Lo scopritore Rodriguez e la corsa (quasi) perfetta di Del Toro

03.06.2025
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ROMA – Alejandro Rodriguez è forse colui che conosce meglio Isaac Del Toro. E’ il tecnico messicano che tanto si è battuto – e si sta battendo – per i giovani ciclisti del suo Paese. E’ in Italia ormai da diversi anni e dirige la Monex Pro Cycling, squadra under 23 sia maschile che femminile. Ed è anche grazie a lui se al Giro d’Italia abbiamo avuto questo grande protagonista.

Tanto entusiasmo, ma anche un po’ di delusione visto l’epilogo di Sestriere. «Non so cosa sia successo – ci dice Rodriguez all’ombra dei pini di Caracalla – davvero. Forse un po’ la tattica, non so cosa gli dicevano dall’ammiraglia, devo ancora vederlo. Forse non aveva tutte queste gambe, anche se non credo, visto come è andato nel finale. Però è finita così, è successo. Ma sono certo che da questa esperienza, Isaac si riprenderà e tornerà più forte».

Al netto di quanto accaduto nell’ultimo tappone, Del Toro si era comportato alla grande e con Rodriguez abbiamo fatto un’analisi tecnica del messicano durante questo Giro. Quanto è cresciuto Del Toro? Come ha corso? In sala stampa, fra i giornalisti, si notava come il capitano della UAE Emirates sembrasse crescere di giorno in giorno. Anche davanti ai microfoni. Timido le prime volte, più a suo agio poi.

Per un attimo dunque, mettiamo da parte il patatrac di Sestriere che, pur avendo condizionato la sua corsa, resta una parentesi in una competizione di 21 giorni vissuta al top.

Alejandro Rodriguez con i suoi ragazzi della Monex
Alejandro Rodriguez con i suoi ragazzi della Monex
Alejandro, come lo vedevi dalla TV?

Mi sembrava un ragazzo molto sveglio che sa correre, ben più maturo della sua età. Di certo non ho visto il ragazzino che era da noi. Ha fatto tante gare in Italia e iniziare a conoscere queste strade per me ha significato tanto per lui. L’altro giorno a Champoluc ha riconosciuto le salite e le discese che aveva percorso durante il Giro della Valle d’Aosta e per me era fiducioso. Sapeva cosa aspettarsi e cosa fare.

Ma quanto è cresciuto davvero?

Ha corso come un giovane, anche se attento, ma si vedeva la sua voglia di fare. Ha anche sprecato un pochino, ma in questa ultima settimana è davvero cresciuto, dev’essere cambiato qualcosa. Si vede che è diverso. Dobbiamo ricordare che la sua prima vittoria è stata quella al Col de la Loze all’Avenir 2023: prima di allora aveva fatto solo piazzamenti, secondo, quinto, terzo, quarto… Si vedeva che aveva qualcosa in più, eppure non aveva mai alzato le braccia. Questo perché non era preciso: commetteva sempre qualche errore tattico, di gestione dello sforzo o di posizione.

E come ti spieghi dunque questo cambiamento?

Credo sia semplice: fa parte della squadra migliore al mondo, la UAE Emirates. E ha vicino gente con tanta esperienza, uno su tutti Rafal Majka, col quale vedo che parla spesso. E poi si confronta molto con Piotr Ugrumov (tecnico della nazionale messicana, ndr). Lo segue dal 2021 ed è anche lui un uomo di esperienza. Non a caso, ho scelto l’Italia per correre coi giovani proprio perché qui s’impara molto.

Del Toro ha seguito moltissimo Majka durante questo Giro
Del Toro ha seguito moltissimo Majka durante questo Giro
Ti sei emozionato vedendolo in maglia rosa?

Eh – sospira Rodriguez – quando vinse l’Avenir, successo storico per noi, mi chiedevano perché non fossi emozionato. E io, come allora, rispondo che queste immagini nella mia testa le avevo già vissute. Me le immaginavo. Sapevo che prima o poi le avrebbe fatte e vissute. Magari non subito in questo Giro, ma ci sarebbe arrivato. Quindi in qualche modo non ho questo stupore, non sono del tutto sorpreso.

Un momento chiave è stata la reazione a Bormio. Il giorno prima si era staccato, poi ha risposto con una vittoria. E’ emersa la forza mentale del campione?

Quel giorno a Brentonico aveva perso del tempo, non so per quale motivo perché non mi intrometto, ma si è ripreso subito. E si è ripreso perché è giovane, perché Isaac ha un grande recupero. Posso immaginare che gli altri, che sono più esperti, abbiano gestito meglio il giorno di riposo (Brentonico veniva dopo il riposo, ndr), ma dopo quella faticaccia tutti si sono ristabilizzati e Isaac ha ripreso le sue forze. I livelli sono tornati quelli di prima del riposo.

Un punto di vista molto interessante…

Magari 20 anni fa non era possibile che un giovane facesse un Giro simile e che recuperasse così bene dopo una debacle, ma guardiamo anche a Giulio Pellizzari. Oggi con tutte le attenzioni che ci sono, i giovani rendono al meglio.

Del Toro e Pellizzari all’Avenir 2023. Quanto sono cresciuti da allora… (foto Tour Avenir)
Del Toro e Pellizzari all’Avenir 2023. Quanto sono cresciuti da allora… (foto Tour Avenir)
Torniamo alla tattica: hai citato l’esperienza di Del Toro al Giro della Valle d’Aosta. Anche lì salì sul podio, ma non vinse. Però un giorno recuperò oltre 4’ a Rafferty e ai primi…

Come ho detto prima è migliorato anche perché ha corso tanto in Italia. Voi stessi lo avete visto in azione in quel Valle d’Aosta. Era il più forte, ma non il più intelligente. Dormì un po’ quando partì la fuga buona. Adesso è stato spesso un gatto.

Magari è anche merito tuo se ora è migliorato, no?

Anche di Ugrumov… Diciamo che siamo soddisfatti. Ma la sua crescita non è finita. Ci fa sognare. E non sapete cosa significa per il Messico un atleta così. Il nostro Paese ha bisogno di eroi. Isaac ora è un punto di riferimento non solo per il ciclismo, ma per lo sport intero. Noi della Monex cerchiamo di far crescere i ragazzi, è il nostro DNA. Se poi ti capita un Del Toro capisci che puoi fare davvero qualcosa di buono. Non so cos’altro dire… (e qui traspare un po’ di orgoglio da parte di Rodriguez, ndr). Un anno prima dell’Avenir, Isaac aveva il femore rotto. Questa sua reazione racconta di una persona che sa superare le difficoltà e può essere un esempio per i ragazzi messicani.

Insomma, Alejandro Rodriguez se lo aspettava un Del Toro così?

Questo è il carattere di Isaac. Ricordo quando aveva 15 anni e reagiva con piglio alle difficoltà. E’ un leader e un leader sa leggere queste situazioni nella vita. Il giorno dopo che ha perso terreno rideva, perché sapeva che dentro di sé stava sfruttando una situazione positiva per lui. Ho pensato che era pazzo, ma evidentemente lui sapeva che si sarebbe ripreso e mi ha fatto capire che aveva qualcosa in testa… No, non credevo che avrebbe vinto il giorno dopo, ma sapevo che avrebbe fatto qualcosa. Quando ha detto: «Non ho niente da perdere», ho capito che avrebbe fatto bene. Perché chi non ha niente da perdere non ha limiti. E invece da perdere aveva la maglia rosa… Ma come ho detto, lui era così da quando era ragazzino.

