioso alla vigilia dell’annuncio sarebbe stato imbarazzante. Malucelli ha firmato per un anno e deve tutto alle vittorie al Tour de Langkawi e all’investitura di De Kleijn. Parlando di lui, l’olandese lo ha definito un velocista fortissimo e sottovalutato.

«Che poi alla fine – ammette – il contratto me l’ha fatto firmare proprio De Kleijn. Senza di lui, sarebbe valso tutto un po’ meno. Lui non lo sa, ma il fatto che fosse in Malesia e io l’abbia battuto a quel modo è stato il plus che ha dato maggior prestigio alle mie vittorie. Dal Giro d’Abruzzo in poi ho fatto solo corse di classe 2.2 e sette vittorie, ovvio che avessero meno peso. Se avessi fatto questi risultati a luglio, avrebbero avuto ben altro riscontro, ma prendiamo il buono che è venuto…».

Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli
Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli

L’offerta di Savio

E’ presto per parlare di ruoli. Immaginare Malucelli che tira le volate al gigante Syritsa è certo suggestivo, ma una quadra così grande ha un vasto calendario da coprire e non mancheranno le occasioni per mettersi alla prova. Al suo procuratore Nicoletti stavolta è riuscito il perfetto colpo di reni, dopo che per giorni avevano discusso sul da farsi. Da una parte Malucelli, sicuro di meritare un posto nel gruppo. Dall’altro Moreno che invocava qualche risultato più pesante per andare a proporlo in giro.

«Avevo detto che se non avessi trovato una squadra vera – racconta Malucelli – avrei smesso. In realtà a un certo punto era venuta fuori una continental che però mi avrebbe pagato come una professional. Era la Petrolike: Gianni Savio sarebbe stato ancora una volta il mio salvatore. Era una buona possibilità e abbiamo tenuto la porta aperta fino a lunedì, perché giustamente Marco Bellini e Gianni non potevano aspettare in eterno. Mi hanno detto che se avessi trovato un’altra strada, sarebbe stato giusto percorrerla e così è stato. Stavo perdendo la speranza, ma ci credevo. Mi dicevo: “Cos’altro devo fare per avere l’opportunità che altri hanno avuto?”.

«E’ cambiato tutto nelle ultime due tappe di Langkawi e chiaramente, se fai quel tipo di vittorie, è più facile anche per il procuratore portare avanti il tuo nome. Adesso dipende da me, se me la sono meritata e se continuerò a meritarla. Ma sono tranquillo, perché ho la voglia di un ragazzino di 20 anni e l’esperienza del trentenne».

Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno
Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno

Ancora incredulo

Sarà la coincidenza dell’Astana che ha bisogno di corridori che portano punti, sarà aver visto in Malucelli la grinta che aveva già messo nelle corse con la nazionale subito dopo la chiusura della squadra russa. Sarà anche che nell’Astana c’è lo stesso Sedun che guidava la Gazprom. Comunque sia, la stagione con il Team Ukyo ha ridato a Malucelli voglia e vetrina. E adesso si apre la pagina più bella della sua carriera, nel momento in cui meno se lo aspettava.

«Non so ancora – dice – cosa dovrò fare. E’ tutto così fresco, che ancora non mi rendo conto. Finché non vedo, non credo. Finché non mi ritroverò a pedalare tutti insieme, non sarà facile da capire. Anche perché per l’età che ho, dico la verità, pensavo che ormai come canta Vasco, fosse tardi. Ma questa volta ho dato dei segnali profondi. Ho vinto 10 corse, me l’hanno fatta sudare, ma alla fine è arrivata».

Altro non dice, perché altro non sa. Il WorldTour, questa sorta di terra promessa che ti garantisce di fare le corse che contano, è arrivato quando meno se lo aspettava. Gli sono passati davanti agli occhi tutti i momenti degli ultimi due anni. Ha pensato a quanto sia stato faticoso correre e vivere lottando ogni volta con la frustrazione di meritare di più. Avrà pensato che in qualche modo esiste una giustizia. E che ora non ci sono più scuse, c’è solo da correre. Ma prima trascorrere un inverno da samurai, per essere pronto già dalle prime corse.

L’exploit della JCL Ukyo, tra metodo di lavoro e futuro

12.10.2024
5 min
Salva

Tre vittorie di tappa, secondo posto nella generale e maglia arancione della classifica a punti. Non è il bottino di una squadra WorldTour ma del JCL Team UKYO al Tour de Langkawi. Parliamo quindi della continental gestita da Alberto Volpi.

Prestazioni che non potevano certo passare inosservate, come quel che nel complesso la squadra ha ottenuto nel corso della stagione: ben 16 vittorie (per ora), e queste ultime della Malesia sono state ottenute in una gara di classe .Pro, vale a dire inferiore solo a quelle del WorldTour.

Alberto Volpi da questo inverno è team manager della squadra giapponese (foto Team JCL Ukyo)
Alberto Volpi da questo inverno è team manager della squadra giapponese (foto Team JCL Ukyo)
Alberto, si può dire che per questa prima vostra stagione si può essere soddisfatti…

E come potrei non esserlo? A “tre minuti” dalla fine della partita siamo andati oltre quel che mi aspettavo. Siamo al secondo posto nel ranking dell’Asia Tour (la classifica UCI continentale, ndr). Non riusciremo a vincere perché c’è troppo gap con la Terenggannu ma siamo contenti.

