Briko Mach 4 e Aero Plus: due novità per la Green Project

17.09.2023
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In occasione di Italian Bike Festival, Briko svela due caschi nuovi di zecca: Mach4 e Aero Plus, entrambi in verde e con finitura marmorizzata. Il primo è un modello nato dalle esigenze di un ciclismo sempre più veloce, con la calotta chiusa e sette prese d'aria. Il modello Aero Plus, un prodotto leggero, ventilato e compatto. Ha una doppia calotta e ben 12 prese d’aria. Sono i caschi della Green Project-Bardiani, presentati per l'occasione da Michele Viggiano, Global Brand Manager di Briko.

MISANO ADRIATICO – La cornice dell’Italian Bike Festival diventa un richiamo per appassionati e curiosi. Nello stand di Briko una teca di vetro, coperta da un telo nasconde quelle che sono le due novità del brand. Sono due caschi, che dalla stagione 2024 saranno in dotazione al team professional Green Project-Bardiani CSf-Faizanè. 

«Abbiamo voluto festeggiare in grande i dieci anni di collaborazione tra Briko e il team di Reverberi (ci spiega Michele Viggiano, Global Brand Manager di Briko, ndr). Per farlo siamo andati a rinnovare la nostra proposta di caschi proponendo questi due modelli: Mach 4 e Aero Plus. Entrambi presentati con questa colorazione verde, a richiamare i colori del team».

Ecco i due nuovi caschi proposti da Briko per la Green Project, spicca la colorazione verde
Ecco i due nuovi caschi proposti da Briko per la Green Project, spicca la colorazione verde

Velocità e aerodinamica

Il primo dei caschi che ci viene presentato è il Mach 4, un modello nato dalle esigenze di un ciclismo sempre più veloce. La calotta, quasi completamente chiusa, lascia spazio a 7 prese d’aria. L’impatto aerodinamico è bassissimo, nonostante ciò il ricambio interno dell’aria è garantito dalla struttura del casco stesso. Non si soffrirà quindi di surriscaldamento, anche a velocità più basse. 

Il Mach 4 è un prodotto che unisce appunto aerodinamica e ventilazione, queste caratteristiche lo rendono adatto sia per il ciclismo su strada che per il triathlon. E’ costruito con tecnologia in moulding. E’ dotato di un sistema di regolazione orizzontale e micrometrico verticale, così si adatta perfettamente ad ogni utilizzatore. Le taglie disponibili, infatti, sono due: M (53-58) e L (59-63).

Gli interni, realizzati con trattamento anti batterico Microarmor, sono rimovibili e lavabili. Da Briko la sicurezza viene posta in cima alla lista delle esigenze, grazie alla presenza nella parte posteriore di dettagli catarifrangenti.

L’Aero Plus

Il secondo casco presentato è il modello Aero Plus, un prodotto leggero, ventilato e compatto. Ha una doppia calotta e ben 12 prese d’aria: questo lo rende un casco leggero ma estremamente resistente. La sua struttura lo rende ideale anche per chi percorre strade sconnesse e irregolari, come nel gravel

Costruito anche in questo caso con tecnologia in-moulding. Al suo interno è dotato di una calotta anti insetto ed una chiusura a clip con doppio scatto laterale. Anche in questo caso le taglie disponibili sono due: M (53-58) e L (59-63).

Briko

Grammont domato, ma ora Magli vuole di più

11.09.2023
5 min
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Per qualcuno il Muur Classic Geraardsbergen potrà essere una gara che dice poco. Si tratta di una classica belga incentrata sulla ripetuta scalata del Muro di Grammont, dove si è scritta la storia del Giro delle Fiandre. Lo scorso anno la vinse Mathieu Van Der Poel, che in questo tipo di corse è sempre andato a nozze. Il fatto che a vincerla quest’anno sia stato Filippo Magli, l’empolese della Green Project Bardiani CSF Faizané ha quindi un significato particolare.

Un significato acuito dal fatto che, mentre Magli correva in Belgio, la sua fidanzata Gaia Masetti era protagonista assoluta al Tour de l’Avenir. Gioie condivise attraverso lo smartphone, guardandosi a distanza, unendo i sentimenti prima di potersi reincontrare. Per il toscano è stata una vittoria inaspettata, arrivata in un periodo di attività intensa.

L’arrivo vittorioso del toscano, battendo nel testa a testa il britannico Burchill
L’arrivo vittorioso del toscano, battendo nel testa a testa il britannico Burchill

«Questa gara non era neanche nel mio programma. Avevo fatto il Giro di Danimarca chiudendo piuttosto bene, con una top 10 e una buona classifica, ma poi ho dovuto prendere il posto di un compagno e fare le valigie di fretta e furia. Non mi dispiaceva andare, l’avrei preso come un buon allenamento in vista della successiva gara di Plouay, invece le cose sono andate diversamente».

Non era d’altro canto una gara molto comune…

Si trattava di una corsa in circuito, nei primi 3 giri affrontavamo il muro passando sull’asfalto, negli ultimi 3 ricalcando fedelmente la parte affrontata al Fiandre. E’ stata una corsa movimentata fin da subito, io non ero partito puntando a un risultato in particolare, ma ben presto il gruppo si è frazionato e io mi sono trovato davanti insieme a Colnaghi. E’ diventata una gara a eliminazione fino a quando ci siamo trovati davanti io, il britannico Birchill e l’olandese Schulting e a quel punto ho giocato le mie carte.

Il Grammont ha il sapore del mito. La corsa esiste dal 1912, Van Den Haute l’ha vinta 7 volte
Il Grammont ha il sapore del mito. La corsa esiste dal 1912, Van Den Haute l’ha vinta 7 volte
Che effetto ti ha fatto pedalare su quelle strade?

Per tante volte mi ero messo davanti alla Tv per assistere al Fiandre, ma quando ti ci trovi è qualcosa di diverso. Non importa il livello della corsa, in Belgio ogni gara ha l’atmosfera delle Classiche. Mentre pedalavo sul Grammont ricordavo l’impresa di Bettiol e mi sono esaltato, mi sono sentito protagonista.

Quando hai capito di poter vincere?

Eravamo rimasti davanti in una trentina, ma molte squadre avevano più uomini in campo. Ai -70 c’è stato un forcing e si sono ritrovati davanti in 5, quando ho capito che poteva essere l’azione decisiva mi sono deciso e sono partito da solo all’inseguimento. Il gruppo rimasto ha poi cominciato a recuperare, ma eravamo un po’ tutti stanchi e questo è stato il fattore decisivo: io non sono tanto veloce, ma ho capito che a quel punto non contavano le doti personali, quanto le energie rimaste. Sull’ultimo muro ho sentito i crampi, ma non ho mollato.

