L’addio di Van Avermaet, un uomo comune in cima al mondo

22.10.2023
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«Quando diventi professionista, è un punto di partenza, è come se tutti partissero alla pari, devi semplicemente metterti alla prova e capire dove puoi arrivare. E io sono stupito di dove sono arrivato». In queste parole è racchiusa l’essenza della carriera di Greg Van Avermaet, che alla Parigi-Tours ha chiuso la carriera durata 16 anni e contraddistinta da 42 vittorie. Alcune di peso specifico enorme, come l’oro olimpico di Rio 2016 che gli ha ritagliato un posto fra i grandi del ciclismo belga. Per questo il suo ritiro non poteva passare inosservato.

«Quando ho iniziato – racconta – ero uno dei tanti. Avevo ambizioni, certo, volevo incidere, chi non lo vuole? Pian piano ho sentito che in certe gare come le classiche mi sentivo di essere migliore di tanti. Ma non avrei mai pensato di arrivare in cima, al numero 1 del ranking. Eppure è successo».

Greg con la figlia Fleur. Ora avrà la possibilità di godersi di più la famiglia, cosa che gli è mancata
Greg con la figlia Fleur. Ora avrà la possibilità di godersi di più la famiglia, cosa che gli è mancata

Un portiere mancato

D’altronde non potrebbe essere altrimenti, considerando le sue origini sportive. Da ragazzino, Greg non sognava di essere un ciclista, lui che pure veniva dalle Fiandre, che aveva avuto un nonno corridore professionista e un padre buon dilettante. Lui non guardava a Merckx o De Vlaeminck, Museeuw o Boonen, i suoi idoli erano Pfaff e Preud’homme. Greg voleva fare il calciatore o meglio il portiere. Era arrivato proprio alle soglie del grande calcio, a 17 anni militava nel Beveren, squadra di prima divisione belga avversaria tante volte dei nostri club nelle Coppe. Quel sogno s’infranse un giorno, con un grave infortunio. La riabilitazione passò per la bicicletta e Greg scoprì che nella sua vita era pronto un piano B.

«Quando ho iniziato – ricorda – c’era gente come Armstrong, Hincapie, Museeuw, Cancellara. E’ stato meraviglioso misurarsi con loro e crescere attraverso di loro».

Uno in particolare è stato il suo mentore, quasi senza saperlo: «Per me Hincapie era un’ispirazione, aveva un’atmosfera particolare intorno a sé e tanti anni dopo ho capito che io lo ero diventato per gli altri. Era bello vedere ragazzi come Florian Vermeesch venire in corsa vicino a me a chiedere consigli. Anche questo significa aver fatto la propria parte».

La storia di Van Avermaet è fatta anche di cadute, soprattutto al Giro delle Fiandre (foto Velo Online)
La storia di Van Avermaet è fatta anche di cadute, soprattutto al Giro delle Fiandre (foto Velo Online)

Il ritratto… ripetuto

Sedici anni di carriera sono contraddistinti da tanti episodi. Ma per descrivere l’uomo oltre il campione, può bastarne uno, quasi avulso dalle corse, dalle vittorie e sconfitte. Lo raccontava James Startt, fotografo americano alla rivista Velo Outside.

«Ogni anno Greg ha preso parte alla trasferta canadese – ha detto – per preparare al meglio i mondiali. Alloggiava sempre allo Chateau Frontenac, storico hotel nel cuore di Quebec City. Nel 2018, dopo l’allenamento, gli dissi che avevo trovato un angolo nella reception molto particolare, con una sedia del XVIII secolo circondata da dipinti storici con cornici in foglia d’oro, dove fare un ritratto, lui vestito da ciclista in un contesto completamente diverso.

