Campionati del mondo Kigali 2025, Marco Villa, Giulio Ciccone prima del via

Dall’Africa alla Francia e adesso il Cile: il veloce autunno di Villa

08.10.2025
6 min
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Dopo i mondiali in Rwanda e gli europei in Francia, Marco Villa sta preparando la valigia per il Cile, dove dal 22 ottobre si svolgeranno i mondiali su pista. Prima però di lasciarlo imbarcare sul volo per Santiago, la curiosità di avere una sua valutazione dell’esperienza su strada vogliamo togliercela. Abbiamo capito che, sia pure in punta dei piedi, il lombardo ha iniziato a portare nel nuovo modo il suo metodo di lavoro, che ai corridori sembra andare a genio.

Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ciccone era nel gruppetto che si è giocato il podio mondiale: è arrivato il quinto posto. Per Villa una buona risposta dal suo leader
Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ciccone era nel gruppetto che si è giocato il podio mondiale: è arrivato il quinto posto. Per Villa una buona risposta dal suo leader
Caro Marco, si può dire che il doppio debutto sia andato bene? Chiaramente si può sempre migliorare, ma piazzamenti e immagine a nostro avviso sono stati positivi.

Certamente sono contento dei due gruppi, della prestazione, per come si sono applicati, per come hanno collaborato nella riunione sulla strategia. Ci siamo trovati tutti sulla stessa linea, tutti consapevoli del ruolo per cui erano stati chiamati, quindi a livello tecnico sono contento. Si poteva far meglio? Sì, ma era difficile. Al mondiale c’era un posto libero per una medaglia e ci siamo andati vicino. Quelli che erano con Ciccone erano nomi importanti.

All’europeo la stessa storia?

Praticamente sì. La strategia era provare a mettere uno davanti, perché avevamo immaginato che facendo per tre volte quella salita, Pogacar avrebbe portato fuori qualcuno. Addirittura invece è andato via da solo. Abbiamo fatto il possibile per mettere un uomo davanti, ma quel ritmo ce l’ha solo Tadej. Poi abbiamo portato Scaroni a ruota dei primi e lui ha provato a resistere, ma Remco era troppo forte per tutti e tre e l’hanno lasciato andare.

Si correva di nuovo per il terzo posto?

Ayuso è saltato e Seixas è stato bravo a staccare Scaroni proprio sull’ultima rampa. Secondo me una volta giù, Scaroni è veloce e ci contavamo. Purtroppo gli ultimi 50 metri della salita nel circuito corto sono stati fatali.

Campionati Europei 2025, Scaroni Christian
Scaroni ha declinato la convocazione di Villa per i mondiali, preferendo puntare forte sugli europei: il quarto posto è un bel risultato
Campionati Europei 2025, Scaroni Christian
Scaroni ha declinato la convocazione di Villa per i mondiali, preferendo puntare forte sugli europei: il quarto posto è un bel risultato
Però è un fatto che i due leader dichiarati si siano fatti trovare pronti per l’appuntamento, no?

E’ stato bravo Ciccone a programmare il mondiale e bravo Scaroni a preparare e farsi trovare pronto per l’europeo. Mazzoleni (il capo dei preparatori della XDS Astana, ndr) mi aveva detto che il ragazzo preferiva gli europei in Ardeche, perché aveva già corso da quelle parti a inizio stagione e si era trovato bene. Quindi ho puntato a fare due gruppi. Onestamente, dopo il forfait di Pellizzari, ho provato a tastare un po’ il terreno, per portare Scaroni anche per il mondiale, però è stato fermo sul fatto che voleva rimanere a casa per fare il giusto avvicinamento all’europeo, visto che erano attaccati.

Gestire due gruppi è stato difficile oppure ti hanno reso la vita facile?

E’ stato bello. Quando all’inizio avevo solo cinque nomi per il mondiale, non ho potuto sbilanciarmi troppo. Visto che tre dovevano fare il team relay e due la crono, avrei avuto solo due stradisti puri. Quando siamo tornati a otto, ho potuto sentire più gente. A qualcuno con cui avevo parlato già per l’europeo, come Frigo, durante la Vuelta ho chiesto se gli sarebbe piaciuto venire anche al mondiale e ha accettato. Scaroni, che alla Vuelta si stava muovendo bene nelle fughe, l’ho inserito subito nel gruppo dell’europeo. Poi, con le defezioni di Caruso e Pellizzari, ho tirato dentro anche Garofoli per il mondiale. Non vi nascondo che ho parlato con tanti giovani, perché facessero esperienza, vedessero come lavora un capitano e come si lavora attorno a un capitano. Però purtroppo il calendario e le esigenze di squadra non l’hanno permesso.

Si può fare qualche nome?

Io i nomi li faccio, ma voglio fare anche una premessa: non ce l’ho né con le squadre né con i corridori. Capisco i programmi di tutti e penso che se UCI e UEC hanno deciso di mettere mondiali ed europei così vicini, non ci fossero davvero alternative. Abbiamo parlato con Zambanini, poi con Zanatta per Piganzoli. Ho parlato con Roberto Reverberi per Pinarello. Anche Velasco era interessante, però la XDS Astana per l’europeo mi aveva già dato tre uomini, non potevo chiederne un altro e li capisco. Avevano Emilia e Agostoni e Velasco all’Agostoni è andato a podio. Per cui l’attenzione verso certe prestazioni dei giovani ce l’ho messa.

Cro Race 2025, Edoardo Zambanini in salita nella quarta tappa
Zambanini non ha indossato la maglia azzurra, andando a correre la CRO Race, chiusa al secondo posto
Cro Race 2025, Edoardo Zambanini in salita nella quarta tappa
Zambanini non ha indossato la maglia azzurra, andando a correre la CRO Race, chiusa al secondo posto
Zambanini è andato fortissimo in Croazia.

E’ andato bene. Mi ha detto che gli sarebbe piaciuto venire, ma la squadra lo avrebbe fatto correre da leader alla CRO Race ed era contento di avere lo spazio per farlo e alla fine è arrivato secondo. E’ giusto il ragionamento di mettere dentro un po’ di giovani. Era il mio primo mondiale. Sono partito scegliendo uno o due leader e gente che sa fare un certo lavoro. Inserendo negli otto un giovane o due alla volta, che può dare un contributo ma intanto comincia a capire l’attaccamento alla maglia azzurra.

Per te che in pista sei anche allenatore dei tuoi ragazzi non seguire la preparazione è stato difficile da mandare giù?

Sono voluto rimanere in pista perché la metodologia corre veloce e restare fuori significa predere riferimenti e competenze. Quelli della strada sono allenati dai loro preparatori e hanno un programma stabilito con le squadre. Anche con la pista devi condividere i programmi e i momenti di specializzazione, però mi sembra che lì abbiamo fatto sistema. Il mio obiettivo principale sarebbe condividere il calendario per capire se gli atleti adatti al mondiale o all’europeo possono arrivarci in condizione e ancora in spinta. Questo lo devi e lo puoi fare. Per il resto, la preparazione è tutta a carico delle squadre. Un lavoro in meno per me, sebbene mi sia sempre piaciuto mettere nel mio lavoro un po’ di tecnologia e di specializzazione.