L’empolese sul podio, succedendo a un certo VDP. Solo in 40 hanno concluso la gara
L’empolese sul podio, succedendo a un certo VDP. Solo in 40 hanno concluso la gara
Che cosa ha detto Gaia quando vi siete sentiti?

L’ho chiamata appena possibile, non voleva crederci. Lei era a fare i massaggi, anche lei quel giorno era andata forte. Poi ci siamo sentiti con più calma alla sera, è stato bello condividere quello che avevamo vissuto, quando hai qualcuno al tuo fianco tutto ha un sapore migliore.

Ti ha sorpreso più il risultato tuo o i suoi?

Prima che partissimo avevamo avuto modo di allenarci insieme e avevo notato che andava particolarmente bene, che aveva una gamba brillante. Sapevo che in Francia avrebbe fatto qualcosa d’importante.

Per Filippo e Gaia una settimana speciale, lontani l’uno dall’altro, ma condividendo le gioie ciclistiche
Per Filippo e Gaia una settimana speciale, lontani l’uno dall’altro, ma condividendo le gioie ciclistiche
Una vittoria la tua che dà un’impronta a quale stagione?

Io ero già abbastanza soddisfatto per essere il mio primo anno fra i pro’. Ho avuto la possibilità di fare le migliori gare, sapevo già che con un calendario del genere avrei preso parecchie “frustate” perché il livello era molto alto, ma le mie soddisfazioni me le ero prese. Avevo portato a termine il Giro d’Italia, avevo sfiorato il podio al campionato italiano, certamente poi questa vittoria dà a tutto un altro sapore.

Accennavi al Giro: portare a termine una corsa di tre settimane che effetti ha avuto?

Dicono che cambia il tuo motore, io ho potuto provarlo sulla mia pelle. Il Giro non s’improvvisa, devi essere pronto a tutti i livelli. Il fisico non è abituato a uno sforzo così prolungato nel tempo e sul piano mentale devi saper tenere nei momenti più duri, che arriveranno di sicuro. Quando finisci però ti accorgi che qualcosa è cambiato proprio a livello di cilindrata.

Magli al Giro, chiuso senza squilli ma con tanta esperienza in più
Magli al Giro, chiuso senza squilli ma con tanta esperienza in più
E ora?

Ora si va avanti con nuovo entusiasmo verso la prossima stagione che sarà molto importante. Io ho già il contratto con la Green Project per il prossimo anno quindi posso lavorare tranquillo, ma non è la squadra che mi mette pressione, me ne metto già io abbastanza perché non voglio che il prossimo sia un anno comune, voglio dimostrare che mi merito di correre fra i pro’ e che posso fare anche di più.

La squadra parallela di Pellizzari e il “libro scritto” di Gentili

01.09.2023
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«Questa è la storia di un libro già scritto. Anzi, che stiamo scrivendo», esordisce così Massimiliano Gentili, ex professionista e direttore sportivo di Giulio Pellizzari quando era uno junior all’UC Foligno. Tra i due c’è stato e c’è tuttora un legame forte.

Oggi Pellizzari è una delle speranze più concrete che abbiamo per le corse a tappe. Il secondo posto al Tour de l’Avenir è stato la conferma di un processo di crescita che era sotto gli occhi di tutti, ma che per un motivo o per un altro non riusciva a fiorire del tutto. Adesso gli scenari cambiano.

Pellizzari, junior con la maglia dell’UC Foligno
Pellizzari, junior con la maglia dell’UC Foligno

In famiglia…

«Negli ultimi quattro anni – dice Gentili, nella foto di apertura vicino a Pellizzari – in pratica ho vissuto per lui o quasi. Sono arrivato a Giulio perché prima di lui avevo in squadra suo fratello Gabriele, col quale tra l’altro ci sentiamo ancora. L’altro giorno l’ho preso in giro perché era in Francia a tifare Giulio ed è rientrato a casa dopo il via della tappa che ha vinto. Che poi è la stessa cosa che fece il papà Achille al Tour of the Alps. Lui andò via e il giorno dopo Giulio fece quel tappone!».

La prima volta che Gentili incontrò Pellizzari, Giulio era un esordiente. Racconta di un ragazzino piccolo, anzi piccolissimo… magro che forse non non arrivava a 40 chili.

«Quel giorno andammo in bici insieme e su un circuitino dalle nostre parti, appena arrivò una salita, partì come un sassata… Gli dissi di stare calmo. Però mostrò subito un certo carattere».

Giulio Pellizzari (classe 2003) è cresciuto moltissimo in questa stagione
Giulio Pellizzari (classe 2003) è cresciuto moltissimo in questa stagione

Niente under 23

Gentili lo vede crescere. Capisce che può esserci parecchio di buono in quel ragazzo che oltre ad essere un buon atleta è una persona educata ed umile.

«Da allievo – racconta Gentili – Giulio vinse una sola corsa. Ma più che altro in quel periodo, capendo che poteva essere bravo veramente, iniziai a fargli dei test. Ma questi erano mirati non a spingerlo verso i suoi limiti, ma a tutelarlo. 

«Io ho la fortuna di essermi sempre tenuto in buona forma, anche dopo aver concluso la mia carriera. In bici ci vado e qualche ora a buon livello la faccio ancora. So capire, so valutare e il mal di gambe me lo ricordo ancora. Uscivo con i ragazzi e vedevo che c’era qualcosa di buono per davvero».

Giulio va sempre meglio. Quando passa junior però ecco il Covid. Come i suoi coetanei perde una stagione o quasi. Però andava forte. Gentili gli ripeteva che poteva anche perdere, che poteva anche trovare uno più forte di lui, ma con quelle gambe non poteva scendere al di sotto del terzo posto.

E così dopo quell’annata cambiarono registro. Pellizzari fece un bell’inverno, ma sempre considerando che di mezzo c’era la scuola, e migliorò ancora. Diciamo che smise di “giocare” in bici come aveva fatto fino a quel momento.

«Per lui – prosegue Gentili – ho fatto una cosa che mai avevo fatto prima: ho iniziato ad alzare il telefono e a farmi sentire, anche dai tecnici in nazionale…

«E a Giulio dicevo: “Se va come dico io, tu salti i dilettanti e diventi professionista”. Avevo questa idea sia perché iniziavo a vedere di questi progetti giovani che nascevano nei team dei pro’, sia perché la vera tutela per lui era quella». 

