Imparare a vincere è un allenamento: e si parte dalla mente

26.10.2024
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In un ciclismo che va veloce, sempre di più anno dopo anno, è importante vincere e confermarsi ad alti livelli stagione dopo stagione. Eppure il successo non passa solo dalle gambe, ma dalla forza della mente. La testa gioca una parte fondamentale quando si tratta di giocarsi una vittoria, avere la giusta convinzione e motivazione ci permette di tirare fuori quel qualcosa in più. Il famoso 101 per cento. Dove quell’uno fa una differenza abissale tra vincere e perdere.

Paola Pagani è una mental coach e da anni lavora nel mondo del ciclismo, affiancando atleti e aiutandoli a trovare la giusta motivazione e forza mentale per raggiungere i propri obiettivi. Non si tratta sempre e solo di vincere, ma di esprimere il massimo del proprio potenziale. Qualunque sia il ruolo svolto.

Per Pellizzari il focus non era vincere, ma dimostrare di essere il più forte in salita
Per Pellizzari il focus non era vincere, ma dimostrare di essere il più forte in salita

Il “caso” Pellizzari

L’idea di questo articolo è nata parlando, ormai più di un mese fa, con Giulio Pellizzari. Il corridore prossimo a vestire i colori della Red Bull-Bora Hansgrohe aveva detto di aver bisogno di fare uno step mentale per imparare a sfruttare il suo talento al massimo e iniziare a raccogliere qualche vittoria.

«Per me la cosa più importante è dimostrare di essere il più forte – ci aveva detto Pellizzari – poi magari non vinco. Da piccolo ero scarso, per me l’obiettivo era far vedere di essere forte. Per me la gara finisce in cima alla salita. Vado a tutta e quando mi giro e vedo di aver tolto tutti i più forti da ruota sono a posto. Un esempio arriva dal Giro del Friuli: volevo staccare in salita Torres che due settimane prima aveva vinto l’Avenir con grandi numeri».

«Partendo da questo esempio – inizia a spiegare Paola Pagani – bisogna far capire al corridore, se vuole anche vincere oltre che togliersi i più forti dalla ruota in salita, che la gara non finisce in cima alla salita ma sotto lo striscione di arrivo».

Paola Pagani è mental coach formata alla scuola di Anthony Robbins
Paola Pagani è mental coach formata alla scuola di Anthony Robbins
Come si “sblocca” la mente?

Qui entra in gioco il processo di coaching. L’essere umano crea le proprie convinzioni facendo esperienza nella vita. Queste possono essere potenzianti o limitanti. Il ciclista in questione si è convinto che per dimostrare di essere il più forte deve vedere di essersi tolto i più forti da ruota in salita, dopo di che è a posto. Questa è una convinzione potenziante se l’obiettivo è la performance su quella salita o se l’arrivo è in cima alla salita, diventa meno potenziante se non addirittura limitante se l’obiettivo è la vittoria e la gara non termina sulla salita.

Continui…

Se un corridore pensa di essere un perdente perché si concentra su tutti i secondi posti ottenuti in carriera e non sulle vittorie o sulle performance di successo, allora sarà più difficile per lui essere un vincente. Esistono degli esercizi di consapevolezza che ci aiutano a ristrutturare le convinzioni che ci limitano.

La cosa importante è che il corridore arrivi a fine gara senza rimpianti, soddisfatto della sua performance
La cosa importante è che il corridore arrivi a fine gara senza rimpianti, soddisfatto della sua performance
Si tratta di capire dove mettere il focus?

Sì, non serve dire: «Sono un campione». La cosa importante è tirare fuori sempre il meglio da se stessi e ricordare quanto lavoro si è fatto per arrivare a quell’appuntamento. Il focus deve essere positivo: ad esempio si può chiedere all’atleta di fare una lista delle sue prestazioni migliori, così da farlo focalizzare sulla performance e i suoi punti di forza.

C’è una chiave?

L’autostima. Ricordiamoci sempre che i corridori sono per lo più ragazzi giovani (ora sempre di più, ndr). Una cosa che ho notato nel tempo è che nel 90 per cento dei casi l’autostima può vacillare. Sbloccare la mente vuol dire aiutare il cervello a identificare i pensieri negativi, ristrutturarli, e buttar via il resto, come se fosse spazzatura.

Paola Pagani ha lavorato con Colbrelli dal 2019 in poi aiutandolo nella sua crescita professionale
Paola Pagani ha lavorato con Colbrelli dal 2019 in poi aiutandolo nella sua crescita professionale
Il lavoro in cosa consiste?

E’ tutto molto “sottile” ovvero si tratta di andare a capire ciò che limita la persona e far crescere la consapevolezza nelle proprie qualità. Evidenziare i punti di forza in modo da aumentare le risorse. Vi faccio un altro esempio: a gennaio ho iniziato a lavorare con un ragazzo giovane. La squadra voleva lasciarlo a casa, abbiamo iniziato un lavoro di consapevolezza in cui si è impegnato al 100% per migliorare la considerazione di sé. Abbiamo lavorato insieme solamente tre mesi, ma in quei tre mesi è stato capace di migliorare talmente la stima di sé che nella seconda parte della stagione ha fatto cose strepitose.

La base qual è?

Riconoscere il proprio potenziale e il lavoro svolto. Nel ciclismo ci si allena tanto e i ragazzi tendono a vederla come una cosa normale. E’ giusto, ma bisogna sempre riconoscere gli sforzi fatti. La mente è un grande motore, serve sapere come sfruttarlo.

Scegliere le giuste parole da utilizzare con noi stessi e gli altri ci aiuta a far nascere le giuste emozioni
Scegliere le giuste parole da utilizzare con noi stessi e gli altri ci aiuta a far nascere le giuste emozioni
E come si fa?

Sicuramente sviluppare l’intelligenza linguistica oltre a quella emotiva è un’ottima idea. Le parole che rivolgiamo a noi stessi e agli altri danno significato alle esperienze della nostra vita e influenzano direttamente la nostra neurologia. Dal nostro dialogo interiore ed esteriore nascono le emozioni, dalle emozioni scaturiscono le azioni e dalle azioni derivano i nostri risultati. Pertanto, imparare a utilizzare parole e schemi linguistici che ci supportano positivamente rappresenta una scelta strategica, particolarmente importante quando si opera a livelli elevati.

I tre anni di Pellizzari con Reverberi: una crescita esponenziale

24.10.2024
7 min
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Come è arrivato. E come se ne è andato. Con Roberto Reverberi, team manager e direttore sportivo della VF Group-Bardiani, parliamo di Giulio Pellizzari, splendida rivelazione italiana della stagione. Il marchigiano è approdato nel suo team nel 2022 e se ne è andato in questo autunno 2024. Arrivò che era un ragazzo junior con la faccia ancora da ragazzino con i brufoli ed è partito da corridore…  con la stessa faccia da ragazzino!

Una bella storia, anche dal punto di vista tecnico. Nonché un viaggio per capire come questa professional italiana abbia valorizzato l’atleta. Come ci ha lavorato. Qualche numero? Nel 2022 per Pellizzari 42 giorni di corsa pari a 5.761 chilometri di gara. Nel 2023: 58 giorni e 7.936 chilometri di gara. E nel 2024: 71 giorni di corsa e 10.610 chilometri di gara (in apertura foto di Filippo Mazzullo).

Giro della Valle d’Aosta. Estate 2022, il primo incontro con Giulio Pellizzari
Giro della Valle d’Aosta. Estate 2022, il primo incontro con Giulio Pellizzari
Roberto, qual è il primo ricordo che hai di Pellizzari?