«Lui, con la divisa BMC, assunse pose che mi piacevano molto per il contrasto che esprimevano e al contempo per quel che dicevano del personaggio. Quand’era tutto fatto, mi arrivò un messaggio dall’addetto stampa: le foto non si potevano usare, non aveva usato le scarpe da ginnastica del team perché aveva fastidi a un piede. Entrai nel panico, la foto era già stata spedita, ma a risolvere le mie difficoltà e i miei timori intervenne lo stesso Greg, disposto a rivestirsi di tutto punto e rifare tutto. Provate a chiedere oggi la stessa cosa…».

Il particolare ritratto scattato da James Statts nel 2018. Una storia dietro questo scatto
Il particolare ritratto scattato da James Statts nel 2018. Una storia dietro questo scatto

Talento e buon fiuto

Van Avermaet può essere considerato l’esempio di come si possa arrivare lontano attraverso due ingredienti specifici: talento e un buon fiuto, che ti consentono di stravolgere anche quelle regole che sembravano scritte. La sua vittoria più grande è figlia di questa regola, il titolo olimpico di Rio 2016: non era una gara per lui, alla vigilia nessuno avrebbe scommesso sulle sue possibilità, lui splendido passista in una gara che sembrava disegnata apposta per chi sapeva andare in salita.

La corsa si era messa esattamente come si prevedeva. Anzi, il suo epilogo sembrava segnato quando Vincenzo Nibali lanciò l’attacco in compagnia del colombiano Henao. In discesa lo Squalo stava costruendo il suo capolavoro, ma una malefica curva lo tradì. Van Avermaet era dietro, ma era sopravvissuto, fra crisi e cadute altrui, fino ad approdare alla gloria eterna.

Van Avermaet con l’oro di Rio 2016, secondo belga a conquistarlo alle Olimpiadi
Van Avermaet con l’oro di Rio 2016, secondo belga a conquistarlo alle Olimpiadi

La maledizione del Fiandre

La sua è stata una carriera di vittorie e fallimenti, anche nei suoi due anni più ricchi: il biennio 2016-17. Nel 2016 era partito fortissimo con le vittorie all’Omloop Het Nieuwsblad e alla Tirreno-Adriatico, era stato 5° alla Sanremo e prometteva sconquassi alle classiche, ma una rovinosa caduta al Fiandre gli costò la frattura della clavicola. Sembrava che la stagione fosse ormai persa, invece risorse dalle sue ceneri approdando alla vestizione della maglia gialla al Tour e all’apoteosi di Rio. Nel 2017 la caduta sull’Oude Kwaremont al Fiandre, quando davanti Gilbert era ancora raggiungibile: quel giorno la classica che più amava sfuggì ancora una volta, la definitiva. Ma sette giorni dopo, Greg sbaragliò la concorrenza a Roubaix.

La carriera di Van Avermaet ha sempre avuto in Sagan un punto di riferimento, il suo contraltare ed è curioso che i loro ritiri siano avvenuti a una settimana di distanza, quasi un segno del cambio generazionale. Due personaggi molto diversi fra loro, caratteri opposti. Molti rivedono nella loro rivalità quella attuale fra Van Der Poel e Van Aert, dimenticando probabilmente che quest’ultima non è però scaturita dal ciclismo su strada, ma è figlia di un processo più lungo e passato attraverso il ciclocross.

Van Avermaet e Sagan al mondiale 2017. La loro rivalità è stata il sale del ciclismo per anni
Van Avermaet e Sagan al mondiale 2017. La loro rivalità è stata il sale del ciclismo per anni

Fermarsi in tempo

Van Avermaet, nel suo passo d’addio, ha rivolto un particolare pensiero al suo rivale slovacco: «Peter ha vinto molto più di me, ma quand’eravamo sul mio terreno ho potuto batterlo alcune volte e questo rende le cose più belle. Lo rispetto molto, ha reso la mia carriera ancor più bella».

Probabilmente “Golden Greg”, come viene chiamato da quel giorno di Rio, avrebbe potuto ancora continuare, ma del suo ritiro si sapeva già dalla primavera.

