Pellizzari: grandi sogni in salita, poi l’amara discesa

20.04.2023
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PREDAZZO – Questa mattina Giulio Pellizzari faceva girare velocemente le gambe sui rulli, al riparo dalle poche gocce che bagnavano Rovereto, alla partenza della quarta tappa del Tour of the Alps. Roberto Reverberi, team manager della Green Project Bardiani CSF Faizanè, rimproverava bonariamente il giovane marchigiano che scherzava con gli altri membri dello staff. «Scaldati seriamente – diceva – che oggi devi provare ad andare in fuga».

Occhi al cielo dopo il traguardo, Pellizzari per un momento ha creduto davvero di poter vincere
Occhi al cielo dopo il traguardo, Pellizzari per un momento ha creduto davvero di poter vincere

Davanti a tutti, tra i grandi

Pronti via inizia il collegamento, e tra i numeri che si sentono snocciolare da Radio Corsa c’è il 94, quello del classe 2003. Si muove nel folto gruppetto e rimane guardingo, una volta calati gli occhiali sul viso la concentrazione sale. La corsa procede ed i minuti di vantaggio rimangono sempre tra i tre ed i quattro, si capisce che oggi il gruppo lascerà fare

All’inizio della salita finale, quella di Passo Pramadiccio, Pellizzari si muove ed esce allo scoperto insieme a Muhlberger e Traaen. Il giovane della Green Project poi si toglie di ruota i due compagni di fuga e pedala forte. Le mani si fanno rosse ed il respiro pesante, scollina in solitaria ma nella discesa viene ripreso dai due inseguitori. In volata viene poi battuto da Muhlberger e Traaen, ed un pugno sbatte sul manubrio della sua De Rosa, la delusione c’è.

Una volta tornato al pullman la tristezza è andata via insieme alla fatica, rimane l’emozione di questa grande giornata
Una volta tornato al pullman la tristezza è andata via, rimane l’emozione di questa grande giornata
Giulio, ci hai creduto?

Sì, ci ho creduto davvero, voi c’eravate al Recioto, quando ho perso la volata a due con Graat. Quella sera non ho chiuso occhio perché avevo buttato via una grande occasione, ed oggi non dormirò ugualmente. 

Hai provato ad allungare fin dall’inizio del Passo Pramadiccio.

Avevo visto, anche nella salita precedente (Passo Sommo, ndr) che i miei compagni di fuga erano più forti di me in discesa. Mi ero ripromesso di guadagnare più tempo possibile, ma non è bastato, peccato davvero. 

Quella salita da solo com’è stata?

Bella, uno spettacolo incredibile. Avere la gente che mi incitava ed urlava il mio nome mi faceva venire la pelle d’oca. 

Avere alle spalle tutti quei grandi nomi che cosa ti ha fatto provare?

Emozioni bellissime, davvero. E’ tutta la settimana che mi sento così e questa sensazione, per fortuna, me la godrò anche domani. 

La salita poi dopo il cartello del GPM non finiva più…

Quando ho guardato verso destra ed ho visto che la strada continuava ad andare su ho detto «cavolo! Non è mica finita». Però ero lì, pensavo solo a spingere forte e mettere secondi tra me e quelli dietro. 

Ora hai altri obiettivi?

Posso dirlo con certezza, vista la mia condizione, soprattutto dopo la giornata di oggi: al Giro d’Italia under 23 punterò alla maglia rosa. Anche perché lì in discesa non si va così forte. Quella di oggi era la quarta tappa e stavo meglio della prima.

In partenza quando ti abbiamo chiesto come stessi hai detto che eri affaticato, hai bluffato?

No no – dice con una risata – diciamo che la stanchezza oggi c’era davvero. Ne parlavo stamattina con Henok (Mulubhran, ndr) il mio compagno di fuga, mi ha risposto che tutti hanno male alle gambe, si gioca su chi ne ha di meno. Ho dimostrato di stare bene e sono contento, ed avrò modo di riprovarci, proprio dal Giro U23.

La discesa

Sulle prime curve si era subito visto che Pellizzari fosse in difficoltà, i due inseguitori ci hanno messo poco a tornare sulle ruote del marchigiano. Una volta raggiunto Muhlberger gli ha fatto un cenno della mano come per dire a Pellizzari: «vieni con noi». L’austriaco poi ha vinto la tappa. 