Max infatti fa un discorso tecnico sul non aver mandato Pellizzari fra gli under 23. Giulio infatti non è veloce e neanche è un drago in bici… anche se sta migliorando.

«Buttarlo tra i classici under 23 – spiega – significava bruciarlo, o quanto meno non valorizzarlo. Magari lo avremmo anche perso. Per lui doveva esserci un periodo di crescita. “Tu sei da corse a tappe e io devo traghettarti”, gli ripetevo. Ancora oggi, nonostante l’Avenir e tutto il resto, se lo portassi a correre alla gara di Castiglion Fibocchi di turno, Giulio avrebbe le sue difficoltà».

Al prologo del Giro, poco prima di doversi ritirare: la crono è un terreno da esplorare bene (foto Green Project-Bardiani)
Al prologo del Giro, poco prima di doversi ritirare: la crono è un terreno da esplorare bene (foto Green Project-Bardiani)

La squadra

Le cose vanno avanti, anche oltre il ciclismo degli allenamenti ed è così che di fatto nasce una squadra: Gentili, Giulio e il papà Achille. E poi anche il coach, Leonardo Piepoli.

Gentili sa che a certi livelli, vanno bene la squadra e il personale, ma serve soprattutto qualche punto fisso,:qualcuno che ti stia vicino anche e soprattutto nei momenti più difficili. Un po’ come fece Nibali nel tempo: con Pallini, Magni, Agnoli, Vanotti… Un piccolo team, all’interno del team. Pellizzari non è ancora arrivato a tanto, ma il concetto è quello.

«Tutelarlo è la mia parola d’ordine – spiega Gentili – non voglio che commetta gli errori che ho fatto io e che si ritrovi da solo di fronte alle difficoltà che verranno. Ricordo per esempio la storia del ritiro dal Giro Next Gen.

«Lo aveva preparato con meticolosità: si puntava forte sullo Stelvio e anche di più. A pochi giorni dal via gli viene la febbre. Tutti insieme (anche con la Green Project, ndr) decidiamo di non fargli fare nulla. Il giovedì una sgambata. Sembra che le cose vadano meglio fino alla presentazione delle squadre. Quella sera sto per chiamarlo. Il Giro iniziava con una crono e volevo sapere quando partiva. Prendo il telefono in mano e mi chiama lui in lacrime: “Mi è tornata la febbre e ho anche problemi intestinali”. Si prova a partire, ma ormai la frittata era fatta. Lo consolai un quarto d’ora al telefono. Ecco a cosa serve la squadra che dico io.

«Perché da quel supporto poi piano piano ci si rialza più forti. Oggi la testa, che prima era un suo punto debole, è diventata un punto di forza».

La vittoria al Medio Brenta, Pellizzari l’ha ottenuta di rabbia e non di gambe. E lo stesso le critiche dopo Capodarco, che per Giulio è quasi la corsa di casa, andavano vagliate. In tanti si aspettavano qualcosa da lui.

«Siamo a Capodarco – racconta Gentili – se mi giro c’è il mare e queste sulla collinetta sono olive. Ecco, Giulio non è tipo da mare né da ulivi, ma da vette e abeti. E forse neanche quelli per le quote dove va forte lui».

Giulio in fuga alle alte quote di cui parla Gentili con il re dell’Avenir: Del Toro (foto Tour Avenir)
Giulio in fuga alle alte quote di cui parla Gentili con il re dell’Avenir: Del Toro (foto Tour Avenir)

Come Kuss

Piepoli lo ha chiamato in causa Gentili. Non che Max non sapesse il fatto suo, ma per certi livelli serve una figura professionale e che stia nel mondo dei pro’. I due si conoscevano da anni. C’era fiducia. Il confronto tra papà, Max e Leonardo è costante.

Il passaggio alla Green Project-Bardiani in parte dell’entourage del ragazzo fece storcere il naso a più di qualcuno. Non per la squadra di destinazione, sia chiaro, ma perché specie nel Centro Italia si era usciti dagli schemi: juniores, under 23, pro’.

«Giulio ha dei valori fisiologici eccezionali – conferma – eppure da junior ha vinto solo tre gare. Ma non era quello l’importante. Gli dicevo che passando pro’ e lavorando in un certo modo, già al secondo anno sarebbe andato più forte… e così è stato. Che si sarebbe ritrovato dapprima fianco a fianco con i colleghi più forti in squadra negli allenamenti e poi avrebbe messo il naso davanti nelle corse. Una pagina già scritta del nostro libro. Lo dico sempre ad Achille, Giulio è il figlio maschio che non ho avuto!

«Gli è stato chiesto quale fosse il suo sogno e lui ha risposto vincere il Tour de France. Io non so se ci riuscirà, non si conoscono ancora i suoi limiti, ma se con i valori che ha, con il suo recupero, già diventasse un Sepp Kuss non sarebbe male. Ma questi poi sono sogni e per i sogni c’è un altro libro».

Per Colnaghi un podio di lusso da cui ripartire

28.08.2023
5 min
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In Danimarca, Luca Colnaghi c’era già stato lo scorso anno, con un nono posto come miglior risultato. Questa volta però il PostNord Danmark Rundt gli ha dato, seppur per poco, quella risonanza di cui la sua carriera aveva bisogno. Un terzo posto di tappa dietro due autentici mostri sacri come il campione europeo Fabio Jakobsen e Mads “vincitutto” Pedersen: un podio che ha un grande valore e che può rappresentare quell’iniezione di fiducia per dare nuova spinta alla sua carriera.

Luca è al suo secondo anno alla Green Project Bardiani CSF Faizané. Era uscito dalla categoria Under 23 con grandi aspettative, come corridore capace di sorprendere, diciamo in rampa di lancio. Il risultato della volata di Bagsvaerd è il punto più alto e lo stesso lecchese ammette che è un punto di partenza, ma non molto altro.

Colnaghi affiancato a Jakobsen, uno sprint serratissimo. Il lombardo finirà terzo
Colnaghi affiancato a Jakobsen, uno sprint serratissimo. Il lombardo finirà terzo

«Sicuramente è il risultato più importante di questo biennio – afferma Colnaghi – per il fatto che davanti a me sono finiti due personaggi cardine del movimento, ma nel ciclismo se non vinci non è che poi hai fatto tanto. Conta sì, ma voglio ben altro».

In Danimarca avevi colto anche un 10° posto nella prima tappa. Quella corsa ti si addice?

