Alessandro Covi, UAE Team Emirates 2025

Dal primo all’ultimo giorno: il viaggio in UAE di Covi

24.10.2025
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I giorni di vacanza di Alessandro Covi sono iniziati con una piccola operazione, infatti il corridore di Taino una volta parcheggiata la bicicletta al termine della Veneto Classic ha tolto il dente del giudizio. Un intervento semplice e rapido, che però ha dovuto attendere la fine della stagione agonistica per essere effettuato. Ora è alle prese con la convalescenza e tutto procede serenamente. 

«Mi sono rivolto a Stefano Speroni, il dentista del Giro d’Italia – racconta Alessandro Covi – abita vicino a casa dei miei genitori, così ne ho approfittato per fermarmi da loro e togliere il dente del giudizio. Mi aveva dato un po’ di fastidio in un paio di momenti durante l’anno, la scelta migliore è stata di aspettare e toglierlo una volta finite le gare».

Alessandro Covi, Veneto Classic 2025
La Veneto Classic dello scorso 19 ottobre è stata l’ultima corsa in maglia UAE per Covi
Alessandro Covi, Veneto Classic 2025
La Veneto Classic dello scorso 19 ottobre è stata l’ultima corsa in maglia UAE per Covi

Un inverno diverso

Il periodo di stacco per Alessandro Covi non sarà tanto differente rispetto agli altri anni, a breve partirà per le vacanze e poi una volta tornato sarà il momento di ripartire con gli allenamenti. Ma la grande differenza sarà che dopo sei stagioni lascerà il UAE Team Emirates per vestire la maglia della Jayco AlUla. Negli ultimi mesi ha avuto modo di metabolizzare una scelta partita qualche mese fa e che si è concretizzata e lo ha messo davanti alla voglia di ripartire verso nuovi obiettivi.

«Mi sono goduto ogni singola gara nell’ultimo mese e mezzo – dice Covi – perché in tutte le occasioni c’era qualcuno da salutare, compagno o membro dello staff, che poi non avrei rivisto. Anche ora arrivano continuamente chiamate da tante persone giusto per un saluto. Alla fine il lavoro non cambierà, ci vedremo in gruppo, però è finito qualcosa che è stato davvero bello. Però più che le corse, il bello lo fanno i momenti passati insieme fuori. Quando vai a una gara ci sono quelle quattro o cinque ore in bici, ma ne facciamo almeno quarantotto tutti insieme. Sono quelli i momenti che ricordi con maggiore gioia e che creano legami profondi».

Il Puma di Taino ha contribuito alla stagione record della UAE con due successi, questa la vittoria di tappa alla Vuelta Asturias
Il Puma di Taino ha contribuito alla stagione record della UAE con due successi, questa la vittoria di tappa alla Vuelta Asturias
C’è qualcuno che ti porterai nel cuore?

Tutti, perché lavori e crei un legame con ogni membro del team. La cosa bella è che addirittura qualcuno di loro lo ritroverò anche in Jayco. L’elenco delle persone è davvero infinito.

Come ci si saluta dopo sei anni?

Con grandi abbracci e sorrisi, non è un funerale. Quello che ci unisce è un grande affetto reciproco e la felicità di aver passato dei bei momenti insieme. Mi mancheranno tutti quelli che lascio in UAE. 

Alessandro Covi, Isaac Del Toro, UAE Team Emirates 2025
Nella restante parte della stagione Covi ha affiancato spesso Del Toro nei suoi successi
Alessandro Covi, Isaac Del Toro, UAE Team Emirates 2025
Nella restante parte della stagione Covi ha affiancato spesso Del Toro nei suoi successi
Lasci la squadra numero uno al mondo, dopo una stagione da record di vittorie. 

E’ stato bello far parte di questa trasformazione che ci ha portati ad essere la miglior squadra del mondo. Anno dopo anno siamo cresciuti, è vero, ma a inizio stagione non pensavamo di poter fare così bene. Dall’interno è stato un viaggio interessante, nel quale ho scoperto cosa vuol dire avere una mentalità vincente e correre per cercare il massimo risultato. Abbiamo messo insieme 96 vittorie (l’ultima nella notte con Del Toro che ha conquistato i campionati nazionali messicani, ndr). 

E’ un momento storico del ciclismo…

Vero, e sono orgoglioso di aver preso parte a questa annata e di aver contribuito al conteggio con due vittorie. Anche se la mia firma è in almeno altre trenta, perché sono stato presente in 15 dei sedici 16 di Del Toro. Pogacar l’ho vissuto di più fuori dalle gare, visto che entrambi viviamo a Montecarlo ed è capitato di allenarci insieme. 

Il lavoro di Covi a supporto dei compagni è stato prezioso in questa stagione dei record
Il lavoro di Covi a supporto dei compagni è stato prezioso in questa stagione dei record
Li hai visti da vicino, cosa li accomuna?

Hanno entrambi una mentalità vincente, Pogacar è il numero uno della storia probabilmente. E la cosa incredibile è quanto sia spensierato. Vive alla leggera nonostante il mondo che lo circonda sia frenetico. Un’altra cosa che accomuna Pogacar e Del Toro è la voglia di vivere una vita normale, senza pressioni. In Del Toro riconosco un talento simile a quello di Pogacar, anche se ora Tadej è ancora un gradino sopra. 

Cosa ti ha impressionato maggiormente di Del Toro?

La sua crescita è stata esponenziale in queste due stagioni. Però la cosa che mi ha colpito di più è come si comporta con i compagni, è sempre disponibile, sorridente e gentile. Anche su questo lato lui e Pogacar sono molto simili. Figuratevi che una volta Tadej mi ha anche tirato una volata, per farvi capire quanto sia umile e disponibile. 

Alessandro Covi, Saudi Tour 2020, UAE Team Emirates
Saudi Tour 2020, la prima gara in maglia UAE per Alessandro Covi
Alessandro Covi, Saudi Tour 2020, UAE Team Emirates
Saudi Tour 2020, la prima gara in maglia UAE per Alessandro Covi
Quando?

Alla Vuelta Andalucia del 2023. Aveva vinto tre tappe su quattro e nella frazione conclusiva doveva essere lui a fare la volata finale. Pogacar nella riunione sul bus, mentre parlavamo della tattica in corsa ha detto: «Oggi facciamo la volata per il Puma (il soprannome di Covi, ndr)». Così nel finale hanno fatto il treno prima Pogacar e poi Wellens per lanciarmi. Sono arrivato secondo alle spalle di Fraile, è stata la sua ultima vittoria in carriera. Scherzando a volte gliela ricordo.

Quanto porterai in Jayco in questi sei anni?

Penso un’infinità di cose e tutto quello che ho imparato lo metterò a disposizione del team. Spero di avere anche più spazio per me e di poter diventare un buon corridore, a 27 anni è il momento giusto. 

Che ricordo hai del Covi che passa dall’essere un under 23 al far parte del UAE Team Emirates?

Ero già entrato in orbita UAE nel 2018, quando correvo in Colpack e andai a fare uno stage da loro. La formazione bergamasca era una specie di vivaio della UAE Emirates, che poi era la ex Lampre. Ricordo il giorno in cui ho firmato, sono andato al magazzino del team insieme a Bevilacqua e ho incontrato Gianetti e Saronni

Alessandro Covi, Murcia 2022, UAE Team Emirates
Vuelta Ciclista a la Region de Murcia 2022, Covi vince la sua prima gara da professionista davanti a Trentin
Alessandro Covi, Murcia 2022, UAE Team Emirates
Vuelta Ciclista a la Region de Murcia 2022, Covi vince la sua prima gara da professionista davanti a Trentin
Un impatto grande?

Immenso, da piccolo ero tifoso della Lampre e conoscevo i corridori per nome e fama. Entrare a far parte di quella squadra fu un onore immenso, ricordo che ai primi ritiri e gare avevo quasi timore nell’approcciarmi a quei campioni. A cena non sapevo dove sedermi, da qualsiasi parte mi girassi ero circondato da grandi corridori: Rui Costa, Kristoff, Ulissi, Gaviria, Aru…

Hai già messo il naso nel mondo Jayco?

Non ancora, c’erano le visite mediche della squadra il giorno dopo il Lombardia ma io ero impegnato in corsa alla Parigi-Tours (terminata al decimo posto, ndr). Avrò modo di farlo nei primi ritiri dell’anno, a novembre.

Del Toro “infilza” anche il Veneto e chiude una super stagione

15.10.2025
5 min
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VERONA – Sul traguardo all’ombra dell’Arena non poteva che entrarci tutto solo Isaac Del Toro. I giochi di parole per questo giovanotto di 21 anni che arriva dalla Baja California si sprecano, esattamente come gli elogi. Con quella al Giro del Veneto, sono 16 le vittorie conquistate dal messicano del UAE Team Emirates XRG.