«Ero molto sorpreso di vederlo lì – racconta in sala stampa – ha un grande futuro davanti, ha solo 19 anni. Ha corso con grande forza in una salita difficile come l’ultima che abbiamo affrontato, dove ad un certo punto c’è stato anche vento in faccia. Il mio gesto è stato per dargli credito, per ciò che ha fatto vedere in salita, non è facile essere così giovani, essere qui e correre nel modo in cui ha fatto lui oggi».

Graat centra la doppietta: alla Jumbo anche il Recioto

11.04.2023
4 min
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I due giorni tra Giro del Belvedere e Palio del Recioto sono colorati di giallo e nero. Il Team Development della Jumbo-Visma porta a casa il bottino pieno, ieri con Johannes Staune-Mittet ed oggi con Tijmen Graat. Il Palio del Recioto, giunto alla sessantesima edizione si conferma una gara altimetricamente impegnativa, i corridori si presentano sotto la linea dell’arrivo alla spicciolata. 

L’olandese della Jumbo-Visma batte in volata Pellizzari (photors.it)
L’olandese della Jumbo-Visma batte in volata Pellizzari (photors.it)

Doppietta giallo-nera

Poco fuori Verona, nei territori della Valpolicella, va in scena uno spettacolo continuo, una gara sempre tesa. Dal comune di Negrar l’occhio si perde velocemente verso i più alti pendii, che la primavera ha prontamente colorato di verde. Tijmen Graat vince in volata su Giulio Pellizzari, un successo abbondante, con più di una bici di vantaggio. 

«Ero molto fiducioso nella forza della squadra – ammette Graat in sala stampa – mi hanno aiutato in maniera perfetta. Peccato per Johannes (Staune-Mittet, ndr) che nel finale è caduto, altrimenti ci saremmo potuti trovare ancora una volta in superiorità numerica. L’attacco era programmato, sia noi che la Green Project eravamo in superiorità numerica e ci siamo confrontati per gestire la corsa. Devo ammettere che quando ci siamo trovati Pellizzari ed io, abbiamo parlato e collaborato. Il mio sprint è davvero pessimo e lui mi ha detto che aveva lo stesso problema – dice tra le risate – dovevamo lavorare più forte possibile in salita».

Grazie al dislivello di 2.900 metri in 142 chilometri la corsa è stata davvero esplosiva (photors.it)
Grazie al dislivello di 2.900 metri in 142 chilometri la corsa è stata davvero esplosiva (photors.it)

Un caloroso saluto

Dopo la linea del traguardo Giulio Pellizzari non è deluso, anzi, l’amarezza del secondo posto è stata prontamente scacciata via dai tanti baci e abbracci ricevuti. I capelli mossi gli si schiacciano sulla fronte e subito dopo l’arrivo ammette di non aver avuto le gambe per sprintare con Graat. 

«La settimana scorsa al Piva – racconta Pellizzari – eravamo nella stessa situazione di superiorità numerica e ci siamo fatti cogliere di sorpresa. Abbiamo imparato la lezione e oggi ci siamo messi ad attaccare per mettere in difficoltà gli altri. Sulla salita finale mi sono reso conto di stare bene, soprattutto nella parte conclusiva, così ho provato ad attaccare, non volevo rimpianti. Anche perché – conferma guardando ironicamente Graat – il mio sprint è peggio del suo».

Sul volto di Pellizzari non c’è delusione, ha giocato tutte le carte a sua disposizione
Sul volto di Pellizzari non c’è delusione, ha giocato tutte le carte a sua disposizione

Pinarello in appoggio

Alle spalle della coppia che si è giocata in volata questo Palio del Recioto, arriva in solitaria Alessandro Pinarello. Il corridore di Conegliano mette in fila un altro bel risultato. Dopo il sesto posto del Trofeo Piva di domenica scorsa è arrivato il dodicesimo posto di ieri al Belvedere ed il terzo di oggi. 

«Quando abbiamo fatto lo strappo vicino all’arrivo – spiega – abbiamo visto che eravamo davanti noi tre della nostra squadra ed il gruppo era diviso. Sulle rampe successive c’è stata ancora un po’ di selezione, abbiamo deciso di muoverci attaccando frontalmente».