Boaro, il tuo diesse, in Malesia ci parlava di una squadra dalla “burocrazia semplice”, che per certi aspetti è anche normale visto che è una continental. Però poi le cose devono funzionare…

La squadra in effetti è impostata in modo semplice ma professionale. Ognuno ha il suo ruolo. Chiaro che non è facile ogni anno reperire corridori di livello e far crescere molto gli atleti giapponesi. Quest’anno siamo riusciti a inserire atleti italiani che ci hanno fatto fare un salto di qualità. 

Qual è il vostro metodo di lavoro?

Premetto che alla base servono i corridori. Ma abbiamo ottime bici, le Factor, le stesse che usa la Israel-Premier Tech, componentistica Shimano, specie per quel che concerne le ruote. A questo elemento nel suo insieme abbiamo dedicato molta attenzione. Non è stato un caso che abbiamo scelto Vittoria per le gomme. Potevamo averle gratis di un’altra marca, ma le abbiamo acquistate perché crediamo nella bontà del prodotto, del marchio. Sappiamo che questa gomma è sicura, prima cosa, e che è performante. E lo stesso vale per l’abbigliamento, per i nostri body. Nessun segreto particolare quindi: lavoro e umiltà. Inoltre credo che abbiamo fatto un calendario all’altezza del nostro livello. E per questo abbiamo i ragazzi per organizzarci bene. Ognuno ha il suo preparatore e noi un coordinatore. C’è a disposizione un nutrizionista.

La Factor Ostro di Malucelli…
La Factor Ostro di Malucelli…
Come mai la scelta di prendere un diesse fresco di gruppo?

Ho scelto Manuele, che di vento in carriera ne ha mangiato tanto, cosa che insegna molto. Lui vede delle cose dal basso, con umiltà. Parliamo la stessa lingua. C’è un problema? Lo comprendiamo, lo affrontiamo, lo risolviamo. E’ come se avessimo confezionato un vestito su misura a questo team. Posto l’atleta al centro, cerchiamo di tirare fuori al massimo le sue qualità e gli costruiamo attorno un calendario idoneo. Il livello di comunicazione, per forza di cose, è molto stretto e funzionale. 

Chiaro…

Abbiamo tre europei, un australiano e una grossa parte di giapponesi, i quali sono educatissimi. Loro si sono messi subito a disposizione. E nel farlo sono cresciuti. Certo, per arrivare a tutto questo c’è un bel lavoro dietro!

Tra l’altro la tua finestra lavorativa con il Giappone è molto breve per via del fuso orario…

Alle 6 del mattino sono già in pista, mentre a Tokyo sono le 13. Ma per i vari feedback e relative organizzazioni riusciamo ad essere efficienti. La rete di comunicazione, come dicevo, è breve e non c’è dispersione di informazioni.

Importante l’apporto dei corridori giapponesi, che sono cresciuti molto
Importante l’apporto dei corridori giapponesi, che sono cresciuti molto
Alberto, hai parlato di calendari, come fate a tesserli? Voi team continental siete legati agli inviti e spesso questi arrivano all’ultimo. E di conseguenza come fanno i ragazzi a prepararsi?

Vero e infatti bisogna partire prestissimo. Noi non abbiamo diritti di partecipazione, quindi se voglio che la JCL Ukyo vada alla Coppi e Bartali mi devo muovere molto, molto prima e ovviamente aspettare le decisioni delle WorldTour, poi delle professional… So come funziona, magari ti rispondono a gennaio. Per 27 anni sono stato in top team. Va un po’ meglio con le gare in Asia.

Anche perché ormai con Terenggannu siete dei team importanti… A proposito di 27 anni in grandi team: ti manca l’ammiraglia?

No, ma vado quando posso a vedere le corse dal vivo. Il ciclismo è e resta anche una passione. Ci andavo sin da piccolo. Ma si è presentata questa opportunità di fare il team manager, c’è un bel progetto e l’ho colto al volo. E poi dopo tanto tempo era giusto cambiare. E’ giusto che ci sia un cambio generazionale e che ora in ammiraglia ci sia Boaro.

La domanda più importante Alberto: c’è l’idea di diventare una professional?

Abbiamo l’obiettivo, l’esperienza e le persone per fare una professional. Tuttavia io non ho mai fatto proclami neanche quando dirigevo Sagan e Nibali figuriamoci adesso. Questa cosa riguarda più il Ceo del team, Ukyo Katayama. Lui ha detto che in pochi anni vorrebbe essere al via del Tour. Io gli ho spiegato che è un percorso lungo e difficile e che in tanti hanno fallito. Penso, per esempio alla Uno-X, quanto ci ha messo per arrivare al Tour? Diciamo che c’è un ragionamento in essere per fare la professional nel 2026 e da lì lavorare per andare ad un grande Giro. Ma bisogna presentarsi bene, sotto ogni punto di vista per avere appeal. Servono buoni rapporti con le grandi organizzazioni, vedi Rcs e Aso: loro guardano molto a questi aspetti.

La potenza di Malucelli che con le sue volate ha portato 10 vittorie al team
La potenza di Malucelli che con le sue volate ha portato 10 vittorie al team
Certo, una buona immagine oggi è fondamentale…

Poi è chiaro, e lo ripeto, alla base servono i corridori e un buon budget. Già da professional cambia tutto: servono più medici, più atleti, più personale, più mezzi. Vediamo se Ukyo riuscirà a reperire sponsor importanti. Io mi devo occupare del funzionamento della squadra.