«Io mi diverto ancora, mi piace pedalare – ha raccontato – ma sento che quel livello, quello del ciclismo di oggi, non mi appartiene più. Le classiche non sono state un granché, così ho deciso che poteva bastare, mi scadeva il contratto con l’AG2R Citroen Team e non mi sono neanche messo a cercarne un altro. E’ meglio fermarsi quando ancora si esprime qualcosa. Io sono ancora preparato, ma non ho più lo scatto di prima e così anche una top 10 diventa proibitiva. Allora mi chiedo, a cosa servirebbe? Sono contento di quel che ho fatto».

Van Avermaet e il futuro da scrivere dopo l’Amstel

16.04.2023
4 min
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Uno dei volti che più ci ha colpito all’interno del velodromo di Roubaix è stato quello di Greg Van Avermaet. Era stanco, come tutti, ma più di altri sembrava anche un po’ abbattuto, scavato nell’anima, come chi ha la consapevolezza che di armi per combattere ad altissimi livelli non ce ne sono.

Greg è stato un super leader per le corse del Nord e non solo quelle. Ha vinto un’Olimpiade su un percorso durissimo – se pensiamo che il colpaccio lo stava facendo Nibali – e ha dominato su palcoscenici che spaziano dalla Tirreno-Adriatico alla Roubaix.

Greg Van Avermaet (classe 1985) accolto dalla sua famiglia al termine della Roubaix
Greg Van Avermaet (classe 1985) accolto dalla sua famiglia al termine della Roubaix

Perplessità legittime

Eppure domenica aveva l’espressione di chi sembra aver capito che a 37 anni forse il suo tempo è passato o è lì, lì per farlo. Ha spinto, si è impegnato, è stato nel vivo della corsa, sempre sul pezzo tatticamente, ma… Ma là davanti sono andati molto più forte. Il fiammingo è arrivato 37° ad oltre 5′ da Van der Poel.

E’ anche vero che forse il corridore dell’Ag2r-Citroen più di altri ha pagato il post Covid. Già lo scorso autunno si chiamò fuori dalla sfida iridata additando le motivazioni delle sue scarse prestazioni anche al vaccino. E ha ammesso che dopo la pandemia non è più andato forte come prima

Anche in questo inizio di stagione non sempre è stato bene. Forse anche per questo la sua primavera non è stata brillantissima. 

Fiandre 2023: Greg sarà anche “vecchio” ma la classe non si discute: dove gli altri scendono, lui pedala
Fiandre 2023: Greg sarà anche “vecchio” ma la classe non si discute: dove gli altri scendono, lui pedala

Al capolinea?

Noi giornalisti, al termine della corsa delle pietre, gli abbiamo chiesto se quella appena conclusa fosse stata la sua ultima Roubaix e quindi se a fine stagione appenderà la bici al chiodo.

«Questo non lo so – ha risposto Van Avermaet – lo deciderò dopo l’Amstel Gold Race, che sarà la mia ultima corsa di questa prima parte di stagione (giusto dopo la Freccia del Brabante ha ribadito che non correrà la Liegi, ndr). A quel punto mi fermerò e con calma deciderò del mio futuro. Ma per farlo dovrò parlare con molte persone e mi servirà qualche settimana. Vedremo… ».

Van Aert (a destra) ha raccolto l’eredità del campione olimpico di Rio 2016
Van Aert (a destra) ha raccolto l’eredità del campione olimpico di Rio 2016

Confronto generazionale

«Una cosa è certa – ha detto Van Avermaet – sono contento che nel mio periodo migliore non abbia dovuto competere con questi fenomeni. È difficile confrontare le generazioni. Ma non si può negare che abbiamo tre fenomeni che possono competere per la vittoria ovunque. Quando decidono di attaccare vanno davvero forte anche se questo forse da fuori non si vede. Oggi se riesci ad entrare nei primi dieci devi ritenerti soddisfatto.

«Mi dispiace più per corridori bravi e forti come Stefan Kung o Valentin Madouas che sono sempre ad alto livello, ma lottano sempre per un posto d’onore. Dev’essere frustrante».

