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Le telecronache da studio di Eurosport, ecco come nascono

05.07.2022
6 min
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Che la Rai non sia più l’assoluto riferimento televisivo nel ciclismo è cosa risaputa già dal secolo scorso. L’Ente di Stato continua però ad avere, rispetto ai concorrenti, il vantaggio di raccontare la maggior parte degli eventi con inviati sul campo. Apparentemente non è poco, ma è davvero un vantaggio? O meglio, questa possibilità viene sfruttata al meglio? Se dobbiamo guardare ai commenti, la risposta è dubbia, perché mese dopo mese, gara dopo gara prende sempre più piede la programmazione di Eurosport.

Il canale internazionale copre tutta l’attività di vertice (non solo il WorldTour) e soprattutto ha un’attenzione che si riversa su tutte le specialità ciclistiche, dalla strada a quelle offroad, fino alla pista con un palinsesto in continua evoluzione. Dopo aver parlato nei giorni scorsi con Wladimir Belli, abbiamo quindi sottoposto gli opinionisti di Eurosport a una serie di quesiti per capire come lavorano e da che cosa deriva l’indubbio successo, a fronte di un forzatamente diverso approccio alle gare.

Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005
Magrini bici 2018
Riccardo Magrini, pro’ fra il ’77 e l’86, vittorioso al Giro e al Tour nell’83. E’ ad Eurosport dal 2005

Magrini: l’importanza del contatto

Riccardo Magrini (nella foto di apertura con il suo compagno di telecronache Luca Gregorio) era già un riferimento, per il suo carattere estroverso, quando correva. Figurarsi ora che è chiamato a commentare le corse: sui social i suoi giudizi spesso netti e senza peli sulla lingua generano sempre discussioni. I nuovi mezzi tecnologici sono per il toscanaccio una risorsa inesauribile.

«Si lavora di continuo – dice – si cerca di rimanere il più possibile in mezzo all’ambiente tramite whatsapp, messaggi, telefonate. Nell’ambiente ci siamo ricavati una certa credibilità, perché abbiniamo alla simpatia anche la correttezza: tante cose che ci vengono confidate non le divulghiamo. Cerchiamo invece per ogni gara di sapere il più possibile, anche perché quando andiamo in onda con telecronache integrali, cerchiamo di condire le ore di diretta con aneddoti e notizie dal gruppo proprio come se fossimo lì».

Che cosa comporta non esserci?

Non riesci a sapere tutto quel che avviene: cadute, forature, cedimenti li apprendiamo esattamente come il telespettatore e questo non ci favorisce di certo. Questo modo di lavorare però ci consente di mantenere un contatto diretto con tutti: corridori, manager, procuratori, addetti ai lavori. Molti ci dicono che il pubblico di Eurosport è fatto molto da chi opera nel settore e probabilmente è vero, ma questo significa che dobbiamo essere il più possibile credibili.

Rispetto a quando correvi, quanto è cambiato il rapporto fra chi corre e chi segue per lavoro? La sensazione è che i corridori abbiano sempre meno voglia e interesse ad aprirsi con i giornalisti…

E’ vero. Con i social si pensa che di sapere già tutto, ma non è così. Quello virtuale è un mondo asettico, che dice tutto e in realtà non racconta nulla. Io cerco di mantenere buoni rapporti con tutti e coltivare i contatti per saperne di più. Gli addetti stampa fanno quello che possono, ma spesso gli input per imporre un simile distacco arrivano dai vertici dei team. Certamente lavorare in questo modo è sempre più difficile.

Cannone 2020
Marco Cannone ha corso 4 anni da pro’, anche su pista. E’ anche responsabile allievi per la Fci lombarda
Cannone 2020
Marco Cannone ha corso 4 anni da pro’, anche su pista. E’ anche responsabile allievi per la Fci lombarda

Cannone, l’uomo della pista

Marco Cannone è l’uomo deputato a raccontare gli eventi del ciclismo su pista e, in questo caso, la penalizzazione del non essere nel velodromo pesa.