Giro della Valle d’Aosta 2022. Io di solito non seguo il gruppo dei giovani, lo fa Rossato. Ma Mirko non c’era e così per qualche giorno andai io al seguito di quella corsa. Lo vidi dal vivo e quando tornai ne parlai con mio padre e gli altri. Dissi loro: «Sapete che questo ragazzo diventerà un corridore buono?». Anche perché Giulio aveva appena fatto gli esami, non era preparato benissimo per quel livello di corse e di avversari. Invece si comportò benone: andò in fuga, tenne la maglia dei Gpm per più di qualche giorno e in salita, quando restavano in 10-12, lui c’era. E di quel drappello faceva parte gente come Martinez e Gregoire che stanno facendo bene tra i professionisti.

In effetti, lo ricordiamo anche noi: un ragazzo giovanissimo, ma anche spigliato ed educato…

Anche gli altri ragazzi che abbiamo preso adesso sono ragazzini. Li vedi proprio che sono immaturi, che sono acerbi. Ma è normale. Li andiamo a prendere tra gli juniores. Dobbiamo muoverci così, altrimenti i devo team te li portano via.

Se ti volti indietro, Roberto, cosa vedi di quel che gli avete lasciato?

Gli abbiamo trasmesso la nostra esperienza. E’ anche vero che i ragazzi come Pellizzari sono talmente giovani che è tantissimo quello che devono imparare. Per loro è tutto nuovo. E cose che noi diamo per scontate, scontate non sono.

Il marchigiano (classe 2003) è amatissimo dal pubblico… anche quello più giovane
Il marchigiano (classe 2003) è amatissimo dal pubblico… anche quello più giovane
Quanto è cresciuto Giulio in questo triennio?

Tanto. Tanto e in poco tempo. Quest’anno aveva fatto un gran bel salto prima del Giro d’Italia e un altro ne ha fatto dopo. Aver finito la corsa rosa in quel modo, cioè andando forte nella terza settimana, è molto importante. Tanto più che lui era stato male. Era stato ad un passo dal ritiro. Poi invece nel finale è stato in fuga, ha ottenuto due piazzamenti e quelli sono stati giorni duri. Il recupero dopo la malattia e la terza settimana corsa in quel modo sono stati due segnali davvero positivi per il resto della sua carriera.

E dopo il Giro?

Il Giro gli ha dato una marcia in più e si è visto subito allo Slovenia. Un altro corridore, un’altra gamba, un’altra personalità. Poi in estate ha recuperato bene e si è visto un cambiamento esagerato. E ha ancora margine. Certo, a volte corre male. Corre d’istinto, va frenato. Anche al Lombardia in qualche frangente si è fatto vedere troppo. Nelle interviste dopo gara ha detto: «Oggi ho corso per il piazzamento e non per lo spettacolo». Fermo lì: «Per lo spettacolo ci corre Pogacar, tu pensa a stare buono e davanti finché puoi». Ma alla fine è andato bene. Se non avesse avuto i crampi sarebbe entrato nei primi dieci e in una corsa di 260 chilometri a fine stagione. E a 21 anni appena fatti, non è cosa da poco.

C’è qualche volta in cui ti ha fatto arrabbiare?

Eccome… tutte le volte che non ascoltava, quando correva in modo azzardato, senza pensare. Poi mi rendo conto che questi ragazzi sono talmente giovani, che è anche giusto che sbaglino. L’importante è che capiscano perché hanno sbagliato e non lo facciano la volta successiva. L’ultima volta che Pellizzari si è preso delle “belle” parole è stato al Giro dell’Emilia. Gli avevo detto di stare fermo fino alla fine e invece si è mosso al penultimo passaggio sul San Luca. A quel livello, con quei corridori hai una cartuccia sola. E lui se l’era già giocata. E’ arrivato terzo Piganzoli, poteva riuscirci anche Giulio.

E invece quando ti ha colpito in positivo?

Nei primi 10 chilometri del secondo passaggio sul Grappa – dice secco Reverberi – io ne ho avuti di corridori forti in salita, ma a fare quei numeri ne ho visti pochi. Giulio andava forte davvero ed era in fuga da tanto. E la conferma il giorno dopo me l’ha data Baldato (diesse della UAE Emirates di Pogacar, ndr): «Il vantaggio non scendeva, abbiamo dovuto mettere davanti Majka per far calare il distacco». Se fosse arrivato ai tre chilometri dalla vetta con quei 2’30” neanche Pogacar lo avrebbe ripreso. E poi, ripeto, mi è piaciuto il suo Lombardia: guardate che non è stato banale fare quella prestazione.

Giro d’Italia 2024, sul Monte Grappa Giulio Pellizzari fa segnare una prestazione eccelsa
Giro d’Italia 2024, sul Monte Grappa Giulio Pellizzari fa segnare una prestazione eccelsa
Secondo te ha dei margini?

Certo che ha margini. E non pochi. Anche fisicamente deve formarsi del tutto, per questo dico che ne ha. Può correre meglio e immagino che adesso investirà del tempo anche a crono. Noi non avendone la necessità, non lo abbiamo mai fatto lavorare troppo in questa specialità. Aveva la bici a casa, ma è chiaro che ora ci lavorerà diversamente. Invece un’aspetto su cui deve migliorare un po’ è l’approccio alle salite lunghe. Se ci fate caso lui paga un po’ il primo cambio di ritmo. Ci mette un po’ a carburare. Si sfila. Poi risale e magari ti stacca anche. Ma credo che questa cosa sia fisiologica e migliorerà con il tempo. 

Roberto, hai parlato della sua crescita in generale. Ma in cosa secondo te è cresciuto di più?

In tutto, anche in discesa. Dico la discesa perché ripenso al Tour of the Alps dell’anno scorso, quando di fatto fu recuperato in discesa. Fu messo un po’ sotto torchio sotto questo aspetto. Lo criticarono. Adesso invece va forte anche lì. Giulio in discesa ci sa andare e se piove è ancora meglio. Mi ha detto: «Quando piove mi sento più sicuro perché gli altri vanno più piano». Merito, lasciatemelo dire, anche dei nostri buoni materiali. Ma davvero è migliorato sotto ogni aspetto.

In questi tre anni, come avete accompagnato la sua crescita. Cosa ci avete messo del vostro?

Io credo la gestione delle corse che gli abbiamo fatto fare. Al primo anno Giulio ha fatto quasi solo gare under 23. Se poi vediamo qualcuno come lui che è già più pronto lo buttiamo anche tra i pro’. Con Giulio abbiamo fatto un primo vero salto l’anno scorso, quando lo portammo al Tour of the Alps. Nonostante andò bene poi lo abbiamo fatto correre di nuovo tra gli under 23. Certe esperienze fanno bene, ti danno consapevolezza, gamba, ma al tempo stesso servono anche a farti “abbassare le orecchie” per capire quanto ti manca per stare a certi livelli.

Veneto Classic: ultima gara di Pellizzari con la VF Group-Bardiani
Veneto Classic: ultima gara di Pellizzari con la VF Group-Bardiani
Pellizzari passerà alla Red Bull-Bora Hansgrohe: se tu fossi il suo diesse il prossimo anno…

Gli darei campo libero – ci anticipa Reverberi – spero che non gli facciano fare solo il gregario. Lo porterei al Giro e appunto gli lascerei il suo spazio. Non lo metterei solo a tirare. Ma credo che ce lo portino. Ho chiesto a Giulio se sapesse già qualcosa dei suoi programmi 2025, ma mi ha detto che ancora dovevano farli.

Pellizzari ti ricorda qualche corridore che hai avuto?

Un po’ Ciccone, ma Pellizzari almeno in salita è più forte. E poi ha più margini rispetto al Ciccone che andò da noi via all’epoca. Credetemi, Giulio migliora di mese in mese!

Cosa gli hai detto al termine della Veneto Classic, l’ultima corsa con la VF Group-Bardiani?

Gli ho detto in bocca al lupo per il resto della carriera. Lui mi ha abbracciato, si è un po’ commosso… e anche io. Alla fine è stata una bella storia e fa piacere vederli poi raggiungere certi risultati. Vedere Ciccone in maglia gialla o Colbrelli vincere la Roubaix. Così come fa piacere vedere che alle corse i corridori che sono stati da noi vengono a prendersi il caffè al nostro bus. Vuol dire che sono stati bene.

