«Giocando sul limite, nell’esasperazione del rapporto Watt/Kg»

20.11.2021
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«Nella mia carriera di preparatore ho visto il ciclismo cambiare drasticamente. Si va sempre più all’esasperata ricerca del miglior rapporto Watt/Kg, che porta l’atleta ad essere maniacale. Sbagliare quando si è al limite è un attimo»

Abbiamo ascoltato le testimonianze di diversi professionisti e professioniste a proposito dei disturbi del comportamento alimentare e delle difficoltà che hanno dovuto superare al riguardo. Ora, iniziamo a vedere la problematica dal punto di vista della squadra con Paolo Slongo, preparatore di team professionisti, per anni al fianco di Nibali, nonché tecnico della nazionale femminile juniores nei primi anni del 2000 (in apertura Anna Zugno, iridata juniores nel 2002, fotografata ai mondiali di Varese) e attualmente preparatore della Trek-Segafredo

Dopo aver guidato la nazionale delle donne junior, Slongo è approdato al professionismo con la Liquigas
Dopo aver guidato le donne junior, Slongo è approdato al professionismo con la Liquigas

Pressioni crescenti o atleti più deboli?

Abbiamo visto diversi corridori scendere dalla bicicletta, chi per un periodo sabbatico, chi definitivamente, nonostante fossero ancora nel pieno della loro carriera. Considerati gli emergenti problemi con l’alimentazione, abbiamo chiesto a Paolo se trovasse a tutto ciò una possibile spiegazione. 

«Non credo che i corridori siano sottoposti a pressioni maggiori – dice – né ho avuto esperienze dirette con casi così gravi. Ma gli atleti ora raggiungono il top della forma per uno specifico appuntamento, quindi il livello delle gare si è alzato molto. Se un campione è all’80 per cento della condizione ottimale, non riesce più a vincere come 10 anni fa, quindi anche i dettagli fanno la differenza. I ciclisti lo sanno e per questo sono sempre più pignoli sul peso e negli allenamenti». 

L’evoluzione del ciclista

«Una volta si pedalava e si mangiava. Ora per limare ulteriormente peso, gli atleti fanno allenamenti mirati anche al dimagrimento e alla definizione della parte superiore del corpo, e questo influisce così sulla percentuale di grasso totale. Ho visto tante trasformazioni, quella di Wiggins ad esempio, che confermano l’importanza del peso in questo sport. Dal rapporto Watt/Kg non si scappa, la differenza tra i primi tre è spesso di 10 Watt, che in salita si traducono in circa un chilo, ma per la salute dell’atleta, non bisogna oltrepassare il limite».

Bisogna ricordare, tuttavia, che l’estrema ricerca della perfezione e il controllo maniacale del peso sono alcuni dei campanelli d’allarme proprio per i disturbi alimentari, che spesso sono nascosti e negati dagli atleti che ne soffrono. In casa Astana, Paolo ha lavorato con Aru e Brajkovic, che hanno raccontato di avere vissuto con l’ossessione del peso durante la loro carriera.

Janez Brajkovic ha raccontato di aver sofferto di pesanti disturbi alimentari
Janez Brajkovic ha raccontato di aver sofferto di pesanti disturbi alimentari

«Ho sempre collaborato col dottor Magni prima e con varie nutrizioniste successivamente, bilanciando le diete dei corridori a seconda dei periodi e degli obiettivi. Non ho mai percepito particolari disagi da parte dei miei atleti a riguardo. Nessuno esagerava negli allenamenti per compensare, né ha mai detto di subire determinate situazioni a tavola. Ricordo solo che durante un ritiro al Teide avevo mandato una mail al team per segnalare che il peso di Brajkovic era fin troppo basso. Lui è sempre stato un autodidatta, sia per gli allenamenti che per l’alimentazione, ma probabilmente il limite per la sua salute era già stato superato. In lui era scattato qualcosa per cui negava il problema e a quel punto è stato difficile aiutarlo».

Pressioni e commenti 

«Spesso è l’atleta che da solo si pone il problema del peso in modo ossessivo e, per ignoranza o cattiva informazione, gestisce male la sua dieta. Io ho lavorato sempre in equipe col dottore, cercando di analizzare le performance in modo più obiettivo possibile. Puoi dire a un atleta professionista che gli manca un chilo al peso forma con cui l’anno precedente ha vinto, sulla base dei dati reali e senza generare frustrazione. Invece è sbagliato pretendere che un atleta perda peso a prescindere dalle sue caratteristiche fisiche e dall’andamento storico del suo peso». 