Il prossimo anno che JCL Ukyo vedremo?

Per prima cosa una JCL Ukyo senza Malucelli, Carboni e Pesenti: loro ci lasciano, tra chi ha avuto offerte importanti e chi si sta muovendo per altre vie. Da una parte il loro addio mi dispiace, dall’altra mi rende contento perché significa che abbiamo fatto le scelte giuste nel prenderli. Pertanto senza di loro dovrò ridiscutere la parte italiana del team. E non è facile rimpiazzare atleti così. Ripartiremo da ragazzi giovani, ragazzi che ad intuizione abbiano determinati margini di crescita.

Il Langkawi si chiude con un sontuoso Malucelli

06.10.2024
5 min
Salva

BINTULU (Malesia) – Tappa e maglia, non quella verde di leader della generale, ma quella arancione della classifica a punti. A distanza di 24 ore sullo stesso arrivo Matteo Malucelli mette a segno il tris al Tour de Langkawi. Decima vittoria in stagione. Un urlo di gioia e la festa può iniziare.

La corsa malese si conclude con la vittoria finale di Max Poole, della Dsm-Firmenich, e con il secondo posto di Thomas Pesenti, compagno di Malucelli alla JLC Ukyo. Per la squadra giapponese una corsa da incorniciare.

Il gruppo ha di nuovo pedalato in luoghi fantastici
Il gruppo ha di nuovo pedalato in luoghi fantastici

Quella corona da 54

Ma torniamo alla volata. Malucelli stavolta ribalta le carte. E nonostante il vento contrario, anticipa. S’infila nel treno della Tudor Pro Cycling e ai 200 metri secchi scatta quel mezzo secondo prima dell’olandese De Kleijn. Un mezzo secondo che sarà decisivo.

«Da lì ce la siamo giocata fino alla fine. Metro per metro. Vediamo i dati – mentre tocca il computerino andando verso il podio – una punta di oltre 1.400 watt e 12” a 1.210 watt. Dopo otto tappe non è male».

Forse il merito è stato anche della corona da 54 denti. Già la volta scorsa vi avevamo raccontato che Tudor e Astana avevano tirato fuori i 56, mentre Malucelli no. In questo caso, l’ingegner Malucelli aveva fatto bene i suoi conti.

«Guardate che qui inizia ad esserci stanchezza e quei rapporti poi li devi girare. In più bisogna valutare la corsa. Qui si fanno volate a 71-72 all’ora e a questa velocità, almeno per me, il 54 è ottimo. Ho girato ad altissime frequenze il 54×1… non è mica un rapportino. Dai 74 all’ora invece serve il 56».

Per carità non eravamo né al Giro d’Italia, né al Tour, ma tre vittorie sono sempre tre vittorie e per di più in una corsa 2.Pro, appena sotto al WorldTour. C’erano alcuni velocisti di rango a partire da De Kleijn e Syritsa. Queste imprese non possono passare inosservate anche altrove: dieci vittorie in stagione, solo Jonathan Milan ne ha ottenute di più: undici.

«Le sue sono vittorie più importanti – ammette Malucelli – però come si dice: uno vale uno. E le mie sono volate». E le volate vanno vinte.

Manuele Boaro, diesse della JCL Ukyo, oggi aveva un assistente di rango in ammiraglia: Giovanni Carboni
Manuele Boaro, diesse della JCL Ukyo, oggi aveva un assistente di rango in ammiraglia: Giovanni Carboni

L’urlo di Matteo

Già ieri, dopo la sentita vittoria nella ricorrenza della morte della mamma, Malucelli aveva gridato la rabbia di non essere in un team più grande. Del fatto che De Kleijn al suo fianco guadagnasse oltre dieci volte di più. E oggi ancora tra rabbia, orgoglio e scherzo ha ripetuto: «Se non firmo un contratto entro stasera sego la bici!».

Al tempo stesso però Malucelli è orgoglioso del suo team. Da fuori sembrano molti uniti. Dopo l’arrivo si sono attesi, cercati, abbracciati. Anche Giovanni Carboni, ritiratosi in seguito ad una caduta, è rimasto in Malesia e oggi che stava meglio è salito in ammiraglia con il direttore sportivo Boaro. 

Questa mattina Malucelli e Carboni dicevano come fosse importante aver già vinto. Della tranquillità che ne deriva. «Si corre più leggeri e quando è così non è detto che arrivino altre vittorie», avevano recitato in coro.

Malucelli indossa la maglia di leader della classifica a punti. L’ha tolta proprio a De Kleijn (alle sue spalle)
Malucelli indossa la maglia di leader della classifica a punti. L’ha tolta proprio a De Kleijn (alle sue spalle)

Malucelli e il futuro

Matteo Malucelli è del 1993, va per i 32 anni. Non è vecchio, ma neanche più un ragazzino. In carriera ha avuto la sua bella dose di opportunità e sfortune. Androni, Caja Rural, poi il passaggio doloroso alla Gazprom che chiuse. Da lì il bailamme tra squadre più piccole. «Anche se – ci aveva detto Matteo – il team Ukyo è molto ben organizzato. Anche dal punto di vista dei materiali, una delle tre cose che contano nel ciclismo moderno assieme al buon preparatore al nutrizionista».