Gavazzi: il mondo giù dalla bici e i consigli a Piganzoli

19.10.2024
6 min
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«Diciamo che questo primo anno giù dalla bici me lo aspettavo più traumatico. Dopo una vita che ti alleni e hai sempre degli obiettivi a cui puntare, mi aspettavo un maggiore disorientamento. Invece a casa ho occupato bene il tempo con la famiglia e con la squadra ho viaggiato parecchio. Alla fine quello delle corse è stato il mio mondo per anni e non mi sono distaccato totalmente. Me lo sono goduto in maniera serena e felice. Il ciclismo mi manca, vero. Ma non ho mai detto: “Mi piacerebbe correre”. Questo vuol dire che ho smesso nel momento giusto. E che a questo sport ho dato quel che dovevo, fino all’ultimo».

A parlare è Francesco Gavazzi. Dopo 17 anni passati nel mondo del professionismo, l’anno scorso ha appeso la bici al chiodo, correndo la sua ultima gara in carriera alla Veneto Classic, in maglia Eolo-Kometa. Tuttavia il valtellinese non ha abbandonato il team, che nel frattempo è diventato Polti Kometa (in apertura, foto Maurizio Borserini). 

Francesco Gavazzi è rimasto vicino agli ex compagni di squadra, seguendoli per una sessantina di giorni di gara (foto Maurizio Borserini)
Francesco Gavazzi è rimasto vicino agli ex compagni di squadra, seguendoli per una sessantina di giorni di gara (foto Maurizio Borserini)

365 giorni dopo

Un anno dopo, quelle righe iniziali racchiudono il suo pensiero sull’addio al ciclismo e su questo 2024 vissuto nel team ma con un ruolo diverso. 

«Vivere le corse da fuori – continua Gavazzi – è bello, ho gestito l’area hospitality della squadra e mi sono goduto il ciclismo. Vedere un Giro d’Italia da fuori è fantastico, una festa continua. Te lo godi per l’evento che è: un viaggio bellissimo in bici nel nostro Paese. Mi sono goduto tante piccole cose che negli anni da corridore non potevo fare, ad esempio mangiare ogni prodotto tipico delle regioni in cui eravamo (ride, ndr). Poi in Polti ho un rapporto speciale con tutti, un’amicizia stretta che mi ha permesso di restare a contatto con i corridori. Mi piace parlare con loro prima di cena, sentire cosa pensano, quali sono le loro sensazioni. Mi sono sentito nel prosieguo della carriera agonistica ma senza la fatica di pedalare, che non è male (ride ancora, ndr). 

Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica generale
Davide Piganzoli (classe 2002) è arrivato a Roma 13° in classifica generale
Tra i tanti ragazzi della Polti c’è un valtellinese come te: Piganzoli. L’anno scorso gli avevi lasciato dei consigli, quest’anno come lo hai ritrovato?

Proprio al Giro è andato forte, ha provato a tenere duro e fare classifica durante tutte e tre le settimane. In alcuni giorni ha un po’ pagato lo sforzo, non ha avuto la brillantezza per provare a vincere una tappa. Cosa che Pellizzari, altro giovane promettente come lui, ha fatto. 

Il tenere duro di Piganzoli lo ha messo meno sotto i riflettori. 

Sono scelte diverse. Pellizzari un giorno è stato male ed è uscito di classifica, la sua condotta di gara nell’ultima settimana è stata giusta. “Piga” invece non ha avuto giorni di crollo e ha fatto un Giro solido. Penso che la sua sia una stata una scelta utile in chiave futura. 

Piganzoli ha corso il Giro d’Italia provando a fare classifica, una scelta utile per il futuro
Piganzoli ha corso il Giro d’Italia provando a fare classifica, una scelta utile per il futuro
In che senso?

Voleva capire cosa voglia dire correre un Giro d’Italia per fare classifica. Gestire tre settimane di corsa è una cosa che non puoi capire finché non lo vivi. Da under 23 al Giro Next Gen o al Tour de l’Avenir al massimo corri per 9-10 giorni. Da un certo punto di vista la scelta di Piganzoli sarà utile perché nel 2025 lui saprà cosa aspettarsi dal Giro, Pellizzari meno. 

Poi eri anche all’Emilia, vero?

Sì. E lì Piganzoli ha fatto un numero esagerato. Lo ha pagato un po’ al Lombardia forse, più dal punto di vista psicologico. Nel senso che forse lui stesso si aspettava qualcosa in più dal punto di vista del risultato. Penso abbia pagato la distanza, d’altronde 250 chilometri non sono facili da digerire a 22 anni. C’è tempo per crescere. 

Dopo l’ottima prestazione dell’Emilia il valtellinese aveva buone aspettative per il Lombardia
Dopo l’ottima prestazione dell’Emilia il valtellinese aveva buone aspettative per il Lombardia
Perché dici che lo ha pagato dal punto di vista psicologico?

Finita la gara, sul pullman, non era il solito Piganzoli. Lui è uno che ride e scherza con tutti, ma sabato era scuro in volto. E’ un ragazzo molto ambizioso, con una mentalità da grande corridore. Quando sale in bici si trasforma. Mi ricorda un po’ Nibali per certi versi, vive le gare con tranquillità e con il giusto distacco, quello che non gli fa pesare il grande evento. 

Nelle gare di un giorno potrà dire la sua?

Penso che lo abbia dimostrato all’Emilia. Se c’è dislivello lui si mette in mostra e può fare molto bene. La batosta del Lombardia l’ha presa, ma questo perché lui da se stesso si aspetta tanto, come fanno tutti i grandi corridori. Ha preso le misure e ha capito cosa vuol dire correre in certe gare e cosa serve per essere competitivo. 

Ma per certi appuntamenti come il Lombardia servono ancora tanti chilometri e altrettanta esperienza
Ma per certi appuntamenti come il Lombardia servono ancora tanti chilometri e altrettanta esperienza
Visto che si è parlato di Pellizzari, lui andrà in una WT nel 2025, Piganzoli rimane da voi. Che ne pensi?

Credo che Piganzoli, ora come ora farebbe fatica in una formazione WorldTour buona. Non perché non abbia le qualità, anzi. Però negli squadroni è sempre complicato, soprattutto se non arrivi con un certo status. Qui da noi farà la Tirreno, il Giro e il Lombardia e avrà modo di tornare a queste gare come leader. C’è dell’altro. 

Cosa?

Credo che Piganzoli ora scalpiti per andare in una WorldTour, ma fare un altro anno con noi sarà utile. Se ne renderà conto in futuro. Lui è destinato a crescere e migliorare nei prossimi tre, quattro anni, è un fatto di sviluppo. E’ giovane e ha tanto da capire, anche tatticamente. In più fare il professionista non è solamente andare alle gare e pedalare, ma anche gestire la vita a casa e imparare a capire il proprio fisico. Magari un anno cambi preparazione per vedere se il tuo corpo reagisce meglio o se cresci in un certo aspetto. Si tratta di affinare. 

Un altro anno alla Polti sarà la via giusta per crescere e migliorare, in bici e fuori
Un altro anno alla Polti sarà la via giusta per crescere e migliorare, in bici e fuori
Insomma, servono i passi giusti. 

Assolutamente, anche perché il ciclismo ora è molto stressante, sia mentalmente che fisicamente. Tanti giovani fanno fatica, si abbattono e poi si arrendono. La differenza la fa la testa, oggi più di prima. Perché in tanti vanno forte, ma non tutti sono in grado di reggere la pressione. 

Lui sì?

Piganzoli si mette pressione da solo, ma non si fa travolgere da quella esterna. Però fino ad ora non è mai stato troppo sotto i riflettori. Mentre l’anno prossimo ci sarà gente che da lui si aspetta qualcosa e restare in un ambiente che conosce e che lo conosce gli farà solo bene.