«Quando ti ho visto davanti ho pensato davvero che potessi vincere»: così Pinarello al suo compagno dopo l’arrivo
«Quando ti ho visto davanti ho pensato davvero che potessi vincere»: così Pinarello al suo compagno dopo l’arrivo

I giovani di Reverberi

I due ragazzini, che stanno crescendo alla corte di Reverberi, iniziano a farsi vedere. La Green Project CSF Faizanè li ha presi l’anno scorso sotto la propria ala, appena usciti dalla categoria juniores. Ora, con una stagione alle spalle, l’obiettivo non è solo fare esperienza, quella deve essere una costante, ma provare a conquistare qualcosa

«L’anno scorso abbiamo principalmente corso con gli under 23 – dice Pinarello – quest’anno abbiamo fatto già qualche corsa con i professionisti. Mettere qualche chilometro in più nelle gambe ha fatto bene».

«L’obiettivo è migliorare sempre di più – gli fa eco Pellizzari – corriamo tante gare importanti, quando siamo con gli under 23 sono tutte internazionali, come quella di oggi. Tutte le gare sono un mettersi in gioco per noi. Correre con i professionisti, come fatto a Taiwan, è stimolante per due corridori giovani come noi».

Pellizzari, raccontaci: come è andata a Taiwan?

26.03.2023
5 min
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Più che una corsa, è stata un’avventura, già solo per la distanza e il jet lag, fastidioso anche a distanza di giorni. Giulio Pellizzari è tornato dal Tour de Taiwan con un bagaglio ricco di esperienze che passano sì per le tappe, ma che hanno riempito i suoi occhi e la sua testa di tantissime immagini legate a un posto lontanissimo anche dalle nostre abitudini.

I suoi pensieri non possono partire che dalla corsa: cinque tappe che hanno lasciato il segno: «Tappe abbastanza corte e senza grandi salite, diciamo che è stato un crescendo. Il tempo era caldo, sempre fra i 25 e i 30 gradi. La frazione più difficile è stata sicuramente la terza, dove abbiamo pedalato per lunghi tratti sotto l’acqua».

Per Pellizzari una trasferta positiva, sfiorando la Top 10 su un percorso non per le sue caratteristiche
Per Pellizzari una trasferta positiva, sfiorando la Top 10 su un percorso non per le sue caratteristiche
Come ti sei trovato?

Bene, ma tecnicamente non era una corsa adatta alle mie caratteristiche, per questo il 12° posto finale è stato un buon risultato. La prima tappa era la più breve e tutta piatta, sono andati in due in fuga, abbiamo chiuso noi della Green Project-Bardiani per preparare la volata di Zanoncello, ma quel giorno non stava bene e ha chiuso 4°. La seconda tappa abbiamo provato ad attaccare nella parte finale, ma quando il JCL Team Ukyo ha fatto il forcing ci siamo un po’ persi.

Vai avanti…

Nella terza c’era una salita, ma quelle di Taiwan non sono ascese difficili, le pendenze sono sempre dolci. Davanti si è formato un gruppo folto con uno nostro dentro, ma da dietro il gruppo è rientrato, abbiamo preparato la volata di Enrico finito 2° dietro il belga De Decker della Lotto-Dstny. Nella quarta tappa, che era la più dura, siamo andati regolari. Davanti la fuga aveva accumulato tanto vantaggio, li abbiamo ripresi solo nel finale e io sono finito 11°. Poi nella frazione conclusiva siamo partiti con una classifica corta, eravamo 21 in 14”. C’è stata battaglia costante, soprattutto perché la corsa si giocava sui traguardi volanti ad abbuoni e io ho trovato la fuga per guadagnare secondi. L’arrivo poi è stato con una volata generale e questa volta Zanoncello ce l’ha fatta.

La volata vincente di Enrico Zanoncello nella tappa finale a Kaohsiung City
La volata vincente di Enrico Zanoncello nella tappa finale a Kaohsiung City
Che livello era?

Sicuramente molto buono, c’erano 4 formazioni professional, 3 nazionali e molti team che incontriamo in giro per l’Europa. Per questo anche il 7° posto a squadre ha avuto un certo peso.

Fin qui la corsa, ma Taiwan siete riusciti a girarla anche a parte i chilometri in bici?

Sì, un po’ di tempo l’abbiamo avuto. La cosa che mi ha lasciato interdetto è la grande quantità di macchine e motorini che girano per le strade. Mi sarei aspettato, dal Paese maggior produttore di bici, una situazione diversa, invece c’è un traffico impossibile soprattutto a Taipei. Ci sono molte piste ciclabili, quello sì, per andare in bici devi passare obbligatoriamente da lì. Inoltre ho notato che sono tutti molto ligi alle disposizioni sanitarie: lì si gira ancora con le mascherine.