Pieve di Soligo, la grande festa del Cycling Stars Criterium

03.06.2025
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PIEVE DI SOLIGO – Per capire cosa sia il Cycling Stars Criterium, ieri sera bisognava essere fuori dal bus parcheggiato nella piazza di Pieve di Soligo appena prima che uscissero i corridori. Dietro il nastro che delimitava l’area riservata agli atleti era assiepato uno stuolo di bambini in attesa di vedere da vicino i campioni che, solo il giorno precedente, avevano terminato il Giro d’Italia numero 108

Emanuel, l’operatore della tv messicana, filma un bambino che aspetta Del Toro per farsi regalare gli occhiali (spoiler: non ce la farà)
Emanuel, l’operatore della tv messicana, filma un bambino che aspetta Del Toro per farsi regalare gli occhiali (spoiler: non ce la farà)

Presente anche la televisione messicana

D’altronde il ciclismo è lo sport popolare per definizione, passa per le strade dei paesi, e non di rado i campioni erano e sono ancora degli eroi provenienti dal popolo. Lo scopo di questa kermesse è esattamente questo: riportare i campioni vicino ai tifosi, specie ai più piccoli. Mentre attendiamo anche noi assieme ai bambini facciamo due chiacchiere con un operatore televisivo dai tratti centro-americani.

Sarà mica un invitato della tv messicana venuto in Italia a seguire il fenomeno Del Toro? Lo è. Si chiama Emanuel e lavora per Televisa Mexico, l’equivalente della Rai. E’ arrivato domenica a Roma e oggi è qui perché domani ha in programma un’intervista col nuovo fenomeno della UAE Emirates. Dice che vedere un connazionale in maglia rosa, che ha quasi vinto una corsa così importante come il Giro d’Italia, ha acceso l’entusiasmo di tutto il Paese, perché lì il ciclismo è uno sport seguitissimo. 

L’uscita di Del Toro dal bus messo a disposizione dalla Soudal-QuickStep
L’uscita di Del Toro dal bus messo a disposizione dalla Soudal-QuickStep

L’entusiasmo dei bambini e le parole di Del Toro

Il fermento tra i bambini inizia già quando dal bus scende Carlos Verona, vincitore della tappa di Asiago, a cui i giovani tifosi già chiedono foto e autografi. Si mantiene alto all’arrivo di Masnada e Zana, altre foto e altri autografi. Con la discesa di Fortunato c’è un mezzo boato, quando arriva Pellizzari un boato intero e quando è il momento di Del Toro un boato e mezzo, anzi due. D’altronde questi campioni hanno una decina d’anni più di loro. A ben pensarci c’è molta più differenza d’età tra Caruso e Del Toro che tra Del Toro e un bambino di quinta elementare

Quando Del Toro percorre i pochi metri che lo portano dal bus al cancelletto che immette nel percorso facciamo a spallate con la ressa di bambini per fargli qualche domanda. Abbiamo la meglio solo per il vantaggio dato dalla stazza, non certo per la maggior determinazione. Dice che l’intenzione ad inizio Giro era quello di stare davanti, ma quello che poi è successo – tutti quei giorni in rosa, il sostegno di tutto un paese – è stato un sogno.

Gli chiediamo se sul Finestre lasciar andare Yates sia stata questione di tattica o gambe. Risponde che sicuramente c’è stata molta tattica, ma non vuole e non può cambiare il passato e quindi va bene così. Lo vedremo al Tour al fianco a Pogacar o alla Vuelta? Ancora non ha nessun programma, ora pensa solo a godersi il momento e riposare. 

Tra le donne ha vinto la campionessa europea Lorena Wiebes (foto Miriam Teruzzi)
Tra le donne ha vinto la campionessa europea Lorena Wiebes Wiebes (foto Miriam Teruzzi)

Iniziano le ostilità, ma non troppo ostili

Prima della competizione riservata ai pro’ avevano già gareggiato gli ex professionisti, dove ha vinto Alessandro Ballan, e le donne, tra le quali si è imposta la campionessa europea Lorena Wiebes davanti alla campionessa italiana Elisa Longo Borghini e Soraya Paladin

I professionisti in gara sono 22 e partono attorno alle 21,20, quando la piazza è gremita. In programma ci sono 30 giri del circuito lungo un chilometro nel centro di Pieve di Soligo. Uno dopo l’altro si alternano in testa Masnada, Verona, Mosca, Zana, Fortunato, Vendrame, Caruso, Frigo, Pietrobon, un po’ tutti i volti più noti si fanno vedere in un’azione a favore di pubblico, com’è giusto che sia. 

Lorenzo Fortunato in una fase di corsa: finirà terzo (foto Miriam Teruzzi)
Lorenzo Fortunato in una fase di corsa: finirà terzo (foto Miriam Teruzzi)

La telecronaca Mei-Cassani e lo spunto del messicano

A fare la telecronaca ci sono Davide Cassani e Paolo Mei, lo speaker del Giro. Mentre i giri passano, Cassani racconta di quella volta che ha perso la Coppa Placci per una tattica sbagliatissima assieme a Chiappucci, di quella volta (quelle volte) che ha vinto il Giro dell’Emilia, del fatto che Caruso è uno dei suoi corridori preferiti, un vero uomo squadra, tanto che l’ha portato in entrambe le Olimpiadi in cui era CT. 

Anche questo è parte del bello del Cycling Stars Criterium: sentire e vedere dal vivo una voce che la maggioranza delle persone ha sentito e visto solo in televisione. A pensarci meglio, è qualcosa di molto più simile a un concerto rock che ad una gara di ciclismo.

Un gruppetto prova la fuga e Mei chiede a Cassani: «Quante possibilità hanno di arrivare all’arrivo?».

«Poche, credo quasi nessuna».

Poi: «Davide, che rapporti usano?». «54×15, 54×14, perché in questo circuito serve rilanciare nelle curve».

Quando però Del Toro, Fortunato e Pellizzari vanno in fuga all’ultimo giro, Cassani sentenzia: «Non li prendono più». E così sarà. Del Toro (e chi sennò) ha allungato nelle ultime centinaia di metri e si è andato a prendere la 10ª edizione del Cycling Stars Criterium. Secondo Pellizzari, terzo Fortunato

Un successo condiviso

Dopo le premiazioni, e dopo aver assaggiato (bis) il famoso spiedo di Pieve di Soligo, avviciniamo Enrico Bonsembiante, che ha organizzato la kermesse assieme ad Alessandro Ballan. 

«Mi sembra sia andata benissimo – dice – oltre le aspettative, nonostante il meteo ballerino che alla fine comunque ci ha graziati. Stimiamo circa 10 mila persone venute nel corso della serata ad assistere al Criterium, quindi è stato un successone. Anche per questo dobbiamo dire grazie agli oltre 100 volontari, ai nostri partner e alle tantissime associazioni locali, a tutti quelli che ci hanno dato una mano a rendere possibile tutto questo».

Il “tutto questo” di cui parla Bonsembiante è una serata in cui il ciclismo è declinato in festa, in spettacolo, in concerto rock. Qualcosa che va oltre ad una gara in bicicletta.