Lo sguardo di Bennati su 4 giovani azzurri: ricambio in vista?

18.10.2024
5 min
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Il 2024 ci ha regalato un gruppetto di ragazzi giovani e dal fare ambizioso, che sanno pedalare bene e forte. Lo hanno dimostrato quando erano under 23 e una volta passati professionisti hanno mantenuto questo trend. Stiamo parlando di Giulio Pellizzari, Davide Piganzoli, Francesco Busatto e Davide De Pretto. Quattro atleti che hanno rappresentato lo zoccolo duro della nazionale under 23 di Marino Amadori fino al mondiale di Zurigo. Una volta terminato questo cammino, vista anche la nuova regola UCI che impedisce loro di correre a mondiali ed europei nella categoria U23, è arrivato il momento di trattarli da grandi

Busatto, De Pretto e Pellizari hanno corso a Zurigo con la nazionale U23 di Amadori
Busatto, De Pretto e Pellizari hanno corso a Zurigo con la nazionale U23 di Amadori

Il futuro

Lo facciamo insieme al cittì della nazionale elite Daniele Bennati. Il tecnico aretino raccoglie il testimone passatogli dal collega Amadori e guarda al futuro insieme ai giovani che avanzano.

«Secondo me questi quattro – racconta Bennati – sono nomi che per il futuro della nostra nazionale saranno importanti. Sui quali io stesso dovrò fare affidamento. C’è bisogno di un ricambio generazionale e lo possiamo cominciare nel migliore dei modi. Non solo dal punto di vista fisico, ma anche come approccio alle gare e ai vari impegni sono ragazzi che hanno mostrato sfrontatezza. Una qualità della quale abbiamo davvero bisogno».

Tra i giovani azzurri Pellizzari è quello che si è messo in mostra di più nello scorso Giro d’Italia
Tra i giovani azzurri Pellizzari è quello che si è messo in mostra di più nello scorso Giro d’Italia

1) Pellizzari e il passo giusto

Vediamo questi profili uno per uno insieme a Bennati. Una sorta di presentazione o, per meglio dire, una specie di identikit che il cittì ha fatto nei confronti di questi neo professionisti. Partiamo con il parlare di Giulio Pellizzari, se non altro perché in ottica mondiale il suo nome era sul taccuino di entrambi i tecnici azzurri. 

«Lui e Piganzoli – analizza Bennati – sarebbero potuti rientrare nei piani della nazionale maggiore in vista di Zurigo. Poi nei giorni precedenti alle convocazioni, Amadori e io ci siamo confrontati, decidendo di non fare un passo troppo lungo. Pellizzari nel 2024 ha mostrato di poter essere il corridore da corse a tappe per l’Italia. L’ultima settimana del Giro ha fatto vedere grandi cose, ciò testimonia un ottimo recupero, qualità importante in quel genere di corse. Ha un profilo che rispecchia molto le caratteristiche dello scalatore e lo ha fatto notare anche al Lombardia, dal quale è uscito con una prova maiuscola.

«L’anno prossimo passerà nel WorldTour con la Red Bull-Bora hansgrohe e credo sia uno step importante per la sua carriera, fatto nella squadra giusta. La concorrenza interna non mi preoccupa affatto, perché Pellizzari è forte e sarà la strada a dimostrare cosa potrà fare. Alla Red Bull-Bora troverà tanti italiani nello staff e nel team, in più sarà guidato da Gasparotto. Ripeto: non credo ci fosse scelta migliore».

Davide Piganzoli ha disputato una corsa rosa più solida, con un tredicesimo posto finale
Davide Piganzoli ha disputato una corsa rosa più solida, con un tredicesimo posto finale

2) Piganzoli: carico di responsabilità

L’altro azzurro con la mentalità e il fisico ideale per le grandi corse a tappe è Davide Piganzoli. Al suo primo Giro d’Italia ha portato a casa un tredicesimo posto finale. Un risultato non indifferente, che ha mostrato quanto possa essere solido il valtellinese nell’arco di tre settimane. 

«Ha caratteristiche diverse rispetto a Pellizzari – spiega il cittì – ha una struttura fisica che gli permette di essere più esplosivo. Lui stesso dovrà capire che tipo di corridore potrà essere in futuro, se da grandi Giri, da brevi corse a tappe o da gare di un giorno. Penso però che nel 2025 possa ancora curare la classifica in una grande corsa a tappe, se lo meriterebbe e da lui mi aspetto questa conferma. Rimanere un altro anno alla Polti Kometa può dargli qualcosa in più in termini di responsabilità. Correrà in un team dove sarà il faro per gare come il Giro e questo lo farà maturare ancora di più dal punto di vista mentale».

Francesco Busatto, al primo anno nel WorldTour ha fatto un calendario di grande qualità
Francesco Busatto, al primo anno nel WorldTour ha fatto un calendario di grande qualità

3) Busatto: un cammino costante

Si passa poi ai corridori da corse di un giorno: ragazzi leggeri, ma con gambe pronte a spingere forte sui pedali. Francesco Busatto e Davide De Pretto. Rispetto ai primi due loro hanno già vissuto un anno nel WorldTour, con Busatto che è passato dal devo team alla formazione dei grandi

«Busatto – continua Bennati – è in una squadra che gli permette di crescere e mettersi alla prova. Ha delle caratteristiche atletiche importanti visto che è dotato di un ottimo spunto veloce, cosa che nel ciclismo moderno può dargli un qualcosa in più. Da under 23 ha vinto la Liegi di categoria e quest’anno ha visto com’è correre in quella dei professionisti. Sono esperienze che fanno bene a un ragazzo giovane, molti corridori hanno vinto monumento o corse importanti dopo anni di presenze e piazzamenti. Un anno nel WorldTour alza sicuramente l’asticella, facendoti fare un salto importante a livello fisico e psicologico».

Tra i quattro giovani azzurri De Pretto è stata la sorpresa del 2024
Tra i quattro giovani azzurri De Pretto è stata la sorpresa del 2024

4) De Pretto: “la” sorpresa

Infine c’è Davide De Pretto, il quale ha messo alle spalle il suo primo anno nel WorldTour con la Jayco AlUla. Il suo è stato un salto importante, il vicentino arrivato dalla Zalf Euromobil ha raccolto risultati importanti. Nel complesso termina la sua stagione con sedici top 10 nelle quali rientra anche la prima vittoria da professionista al Giro di Austria.

«Lui e Busatto – conclude Bennati – hanno caratteristiche simili: sanno tenere in salita e hanno buone doti in sprint ristretti. De Pretto mi è piaciuto parecchio, il suo era uno scalino non facile da fare, passare da una formazione continental a una WorldTour non è scontato. Eppure ha risposto bene, non dico che mi ha sorpreso, ma mi ha fatto parecchio piacere. E’ un ragazzo molto propositivo e che durante tutto il 2024 ha dimostrato di poter stare a certi livelli. Il suo profilo è quello di un corridore in grado di poter vincere nel ciclismo moderno e lo accompagna anche il giusto atteggiamento».

Under 23: una corsa tra pioggia e dolore, l’Italia ci prova

27.09.2024
6 min
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ZURIGO (Svizzera) – Il mondiale dell’Italia under 23 si spegne insieme alle ultime energie che Giulio Pellizzari ha in corpo. Sullo strappo iniziale del circuito di Zurigo l’azzurro non tiene il ritmo dei migliori, più freschi e riposati. Il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha speso troppe energie nella rincorsa a Jan Christen. Per troppi chilometri si è trovato nel mezzo tra lui e il gruppetto dietro, guidato dal Belgio. 15 secondi, tanti ne sono mancati per scrivere una pagina diversa di questo campionato del mondo under 23. Ma le corse sono così, si vince e si perde per pochi metri, a volte anche meno.