«Le gare su pista – spiega – vanno vissute sul posto, questo è innegabile. Basti guardare la madison: io l’ho praticata e so che, più che i corridori in gara, capisci la corsa guardando quelli che attendono il cambio e il loro modo di muoversi. Anch’io cerco di sfruttare le conoscenze, per fortuna ho buoni rapporti con i tecnici e gli atleti e cerco sempre di sondare il terreno al mattino, per capire fino a poco prima dell’inizio di ogni sessione gli umori e le novità».

Rispetto alla strada è più difficile?

Sì, perché nel ciclismo su pista tutto si fonda sulla tecnica, il racconto deve giocoforza cedere il passo ad aspetti tecnici che fanno la differenza e che non sempre sono fruibili dallo schermo. Un compito importante è però anche quello di trasmettere emozioni e far capire a chi segue quel che sta succedendo. La pista ha un impatto meno immediato rispetto alla strada e credo che la risposta positiva del pubblico dipenda proprio da questo.

Ilenia Lazzaro è stata ciclocrossista a livello internazionale. Alla Parigi-Roubaix ha fatto il suo esordio per Eurosport International
Ilenia Lazzaro è stata ciclocrossista a livello internazionale. Alla Parigi-Roubaix ha fatto il suo esordio per Eurosport International

Lazzaro, la prima chiamata a viaggiare

Da parte sua Ilenia Lazzaro non è più solo la voce dell’offroad: ormai la veneta è impiegata su tutto, ha anche avuto esperienze nel brand international di Eurosport e ha così potuto anche commentare sul posto. Nel suo caso l’aggiornamento è costante, attraverso contatti con quell’ambiente frequentato fino a pochissimi anni fa ma anche continuando a studiare.

«E’ vero – dice – studiare è la parola giusta: bisogna tenersi informati attraverso giornali e siti ogni giorno, mantenere rapporti con l’ambiente. Io sto anche studiando il fiammingo per riuscire a seguire in tempo reale l’informazione che arriva dai siti belgi e olandesi».

Nel mondo femminile i contatti sono più semplici?

Anche qui cominciano a essere diradati, alcune squadre pongono sempre più paletti. Inoltre ci sono team che non riescono a capire quanto sia importante mantenere rapporti con chi informa, perché la visibilità arriva proprio da chi scrive o commenta. Lavorando all’estero ho visto bene quanto il contatto diretto sia importante, poi venendo dal ciclocross ammetto che la conoscenza diretta di personaggi come Van Aert o Van Der Poel, costruita negli anni anche prima che arrivassero alla strada, dà i suoi vantaggi.

Moreno Moser 2020
Moreno Moser ha lasciato l’attività solo 2 anni fa, ma da allora ha già riscontrato molti cambiamenti
Moreno Moser 2020
Moreno Moser ha lasciato l’attività solo 2 anni fa, ma da allora ha già riscontrato molti cambiamenti

Moser e il ciclismo che cambia

Ultimo entrato nel gruppo, Moreno Moser adotta un approccio un po’ diverso, pur essendo quello che da meno tempo ha lasciato l’attività.

«I contatti con il gruppo aiutano – dice – ma cerco di non essere troppo addosso ai corridori, li chiamo quando serve. La cosa che ho notato è che il mondo del ciclismo cambia davvero in fretta, tante cose sono già diverse rispetto a quando correvo io e si tratta di un paio d’anni, non di più. Per questo sono sempre restio a dare risposte nette ai quesiti degli amatori che ci seguono quando chiedono di preparazione, alimentazione o altro, perché non ci sono risposte univoche, ogni squadra, ogni corridore ha le proprie».

Quanto è importante questo contatto diretto con gli spettatori, che vi parlano attraverso i social mentre siete in diretta?

Credo che sia fondamentale, ma è anche un’anticipazione di quella che sarà la televisione del futuro, sempre più interattiva in tal senso. Bisogna però che si mantenga sempre un equilibrio, seguire quel che gli amatori dicono ma anche anticiparli e fornire loro sempre nuovi stimoli. Non è facile, ma è fondamentale uscire sempre dai soliti discorsi e raccontare quel che vediamo da angolature sempre differenti. E’ così che catturiamo l’attenzione.