Come siete stati accolti?

C’era una passione e un’attenzione incredibile, sembrava che eravamo delle star. Ci hanno portato in alberghi di lusso, c’era generalmente molta attenzione da parte degli organizzatori. Anche dal punto di vista delle strade abbiamo trovato una situazione ideale, molto larghe, senza buche, perfettamente asfaltate. Per loro erano 5 giorni magici, come una festa e noi eravamo gli invitati speciali.

La corsa che sensazioni ti ha dato, parlando dal punto di vista personale?

Non era un percorso adatto a me ma questo lo sapevo, era utile per fare esperienza e lavorare per gli altri. Sono però tornato a casa con grandi emozioni: avevamo lavorato tutta la settimana per portare a casa qualcosa ma per un verso o per l’altro non si riusciva mai a concretizzare, l’ultimo giorno con la vittoria di Zanoncello abbiamo davvero fatto festa, l’abbiamo tutti sentita come nostra. Non nascondo che ci siamo anche un po’ commossi…

Zanoncello 1° nella classifica a punti, con Aitken (montagna), Meijers (generale) e Chayasonbat (1° asiatico)
Zanoncello 1° nella classifica a punti, con Aitken (montagna), Meijers (generale) e Chayasonbat (1° asiatico)
Riprenderti dal jet lag non è stato facile…

No, infatti ci ho messo un po’ a riprendermi e a ritrovare le sensazioni che avevo a fine corsa. Devo dire che, come sempre avviene per una corsa a tappe, ho chiuso con una gran condizione che spero di portarmi dietro per le prossime gare, sia all’estero che nelle classiche italiane. La forma adesso è quella giusta e bisogna farla fruttare.

Giulio Pellizzari, dagli juniores alla corte di Reverberi

25.07.2022
5 min
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A prima vista due cose emergono parlando con Giulio Pellizzari: la sua simpatia e la sua tenacia. Questo ragazzino classe 2003 fa parte del progetto giovani della Bardiani Csf Faizanè. All’ultimo Giro della Valle d’Aosta si è ben comportato.

Ha anche indossato la maglia a pois di miglior scalatore. Ci è voluto un certo Reuben Thompson per sfilargliela. E sì che ha provato a tenerla.

«Nel corso della quarta tappa – racconta il suo diesse Alessandro Donati – quando era in maglia a pois viaggiava in un drappello in avanscoperta. L’ho affiancato con l’ammiraglia e gli ho detto che davanti c’era un solo corridore. Pertanto doveva fare la volata del Gpm. Mi ha guardato con gli “occhi incrociati” e mi ha detto: “Ma davvero?”. Era sfinito, poverino!».

Al Valle d’Aosta erano rimasti in due della Bardiani: Giulio (a sinistra) e Tolio. Al centro il loro diesse Donati
Al Valle d’Aosta erano rimasti in due della Bardiani: Giulio (a sinistra) e Tolio. Al centro il loro diesse Donati
Giulio, quando hai iniziato a correre?

A 7 anni, da G2. In famiglia papà, da buon veneto, pedalava. Io giocavo a calcio come attaccante, poi ho smesso e insieme a mio fratello Gabriele che ha tre anni più di me, siamo passati al ciclismo. Io facevo tutto quello che faceva lui. E siccome lui aveva deciso di andare in bici allora ci sono voluto andare anche io.

Qual è il primo ricordo che hai del ciclismo?

Ricordo la mia prima bici, un’Atala: rossa, piccolina. Ce l’ho ancora! Me l’avevano regalata per il mio ottavo compleanno.

E ti piaciuto subito pedalare?

Sì, nonostante all’inizio fossi abbastanza scarso.

E quando hai capito che potevi diventare un professionista (stando in una professional Pellizzari lo è a tutti gli effetti, ndr)?

Fino all’anno scorso non andavo fortissimo. In allenamento, specie in salita, sì, ma il fatto di essere nato a fine novembre è come se avessi sempre un “anno in meno”. Ero piccolo, piccolo e in pianura mi staccavo sempre. Poi crescendo sono migliorato e tenendo meglio in pianura riuscivo ad esprimermi anche in salita. E tutto ciò è migliorato definitivamente dall’anno scorso.