La professionalità di Malucelli è nota in gruppo. In bici adotta un approccio da ingegnere qual è. E così anche nella vita: fa il saldo tra i giorni fuori casa, i sacrifici che richiede il ciclismo, l’esposizione al rischio stando tante ore in bici, le vittorie e i guadagni. 

«No, non ho ancora un contratto per il prossimo anno con una squadra professional o WorldTour – ha detto Malucelli – spero di trovarlo altrimenti potrei anche andare a lavorare. Sono un ingegnere e non ho problemi a trovare un impiego». 

La classifica finale: 1° Max Poole, 2° Thomas Pesenti a 13″, 3° Unai Iribar a 20″
La classifica finale: 1° Max Poole, 2° Thomas Pesenti a 13″, 3° Unai Iribar a 20″

Futuro da apripista?

«Mi sento pronto a fare il leader, ma sarei disposto anche a fare l’ultimo uomo. Primo perché con il passare degli anni si perde lo spunto, e poi perché da solo mi so muovere. Guardate anche oggi come è andata. Negli ultimi chilometri ero da solo. Ai meno 3 sono riuscito a prendere la ruota di De Kleijn e non l’ho più mollata. So valutare vento, posizioni, tempi. Oggi i Tudor sono stati perfetti. Sono io che li ho anticipati. Credo, che sarei un buon apripista».

E qui iniziano le considerazioni su chi potrebbe scortare Malucelli. Nomi e profili…

«Sarebbe bello aiutare un giovane». Noi gli suggeriamo proprio Milan. «No – replica lui – Jonathan è troppo alto per me. Credo che per lui anche Consonni sia piccolino. Sapete di chi sarei l’apripista perfetto? Di De Kleijn. E non scherzo. O comunque di un velocista alto al massimo un metro e ottanta. Un Viviani per dire».

Dai rulli di notte alla gioia malese. Colpaccio Malucelli

30.09.2024
6 min
Salva

BUTTERWORTH (Malesia) – Manuel Penalver alza le mani. Matteo Malucelli gli arriva appaiato. Alla fine nessuno dei due sprinter è certo della vittoria. Poco dopo, un giudice si avvicina allo spagnolo e gli dice: “You first”. Sei il primo. Penarvel scoppia di gioia e con lui i suoi compagni.

Nella zona d’arrivo le cose sembrano andare diversamente però. I trasponder continuano a dare Malucelli, Penarvel, De Klein. E anche il diesse della Corratec, Francesco Frassi, ce lo conferma: «Alla radio hanno dato subito quest’ordine». E così è. Per il corridore della JCL Team UKYO è l’ottava vittoria stagionale.

Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni
Sprint tutto a sinistra: Penarvel esulta, Malucelli lo infila al colpo di reni

Caldo equatoriale

L’umidità che c’è all’equatore è qualcosa d’incredibile. Ci sono 28 gradi ma sembrano 45. Tutti i corridori dopo l’arrivo cercano acqua con cui bagnarsi. A parte Syritsa, vincitore ieri, che invece mangia un coscio di pollo mentre si dirige verso il podio! Sul caldo i corridori hanno scherzato anche in conferenza stampa. E quando Jeff Quenet, responsabile stampa della corsa, ha chiesto a Malucelli se gli piacesse il caldo proprio Syritsa, seduto al suo fianco in quanto leader della corsa, è sbottato in una risata. Come a dire: «Pure il caldo ti va bene!».

Stamattina era emersa subito la proverbiale meticolosità di Malucelli. Dopo aver firmato era tornato ai box per rivedere la ruota posteriore. Qualcosa non gli tornava e alla fine aveva deciso di farsela cambiare.

Boaro gongola

Tappa piattissima e tranquilla tutto sommato. «Ho detto ai miei ragazzi – spiega il diesse della JCL Ukyo, Manuele Boaro – di stare vicini a Malucelli, di portarlo avanti nel finale e lo hanno fatto bene. Non avremo il treno di altre squadre, ma abbiamo un gruppo unito e che crede molto in lui».

E quest’ultima frase detta proprio da Boaro che ha lavorato per grandi capitani conta molto. Un leader che funziona, dà voglia e gambe anche ai suoi compagni.

«Io sono contento per i ragazzi. Si stanno impegnando tutti al massimo e si meritano questi risultati. Sono tutti molto professionali, in particolare Malucelli. Lui davvero è esemplare. E’ un professionista a 360°. Spesso in riunione interviene con spunti interessanti e a me piace anche ascoltare i ragazzi.

«Matteo sta molto bene ed è anche tanto, tanto motivato. Questa è la sua ultima gara della stagione, tra l’altro una delle gare più importanti per noi, pertanto ci teneva molto a fare bene. Correremo anche in Giappone, ma Matteo non ci sarà. Quindi voleva chiudere alla grande».

Boaro è stato in gruppo fino all’altro giorno. Neanche 12 mesi fa era in corsa alla Veneto Classic, per dire quanto sia “fresco di ammiraglia”. E in questo ciclismo che corre veloce un tecnico giovane, che sta sul pezzo, può fare la differenza. Anche solo per il linguaggio adottato.

«Spero che questo aiuti – dice il veneto – io cerco di scherzare molto con loro, visto che sono parecchio sotto pressione. Da parte mia posso dire che i ragazzi mi ascoltano. Seguono ciò che dico, anche se da tecnico ho ancora molto da imparare. Posso solo sperare che una piccola parte di questi successi sia anche mia.