Donne e fai da te

Dalla recente esperienza al fianco della Trek al Giro Rosa, Paolo ha notato con piacere che anche i team femminili ora si stanno affidando a figure sempre più professionali e le atlete, come i colleghi maschili, sono molto più attente al peso rispetto ad anni fa.

Soraya Paladin ha raccontato di recente in che modo sia cambiato il suo rapporto con il cibo
Soraya Paladin ha raccontato di recente in che modo sia cambiato il suo rapporto con il cibo

«Anche le donne sono più magre rispetto a una volta. Il problema credo esista, anche se non ho mai avuto esperienze dirette. Le donne sono più sensibili e psicologicamente subiscono di più questo esasperato controllo del peso. Inoltre c’è quella deformazione culturale per cui la donna deve essere per forza magra e longilinea. D’altra parte per essere competitiva devi adeguarti a come fanno le avversarie, ma restando alla soglia tra la salute e l’ottimizzazione della performance. Non si può sbagliare né essere approssimativi con il fai da te».

La soluzione

Infine la domanda d’obbligo, perché se c’è un problema bisogna cercare di risolverlo e non nasconderlo. Paolo ci ha offerto un punto di vista differente, forse meno focalizzato sull’oramai esasperato ciclismo giovanile, ma ugualmente valido e che dovrebbe far riflettere soprattutto i genitori.

«Sono realista – dice – e non si può chiedere ai team giovanili di impegnarsi ulteriormente fornendo anche la figura del nutrizionista. Per evitare la mala informazione, in particolare dal web, si dovrebbe agire a livello scolastico, perché l’educazione alimentare non serve solo agli atleti. Con la dieta si prevengono tante malattie, le cui cure impattano molto sulle tasche dello Stato. Iniziare da juniores con il nutrizionista ed il preparatore è ancor più esasperante. Bisogna ritornare a far divertire i ragazzi in bici e trattarli come professionisti solo quando lo diventano effettivamente».

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Disordini alimentari: «Aprite quelle porte»

19.02.2021
4 min
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L’intervista di ieri a Brajkovic non poteva cadere nel silenzio, soprattutto perché alcuni passaggi del discorso sui suoi disordini alimentari facevano pensare a una elaborazione passata attraverso vari stadi, con il ciclismo come sfondo. Impossibile andare forte a quel modo, senza un briciolo di serenità e senza cibo in corpo. Forse il caso dello sloveno è un estremo, ma se davvero il problema dei disordini alimentari è così diffuso soprattutto fra i giovani, quanti buttano via una promettente carriera, distratti da simili pensieri?

Per questo e per dare un seguito alle parole di Laura Martinelli, ci siamo rivolti a Manuella Crini, psicologa piemontese non nuova al ciclismo, e le abbiamo chiesto di rileggere per noi le parole di Brajkovic.

Che cosa ha pensato leggendo quelle parole?

E’ una bella confessione, ha tirato fuori un mondo sommerso. Si vede anche la mancanza di fiducia nel mondo del ciclismo in cui ha vissuto. Soprattutto il passaggio del medico e del direttore sportivo. Io ti porto un problema, oppure sei tu a scoprirlo e lo fai diventare di pubblico dominio? E’ sbagliato. E’ giusto che il problema coinvolga il team, ma con altri modi.

Wiggins rifiutò di correre altri Tour dopo il 2012 per non dover sottostare agli stessi sacrifici
Basta Tour per Wiggins dopo il 2012, basta con quei sacrifici
Che cosa vuole dire nel passaggio sul fare uscire quanta più energia da sé, per rendere controllabili le emozioni?

E’ uno scenario che dice tantissimo. La necessità di non far vedere le emozioni. A se stesso soprattutto. Tante volte viene confusa l’emozione con il suo correlato fisiologico e le si attribuisce un senso diverso, come la fame. Quando c’è un vuoto emotivo molto grande. Penso abbia lavorato molto per arrivare a capire queste cose di se stesso. Ma è proprio così, il cibo, il peso… sono secondari. Sono un aspetto collaterale. E’ preponderante la gestione della parte pulsionale ed emotiva.