La piccola Atala con cui Giulio ha fatto le prime pedalate: ci è molto affezionato
La piccola Atala con cui Giulio ha fatto le prime pedalate: ci è molto affezionato
Ti senti uno scalatore?

Sì! Magari non puro, ma scalatore. Passista-scalatore dai…

C’è un corridore che ti piace? E a cui pensi di poter assomigliare? Fai anche nomi giganteschi, non ti preoccupare!

Beh, allora dico Chris Froome. Da bambino non mi piaceva molto. Quando ha tolto la maglia gialla ad Aru non mi stava molto simpatico! Poi però dopo l’impresa del Colle delle Finestre al Giro del 2018 mi sono appassionato a lui.

Alla Bardiani come ci sei arrivato?

E’ successo tutto in fretta la scorsa estate. Ad un certo punto ho iniziato ad andare forte, sempre più forte. Un giorno mi ha contattato Andrea Noè, dei Carera. A giugno ho firmato con la loro agenzia e a luglio mi hanno proposto alla Bardiani. Mi hanno detto del progetto under 23 e ho accettato.

Un bel salto: dagli juniores ai pro’…

Io correvo all’Uc Foligno, con Massimiliano Gentili. Mi dissero: “Sulla carta sarai professionista, ma farai solo gare under 23”. Anche Gentili ha preferito questa via, quella di passare subito. Massimiliano, infatti, conosce bene me e conosce il mondo degli under e sapeva che io lì avrei fatto fatica.

Giulio Pellizzari (classe 2003) ha esordito tra i pro’ lo scorso 2 marzo al Trofeo Umag in Croazia (foto Adn)
Giulio Pellizzari (classe 2003) ha esordito tra i pro’ lo scorso 2 marzo al Trofeo Umag in Croazia (foto Adn)
Perché? Spiegaci meglio…

Non è un mondo troppo adatto a me. Ci sono spesso corse veloci, con tanta pianura, tanti strappi, molto nervosismo, salite corte… e io soffro tutto ciò. Mentre il mondo dei professionisti è tutta un’altra cosa. Più regolare. Sostanzialmente, Max non voleva mandarmi in giro nelle under 23 o nelle continental, rischiando di ritrovarmi appunto a fare quel tipo di corse e a gareggiare il marterdì, il sabato, la domenica.

E così invece riesci a programmare?

Sì. Non corro molto per adesso, ma va bene così. Poi bisogna considerare che ho fatto meno anche perché avevo la scuola. Ho preso la maturità da geometra.

Chi ti segue nella preparazione?

Leonardo Piepoli. Quando firmai chiesi appunto del preparatore e mi dissero che avevo carta bianca. Così ho chiesto consiglio a Massimiliano. Lui che lo conosce bene mi ha detto di andare da Piepoli.

Cosa ti sta piacendo di meno di questo mondo?

Il fatto di stare molto lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici. A casa sto bene, mi piace, è il mio posto. Proprio qualche giorno fa ne parlavo con Alessio Martinelli. Mi ha detto che lui è stato una settimana in Valle d’Aosta già prima della corsa e poi adesso è al Sestriere con la nazionale. Alla fine starà fuori quasi un mese.

E cosa ti piace invece?

Che fai il lavoro che ami. Come si dice: scegli un lavoro che ti piace e non lavorerai un giorno nella tua vita!

Da juniores una crescita costante per Pellizzari. E’ stato un bravo corridore ma non un “cannibale” della categoria (foto E. Bartolini)
Da juniores una crescita costante per Pellizzari. E’ stato un bravo corridore ma non un “cannibale” della categoria (foto E. Bartolini)
Questa maglia a pois ti ha fatto sentire un po’ diverso in gruppo? Ti ha dato autorevolezza?

Fino alla scorso anno era più normale questa sensazione. Quando vai forte tutti ti vengono a parlare e ti guardano. Quest’anno invece ancora non avevo combinato nulla ed è stato bello rivivere quelle sensazioni. Poi, sapevo che sarebbe stato difficile tenerla.

Noi parliamo spesso di margini di crescita, di ragazzi che passano subito… quanto pensi che puoi ancora crescere? Perché è una bella cosa questo progetto, ma anche rischiosa…

Vero, fino allo scorso anno facevo gare di 100 chilometri e adesso invece sono molti di più. Io credo che la cosa sia soggettiva. Correndo sempre come fanno gli under alla fine ti finisci. Se tu passi e fai il tuo bel calendario, tra l’altro gare under 23 nel mio caso, composto da gare dure e riposo, gare dure e riposo… vada bene. Credo sia quella la vera crescita. E’ così che puoi fare le cose gradualmente e hai margini.