«Stiamo crescendo? Tutti ci impegniamo al massimo. Ma con un general manager come Alberto Volpi, che ha sempre calcato scenari importanti, è normale che sia così e che si voglia sempre migliorare».

I rulli di notte

In effetti davvero Malucelli era, ed è, motivato. Il Langkawi propone tante opportunità per i velocisti e con tre squadre WorldTour al via è una bella vetrina.

Sentite qua cosa ha fatto Matteo prima di venire in Malesia.

«In questo ciclismo nulla va lasciato al caso – ha detto Malucelli – ho curato ogni aspetto, tra cui quello dell’adattamento al fuso orario. Quando veniamo in Asia a correre cominciamo 5-6 giorni prima a sintonizzarci sull’orario che troveremo (qui siamo sei ore avanti rispetto all’Italia, ndr). Quindi tutte le mattine ci svegliamo un’ora prima. Il giorno della nostra partenza, mercoledì, mi sono svegliato alle 3 di notte. Mi svegliavo e facevo i rulli. In questo modo il mio corpo prendeva i ritmi malesi e aveva già iniziato un adattamento. E’ stato un sacrificio… ma ne è valsa la pena. 

«Speravo che questo aspetto potesse fare la differenza, specie nelle prime tappe, quando magari non tutti sono ancora perfettamente in linea con il fuso orario».

«Dire che mi aspettassi questa vittoria no – riprende Malucelli – ma sapevo di stare bene e anche il mio preparatore è rimasto colpito dalla mia voglia di correre e di continuare ad allenarmi a questo punto della stagione e per questo Tour de Langkawi. Il finale di stagione stava andando bene e volevo continuare a stare lì davanti».

Urli strozzati 

E davanti ci è stato. Davanti a tutti: solo che per poter esplodere di gioia Matteo ha dovuto attendere un bel po’. 

«Le volate sono così – va avanti il romagnolo – se questo sprint lo rifacciamo dieci volte, vincono dieci corridori diversi. Io oggi ero al posto giusto, nel momento giusto e ho avuto anche la fortuna che Penalver ha alzato le braccia un attimo prima dell’arrivo. Personalmente, dopo l’esperienza di Pescara al Giro d’Abruzzo, ho imparato che si molla solo un metro dopo la linea d’arrivo. Oggi ho dato il colpo di reni ed è arrivata una vittoria. Chiaramente mi sarebbe piaciuto alzare le mani e festeggiare sul traguardo, ma l’importante è che alla fine sia arrivato primo».

Matteo non è stato il solo a strozzare l’urlo di gioia, ma a conti fatti meglio il suo “non urlo” che quello del giovane spagnolo, caduto poi nella comprensibile delusione. Si potrà consolare col fatto che le occasioni per i velocisti al Langkawi non sono finite a Butterworth. Da dopodomani però… domani si sale.

Carboni ci crede, le gambe ci sono: ora serve l’occasione

06.09.2024
6 min
Salva

Il mestiere del corridore non è affatto semplice e rischia di diventarlo ancor meno se le condizioni di lavoro sono quelle di una piccola squadra. Proprio in questi casi, fa capire Giovanni Carboni, è necessario rimboccarsi le maniche più di tanti che, con le spalle coperte da grandi strutture, pensano che basti meno per ottenere risultati. Invece così non è. Forse per questo tanti ragazzini approdati in squadre importanti si perdono dietro sforzi che gli paiono immensi. Non perché lo siano, ma solo perché nel quotidiano magari non lavorano per crescere e sopportarli. Forse dietro i giovani italiani che non escono c’è anche questo.

Carboni di anni ne ha 29 e gli ultimi tre sono stati lo sbando provocato dalla chiusura della Gazprom. Li ha compiuti il 31 agosto dopo essere rientrato dal Tour of Bulgaria (vinto in extremis da Matteo Malucelli) sull’ammiraglia del JCL Team Ukyo in cui corre da questa stagione. Il fuori programma dell’ultima tappa, le premiazioni ritardate e tutto quello che è successo hanno fatto sì che il marchigiano sia dovuto tornare a casa in auto. Una bella distanza di 1.800 chilometri e l’arrivo giusto in tempo per una cena con gli amici più cari. Prima delle corse in Italia che già bussano e poi il Tour de Langkawi (29 settembre-6 ottobre).

Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Che cosa è successo nell’ultima tappa in Bulgaria?

E’ stata anche una questione di fortuna. L’ultima discesa era molto viscida, abbiamo preso un punto particolarmente sporco di gasolio o molto bagnato e siamo caduti senza neanche toccare freni. Era una semicurva, tutt’altro che pericolosa, ma non abbiamo potuto farci nulla. Io per sfortuna ho rotto il cambio e quindi ho detto a Malucelli di andare e prendersi tappa e classifica, grazie all’abbuono. Non ci andava di far vincere il bulgaro che, devo ammetterlo, ha fatto una discesa impressionante.

Correva in casa…

E soprattutto noi non volevamo rischiare, perché comunque era la gara del rientro, eravamo in maglia ed eravamo su in preparazione per le prossime. Quindi avevamo un occhio di riguardo. Lui invece, Stolic il bulgaro, arrivava proprio a casa sua e ha rischiato il tutto per tutto.

Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il cuore italiano vede le corse italiane, la bandiera giapponese della tua squadra guarda a Oriente…

Parlando per me, ho lavorato per le classiche italiane, per il Malesia e poi per la Japan Cup. Sono questi gli obiettivi veri del finale di stagione. La squadra, i nostri sponsor si sono affacciati quest’anno nel panorama europeo per allargare un po’ gli orizzonti. Però, facendo parte del Continente Asiatico, per loro vincere in Asia ed essere tra le prime squadre è motivo di orgoglio.

Com’è invece l’accoglienza in Europa per una continental giapponese?

C’è da sgomitare più del solito. E’ più difficile riuscire a guadagnarsi il posto in gruppo, anche perché il livello della squadra non è al livello delle professional e non parliamo delle WorldTour. Pertanto i risultati che ottieni hanno dietro un lottare superiore.

Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
E’ davvero così?

Avendo corso in squadre professional, sia Malucelli sia io abbiamo visto che in determinate gare italiane era più semplice riuscire a prendere una salita davanti o per lui affrontare una volata. Nell’ultima gara fatta in Italia, al Giro di Romagna, ci siamo guadagnati il nostro spazio. La squadra ha lavorato e tirato ed è venuto un bel risultato (Carboni è arrivato quarto, ndr).

Quale può essere per te un obiettivo concreto in questa seconda parte di stagione?

Voglio continuare a dimostrare quello che ho fatto nella prima parte. Ho avuto grande continuità. Sono partito dall’AlUla Tour, dove ho avuto i primi contatti con la nuova squadra. Poi nelle gare in Italia ho sempre ottenuto qualcosa in più, in termini di risultati. Nella prima parte di stagione su 30-32 gare che ho fatto, ho ottenuto 16 top 10 e non è poco, visti i motivi che ci siamo detti prima.

Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Non è un trend da poco…

Vorrei continuare su questo livello. Dimostrare che nonostante abbiamo avuto i tre mesi di stop in cui la squadra ha gestito il fattore del visto per gli atleti giapponesi, che devono farlo di tre mesi in tre mesi, non sono stato sotto l’ombrellone col cellulare o a guardare le ragazze in spiaggia. Mi sono allenato e ho fatto la vita del corridore professionista a tutti gli effetti.

Quindi qualsiasi cosa dovesse venire fuori sarebbe la conseguenza di tutto questo?

Sarei contento, guardando a me stesso, di ripetermi e migliorarmi. E il resto sarà eventualmente una conseguenza, esatto.

Nel frattempo, a maggio, hai vinto il Giro del Giappone. Che cosa ha significato?

Ho trovato molto calore dalla gente del posto e sono rimasto molto contento anche per come ha lavorato la squadra per arrivare a quell’obiettivo. Non è semplice per un corridore giapponese tirare e mettersi completamente a disposizione di uno straniero nella corsa di casa. E secondo me non è semplice neanche per un direttore sportivo o per un team manager giapponese dire ai propri corridori di lavorare per far vincere la corsa a uno straniero. Sono rimasto molto contento di questa cosa, dal punto di vista umano c’è stato un rispetto enorme da parte dei corridori e dello staff giapponese.

Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Quindi la prossima fermata sarà Larciano?

Esatto. Ho fatto il ritiro in altura ad agosto, perché so che è fondamentale e non posso pretendere che sia la squadra a pagarlo per me, visto il budget che abbiamo. Ho curato l’alimentazione, non come alcuni con cui mi alleno che escono con le barrette del supermercato. Questo è un lavoro, anche se mi guardo intorno qui a San Marino e penso che si stia perdendo il senso di cosa significhi fare sacrifici. Ho avuto i miei controlli, perché abbiamo continuato a fare l’Adams. Ho 29 anni, non sono vecchio, ma ho esperienza per ispirare corridori più giovani. Mi piacerebbe capissero che lo fanno per lavoro, invece li vedo sbagliare come facevo io alla loro età. Perciò tengo i piedi per terra e vado avanti. E come ci siamo già detti, vediamo che cosa ne verrà fuori.

Il Bulgaria di Malucelli, arrivato un po’ per caso

05.09.2024
5 min
Salva

Chi avrebbe mai pensato a Matteo Malucelli vincitore di una corsa a tappe? Il ciclismo sa sempre regalare sorprese, ma certamente domenica l’ultima cosa che il forlivese si aspettava, partendo per l’ultima tappa del Giro di Bulgaria era di conquistare la vetta, festeggiando così nel migliore dei modi il ritorno alle gare dopo una sosta di ben 3 mesi.

Il racconto di come sia arrivato questo traguardo ha un “prologo”: «Alla vigilia dell’ultima tappa al comando c’era Carboni con 38” su di me e 1’03” sul locale Papanov. Io avevo vinto due tappe, ero contento così, ma alla partenza sapendo che avevamo un vantaggio buono ma non di piena garanzia, avevamo pensato di tenere la corsa chiusa per poi giocarci la volata. Io anche vincendo non avrei superato Giovanni, così saremmo stati tutti contenti.

Papanov imprendibile? C’è un perché…

«In corsa però Papanov ha attaccato al culmine della salita. Ci siamo messi in caccia, ma la strada era bagnata e in una curva Carboni è caduto, io gli sono andato dietro. Mi sono rimesso subito in bici, avevo il cambio bloccato sul 14, ma sono comunque riuscito a rimettermi in sella. Giovanni invece aveva rotto il cambio e ha dovuto aspettare la sostituzione della bici, a quel punto non poteva più rientrare. Rischiavamo di perdere la corsa. Dovevamo riprenderlo. Eravamo in una quindicina dietro ma per quanto ci dessimo regolari cambi, non guadagnavamo, il che ci sembrava strano. Dopo l’arrivo vittorioso di Papanov, visionando le riprese era evidente che aveva sfruttato la scia delle auto. Abbiamo fatto reclamo ed è stato accolto, lui è stato posto al 15° posto della tappa e penalizzato di 20”, così io ho vinto il Giro davanti a Carboni e Pesenti, abbiamo fatto il pieno».