Se non c’è Pogacar al via, quando si guarda la startlist di gare altimetricamente molto mosse e si legge il nome di Del Toro, si può già sapere in che direzione andrà la corsa. Lo schema è sempre quello, forse proprio come ci diceva in mattinata Baldato: la miglior difesa è l’attacco. E allora, ripresa la classica fuga di giornata, quando la testa della corsa sale per la quinta ed ultima volta sulle Torricelle, ad 11 chilometri dalla fine si scatena Isaac. Un copione già visto con lui per sette volte negli ultimi quaranta giorni.

E oltretutto, a scanso di equivoci dopo aver superato quello ufficiale della Columbia HTC del 2009, con questa affermazione la UAE raggiunge quota 95 successi stagionali, andando ad eguagliare quello della Mapei-GB nel 1997, che però contò anche gare minori. Insomma, se vogliono prendersi il record dei record, hanno ancora qualche occasione, a cominciare dal Veneto Classic di domenica.

All'ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All'arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE
All’ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All’arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE
All'ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All'arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE
All’ultimo giro sulle Torricelle parte Del Toro e fa il vuoto. All’arrivo Sivakov fa secondo e completa la festa per la UAE

Imparare dal più forte

La grandezza di un fuoriclasse è quella di saper far crescere il livello sia della squadra intesa come gruppo di persone, compreso lo staff, sia dei compagni. Qualcosa del genere era riuscito a farlo un “primo” sloveno, Roglic con l’allora Jumbo. Ora è il turno di un altro sloveno, ma più in grande. Correre assieme a Pogacar e viverlo durante i ritiri è una sorta di fonte di ispirazione per Del Toro.

«Fare le gare con Tadej – dice Isaac in conferenza stampa – è un gioco diverso con la squadra, specie in quelle più dure. Quando si corre con lui è incredibile, si può imparare tanto. Nelle ultime corse che ho fatto con Tadej, la squadra mi ha lasciato un po’ più libero da compiti, proprio per capire da vicino come farle al meglio. Ovvio che poi dobbiamo aiutarlo il più possibile quando lui è in difficoltà».

Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione
Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione
Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione
Per Del Toro quella al Giro del Veneto è la 16a vittoria ed anche la sua ultima gara delle 71 disputate in stagione

Dimensione in crescita

Al termine del Giro dell’Emilia, il direttore operativo Andrea Agostini ci aveva detto come il talento di Del Toro gli fosse scoppiato in mano dopo il Giro d’Italia, quanto avesse ancora margini di miglioramento.

«Penso che la mia crescita fisica – spiega Isaac ripensando alla Corsa Rosa e ciò che è arrivato successivamente – è andata molto meglio di quello che ci attendevamo. Sicuramente se dovessi ripetere una annata simile, posso crescere ancora più velocemente, ma quando la testa è stanca la voglia di faticare viene meno e allora bisogna pensare a recuperare.

«Ho ancora 21 anni – prosegue con un buon italiano imparato a San Marino – e né la mia squadra né il mio preparatore hanno voglia di farmi fare tante ore di allenamento. Anzi, penso di essere uno degli atleti della UAE che si allena di meno. E’ una cosa che stiamo gestendo proprio perché sono giovane e devo avere ancora voglia di allenarmi e correre quando avrò 25 anni. Devo saper aspettare e sono certo che crescerò ulteriormente».

In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l'importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro
In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l’importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro
In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l'importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro
In conferenza stampa Del Toro ha sottolineato l’importanza di recuperare e mantenere la voglia di allenarsi per il futuro

Recupero psicofisico

Col Giro del Veneto va in archivio il 2025 di Del Toro, iniziato il 15 febbraio. Esattamente otto mesi agonistici per un totale di 71 giorni e 12148 chilometri di gara. Il diritto di pensare alle vacanze è sacrosanto.

«No, non mi dispiace non correre alla Veneto Classic – risponde accennando ad un sorriso – anche se arrivavo da un bel filotto di vittorie e buoni risultati. Sono contento di finire così la stagione perché altrimenti avrei messo più pressione a me e alla squadra. E’ vero che sarebbe stata una gara alla fine, ma meglio iniziare già a recuperare per i prossimi obiettivi. E poi così finisco con 16 vittorie, anche perché mi state dicendo che il 17 in alcuni casi può portare sfortuna e non voglio rischiare (dice ridendo, ndr).

«Per me le vacanze – finisce il discorso – sono un po’ diverse da quello che pensano tutti. Mi basta stare a casa con la famiglia. Sono di Ensenada (località sull’Oceano Pacifico, circa 100 chilometri a sud del confine tra California e Messico, ndr) e mi godrò il riposo laggiù. Ora come ora è troppo presto pensare a quali gare farò nel 2026 e se ve lo dicessi commetterei un errore perché ancora non so nulla».

Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser
Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser
Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser
Festa UAE anche al Veneto Women. Persico vince (la sua prima gara del 2025) e Gasparrini chiude terza dietro Reusser

Vittorie, pressioni e zero polemiche

Vale la pena anche chiarire alcune circostanze dell’ultimo periodo. Incentivi a vincere sempre e comunque a scapito di interessi generali o di malcontenti in gruppo. Le parole di Del Toro e Scaroni non lasciano adito a dubbi.

«La squadra – chiude Isaac – non ci ha mai messo pressione di ottenere un determinato numero di vittorie, tanto meno di arrivare a 100. Noi vogliamo fare bene ogni gara, grazie alle caratteristiche di ogni nostro corridore. Quando tutti stiamo bene è più facile centrare gli obiettivi, ma soprattutto più semplice lavorare bene».

«C’è stata tanta polemica in ciò che ho detto dopo il Gran Piemonte – ha specificato Scaroni in mixed zone – e alcuni hanno voluto strumentalizzare le mie parole. Intendevo dire che a fine 2025 chiuderanno in tre squadre, di cui due WorldTour, e credo che tutti abbiano bisogno di visibilità. Era solo un dato di fatto. Ho sottolineato più volte che i corridori UAE sono pagati per fare il miglior risultato e hanno fatto bene a farlo, però ho letto che molti media hanno preferito fare speculazioni. Non bisogna fermarsi solo al titolo. E comunque da parte mia c’è stata stima nei confronti della UAE dove ho tanti amici come lo stesso Del Toro oppure Covi. O come Matxin che è stato uno dei pochi di altre squadre a chiamarmi dopo il mio infortunio alla Strade Bianche».

Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar vince a Bergamo

Pogacar sempre in fuga? La miglior difesa è l’attacco

15.10.2025
5 min
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Una stagione monumentale per Tadej Pogacar, un 2025 da record per la Uae Team Emirates-XRG. Non fosse bastato quanto visto prima di mondiali ed europei, vinti peraltro dallo stesso alieno sloveno, ecco il filotto degli ultimi 10 giorni. Dal 3 al 10 ottobre, la corazzata bianconera ha collezionato la bellezza di 8 successi, compresi la cinquina da leggenda al Lombardia di Pogi e l’acuto a Oropa di Adam Yates al Trofeo Tessile&Moda. Novantaquattro affermazioni in quest’anno solare e il numero potrebbe ancora crescere nelle ultime uscite di ottobre

Con Pogacar e Wellens, nel 2024 Baldato ha scortato l’iridato nel sopralluogo della Roubaix
Con Pogacar e Wellens, nel 2024 Baldato ha scortato l’iridato nel sopralluogo della Roubaix

La logica dietro l’attacco

Insieme a Fabio Baldato abbiamo provato ad analizzare non solo le fredde cifre, ma anche come arrivano queste vittorie, in particolare quelle del numero uno del ranking Uci. Se non fosse stata per la tenace azione del campione statunitense Quinn Simmons, il leitmotiv di sabato sarebbe stato quello di capire a che chilometro sarebbe partito Tadej. Ma perché, visto anche il suo incredibile spunto sugli arrivi esplosivi, non attende i chilometri finali e preferisce, invece, sfoderare attacchi da lontano che ricordano un ciclismo d’altri tempi. Smania di stravincere o scatto pianificato a tavolino?

«Ad una prima occhiata – comincia a spiegare Baldato – sembra che sia qualcosa di impulsivo. Se lo si analizza bene, lui parte da lontano quando non ha più compagni a disposizione. Lo si è visto anche ai mondiali. Nel momento in cui non c’è più nessuno che lo possa supportare, sa che tutti gli correrebbero contro perché è il più forte, per cui parte. E’ la logica, lui studia sempre l’attimo. Come alla Tre Valli, in cui si è mosso quando erano rimasti solo lui e Del Toro». 

Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La fuga del mondiale. Prima con Del Toro e poi da solo: secondo Baldato, per Pogacar l’attacco resta la miglior difesa
Campionati del mondo Kigali 2025 strada professionisti, attacco Isaac Del Toro, Tadej Pogacar, Juan Ajuso
La fuga del mondiale. Prima con Del Toro e poi da solo: secondo Baldato, per Pogacar l’attacco resta la miglior difesa

Infallibile dopo le sei ore

E il copione si è ripetuto anche nella Monumento che ha chiuso la stagione. Jay Vine che si scosta perché ha finito il suo lavoro e Pogacar parte ai -37 chilometri dal traguardo, col messicano pronto a far da stopper su Remco e compagnia.

«Non è che si diverta sempre a partire a 60, 70 o 80 chilometri dall’arrivo solo per dare spettacolo – prosegue il cinquantasettenne ds veneto – si tratta di un ragionamento che arriva da lui, ma che è condiviso anche da noi in ammiraglia. E’ quasi obbligato a muoversi, per evitare di essere attaccato e isolato dagli altri. Si tratta di una situazione di corsa che lo porta a questa mossa che a molti può sembrare azzardata ma che, per uno come lui, non lo è affatto».

Ciò che stupisce di più è come in queste cronometro individuali riesca a tenere testa a gruppi più o meno folti e a specialisti del calibro di Evenepoel che detiene tutti i titoli possibili delle prove contro le lancette: «Quando la corsa è di sei ore, come avviene al Lombardia, ai mondiali o agli europei, entrano in scena altre dinamiche e pesa la gestione dello sforzo in questo ampio lasso di tempo. Tadej ha una grinta e una convinzione che non hanno eguali».

Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar in azione sulla salita finale di Bergamo Alta
Il lavoro con Javier Sola e la maturazione hanno permesso a Pogacar di guadagnare in efficienza e definizione muscolare
Giro di Lombardia 2025, Tadej Pogacar in azione sulla salita finale di Bergamo Alta
Il lavoro con Javier Sola e la maturazione hanno permesso a Pogacar di guadagnare in efficienza e definizione muscolare

Maniacale per ogni aspetto

Certo è che se lo scorso anno aveva colpito la vittoria delle Strade Bianche con l’attacco da così lontano, quest’anno è diventato il marchio di fabbrica dei sigilli di Tadej nelle classiche: un aspetto su cui si è concentrato molto tanto lo scorso inverno.

«Lui lavora molto col suo allenatore personale, Javier Sola – prosegue Baldato – Tadej guarda, studia e prepara le corse nel minimo dettaglio. Javier gli dà le basi, ma poi sappiamo che tutti gli anni migliora. Il suo segreto è che al termine di ciascuna stagione fa tesoro di quello che ha fatto di buono e perfeziona quello che ha sbagliato. L’esperienza e gli anni di lavoro ti portano a capire quello che è meglio fare per alzare ancora il livello».

Da ex corridore e grande amante delle Monumento, Baldato stesso resta a bocca aperta nel vedere il continuo progresso del campione che si trova a guidare: «L’impegno e la costanza che mette ogni giorno sono qualcosa di straordinario. E’ un fenomeno, ma non si siede sugli allori ed è maniacale in qualunque aspetto. Dal mangiare all’allenarsi, fino alla vita quando non è in gara. Finché fa così, è imbattibile. L’aspetto che più affascina è che sta diventando sempre di più un uomo da classiche, dando spettacolo anche sul pavé, che è sempre stato il mio terreno prediletto quando correvo».

Parigi Roubaix 2025, Urska Zigart, Tadej POgacar
Il bello di Pogacar? Il divertimento. Dopo la prima Roubaix, sul prato del velodromo ha raccontato la corsa alla sua compagna
Il bello di Pogacar? Il divertimento. Dopo la prima Roubaix, sul prato del velodromo ha raccontato la corsa alla sua compagna

Nuovo assalto alla Roubaix

E a proposito di pietre, ecco che l’obiettivo del 2026, per Baldato, non è così irreale: «Non mi sono stupito a vederlo salire sul podio alla prima Roubaix, perché già in allenamento avevo visto quanto andava forte, anche se farlo al primo tentativo e senza esperienza pregressa, è qualcosa di superlativo. Il Fiandre l’ha vinto al secondo tentativo, vediamo che combinerà. Gli obiettivi chiedeteli a lui, ma io ci spero perché dovrei essere lì a guidarlo. Lo valuterà coi manager e con Matxin, ma credo che sia bello che l’ultima parola spetti a Tadej e lo squadra lo assecondi nei suoi desideri».

Nel 2025, per puntare su Sanremo e Roubaix, Pogacar ha rinunciato a Tirreno-Adriatico e Parigi-Nizza che aveva disputato nelle annate precedenti, riducendo i giorni di corsa per assecondare la voglia di dare spettacolo nelle Monumento. «Alla fine dell’anno, va a fare una sessantina di giorni di gara – spiega ancora Baldato – mentre noi abbiamo corridori che ne fanno anche 80-85. Però lui pianifica tutto e lo fa al meglio».

Isaac Del Toro conquista il Giro dell'Emilia. 14a vittoria stagionale, 88a della UAE nel 2025

Del Toro indomabile a San Luca. A Le Court l’Emilia Women

04.10.2025
7 min
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BOLOGNA – Aveva una cartuccia a sua disposizione e ha fatto centro, ancora una volta. Forse Isaac Del Toro non ha la “gamba” di un mese fa, ma per come si è preso il Giro dell’Emilia nessuno ci ha fatto caso. Quello in cima al Santuario di San Luca è il suo quattordicesimo bersaglio stagionale, il quinto negli ultimi trenta giorni.

Quando è entrato nei mille metri finali, Del Toro ha visto rosso diventando indomabile. Ha messo nel mirino Pidcock che aveva fatto il vuoto appena iniziata l’ascesa conclusiva, poi appena passata la chicane al 18% delle Orfanelle, il messicano della UAE Team Emirates XRG ha salutato la compagnia degli inseguitori. In poco più di un amen si è riportato sull’inglese della Q36.5 che nel frattempo aveva già iniziato a zigzagare. Il tempo di rifiatare e Del Toro è arrivato a braccia larghe. A Pidcock resta indigesta la presenza degli atleti UAE raccogliendo il secondo posto come l’anno scorso (dietro Pogacar), mentre un redivivo Martinez completa il podio di giornata regolando il resto della concorrenza.

Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell'ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint
Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell’ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint
Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell'ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint
Pidcock fa il vuoto sul San Luca, ma nell’ultimo chilometro Del Toro si riporta su di lui battendolo allo sprint

Eroe nazionale

Si disseta dopo il traguardo Del Toro che abbraccia prima Adam Yates per il lavoro svolto per lui nel finale e poi la fidanzata Romina Hinojosa, che corre con la Lotto Ladies. Mentre andiamo verso il palco delle premiazioni scambiamo una chiacchiera con Giorgina Ruiz Sandoval di BiciGoga, web magazine messicano. Nel Paese centroamericano sono otto ore indietro rispetto all’Italia e il Giro dell’Emilia è andato in diretta televisiva.

Le imprese di Del Toro hanno obbligato la tv nazionale a prendere i diritti di tutte le gare in cui lui partecipa e laggiù hanno aperto il proprio sabato col sorriso. Non solo. Da quattro giorni, e dopo quattro anni di “nulla”, la federazione messicana ha riconosciuto una persona in qualità di responsabile. Una sorta di presidente pro-tempore prima che avvengano delle vere elezioni. Tutto ciò grazie ad Isaac.

«Non penso di essere un eroe nazionale – ci dice Del Toro dopo la celebrazione del podio – io penso solo a giocarmi le mie carte in ogni gara. Tuttavia so di avere un po’ più di responsabilità e cerco di fare il meglio per me e per il mio Paese. Sono in una posizione bellissima ora come ora. Sono orgoglioso di essere me stesso».

Martinez completa il podio del Giro dell'Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione
Martinez completa il podio del Giro dell’Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione
Martinez completa il podio del Giro dell'Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione
Martinez completa il podio del Giro dell’Emilia, mentre per la UAE è il successo numero 88 in stagione

Lombardia per Tadej

Al mondiale aveva trovato la compagnia di Pogacar, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. Adesso sembra tutto dimenticato e Del Toro guarda avanti.