Sì, lo avevo fatto anche lo scorso anno e avevo visto che è adatto per ruote veloci, ma non sono mai tappe scontate, diciamo che la volata te la devi guadagnare. E’ stato così anche quest’anno: nella prima tappa c’era pioggia e io ho sbagliato nella ricerca della posizione, altrimenti potevo finire molto più avanti. Nella seconda c’è stato un attacco ai meno 3 e ho perso l’attimo, nella terza che era la più dura sapevo di non avere una condizione sufficiente per tenere i più forti, poi c’è stato lo sprint del terzo posto.

Per Colnaghi quest’anno 8 piazzamento nei 10, un bilancio che conferma la sua costanza di rendimento
Per Colnaghi quest’anno 8 piazzamento nei 10, un bilancio che conferma la sua costanza di rendimento
Che impressione hai avuto da chi ti ha battuto?

Mi ha colpito molto Jakobsen, quando è partito mi ha praticamente lasciato sul posto… Quella volata però insegna molto, soprattutto l’importanza della posizione, del prendere la ruota giusta. Io che non sono un velocista puro mi sono trovato a lottare con i più forti, Pedersen ad esempio mi ha passato solo negli ultimi 10 metri e questo lo si deve proprio alla posizione che avevo trovato.

Come giudichi nel complesso la tua stagione?

Il bilancio nel complesso è positivo. Ho colto otto top 10, anche in prove del WorldTour o comunque spesso a confronto con squadre e corridori della massima serie, però io sono abituato a guardare il bicchiere sempre mezzo vuoto, a cercare quel che manca. Diciamo che finora mi è sempre mancato quel quid giusto per trasformare una buona gara in una vittoria. Le occasioni ci sono state, come in Slovenia quando mi è saltata la catena e abbiamo anche sbagliato strada in un giorno nel quale avevo una gamba favolosa.

Il lecchese si era messo in mostra al Giro U23 del 2020, con due vittorie in due giorni
Il lecchese si era messo in mostra al Giro U23 del 2020, con due vittorie in due giorni
Dicevi che non sei un velocista puro…

Le mie occasioni devo costruirle attraverso gare sempre un po’ mosse, nelle quali si possa scremare il gruppo al fine di ritrovarmi preferibilmente con corridori come me. Non ho la struttura possente di uno sprinter, sono 1,70 per 64 chili, robusto ma non abbastanza. Credo di dover crescere ancora molto, nel fisico, ma anche e soprattutto nell’esperienza.

Non sei più però il corridore di due anni fa che passava di categoria con tante speranze nelle tasche…

L’esperienza conta molto, aiuta nelle situazioni più diverse e il ciclismo te ne presenta sempre. Se guardo dal di fuori vedo un Luca Colnaghi più duraturo e costante nelle sue gare, con un rendimento abbastanza regolare, al quale manca ancora qualcosa per avere quelle punte necessarie per vincere.

Alla Green Project-Bardiani, Colnaghi ha trovato spazio per crescere. Resterà nel 2024?
Alla Green Project-Bardiani, Colnaghi ha trovato spazio per crescere. Resterà nel 2024?
Ti ritieni più un corridore cacciatore di tappe o uno per classiche d’un giorno?

E’ vero che guardando il mio calendario si può pensare che preferisca le tappe perché offrono più occasioni, ma io preferisco le classiche, per le mie caratteristiche sono più portato a dare tutto nelle gare secche, dove ci si gioca tutto nel giorno stesso.

Finora non hai ancora avuto occasione di cimentarti in un grande giro.

Questo è un po’ un pensiero che mi assilla, quest’anno ci tenevo a farmi trovare pronto per la corsa rosa, ma poi sono state fatte altre scelte. Per me sarebbe importante testarmi in una corsa di tre settimane perché so che ti cambia il motore, forse sarebbe quel quid di cui dicevamo prima. Il mio obiettivo per il 2024 è proprio quello, essere in gara in una prova lunga per dimostrare quel che so fare, l’età ormai è quella giusta…

A forza di salite, Cavallo ha trovato il contratto giusto

23.08.2023
5 min
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Nel variegato mondo degli Under 23 era emersa nella scorsa primavera una particolare rivalità. Nella Sulle Strade di Marco Pantani e al successivo Giro di Franciacorta, su tutte le salite Thomas Pesenti si era ritrovato a battagliare testa a testa con Luca Cavallo. Parliamo di due scalatori puri, una razza da più parti ritenuta in estinzione nel ciclismo italiano e non solo.

Tanta acqua è passata sotto i ponti da allora, ma Cavallo non si è fermato, anzi. Ha continuato a macinare risultati tanto da essere ai vertici del ranking nazionale di categoria, si è presentato anche al Valico del San Gottardo per gli europei per scalatori andando a sfiorare un podio assoluto che avrebbe potuto significare molto per il suo futuro, poi è andato a prendersi una classica del calendario come la Zané-Monte Cengio.

Il corridore di Dronero, nelle valli cuneesi, ama davvero la salita, l’ha sempre amata: «Fin da piccolino, anche se allora avevo un fisico diverso, un po’ più grosso ma esplosivo. Ora sono alto 1,82 per un peso forma di 59 chili, il classico fisico da scalatore».

La vittoria di Cavallo a Monte Cengio. I suoi successi nascono spesso da fughe solitarie
La vittoria di Cavallo a Monte Cengio. I suoi successi nascono spesso da fughe solitarie
Ma quali tipi di salite prediligi?

Preferisco quelle lunghe, dove si fatica tanto, ma nel nostro calendario non ce ne sono molte. Quindi mi sono abituato anche a sfruttare gli strappi brevi, a guardare alle pendenze per cercare di fare la differenza.

Che tipo di scalatore sei, uno che scatta o vai su regolare?

Sicuramente questa seconda opzione. Prendo il mio ritmo già alla base e vado su con i miei valori, tenendo anche 60-90 minuti. Le mie salite preferite sono quelle intorno al 7-9 per cento di pendenza media. Patisco un po’ le salite a gradoni, con continui cambi di pendenza.

Per completare il discorso, che wattaggi riesci a tenere?

Io sono un corridore magro e per sua natura molto esplosivo. Su salite fino a 20, anche 25 minuti ho 7 watt l’ora, intorno ai 6 quando c’è una durata che arriva all’ora.

Cavallo ama le salite lunghe, tenendo un ritmo molto alto per lunghi tratti
Cavallo ama le salite lunghe, tenendo un ritmo molto alto per lunghi tratti
Rispetto alla primavera c’è stato un cambio di rendimento?