Cosa difficile, perché li vedi anche meno…

Li vedi solo l’ultima settimana. Li vedi alle gare, ma insomma li vedi anche tu alle gare. Leggi i risultati, valuti la prestazione in salita o la prestazione in pianura o quello che ti serve per inserire degli elementi con un certo ruolo. Cerchi di capire certe prestazioni dentro la gara. Per fare la selezione devi guardare i risultati per questo forse li vedi meglio in televisione che in presenza.

Campionati europei 2025, cronometro
Il vento e un Evenepoel fortissimo hanno impedito a Ganna di giocarsi la crono degli europei. Ma per Villa ci sono margini
Campionati europei 2025, cronometro
Il vento e un Evenepoel fortissimo hanno impedito a Ganna di giocarsi la crono degli europei. Ma per Villa ci sono margini
Spostandoci alla crono, Evenepoel sta diventando per Ganna uno scoglio insormontabile?

Pippo ha lottato per anni con tanti campioni. Campenaerts, Van Aert che andava forte a cronometro, Kung, Roglic e altri nomi del genere. Gli altri sono calati, mentre lui è ancora lì e adesso ha Remco. Alle Olimpiadi gli è arrivato vicinissimo, al mondiale l’anno scorso gli è arrivato vicinissimo su percorsi non prettamente specialistici. In questo europeo fa notizia il distacco di 40 secondi, ma a mio modo di vedere lui ha fatto un’ottima prestazione, quindi ha dimostrato di essere ancora in crescita. Purtroppo ha trovato una giornata di folate di vento fortissime.

Si è sentito tanto?

Io ero dietro Pippo e molte volte ho visto che aveva le protesi da una parte e il ginocchio dall’altra per controbilanciarsi. Remco invece ha passato Kung che sbandava e lui non faceva neanche una piega. Questa tipologia di giornate gli sono ancora più favorevoli. Ha una posizione incredibile, oltre ad avere una gamba incredibile. Ma Pippo è sempre là. Vediamo se Remco resterà specializzato nella crono o cambierà terreno.

Quindi non è diventato la bestia nera di Ganna?

C’è ancora la possibilità di fare meglio. E’ una bestia nera a livello di testa, ma è una bestia nera anche il nostro. Pippo non è uno che si demoralizza facilmente.

Quattro azzurri sul Mount Kigali: il bilancio del cittì Villa

28.09.2025
4 min
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KIGALI (Rwanda) – Il sesto posto di Ciccone è uno dei migliori piazzamenti recenti di un corridore italiano nel mondiale dei pro’ e come tale basta e avanza per far definire positivo il debutto di Marco Villa. Il cittì azzurro ha appena finito di parlare con l’abruzzese. Ammette che in auto avevano la televisione, ma le riprese erano tali che la corsa dei suoi non l’ha vista. Il suo punto di vista è ancora alieno rispetto alla strada, ma rispetto alle incertezze della vigilia, Villa dimostra di aver già preso parecchie misure. Come glielo dici a uno che storceva la bocca davanti alla finale per il bronzo che deve accontentarsi del sesto posto? Però l’evidenza del mondiale è stata così lampante, che sarebbe persino ingiusto chiedere di più ai suoi corridori.

«Probabilmente c’è stata una situazione sfavorevole – dice Villa, commentando la fine dell’inseguimento a Evenepoel – perché appena abbiamo raggiunto il gruppetto che seguiva Remco, Giulio era l’unico che tirava. Non c’era collaborazione, erano tutti esausti. Mi dispiace, perché magari con qualcuno che avesse avuto almeno la sua gamba, si poteva pensare di riprendere Evenepoel. La corsa è stata dura. Quando ho visto staccarsi Jay Vine, uno di quelli che stava andando più forte, si è capito che la fatica era tanta. E quando sono finiti dietro anche Ayuso e Del Toro, ho pensato che Giulio è stato davvero forte».

Te la senti di dare un voto alla squadra?

Io sono sempre ottimista, darei un otto. Ma con quello che hanno fatto, forse meritano anche di più. C’è stato il momento sul Mount Kigali in cui il gruppo è esploso e noi eravamo ancora in quattro, mentre si erano già staccati corridori forti. Poi è logico che quando siamo entrati sul circuito, ho fatto scrivere sulla lavagna di parlare con Ciccone. Non avevamo radioline, non sapevo cosa succedeva. Ho visto che a un certo punto ha iniziato a tirare Frigo e poi in ultimo si è mosso anche Bagioli, per provare a chiudere su Remco.

C’era quasi riuscito…

Quando ha cambiato la bicicletta – ricorda Villa – era proprio davanti a noi ed era un po’ sconsolato. Poi ha avuto la fortuna di trovare due compagni che si erano appena staccati e si sono rimessi a tirare. L’hanno portato sul gruppetto di Ciccone e se Giulio fosse riuscito a rimanere con lui, avremmo fatto la differenza.

Ieri parlavi della differenza fra una gara di quattro minutio su pista e questa di diverse ore: come è stato viverla dall’ammiraglia?

Lunga. Sono ritmi diversi e si è visto anche poco. Non ho visto perché Ciccone non sia riuscito ad agganciare Remco, non sono riuscito a a dare le indicazioni che avrei voluto, mentre in pista si può comunicare a ogni giro. Però è stata sicuramente una bella esperienza e mi ha fatto pensare che certe scelte sono state fatte accuratamente. Peccato per le assenze…

Qualcuno di quegli assenti, ad esempio Pellizzari, lo recupererai per gli europei di domenica prossima?

Pellizzari no, Garofoli invece ci sarà. Volevo Aleotti, ma il giorno prima va al Giro dell’Emilia. Al momento possiamo parlare di Bettiol, Scaroni, Ulissi, Garofoli e Frigo. Per Pellizzari la squadra non sarebbe d’accordo. Già avevano storto il naso per i mondiali, dicendo che secondo loro sarebbe stato troppo e di lasciare la scelta al corridore. E Giulio alla fine aveva accettato. Aveva anche fatto l’upgrade del biglietto per viaggiare in business e fare tutto nel modo migliore. Ma se era tanto il mondiale, figurarsi ora gli europei. Il sesto ancora mi manca, ma lo tireremo fuori.

Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Marco Villa e Giulio ciccone, dopo corsa

«Il giorno più duro della mia vita». Viaggio nel 6° posto di Ciccone

28.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Quando gli facciamo notare le gambe svenate e ridotte a pelle e ossa, Ciccone sfrega il palmo sulla coscia e ammette di aver perso 15 anni in un solo giorno. Quando gli abbiamo chiesto di fermarsi per parlare, ha avuto bisogno di sedersi, sfinito come mai l’avevamo visto in precedenza. Il sesto posto è un buon risultato e in qualche misura ricalca i valori in campo. Se poi gli si chiede se avrebbe firmato, allora dice di no. Che il podio sarebbe stato meglio, ma un quinto sarebbe andato bene lo stesso.