Una vittoria che, per come è arrivata, non poteva non avere un fondo di amaro: «Dispiace sempre quando arriva una caduta. Giovanni, più che per la corsa perduta, era abbattuto per la botta subita, quando cadi è sempre brutto anche perché l’urto non è stato di poco conto. Poi dispiace anche che la corsa venga decisa a tavolino, avremmo sicuramente preferito che le cose fossero andate come avevamo stabilito alla vigilia».

Il team giapponese in Bulgaria, con Carboni e Pesenti anche loro sul podio
Il team giapponese in Bulgaria, con Carboni e Pesenti anche loro sul podio

Una sosta di ben 3 mesi

Malucelli, come anche gli altri compagni di squadra italiani è tornato alle gare dopo 3 mesi, dopo aver staccato la spina al termine della corsa più sentita da parte del suo team JCL Ukyo. Una scelta che era stata già stabilita a inizio stagione: «Non avevamo impegni dopo la parte riservata al calendario asiatico, quindi per due settimane non ho neanche voluto vedere la bici. Poi ho ripreso piano, ho fatto un primo periodo in altura ma molto blando, non mi sono negato neanche qualche cena fuori… Da luglio ho ricominciato a lavorare sul serio ma senza fretta, per raggiungere la condizione piano piano, rimettendomi in riga anche con l’alimentazione e il resto, ad agosto ero fresco fisicamente e mentalmente per ritrovare lo smalto giusto. Com’è avvenuto».

Questo sistema è positivo? «Per certi versi. Sicuramente sono arrivato in Bulgaria che avevo una gran voglia di correre, di fare fatica e quando questo si confronta con gente che invece è sulla corda da mesi, è stanca fisicamente e mentalmente la differenza si vede. Noi siamo sicuramente più freschi per il finale di stagione. Dall’altra parte però non è facile convivere con lo stare fermo mentre vedi che tutti gli altri corrono, gareggiano. D’inverno almeno non gareggia quasi nessuno, è diverso. Diciamo che un paio di mesi sarebbe una sosta più che sufficiente».

Il forlivese era fermo dal Tour of Japan di maggio, dove aveva vinto due tappe
Il forlivese era fermo dal Tour of Japan di maggio, dove aveva vinto due tappe

In Italia per continuare così

Ora però inizia una porzione importante della stagione: «Intanto sono al Friuli e ci arrivo con tanta voglia di fare. Poi continueremo a gareggiare in Italia, con Matteotti e Pantani, non so se le farò entrambe, per poi a fine mese ripartire per l’Asia per affrontare il Tour de Langkawi. A fine anno, ho fatto i calcoli che supererò i 50 giorni di gara, quindi rientro pienamente nella media».

Al di là del rocambolesco successo nella classifica finale, anche in Bulgaria Malucelli ha messo la firma un paio di volte in una stagione finora positiva e ricca di soddisfazioni: «Il bilancio è già col segno più, ma io devo dire di essere sempre stato costante nel mio rendimento, alla Gazprom come alla China Glory, dove ho ottenuto risultati dopo 4 mesi davvero complicati mentalmente. In Belgio ho conquistato 8 Top 10 in gare di alto livello, decisamente superiori a quelle che affrontiamo con la squadra giapponese. Io nel team mi trovo bene, ha una forte componente italiana e i giapponesi sono davvero il massimo in fatto di disponibilità. Non posso però negare che questa dimensione la sento un po’ stretta e me ne accorgo soprattutto quando si sale di categoria e si affrontano le Professional».

Malucelli si sente a suo agio nel team, con una forte componente italiana. Qui con il diesse Boaro
Malucelli si sente a suo agio nel team, con una forte componente italiana. Qui con il diesse Boaro

Per questo già al Friuli Malucelli è arrivato con tanta voglia di fare: «Io mi sento di partire per ogni tappa con un obiettivo solo: vincere. La prima è già andata bene, primeggiando con chiarezza sugli avversari. Ma non voglio fermarmi alla vittoria di San Giorgio di Nogaro, voglio far vedere che sono un corridore che ha ancora molto da dire e da dare anche in un consesso più alto».

Malucelli e Carboni, finalmente in Giappone si alzano le braccia

23.05.2024
5 min
Salva

Prima Malucelli, poi Carboni. E non è finita. Assume i contorni del trionfo la trasferta del JCL Team Ukyo per il Tour of Japan. D’altronde è la gara più sentita dai responsabili del team e i nostri la stanno onorando al meglio. In attesa della sua conclusione prevista per il 26 (e soprattutto della scalata al Monte Fuji, famosa per la gara olimpica di Tokyo 2020, prevista per venerdì) i due ragazzi mettono intanto da parte una vittoria parziale che ha grandi significati per loro, a prescindere da come la corsa si concluderà.