Direi proprio di sì. Quando ho raccolto i posti d’onore a Mercatale o alla Sulle Strade di Marco Pantani ero ancora un po’ sopra il mio peso forma, con della massa grassa. D’altronde sapevo che con l’arrivo del caldo sarebbero arrivate anche le corse a me più congeniali, quelle con arrivo in salita e volevo farmi trovare pronto.

Proviamo un po’ a completare il tuo identikit tecnico…

Veloce non sono, questo è certo. Sono invece abbastanza bravo in discesa e infatti cerco spesso di approfittare della situazione per allungare ulteriormente. Mi resta un punto sconosciuto, conoscere il mio rendimento a cronometro.

Un dato importante, anche per capire un tuo eventuale impiego nelle corse a tappe…

Quest’anno ho fatto il Giro del Veneto finendo sul podio, poi ho vinto il Giro delle Valli Aretine il giorno dopo la sua conclusione e poi sono stato a riposo per tutto luglio. Ho ripreso proprio con la gara del San Gottardo.

Il cuneese ha provato gli europei per scalatori, mancando il podio per 8″
Il cuneese ha provato gli europei per scalatori, mancando il podio per 8″
Ti aspettavi una simile prestazione?

No, proprio perché non avevo più gareggiato. Non era un percorso del tutto favorevole, c’erano 6 chilometri di pavé, anche se diverso da quello belga e su quei tratti ho faticato. Infatti nella seconda parte ho perso parecchio, il podio è sfumato lì. Ma nel complesso posso dire di essermela cavata bene considerando chi c’era.

Quando hai iniziato?

Da G4, seguendo le orme di mio fratello, che è arrivato a correre fino agli juniores. Mio padre lo seguiva e io mi aggregavo, anche perché andavamo col camper ed era molto divertente per un bambino come me. Poi lui ha smesso per dedicarsi agli studi di medicina e io ho preso il suo posto…

Da settembre Cavallo sarà stagista alla Green Project, dal 2024 diventerà effettivo
Da settembre Cavallo sarà stagista alla Green Project, dal 2024 diventerà effettivo
Oltre ai risultati, nelle ultime settimane è arrivata anche la chiamata della Green Project Bardiani CSF Faizané

Da settembre sarò stagista con loro per poi approdare alla prima squadra nel 2024. Sapevo sin da inizio stagione dell’interesse di Reverberi, mi aveva anche chiamato per fare dei test, poi mi hanno proposto di non aspettare la fine della stagione, ma di fare già qualche gara da quest’anno. Chiaramente ho detto di sì, saranno esperienze utilissime.

Ti sei più ritrovato a battagliare con Pesenti?

Con Thomas quelle sfide non sono una novità, ci conosciamo bene, sin da quando eravamo juniores. Anche lui ha faticato come me nella sua evoluzione ciclistica e per questo lo rispetto molto. Sul Carpegna è stata dura, aveva 11” di vantaggio e su quelle rampe siamo andati alla stessa identica velocità. Poi al Giro della Franciacorta sapevamo di essere più forti in salita e ci siamo messi d’accordo a portare avanti la fuga fino alla fine per poi giocarcela. Comunque sì, ce le siamo date di santa ragione…

Pinazzi con Reverberi: i pro’ e il rebus della pista

25.07.2023
5 min
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Nonostante questa stagione non sia ancora finita, anzi non se ne veda nemmeno l’orizzonte, c’è chi lavora in vista del 2024. Una delle squadre che ha già lanciato lo sguardo al breve futuro è la Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè. I ragazzi di Bruno e Roberto Reverberi vedranno presto un nuovo compagno: Mattia Pinazzi (nella foto di apertura insieme a Bruno Reverberi). Parmense, classe 2001, che nelle ultime tre stagioni ha vestito la maglia dell’Arvedi. 

Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan
Nel 2023 Pinazzi ha iniziato la stagione su strada a gennaio in Argentina, con la Vuelta a San Juan

Continua il progetto giovani

Pinazzi è un altro giovane che arriva alla Green Project: una linea, quella dei Reverberi, che ha portato tanti ragazzi a vestire questa maglia. 

«E’ un ragazzo veloce – esordisce – in salita fa leggermente fatica, ma può migliorare tanto. Abbiamo dei corridori buoni tra i nostri, ma raccogliamo soltanto piazzamenti. Pinazzi è uno che può vincere, in questa stagione ha vinto due corsette di 110 chilometri. Alle quali ha poi aggiunto due bei successi (Vicenza-Bionde e Porto, ndr), gare lunghe insomma. Con i dilettanti che ci sono, abbiamo deciso di puntare su di lui, offrendogli un contratto di quattro anni. Vogliamo programmare le prossime stagioni con dei corridori che possono crescere e fare bene. Siamo da sempre legati ai giovani, da noi sono passati tanti corridori che si sono poi affermati: Ciccone, Battaglin, Modolo e Colbrelli».

Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)
Tra le quattro vittorie di quest’anno spicca la Vicenza-Bionde (foto Italiaciclismo)

Pistard e sprinter

Pinazzi, nel corso della stagione, ha colto quattro vittorie: le ultime due sono state la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Gare dedicate alle ruote veloci. Non solo strada, anzi, Pinazzi è uno dei volti che costantemente vediamo sfrecciare sul parquet. Infatti nel suo palmares si contano anche molti successi su pista. All’ultimo anno da under 23 è arrivata la chiamata di Bruno Reverberi e proprio con lui parliamo dell’arrivo di Pinazzi. 

«Abbiamo visto – riprende Bruno Reverberi – che il binomio pista e strada funziona bene. Soprattutto per i velocisti. Si è avuto conferma di ciò dal grande Giro d’Italia fatto da Milan, e prima di lui dalla carriera di Viviani. Il problema sarà abbinare strada e pista al meglio, trovare il giusto equilibrio. Pinazzi è un nostro corridore, quindi prima andrà curata la strada. Su pista potrà correre, ma gli appuntamenti più importanti: mondiali, europei e corse internazionali. Il calendario lo decideremo noi, questo Pinazzi lo sa e ne abbiamo parlato: sì la pista, ma non sarà un pistard. L’attività al velodromo è importante, non va trascurata, insegna a guidare la bici e a lanciarsi nelle volate». 

Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)
Ai recenti campionati europei su pista, per juniores e U23, Pinazzi ha conquistato l’argento nel quartetto (foto Federciclismo)

Futuro incerto

La sensazione è quella che l’equilibrio tra strada e pista sarà difficile da trovare. Va bene partecipare alle competizioni più importanti sul parquet, ma la qualificazione passa anche dalle gare minori. Pinazzi in questi anni ha avuto molto spazio per mettersi in gioco, con meno frecce al suo arco riuscirà a mantenere il posto all’interno di un movimento in crescita? Nell’ultimo europeo su pista, chiuso due giorni fa ad Anadia, l’Italia ha portato a casa 22 medaglie, di cui 14 d’oro. 