Quanto ha inciso il cambio di tecnologia in tutto ciò? Quanto è diverso rispetto ai suoi tempi? Che poi messa così sembra di parlare di chissà quante stagioni fa, ma non sono più di cinque o sei…

«Io penso che sia sempre lo stesso e ogni tempo fa il suo corso. Tra l’altro il discorso della tecnologia vale per tutti. Alla fine conta solo questa “stupida” gamba».

Per Van Avermaet 17 stagioni da pro’ e ancora una grande voglia di divertirsi in bici (foto Ag2R-Citroen)
Per Van Avermaet 17 stagioni da pro’ e ancora una grande voglia di divertirsi in bici (foto Ag2R-Citroen)

Niente Giro

Greg guarda avanti dunque. Anche quest’inverno aveva ribadito che fare la vita da corridore gli piace ancora, che sapeva che non aveva ancora cinque anni di carriera davanti e che proprio per questo vuole godersi appieno queste ultime annate da professionista.

Ma al netto di quella che sarà la sua decisione sul proseguimento o meno della sua carriera, su una cosa Van Avermaet è stato netto, vale a dire quando gli abbiamo chiesto del Giro d’Italia.

«No, non ci sarò – ha replicato il belga – puntando sulle classiche non è facile fare bene anche al Giro. Se farò il Tour? Vedremo…». E questo ci spiace. Un corridore del suo spessore si ritrova con uno zero nella casella di partecipazioni alla corsa rosa. 

Van Avermaet non molla. «Ma se vincessi il Fiandre…»

05.12.2022
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Da quando è arrivato alla Ag2R Citroen Greg Van Avermaet non ha ancora alzato le braccia al cielo. Il campione olimpico di Rio de Janeiro però non ha perso né il mordente, né gli stimoli… Semmai a remargli contro è la sua carta d’identità. A maggio infatti il belga compirà 38 anni.

Van Avermaet ha iniziato il ritiro con la sua squadra. E’ andato in Spagna e già sta pedalando sulle nuove Bmc con la colorazione 2023 che non passerà certo inosservata.

Greg Van Avermaet in allenamento in Spagna qualche giorno fa (foto Instagram)
Greg Van Avermaet in allenamento in Spagna qualche giorno fa (foto Instagram)

Amare la bici

Qualche giorno fa Van Avermaet ha parlato con una testata francese (Cyclisme Actu) e tra le varie cose ha parlato proprio dei suoi stimoli.

«Non so se questa è la mia sedicesima o diciassettesima stagione, non le ho contate!». Come a dire che il tempo non conta quando si sta bene e si ama ciò che si fa. E infatti: «La cosa più importante per durare tanti anni – ha proseguito Van Avermaet – è amare la bici e non perdere la passione. Quando mantieni la passione, rimani motivato a pedalare, fai di sicuro una buona stagione».

E sempre in tema di motivazioni, più di qualcuno gli ha chiesto, già da tempo, se questa sarà la sua ultima stagione ma Greg non è sembrato d’accordo. O quantomeno ha dichiarato che non inizierà l’anno pensando che sia l’ultimo, nonostante il suo contratto scada a fine 2023.

In 15 Fiandre, il belga è salito quattro volte sul podio. Qui il primo nel 2014. Fu secondo battuto da Cancellara
In 15 Fiandre, il belga è salito quattro volte sul podio. Qui il primo nel 2014. Fu secondo battuto da Cancellara

Pallino Fiandre

Ma gli stimoli non sono “solo il bello di pedalare”, ci sono obiettivi importanti da raggiungere. Alcuni concreti, come la crescita della squadra, lo stare vicino a ragazzi in crescita come Cosnefroy , Vendrame… Proprio su Cosnefroy c’era molto dell’olimpionico nella sua vittoria in Canada. Lo ha ribattezzato il “Piccolo principe” e dopo l’arrivo Cosnefroy lo ha subito cercato. 

E ci sono altri obiettivi molto più ambiziosi, come il Giro delle Fiandre. Van Avermaet sa bene che è molto difficile.