«Si sapeva che Mount Kigali sarebbe stato il punto chiave della corsa – racconta dopo aver ripreso fiato – però onestamente non mi aspettavo che il percorso fosse così duro. Anche nei giorni scorsi, a vederlo e provarlo, si aveva tutt’altra sensazione. E’ stato durissimo, già dai primi giri. Ci si è messo anche il clima, perché non era proprio un circuito proibitivo. Però la sensazione per una buona parte di noi era veramente di sofferenza. Invece sulla salita mi sono sentito bene. Quando ho visto Tadej attaccare ho cercato di gestire le mie energie al meglio. Sapevo che era ancora lunga, quindi ho fatto una bella progressione. Conoscevo bene il pezzo duro e poi il muro successivo, quindi ho cercato di gestire le mie forze. Invece quando siamo entrati nel circuito è iniziata proprio un’altra gara».

Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ripreso il gruppetto di Roglic, Ciccone ha potuto lottare per un piazzamento migliore: è arrivato il 6° posto
Campionato del mondo Kigali 2025, prova su strada professionisti, Giulio Ciccone, Pirnoz Roglic in salita
Ripreso il gruppetto di Roglic, Ciccone ha potuto lottare per un piazzamento migliore: è arrivato il 6° posto

La squadra ha fatto quel che poteva. Da buon capitano, Ciccone loda il lavoro di tutti, ma quelli che più si sono visti nel vivo sono stati Frigo e Bagioli, con qualche tirata anche da parte di Garofoli. Alla fine l’hanno chiusa in tre: Ciccone, appunto, Bagioli e Garofoli. Ma la corsa che fino alla salita lunga aveva risposto a una logica, una volta entrata nel circuito, è esplosa in mille gruppi come ieri per le donne.

Come è andata?

C’è stato un momento che eravamo in tre-quattro davanti e io mi sentivo molto bene. Per un attimo abbiamo pensato di rimanere uniti, per cercare di controllare, però come sempre al mondiale, da un giro all’altro può cambiare tutto. C’è stato un giro in cui con Bagioli, abbiamo provato ad anticipare lo strappo, ma ci hanno preso in cima. Nel giro dopo sono andati via Remco ed Healy proprio davanti a me. Ho fatto un fuorigiri per seguirli, ma non nel tratto in salita, addirittura prima. Nel tratto in discesa, prima del muro in pavé, per seguire Remco facevo fatica a stare a ruota in discesa. Non ho recuperato. Ero ruota, ma dovevo spingere più di quello che riuscivo. E quando ho preso il pavé ero al limite. In quel giro non ho potuto fare altro che gestirmi, ma penso sia stata la giornata più dura della mia vita. Ho avuto delle sensazioni tremende, dal mattino e fino all’arrivo.

Sei soddisfatto del risultato?

Sì, è un buon sesto posto. Il mio rimpianto più grande è proprio nel non essere riuscito a tenere quel gruppetto: ho fatto quel fuori giri e l’ho pagata. In questo mondiale non c’erano troppi colpi, c’era un colpo solo e l’ho sparato forse nel momento sbagliato. Però visto il livello così alto, non ho rimpianti perché sono arrivato morto. Non ho più niente da dare. E penso che anche la squadra abbia fatto un bellissimo lavoro, il massimo di quello che potevamo. Magari una top 5 o il podio era meglio, però bisogna accettare il nostro livello. Siamo sesti in uno dei mondiali più duri degli ultimi anni, dobbiamo essere soddisfatti.

Che cosa ti è parso della squadra?

Ero sicurissimo del gruppo, sapevo che ognuno di noi avrebbe dato il 100 per cento. Tutto quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto e stasera possiamo essere soddisfatti perché abbiamo fatto il massimo. E’ una squadra che avrebbe dovuto avere Caruso, Pellizzari e anche Tiberi, se fosse uscito bene dalla Vuelta. Ma abbiamo dato tutti il massimo. Tante fasi magari non si vedono dalla televisione, però oggi non era facile gestire le cose, anche l’aspetto delle borracce, il ghiaccio. C’era un grosso lavoro sporco da fare dietro e loro l’hanno fatto alla grande, quindi voglio ringraziare veramente tutti.

Pogacar è di un’altra categoria, ma in certe gare ti confermi fra i migliori al mondo.

Diciamo che oggi, su un percorso così, ho dovuto correre più di rimessa. Mi sono trovato più a mio agio nella salita lunga fuori dal circuito, Mount Kigali, appunto. Infatti in quella fase ho avuto veramente delle belle sensazioni e per un attimo sono stato super ottimista. Poi quando siamo rientrati nel circuito, è cambiato tutto. Oggi la fatica è stata estrema per tutti.

Che cosa ti sembra di questo Pogacar?

Tadej è il corridore più forte al mondo, forse della storia. Nel ciclismo moderno, con i numeri di oggi, le medie e come si corre, bisogna solo dirgli chapeau e basta. Noi che viviamo in gruppo da avversari, un po’ ci conosciamo e analizziamo anche gli avvicinamenti e quello che è stato fatto prima. Lui arrivava dal Canada, non aveva usato la bicicletta da cronometro, per questo il giorno della crono è andato male. Ci sono tanti i dettagli che fanno la differenza e oggi avrei messo la firma che avrebbe vinto.

Lo raggiunge anche Villa (i due sono insieme nella foto di apertura), che ha parcheggiato l’ammiraglia ed è venuto a chiedergli come mai a un certo punto non sia entrato nel gruppetto con Evenepoel e Healy. E allora Ciccone riprende a spiegargli il fuorigiri per seguire Remco in discesa e quello che sarà il ritornello di questa serata calda alle porte di Kigali. Gli altri azzurri hanno ripreso la via dell’hotel, Ciccone va a sedersi sotto il gazebo dei box e racconta la sua storia. Il sesto posto è un passo avanti. E obiettivamente, al netto di quel passo mezzo falso, ha la faccia di uno cui oggi non avresti potuto chiedere oltre.

Campionati del mondo, Kigali 2025, squadra azzurra professionisti allenamento

Il giorno dei pro’: i pensieri di Villa a poche ore dal via

28.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – I corridori si sono alzati da tavola intorno alle 21 e lentamente si sono avviati verso la riunione. La corsa partirà alle 8,45 e per Marco Villa sarà il primo mondiale come cittì della strada. L’incarico più inatteso, accettato un po’ per senso di responsabilità e un po’ per sfida, è arrivato alla prima verifica. Per questo il cittì dei due ori su pista, dei tanti mondiali e dal palmares che ne fa a buon diritto uno dei tecnici azzurri più vincenti dello sport italiano, ieri sera tradiva la comprensibile tensione.