E’ un argomento spinoso…

Spinoso e delicato e per fortuna non ci cadono tutti. La bulimia è un mondo a sé. L’anoressico vive di restrizioni, il bulimico ha momenti in cui perde davvero il controllo. Ovviamente nello sport non hai il caso del bulimico obeso, ma ad esempio li vedi chiedere ogni giorno il massimo a se stessi, in bici come in palestra. Il meccanismo di fondo è sempre lo stesso: la necessità di controllare qualcosa nella tua vita. E lo sport di sicuro accentua una predisposizione.

Brajkovic dice che in realtà che lo sport non è mai stato un problema.

Lo sport è il modo di aggirare il problema. Sai che brucerai tante calorie e di fatto andare in bici è come vomitare, quindi non mi sentirei di dire che lo sport non è mai stato un problema. Lo sport, per le sostanze che va a produrre nel nostro organismo è come una droga. Può attivare i meccanismi che danno al soggetto con questo tipo di problemi, un senso di benessere fisico e psicologico.

Che cosa significa che lo sport accentua una predisposizione?

E’ come mettere un soggetto con problemi di alcolismo in un bar. Diventare professionista comporta sicuramente delle pressioni e la pressione quando è troppa, da qualche parte la devi sfogare.

Prima ha parlato anche di anoressia.

Su cui però farei chiarezza. Non basta un periodo breve di restrizione alimentare per provocarla, ma certo nello sport è un rischio molto presente. Anche questo è un fatto di controllo, il riuscire a perdere peso. Per l’anoressico non esiste il ragionamento “mi danneggio non mangiando”. Per questo è bello l’invito di Brajkovic: mangiate per andare forte, non per perdere peso. Se ci cadi, finisci in ospedale. Il team non basta. Soprattutto se nel team sei portato a mentire perché non ti senti accolto. Ha detto cose molto profonde, che potrebbero aprire la porta ad altre interviste di questo tipo. Mi fa pensare alla depressione post partum…

Brajkovic ha corso alla United Healthcare nel 2015
Brajkovic ha corso alla United Healthcare nel 2015
Prego?

Stai facendo il tuo sport, la cosa più bella, come avere un bambino per la donna. Dovresti essere felice, invece hai un problema e non puoi parlarne perché vieni stigmatizzato. Bisogna lavorare sulla persona per aprire le porte che normalmente si tengono chiuse.

Alcuni corridori ci hanno detto che per fronteggiare certi problemi si ricorre a sostanze o all’alcol. Le risulta?

L’anoressico comunque ricorre ad attivatori ed eccitanti, la cocaina ad esempio facilita la perdita di peso. Poi ci sono le droghe che stimolano la fame chimica. E gli alcolici a basso contenuto calorico. La Tennents è la birra di chi ha questi problemi. Ha poche calorie e comunque 9 gradi, senza essere un superalcolico. E a margine di tutto, non dimentichiamo che a livello sociale, lo sport maschera. Il muscolo nasconde l’anoressia. Da qualche parte nei giorni scorsi avete scritto, gambe da superman e braccia come grissini…

Che cosa voleva dire prima con aprire le porte che normalmente si tengono chiuse?

Se altri atleti decidessero di fare coming out su questo aspetto, le squadre farebbero più fatica a puntare il dito. Dovrebbero puntarne troppi. E se si è riusciti a regolamentare il mondo delle modelle, magari si riesce anche a venirne a capo nello sport. Complicato però il ciclismo…

Una presa di coscienza a livello generale sarebbe davvero auspicabile, perché il dito non venga puntato soltanto sugli atleti. Insomma, il viaggio deve continuare e anche il riferimento alla cocaina ha riacceso ricordi e innescato riflessioni. In fondo, tirando tutti nella stessa direzione, si potrebbe lavorare per fare del ciclismo un ambiente più sano.

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Disordini alimentari: intervista a Brajkovic

Disordini alimentari: intervista a Brajkovic

18.02.2021
6 min
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Janez Brajkovic arrivò nel ciclismo con le stimmate del campione. Iridato della crono U23 nel 2004 a Bardolino, lo sloveno si lasciò dietro Dekker e Nibali. Scalatore fortissimo, le statistiche lo davano alto 1,77 per 60 chili. Di lui si accorse Bruyneel che lo portò con sé alla Discovery Channel poi all’Astana e da lì alla Radio Shack. Quando il gruppo americano si sciolse, Jani tornò all’Astana, alla United Healthcare, al Team Bahrain e poi alla Adria Mobil.