«Che vogliamo dire – attacca subito Pellizzari mentre rimugina seduto sulle scalette del bus – è stato duro, anzi durissimo. Anche il tempo non è stato dei migliori, era previsto più sole ma succede. Fa parte del nostro sport». 

Tattica rispettata

Una gara con tanti protagonisti possibili, ma un unico vincitore. Dalla mischia e dalla selezione è uscito il nome del tedesco Niklas Behrens. Un omone di 195 centimetri forte e con due spalle larghe ben più del manubrio che ha battuto Martin Svrcek e Alec Segaert

«Sapevamo che i big si sarebbero mossi da lontano – continua Pellizzari – quindi noi abbiamo cercato di seguirli. Siamo stati bravi in pianura, abbiamo preso i rischi e abbiamo corso sempre davanti. Una volta entrati nel circuito finale dovevamo seguire i migliori, ci siamo messi di impegno ed è andata così. Non c’erano nomi da seguire, tanti erano i ragazzi forti in gara. Quando è partito Christen al penultimo passaggio ho provato a chiudere. Sulle pendenze di Bergstrasse ho faticato tanto, non era uno sforzo adatto alle mie caratteristiche. Serviva un corridore con un picco di potenza maggiore, ma poi sulla salita successiva mi sono avvicinato. Christen in discesa ha allungato e in pianura non riuscivo ad avvicinarmi. D’altronde ha fatto terzo al mondiale a cronometro. Non lo scopriamo oggi che in pianura ha un passo incredibile».

«Non pensavo – spiega infine Pellizzari – che dietro ci fossero così tanti belgi dietro a tirare. Nelle corse under è difficile trovare una squadra che tira quando sono solamente venti corridori. Speravo in un po’ di controllo e di prendere lo strappo davanti, poi magari mi avrebbero preso comunque ma più vicini all’arrivo».

De Pretto e Busatto sono stati spenti dal freddo e dalla pioggia, ma hanno dato comunque il loro apporto
De Pretto e Busatto sono stati spenti dal freddo e dalla pioggia, ma hanno dato comunque il loro apporto

Freddo pungente

Davide De Pretto e Francesco Busatto arrivano nello spiazzo del bus che ancora tremano dal freddo. Il primo in pantaloncini corti si ripara dietro qualche macchina e parla. 

«Si sapeva sarebbe stata una gara difficile da controllare – dice – abbiamo anche corso bene, rimanendo sempre davanti. Poi siamo entrati nel circuito e sapevamo che si sarebbe fatta la differenza fin da subito. In tanti hanno provato ad alzare il ritmo fin dal primo passaggio. Stavo anche bene, ho seguito Morgado in un allungo, poi in discesa ho preso freddo e mi si sono congelato. Se guardiamo comunque i primi sono tutti ragazzi pesanti, magari hanno sofferto meno il freddo rispetto a molti altri».

Busatto ha ancora il volto scavato dai chili persi in estate, in inverno dovrà recuperarli
Busatto ha ancora il volto scavato dai chili persi in estate, in inverno dovrà recuperarli

Ruoli giusti

Busatto arriva direttamente dalla corsa, appoggia la bici e sale a cambiarsi. La sensazione è che oltre al freddo gli sia rimasta indigesta la giornata “no” in un appuntamento così importante. Un malanno in estate gli ha fatto perdere tre chilogrammi, che non ha ancora ripreso. A guardarlo si vede che è molto magro, un fattore che oggi ha influenzato la sua prestazione. 

«Non ho potuto farci tanto – spiega – non ci aspettavamo un clima così freddo. I corridori come me, più leggeri, hanno patito. A due giri dalla fine, quando prima ero sempre lì pronto e attivo, mi sono trovato in coda senza gambe. Il piano alla partenza era di essere presenti nei tentativi di creare situazioni buone per la squadra. Dove ho visto opportunità mi sono buttato, alla fine il mondiale è imprevedibile. 

«Ci siamo supportati bene a vicenda. De Pretto e io siamo stati presenti sullo strappo più duro, mentre Pellizzari andava a chiudere sulla salita. Mattio, invece, ha fatto un grande lavoro nella parte iniziale, in pianura. Comunque c’eravamo sempre, fino al punto in cui siamo stati messi fuori gioco dal freddo. Credo che indubbiamente siamo stati una delle squadre più forti. Peccato, se fossimo riusciti ad arrivare in due o tre nel finale avremmo potuto giocarci le nostre chance. In questi casi vanno fatti i complimenti al vincitore e basta».

Amadori, qui a colloquio con Kajamini, si è detto rammaricato ma soddisfatto della prova dei suoi under
Amadori, qui a colloquio con Kajamini, si è detto rammaricato ma soddisfatto della prova dei suoi under

Il punto di Amadori 

Alla fine chi deve prendere in mano tutto, analizzare e parlarne poi con i ragazzi è il cittì Marino Amadori

«Come sempre – ammette – ho fatto la gara senza le radioline. E’ sempre il solito discorso, in certi frangenti servono ma non possiamo farci nulla. Il momento in cui mi sarebbe servita di più? Quando Pellizzari era a metà tra Christen e il gruppetto dietro. Gli avrei detto di rialzarsi e non spendere troppo. Abbiamo provato a forzare la giuria ma non ci ha fatto passare e purtroppo Pellizzari è rimasto nel mezzo. Si è praticamente finito lì, ci siamo giocati tutto. Mi dispiace perché andava forte, aveva una bella gamba.

Se avesse agganciato Christen avremmo visto un finale diverso, ma non si vive di ipotesi. Peccato per De Pretto e Busatto, con loro a pieno regime avremmo avuto delle alternative diverse per il finale, purtroppo non ce l’abbiamo fatta».

Durante le premiazioni il ricordo per la scomparsa della giovane svizzera Muriel Furrer
Durante le premiazioni il ricordo per la scomparsa della giovane svizzera Muriel Furrer

Tutto nel silenzio

Nel giorno della tragica morte di Muriel Furrer, la giovane junior svizzera venuta a mancare nel pomeriggio dopo la caduta nella prova femminile di ieri, il cielo non ha risparmiato acqua e freddo. L’UCI ha organizzato una conferenza stampa alle 17, in concomitanza con l’arrivo della prova under 23. Le gare devono andare avanti, ma la chiusura della mixed zone non ha permesso di raccontare la vittoria del tedesco. I ragazzi hanno corso senza sapere della notizia, il lutto della nazionale elvetica e della famiglia andava rispettato, vero, così come la fatica fatta dai ragazzi.

Amadori: «A Zurigo con una rosa competitiva e varia»

20.09.2024
5 min
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La lista degli otto corridori scelti da Marino Amadori per il mondiale under 23 è stata resa pubblica martedì insieme a tutte le altre dei vari cittì. I cinque nomi selezionati per la prova in linea di Zurigo sono: Giulio Pellizzari, Francesco Busatto, Davide De Pretto, Pietro Mattio e Florian Kajamini (in apertura, De Pretto e Pellizzari). A questi si aggiungono le tre riserve: Simone Gualdi, Federico Savino e Ludovico Crescioli. 

Il solito “problema”

Tre dei cinque nomi scelti da Amadori sono già nel mondo dei professionisti, un dato che però unisce tutte le selezioni nazionali di rilievo. Chi vuole provare a vincere ha portato i migliori atleti under 23, professionisti o meno. Da quando l’UCI ha aperto queste competizioni anche ai corridori che hanno messo nelle gambe corse WorldTour le scelte diventano obbligate. 

«La prima premessa che voglio fare – commenta Amadori – è che ci sono dei regolamenti e bisogna agire di conseguenza. Noi come Italia ci organizziamo per fare il massimo nella gara che assegna la maglia iridata. In una gara che vede 40 ragazzi che provengono da squadre professionistiche, noi dobbiamo agire di conseguenza per provare a essere competitivi. Con i ragazzi scelti mi auguro di esserlo, ma non sarà facile, non è che con questi andremo sicuramente a podio oppure a medaglia. Vi basti sapere che ci saranno Del Toro e Morgado, giusto per dire due nomi. Il primo ha fatto la stagione che ha fatto, mentre il secondo, al primo anno tra i professionisti, si è piazzato quinto al Fiandre. All’europeo abbiamo subito alla grande, al mondiale voglio portare una squadra che può essere protagonista».