«E’ una gara diversa – diceva – le finali in pista te le soffi in quattro minuti, questa volta ho sette ore, spero (un sorriso, ndr). Però è stato una bel percorso, ci arrivo naturalmente con poca esperienza ed è inutile nasconderlo. Il mondiale su strada l’ho vissuto da collaboratore, ma il giorno prima andavo a vedere le altre gare con la radiolina per aiutare gli altri. Oggi sono stato qua con la mia squadra. Sono uscito con loro, li ho seguiti in macchina. Abbiamo parlato di tutto, abbiamo fatto una bella giornata assieme (in apertura un’immagine da Instagram, ndr). Adesso facciamo la riunione. Per me è una prima volta, sicuramente non è stata la routine di un commissario tecnico navigato».

Villa è anche tecnico delle crono. Ha sfiorato il podio con Finn e il 4° posto è venuto anche nel mixed relay: qui con Venturelli e Trinca Colonel
Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli, Monica Trinca COlonel sfinite dopo il team mixed relay
Villa è anche tecnico delle crono. Ha sfiorato il podio con Finn e il 4° posto è venuto anche nel mixed relay: qui con Venturelli e Trinca Colonel

La nazionale da rifare

La nazionale che aveva disegnato quando ne parlammo poche settimane fa ha subito qualche grosso scossone. Con Pellizzari, Caruso e Tiberi attorno a Ciccone, l’impatto sarebbe stato diverso. Invece si è trattato di immaginare nuovamente un’intelaiatura e tirare su la struttura più solida possibile.

«Sicuramente – dice Villa – mi dispiace per Caruso e Pellizzari, per l’incidente alla mano e il malanno. Per Tiberi invece mi dispiace perché l’ho sentito un po’ demoralizzato, la stagione non è andata benissimo. Erano tre con cui volevo iniziare a lavorare anche perché avremo per tre anni un mondiale con queste caratteristiche. Caruso per l’esperienza, Pellizzari per fargli fare esperienza e Tiberi per vederlo e responsabilizzarlo anche nelle gare di un giorno. Farlo crescere come uomo della nazionale. Anche se si sta specializzando tanto nelle gare a tappe, per me può lavorare anche a quelle di un giorno e questa era l’occasione per fare un gradino in più».

Campionati del mondo, Kigali 2025, percorso gara in linea professionisti
Al chilometro 163,5 arriva la scalata di Mount Kigali. Poi negli ultimi 5 chilometri il pavé di Kimihurura

La carta Bettiol

Il processo, tanto lodato da Ciccone, ha visto il tecnico e il capitano lavorare fianco a fianco per la scelta degli uomini. Una grossa responsabilità per l’abruzzese e per lo stesso Villa. Sono lontani gli anni di Alfredo Martini e anche quelli di Ballerini, in cui l’abbondanza di uomini vincenti ai massimi livelli poteva permettere di giocare più carte.

«Mi ricordo anche io i tempi di Martini – sorride Villa – che aveva cinque capitani e doveva metterli d’accordo. Bravissimo, è stato un grande a metterli d’accordo e a volte aveva i suoi problemi. Noi abbiamo dei nomi che mi piacciono, dei giovani che stanno crescendo. Magari fra cinque o sei anni, sperando di esserci ancora (sorride, ndr), questi giovani saranno cresciuti e mi metteranno in difficoltà. Per quest’anno abbiamo Ciccone e credo che per un mondiale come questo fosse dall’inizio uno dei possibili leader. Avevo parlato anche con Bettiol, ma mi ha detto subito che lo considerava troppo duro. Se avesse avuto la gamba di questi giorni, forse mi avrebbe detto di sì. Però quando abbiamo parlato al campionato italiano, non si sentiva bene, non aveva un buon feeling e probabilmente non ha voluto mettermi in difficoltà occupando un posto che non si sentiva».

Ciccone e i suoi fratelli

La squadra è così nata una volta e poi è rinata una seconda e solo lui sa quante ne avrà fatte e disfatte nei suoi appunti e nei suoi pensieri. La strada non è la pista, in cui la consapevolezza dei tempi ti offre la proiezione del risultato possibile. Su strada puoi avere il più forte e dominare, come pure rimanere ingabbiato in una corsa insignificante, come quella delle donne elite, in cui le migliori si sono neutralizzate a vicenda.

«Non sapendo come avrei interpretato la corsa – concorda Villa – ho preferito ragionare sul percorso. La Vuelta ci ha fatto vedere che Ciccone sta bene, dopo essere stato secondo a Liegi e aver vinto San Sebastian. Non ha fatto un anno in sordina, al contrario è stato sempre vicino ai più forti di questa stagione. E quelli sono tutti qui a Kigali e Giulio se la dovrà giocare con loro. Abbiamo Frigo, che alla Vuelta ha fatto un secondo dietro Ayuso e un terzo e aveva anche vinto al Tour of the Alps. Fortunato al Giro d’Italia era in fuga quasi tutti i giorni e ha vinto la maglia azzurra dei GPM. L’ho visto molto impegnato e professionale nella ricerca della forma del Giro. Sappiamo tutti che non è matematica, però ha cercato di arrivare qua nelle migliori condizioni. Cattaneo e Sobrero mi servivano anche per la cronometro e il mixed relay. Bagioli alla Vuelta c’è stato ogni volta che Ciccone ne ha avuto bisogno. Quindi le scelte sono state fatte anche in base a questi ragionamenti».

Campionati del mondo, Kigali 2025, festa e brindisi in hotel per la vittoria di Lorenzo Finn
Questo il brindisi per Finn, ieri per Chantal Pegolo: nell’hotel degli azzurri ora si aspettano soltanto i pro’
Campionati del mondo, Kigali 2025, festa e brindisi in hotel per la vittoria di Lorenzo Finn
Questo il brindisi per Finn, ieri per Chantal Pegolo: nell’hotel degli azzurri ora si aspettano soltanto i pro’

Presenti nelle fughe

Con questo mosaico, si va alla sfida su un percorso che inizialmente è parso durissimo. Poi ha continuato a fare selezione, mostrando però delle lunghe fasi di recupero. Sta di fatto che, nonostante non si passi più di tanto tempo in salita, gli arrivi sono stati tutti… centellinati come a capo di tappe di montagna. Un percorso che scava e presenta il conto alla fine: aperto ad azioni solitarie, come pure a colpi di mano sull’ultimo strappo in pavé di Kimihurura.

«Noi non dobbiamo nasconderci – dice Villa – dobbiamo essere là, magari anche anticipare. Non è facile, vediamo come sarà la partenza, però se va via una fuga importante ci dobbiamo essere. Non corriamo per nasconderci. Giulio invece dovrà gestirsi guardando quei 7-8 che potrebbero essere alla sua portata».

Campionati del mondo, Kigali 2025, colore, tamburi, tifosi
Il suono dei tamburi è assordante: il tifo sta diventando molto caloroso. Oggi il gran finale
Campionati del mondo, Kigali 2025, colore, tamburi, tifosi
Il suono dei tamburi è assordante: il tifo sta diventando molto caloroso. Oggi il gran finale

Non avendo le radio con cui correggere eventuali imprevisti, sarà tutto nella capacità dei corridori di parlarsi in corsa e di entrare in azione nei tempi concordati. Il fatto di avere un leader riconosciuto potrebbe essere un vantaggio. Il rischio è che la corsa si disperda in mille rivoli prima che abbia trovato un senso: la presenza di Pogacar, Evenepoel e di quelli che dovranno tenerla in mano sarà certamente un fattore a nostro vantaggio.