«Non sarà facile fare bene nelle classiche – dice Van Avermaet – Qualche anno fa forse sono stato il migliore per quelle gare, ma ora è un po’ diverso. Tuttavia, posso ancora ottenere buoni risultati, magari non posso più vincere una classica monumento, ma posso agguantare una top cinque».

«Il sogno – anche a quasi 38 anni se ne possono avere – è vincere il Giro delle Fiandre. Ho fatto diversi podi, è la mia gara preferita, ma non l’ho mai vinta. Ci riproverò, mi restano uno o due tentativi. 

«Però se vincessi il Fiandre… allora sì, potrei smettere!».

Greg è stato quarto al mondiale gravel in veneto
Greg è stato quarto al mondiale gravel in veneto. Era la sua prima gara gravel

Apertura ai cambiamenti

Entusiasmo, voglia di mettersi in mostra, provare cose nuove… Van Avermaet ha vinto le Olimpiadi con una grinta mostruosa, la stessa grinta che ci ha messo nel campionato mondiale gravel. E’ arrivato quarto, battuto in volata da Van der Poel. Si era rammaricato che un pit stop imprevisto gli avesse tolto il podio.

Tra l’altro Van Avermaet da anni corre con BMC ed è ritenuto un grande sviluppatore della bici. Anche nel mondo gravel ha voluto dire la sua.

Novità per un corridore esperto come Van Aert è anche il contatto con la nuova generazione. E lui, soprattutto in nazionale, ne ha l’esempio maggiore: Remco Evenepoel. I giovani hanno messo in difficoltà in un sacco di atleti. 

«Remco è un talento eccezionale. Quando è arrivato nel gruppo, ho visto subito che era speciale. Ha delle capacità che non avevo mai visto in nessun altro nella mia carriera. Come ha corso nel Campionato del mondo, alla Liegi o a San Sebastian, è qualcosa che non si vedeva dai tempi di Eddy Merckx.

«Sono un fan di Remco e sono molto felice di poter correre con lui. Magari sarei anche più felice di batterlo una volta!».

AG2R-Citroen, cosa manca per il salto di qualità?

31.01.2022
4 min
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Chi ha chiuso quarto all’ultimo Tour? Alzi la mano chi ha risposto subito Ben O’Connor, corridore della AG2R-Citroen (foto di apertura). Eppure a 3 minuti dal terzo posto di Carapaz c’era lui, ma in questo ciclismo che parla solo dei vincitori, del piazzamento dell’australiano si è quasi persa la memoria. Che cosa avremmo detto se fosse stato un italiano?

La squadra è la casa di Vendrame, come prima di lui lo era stata per Nocentini, Pozzovivo, Montaguti e pure Appollonio. La vecchia Ag2R con i suoi cubetti lo scorso anno ha incontrato Citroen e si è trovata nel WorldTour con il quinto budget, non lontano da quello della Quick Step-Alpha Vinyl, rivoluzionando l’organico. Via Bardet, passato al Team DSM, dentro Van Avermaet e Jungels con il proposito di puntare sulle classiche Monumento.

Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)
Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)

Il primo bilancio

La novità ha infiammato i tifosi e acceso i riflettori, ma alla fine del primo anno le 12 vittorie hanno fatto storcere il naso allo stesso Vincent Lavenu, proprietario della squadra e manager di lunghissimo corso.

«Il dna della squadra restano le corse a tappe – ha spiegato a L’Equipe – anche se abbiamo deciso di ampliare il gruppo classiche. Prendere un velocista e investire troppo sul suo treno ci porterebbe via dal nostro obiettivo. Ma ovviamente bisognerebbe vincere di più: 15 vittorie sarebbero buone, 20 perfette. Ma l’obiettivo resta fare bene nelle grandi classiche. Siamo l’unica squadra francese ad aver vinto una tappa in ciascuno dei tre grandi Giri l’anno scorso, con Vendrame al Giro, O’Connor al Tour e Champoussin alla Vuelta».

Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Il dna è per i grandi Giri, ma gli uomini dove sono?

Abbiamo fatto di tutto per prendere Almeida, abbiamo trattato a lungo con i suoi agenti essendo disposti a sforzi enormi, ma ha scelto di andare negli Emirati Arabi. Gli altri più forti sono tutti sotto contratto e lo saranno a lungo. Non ce ne sono poi molti di quel livello, quindi dovremo fare come in passato per aiutare i nostri giovani a raggiungere il livello più alto. Abbiamo preso Bardet che era un bambino ed è salito due volte sul podio del Tour. Ricominceremo allo stesso modo, finché non troveremo un altro diamante.

Hai già un’idea?

Aurélien Paret-Peintre è arrivato 15° al suo primo Tour nel 2021, come Bardet nel 2013. Non so dove potrà arrivare, si impegna, è intelligente e proveremo a fare di lui un leader senza però dargli troppa pressione. Ben O’Connor ha 26 anni e l’anno scorso è arrivato 4° al Tour, potrà migliorare? Non facciamo pressioni sui nostri corridori. Anche Champoussin ha potenziale, ma il potenziale non basta per fare un campione.

Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Van Avermaet e Jungels hanno deluso?

Greg ha mantenuto il suo livello fino al Giro delle Fiandre dove è stato terzo, poi ha avuto un calo, soprattutto al Tour dove non ha mai sofferto tanto. Ma ha portato tanto in termini di serenità e umiltà… E’ un vero leader. Preferiremmo che vincesse, certo, ma con i giovani è stato esemplare. Jungels ha subito due operazioni all’arteria iliaca, sono sicuro che riacquisterà il suo livello

Una Monumento è alla portata?

Ci proviamo da tanto tempo. Abbiamo corridori con il potenziale per vincerne una. Cosnefroy al top può battere Alaphilippe e vincere la Liegi. Jungels l’ha già vinta. Van Avermaet vive solo per il Fiandre. Ci ispiriamo alla gestione della Quick Step e al loro essere killer nelle corse a cui puntano.

Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
E voi?

Vogliamo diventarlo, rimanendo umili. Niente mi fa infuriare di più di un grande atleta spocchioso. Ai nostri corridori insegniamo a essere gentili, a sorridere sempre. Se un atleta pensa di essere amato solo perché vince, ha sbagliato tutto. Il corridore un po’ meno forte che però risponde ai giornalisti anche quando è deluso, che regala il suo cappellino a un giovane, quello entra nei cuori. Sono stato cresciuto così e non posso sopportare che uno dei miei corridori non abbia la stessa filosofia.

Vendrame racconta la rivoluzione Van Avermaet

11.03.2021
3 min
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Andrea Vendrame sta finalmente maturando. Un ragazzo con un passato del genere tra i dilettanti, non poteva non emergere e piano piano ci sta riuscendo. Ieri sul velocissimo arrivo di Lido di Camaiore ha chiuso al quinto posto. E Bennet e Demare a parte, i più forti sprinter c’erano tutti. Andrea senza un vero treno si è buttato nella mischia. E anche in salita sul Pitoro lo abbiamo visto pedalare sempre composto.

Tirreno Adriatico 2021
Andrea Vendrame subito dopo l’arrivo di ieri alla Tirreno
Tirreno Adriatico 2021
Andrea Vendrame subito dopo l’arrivo di ieri alla Tirreno

L’impronta di Greg

In un precedente incontro, il corridore veneto ci aveva detto una cosa che ci aveva incuriosito: «Affronterò la Sanremo in modo diverso perché è arrivato con noi un vero capitano, Greg Van Avermaet». E la questione è: quanto si sente la sua influenza dopo un mese abbondante di gare?