Crescere e imparare

Ne abbiamo parlato anche con Pellizzari nell’ultima intervista. Per vincere serve imparare a farlo e abituarsi a vivere determinate situazioni. Il corridore della Vf Group-Bardiani ha detto di essersi pentito per non aver corso l’Avenir. La corsa a tappe francese, che racchiude il meglio del movimento under 23, sarebbe stata un punto importante per la sua crescita. 

«Il punto che mi va di sottolineare – riprende il cittì – è che noi come Italia facciamo fatica nel mondo dei professionisti. Portare ragazzi come Pellizzari, Busatto e De Pretto al mondiale under 23 può essere una bella occasione per migliorare e vivere queste gare da protagonisti. Sono corridori che tra uno o due anni magari  saranno protagonisti con la nazionale maggiore e lo saranno anche grazie a questo passaggio. E’ chiaro che mi spiace lasciare fuori i vari Zamperini, Crescioli, Gualdi, Savino e gli altri che erano nella mia lista. Però la maglia azzurra va onorata e andare al mondiale per fare piazzamento da “ennesima” posizione non è ciò che merita la nazionale italiana».

Questione di equilibrio

Cinque nomi in una lista dove tanti meriterebbero spazio, ma ciò che serve è avere equilibrio per partire competitivi e ricoprire bene tutto il percorso. 

«Dei cinque ragazzi – spiega Amadori – non tutti sono da ragazzi da ultimo momento e non ci sono solamente leader. E’ importante trovare il giusto compromesso. Mattio è una sicurezza, il suo Tour de l’Avenir corso sopra le righe mi ha fatto capire che potrà essere molto utile alla causa fin dal chilometro zero. Kajamini, ad esempio, è uno di quelli che non ha paura di prendere vento in faccia e anche lui all’Avenir ha fatto vedere di andare forte in salita. Poi lui è uno che attacca, da noi in Italia tanti ragazzi corrono sulle ruote per fare ottavo o quindicesimo, Kajamini invece è uno che si muove, anticipa e lotta.

«I leader – riprende – saranno Pellizzari, Busatto e De Pretto, almeno sulla carta. Li conosciamo bene e sappiamo quanto valgono. Pellizzari ha un valore, in salita, fuori dal comune e può lottare con i vari Torres, Nordhagen e Widar. De Pretto ha fatto un bell’avvicinamento, dimostrando ottime sensazioni visto anche il quarto posto al Matteotti. Busatto, infine, è colui che ha messo nelle gambe più gare di qualità in questo periodo e da dopo l’altura di luglio ha corso solamente in gare WorldTour».

In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini
In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini

Importante vedere il percorso

Non resta che fare la valigia e imbarcarsi verso Zurigo, il 24 settembre, martedì, Amadori e i suoi arriveranno in città. Poi sarà il tempo di entrare nella “bolla iridata”. 

«Il percorso è duro – conclude il cittì – ma non durissimo. Gli under 23 dovranno fare quattro giri del circuito finale, non sarà così micidiale. Vero anche che all’europeo il percorso non era proibitivo eppure i distacchi sono stati incredibili. La gara la fanno i corridori e se come all’europeo la prima ora si fa a 51 di media ci sarà da divertirsi e soffrire. Il mondiale sicuramente sarà selettivo, noi dovremo studiare bene ogni evenienza per farci trovare pronti. Partiamo martedì perché mercoledì dalle 8 alle 10 ci sarà il percorso chiuso al traffico. E’ importante vederlo visto che ci sono dei passaggi delicati in città. Provarlo in modalità gara sarà basilare».

Pellizzari: il “bimbo” è pronto a diventare uomo

16.09.2024
6 min
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MISANO ADRIATICO – Il sorriso di Giulio Pellizzari nel mezzo della confusione dell’Italian Bike Festival ti fa capire quanto siano vivi i suoi ventuno anni. Parla con tutti, nella musica e nel divertimento trova la sua dimensione. Tanti corridori quando passano da queste fiere, per incontrare sponsor e gente, hanno la faccia di chi non vorrebbe mai essere lì. Pellizzari invece ha l’entusiasmo della novità e della gioia di stare insieme a chi sta imparando a conoscerlo: il pubblico del ciclismo.

Lo stand di Wepere diventa, per una decina di minuti, il teatro di incontro con il giovane della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. L’anno prossimo lascerà il nido di chi lo ha preso e fatto diventare grande, la famiglia Reverberi. Lui si gode le ultime gare di una stagione che fino ad ora è stata lunga e intensa. 

«Il 2024 – dice ridendo – è partito presto e ancora deve finire, però è stato gestito a blocchi. Ho corso in maniera intensa fino al Giro d’Italia, poi ho fatto Slovenia, campionato italiano e Giro d’Austria. Al Limousin, ad agosto ho ripreso a correre ma alla terza tappa mi sono ritirato perché sono stato male. Il Giro del Friuli, corso a inizio mese serviva per mettere ritmo nelle gambe in vista del finale di stagione. Ora mi aspettano il mondiale under 23, Agostoni, Emilia e Lombardia».

All’IBF Pellizzari ha parlato e scambiato sorrisi con tutti coloro che lo fermavano
All’IBF Pellizzari ha parlato e scambiato sorrisi con tutti coloro che lo fermavano
Hai corso spesso tra gli under 23 e poi tra i professionisti, com’è stato “salire e scendere”?

E’ stato bello. Sono uno che non si fa problemi a “tornare indietro”, non mi demoralizzavo perché andavo a correre con gli under. Anzi, per me era uno stimolo per provare a vincere, poi non ci sono ancora riuscito, ma è stato utile in vista della mia crescita. 

Ti sei piazzato spesso nei primi 10, in corse diverse passando dall’ottavo posto del Recioto al secondo al Giro.

Al Giro d’Italia ho trovato davvero quello più forte di me. Nella altre corse mi è mancata la cattiveria nell’ultimo chilometro. Anche al Friuli ero il favorito, avevo staccato tutti in salita, ma poi negli ultimi mille metri manca l’istinto. Il problema è che quando arrivo a capire che mi gioco la vittoria vado nel “panico”. Al Giro non ci ho mai pensato, era quasi troppo grande come cosa. 

La gare tra gli U23 (qui al Recioto) servivano per imparare a giocarsi la vittoria
La gare tra gli U23 (qui al Recioto) servivano per imparare a giocarsi la vittoria
E’ un fattore mentale che negli anni ti è mancato?

Esattamente. Non sono mai stato abituato a vincere quindi da piccolo fino allo scorso anno avevo un solo obiettivo: dimostrare di essere il più forte, non di vincere. 

Cosa cambia?

Per me la cosa più importante è stata dimostrare di essere il più forte, poi magari non vinco. Da piccolo ero scarso, per me l’obiettivo era far vedere di essere forte. Anche ieri (il riferimento è al Memorial Pantani, ndr) per me la gara finiva in cima alla salita. Andavo a tutta e quando mi sono girato e avevo tolto tutti i forti di ruota io ero a posto. Al Friuli uguale, volevo staccare in salita Torres che due settimane prima aveva vinto l’Avenir con grandi numeri. 

Al Giro la dimostrazione che le qualità ci sono, ora serve lo step mentale
Con il senno di poi non fare l’Avenir ti è dispiaciuto?

Ora sì. Prima no. La stagione sarebbe cambiata un poco, ma il fatto che Torres e Widar siano andati forte mi avrebbe stimolato molto. Correre tra gli under serve per imparare a vincere. Al Friuli mentre ero con Nordhagen la motostaffetta mi diceva: «Hai vinto, dai che è tua». Alla fine non ho vinto, sale la pressione e bisogna convivere con quella. Al Giro non c’era, ero esordiente. 