Campionati del mondo Kigali 2025, Giulio Ciccone in hotel dell'Italia

Ciccone in Rwanda, primi colpi di pedale: ci siamo

24.09.2025
5 min
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KIGALI (Rwanda) – L’atterraggio sul suolo africano accanto a Giulio Ciccone ci ha strappato più di un sorriso. L’abruzzese non riesce a fare pace con gli aerei e se vi raccontassimo quello che fa prima di ogni viaggio, probabilmente sorridereste anche voi. Sta di fatto comunque che alle dieci del mattino di oggi, 24 settembre, Giulio è arrivato in Rwanda e domenica sarà il capitano della squadra azzurra ai mondiali.

Ha trascorso gli ultimi giorni in Abruzzo. Dopo la Vuelta ha salutato sua nonna Lucia, malata da tempo. Ha fatto qualche allenamento giusto, ma soprattutto ha pensato a recuperare dopo una Vuelta a due velocità. Quella supersonica fino al giorno dell’Estacion de Esqui de Valdezcaray e quella degli antibiotici per riprendersi dall’infiammazione al soprasella e il malanno che ha afflitto quasi tutti i corridori in terra di Spagna.

«Quando scendo dall’aereo – ha detto poco prima di imbarcarsi sull’ultima tratta da Addis Abeba a Kigali – vado a letto e dormo fino all’ora di pranzo, stanotte non ho chiuso occhio. Poi faccio tre orette in bici nel pomeriggio e sono a posto. Sarei dovuto partire domani, ma ho sentito di colleghi che hanno avuto problemi ad adattarsi al caldo e con l’altura, che a quanto pare si fa sentire. E così ho anticipato di un giorno».

Campionati del mondo 2025, Kigali, Giulio Ciccone, aereo
Addis Abeba, Ciccone si imbarca sul secondo volo che lo porterà a Kigali
Campionati del mondo 2025, Kigali, Giulio Ciccone, aereo
Addis Abeba, Ciccone si imbarca sul secondo volo che lo porterà a Kigali
Eri capitano anche l’anno scorso a Zurigo, ma quest’anno sembra tutto diverso…

Sto meglio. L’anno scorso non avevo corso tutta la Vuelta, ne avevo fatto solo una parte, poi ero stato male. E soprattutto avevo fatto il Tour, quindi era tutta un’altra preparazione. Invece quest’anno ho fatto l’altura, poi ho fatto tutte le classiche, San Sebastian, Burgos, la Vuelta, quindi comunque la condizione era proprio più alta. Poi c’è stato l’intoppo degli antibiotici. Li ho presi per una settimana, però durante la Vuelta, quindi c’è stato il tempo per recuperare. Negli ultimi giorni a casa le sensazioni erano molto buone, i numeri convincenti.

Allenarsi in Abruzzo ha un altro sapore?

Mi piace sempre molto, sono abruzzese e fiero di esserlo. Però mi tocca dire che d’estate mi alleno molto bene anche a Monaco, ci sono più salite e climi diversi. Però è bello anche fare le strade su cui sono cresciuto.

Dicevi che dopo la Vuelta non c’è da allenarsi tanto.

Esatto, c’è stato più da recuperare e poi fare qualche allenamento giusto, però i primi giorni sono stati tutti concentrati sul recupero. Diciamo che la cosa più difficile è che di solito dopo un Grande Giro si è abituati a staccare soprattutto mentalmente, invece con il mondiale così vicino non stacchi niente. Quindi diciamo che forse è più lo stress mentale di quello fisico.

Nona tappa della Vuelta, si arriva a Estacion de Esquí de Valdezcaray. Questo fuori giri, apre il momento difficile di Ciccone
Nona tappa della Vuelta, si arriva a Estacion de Esquí de Valdezcaray. Questo fuori giri, apre il momento difficile di Ciccone
Villa ci ha detto che dopo i mondiali non farai gli europei, perché il calendario prevede Giro dell’Emilia e Lombardia.

Il calendario è quello, però vediamo: voglio pensare a domenica, voglio svuotare tutto domenica e dopo vediamo quello che resta. Stavo ragionando anche sull’Emilia. Se davvero vanno tutti all’europeo, finisce che se lo vinci, ti dicono che non c’erano avversari. Non sarebbe tanto bello.

Come ti sei trovato finora con il cittì Villa?

Molto bene. Devo dire la verità: c’è stata subito intesa. Mi è piaciuto il suo modo di lavorare, soprattutto il lato umano. La parte per me più importante è stato il fatto di voler creare un gruppo. Un gruppo unito, forte, fatto di persone che si conoscono, che sono amici. Secondo me questa è la chiave più importante. E’ un dato di fatto che non abbiamo in squadra un Pogacar, però quello che può fare la differenza nel nostro caso è creare un gruppo come si faceva nelle nazionali di una volta. Secondo me questo mancava e Marco ha fatto un lavoro ottimo.

La prima nazionale di Villa sarebbe stata incentrata su Ciccone e Pellizzari, almeno finché un virus non ha appiedato il Giulio più giovane
La prima nazionale di Villa sarebbe stata incentrata su Ciccone e Pellizzari, almeno finché un virus non ha appiedato il Giulio più giovane
E’ vero che vi siete parlati e avete inquadrato insieme gli uomini?

Mi hanno raccontato che anche Ballerini si muovesse così. Mi ha detto di voler puntare su di me e che avrebbe portato Pellizzari (purtroppo l’altro Giulio è stato appiedato da un virus intestinale e al suo posto domani arriverà Garofoli, ndr). Poi ha tirato fuori l’elenco degli uomini che si era appuntato e ne abbiamo ragionato insieme. Per me è un peso, ma mi motiva molto.

La convocazione di Masnada fa pensare alla tua voglia di avere un vero amico al tuo fianco.

Parlando di uomini di fiducia, sono venuti fuori diversi nomi. E chi ha visto bene Fausto, come me che sono stato spesso accanto a lui, ha visto che ha un buon livello. Si vedeva che pedalasse bene, che era tornato ai suoi livelli. E siccome lo conosco molto bene, so che è un uomo squadra e tutti conoscono bene, l’abbiamo voluto con noi perché può essere una pedina fondamentale in gara.

Campionati del mondo 2025, Fausto Masnada, prova il percorso della gara su strada
Masnada, che stamattina ha provato il percorso, ha parlato di una grande durezza
Campionati del mondo 2025, Fausto Masnada, prova il percorso della gara su strada
Masnada, che stamattina ha provato il percorso, ha parlato di una grande durezza
Aver vinto San Sebastian quanta fiducia ti ha dato?