Quali sono i tuoi programmi?

Ho fatto qualche giorno di riposo a casa. Con Alessandro Pinarello andiamo in altura a Livigno. Successivamente correrò a Poggiana il 14 agosto e a Capodarco il 16. Poi ancora, farò una corsa a tappa di tre giorni in Francia ai primi di settembre. Già avevo corso all’estero in Croazia ad inizio stagione e avevo fatto la Carpathian Couriers Race a maggio.

EDITORIALE / Pinarello, la residenza estera e i nostri dubbi

03.01.2022
6 min
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Bisognerebbe fare un po’ d’ordine, fra articoli, voci, post, commenti e tutto quello di cui si compone oggi una notizia. E non è detto che pur facendolo, si riesca a venirne a capo. L’argomento del contendere degli ultimi tre mesi, prima sotto traccia e poi alla luce del sole quando tutti se ne sono accorti, è il passaggio al professionismo di Alessandro Pinarello e Giulio Pellizzari dalla categoria juniores alla Bardiani-CSF-Faizanè.

E il punto non è stabilire se la scelta sia giusta o sbagliata: non spetta a noi. Il punto è analizzare le varie voci e cercare di capire se il tutto sarà a vantaggio degli atleti e del ciclismo italiano. E se non debba essere l’UCI a stabilire le regole, evitando che ognuno se le faccia da sé.

Pinarello, al centro fra Oioli e Martinez, è stato terzo al Lunigiana
Pinarello, al centro fra Oioli e Martinez, è stato terzo al Lunigiana

L’odiata regola

Il regolamento tecnico italiano, che sarà pure obsoleto come è stato da poco definito dallo stesso Pinarello, prevede all’articolo 3 che regola il passaggio al professionismo, che si debbano prima trascorrere due anni fra gli under 23. La regola nasce dalla necessità di tutelare lo sviluppo fisiologico degli atleti, che potrebbero non essere pronti per il salto nel professionismo. I calciatori debuttano in serie A a 16 anni, ma non parliamo dello stesso sport.

Per aggirare la norma, come era nell’aria da qualche settimana, Pinarello ha infine deciso di prendere la residenza all’estero, tesserandosi quindi con un’altra federazione e ottenendo di conseguenza il diritto di diventare professionista.

Tiberi è passato dopo un solo anno da U23, per lui è stata prevista una deroga
Tiberi è passato dopo un solo anno da U23, per lui è stata prevista una deroga

Le deroghe del passato

Siamo sicuri però che il vero punto sia il diritto di Pinarello ad avere un lavoro o piuttosto non sia la somma di interessi diversi? Pinarello e la sua famiglia avrebbero messo in moto questo meccanismo se avessero deciso in autonomia o consigliati dai tecnici di Alessandro?

«La situazione ha preso una piega diversa dall’incidente di Johny Carera- spiega Cristian Pavanello, diesse di Pinarello fino allo scorso anno – perché credo che lui avrebbe cercato una mediazione. Comunque il punto non è questo. La Bardiani ha creato un team U23 cui far correre solo gare internazionali. Il problema è che in Italia ce ne sarà in tutto una quindicina. Poi so che si parlava di un accordo con la Federazione per fare anche le nazionali, ma a quanto dicono ci sono parecchie squadre contrarie e l’accordo rischia di non farsi. E chissà come sarà dopo l’episodio della residenza all’estero.

«Capisco che Cazzaniga (vicepresidente Fci, ndr) difenda il regolamento sulle continental che ha scritto lui, però per Tiberi e Piccolo hanno firmato delle deroghe. E anche il discorso di chiudere la nazionale a chi ha la residenza all’estero… Bisogna che Bennati torni ad allenarsi, perché i suoi sono tutti fuori dall’Italia».

Evenepoel e le sue vittorie da junior sono un’eccezione, che però sta guastando il mercato
Evenepoel e le sue vittorie da junior sono un’eccezione, che però sta guastando il mercato

Lo scoglio del diploma

Pinarello ha dichiarato a Carlo Malvestio che la soluzione della residenza estera e del domicilio italiano gli permetterà di diplomarsi all’Istituto Agrario, cui tiene molto.