EDITORIALE / Giro finito, resta qualche domanda sulla UAE

02.06.2025
6 min
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ROMA – In ordine sparso, prendendosi anche del tempo supplementare per una passeggiata in centro, a partire da stamattina e fino a sera, corridori, giornalisti, donne e uomini della carovana del Giro riprenderanno la via di casa. Alcuni ne hanno approfittato per farsi raggiungere dalle famiglie e trascorrere un paio di giorni a Roma, che ieri si è mostrata sfavillante e bella al mondo del ciclismo. Ma del Giro di Simon Yates si continua a ragionare e, non ce ne voglia il lettore, anche in modo irrituale.

Quando stamattina abbiamo iniziato a fissare il primo caffè, è tornata alla memoria una considerazione che si faceva anni fa parlando di mountain bike, telai e sospensioni. E quando si arrivava al dunque e si diceva che nel disegnare gli schemi per le bici si prendeva ispirazione dalle moto, l’obiezione di quelli più pragmatici giungeva puntuale come una sentenza. Puoi anche farlo, dicevano, ma ricordati che la moto ha il motore: basta dare gas e ti porta fuori da ogni situazione critica. La bicicletta il motore non ce l’ha e di lì partiva la spiegazione.

Roma ha mostrato il suo volto più bello al mondo del ciclismo: tifosi e corridori non hanno nascosto la meraviglia
Roma ha mostrato il suo volto più bello al mondo del ciclismo: tifosi e corridori non hanno nascosto la meraviglia

Senza il motore Pogacar

Secondo noi nel disegnare la squadra del Giro, la UAE Emirates ha dato poca importanza all’assenza del motore, vale a dire Tadej Pogacar. Se qualcuno pensava che bastasse indossarne la maglia per averne i superpoteri, avrà avuto un brusco risveglio. Il modo di correre nelle tre settimane è stato uguale a quello di sempre: la corsa tenuta saldamente in mano con la squadra davanti e poi l’ultima accelerata, per consentire al leader di fare la sua parte.

Ma Ayuso non è Pogacar e tantomeno per ora gli si avvicina Del Toro, il cui Giro è stato davvero un capolavoro splendido, inatteso e prodromo di una grande carriera. Sarebbe ingiusto pretenderlo da entrambi, dato che Tadej sarà probabilmente raccontato come uno dei corridori più forti della storia. Questo lo sanno quasi tutti nel team di Gianetti e nel “quasi” probabilmente si nasconde la radice della sconfitta di Sestriere.

Giusta la scelta di Baldato di dare via libera a Del Toro verso Siena. Poi però è iniziata la confusione
Giusta la scelta di Baldato di dare via libera a Del Toro verso Siena. Poi però è iniziata la confusione

Fra Del Toro e Ayuso

A Siena si è aperta la crepa che ha minato le sicurezze di Ayuso: Del Toro che scappa con Van Aert e conquista la maglia rosa ha messo infatti in discussione l’autorità del leader. La squadra ha fatto bene a lasciare spazio al messicano, ma è andata in confusione quando ha dovuto gestirne il primato.

In alcune situazioni infatti Del Toro non è stato trattato da leader e si è trovato da solo a fronteggiare gli attacchi, mentre la squadra dietro faceva quadrato attorno allo spagnolo. E’ difficile credere che un tecnico esperto come Baldato non abbia notato il dettaglio, eppure la tattica non è cambiata e viene da chiedersi se sia stata sempre condivisa. Isaac ha speso più del necessario, mentre con il giusto sostegno forse sarebbe arrivato ai giorni conclusivi con forze migliori.

Tutti, giornalisti e i suoi stessi dirigenti, hanno notato che nella conferenza stampa di Cesano Maderno, il messicano abbia cambiato modo di parlare, mostrando una sicurezza da vero leader. Forse non è casuale che ciò sia accaduto proprio nel giorno del ritiro di Ayuso.

Del Toro in rosa ha mandato in tilt Ayuso: la sfortuna ha fatto il resto e lo spagnolo ha lasciato il Giro
Del Toro in rosa ha mandato in tilt Ayuso: la sfortuna ha fatto il resto e lo spagnolo ha lasciato il Giro

Un uomo in fuga

Quando si è consapevoli di avere un leader attaccabile, occorre mettere in atto delle contromisure. La UAE Emirates, che nel giorno chiave della corsa aveva sull’ammiraglia il presidente del team Al Yabhouni Matar, respinge l’osservazione per cui sarebbe stato utile mandare un uomo in fuga nella tappa di Sestriere, affinché la maglia rosa trovasse un appoggio dopo il Colle delle Finestre. Yates ha trovato Van Aert e le trenate del belga hanno chiuso il discorso. Non si tratta di una tattica geniale, anzi è piuttosto elementare ed è anche semplice da smontare: basta non lasciar allontanare la fuga. E’ tuttavia geniale quando funziona.

Nella 20ª tappa della Vuelta 2015, Giuseppe Martinelli mandò in fuga Luis Leon Sanchez. Tom Dumoulin era leader, Aru lo seguiva a 6 secondi. Così quando Fabio attaccò e si trovò davanti il passistone spagnolo, se ne servì come di un treno e strapppò la maglia a Dumoulin, che andò a fondo. E’ una tattica che ben si presta per l’attacco, ma che funziona anche in difesa.

Il Giro si è chiuso a 2 km dalla vetta del Finestre, quando si è lasciato andare Yates aspettando che fosse Carapaz a chiudere
Il Giro si è chiuso a 2 km dalla vetta del Finestre, quando si è lasciato andare Yates aspettando che fosse Carapaz a chiudere

Neutralizzare Van Aert

Se non si può mandare nessuno in fuga per scelta tattica, allora si usano gli uomini per non far allontanare troppo la fuga con Van Aert, in modo da smontare l’iniziativa della Visma-Lease a Bike. Li tieni a 3 minuti e quando inizia il Finestre, basta metà salita per prenderli e lasciarli indietro. Invece la fuga ha guadagnato i minuti necessari e quando la Ef Education ha attaccato il Colle delle Finestre ad andatura folle, i cinque compagni di Del Toro si sono staccati e la maglia rosa è rimasta isolata. Forse in quel momento qualcuno si è mangiato le mani, mentre Del Toro si è trovato a gestire da solo una situazione troppo grande per i suoi 21 anni.

Pogacar se la sarebbe cavata da solo, per il messicano serviva predisporre una vera tattica. Gli è stato detto di seguire Carapaz e a un tratto i due sono arrivati a 7 secondi dal chiudere su Yates. Non si può sempre stare a ruota, toccava a Del Toro, ma non lo ha fatto. Qualcuno gli ha detto che spettava a Carapaz o lo ha pensato lui? Con eterna gratitudine, il britannico ha gestito la salita con astuzia: aveva l’uomo davanti e ha fatto scattare la trappola.

Nell’ammiraglia UAE verso Sestriere c’era anche il grande capo Al Yabhouni Matar
Nell’ammiraglia UAE verso Sestriere c’era anche il grande capo Al Yabhouni Matar

Il cinismo di Carapaz

Del Toro era in crisi di gambe oppure ha ricevuto ordini che lo hanno messo in confusione? Questa è una risposta che potranno dare soltanto lui e la squadra, ma è chiaro che qualcosa non sia andata come volevano e che la gestione di quella fase sia stata confusa. Simon Yates e la sua squadra invece sapevano di non poter schiacciare i rivali e hanno corso con intelligenza, dosando gli sforzi e sparando tutto nella tappa più adatta.