«A Kigali ho avuto problemi di stomaco – spiega – ma credo di aver fatto una bella gara, come ne avevo fatte in precedenza. Sono contento nonostante tutto non fossi al 100 per cento. Non è una scusa perché finché mi sono sentito bene ero davanti e volevo fare una grande corsa. Ora mi concentro per le prossime gare».

In totale dovrebbe avere ancora sei gare in programma. Già domani dovrebbe correre la Agostoni, poi Tre Valli e Gran Piemonte prima di fare rotta sul Lombardia.

«No, non parto al pari di Tadej – risponde in maniera pronta e decisa – lui è il capitano e ovviamente lo aiuterò a vincere. Sono pronto».

Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei
Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei
Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei
Del Toro abbraccia la fidanzata Romina Hinojosa (che corre con la Lotto Ladies). La vittoria è dedicata a lei

Tra Emilia e Romagna

Il San Luca è la collina simbolo di Bologna dalla quale buttiamo lo sguardo verso l’orizzonte romagnolo o più precisamente verso San Marino dove Del Toro ha abitato ai tempi della Monex. Lo proviamo a stuzzicare scherzosamente.

«No no – replica sorridendo – mi sento messicano. Certo, guardando indietro, non posso dire che mi senta di qualche altra parte visto che sono cresciuto a San Marino e in Romagna. Mi è piaciuta tantissimo la zona e sono contento di esserci stato, tant’è che ho ancora molti amici. Però non posso sentirmi un poco italiano. Sono un messicano che abita in Italia e che rompe… le scatole ai miei amici italiani.

«Piuttosto – conclude ritornando sulla gara – vorrei ringraziare tutte le persone che mi aiutano ogni giorno, dai compagni allo staff fino alla mia famiglia che mi segue sempre. La dedica però la faccio ad una persona importante che oggi era accanto a me (riferendosi alla fidanzata, ndr)».

Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un "caso Ayuso"
Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un “caso Ayuso”
Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un "caso Ayuso"
Per Agostini (CFO della UAE) con Del Toro non si ripeterà un “caso Ayuso”

Agostini su Isaac

L’anno scorso ci eravamo trovati a San Luca a parlare con Gianetti su cosa rappresentasse Pogacar per la UAE. Questa volta ci imbattiamo con Andrea Agostini e gli chiediamo la stessa cosa su Del Toro.

«Isaac – sottolinea il direttore operativo della UAE – per noi è una realtà importante della squadra. Dopo il secondo posto al Giro la sua dimensione è cambiata totalmente. E’ arrivato da noi con grandissime prospettive, con un processo di maturazione che sta bruciando, tenendo conto che farà 22 anni a novembre. E’ ancora nella fase di crescita, anche se ha dimostrato di saper reggere la pressione quando ricopre un ruolo importante.

«Oggi – va avanti Agostini – era l’uomo che doveva fare la corsa. Sapeva dove doveva partire se avesse avuto le gambe. Ed è partito esattamente in quel punto che aveva dichiarato, sapendo essere freddo. Oltre alle grandi capacità fisiche, ha una mentalità da vincente. Al mondiale ha dovuto fare i conti con problemi intestinali, tanto che a quattro chilometri dalla fine voleva entrare in uno dei bagni chimici posizionati sul circuito. Ma visto che mancava così poco alla fine, ha tirato dritto. Forse dopo i 200 chilometri gli manca ancora qualcosa, ma fa parte di quel processo di cui parlavo prima. Deve imparare ad alimentarsi bene in gara.

«Con Pogacar – continua nella analisi – ha un rapporto bellissimo di amicizia. Tadej stravede per Isaac e viceversa. Ovvio che quando Tadej va così, è Tadej per tutti e tutti si mettono a sua disposizione. Però Tadej ha dimostrato di saper restituire i favori ai propri compagni come con McNulty in Canada. Non ci sono problemi di convivenza fra loro due. E non credo che succederà ciò che è capitato con Ayuso. E’ una questione di personalità. Un campione deve avere un ego importante, ma nelle caratteristiche del campione c’è chi ha voglia di aspettare e chi meno. Isaac è un ragazzo totalmente integrato nel nostro gruppo».

Il trionfo di Kim

Prima dell’arrivo dei maschi, la scena è tutta per le donne. La concomitanza con la prova dell’europeo rovina un po’ la lista delle partenti, che tuttavia è di alto livello. La canadese Vallieres sfoggia per la prima volta la sua maglia di campionessa del mondo conquistata con coraggio sette giorni fa a Kigali. Stavolta però il canovaccio della gara prende la piega più classica alle latitudini dell’Emilia.

Evade la fuga di giornata con cinque atlete che accumula un vantaggio gestibile dal gruppo in qualsiasi momento. Proprio all’imbocco della prima delle due scalate a San Luca, sono tutte compatte e la selezione avviene sia naturalmente sia per effetto di qualche accelerazione. Scollinano in un drappello di una decina scarsa di atlete che si giocheranno il successo. Risalendo verso il traguardo si avvantaggiano in cinque: Swinkels (UAE Team Adq), Isabella Holmgren e Fisher-Black (Lidl-Trek), Le Court (AG Insurance), Kastelijn (Fenix-Deceuninck).

Le pendenze più severe favoriscono Le Court e Fisher-Black. La mauriziana allunga nuovamente andando a trionfare, mentre la neozelandese raccoglie un altro secondo posto dopo l’argento mondiale. Arrivano tutte alla spicciolata, con Kastelijn che trova l’ultimo gradino del podio.

«L’Italia mi porta bene – racconta Le Court dopo le premiazioni – dopo la tappa al Giro Women dell’anno scorso, ho vinto un’altra bella gara. Il vostro è un Paese che mi piace, potrei venirci a fare le vacanze, magari scoprendolo meglio pedalando con più calma. Oggi ringrazio tutte le mie compagne che hanno fatto un gran lavoro andando a ricucire prima delle due salite finali. Mi sentivo bene e quando mi si è presentata l’occasione ho piazzato l’affondo decisivo».

Majka sceglie la famiglia, ma non esclude di tornare (da diesse)

17.09.2025
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Nella sua storia di corridore, Rafal Majka ha corso per tanti capitani, ma tre sopra tutti. Contador, Sagan e Pogacar. Nulla in comune, ride il polacco che a fine anno lascerà il ciclismo, se non la determinazione nel vincere. Per loro a un certo punto ha messo via la voglia d’essere leader ed il suo è diventato il viaggio del più forte gregario del gruppo. Quello che dà la svolta alla corsa e costringe i rivali al fuorigiri. Quello cui un giorno Pogacar ha detto di calare un po’, che bastava anche meno. Tre sono state anche le squadre in cui Majka ha corso a partire dal 2011. La Saxo Bank di Bjarne Riis. La Bora Hansgrohe di Ralf Denk. Il UAE Team Emirates di Mauro Gianetti.

Da oggi, Majka è impegnato nello Skoda Tour de Luxembourg, dopo aver scortato Isaac Del Toro alla raffica di vittorie in Toscana, da Larciano a Peccioli, passando per il Giro della Toscana dedicato ad Alfredo Martini. Lo raggiungiamo prima di cena alla vigilia della corsa, con la curiosità di sapere perché ritirarsi, avendo dimostrato anche quest’anno un livello da assoluto numero uno.

Da oggi Majka è in gara al Tour of Luxembourg, dopo aver aiutato Del Toro in Toscana. Qui a Peccioli
Da oggi Majka è in gara al Tour of Luxembourg, dopo aver aiutato Del Toro in Toscana. Qui a Peccioli
Rafal, come mai?

Ho fatto una bella stagione (sorride, ndr). Anche in Polonia, Austria e le corse successive, sono sempre stato davanti. Però, ti dico la verità, avevo già deciso a gennaio e l’ho comunicato alla squadra. Avevo anche la proposta per l’anno prossimo, perché il grande Mauro (Gianetti, ndr) mi ha detto che il mio posto c’è sempre. La motivazione per andare in bici e allenarmi c’è, però la decisione è arrivata dalla famiglia, dalla voglia stare con i bimbi. Sono 24 anni che sono fuori e non è facile.

Siete stati a lungo separati?

In realtà no. A parte i primi tre anni che ho passato in Italia, poi sono stato in Polonia. Però sempre girando il mondo, più di otto mesi all’anno fuori casa. La routine normale di un corridore. Non sono ancora stanco, però voglio passare un po’ tempo con i bimbi. Vanno a scuola, hanno cinque e nove anni, il tempo passa veloce.

Ti stai abituando all’idea che sono le ultime corse?

Sto veramente bene. Dopo il Giro, abbiamo vinto ancora con Del Toro. Ho fatto il podio al Giro dell’Austria. In Polonia tutti sapevano che avrei smesso e ogni giorno è stato una festa. Poi abbiamo vinto in Toscana e Isaac volava. Adesso sono in Lussemburgo, con una squadra veramente forte. Sono contento di smettere con una squadra che è ancora prima al mondo e che vince tutto.