Tanta, soprattutto per le gare di un giorno. Comunque nelle gare a tappe di tre settimane è un dato di fatto che per questioni fisiche non riesco a concludere. Non è un fatto di condizione o di crederci, anche se Michele (Bartoli, il suo allenatore, ndr) ci crede. Dopo 8-9 giorni il mio corpo cede, è sempre successo. Quindi penso che devo sfruttare meglio le mie caratteristiche. E oggi, dati alla mano, mi trovo meglio nelle gare più brevi e nelle classiche. Uso quella motivazione per iniziare a fare bene.

Pensi che Pogacar vorrà vendicare il sorpasso di Evenepoel?

Remco avrà tanta fiducia, ma a volte la fiducia può ritorcersi contro. E quando ho visto quella scena, mi sono quasi venuti i nervi e ho immaginato quello che possa aver provato Tadej. Sento che la gara si accenderà presto e noi dovremo essere presenti con il nostro gruppo.

La prima prova del percorso è prevista per domani. Oggi gli ultimi arrivati hanno pedalato per due ore, seguiti con l’ammiraglia da Marino Amadori. Il programma è stato rispettato. Intanto Masnada, che è arrivato già da due giorni, conferma che il circuito sia davvero durissimo. E che soprattutto il tratto in pavé alla fine farà dei veri sfracelli.

Berton, nel dopo gara con i protagonisti c’è sempre lui

02.09.2025
6 min
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Ci vuole sicuramente tanta preparazione professionale e, perché no, anche quella fisica per il suo lavoro. Pochi istanti dopo la fine di una classica o di una tappa di un grande giro, Andrea Berton deve trovarsi al posto giusto al momento giusto per intercettare e inseguire le prime battute dei protagonisti. Anche poco fa a El Ferral Larra Belagua, traguardo della decima frazione de La Vuelta (vinta da Jay Vine e con Jonas Vingegaard tornato leader), ha esattamente fatto questo, ma non solo.

Il curriculum del giornalista milanese è degno del palmares di un grande corridore. La sua voce ha riempito tanti pomeriggi degli appassionati di ciclismo durante le telecronache su Eurosport Italia fino al 2014, poi ha cambiato ruolo all’interno del network della Warner Bros Discovery. Da dieci anni i compiti di Berton hanno preso un respiro molto più internazionale diventando “reporter on site” in lingua inglese al seguito delle gare. E così, vedendolo sempre nel vivo del post-azione, abbiamo voluto approfondire l’argomento, cercando di scoprire difficoltà, vantaggi o aneddoti della sua più recente esperienza lavorativa. C’è spazio anche per un piccolo grande insegnamento per chi vorrebbe fare una carriera come la sua.

Dopo tanti anni di telecronache, Andrea Berton dal 2016 è “reporter on site” per Eurosport in lingua inglese (foto Julian Verlay)
Dopo tanti anni di telecronache, Andrea Berton dal 2016 è “reporter on site” per Eurosport in lingua inglese (foto Julian Verlay)
Andrea proviamo a spiegare meglio il tuo lavoro?

Certo. Sono impegnato sia prima della partenza che dopo l’arrivo della tappa con le interviste. Al mattino tastiamo umori e sensazioni di atleti e direttori sportivi. Essenzialmente però posso dire che la parte più impegnativa è dopo l’arrivo. Eurosport da qualche tempo vuole le “instant reaction”, ovvero le impressioni a caldo dei corridori.

In cosa consiste?

Innanzitutto dobbiamo rispettare una zona riservata alle televisioni molto dopo la linea del traguardo. Ci posizioniamo dove sappiamo possono fermarsi i corridori, più o meno dove ci sono i massaggiatori che li attendono. Poi cerchiamo di andare a sentire subito i compagni del vincitore oppure quei corridori che si sono piazzati alle sue spalle. Per regolamento noi non possiamo intervistare né lui né chi porta le maglie di leader delle varie classifiche. Tutti loro prima devono passare dai microfoni del segnale internazionale, quindi ci concentriamo su altri protagonisti.

Le tue impressioni a mente fredda quali sono in quei frangenti?

Sono momenti bellissimi ed intensi per me. Magari dopo un arrivo in volata, vedi da vicino l’eccitazione di chi ha fatto il leadout al proprio capitano che ha vinto la tappa oppure la delusione di chi è stato battuto. Oppure nelle tappe di montagna puoi osservare chi ha appena compiuto un grande sforzo.

Hai qualche aneddoto da raccontare?

Ricordo ancora Dani Martinez l’anno scorso al termine dell’arrivo al Mottolino di Livigno. Restò quasi quattro minuti seduto contro una transenna a capo chino per recuperare dalla fatica. Era provatissimo. Oppure invece mi ha sempre stupito la freschezza di Pogacar dopo ogni sforzo, proprio per il suo grande livello. Per me, ripeto, o per chi fa il mio mestiere è un grande privilegio vivere questi momenti.

Piccolo inciso, Pogacar ti è sembrato stanco al Tour come è stato detto a più riprese?

In Francia quest’anno non c’ero, ma ho parlato con i miei colleghi di questo argomento. Loro mi hanno detto che non lo hanno visto così tanto provato e che avrebbe potuto vincere qualche tappa in più. Però mi limito alle loro impressioni.

Berton è rimasto impressionato dalla freschezza di Pogacar nelle interviste post-gara (foto Julian Verlay)
Berton è rimasto impressionato dalla freschezza di Pogacar nelle interviste post-gara (foto Julian Verlay)
Il rapporto con i corridori invece com’è negli attimi vicini alla corsa?

Partiamo dal presupposto che tutti i momenti degli atleti vanno rispettati. Sia prima del via quando può esserci un po’ di tensione perché “si sente la gara”, sia dopo il traguardo anche quando vai a parlare con qualcuno felice per il risultato di squadra. Ogni corridore ha il proprio carattere, quindi c’è sempre qualcuno che parla più volentieri e qualcuno meno.

Possiamo fare degli esempi?

Senza andare tanto indietro nel tempo, mi limito a queste prime tappe di Vuelta. Ciccone non è uno che abbia molta voglia di parlare, specie prima di una tappa in cui è uno dei pronosticati. Se non viene in mixed zone, il giorno successivo magari passa, si scusa e fa l’intervista. C’è invece l’altro Giulio, Pellizzari, che è molto più loquace. Lui ha sempre la battuta pronta e il sorriso, anche quando non è stata una grande giornata. Non si sottrae mai alle domande e spesso risponde stemperando la tensione. Oppure ancora c’è Edward Planckaert, il pesce-pilota di Philipsen, che ti racconta sempre tantissimo delle volate che quasi te le fa vivere.

Hai notato qualche cambiamento sotto il punto di vista del rapporto corridore-giornalista?

Di sicuro posso dire tranquillamente rispetto al passato, soprattutto quando ho iniziato a fare questo lavoro ormai trent’anni fa, che adesso il corridore ha una capacità e una disponibilità migliori di rapportarsi con i media. Adesso ti vengono a cercare per le interviste. Parlo di italiani ed stranieri. Si vede che c’è tanta professionalità. In generale, tranne qualche eccezione, trovi corridori più preparati a parlare, anche a caldo. E per questo li devo ringraziare perché facilitano il mio lavoro.