«Fin dall’inizio di quest’anno – dice Pinazzi – volevo far bene su strada per passare professionista. Nel 2022 ho avuto anche la possibilità di entrare in un corpo militare, occasione non concretizzata per problemi esterni. Dopo la prima prova di Coppa del mondo ho vinto la Vicenza-Bionde ed il Circuito del Porto. Da lì sono arrivate le prime offerte, quella della Green Project è stata la più concreta. E’ una squadra forte ed attrezzata che mi potrà dare molto. Sarà diverso rispetto all’Arvedi, qui ogni volta che la pista chiamava andavo a correre. L’anno prossimo sarà più difficile, ma lo stesso Villa è favorevole. Ci ha sempre detto che fare bene su strada torna buono anche in pista, si vede da Ganna, Milan, Consonni e Viviani. Correre su strada dà un bel fondo, per questo fin dall’inizio del 2023 ho aumentato i chilometri, partendo da San Juan».

Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)
Pinazzi ha una forte impronta da pistard, dovrà adattarsi a correre su strada con maggior continuità (foto Federciclismo)

Calendario più semplice

Il tema principale sarà coordinare al meglio le due attività, tenere un piede in due scarpe non sarà semplice. Le esigenze sono alte da entrambe le parti, ma Pinazzi sembra fiducioso. 

«Secondo me sarà più semplice – dice – il calendario under 23 non aiuta a coordinare le due attività. Ogni settimana c’è una gara, quindi non hai un vero momento di “riposo”. Tra i professionisti è diverso, ci sono più corse a tappe, quindi si può programmare al meglio il tutto. La pista è un’attività che dà tanto, ma allo stesso tempo va curata, soprattutto un’attività importante come il quartetto. Da gennaio avrò il calendario per le corse su strada e da lì programmerò anche la stagione su pista».

La Cina ha riaperto le porte. Il racconto dal Qinghai Lake

23.07.2023
8 min
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Due squadre italiane sono state protagoniste del Tour of Qinghai Lake, corsa a tappe che ha rappresentato il ritorno in Cina del ciclismo dopo molto tempo (foto Facebook in apertura). Con la prova che durava ben 8 giorni, si può dire che il lungo periodo legato al Covid sia finalmente alle spalle anche nel ciclismo e che si riapre un filone di gare che fino al 2020 era stato fondamentale per una larga fetta del movimento al di sotto del WorldTour.

Non si tratta di gare dal livello eccelso, questo è chiaro, ma molte squadre hanno sempre avuto nel mercato cinese un approdo importante, una buona parte della propria attività, grazie anche agli inviti degli organizzatori e ai contributi alle spese generali. In quest’occasione c’erano 5 squadre professional, fra cui due italiane, Team Corratec e Green Project Bardiani Faizané e attraverso i loro diesse presenti al via – Francesco Frassi e Luca Amoriello – abbiamo voluto saperne di più, non solo degli aspetti agonistici della corsa, ma anche di tutto il contorno.

Per Mulubrhan secondo giro a tappe vinto nel 2023 dopo il Tour of Rwanda (foto Tour of Qinghai Lake)
Per Mulubrhan secondo giro a tappe vinto nel 2023 dopo il Tour of Rwanda (foto Tour of Qinghai Lake)
Che Cina avete trovato dopo tre anni?

FRASSI: «Io ero alla mia settima volta in Cina e, se devo essere sincero, differenze non ne ho trovate. Ho visto tantissimo entusiasmo per il ritorno delle ruote europee e un’organizzazione impeccabile».

AMORIELLO: «Ho trovato un’organizzazione ben allestita e molto precisa. Quante differenze con la mia prima esperienza nel 2012, soprattutto come alberghi tutta un’altra storia… Sul piano della sicurezza poi i cinesi sono vere macchine da guerra, un’attenzione perfino maniacale. E rispetto a prima del Covid ho visto anche molti miglioramenti come pulizia dei locali».

Quanto conta ritrovare le gare cinesi nel calendario?

FRASSI: «Molto, è importante per un team come il nostro anche perché danno molti punti per il ranking Uci, noi ad esempio ne abbiamo portati a casa 293, un bottino mica male… Questa poi era importante perché ci permetteva di riempire il mese di luglio, solitamente un po’ scarno di gare».

AMORIELLO: «Avere queste gare è un’appendice fondamentale per la nostra attività, accresce l’esperienza internazionale in contesti molto diversi da quelli a cui siamo abituati. A gare simili puntiamo molto».

In quanti vi siete mossi per la trasferta e con quanto materiale?

FRASSI: «Noi eravamo una dozzina, con 7 corridori, due massaggiatori, due meccanici. L’organizzazione ci ha messo a disposizione, come per tutte le squadre, un’ammiraglia e un camion per i materiali. Avevamo a disposizione 11 bici, poi ci siamo portati dietro pezzi di ricambio, ruote e molto cibo. Diciamo che ci siamo affidati all’esperienza che avevo assommato nelle mie tante presenze precedenti».

AMORIELLO: «Siamo partiti dall’Italia in 12, trovando poi Henok Mulubrhan direttamente in Cina, proveniente dalla sua Eritrea. Avevamo 7 corridori in tutto, tre massaggiatori, due meccanici e il sottoscritto. Ci hanno dato un’auto e un camioncino, poi i corridori erano portati direttamente con pullmini agli alberghi. Questa è stata la grande novità: le gare finivano dove sarebbero ripartite il giorno dopo, con alberghi in zona. Questo ci ha fatto guadagnare molto tempo e risparmiare energie».

Per il mangiare come vi siete regolati?

FRASSI: «Abbiamo portato molto cibo da casa: pasta, tonno e carne in scatola, parmigiano oltre a tanti integratori. Ci preparavamo da mangiare da soli, un giorno tra l’altro pioveva così tanto che siamo rimasti nelle camere e ci siamo arrangiati lì, d’altronde ci eravamo portati anche una piastra a induzione proprio per essere indipendenti».

AMORIELLO: «Le esperienze del passato ci sono state utili, abbiamo portato tutto il necessario, dalla pasta alle scatolette di tonno e salmone e tanto altro. Cucinavamo direttamente nel ristorante, una pentola di un paio di chili di pasta, poi univamo verdure cotte, unica concessione alla cucina locale considerando che era molto speziata e non volevamo correre rischi».