Carapaz ha provato a far saltare il banco ed è comprensibile che da un certo punto in avanti abbia smesso di farlo, negando collaborazione alla maglia rosa. Non si collabora con l’avversario, se non si hanno interessi in comune. Poco cambiava per Richard fra il secondo e il terzo posto. La crudeltà della tattica lo avrebbe visto attaccare nuovamente dopo aver costretto Del Toro a seguire Yates. Ma lui non lo ha fatto: non aveva le gambe o era in confusione. Se non interessa a te difenderla, ha pensato Carapaz, perché dovrei farlo io?

Finestre e Del Toro: pasticcio o gambe finite? Parla Majka

02.06.2025
4 min
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ROMA – Nello sguardo di Rafal Majka c’è la delusione di chi era a un passo dalla vittoria e si ritrova con un pugno di mosche. Quello che è successo sabato sul Colle delle Finestre continua a suonare strano. L’apparente disinteresse di Del Toro nel difendere la maglia rosa dall’attacco di Yates ha lasciato molto con dei punti di domanda. Stamattina al bus della squadra circolava l’ammissione che ci fosse poco da inventare tatticamente, poiché il messicano non aveva gambe per fare altro. Ma per una sconfitta del genere ci saremmo aspettati una resa più combattuta.

Isaac Del Toro ha conquistato il secondo posto in classifica generale e la maglia bianca di miglior giovane
Isaac Del Toro ha conquistato il secondo posto in classifica generale e la maglia bianca di miglior giovane

Del Toro all’improvviso

L’immagine più eloquente ritrae Majka in testa al gruppo inseguitore, con la saliva secca intorno alla bocca, cercando di compiere l’ennesimo miracolo da grande gregario. Del Toro non doveva essere lì, quasi fermo in mezzo alla strada per Sestriere. Doveva essere davanti con Carapaz e Yates a difendere la maglia rosa, invece no. Hanno provato a rilanciarlo, ma la frittata era fatta. Majka racconta, lo vedi che c’è rimasto male. Forse più di Del Toro, che dalla sconfitta dovrà trarre un prezioso insegnamento.

«Quando lo abbiamo raggiunto, era tardi – dice – era già successo tutto negli ultimi 2 chilometri della salita del Finestre. Altro non si può dire, se non che eravamo a un passo dal vincere il Giro d’Italia. Secondo me però queste lezioni gli faranno bene. Dagli sbagli, si gettano le basi per vincere».

Tutto intorno il Giro si sta avviando alla conclusione. I giorni di Tirana sembrano lontani degli anni: le pagine che sono state scritte da allora saranno il motivo per i nostri approfondimenti. E’ stato davvero un viaggio intensissimo, a partire da quando Siena ha incoronato la giovanissima maglia rosa.

Majka e Del Toro, l’abbraccio dopo l’arrivo di Sestriere è quasi una resa
Majka e Del Toro, l’abbraccio dopo l’arrivo di Sestriere è quasi una resa
Del Toro ha solo 21 anni, dicono tutti che il tuo ruolo al suo fianco è stato preziosissimo.

Mancava un po’ di esperienza, ma tutta la squadra ha lavorato veramente bene per 20 giorni. Mi sembra che solo la UAE Emirates abbia veramente controllato la corsa. Nessun altro poteva tenere la corsa sulle salite, come abbiamo fatto noi. Però abbiamo perso tutto l’ultimo giorno, ma questo è il ciclismo e Isaac ha solo 21 anni. Ha un grande futuro e speriamo che vinca presto il Giro. Con lui ho dovuto lavorare un pochino di più, perché è giovane e io ho l’esperienza di cui ha bisogno. Il buono è che è un ragazzo d’oro, speriamo.

Può essere stato un problema di nervosismo?

E’ normale che sei nervoso quando hai la maglia l’ultimo giorno. Volevamo che tutta la squadra fosse con lui, perché tutti volevamo vincere. Ma è successo così e non possiamo cambiare niente. Non so dire se sia stato più un problema di testa o di gambe, bisognerebbe chiederlo al ragazzo. Io non l’ho chiesto e non ho voluto farlo. Quello che so è che lavori tre settimane, controlli tutta la corsa e non è facile perdere l’ultimo giorno.

Ieri mattina c’era fiducia di vincere?

Sì, volevamo vincere e pensavamo di poterlo fare. L’avversario che avevamo individuato era solo Carapaz e normalmente saremmo riusciti a tenerlo. Solo che secondo me è stato uno sbaglio quando lui ha iniziato la salita così forte, perché loro sono rimasti in tre davanti e noi in cinque dietro. Ma questo è il ciclismo, non puoi fare niente.

Secondo Majka, Del Toro ha perso il Giro negli ultimi 2 km del Finestre
Secondo Majka, Del Toro ha perso il Giro negli ultimi 2 km del Finestre
Quanto tempo hai impiegato ieri sera per capire come è andata a finire?

Non ho ancora capito bene. Ho vinto Giro e Tour con Pogacar e anche la Vuelta con Contador. Puntavo anche a vincere una tappa al Giro, perché ancora mi manca. Però mi sono messo a fare il gregario per il giovane e alla fine va bene. Bello il secondo posto, però la vittoria ci manca.

Stavi bene?

Stavo molto bene. Come l’anno scorso con Tadej, ho preparato il Giro nei dettagli. Stavo veramente bene, però mi tocca ripeterlo ancora: questo è il ciclismo, ragazzi.

Yates fa la storia del Giro e sette anni dopo si riprende la rosa

31.05.2025
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SESTRIERE – «Ho investito molto della mia carriera e della mia vita per il Giro. Ci sono state molte battute d’arresto ed è stato difficile affrontarle. Sono stato costretto a ritirarmi per un problema al ginocchio, un paio di volte anche per il Covid e così via. Quindi sono davvero incredulo di essere riuscito a fare tutto questo. E’ difficile da dire adesso, ma ad essere onesti, penso che sia l’apice della mia carriera. Ci ho provato per anni, fatico a credere di esserci riuscito. Credo che nulla potrà superarlo».

Simon Yates non si vergogna di mostrare le lacrime. E’ passata quasi un’ora dalla vittoria e la nuova maglia rosa è finalmente arrivata davanti alle nostre domande. Ha portato l’attacco decisivo sul Colle delle Finestre a 39 chilometri dall’arrivo, quando sembrava che la partita fosse ristretta fra Carapaz e Del Toro. E’ partito più o meno nel punto in cui sette anni fa andò in crisi per l’attacco di Froome e perse la maglia rosa. Fu un dramma sportivo, al pari di quello che oggi ha investito Del Toro. In qualche modo è stato come se fosse tornato per chiudere il cerchio e la montagna piemontese gli abbia restituito quel che era suo.

Vendetta per due

L’abbraccio fra Simon e Kruijswijk, non appena anche l’olandese ha tagliato il traguardo, ha parlato più di mille parole. Entrambi hanno visto svanire il sogno rosa nelle tappe finali del Giro: a Steven accadde nel 2016 quando cadde sul Colle dell’Agnello. L’impresa di Yates ha vendicato anche la sua sconfitta. Si sono stretti forte, poi Simon è venuto da noi.