Quali sono le difficoltà principali del tuo ruolo?

Direi che la logistica è la cosa più complicata e rende la giornata lunga. Siamo sempre sia in partenza che in arrivo e di base con l’ultima intervista del dopo-gara, finisce il nostro lavoro di giornata. Talvolta è capitato di arrivare tardi al traguardo perché trovi traffico oppure un incidente o perché non ci sono molte strade alternative per arrivare. Ricordo una tappa del Tour Femmes di tre anni fa ed una di montagna al Giro d’Italia dell’anno scorso. Comunque ce l’abbiamo sempre fatta per arrivare in tempo prima dell’arrivo.

Può incidere questo sul rendimento del tuo lavoro?

Quando siamo in trasferimento, non sempre abbiamo un segnale forte sul cellulare o altri dispositivi per vedere la tappa in streaming, pertanto questo aspetto può limitarci. Vedere com’è andata la gara ti aiuta nelle interviste o considerazioni. Tuttavia talvolta capita che debba fare domande al buio proprio per quello che vi dicevo all’inizio. Essendo posizionati lontani dal traguardo e dal maxischermo, e non avendo sempre la possibilità di vedere il finale sul cellulare un po’ per la concitazione, un po’ per la differita, dobbiamo affidarci alle parole dei corridori. Per non sbagliare in quelle circostanze, specie dopo uno sprint, chiedo “com’è stato il finale?” e l’atleta ti racconta tutto.

Il lavoro di Berton inizia già al mattino poi trasferimento verso il traguardo (foto Julian Verlay)
Il lavoro di Berton inizia già al mattino poi trasferimento verso il traguardo (foto Julian Verlay)
Quanto è importante conoscere il ciclismo soprattutto nelle interviste post-arrivo?

Certamente molto. Credo che sia nostro dovere arrivare preparati e sapere tutto dei corridori, comprese le curiosità oltre ai risultati. Bisogna stare sul pezzo, essere aggiornati. Fa parte del nostro mestiere. Ma non tutti considerano che questo lavoro non lo puoi fare da solo.

A cosa ti riferisci?

E’ vero che faccio io le interviste, però se non hai un collega cameraman che ti segue e capisce in anticipo le tue mosse, allora non fai granché. Infatti a tal proposito ci tengo a ringraziare Phil Bryden con cui lavoro da tanto tempo (in apertura foto Julian Verlay). Lui è un grandissimo intenditore di ciclismo, anche più di me, e fra noi basta davvero un’occhiata per intenderci.

A proposito di preparazione, Andrea Berton possiede ancora quella chiavetta contenente tutte le info dei corridori?

Sì, certo (risponde sorridendo, ndr). Quando facevo le telecronache non esistevano i siti di adesso dove trovi tutti i risultati, così mi ero creato un database su chiavetta dove indicavo piazzamenti e curiosità. La attaccavo al computer e la consultavo in tempo reale quando serviva. Ora ho trasferito tutto su un cloud e lo vedo anche dal cellulare. Molte cose ormai le sappiamo già e ce le ricordiamo, specie se le hai viste dal vivo. Però nel nostro lavoro per essere preparati non bisogna mai smettere di studiare e avere sempre passione per ciò che fai.

Vingegaard si diverte, Ciccone salta, Almeida rimugina

31.08.2025
4 min
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Era prevedibile che qualcosa in casa UAE Emirates non andasse. Ayuso s’è tappato le orecchie e forse anche questa volta preferirà non ascoltare. Dopo l’arrivo e il secondo posto alle spalle di Vingegaard, Almeida non ha fatto nomi. Tuttavia il fatto che all’inizio della salita (pedalabile) di Estación de Esquí de Valdezcaray lo spagnolo si sia staccato resta un comportamento da decifrare. Da uno che due giorni fa ha dominato sul traguardo di Cerler, dopo 4.203 metri di dislivello, ci si poteva aspettare di più.

«Siamo stati colti di sorpresa – ha detto Almeida parlando dell’attacco di Vingegaard a 11 chilometri dall’arrivo – non me l’aspettavo. Ero ben posizionato, ma loro hanno attaccato molto forte e per questo non sono riuscito a recuperare. E’ andata così… Ho visto che i ragazzi erano al limite e non potevano fare molto, oggi mi sono mancati particolarmente i miei compagni di squadra. Alla fine non avevo accanto nessuno… Non era molto ripido, quindi penso che avrei potuto seguire Jonas diversamente. Ma non lo sapremo mai».

Almeida ha inseguito Vingegaard andando quasi alla sua stessa velocità: a 27 anni, Joao è nella piena maturità
Almeida ha inseguito Vingegaard andando quasi alla sua stessa velocità: a 27 anni, Joao è nella piena maturità

Il fuori giri di Ciccone

E’ stato così che Jonas Vingegaard ha deciso di affondare i denti, dopo che fino a inizio salita i più attivi erano stati gli uomini della Lidl-Trek. Jorgenson ha tirato e di colpo il danese è andato via da solo. L’ha seguito Ciccone, con un gesto più spavaldo che bello: quello è Vingegaard, per fare classifica contro di lui, bisogna usare la testa e non i muscoli. Ma certe prove vanno fatte e Ciccone a un certo punto ha detto basta.

«Penso che Jonas sia andato troppo veloce per me – ha commentato Giulio, laconico – e ho fatto del mio meglio. Forse seguirlo è stato un errore, era meglio tenere un po’ il passo. Eravamo ancora ai piedi della salita, ma le sensazioni erano buone ed eravamo davvero fiduciosi di provare a vincere questa tappa. Lui a volte è forte e a volte meno. Oggi è stato fortissimo, ma sicuramente ci riproveremo».

Il linguaggio del corpo: bocca chiusa, bocca aperta, il destino di Ciccone era segnato
Il linguaggio del corpo: bocca chiusa, bocca aperta, il destino di Ciccone era segnato

Lo stupore di Vingegaard

Vingegaard non l’ha fatto da super cattivo, anzi alla fine ha scherzato sull’imprudenza di attaccare da tanto lontano. Si è anche voltato spesso, senza scavare solchi profondi. Del resto, fra i rivali davanti è il solo ad aver corso il Tour lottando sino alla fine con Pogacar e a non essersi preparato in altura.

«Oggi mi sentivo benissimo – ha detto Vingegaard – quindi ho chiesto alla squadra di accelerare e hanno fatto un lavoro fantastico. Sono entusiasta di essere riuscito a concludere. A dire il vero, non sapevo che fossi così lontano quando ho attaccato. Non ho fatto i compiti molto bene e sono rimasto sorpreso quando ho visto il cartello dei 10 chilometri. Una volta che ho guadagnato un po’ di vantaggio, ho continuato. Non cercavo la maglia rossa. Il mio obiettivo principale era vincere la tappa e guadagnare tempo sui miei rivali».