Il 6 agosto del 2019, da poco rientrato da una squalifica per doping, pubblicò un post nel suo sito dal titolo “Scheletri nell’armadio”. Un testo durissimo, sui suoi difficili problemi con il cibo. Ma oltre alla sua fragilità, quel testo esprime l’amara consapevolezza (da parte sua) che il mondo del professionismo sia affetto da gravi disordini alimentari. Anche fra coloro che conquistano i podi dei grandi Giri.

Fino al 2020 Brajkovic è stato tesserato con la continental Adria Mobil. La sua ultima corsa è stata il Giro del Friuli, chiuso all’ottavo posto in classifica generale. Noi di bici.PRO siamo voluti andare oltre quel testo e a Brajkovic ci siamo rivolti, in questo viaggio nei disordini alimentari del gruppo iniziato da un’intervista a Laura Martinelli. Un percorso costruttivo che coinvolge tutti, ma soprattutto dovrebbe portare una diversa consapevolezza negli atleti e in chi li… maneggia con troppa disinvoltura.

Nel 2007, Brajkovic vince il Tour of Georgia
Nel 2007, Brajkovic vince il Tour of Georgia
Perché a un certo punto hai sentito il bisogno di parlare della tua situazione?

Mi sono accorto che qualcosa non andava nella mia testa quando ho fallito ai campionati nazionali nel 2019. Una settimana prima ero capace di fare 6,2 watt/kg per 35 minuti dopo 4 ore di bici e 2.500 m di dislivello, mentre il giorno della gara non ero riuscito a mantenere 5,5 watt/kg per 20 minuti. Dovevo sistemare questa cosa, dovevo dire la verità, tutta la verità.

Quando ti hanno detto per la prima volta che per andare più veloce dovevi essere magro?

Non ho mai avuto problemi di peso, la bulimia per me non era perdere peso. Si trattava di far uscire abbastanza energia da me, in modo che le mie emozioni fossero sempre più piccole… Così piccole da poterle trattenere dentro di me, senza esprimerle.

Allora perché pensi che i tuoi insuccessi siano stati in qualche modo legati all’alimentazione?

Ho sempre pensato che la bulimia stesse rovinando la mia carriera, perché comunque ho studiato e sapevo cosa significasse. Sapevo cosa provoca nel corpo, in che modo influisce sulle prestazioni e quale sarebbe stato lo scenario peggiore… Scenario che in alcuni momenti della mia vita ho davvero creduto mi avrebbe portato alla morte

Nel 2008 arriva 2° al Lombardia, ma non sa che davanti Cunego ha già vinto
Nel 2008 arriva 2° al Lombardia, davanti Cunego ha già vinto
Credi che l’ambiente delle squadre, le battute e le pressioni dei manager ti abbiano spinto verso questo problema?

Nel mio caso no, ma per alcuni corridori ne ho la certezza.

Alcuni corridori hanno detto di parlare spesso di questi argomenti, ma di non avere il coraggio di affrontarli con i capi dei team: cosa ne pensi?

Ne parlano fino a un certo punto. Non parlerebbero quasi mai di bulimia o anoressia. In quelle condizioni, una persona prova così tanta vergogna, che fa di tutto per nasconderlo.

E’ possibile che nelle squadre in cui hai corso nessuno abbia notato nulla?

Certo che l’hanno capito. E una volta che te ne rendi conto, non puoi più essere onesto. Smetti di parlare con loro in modo rilassato. Alla fine, sapevo che stavo mentendo. All’Astana, un medico si avvicinò e cercò di parlare della mia bulimia. Ovviamente dissi che stavo bene e non c’era niente che non andasse. Non ero pronto per affrontarlo. Perché? Perché sapevo che se avessi detto di avere un problema, un minuto dopo l’intera squadra avrebbe saputo cosa stava succedendo… e non potevo gestirlo. Ma è successo comunque, il dottore lo disse a tutti.

Come fai a saperlo?

Alla fine della stagione firmai con il team United Healthcare. Al primo ritiro, un tecnico italiano mi chiese se avessi la bulimia, come gli aveva detto quel medico dell’Astana. Non c’è fiducia o riservatezza nel ciclismo. Finché questo andrà avanti, i disturbi alimentari e i problemi di salute mentale rimarranno argomenti tabù

Perché c’è vergogna nel parlarne?