«Nei 100 metri finali – dice – è stato il momento in cui mi sono finalmente reso conto di quello che ho fatto. Non ci credevo davvero, anche se il vantaggio era notevole. Cominciavo a sentire le gambe stanche, non ci ho creduto sino alla fine. Quando ho attaccato, avevo l’idea di allontanarmi il più possibile da quei due ragazzi del podio, perché sapevo che una volta che ci fossi riuscito, sarei stato forte abbastanza da tenere un ritmo elevato. Del Toro e Carapaz avevano dimostrato di essere molto più esplosivi nel finale, quindi il mio piano oggi era quello di cercare di ottenere un vantaggio e poi cercare di gestire tutto da solo».

Il Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storia
Il Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storia

Facile a dirsi. Parla per tutto il tempo con lo sguardo basso, chissà cosa gli passa per la testa. Lui, il gemello piegato da tante sconfitte, mentre Adam continuava a vincere diventando il braccio destro di Pogacar e ora di Del Toro. Eppure con quell’attacco la tendenza si è invertita. Simon Yates ha iniziato a scavare il solco, mordendo i tornanti e danzando sullo sterrato del Colle delle Finestre. Si pensava che un’azione simile potesse farla Carapaz, invece l’ecuadoriano si è trovato legato mani e piedi al drammatico destino di Isaac Del Toro.

Ieri hai detto di non avere una gran voglia di affrontare lo sterrato.

Perché amo molto pedalare in piedi e sullo sterrato è molto difficile avere la trazione giusta. Ma oggi mi sono sentito davvero bene. Sono riuscito a spingere fino alla vetta e sapevo di avere ancora delle forze che mi avrebbero sostenuto nel finale. Durante tutta la tappa, la squadra ha creduto davvero in me, per cui una volta arrivato sul Finestre, sapevo di dover fare la mia parte.

In qualche modo aver subito quella sconfitta sette anni fa è stato importante oggi?

Quando ho visto il percorso del Giro, ho sempre avuto in mente di provare a fare qualcosa in questa tappa, su questa salita che aveva segnato così tanto la mia carriera. L’ho sempre avuto in mente. Mi sono sentito bene per tutta la gara, ma avevo bisogno di credere in me stesso.

A 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il Giro
A 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il Giro
Sei rimasto nascosto fino alla ventesima tappa e poi con un solo attacco hai vinto il Giro d’Italia: era calcolato oppure si è trattato di una coincidenza

Un po’ entrambe le cose. Sapevo che, per come è stata disegnata la gara, si sarebbe deciso tutto in quest’ultima settimana. Quindi si trattava più che altro di stare al sicuro e di non perdere tempo nella prima parte e questo, grazie ai miei compagni di squadra, è stata davvero incredibile. Sono stato sempre al posto giusto nel momento giusto. Ho dovuto fare da me soltanto nelle crono (fa un timido sorriso, ndr). In quest’ultima settimana, già nella 16ª tappa (quella di San Valentino, ndr), ho provato a fare qualcosa, ma non sono stato abbastanza forte. Quindi stamattina avevo qualche dubbio sul fatto di provare davvero a fare qualcosa su questa salita. Ma sembrava che la squadra credesse davvero in me, quindi ci ho provato e ce l’ho fatta.

Quanto sei stato contento di incontrare Van Aert dopo il Finestre? E faceva parte del piano?

Vorrei dire che ogni giorno abbiamo avuto dei corridori in fuga sperando che si creasse questa stessa situazione. Ci siamo davvero impegnati in questo senso, per cui ogni giorno che abbiamo la possibilità di farlo, ci abbiamo provato. Ma oggi è stato il primo giorno in cui l’abbiamo usata davvero a nostro vantaggio. E chi c’era davanti? C’era Wout (stavolta sorride, ndr). Non avevo dubbi, ha fatto tutto per me. Mi ha permesso di respirare e di aumentare il vantaggio. Non è la prima volta che si dimostra uno dei migliori compagni di squadra al mondo, oltre che un grande campione. Ringrazierò sicuramente lui e tutti i compagni.

Se ne va ricordando di quando sul Block Haus nel 2022 stramazzò sconfitto sull’asfalto e sconfortato disse che la sua storia con il Giro d’Italia sarebbe finita quell’anno. Negli ultimi due anni ha corso il Tour, ma c’era una ferita aperta, impossibile da dimenticare. La Visma-Lease a Bike gli ha offerto un biglietto fino al via da Tirana e oggi, a distanza di venti giorni, il suo lungo viaggio ha iniziato ad acquisire un senso compiuto. Se ne va col sollievo di aver tirato fuori il bubbone. I corridori partiranno stasera per Roma, noi ci fermeremo ancora qualche ora per raccontarvi le loro storie.

Il Giro finora, fra Van Aert e Caruso, secondo TurboPaolo 

29.05.2025
5 min
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Nella scorsa edizione del Giro d’Italia TurboPaolo era parte integrante della Lidl-Trek. Un rapporto che, però, dopo la scorsa stagione si è interrotto. Ma questo non è bastato per tenere lontano l’eclettico influencer novarese – appassionatissimo di ciclismo – dalla Corsa Rosa. Lo raggiungiamo al telefono mentre è Cesano Maderno, l’arrivo di tappa di oggi.

Il villaggio d’arrivo è un parco giochi in cui ci si trova immediatamente a proprio agio
Il villaggio d’arrivo è un parco giochi in cui ci trova immediatamente a proprio agio
TurboPaolo, che ci fai a Cesano Maderno? 

In questo momento sto cercando un modo per attraversare la ferrovia, sembra che a Cesano Maderno non abbiano ancora inventato i sottopassi. Ma ce la farò. A parte questo sono qui all’arrivo di tappa per fare dei contenuti per Telethon.

Che tipo di contenuti?

Farò dei video per sensibilizzare le persone a destinare il 5×1000 a Telethon. Loro sono Charity Partner del Giro, quindi mi hanno coinvolto. Ne farò uno oggi poi un altro sabato, sulla salita del Colle delle Finestre. L’idea è di interpretare uno che con la scusa di fare la beneficenza poi in realtà va a fare una cosa che interessa a lui.

La Lidl-Trek, con Pedersen in testa, sta correndo un grande Giro nonostante l’assenza di TurboPaolo. E secondo l’influencer non è un caso
La Lidl-Trek, con Pedersen in testa, sta correndo un grande Giro nonostante l’assenza di TurboPaolo. E secondo l’influencer non è un caso
Uno scenario che non sembra troppo dissimile dalla realtà… 

Infatti no. A me vengono bene i video in cui fingo il meno possibile.

Togliamoci subito il pensiero: la Lidl-Trek ti ha messo fuori rosa e sta correndo un grande Giro. 

Proprio quest’anno che non mi hanno riconfermato fanno la stagione perfetta. Vedo un grande feeling tra i ragazzi, molto spirito di squadra. Forse è anche un po’ merito mio, perché finché c’ero anch’io c’erano troppi galli nel pollaio, la mia partenza ha sicuramente aiutato nella coesione. A parte gli scherzi, stanno facendo davvero un bellissimo Giro. Mi piace molto Pedersen perché è fortissimo ed è un bel… bisteccone, cosa che io non posso che apprezzare. E poi la sua bici è la più bella di tutto il gruppo. 

Come ti sta sembrando questo Giro d’Italia?

All’inizio devo dire che ero un po’ disorientato vedendo la start list. Ma alla fine è più godibile così, senza un dominatore unico, con tutti che attaccano sempre. Poi vedere Van Aert vincere a Siena in Piazza del Campo è stato il massimo.