Malucelli ad esempio quell’urlo liberatorio lo attendeva da tanto: «Erano due anni che aspettavo, che ci arrivavo sempre vicino – racconta dalla sua camera d’albergo – a marzo e aprile avevo continuato a collezionare piazzamenti come lo scorso anno, anche in gare importanti come alla Coppi e Bartali o al Giro d’Abruzzo e francamente ero un po’ stufo. Spero che questa vittoria sia di buon auspicio per il futuro, avendo chiuso una parentesi che era diventata troppo lunga».

La volata vincente di Malucelli a Seika, battendo il britannico Walker, un successo atteso 2 anni
La volata vincente di Malucelli a Seika, battendo il britannico Walker, un successo atteso 2 anni

Carboni in maglia di leader

Per Carboni la vittoria ha significato anche la conquista della maglia di leader della classifica: «Non so come finirà, ma un pensierino ce lo faccio, vedremo come andranno le tappe più dure che devono ancora arrivare. Quella vinta è stata una tappa mossa, resa impegnativa dal vento e dai continui scatti che alla lunga rischiavano di logorarci nel controbattere, finché ho preso l’iniziativa con l’ucraino Budyak e un paio di australiani vincendo in volata. Anch’io venivo da buone gare in Italia, una serie di piazzamenti, ma serviva un cambio di passo».

E’ chiaro che parliamo di una gara particolare, il Giro del Giappone è un evento centrale, ma dall’altra parte del mondo: «E’ un ciclismo che non siamo abituati a vedere – spiega Carboni – qui ci sono pochi europei, i giapponesi che corrono in casa (c’è anche la nazionale su pista per preparare i Giochi Olimpici) poi gli australiani che fanno sempre la differenza perché a questa gara puntano forte per la classifica. In gruppo il riferimento sono un po’ loro».

La netta vittoria di Carboni, debellando la resistenza dell’ucraino Budyak
La netta vittoria di Carboni, debellando la resistenza dell’ucraino Budyak

La mancanza di un bar…

«Sono gare particolari – gli fa eco Malucelli – un po’ come quando gareggiamo a Taiwan o in Malesia. Il circuito asiatico è particolare. Tra l’altro le gare si concludono sempre prima di pranzo il che significa svegliarsi sempre alle 6 e partire quando va bene alle 9,30. E’ tutto anticipato, la cena alle 18 e a letto presto, una routine abbastanza scandita. Tra l’altro gli hotel sono posizionati sempre un po’ lontano dai centri abitati così non c’è possibilità neanche di fare due passi per svagare la mente. Non possiamo neanche andarci a prendere un caffè perché i bar non ci sono, hanno solo macchinette automatiche sparse per il territorio…».

Le vittorie ottenute dai due ragazzi non sono casuali, anzi. Malucelli entra nello specifico parlando del suo team, da quest’anno con una forte matrice tricolore: «Il team esiste da una decina d’anni, ma in questi mesi di lavoro in comune, i nostri compagni giapponesi – che, inciso, sono il meglio del ciclismo locale – hanno corso con noi in Italia e iniziano a far proprio il nostro modo di correre. Anzi, lo cominciano ad applicare anche in corse come questa e la differenza si vede».

Affollamento di giornalisti locali intorno a Malucelli. Il suo team è molto seguito in Giappone
Affollamento di giornalisti locali intorno a Malucelli. Il suo team è molto seguito in Giappone

A casa si stacca la spina…

«E’ vero – ribadisce Carboni – normalmente in queste corse giapponesi e più generalmente asiatiche (se non infarcite di continental europee) si corre un po’ senza regole e avendo solo 6 corridori per squadra, si spende tanto se vuoi controllare la corsa. Con i compagni iniziamo ad applicare strategie che alla lunga funzionano, sia come risultati che come gestione stessa delle corse».

Finito il giro giapponese sarà tempo di tornare a casa e staccare per un po’: «Non abbiamo corse in programma per giugno e luglio, quindi conto di staccare anche un paio di settimane – afferma Malucelli – e non è un male considerando che da inizio stagione ho già superato i 30 giorni di gara. Siamo in 11 in squadra, questo comporta che si corre e viaggia quasi sempre. Tuttavia i nostri compagni giapponesi non hanno avuto il visto per l’Europa per questi mesi, torneranno ad agosto e noi in tre non possiamo correre.

Il JCL team Ukyo impiegato nella gara di casa, con 3 giapponesi ed Earle (AUS)
Il JCL team Ukyo impiegato nella gara di casa, con 3 giapponesi ed Earle (AUS)

Poi si tornerà in Asia

«Ci sarebbe il campionato italiano, è vero, ma che possiamo fare contro gente che viene dal Giro o che sta preparando il Tour? Per noi è meglio recuperare perché la seconda parte di stagione sarà lunga e impegnativa, torneremo anche in Asia per le corse in Malesia e sempre in Giappone».

Intanto però c’è da portare a termine il Giro del Giappone, da concludere in bellezza tutta la trasferta che ha regalato al team belle soddisfazioni e Carboni vuole sfruttare il buon momento: «Come detto, in Italia avevo già visto che ero tornato sui miei livelli, ora bisognerà lottare contro gli australiani che sono i più accaniti per la conquista del trofeo finale. La squadra funziona e la gamba è quella giusta. Un po’ mi dispiace al ritorno non avere altre occasioni per sfruttare la condizione, ma quel che dice Matteo è vero e poi di corse adatte ce ne saranno altre anche nei mesi successivi. L’importante sarà farsi trovare pronti».