Che tipo di corsa avete trovato?

FRASSI: «Non era una gara facile, anche perché oltre alla lunghezza bisogna mettere in conto che si viaggiava sempre in altura, mai sotto i 2.000 metri. I nostri ragazzi venivano da uno stage a Livigno, praticamente hanno continuato la loro permanenza in altura. Un dato interessante è che abbiamo monitorato i nostri durante l’intera corsa: la loro saturazione d’ossigeno non saliva mai sopra i 93, considerando che normalmente si è a 98-100. Quando si abbassa così ci vuole adattamento, ma lavorando tutti i giorni in fuorisoglia non sale».

AMORIELLO: «Nel calendario cinese questa è la corsa più corta, ma l’altitudine ha un grande influsso, si arriva anche a 4.000 metri. Henok era favorito, venendo dai 3.200 metri di casa in Eritrea. Un plauso va fatto ai percorsi, sempre su strade di almeno 2-3 corsie. Abbiamo trovato caldo, salvo un giorno di pioggia dove le temperature sono crollate».

Come giudichi i risultati portati a casa?

FRASSI: «Nella prima tappa abbiamo cercato di difenderci, evitando di fare azioni proprio per ambientarci e considerando che già la seconda era una tappa importante. Abbiamo vinto due tappe con Davide Baldaccini e Attilio Viviani e nell’ultima tappa abbiamo anche provato a ribaltare la corsa. Sapevamo che era una frazione con molto vento e potevano crearsi dei ventagli, a 30 dall’arrivo ne abbiamo sfruttato uno per scatenare la fuga giusta e alla fine Baldaccini e Murgano sono risaliti fino al 3° e 4° posto, ma la cosa che più mi è piaciuta è che la strategia che avevamo pensato, i ragazzi sono riusciti a metterla in pratica».

AMORIELLO: «Non possiamo davvero lamentarci. Sapevamo che Mulubrhan era uscito bene dal Giro e ha lavorato molto in Eritrea per mantenere la condizione, in Cina ha sfruttato la situazione. Ho poi rivisto il Lucca dello scorso anno e sono sicuro che farà un gran finale di stagione. Zanoncello ha vinto una tappa, ma poteva conquistarne almeno un’altra il primo giorno, solo che con Henok non si sono intesi nel tirargli la volata. Avrei voluto che Colnaghi potesse lottare in volata, ma ha avuto la febbre e si è ritirato. Nieri da parte sua ha portato a casa la classifica dei GPM, insomma si sono tutti distinti».

Terza vittoria Stagionale per Zanoncello dopo quelle a Taiwan e in Serbia (foto Tour of Qinghay Lake)
Terza vittoria Stagionale per Zanoncello dopo quelle a Taiwan e in Serbia (foto Tour of Qinghay Lake)
Obiettivamente la gara di che livello era?

FRASSI: «Secondo me era molto buono: oltre alle 5 squadre professional c’erano i colombiani del Team Medellin a proprio agio su quei percorsi, poi formazioni belghe, norvegesi, australiane, il China Glory che è una vera multinazionale con corridori forti oltre a varie nazionali asiatiche».

AMORIELLO: «Non ci sono differenze rispetto a prima del Covid, la concorrenza era molto qualificata con tanti europei. Io dico che era assimilabile a una delle tante gare a tappe che si corrono nel Vecchio Continente».

Tornerete?

FRASSI: «Sicuramente, abbiamo già ricevuto l’invito per il un’altra gara a tappe per metà settembre e per il Tour of Hainan. Ora la nostra attività torna a essere completa».

AMORIELLO: «Molto volentieri, ora che l’attività è ripresa appieno valuteremo gli inviti per poter allargare l’attività a due-tre gruppi anche contemporaneamente. Quello cinese è un mercato importante».

Faizanè rinnova: altri due anni sponsor del “gruppo Reverberi”

18.07.2023
3 min
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«Siamo  estremamente felici di poter proseguire con il nostro sostegno al ciclismo italiano, dai team giovanili fino al professionismo». Sono queste le prime parole pronunciate da Martino Dal Santo, il presidente di Faizanè SPA, per ufficializzare il rinnovo biennale relativamente la sponsorizzazione da parte della stessa azienda del team Green Project Bardiani-CSF Faizanè (foto di apertura Euro Grotto Photographer). Proseguirà dunque fino a tutto il 2025 la stretta collaborazione e l’attivo rapporto di partnership tra la realtà veneta guidata dalla famiglia Dal Santo, con sede a Zanè (Vicenza) e specializzata nella produzione e lavorazione di materiali plastici e tecnoplastici realizzati su misura, e la squadra allestita da Bruno e Roberto Reverberi.

E’ la continua evoluzione il segreto del successo di Faizanè, azienda fondata nel 1968 da Pietro Dal Santo assieme alla moglie Franca Toldo, e trasformata in spa nel 1988: anno che segna anche l’ingresso in organico dei figli Martino, Gabriella e Maurizio. Realtà familiare, e al tempo stesso avanzata struttura commerciale e produttiva da sempre al servizio dell’industria, Faizanè ha saputo diventare con il passare del tempo protagonista nel trend di sviluppo dell’area veneta, cogliendo le nuove esigenze del mercato e trasformandole tempestivamente – grazie a importanti investimenti – in soluzioni vincenti.

Uno dei giovani di maggior talento è Alessio Martinelli sesto, e miglior italiano, all’ultimo Giro Next Gen (foto Lisa Paletti)
Uno dei giovani di maggior talento è Alessio Martinelli sesto all’ultimo Giro Next Gen (foto Lisa Paletti)

Si guarda ai giovani

«Abbiamo deciso di rinnovare la nostra partnership con la famiglia Reverberi per altri due anni – ha dichiarato Martino Dal Santo – perché crediamo molto nella visione del team. Il progetto giovani ci ha portato molte soddisfazioni, e si sta dimostrando metodo vincente per la progressiva crescita di alcuni tra i migliori talenti italiani. Con Faizanè abbiamo deciso, già da un paio d’anni ormai, di sostenere il ciclismo tricolore sin dalla categoria juniores con il team Sandrigo Bike: una formazione che sta mettendo in luce giovani molto interessanti. Dalla categoria juniores, sino ai vertici del professionismo, passando per il progetto giovani, l’impegno di Faizanè a sostegno del ciclismo è sempre più completo. Il nostro auspicio è quello di creare un ponte tra le due squadre che possa accompagnare i ragazzi più talentuosi fino ai vertici del professionismo italiano».