La vittoria di Van Aert a Siena, il momento preferito di TurboPaolo in questo Giro (almeno finora)
La vittoria di Van Aert a Siena, il momento preferito di TurboPaolo in questo Giro (almeno finora)
TurboPaolo, sei un tifoso di Van Aert?

Un po’ come tutti, credo. Anche se la cosa che mi piace di più lui sono i suoi capelli. Sono sempre perfetti, anche dopo una tappa durissima come quella degli sterrati. Si toglie il casco e ha il ciuffo perfetto, incredibile.

Altre cose che ti hanno colpito finora?

Riflettevo sul fatto che Roglic si è rivelato il più grande troll del ciclismo moderno. Ha fatto credere a tutti di essere lo strafavorito e invece poi non è mai stato della partita. Forse l’ha fatto apposta, per attirare l’attenzione su di sé e lasciare tranquillo Pellizzari, il vero capitano della squadra. A proposito, vorrei far notare che ho già sentito accostare la parola “predestinato” a Pellizzari. Poverino.

Che dici della UAE che si è mostrata finalmente (almeno un po’) vulnerabile? 

Insomma, mica tanto. Hanno perso per strada Ayuso, ma sono comunque in maglia rosa… Se non è zuppa è pan bagnato, mi viene da dire.

Uno dei contenuti postati da TurboPaolo al Giro 2024, quando indossava la maglia della Lidl Trek
Uno dei contenuti postati da TurboPaolo al Giro 2024, quando indossava la maglia della Lidl Trek
Dove segui le tappe, sulla Rai o su Eurosport?

Rai. Il mio commentatore preferito è Stefano Rizzato che fa la cronaca dalla moto. Fosse per me gli farei condurre anche Sanremo. Poi a volte mi fa un po’ ridere il tentativo di romanticizzare a tutti i costi il ciclismo, con risultati a volte, diciamo, un po’ ridicoli. Come fossero dei soldati al fronte e non ragazzi che vanno in bicicletta. Ma, detto questo, continuo a seguirlo sulla Rai.

Hai detto che sabato andrai sul Colle delle Finestre, l’ultima grande salita di questo Giro. Che scenario ti immagini?

Campanilisticamente mi piacerebbe vedere una grande azione di Caruso che fa il numero a fine carriera. Più realisticamente sarebbe bello che Simon Yates mettesse nel sacco tutta la UAE. Lui mi sta molto simpatico, in generale mi piacciono i gemelli Yates. Pensa che bello sarebbe se prendesse la maglia rosa nello stesso posto in cui l’ha persa nel 2018, sarebbe un bellissimo riscatto, una storia cinematografica. Tu invece?

Simon Yates e Isaac Del Toro, i favoriti per la vittoria finale secondo TurboPaolo
Simon Yates e Isaac Del Toro, i favoriti per la vittoria finale secondo TurboPaolo
La mia imparzialità non mi permetterebbe di rispondere. Ma non mi dispiacerebbe una piccola grande impresa di Derek Gee. Torniamo a noi, cioè a te. TurboPaolo, chi lo vince questo Giro?

Secondo me lo vince Del Toro. Mi piace molto come corre, anche ieri per esempio, che dopo la mezza crisi di due giorni fa ha subito risposto alla grande. Ha talento e carattere, e molto potenziale comunicativo credo, anche più di Ayuso. Mi è piaciuta un’intervista di qualche giorno fa, in cui gli hanno detto che sembra non far fatica, e lui invece ha risposto che la fa eccome. Gran bravo ragazzo Del Toro, tifo per lui.

Quindi non per Simon Yates?

Tutti e due dai. Una maglia rosa condivisa a Roma, sarebbe bellissimo.

Del Toro, reazione da leone. Ma purtroppo Tiberi affonda…

28.05.2025
5 min
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BORMIO – La maglia rosa e la bianca: lo stesso titolare, eppure destini opposti per chi le indossava. Mentre infatti Del Toro si è rimesso in carreggiata, Tiberi è sprofondato in una classifica dolorosa. La maglia rosa ha vinto, la bianca è arrivata dopo 10’31” e adesso ci sarà da capire se e come proseguirà il suo Giro. Il compagno di squadra Caruso è arrivato a 16 secondi da Del Toro, occupando il quinto posto in classifica a 1’09” dal quarto di Derek Gee.

La partenza da San Michele all’Adige in una grande cornice di pubblico
La partenza da San Michele all’Adige in una grande cornice di pubblico

La risposta di Del Toro

Serviva qualche risposta dopo il passo falso di ieri e Del Toro ne ha date alcune molto convincenti. Prima sul Mortirolo, tenendo le ruote dei più baldanzosi. Poi con l’attacco sulle Motte e infine l’allungo in discesa che gli ha permesso di vincere la tappa davanti a Bardet, Carapaz e Yates. La classifica resta corta, ma il pericoloso oscillare della maglia rosa improvvisamente è cessato.

«Dovevo dimostrare qualcosa a me stesso – dice la maglia rosa – c’è bisogno di andare sempre avanti e di non mollare mai. Ieri la tappa è stata dura per tutti. Può capitare di avere una brutta giornata e avevo solo bisogno di andare avanti, prendere più morale e non mollare mai in questo ciclismo che è davvero durissimo. Ho preso il passaggio a vuoto e ho cercato di imparare velocemente la lezione. Non mi sono mai trovato in questa posizione e di sicuro sono arrivato al traguardo senza avere più niente da dare. Ma non mi lamento, la lezione mi è servita e oggi ho avuto il desiderio di attaccare. Ne avevo bisogno».

Carapaz e Pellizzari, due degli attaccanti di giornata: l’ecuadoriano sembra in condizione eccellente
Carapaz e Pellizzari, due degli attaccanti di giornata: l’ecuadoriano sembra in condizione eccellente

La differenza con due curve

Lo abbiamo rivisto sicuro e potente in salita. Il suo scatto non ha piegato Carapaz, ma gli ha fatto capire che il leader è ancora al suo posto. Yates ha ceduto. E quando dopo due curve pennellate ha staccato tutti in discesa, il suo inchino sul traguardo lo ha riportato a quando, vinta la Milano-Torino con la lampo rotta e completamente abbassata, per non mostrarla si nascose dietro lo stesso gesto, fatto anche oggi – ha detto – per un suo scherzo con il fratello.

«Esatto – sorride – uno scherzo. In realtà però quell’inchino vale come un grazie a tutte le persone là fuori perché sono sempre con me, mi sostengono e urlano il mio nome e non capisco il perché. E’ una sensazione strana, perché in realtà non mi sento così speciale. Ma quando sono nel gruppo e attraversiamo qualche paese, è incredibile sentirli chiamare il mio nome. Mi ha aiutato a riprendere il filo del discorso. Siamo esseri umani e ieri sera ho capito che in questi giorni dovrò essere concentrato. Non serve lamentarsi e stare troppo tempo a pensare. Ieri sono riuscito a fare la migliore dormita di questo Giro e stamattina sapevo di voler finire bene il lavoro, perché i miei compagni del UAE Team Emirates meritano che li ripaghi per il meraviglioso lavoro che hanno fatto.