Dall’anno prossimo crescerà la pressione, non sarai più il giovane da scoprire, gli altri ti guarderanno. 

Sono contento di questo, è una sfida che mi stimola e mi piace. 

Pellizzari vuole diventare l’idolo dei bambini, chissà se un giorno sarà lui a regalare la maglia rosa a un giovane promettente
Pellizzari vuole diventare l’idolo dei bambini, chissà se un giorno sarà lui a regalare la maglia rosa a un giovane promettente
Come ti senti nel lasciare la squadra che ti ha fatto diventare grande?

Alla Bardiani mi sono trovato bene, quindi non sarà facile lasciarla. Però credo sia un passo fondamentale, sarà tutto nuovo e vedremo come. In questi tre anni ho fatto tutto quello che dovevo fare, è il momento di aprire le ali.

Cosa ti mancherà di più?

La spensieratezza che c’è in squadra. 

Con il senno di poi il marchigiano si è detto dispiaciuto di aver rinunciato all’Avenir dopo il 2° posto del 2023
Con il senno di poi il marchigiano si è detto dispiaciuto di aver rinunciato all’Avenir dopo il 2° posto del 2023
Dall’altra parte qual è lo stimolo maggiore?

Provare a diventare il corridore che è l’idolo dei bambini. Dal 2025 mi sento di poter dire che da grande farò il ciclista, prima ci pensavo e non ci pensavo, ora ci credo. 

Avevi l’occasione di fare il mondiale anche con i pro’?

Ero nella lista di Bennati, aspettavamo queste gare in Toscana per decidere cosa fare. Non sono andate come speravo, dalla Vuelta sono usciti tanti nomi forti. Ieri (sabato, ndr) mi ha chiamato Amadori, il cittì della nazionale under 23, e mi ha chiesto cosa volessi fare. Lui mi ha detto che se avessi scelto il mondiale under mi avrebbe messo sicuramente in squadra e avrei corso. E’ il primo mondiale, c’è emozione. 

Un giro tra i pensieri

Alla fine della chiacchierata chiediamo a Pellizzari di fare un giro di pista in sella alla sua De Rosa. I ragazzini lo riconoscono, lo fermano e gli chiedono se sia davvero lui. Giulio sorride e pedala con loro con la naturalezza che speriamo rimanga invariata. Il resto sono parole che scorrono, il mondiale, la stagione che finisce e cosa si aspetta dal confronto con la nuova realtà della RedBull-Bora-Hansgrohe. Pensieri che meritano forse un approfondimento, ma avremo tempo nei prossimi giorni, o mesi.

Gare tra gli U23 anche da pro’: Rossato spiegaci tu

22.07.2024
5 min
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Giovani, professionisti e professionisti giovani: ormai sempre più spesso vediamo questa commistione tra devo team (o team satellite) e prime squadre. Una commistione che sta variando rispetto a qualche tempo fa. Oggi si mischiano le gare tra le due categorie sempre di più e questa regola vale anche per chi è “più” pronto.

Oggi, chiaramente nel rispetto dei limiti d’età, si passa da una corsa under 23 ad una con i professionisti. Il che non è una novità, ma quello che abbiamo visto quest’anno in VF Group-Bardiani ci ha un po’ sorpreso. 

Prendiamo il classico esempio di Giulio Pellizzari. In inverno già si sapeva che avrebbe disputato il Giro d’Italia dei pro’, dopo qualche gara con i pro’ vedi il Laigueglia e la Coppi e Bartali, comunque ricca di giovani, è stato poi portato al Giro del Belvedere e poi al Palio del Recioto. Una scelta su cui riflettere. E le riflessioni le abbiamo fatte direttamente con Mirko Rossato, direttore sportivo che ha in cura il settore giovanile della VF Group-Bardiani.

Rossato in riunione con i suoi ragazzi al Giro della Valle d’Aosta
Rossato in riunione con i suoi ragazzi al Giro della Valle d’Aosta
Mirko, siete la squadra che per prima in Italia ha insistito forte sui giovani, nella spola tra professionismo e dilettantismo ci ha colpito il fatto di far fare gare U23 anche a corridori più maturi, sempre under 23 ovviamente. Pensiamo a Pellizzari, ma anche a Pinarello.

Innanzi tutto è un discorso di programmazione che si fa ad inizio anno per tutti i corridori. Nel caso di Pellizzari e Pinarello, ma anche degli altri che hanno già due o tre anni di attività tra gli under 23, non è altro che un’attività progressiva.

In che senso?

Nel senso che l’attività con i professionisti va fatta in modo crescente. Pian, piano poi quando vedi che i ragazzi sono pronti e possono affrontare le gare dei professionisti allora gli fai fare un’attività con loro. Il tutto come accennavo legato anche ad un discorso di programmazione generale per l’attività con i pro’.

Spiegaci meglio.

Devi sempre sistemare e programmare le varie formazioni con gli altri ragazzi del team più vecchi di loro. In breve: non puoi lasciare a casa un Marcellusi, un Tonelli o un Covilli per far correre il giovane a discapito di quello più grande. Noi abbiamo la fortuna che i nostri ragazzi possono fare l’attività elite, ma quella under 23 non va dimenticata nella programmazione. Serve, perché  comunque sono ancora giovani e serve anche perché in questo modo mantengono il piglio di correre per vincere e non per partecipare. E questo è importante.

Pinarello al Tour of the Alps, anche lui classe 2003 come Pellizzari, ha fatto gare con i pro’. Presto il salto avverrà anche per lui
Pinarello al Tour of the Alps, anche lui classe 2003 come Pellizzari, ha fatto gare con i pro’. Presto il salto avverrà anche per lui
Sei entrato nel pieno del discorso. A forza di prendere legnate con i pro’ magari si rischia di abbatterli moralmente. E questo vale anche per chi magari ha già due se non tre stagioni di spola tra under 23 e pro’?

Va che comunque ci sono delle situazioni di gara anche negli under 23 molto interessanti. In questa categoria vanno forte, fortissimo e almeno in certe gare non c’è poi una grande differenza tra i grandi e i piccoli. Al tempo stesso però il livello è talmente alto tra gli stessi pro’ che il giovane mediamente fa fatica, pertanto cerchi di lavorare anche a livello psicologico. 

Sembra un passo indietro ma non lo è…

Se tu gli dai degli obiettivi dove può far bene già questa da sola è una buona cosa. Fatto questo, ogni tanto li metti con i grandi. In questo modo cosa succede? Che gli lasci la possibilità di avere sempre una mentalità vincente, ma nello stesso tempo quando vanno con i grandi sanno che devono fare esperienza e crescere senza troppe pressioni… ecco questo è l’obiettivo di squadra. Faccio un esempio.

Vai…

Per l’anno prossimo, avendo preso altri ragazzi juniores, Pinarello, Scalco, Palletti, Conforti, Biagini faranno un’attività maggiore con i professionisti e io lavorerò di più con i nuovi arrivati. Ma questo non significa che gli stessi terzi anni anni non facciano qualche gara importante negli under 23.

La programmazione parte dall’inverno e coinvolge sia i giovani che i più grandi
La programmazione parte dall’inverno e coinvolge sia i giovani che i più grandi
Il criterio di questo “yo-yo” dunque è quello di un passaggio al professionismo incrementale?

Abbiamo sempre fatto così. Quando siamo partiti con questo progetto abbiamo iniziato a fare un’attività under 23 di alto livello, correndo le gare più importanti, confrontandoci sempre con i migliori under 23 al mondo. Ed è questo confronto di qualità che ci permette di capire davvero il livello dei ragazzi. Al primo anno, verso fine stagione gli facciamo fare un po’ di attività con i professionisti. L’anno successivo, gli riduciamo le gare under e magari fanno un’attività che è “50-50”. Al terzo anno, magari sarà un 80 per cento con i professionisti e un 20 con gli under.