La UAE Emirates è solo la terza squadra di una carriera molto lunga: come mai hai cambiato così poco?

Sono stato per sei anni alla Saxo Bank che poi è diventata Tinkoff perché stavo bene e avevo sempre la fiducia. Dopo quattro anni sono diventato capitano e potevo anche aiutare Contador. Con la Bora ero un po’ più stressato, perché ero il solo capitano per le corse a tappe e dopo quattro anni ho sentito il bisogno di cambiare. Alla fine è arrivata una squadra, la Uae Emirates, in cui sapevo che c’erano un giovane di nome Pogacar. Pensavo fosse un buon corridore che avrebbe vinto una o due corse, invece mi sono ritrovato a correre con uno che vince tutto e che diventerà una leggenda. Per me è un divertimento correre con il migliore del mondo e migliore della storia. E’ veramente come una famiglia e so che mi mancherà. Perché Gianetti mi ha dato fiducia e come lui anche Matxin. Sono stati davvero cinque anni speciali.

Tre squadre e tre grandi capitani. C’è qualcosa in comune fra Contador, Sagan e Pogacar?

Tutti e tre sono forti con la testa. Impressionante la loro capacità di puntare un obiettivo. Tecnicamente Sagan è diverso dagli altri due, ma quando stava bene, poteva vincere tutto. Tre mondiali di seguito non sono una cosa normale. Anche Alberto è stato un grande campione capace di dichiarare che avrebbe vinto il Giro, il Tour o la Vuelta e poi di vincerli davvero. E poi c’è Tadej, che non dice niente, ma vince tutto. Pogacar parla meno, ma vince tanto.

Era il Giro del 2020, nel giorno di riposo nella cantina di Robert Spinazzè, quando ci dicesti che l’anno dopo saresti andato alla UAE per fare il gregario. Che cosa ti fece scegliere questa strada?

Sapevo che stavano arrivando dei giovani fortissimi. Io avevo ormai trent’anni e capii che sarebbe stato meglio diventare un buon gregario che vincere solo una o due corse all’anno. Perciò decisi di firmare per una squadra come la UAE, pur non sapendo quanto sarebbe diventato forte Pogacar.

Rafal Majka, classe 1989, è passato professionista nel 2011. Ha vinto 3 tappe al Tour (2 volte la maglia a pois), 2 tappe alla Vuelta, il Giro di Polonia
Rafal Majka, classe 1989, è passato professionista nel 2011. Ha vinto 3 tappe al Tour (2 volte la maglia a pois), 2 tappe alla Vuelta, il Giro di Polonia
E’ paragonabile lo stress del leader con quello del gregario?

C’è stress ugualmente, perché per aiutare uno così, devi essere pronto nel momento in cui serve. Però diciamo che lo sopporti meglio, se il capitano può davvero vincere tutto. E’ uno stress diverso, mi viene meglio ed è più facile correre così. Per quello avrei ancora la motivazione di continuare, perché non sono ancora un atleta sfruttato.

Al Giro di quest’anno il meccanismo UAE si è inceppato e Del Toro ha perso la maglia rosa. Che cosa è successo secondo te?

Tutti pensano che possano essere state le gambe o la testa. Io penso a un corridore di 21 anni che ha indosso la maglia rosa fino al penultimo giorno. Ho grande rispetto per Del Toro, come è chiaro che possa essergli mancata un po’ di esperienza. Però è un ragazzo forte, andrà fortissimo ai mondiali e sono certo che nei prossimi anni vincerà anche un Grande Giro.

E a proposito di giovani: che consiglio di senti di dare ad Ayuso che lascerà la squadra?

Di andare forte, andare forte e basta. Allenarsi al 100 per cento e andare forte. Perché anche Ayuso ha un talento che può sfruttare veramente bene, ovunque andrà a correre.

Sestriere, Del Toro ha appena perso la maglia rosa: Majka lo abbraccia, non si può sempre vincere
Sestriere, Del Toro ha appena perso la maglia rosa: Majka lo abbraccia, non si può sempre vincere
Tutto questo ti mancherà?

Mi mancherà tutto. Se fai la stessa cosa da quando sei giovane, è inevitabile che ti manchi quando la interrompi. Però alla fine voglio anche godermi la bici in tranquillità. Non guardare i watt e guardare invece la natura, fare chilometri con uno spirito diverso.

E’ fuori luogo aspettarsi un Majka direttore sportivo?

Volete proprio saperlo? Vi rispondo fra quattro mesi (ride, ndr), perché adesso voglio recuperare bene dopo la stagione. Lasciare tutto per quattro mesi e dopo sicuramente parleremo del futuro in questo sport, perché non voglio abbandonare del tutto un mondo che mi piace così tanto.

EDITORIALE / C’è ancora posto per Ayuso alla UAE?

09.06.2025
5 min
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Caro Ayuso, ti scrivo dopo il Giro d’Italia, perché questo mi offre il modo per allargare lo sguardo sulla direzione del ciclismo. Scrivo a te perché la tua situazione è per me emblematica e scusatemi tutti se anche questa volta scrivo in prima persona.

Caro Ayuso, dicevamo, hai 22 anni e tanta voglia di correre e vincere: correre per vincere, quantomeno, perché non sempre le due azioni coincidono. La tua ambizione è evidente, l’avevamo annotata sin da quando sbranavi le corse U23 con la maglia della Colpack e temiamo che questo non ti abbia creato grosse simpatie. Sennò come si spiega che al Giro tutti i compagni si siano schierati spontaneamente dalla parte di Del Toro? A Siena erano tutti felici per lui, anche quelli che avevano pedalato con te cercando di guadagnare su Roglic (in apertura lo spagnolo in azione sulla salita finale).

Il tuo contratto con il UAE Team Emirates-XRG arriva fino al 2028 e si suppone che sia anche piuttosto profumato, altrimenti come si spiega la clausola rescissoria di cui si va raccontando? Magari sono chiacchiere da bar, ma l’ammontare sussurrato nei capannelli fra giornalisti è da capogiro: chi vuoi che possa pagarla?

Tutela o prigione?

Sei blindato, tutelato, garantito, forse persino imprigionato per altri tre anni e mezzo. Nessuno ti ha costretto a firmare e ha ragione Martinelli a chiedersi se la squadra abbia pensato a dove metterti e tu abbia chiaro dove vorresti trovarti.

Quando il tuo contratto sarà scaduto, avrai 26 anni: gli stessi di Pogacar adesso. Sarai ricco, più maturo, ma forse non avrai nel tuo carnet tutte le esperienze che avresti altrove. Il contratto di Tadej arriva fino al 2030 e a lui spetta la prima scelta. Quello di Del Toro, che ne ha 21, arriva al 2029. Al 2030 arrivano invece i contratti di Pablo Torres (19 anni) e di Jan Christen (20 anni). Senza guardare Almeida e Yates, abbiamo fatto i nomi dei futuri talenti della squadra con cui, pur con uno step di vantaggio, dovrai dividerti le corse.

Pare che dopo le incomprensioni del Galibier al Tour 2024, il rapporto fra Pogacar e Ayuso si sia incrinato fortemente
Pare che dopo le incomprensioni del Galibier al Tour 2024, il rapporto fra Pogacar e Ayuso si sia incrinato fortemente

Opzione Movistar?

Quest’anno sei partito come capitano per il Giro, ma lo scherzetto di Del Toro a Siena ti ha tolto la leadership e la serenità (se il leader cade, di solito i gregari lo aspettano). Chiunque abbia seguito la corsa si è accorto che da quel giorno qualcosa è cambiato. E quando sei stato costretto al ritiro, a meno di cambiamenti non previsti, è stato subito chiaro che per quest’anno di Grandi Giri non si parlerà più. Quanto al prossimo, si aspetteranno giustamente i piani di Pogacar, poi si vedrà che cosa ti toccherà in sorte.

Pare che il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull abbia permesso una diversa interpretazione della norma: non più la penale, ma un indennizzo pari al nuovo ingaggio moltiplicato per ciascuno degli anni residui. Se Ayuso dovesse andare alla Movistar (che parrebbe molto interessata) e la Movistar gli versasse 2 milioni di euro all’anno, l’indennizzo per la UAE ammonterebbe a 2 milioni per ciascuno dei tre anni di contratto residui. Quindi 6 milioni di euro. La UAE Emirates lo lascerebbe andare, mettendo su un piatto il rischio di rinforzare una rivale e sull’altro la ritrovata serenità domestica?