La sponsorizzazione tra Faizanè ed il team di Reverberi proseguirà fino al 2025
La sponsorizzazione tra Faizanè ed il team di Reverberi proseguirà fino al 2025

«Siamo felicissimi di avere ancora con noi e per altri due anni Faizanè spa – ha ribattuto Roberto Reverberi, che della Green Project Bardiani-CSF Faizanè è il Team Manager – e proprio in questo contesto desidero esprimere un ringraziamento speciale alla famiglia Dal Santo, a Maurizio e a Martino in modo particolare, per la fiducia riposta nel nostro ambizioso progetto comune. Cercheremo naturalmente di ripagare questa fiducia con prestazioni e risultati».

Faizanè

Pellizzari e il gusto della fatica: così ha conquistato Piepoli

14.07.2023
5 min
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Quando è arrivato il momento di passare dagli juniores alla Green Project-Bardiani, Pellizzari e Massimiliano “Max” Gentili che lo consiglia hanno pensato che fosse arrivato il momento di cambiare l’allenatore. Non più l’ex professionista umbro che l’ha portato in modo splendido fino alla maggiore età, ma qualcuno più esperto. Così la scelta è caduta su Leonardo Piepoli, la cui amicizia con Gentili nacque ben prima che Pellizzari venisse al mondo. Il pugliese è uno dei preparatori del Movistar Team, ma ha la facoltà di seguire altri atleti se non in conflitto col team spagnolo.

«Con Max – racconta Piepoli – ci conosciamo dal Giro della Luigiana quando eravamo juniores. Correvamo in due regioni diverse e ci siamo conosciuti mentre eravamo seduti sul marciapiede prima del prologo di Sarzana. Poi abbiamo continuato a parlare in gruppo. Da juniores ci si incrociava due volte all’anno, poi da dilettanti in poi, ci si vedeva più spesso. Max con Pellizzari è stato di una correttezza rara a vedersi. E quando è arrivato il cambio di categoria, ha deciso che Giulio avesse bisogno di un altro allenatore, sottovalutandosi. Anche lui ha abbondanti conoscenze e la giusta sensibilità, però il principio era giusto. E cercando me, disse che il ragazzo aveva bisogno di qualcuno di cui fidarsi, fermo restando che Massimiliano Gentili, con la sua umanità e la sua coscienza, resterà per sempre la persona di fiducia di Pellizzari».

Che idea ti sei fatto di Giulio?

Come ragazzo, a livello mentale ha le qualità giuste per fare il ciclista. Perché è sognatore. Gli piace quello che fa. Gli piace il ciclismo. E’ cattivo e soffre quando perde. Ha fretta di partire. Ci sono corridori che tentennano, cui pesa tutto quello che c’è dietro il loro lavoro. Giulio sa che fa tutto parte del pacchetto e lo prende senza troppe storie. Secondo me bisogna essere così, un corridore si deve allenare con il gusto di farlo.

Pellizzari la vive così?

Già dal principio ha capito quello che deve fare. A volte gli piacerà di più, a volte di meno, però sogna di vincere e lo dice. Negli ultimi anni invece hanno paura di esporsi. Il talento ci vuole, la voglia anche. E’ fondamentale per fare una bella carriera.

Quanto è stato impegnativo il passaggio da juniores a professionista?

Max lo ha rispettato moltissimo. Il bello di Giulio è che lui era uno junior assolutamente non spremuto, né mentalmente né fisicamente. Era ben lontano dai propri limiti. Lui ha allevato un ragazzo, non lo ha preparato. Poi certo, quando passi professionista, ti trovi a fare un salto importante. Ma la bravura di Gentili è la mentalità che gli ha passato. Lo preparava dicendogli che un giorno sarebbe arrivato il momento di salire quello scalino e quando è arrivato, Giulio se lo era immaginato così tante volte, che non gli è parso neppure tanto alto.

Campionati europei juniores, Trento 2021: il periodo di Pellizzari negli juniores è stato privo di stress
Campionati europei juniores, Trento 2021: il periodo di Pellizzari negli juniores è stato privo di stress
Il primo anno, il 2022, è stato dedicato all’adattamento alla nuova categoria?

Diciamo anche che l’anno scorso ha avuto qualche contrattempo di troppo, non è che il ragazzo sia fortunato. A volte ha degli intoppi che l’hanno un po’ bloccato. Sta male al momento sbagliato. Oddio, quando uno sta male è sempre il momento sbagliato, però a lui capita qualche intoppo di troppo. L’anno prima di passare, ha avuto problemi a un ginocchio che l’ha fermato e da junior ad esempio ha ottenuto risultati non coerenti con le sue qualità. E’ stato un po’ sfortunato, non è il tipo che va in giro d’inverno senza maglia oppure esca dalla discoteca sudato, voglio dire, capito? Da un certo punto di vista, va bene: è tutto un crescere…

Giulio dice di aver capito di essere cresciuto quando è riuscito a seguire gli U23 dei vari devo team…

Non voglio dire cose negative sul loro conto, ma per loro non è così difficile prendersi tutti i migliori. Guardano il mondiale e l’europeo e fanno firmare i primi tre. Un po’ come Locatelli o la Zalf ai nostri tempi. Non che voglio togliere meriti alle squadre, per carità, però le loro prestazioni vanno filtrate dalla qualità che sanno di avere.

E se non pescano gli squadroni, una mano gliela danno i procuratori…

E’ giusto, tra virgolette, è un gioco che crea vantaggi a catena. La Green Project ha cambiato politica, ha fatto arrivare questi giovani, alcuni molto forti, e i risultati vengono.

Si riesce a capire che tipo di corridore diventerà oppure è presto per mettergli un’etichetta?

E’ prestissimo, anche solo per un fatto di sviluppo fisico. In un anno, è già cresciuto abbastanza, ma è ancora molto piccolo. Recupera sicuramente bene, in più è un duraccio fisicamente e mentalmente. Se prendiamo due atleti con le stesse caratteristiche, quel che fa la differenza è avere o meno un buon feeling con la sofferenza. C’è chi è stanco e si siede e chi, come lui, insiste.

Peccato che non abbia finito il Giro d’Italia, sarebbe stato un’utile verifica…

Infatti. Quello di Cansiglio era tappone a tutti gli effetti e poi lo Stelvio, sarebbe stato bello vedere come andava. Sono curioso di vedere se andrà al Tour de l’Avenir e come andrà. Quando lavora a Livigno, c’è chi si lamenta perché le salite sono lunghe, lui no. Io sono convinto che al Giro d’Italia sarebbe stato forte, però è una mia convinzione e, tra virgolette, la tengo per me.