Quando capisci che un ragazzo è pronto per correre anche con i pro’?

Quando il ragazzo under 23 è in condizione e va forte in questa categoria. Allora può competere con i grandi, cercando di finire le corse. Perché attenzione: è importante finire le corse dei pro’ altrimenti non migliori. Quindi quando vediamo il rendimento in corsa, quando vediamo che i valori sono buoni allora capiamo che il ragazzo è pronto e che quello è il momento giusto per fargli fare il salto.

I numeri sul Grappa e il futuro di Pellizzari: gli appunti di Piepoli

04.07.2024
5 min
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Dal Tour of the Alps al Giro d’Italia. Poi il Giro di Slovenia, i campionati italiani e proprio in questi giorni Giulio Pellizzari è impegnato al Tour of Austria. Non sarà troppo? E’ una curiosità che proveremo a toglierci con il supporto di Leonardo Piepoli, chiamato al suo fianco da Massimiliano Gentili, il vero mentore di Giulio. Come lo ha visto al Giro? E cosa pensa del programma successivo?

«Credo che al Giro fosse difficile – spiega il pugliese – fare meglio di così. Immaginavo che potesse essere già a quel livello, perché al Tour of the Alps aveva dimostrato di essere cresciuto. Giulio ha sempre continuato a migliorare e arrivando al Giro ha fatto un ulteriore salto di qualità. Non mi ha stupito. Se si guarda la prima tappa in Piemonte, quella di Torino, era già andato davvero forte».

Dopo il Giro, al Criterium Cycling Stars un altro bagno di pubblico per Pellizzari (photors.it)
Dopo il Giro, al Criterium Cycling Stars un altro bagno di pubblico per Pellizzari (photors.it)
Diciamo che il suo avvicinamento al Giro è stato singolare, con il Belvedere e il Palio del Recioto prima di andare al Tour of the Alps.

Secondo me il progetto che stanno facendo i Reverberi funziona. Magari subito può sembrare strano, perché fare quelle corse potrebbe sembrare un passo indietro per uno che ha già fatto bene tra i professionisti. Invece, secondo me, è utile anche portarlo in corse più piccole e mi piace che lui lo abbia preso bene, secondo me è stato propedeutico. Non si è tirato indietro, ha detto che sono corse belle e che gli piacciono e proprio con questi atteggiamenti lui fa la differenza. Quanto a testa è migliore di tanti altri e questa ne è la dimostrazione.

Perché dici che è stato propedeutico?

Li mandi sotto e fanno risultato, poi li mandi sopra e faticano. Come adesso con Pinarello. Negli under 23 cresce forte, mentre fra i pro’ non ci riesce ancora. Perciò lo rimandano sotto, fa risultato, prende fiato e poi torna tra i grandi. E’ una cosa che ti aiuta a crescere.

Dove vedi i margini più ampi di Pellizzari?

Credo che ne abbia in tutti i campi, perché è molto acerbo in tutto. Sicuramente il primo fronte da attaccare potrebbe essere la cronometro, per un fatto fisico e di attitudine. Ci ha lavorato davvero poco finora, anche perché facevamo un certo tipo di attività per cui la cronometro era relativa. Ora dovrà cominciare a lavorarci, a conoscere i materiali. C’è di buono che è giovanissimo, quindi ha l’elasticità che serve per adattarsi alla bici. E quando si tratta di spingere, non ha problemi.

La crono è il prossimo… osso da attaccare: i margini sono enormi
La crono è il prossimo… osso da attaccare: i margini sono enormi
Non averci lavorato prima è un limite o davvero non serviva?

Io credo che Max Gentili meglio di così non potesse gestirlo. Un giorno mi disse una cosa, quella che mi è rimasta più impressa. Mi disse che da junior, se avesse voluto, con Giulio avrebbe potuto vincere dieci corse. Invece per tutto il tempo che l’ha avuto, ha cercato quelle meno adatte a lui e lo mandava all’attacco perché provasse ugualmente a vincere. E questo ha fatto sì che adesso abbiamo quel ragazzo che prende e attacca. Sfrontato, senza la paura di crollare. E se rimbalza, il giorno dopo è nuovamente lì. Max era molto convinto che sarebbe diventato un corridore e ha fatto tutto il necessario per farlo crescere e non per portare a casa vittorie. Cosa che non è troppo comune e secondo me è una mossa giustissima.

Come vedi la scelta di andare al Tour of Austria?

Un giorno Giulio mi ha chiamato e mi ha chiesto che cosa ne pensassi, dato che gli avevano proposto di andare. Anziché rispondergli, ho chiesto la sua opinione. E lui ha detto che negli stessi giorni la sua ragazza era al Giro Donne, mentre i genitori sarebbero andati in vacanza. Allora ha detto che quasi quasi avrebbe fatto meglio a correre, così magari avrebbe provato a vincere una corsa, dato che finora tanti attacchi, ma zero vittorie. E questo è un altro dei casi in cui dico che Giulio Pellizzari ha la testa due spanne sugli altri.

Per cosa?

Altri avrebbero tirato fuori delle menate. Sulla squadra che li spreme, sul fatto che erano stanchi, sul fatto che si sarebbero finiti. Giulio sa che potrebbe essere stanco, è ovvio. E quando si renderà conto che non ce la dovesse fare, prenderà le sue decisioni. Ma secondo me, dato che di qui a fine anno non parteciperà più a corse a tappe, l’Austria ci può stare. Il suo calendario, dall’estate in avanti, prevede solo corse di un giorno, che gli vanno bene anche a livello di crescita. Lavorerà sul cambio di ritmo, farà a tutta salite di due o tre minuti, dovrà limare per arrivare a prenderle davanti. Perciò l’Austria adesso non gli farà male. Gli under 23 olandesi o belgi fanno 8 corse a tappe per anno. Va bene che Giulio ha fatto il Giro d’Italia, ma la sua non è stata un’attività eccessiva rispetto a quella dei coetanei europei.

Il podio del Tour de l’Avenir 2023: dietro Del Toro, Piganzoli e Pellizzari (foto Tour de l’Avenir)
Il podio del Tour de l’Avenir 2023: dietro Del Toro, Piganzoli e Pellizzari (foto Tour de l’Avenir)
Visto che fare dei passaggi fra gli U23 è propedeutico, perché escludere di partecipare al Tour de l’Avenir? L’anno scorso è stato sul podio, lavorare per vincere non sarebbe utile?

Non so in realtà se abbiano scelto qualcosa, però io personalmente sono sempre stato contrario, per il fatto che hai solo da perdere. Non riesci a crescere. Nel suo caso, preferisco che faccia il Giro d’Austria. Qualunque sia il risultato, chiunque ci lavorerà il prossimo anno, vedrà che è andato forte al Tour of the Alps, al Giro d’Italia, allo Slovenia e magari anche in Austria. Vuol dire qualcosa. Per andare al Tour de l’Avenir devi fare una preparazione su misura, mentre adesso conviene che Giulio finisca l’Austria, poi stacchi e inizi a preparare le corse italiane.

Avrai sicuramente visto i suoi dati del Giro: ci colpì nel giorno del Grappa, quando provò a stare dietro a Pogacar che saliva a 600 watt. Quel giorno Giulio ha fatto qualche record personale?

Ha tirato fuori anche quello che non aveva. Il Grappa è un’ora di salita e lui alla prima scalata ha fatto la sua ora migliore di sempre. E nella seconda passata, circa mezz’ora dopo, ha migliorato la sua migliore ora di sempre. Ha fatto il suo “best all time” in entrambi i casi, più di così non poteva andare. Ma anche lì dimostra la consistenza del ragazzo di fare una salita così forte e poi di farla ancora poco dopo. Vuol dire che ha tanta testa, ma anche tanto motore. Fare certi numeri a fine Giro vuol dire avere qualcosa di più rispetto alla media.