«Sicuramente c’è stato un grande cambiamento – spiega Vendrame – perché appunto arrivano l’esperienza e la classe di un campione olimpico e vedo che il rispetto in gruppo è diverso. Adesso affronto la Sanremo con un compagno così importante al mio fianco e questo conta. Da parte mia posso dire che dopo l’undicesimo posto dell’anno scorso, con una persona così nel nostro gruppo puntiamo molto in alto. Speriamo bene dai, la condizione sta per arrivare al top».

Vicini in corsa

Vendrame sorseggia una lattina di Coca (lo abbiamo sentito appena dopo lo sprint di ieri). Il massaggiatore lo copre dal vento che spira dal mare. Lui sembra aver recuperato subito lo sforzo. Inoltre, per una volta i corridori non devono affrontare lunghi trasferimenti: gli hotel sono affianco all’arrivo e quello dell’Ag2R in particolare è praticamente sulla linea del traguardo. Questo rende tutto più tranquillo.

Il veneto parla di rispetto in gruppo, ma anche di ranghi serrati, grazie a Van Avermaet. La squadra francese adesso ha una quadratura anche per le corse di un giorno. Corrono in modo più ordinato.

«Greg ha portato delle innovazioni, soprattutto nel correre più uniti. Ormai ci vedete sempre più spesso per fare cerchio e stare tutti ben stretti. Ma per farlo serviva un personaggio così».

Tirreno Adriatico 2021
Greg Van Avermaet, appena arrivato è già un leader dell’Ag2R Citroen
Greg Van Avermaet, appena arrivato è già un leader dell’Ag2R Citroen

Verso Sanremo

Van Avermaet però non ha inciso solo con il suo arrivo. La sua presenza ha influenza anche sulle prestazioni degli altri e sulle tattiche. E infatti Vendrame a quanto pare non sarà solo l’uomo di fiducia del belga. Con la sua presenza emergono delle gerarchie e delle opportunità al tempo stesso.

«Possiamo essere una doppia carta da giocare – dice Vendrame – ma vediamo un attimo come arriviamo a Sanremo, non dimentichiamoci che sono 300 chilometri!».  Insomma se il campione olimpico fosse troppo marcato o non ce la dovesse fare, c’è pur sempre un ragazzo forte e veloce su cui puntare.

Andrea e Greg non hanno mai condiviso la camera, per ora, però tutto il ritiro di gennaio l’hanno passato insieme. E della Sanremo ne hanno parlato sicuramente. Chissà se hanno fatto simulazioni gara, come per esempio prendere la Cipressa a tutta…

«Abbiamo creato un buon feeling – conclude Vendrame – no, simulazioni non ne abbiamo fatte. Io in allenamento sono un ragazzo abbastanza tranquillo, cerco di fare sempre i miei lavori. Il finale della Sanremo sono già andato a vederlo, ma adesso ci torneremo insieme dopo la Tirreno». 

Team Israel Start-Up nation e caschi HJC

HJC, da Oldani le dritte per Froome e Van Avermaet

07.01.2021
4 min
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Con lo scoccare del 2021 e la stagione pronta a partire si svelano finalmente le nuove dotazioni tecniche delle varie squadre. Tra i tanti cambiamenti abbiamo notato i caschi HJC che verranno indossati dai corridori della Israel Start-Up Nation e dell’Ag2r Citroen. Per farci raccontare questi caschi abbiamo parlato con Stefano Oldani della Lotto Soudal che li ha utilizzati nella stagione appena finita, e con Andrea Nicolosi, Area Sales Specialist per HJC in Italia.

Israel Start-Up Nation e Ag2r

Grandi cambiamenti per il Team Ag2r Citroen e per la Israel Start-Up Nation. Tra questi, c’è anche il casco che utilizzeranno Chris Froome, arrivato alla Israel Start-Up Nation, e Greg Van Avermaet sbarcato all’Ag2r Citroen. I caschi che verranno dati in dotazione alle due squadre sono l’Ibex e il Furion.