«In questa tappa, in questa giornata, con questo tempo, siamo arrivati a poca distanza da Bardet e poi ho fatto la differenza con due curve. Ma non voglio sembrare arrogante. Ho solo fatto del mio meglio per cercare di arrivare il più velocemente possibile. Quando ho visto il distacco, ho solo cercato di arrivare al traguardo. Non credo di essere particolarmente folle, è chiaro che stando davanti si corre qualche rischio in più, ma questo è tutto».

Il crollo di Tiberi

Quando Tiberi si è fermato davanti ai massaggiatori della Bahrain Victorious, affiancato da Zambanini che ha concluso la tappa al suo fianco, aveva l’espressione dolorante. La sua giornata è stata un calvario, con il Mortirolo giudice spietato. Già ieri sera aveva confessato di non sentirsi al top e quando al risveglio ha sentito il forte dolore sul fianco sinistro, ha capito che la giornata non sarebbe stata all’altezza delle ambizioni. Ha mandato giù il cherry juice, ha infilato una mantellina con due asciugamani nel collo e poi ci ha messo la faccia. Il ragazzino schivo di qualche anno fa si è trasformato in un adulto, capace di fare un’analisi convincente.

«Il mio obiettivo per come mi sentivo in partenza – ha detto – era concludere la tappa. A dire il vero non ho rimpianti perché non riuscivo a dare più di così, per via del dolore che avevo. Nella caduta di Gorizia ho preso un colpo all’ileopsoas, potrebbe essersi spostato il bacino e non riesco a spingere. Ho stretto i denti per arrivare qui a Bormio e già di questo sono contento. Ho provato a fare il massimo per tenere il più possibile le ruote del gruppo, ma sul Mortirolo non sono riuscito a fare più di così.

Il Giro si è riempito di tifosi messicani, tutti qui per Isaac Del Toro
Il Giro si è riempito di tifosi messicani, tutti qui per Isaac Del Toro

«Questa mattina – ha concluso – mi sono svegliato con molto più fastidio rispetto agli altri giorni. Probabilmente è dipeso dallo sforzo di ieri perché sono andato veramente al limite. Già dopo la caduta vedevo dai numeri che la spinta delle due gambe non era uguale, la sinistra spingeva meno ed è la parte su cui ho battuto l’anca e ho la ferita che ha iniziato a darmi fastidio».

Sua maestà il Mortirolo

Il Mortirolo almeno nel suo caso è stato decisivo, preso d’assalto da una moltitudine pazzesca di tifosi, come ai vecchi tempi. Il Giro piace. Gli alti e bassi di Del Toro ne stanno facendo un beniamino dei tifosi. Tanta gente in bicicletta, tanti club di tifosi, tanta voglia di far parte di questo mondo in festa. L’attacco di Pellizzari ha esaltato, ma è stato meno incisivo di ieri, in una tappa più breve e con minore dislivello.

Domani sarà probabilmente volata, ma venerdì e sabato se ne vedranno delle belle. Richiesto dai media prima che tornasse sul pullman, Damiano Caruso ha fatto il nome del suo favorito per la vittoria finale: Carapaz.

Del Toro e una giornata no: cosa rimane nella testa e nelle gambe?

28.05.2025
4 min
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SAN VALENTINO – Isaac Del Toro arriva davanti ai giornalisti a pochi minuti dalla fine della sedicesima tappa del suo primo Giro d’Italia. Il messicano del UAE Team Emirates ha mantenuto la maglia rosa nonostante gli attacchi di Richard Carapaz e Simon Yates. Ha tremato ma non è andato a picco. Nonostante la giovane età ha tenuto botta ai colpi dell’ecuadoregno e del britannico. Il secondo gli ha riservato tante piccole punture di spillo, come a voler risvegliare da un sogno il giovane rampollo vestito di rosa. Una sberla secca e decisa quella di Carapaz, che ha fatto male e potrebbe aver lasciato segni ben più profondi. 

Scendendo verso il podio Jose Matxin, sport manager del UAE Team Emirates, non ha perso il sorriso. Se da un lato Ayuso ha definitivamente mollato il colpo a 42 chilometri dal traguardo dall’altra parte Del Toro ha avuto la lucidità di non farsi prendere dal panico. La maglia rosa è rimasta in casa della squadra che lo scorso anno la indossò per venti delle ventuno tappe. Chissà con quali dubbi e certezze Isaac Del Toro si è rimboccato le coperte ieri notte

Del Toro ha detto di aver voluto marcare da vicino Simon Yates, secondo in classifica generale
Del Toro ha detto di aver voluto marcare da vicino Simon Yates, secondo in classifica generale

Le gambe

La terza settimana del Giro d’Italia si apre con diverse considerazioni di cui tenere conto. Una di queste è il crollo delle certezze di Isaac Del Toro che fino a domenica scorsa sembrava in completo controllo. Se guardiamo agli abbuoni portati a casa il messicano risulta secondo solamente a Mads Pedersen, segno che non si sia risparmiato in ogni sprint o allungo a disposizione. 

«È stata una giornata davvero difficile per tutti – racconta Del Toro ancora vestito di rosa e con un cappello di lana appoggiato sulla testa – tutti erano al limite. I corridori in classifica generale hanno vissuto una giornata impegnativa. Ci sono state tante cadute (l’ennesima per Roglic costretto poi al ritiro, ndr). Non posso che essere orgoglioso della mia squadra, senza di loro non sarei di certo in questa posizione. Sicuramente non avevo le gambe migliori della mia vita ma ho fatto il massimo, sono arrivato al traguardo senza un filo di energia in corpo. Voglio far sapere a tutti loro che sto facendo del mio meglio e il mio obiettivo è di dare il 100 per cento per mantenere questa maglia».

L’unico attacco frontale e deciso è stato quello di Carapaz, capace di guadagnare 1′ e 36″ su Del Toro
L’unico attacco frontale e deciso è stato quello di Carapaz, capace di guadagnare 1′ e 36″ su Del Toro

Fiducia

Quali sono le certezze che danno a Del Toro la fiducia nei propri mezzi? Difficile dirlo. Sicuramente rispetto alle tappe precedenti è bene pensare a ogni singola energia spesa, il carburante non è infinito.

«Non sono uno di quei corridori – spiega mentre gli si legge in faccia la fretta di andare via – che crede nella fiducia. Piuttosto mi piace avere “certezze” su quel che sono in grado di fare ogni volta che c’è un attacco. Voglio credere nella mia capacità di rispondere a ogni attacco ma vedremo come comportarci in gara e se sarà una mossa intelligente. Oggi (ieri per chi legge, ndr) non ho seguito Carapaz perché ho voluto marcare da vicino il secondo in classifica generale, Yates. Nella lotta alla generale credo sia una questione riservata ai primi quattro (Gee, Carapaz, Yates e Del Toro stesso, ndr)».

Scampato il pericolo e il panico Del Toro ha riacquistato presto serenità e sorriso, la maglia rosa stamattina è ancora sulle sue spalle
Scampato il pericolo e il panico Del Toro ha riacquistato presto serenità e sorriso, la maglia rosa stamattina è ancora sulle sue spalle

Ogni secondo conta

Il Giro d’Italia si può vincere per secondi, e a guardare la classifica si nota come il distacco tra Del Toro e Simon Yates sia frutto proprio degli abbuoni. Senza questi le posizioni sarebbero invertite e le forze equiparabili. 

La strada ci ha raccontato, fino a questo momento, di un padrone del Giro forte ma non inattaccabile. Per gli avversari vedere che il trono scricchiola può essere un incentivo per continuare a dare colpi sperando di far cadere il Re e di indossare la corona. 