Perché sai che stai facendo qualcosa di brutto, qualcosa di innaturale, in un certo senso stai barando… Pensi di avere il controllo, ma in effetti è il cibo che controlla te. La soluzione è molto semplice: semplicemente non mangiare, ma non puoi fermarti. E in questo modo continui a tradire te stesso ogni giorno, più volte al giorno…

Nel 2017 corre con il Team Bahrain, qui ad Abu Dhabi
Nel 2017 corre con il Team Bahrain
Ti sei mai sentito debole in corsa per questo problema? Pensi che i tuoi risultati ne siano stati condizionati?

Sì, in ogni corsa che abbia fatto dal 2005 al 2020, con l’eccezione del Castilla Leon 2006, del Tour de France 2012 e il Delfinato del 2010 (ad eccezione del prologo).

Hai mai pensato che la sola soluzione per uscirne fosse smettere di correre?

Mai, correre e andare in bici non erano un problema. Il problema era molto più profondo… il mio passato, la mia infanzia.

Hai scritto di molti corridori con lo stesso problema: hai parlato con loro oppure li riconosci dai comportamenti?

Molti, uomini e donne. Corridori che non avevo incontrato mai prima. Per loro è un sollievo incredibile poter parlare con qualcuno che capisce, non giudica, si limita ad ascoltare. Questo è il motivo per cui non mi fermo, ne parlerò finché non diventerà accettabile, finché se ne potrà discutere. Finché le cose non saranno fatte bene e i corridori saranno in grado di ottenere aiuto all’interno delle squadre

Credi che il tuo carattere e i tuoi comportamenti siano stati condizionati?

La bulimia era solo un sintomo, non il problema principale. Ma sì, il mio comportamento era molto diverso da quello che è adesso.

Pensi che la tua carriera ne sia stata condizionata?

Sì.

Brajkovic cade davvero molto spesso, qui al Polonia 2014
Cade davvero molto spesso, qui al Polonia 2014
Credi che la gente dall’esterno si renda conto di cosa significhi oggi vivere come un ciclista professionista?

Più o meno, ma non del tutto.

Pensi di averla superata?

Credo di stare meglio, non penso mai al cibo, non penso più che devo vomitare. Mangio in modo sano, ma ora il cibo non è più il centro della mia vita.

C’è un consiglio che vorresti dare ai giovani corridori sul tema dell’alimentazione?

Mangiate per andare forte, non per perdere peso. Non ascoltate ogni idiota che pensa di sapere tutto sulla nutrizione. Io sono sempre qui per parlarvi e anche se non avrò sempre una risposta, vi ascolterò. Essere ascoltati, significa già molto.

C’è un consiglio che vorresti dare ai direttori sportivi sull’alimentazione dei loro atleti?

Non sapete quasi niente. Sapete molto poco di psicologia e di come parlare ai corridori. Restate nella vostra corsia, siate gentili e non feriteli. Ascoltateli.

Jani, cosa fai oggi?

Da alcuni anni mi occupo di preparazione, ho sempre avuto parecchie conoscenze, ma non ero abbastanza sicuro di condividerle con gli altri. Ora lo sono. E i risultati sono visibili con i miei atleti. Stanno migliorando velocemente, sono più felici. Sto anche lavorando a un progetto a Dubai, con giovani corridori degli Emirati Arabi Uniti. Avevo un grande desiderio e ce l’ho ancora: correre un’altra stagione. Perché sarebbe la prima stagione in cui sarei completamente in salute e sono sicuro che potrei ottenere molto. Non grandi vittorie, sono realista, ma di sicuro qualche piazzamento tra i primi dieci. Purtroppo le squadre non sono rimaste colpite da quello che ho proposto…

Per vedere un sorriso di Brajkovic occorre tornare al 2006, quando vestì la maglia di leader alla Vuelta
Per vedere un sorriso occorre tornare al 2006, quando vestì la maglia di leader alla Vuelta
Cosa hai proposto?

Aiutare i corridori con problemi mentali e disturbi alimentari. Ho visto i risultati in prima persona, lavorando l’anno scorso con un corridore del WorldTour che voleva tornare a casa da un grande Giro nella prima settimana e poi nella terza andava in salita con i migliori 8 della classifica. I nostri limiti sono prevalentemente mentali, non fisiologici.

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