Per conoscerli meglio abbiamo chiesto a chi li ha usati nella stagione scorsa.
«Devo dire che mi sono trovato bene con i caschi HJC – esordisce così Stefano Oldani – ne avevamo in dotazione due modelli, quello più aperto che è l’Ibex e quello più aerodinamico che si chiama Furion. Li ho alternati molto durante la stagione. Mettevo il Furion nelle gare più veloci, mentre l’Ibex lo utilizzavo nelle gare con più salita per via della sua maggiore ventilazione e perché riuscivo ad incastrarci bene gli occhiali».

Chris Froome alla Israel
Chris Froome in una delle prime uscite 2021 con il casco Ibex
Chris Froome alla Israel
Chris Froome in una delle prime uscite 2021 con il casco Ibex

Chiusura innovativa

Il corridore della Lotto Soudal ci ha spiegato che la sua soddisfazione per i caschi HJC era dovuta anche al sistema di chiusura innovativo di cui sono dotati.
«In pratica ci sono cinque fori a destra e a sinistra nella zona delle tempie – ci spiega Oldani – e bisogna sceglierne uno in base alla propria misura della testa. Dietro non c’è la rotellina, ma c’è una molla precaricata che tiene in tensione il casco e si adatta automaticamente in base agli spostamenti che si fanno con la testa mentre si pedala». Questo sistema di regolazione si chiama Selfit ed è in dotazione sia all’Ibex che al Furion. Tra le varie qualità che ci ha raccontato Oldani c’è anche l’aspetto estetico: «Anche a livello di design sono molto belli, hanno una bella forma».

Stefano Oldani Tirreno 2020
Stefano Oldani impegnato in una gara 2020 con il casco Furion
Stefano Oldani Tirreno 2020
Stefano Oldani impegnato in una gara 2020 con il casco Furion

Per HJC è un onore

L’impegno di HJC per il 2021 si è moltiplicato ed è passato da una squadra a due squadre World Tour, con corridori di primo piano che lotteranno sia per le classiche che per i grandi giri a tappe.
«Per HJC è un grande impegno e un onore avere corridori come Chris Froome – ci racconta Andrea Nicolosi – speriamo che contribuisca a far conoscere maggiormente questo marchio che è già fra i leader nel settore delle moto».

Niente imbottiture

In effetti le qualità tecniche dei caschi HJC sono molte, infatti oltre all’innovativo sistema di chiusura di cui ci ha parlato Oldani, ci sono altre caratteristiche interessanti.

«Nei caschi HJC sono state tolte le classiche imbottiture grazie alla tecnologia Coolpath, che agevola il flusso d’aria interno – ci spiega Nicolosi – inoltre, la calotta è stata disegnata in modo tale che rimanga sempre staccata dalla testa, in questo modo non si creano problemi in termini di comodità».

Nans Peters nuovo casco HJC Ibex
Nans Peters mostra il casco Ibex con i colori dell’Ag2r Citroen
Nans Peters nuovo casco HJC Ibex
Nans Peters mostra il casco Ibex con i nuovi colori dell’Ag2r Citroen

Leggeri e sicuri

Ovviamente non poteva mancare il fattore sicurezza.
«Tutti i caschi HJC sono dotati di protezione Roll Cage – continua Nicolosi – si tratta di un’armatura interna in titanio che rimane intatta in caso di rottura del casco dovuta ad una caduta». Andrea Nicolosi ci tiene a sottolineare che: «Il Furion è il casco aerodinamico più leggero sul mercato, nella taglia M pesa solo 190 grammi». Per la precisione aggiungiamo anche il peso dell’Ibex, che si attesta a 200 grammi sempre nella taglia M.

Aerodinamici

Infine, sottolineiamo come sia l’Ibex che il Furion sono stati sviluppati in galleria del vento e sfruttano l’effetto Venturi, denominato da HJC Venturi Dynamics. Con questo sistema si massimizza l’efficienza aerodinamica sfruttando la differente pressione del flusso d’aria che entra nel casco tramite i fori della parte frontale e viene scaricata attraverso l’apertura posteriore. Questo porta anche ad un maggiore dissipamento del calore interno.