Il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull potrebbe aver riscritto la giurisprudenza in tema di penali e nuovi contratti
Il passaggio di Van Gils dalla Lotto alla Red Bull potrebbe aver riscritto la giurisprudenza in tema di penali e nuovi contratti

Solo un capitano

Il ciclismo è uno sport di squadra, ma il capitano è uno solo. Nel Paris Saint Germain che ha da poco vinto la Champions League c’è un’altissima densità di star, ma nel calcio possono giocare insieme e portare al risultato di squadra. Tu, caro Ayuso, ti vedi nei panni della star che aiuta un altro a vincere? Nelle ultime due occasioni – il Tour 2024 e il Giro 2025, finché sei stato in corsa – l’esperimento è stato piuttosto deludente.

Le corse che contano sono tante, ma non tantissime. E se una squadra ha 4-5 capitani di livello stellare, difficilmente ciascuno di loro potrà correre, vincere, avere la rivincita, provarci e riprovarci. Non avrà la stagione a disposizione. Ci sono dei turni, ci sono programmazioni atletiche, ci sono programmi da incastrare. Per cui se il prossimo anno Pogacar vorrà riprovare il Giro e il Tour oppure tentare il tris come tanti pensano avrebbe potuto fare lo scorso anno, a te cosa rimarrebbe?

Piganzoli e Pellizzari: per entrambi un percorso simile. Prima la professional, poi la WorldTour (per il lombardo dal 2026)
Piganzoli e Pellizzari: per entrambi un percorso simile. Prima la professional, poi la WorldTour (per il lombardo dal 2026)

La distribuzione del talento

Forse a questo punto qualcuno si starà chiedendo cosa cambierebbe se alle squadre più ricche fosse impedito di bloccare corridori così forti per periodi così lunghi. Ci sarebbe la possibilità di trovarli altrove come capitani? E questo potrebbe avere un effetto a cascata sulle altre squadre, in modo che anche le professional tornino un luogo di incubazione ed esperienza per futuri leader?

Certo nessuno mai accetterebbe di scendere di livello, però forse un neoprofessionista di 19 anni non vedrebbe così male la possibilità di farsi le ossa correndo da protagonista le grandi corse in una squadra minore che lo facesse sentire il principe di casa. Come è stato per Pellizzari lo scorso anno alla VF Group e Piganzoli al Team Polti.

Perciò caro Ayuso, nel salutarti e augurarti ancora una splendida stagione, invitiamo te e chi ti assiste a fare una riflessione sul tuo modo di porti e sul contratto che hai firmato. E a chiederti, a prescindere dalla causa, se sia davvero tutto oro quel che luccica.

Batosta digerita, ora Del Toro è consapevole del suo potenziale

08.06.2025
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E’ passata una settimana dalla fine del Giro d’Italia e a mente fredda torniamo a parlare di Isaac Del Toro, l’uomo, anzi, il ragazzino che in qualche modo ha segnato questo Giro più di tutti. E quello che è successo sul Colle delle Finestre è stato qualcosa di incredibile, di forte e misterioso.

Pensate che durante questi giorni, anche noi, ritornati alla base dopo le fatiche del Giro, per le vie del paese, in un bar o a fare la spesa, amici e conoscenti, sapendo del nostro lavoro, ci chiedevano: «Ma come mai la maglia rosa non ha seguito “quell’inglese?”». «Perché il messicano lo ha lasciato andare?». Per dire come certe storie varcano i confini. Noi abbiamo cercato di fare un’analisi anche con il più esperto dei direttori sportivi, Giuseppe Martinelli.

Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo
Uno scatto curioso prima del via del tappone del Sestriere. Unzue, grande capo della Movistar, si è recato a complimentarsi con Del Toro. I due hanno parlato a lungo

Parla Isaac

Adesso riportiamo anche le parole di Del Toro stesso. Ancora un po’ scosso quando lo abbiamo incontrato a Roma dopo il podio a Caracalla: «Cosa porto via da questa cosa? Credo di avere imparato a credere in me e a fare le cose bene… e sempre con il sorriso. Ovviamente. Tutti vogliono cambiare qualcosa, ognuno ha la sua opinione, ma ormai non possiamo più cambiare nulla di questo Giro.
«Tutte le decisioni che ho preso negli ultimi tre mesi mi hanno portato in questa posizione. Ho 21 anni e per diventare il corridore che sono, ho fatto tutto quello che dovevo fare al meglio. Ovviamente sono triste. L’ultimo giorno è stato difficile. Ma devo essere orgoglioso di quanto fatto».

Sul Colle delle Finestre non è stata solo questione di gambe insomma. La  UAE Emirates aveva detto a Del Toro di marcare Carapaz e lui lo ha fatto. Poi quando Simon Yates prendeva il largo sono arrivate le direttive di reagire all’assalto dell’inglese. Ma lì è venuta fuori l’inesperienza. Carapaz e Del Toro hanno iniziato a battibeccare.

Pare che Del Toro abbia detto, testuali parole: «Okay, la corsa è persa ma almeno salvo il secondo posto». La volata a Sestriere e i complimenti in corsa fatti a Van Aert, ripreso mentre completavano la scalata finale, non sono segnali di chi non aveva più gambe. O almeno che non ne aveva neanche per provare a difendersi.

La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader
La UAE Emirates ha corso sempre vicino al suo giovane leader

UAE compatta

Una cosa è certa: la squadra non lo ha abbandonato e anzi ha capito che l’erede di Pogacar è Del Toro. Rafal Majka ci aveva detto di essergli stati vicini. Adam Yates, non in grande spolvero, lo ha sempre affiancato finché ha potuto e lo stesso vale per McNulty e tutti gli altri. Tanto è vero che hanno fatto corsa compatta attorno al messicano.

«Mi dispiace soprattutto per i compagni di squadra – riprende Del Toro – loro mi hanno sempre supportato. Mi sono stati vicini. Ormai è acqua passata. Ma voglio tornare più forte. E anche essere più intelligente (di nuovo il messicano ha usato questa parola che gli abbiamo sentito dire sin dal giorno di Siena, quando prese la maglia rosa, ndr) di quanto sono stato nelle ultime settimane.
Ogni giorno mi sentivo più fiducioso, anche nello stare in gruppo. Aver perso fa male, ma di buono adesso so che ce la posso fare. Ora so che quello che mi ha detto Pogacar può essere vero: e cioè che ce la posso fare. Devo solo stare tranquillo, scaricare la pressione e divertirmi in bici. So che posso lottare per vincere un grande Giro».

Intanto dalla squadra si è saputo che Del Toro non farà la Vuelta. Ma è il modus operandi della squadra di Mauro Gianetti: con i giovani si fa al massimo un solo Grande Giro l’anno. Pensate che lo stesso Pogacar ne ha affrontati due solo a 25 anni, l’anno scorso, quando mise a segno la doppietta Giro‑Tour.

Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani al Giro. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese
Man mano che passavano i giorni si vedevano più tifosi messicani. Un segnale mica da poco pensando alle potenzialità di questo Paese

Sogno messicano

Però, ed è qui che si vedono gli effetti del “ciclone Del Toro”, qualcosa di enorme Isaac lo ha fatto, anzi, forse sarebbe meglio dire: lo ha provocato. A distanza di una settimana dal Giro e un paio dalle imprese in maglia rosa, il Messico del ciclismo si è risvegliato.

Forbes Mexico (bisettimanale di finanza e marketing) ha evidenziato il potenziale economico del ciclismo in un Paese di quasi 130 milioni di abitanti, sottolineando come Del Toro rappresenti un diamante in grezzo per il mercato. Isaac potrebbe scatenare un boom di vendite di materiale tecnico e, soprattutto, aprire le porte a nuovi accordi per i diritti tv come già avviene nei Paesi andini. In effetti, un aumento di audience e sponsorizzazioni per le gare in chiaro o a pagamento si profila come realizzabile grazie all’interesse mediatico attorno al messicano.

In questo senso, il “Sogno Messico” non è solo sportivo ma strategico: Del Toro, grazie ai numeri e al carisma, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella negoziazione di nuovi accordi media tra Europa e Centro‑America. Ma soprattutto potrebbe far salire in bici tanti ragazzini. Qualcosa del genere ce lo aveva già accennato Alejandro Rodriguez che tanto sta facendo, con la sua squadra Monex, per i ragazzi del suo Paese. E Del Toro viene proprio da lì.