Il problema della scuola è uno dei più ricorrenti, quando un corridore esce dagli juniores e approda fra gli U23, al punto che i più iniziano a correre in modo serio dopo gli esami, quindi a partire da luglio. Anni addietro, si discusse addirittura di introdurre il terzo anno fra gli juniores, in cui i ragazzi avrebbero potuto concludere la scuola per poi assorbire al meglio il passaggio di categoria. Andare a correre fra i dilettanti veniva e viene considerato un bel salto, cosa si può dire di quello fra gli juniores e i professionisti?

Come Pinarello, anche lo spagnolo Bonilla arriva alla Bardiani dagli juniores
Come Pinarello, anche lo spagnolo Bonilla arriva alla Bardiani dagli juniores

Il tempo giusto

«Il ragazzo è forte – prosegue il diesse della Borgo Molino – è uno dei migliori talenti e ha il carattere giusto, ma dipende dal calendario che farà. Perché se non può correre in Italia, la Bardiani dovrà andare all’estero e questo significa budget in più. C’erano altre squadre che lo volevano, dalla Colpack alla Zalf che li avrebbe presi tutti e quattro. Di certo fa una scuola impegnativa, il Ciarletti Enologia di Conegliano, e avrà bisogno di essere aspettato.

«Penso a Portello, che corre alla Zalf. Lui combatte col peso e nonostante questo, ha vinto due corse. Sono andati a cercarlo dicendo che volevano fargli fare uno stage. Ma se uno ha bisogno di maturare e crescere, buttarlo tra i pro’ rischia di essere una mazzata e lo bruci. Spero che la Bardiani avrà il tempo di aspettarli per il tempo che serve. La Mapei giovani tirò fuori dei campioni, ma lavorò con loro per 4-5 anni. Ho fiducia in Pinarello, mi dispiacerebbe che non avesse il tempo necessario».

De Pretto ha debuttato con la Beltrami a Larciano poi al Coppi e Bartali: troppo per un primo anno. Ora è alla Zalf
De Pretto ha debuttato a Larciano poi al Coppi e Bartali: troppo per un primo anno. Ora è alla Zalf

Le continental disinvolte

E’ vero un altro punto: è sbagliato allo stesso modo prendere un U23 di primo anno, inserirlo in una continental e poi farlo debuttare nel professionismo. Ma se l’attività U23 della continental è svolta con l’obiettivo di far crescere gli atleti, ai ragazzi di primo anno viene riservata un’attività all’altezza delle loro esigenze: scolastiche e fisiologiche.

E forse proprio sulle esigenze dei corridori bisognerebbe calibrare l’offerta formativa, visto che di lavoro si tratta. Fare due anni negli under 23, uno dei quali con la maturità, permette di crescere. Puoi svolgere attività internazionale con la squadra e con la nazionale, crescere e passare professionista con argomenti più solidi. Fare due anni da professionista, uno dei quali con la maturità e magari poche corse, è un grosso punto interrogativo. Perché se qualcosa non gira per il verso giusto, resti a piedi.

Come Pinarello, anche Pellizzari (a destra) alla vigilia del passaggio diretto dagli juniores (foto Scanferla)
Come Pinarello, anche Pellizzari alla vigilia del passaggio dagli juniores (foto Scanferla)

Università e liceo

Il bello e insieme il brutto di questa situazione è che non esistono punti fermi. Fra 10 anni potremo plaudire all’idea dei Reverberi o stigmatizzarla.

«Con i nostri ragazzi – chiude Pavanello – si pensa di fare anche un paio di trasferte all’estero, per dargli qualche strumento di crescita in più, non per farli andare più forte. Fisicamente sono ancora giovani e se abbiamo ottenuto risultati è perché abbiamo avuto ragazzi di talento. Quanti juniores hanno vinto l’europeo con nove minuti sul secondo? Solo Evenepoel, vogliamo capire che è un’eccezione? Ma di fatto con gli juniores stiamo diventando la categoria di passaggio. Come mandare all’Università, quelli in età da liceo».

In attesa di capire se anche Pellizzari deciderà di prendere la residenza all’estero, impacchettiamo i nostri dubbi e ci prepariamo per la stagione. A volte per cambiare una regola, c’è bisogno di dimostrare che è sbagliata. Forse aggirarla non è la soluzione migliore. Salvoldi con gli juniores avrà davvero il suo bel da fare. Mentre dovrebbe essere l’UCI una volta per tutte a stabilire i criteri del passaggio.