Solo in casa UAE Emirates è dato sapere il motivo legato alla giornata “no” di Del Toro. Il problema è che la strada porta a fare presto i conti con la realtà e oggi verso Bormio le difficoltà sono tante. Yates e Carapaz sono pronti con arco e frecce per prendere d’assalto il padrone del Giro, come abili Robin Hood nei confronti del tesoro custodito dallo Sceriffo di Nottingham. Toccherà ai soldati fare da guardie al ricco bottino, consapevoli che la strada non fa prigionieri.

Del Toro e la UAE: verso la terza settimana senza paura

26.05.2025
5 min
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Isaac Del Toro è al suo secondo giorno di riposo in maglia rosa. Rispetto a una settimana fa non c’è Juan Ayuso, al suo posto c’è Fabio Baldato. Isaac è seduto nel mezzo tra lui e Matxin. E’ chiaro che adesso il leader è lui. E tutto sommato, visto il distacco e visto come sta correndo, è giusto così. Perché far esporre anche lo spagnolo in questo caso?

Come sempre in casa UAE Emirates tutto appare tranquillo e sotto controllo, e le parole di Fabio Baldato sono una sentenza: «Quando si va forte in salita e si resta in cinquanta i nostri ci sono tutti». E’ sulla base di questa prova di forza, serenità e coesione che inizia la settimana decisiva per la maglia rosa. E che a Roma la porti Del Toro o Ayuso, sembra proprio impossibile sfilarla allo squadrone emiratino.

Da sinistra: Baldato, Del Toro e Matxin durante la videoconferenza di questo pomeriggio
Da sinistra: Baldato, Del Toro e Matxin durante la videoconferenza di questo pomeriggio

Parla Isaac

Tutti si interrogano sulla sua tenuta nella terza settimana. Ma il più tranquillo in tal senso sembra Matxin, il quale ricorda che Isaac ha già fatto la Vuelta lo scorso anno e, superati i problemi iniziali, poi nella terza settimana è andato bene. Certo, fare classifica è un’altra cosa, ma il messicano sembra esserci.

«Per me – dice Del Toro – quando questo inverno si è profilato il Giro d’Italia ho capito che era una grande opportunità e quindi mi sono subito preparato per essere in forma per questa importante gara. Per le grandi e lunghe salite io credo di essere pronto. Questa terza settimana sarà difficile per tutti. Ma abbiamo anche il miglior team per questo».

«Mi sento abbastanza bene, penso che sia una delle migliori forme della mia vita. Non so cosa aspettarmi da questa terza settimana, ma devo credere che posso farlo. Voglio essere intelligente, e cercare di fare il meglio con il team per gestire al meglio la classifica generale».

Del Toro è parso consapevole di quello che lo aspetta. Il messicano sa che in qualche modo è di fronte a qualcosa più grande di lui, ma non si lascia intimorire. Al tempo stesso è consapevole dei suoi mezzi. E avere una squadra così forte attorno lo tranquillizza in qualche modo.

«Isaac – interviene Matxin – è un ragazzo giovane, che va rispettato. Non gli va messa troppa pressione. Ma al tempo stesso è un ragazzo che sa vincere e anche alla Milano-Torino lo ha dimostrato. Sa mantenere i programmi, è ambizioso, sa farsi trovare pronto. Sin qui ha dimostrato di essere il corridore più forte del Giro. Lo difenderemo e lo aiuteremo. Siamo coerenti».

Una foto che dice molto: guardate le facce degli avversari e guardate la scioltezza di Del Toro, che intanto indossa la mantellina
Una foto che dice molto: guardate le facce degli avversari e guardate la scioltezza di Del Toro, che intanto indossa la mantellina

Senza paura

L’argomento “terza settimana” con un ragazzo di 21 anni in maglia rosa è stuzzicante. Di fatto, se questo Giro d’Italia è ancora aperto è proprio per questa incognita: tenuta con il passare delle tappe, salite lunghe, capacità di recupero.

«Sto facendo grandi passi nella mia carriera – continua la maglia rosa – devo crederci velocemente e sempre velocemente devo capire cosa sta succedendo nella mia vita. Stare qui è il sogno di tutti, ma voglio andare passo per passo. E anche se è un passo corto, voglio farlo nella direzione corretta. Sto imparando dai miei compagni, perché hanno molta più esperienza. Voglio seguirli, mi hanno aiutato molto».

Qualcuno gli fa notare che forse è meno novellino di quanto sembri. Alla fine in corsa si muove benissimo, sarà istinto, sarà che ha imparato in fretta (o che ha così tanta gamba che tutto gli riesce facile), ma ogni volta che qualche squadra si è mossa lui è stato un falco a piombare sugli attaccanti.

«Mi muovo bene? Ho bisogno di imparare – riprende Del Toro – sono nuovo per queste cose. L’altro giorno sapevo che avrebbero provato. Voglio sempre essere attento e nella posizione migliore per difendermi. Voglio vedere sempre cosa succede. Seguo l’istinto, ma anche la radio e voglio usare l’intelligenza». Testualmente aveva detto cabeza fría.

Diteci voi se sono parole di un novellino!

Baldato ha sottolineato la forza della UAE Emirates. Quando la corsa si fa dura loro ci sono sempre
Baldato ha sottolineato la forza della UAE Emirates. Quando la corsa si fa dura loro ci sono sempre

Squadrone UAE

Senza dubbio la UAE Emirates ha dimostrato di essere la più forte. Parla la classifica, parlano le tappe e come vengono gestite. Quando Baldato diceva che se il gruppo resta di 50 corridori e i suoi ci sono tutti, diceva la verità. E davvero non è poco ai fini del controllo della corsa.

E questo vale anche per la gestione di Ayuso, sia pensando a quanto successo verso Asiago, sia in ottica terza settimana. Sulle montagne venete lo spagnolo non è parso super brillante. Come è gestito?

«Ma no – dice Baldato – quello che ho detto vale anche per Ayuso. Ieri Juan ha seguito chi ha attaccato. Abbiamo corso compatti, abbiamo cercato di stare uniti, di stare davanti. C’erano 27 corridori sull’ultima salita e l’idea era di proteggere il leader e di stare tutti insieme. Questa è la nostra mentalità.

«Roglic? Adesso i rivali più pericolosi sono Carapaz, che è davvero forte e attacca in ogni momento. Simon Yates, che è un ragazzo esperto. E poi penso anche ai due ragazzi della Bahrain-Victorious: Tiberi e Caruso. Damiano è davvero forte, lo so bene. E’ sempre pronto a sfruttare le situazioni. Ma come ho detto prima, è importante per noi rimanere il più possibile vicino al nostro leader, Isaac».

Quando poi arriva la fatidica domanda sui ruoli e su chi sarà definitivamente il leader della UAE Emirates, terminano i 15 minuti di videoconferenza. Però alla fine in questa occasione sono stati più chiari di altre volte: si sono sbilanciati a favore di Del Toro.

Noi l’abbiamo già detto: ormai sarà la strada a parlare. Possiamo aggiungere che Del Toro, quando ci sono state le domande in spagnolo, ha apertamente detto che lui adesso è in una posizione favorevole: «Gli altri ovviamente proveranno ad attaccarmi, ma io mi trovo in una posizione in cui devo difendermi».