Tre (grossi) dubbi di Martinelli sul Giro della UAE e il futuro di Ayuso

06.06.2025
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«Attenzione – dice Martinelli – Del Toro ha fatto un Giro incredibile. Dei tre, tifavo per lui e meritava di vincere. Però proprio perché hai fatto una corsa così grande, non puoi pensare di non fare una cronoscalata fino alla cima del Finestre. Scollini con tre minuti, abbiamo perso il Giro. Scollini con due, ce la giochiamo ancora. Ma se scollini con un minuto solo, possiamo ancora vincere, hai capito?».

Il primo Giro senza Martinelli si è risolto con un colpo alla Martinelli. L’attacco di Yates e Van Aert verso Sestriere ha ricordato quello dell’Astana di Aru e Luis Leon Sanchez, che permise a Fabio di vincere la Vuelta del 2015. A questo si aggiunga che lo stesso Martinelli si è trovato più volte alle prese con la convivenza fra due galli nella stessa corsa. Prima Pantani con Chiappucci. Poi Cunego con Simoni. Quindi Aru con Landa. Che cosa è parso al tecnico bresciano della corsa rosa?

Martinelli è a casa e il racconto dei suoi giorni fa capire che finalmente ha ritrovato un po’ di equilibrio. La vittoria di Scaroni è un po’ anche sua, conoscendolo da quando era un bimbo e avendo insistito in prima persona per portarlo alla XDS Astana. Per il resto, la nostalgia non fa parte del suo vissuto.

Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Ti è piaciuto il Giro d’Italia?

Diciamo che di tutto quello che si era detto, è successo l’esatto contrario. Siamo partiti che Roglic doveva essere il vincitore e doveva giocarsela con Ayuso, mentre Tiberi doveva andare sul podio, invece alla fine ha vinto quello che s’è nascosto più di tutti. Forse anche il più furbo o il più bravo. Non è stato un brutto Giro. Noi italiani siamo stati abbastanza protagonisti. Però tanti nostri corridori sono gregari. Fino a prima della caduta, Ciccone ha lavorato per Pedersen. Un altro corridore come Affini, che a me piace da morire, ha fatto delle cose eccezionali aiutando Yates e Van Aert. Siamo diventati un Paese di gregari…

Ci sono stati due momenti cruciali come la tappa di Siena e poi quella di Sestriere….

Nel giorno di Siena, quando ho visto cadere Roglic, avrei fermato Del Toro e lo avrei messo ad aiutare il capitano. Perché così avrei guadagnato molto di più sullo sloveno che in partenza era l’avversario numero uno. A posteriori è andata bene così, sicuramente. Ma quel giorno ho subito detto: «Ma perché non fermano quello là che sta volando?». Dietro avrebbero guadagnato sicuramente un minuto in più. La UAE Emirates poteva tirare per tornare su Del Toro e proprio lui sarebbe stato in grado di fare la differenza. Se fosse rimasto a ruota e avesse girato in tre anziché da solo, la vittoria di tappa sarebbe stata ancora possibile.

Che cosa ti sembra della tappa di Sestriere?

Non avevo visto l’inizio e quando ho cominciato a seguire, c’era una fuga di 20 corridori e ho notato subito che mancavano uomini di Carapaz e di Del Toro. Memore delle due o tre volte che ho messo in atto quella tattica, mi sono detto che io avrei messo davanti un uomo della UAE Emirates. Poi la fuga ha preso margine e quando ho visto che aveva preso 7 minuti di vantaggio, ho pensato che la UAE Emirates dovesse mettere qualcuno a tirare. Li avrei riportati a tre minuti e così avrei ripreso Van Aert sulla salita. Lui non è uno scalatore, andando su non sarebbe servito a molto.

Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Invece hanno preso la salita con 8 minuti…

Ed è cominciata una battaglia incredibile. Mi sono detto: «Porca vacca, questi qua in cima non ci arrivano!». Hanno preso il Colle delle Finestre come uno strappo di 2 chilometri. E ho detto: «Voglio vedere come fanno a scollinare!». E quando poi è andato via Yates, ho cominciato a pensare: ma cosa aspetta Del Toro a fare il suo passo? Doveva dare subito la sensazione di inseguire Yates. Se lo avesse fatto, non dico che non perdeva il Giro, però avrebbe scollinato con il risultato ancora aperto.

Solo che poi avrebbe potuto poco contro Van Aert e Yates…

Van Aert ha fatto il fenomeno e non sarebbe cambiato nulla anche se avesse tirato Carapaz. Non è stupido e a un certo punto si sarà detto: «Io sono secondo e magari passerò al terzo posto, ma è la maglia rosa che deve seguire chi lo attacca, non io che sono secondo!». L’ho detto subito ai miei amici: Carapaz non aveva niente da guadagnare aiutando Del Toro. E non voglio dire che la UAE abbia sbagliato tutto, solo che secondo me non hanno calcolato che Yates potesse essere il jolly del Giro. Non l’hanno mai considerato, si sono concentrati su uno solo.

Ma se tu sei il direttore sportivo e state perdendo la maglia rosa, glielo dici a Del Toro che deve inseguire?

Una cosa vorrei ripeterla: la mia critica non è sicuramente nei confronti di Del Toro, perché con lui secondo me abbiamo scoperto un altro campione. A ventun anni, è il più giovane di tutti i giovani di cui parliamo ultimamente. Secondo me, ha fatto quello che gli dicevano di fare. Non credo che abbia preso delle decisioni, forse solo a Bormio ha fatto qualcosa di testa sua ed è andato a vincersi la tappa. Credo che Del Toro abbia speso molto durante il Giro, ha corso da protagonista e avrebbe potuto farlo anche nell’ultima tappa.

Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Giro d'Italia 2020
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Proprio a Bormio è parso di rivedere Aru e Landa compagni di squadra sul Mortirolo nel 2015 e Contador che vinse il Giro. Del Toro davanti e la squadra dietro che tirava per Ayuso…

Mi sono trovato in questa situazione, però ho avuto la fortuna di avere campioni come Simoni, Landa e un quasi campione come Aru. Ma quest’anno erano bambini: uno di 22 e uno di 21 anni. Uno che vuole vincere a tutti i costi, perché Ayuso ha le stimmate del campione. E dall’altra parte un ragazzino di 21 anni che va più forte di tutti. Sarebbe stato difficile per tutti, me compreso. Una cosa del genere ti toglie il sonno. Non è questione di Baldato, Matxin o Gianetti. Continui a discutere, ma non trovi la soluzione. Sapete quale sarebbe stata la soluzione? Quella di averne solo uno. Immagino ogni sera il fatto di trovare uno che diceva la sua e l’altro che diceva l’esatto contrario.

Forse alla UAE nessuno si aspettava Del Toro a quel livello, non trovi?

Effettivamente non l’hanno portato perché facesse quello che ha fatto. Se lo sono trovato per strada, come io trovai Cunego. Aveva vinto il Giro del Trentino e anche a Larciano, era in condizione. Se vado a rileggere le interviste, dicevo a Simoni di guardarsi da lui, perché l’avversario più forte l’avrebbe avuto in casa. Non aveva mai fatto la terza settimana, ma scoprimmo che andò più forte che nella prima. E non dimentichiamo che Simoni, con cui litigammo e discutemmo, alla penultima tappa attaccò sul Mortirolo, andò in fuga e mise un po’ di pepe.

Simoni reagì da Simoni, dicono invece che dopo la tappa di Siena, Ayuso abbia perso lucidità…

L’ho pensato anche io. Questo ragazzo ha i tratti del campione, altrimenti non vinci la Tirreno a quel modo. Però alla fine deve capire che il ciclismo è fatto di alti e bassi e dovrà fare delle scelte abbastanza importanti per il futuro. Anche la squadra dovrà decidere come gestirlo. Non farà la Vuelta e per lui un certo tipo di stagione è finito, con un niente di fatto al Giro, senza il Tour né la Vuelta. E se l’anno prossimo Pogacar vuole venire al Giro e poi fa il Tour, Ayuso dove va? E Del Toro dove lo porti? Secondo me lo spagnolo deve capire cosa vuole fare da grande. E la squadra deve capire dove metterlo.

Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Cosa ti è sembrato di Tiberi e Pellizzari?

Ero sicuro che quest’anno Tiberi sarebbe andato sul podio, invece secondo me è arrivato al Giro che non stava bene, tanto da non aver fatto il Tour of the Alps. Probabilmente i cambi di programma lo hanno condizionato e poi ci si è messa la caduta. Ormai quando cadono si fanno male davvero, perché sono mingherlini. Mi dispiace per Antonio, non so quale sarà il suo programma, ma quest’anno aveva una bella occasione. Però io lo salvo ancora, è uno dei migliori che abbiamo, anche se ancora non sa quello che realmente ha nel serbatoio.

Cioè?

Ha paura ad attaccare perché si chiede cosa succede se poi lo staccano. Invece dovrebbe essere più intraprendente, rimandando i calcoli al dopo corsa. Alla Bahrain sono stati bravi a non fermare Caruso quando Tiberi è andato in difficoltà. Che sia stata fortuna o bravura, hanno salvato il quinto posto in classifica. Tante volte è facile criticare, ma bisognerebbe trovarsi lì e avere il coraggio di fare una scelta, che può essere giusta, ma anche completamente sbagliata.

Anche Pellizzari nel giorno di Asiago è stato tenuto vicino a Roglic, del resto…

Secondo me Pellizzari ha fatto quello che doveva, senza un minimo di pressione. E’ arrivato al Giro senza problemi, il percorso ideale per chi vuole fare veramente bene. E’ partito come il bambino più felice del mondo ed è arrivato allo stesso modo. Sono innamorato di quel ragazzo. Mi piace anche Tiberi, ne parlavo sempre con Vincenzo (Nibali, ndr) che l’aveva avuto come compagno di squadra. Però a me Pellizzari piace da quando l’ho visto dilettante, come corridore e come spontaneità. Fa ridere sempre, ha carattere, ci farà divertire.

Un Giro al microfono. Garzelli dà i suoi giudizi finali

05.06.2025
6 min
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Le fatiche del Giro sono alle spalle e Stefano Garzelli, in attesa dei prossimi impegni è tornato nel suo “buen retiro” spagnolo per godersi un po’ la famiglia. Il suo primo Giro da opinionista Rai è alle spalle e l’esperienza è stata molto positiva.

«E’ stato qualcosa di realmente diverso dal solito – dice – non è la stessa cosa che qualsiasi altro ruolo televisivo. A me piaceva raccontare la corsa pensando che mi rivolgevo a chi non è del mestiere, non segue tutta la stagione e sa tutto di ruote, mozzi, allenamenti e strategie. Ho cercato di raccontare questo evento come qualcosa di nuovo».

Primo Giro da primo opinionista in postazione per Stefano Garzelli: una corsa divertente perché sempre incerta
Primo Giro da primo opinionista in postazione per Stefano Garzelli: una corsa divertente perché sempre incerta

Giro esaltante, mai scontato

E’ stato un Giro molto particolare e riviverlo adesso, a qualche giorno di distanza permette di sottolineare e cogliere aspetti che magari sono stati un po’ coperti dal grande risalto dettato dal suo epilogo a sorpresa: «Diciamo che il primo vincitore del Giro è… il Giro. Perché è stato sempre incerto, diverso, mai monotono. Non è facile dare giudizi, sento parlare di fallimenti, ma bisogna anche guardare le singole storie e il Giro ne ha raccontate tante. Un esempio: come si fa a criticare Tiberi? La sua corsa è stata totalmente condizionata dalla caduta, dopo non era più lui perché la botta era stata forte».

E’ vero ma come si fa a non giudicare negativamente (se proprio non vogliamo usare la parola fallimento) la corsa della UAE, per quanto il secondo posto di Del Toro sia carico di prospettive? Non è che la squadra non era abituata a gestire una situazione diversa non avendo Pogacar in corsa?

Yates e Van Aert, un sodalizio che ha funzionato alla perfezione nella penultima tappa
Yates e Van Aert, un sodalizio che ha funzionato alla perfezione nella penultima tappa

La UAE e le gerarchie non rispettate

«Con Tadej è facile correre, praticamente non devi fare nulla… Io credo che qualche errore ci sia stato, innanzitutto nella gestione della gerarchia. Ayuso, per quel che aveva fatto a Tirreno-Adriatico e Catalunya, era il capitano. Alla tappa delle strade bianche è caduto, a quel punto perché Del Toro ha allungato? Era con Bernal e Van Aert, ma non doveva esserci perché la gerarchia imponeva che stesse col capitano. Ciò ha dato a lui la maglia ma ha tolto tranquillità al gruppo, ha mostrato crepe che alla fine sono esplose».

La vittoria di Yates ti ha sorpreso? «So che lui preparava la tappa del Colle delle Finestre da novembre, aveva un conto in sospeso. Ha corso in maniera intelligente, sempre coperto, ma la sua forza è stata soprattutto essersi gestito prima del Giro. Non è un caso che sul podio sono finiti corridori che in primavera non si sono praticamente visti, salvo la vittoria di Del Toro alla Milano-Torino. Ad eccezione di Pogacar, chi va forte a marzo poi a maggio paga dazio. Lui è stato attento, poi la squadra lo ha supportato al meglio».

Una delusione forte per Ayuso, arrivato al Giro come leader dopo le vittorie in serie in primavera
Una delusione forte per Ayuso, arrivato al Giro come leader dopo le vittorie in serie in primavera

Pellizzari tutelato dalla Red Bull

Sulla Visma-Lease a Bike Garzelli ha parole di miele: «Hanno saputo tenere la corsa sempre sotto controllo. Van Aert è stato portato per la tappa delle strade bianche e l’ha vinta, poi avrebbe anche potuto tirare i remi in barca, invece è rimasto in gruppo e si è messo a disposizione. Yates dal canto suo aveva provato a Champoluc, ma ha subito capito che non c’era spazio per sovvertire la classifica e ha rinviato al giorno dopo, è stata una scelta molto saggia. Al sabato è stato un capolavoro di strategia, con Van Aert in avanscoperta che poi ha fatto da fantastico pesce pilota. Tattica indovinata, niente da dire».

Nell’ultima settimana del Giro e anche dopo è stato un fiorire di giudizi su Pellizzari, parlando di quel che avrebbe potuto fare se non fosse stato al servizio di Roglic… «Torniamo al discorso di prima: in un team ci devono essere gerarchie definite e la Red Bull le ha fatte rispettare. Pellizzari il Giro non doveva neanche farlo, è stato Roglic che lo ha voluto in squadra. Lui ha fatto il suo dovere e quando lo sloveno è caduto si è messo al suo servizi perché è questo che fa un luogotenente. Mi ha ricordato il Giro del ’97, quando Pantani cadde e perse 15 minuti. Io rimasi con lui, finii quel Giro 9° ma senza quel quarto d’ora sarei stato 4°. Eppure non mi sono mai pentito, neppure per un istante, di quella scelta, perché in quel momento il mio posto era accanto a Marco».

Roglic e Pellizzari: lo sloveno ha insistito per avere il giovane con sé
Roglic e Pellizzari: lo sloveno ha insistito per avere il giovane con sé

Il Giro degli italiani

Alla Red Bull avranno ora capito che Pellizzari è un leader? «Lo sapevano già da prima – sentenzia Garzelli – anzi io dico che lo hanno preso proprio con quell’idea. Non avevano preso uno qualunque, ma un prospetto per le corse a tappe, capace di vincerle. Per questo non avrebbero voluto neanche portarlo al Giro, ma come detto Roglic la pensava diversamente, poi le cadute sua e di Hindley hanno cambiato i rapporti in squadra. Ora sanno che tiene anche le tre settimane, il Giro ha dato loro ulteriori risposte».

In generale come giudichi questo Giro in chiave italiana? «Si potrebbe pensare che, con una sola vittoria di tappa, sia stato deficitario ma non è così. Io dico che è stato buono, ma molto sfortunato viste le cadute di Ciccone e Tiberi. Però abbiamo avuto Caruso che ha fatto un capolavoro e io l’ho sottolineato subito perché a 37 anni finire in top 5 ha un valore enorme. Era giustamente l’uomo di Tiberi, poi ha saputo sfruttare la sua esperienza, ma soprattutto ha mostrato di avere una grande condizione perché senza di quella non vai avanti».

Tiberi e Caruso. Sfortunatissimo il primo, bravo il siciliano a prendere le redini del team
Tiberi e Caruso. Sfortunatissimo il primo, bravo il siciliano a prendere le redini del team

Caruso, un capolavoro a 37 anni

Non è che il suo risultato è passato un po’ troppo sotto silenzio? «Non credo – afferma Garzelli – noi alla Rai l’abbiamo sempre sottolineato. Poi lo so bene, anch’io fui 5° a 37 anni vincendo due tappe e farlo con gente molto più giovane di te significa molto. Ma ci sono stati anche altri italiani che mi sono piaciuti, come Affini, Garofoli pur abbastanza sfortunato, senza dimenticare Fortunato vincitore della maglia azzurra. Non dimentichiamo poi che è stato un Giro condizionato dalle cadute, almeno 5 da primissime posizioni sono stati messi fuori gioco e questo, sull’esito finale, ha contato molto, ma si sa che per vincere anche la fortuna ha un suo peso».