La tappa di oggi misurava 195,5 chilometri, attraverso la provincia autonoma di La Rioja
La tappa di oggi misurava 195,5 chilometri, attraverso la provincia autonoma di La Rioja

La promessa di Pidcock

Per una singolare coincidenza del calendario, si è visto oggi sugli scudi anche Tom Pidcock. Il britannico della Q36.5 ha scalato la salita finale assieme ad Almeida. E’ parso troppo a lungo a rimorchio e solo nel finale ha dato il suo contributo, limando una decina di secondi al margine di Vingegaard.

«Mi sentivo davvero bene – ha detto il campione olimpico della moutain bike – ma quando Jonas parte è sempre difficile seguirlo. Ha sempre tanti compagni con sé. Ho creduto che Almeida fosse la ruota perfetta da seguire, ho pensato che saremmo potuti rientrare insieme. Chapeau a lui, non sono proprio riuscito a dargli il cambio. Mi ha urlato contro, ma nel tratto più veloce della salita, sembrava un trattore. E’ ripartito nell’ultimo chilometro ed è stato impressionante, sono riuscito a superarlo solo all’arrivo. Sono contento, a essere sincero. So che è difficile conoscere appieno le mie capacità, ma ci stiamo divertendo».

Dopo un Giro a dir poco anonimo, il Pidcock della Vuelta è molto più propositivo
Dopo un Giro a dir poco anonimo, il Pidcock della Vuelta è molto più propositivo

La singolare coincidenza del calendario sta nel fatto che proprio oggi Van der Poel è tornato a correre in mountain bike, centrando un buon sesto posto a Les Gets, in Francia. Mathieu ha nel mirino il mondiale che si correrà nel Vallese il 14 settembre, proprio nel giorno finale della Vuelta a Madrid. Magari l’olandese si starà già fregando le mani sapendo che nel gruppo non ci sarà la vera star attuale del movimento. Anche se Pidcock dopo la Vuelta volerà in Africa e si giocherà da par suo il mondiale di Kigali.

Il tetris di Villa tra l’Africa e la Francia: nasce l’Italia

28.08.2025
6 min
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Tornato con soddisfazione dai mondiali juniores su pista, in cui ha affiancato Salvoldi e Bragato, Marco Villa adesso fa rotta verso il doppio impegno dei mondiali e degli europei su strada. Il Rwanda e la Francia chiamano corridori resistenti e forti in salita. Ma mentre per la spedizione africana bisognerà che alla crono (ugualmente dura) pensi chi poi farà anche la strada, nella sfida europea la prova contro il tempo sarà per specialisti e sarà possibile prevedere un avvicendamento.

Tiberi ha esordito al mondiale pro’ lo scorso anno a Zurigo. Ora è alla Vuelta: secondo Villa dovrebbe pensare di più alle classiche
Tiberi ha esordito al mondiale pro’ lo scorso anno a Zurigo. Ora è alla Vuelta: secondo Villa dovrebbe pensare di più alle classiche
Si è molto ragionato, la conclusione è che il gruppo mondiale e quello europeo non saranno identici?

No, non saranno due gruppi uguali. Quando due mesi fa ebbi il primo contatto con Ciccone, mi disse che a lui il mondiale capitava bene, dopo la Vuelta, però poi aveva Emilia e Lombardia nel programma (i due sono insieme in apertura al Tour of the Alps, ndr). E l’Emilia si corre il giorno prima dell’europeo, quindi non si riesce.

Hai già in testa le due rose diverse?

Col mondiale mi ero mosso, con gli europei mi sono detto che avrei potuto aspettare anche la Vuelta. Inizialmente per il Rwanda sembrava che avremmo avuto cinque nomi ed era abbastanza facile individuarli. Dovevo tenere presente che due di loro dovevano essere cronoman e serviva anche il terzo per fare il Team Relay. Quindi solo due sarebbero stati stradisti puri, ma avrei avuto cronoman in grado di dare una mano su quel percorso. Adesso invece la prospettiva è di avere sette o anche otto nomi, quindi qualcuno che a malincuore avrei dirottato sull’europeo, ora potrei tirarlo dentro.

Quando ci sarà l’ufficialità?

Un meeting tra presidente, segretario generale, Amadio e il vicepresidente è stato fatto a Torino sabato mattina, prima della partenza della Vuelta. Qualcosa hanno già deciso e preventivato, però probabilmente si dovrà passare per il Consiglio federale. In attesa, a me è stato comunicato che c’è la volontà di aprire ad altri atleti.

Recuperare Caruso è l’auspicio di Villa: dipenderà dalla sua possibilità di tornare in condizione
Il Giro ha dato a Caruso il quinto posto e un grosso carico di soddisfazione personale
Per il tuo primo mondiale su strada l’idea è di avere un leader unico?

Con cinque corridori il discorso sarebbe stato diverso, ma l’idea rimane, perché Ciccone ha dimostrato che su certi percorsi sa vincere, sa provare a vincere. Non nascondo che farei fatica a definire Tiberi un gregario. Ad Antonio ho detto che mi piacerebbe portarlo come seconda punta. Però, secondo me, corre poco nelle prove di un giorno. Anche in funzione del fatto che i prossimi tre mondiali hanno tutti caratteristiche simili, mi piacerebbe formare un gruppo e Tiberi potrebbe essere la figura del campione che deve acquisire esperienza correndo i mondiali e altre corse di un giorno. Ad ora si concentra tanto sulle corse a tappe, ma con le sue caratteristiche potrebbe perfezionare un po’ l’attitudine alle prove singole.

Pensi di poter recuperare Caruso dopo la caduta per cui ha saltato la Vuelta?

Inutile nascondere che Caruso come regista ha trovato il pieno consenso anche da parte di Ciccone. Sono amici e si fida, in più Caruso in squadra è l’uomo spalla di Tiberi. Sarebbe l’uomo giusto per quel ruolo. Adesso vediamo quello che si può fare. Ci siamo sentiti e mi è sembrato di capire dall’entourage della squadra che ci sia margine per lavorare in questi giorni. Gli ho dato 7-8 giorni in cui capire se riesce ad allenarsi, se riesce a ritornare e fare qualche gara, nel calendario italiano, forse anche il Canada. Io mi fido perché ha grande personalità e ha dimostrato di sapersi allenare. Quando abbiamo parlato, mi disse che sarebbe venuto, ma dopo due mesi senza correre, era curioso di vedere come sarebbe rientrato a Burgos. E’ andato e ha vinto.

Quanto è brutta la frattura della mano?

Il giorno dopo è andato in bici, riusciva a tenere il manubrio in una certa posizione, ma non a fare tutto quello che può capitare in gruppo durante una gara. E così ha rinunciato. Per questo penso che possa allenarsi e magari in 10-12 giorni possa tornare a correre. L’ho trovato molto determinato, entusiasta del ruolo che gli ho dato e di questa possibilità di maglia azzurra. Per questo ci spero anche io fino alla fine.

Pellizzari, al pari di Tiberi, ha bisogno di esperienza nelle corse di un giorno: Villa lo vorrebbe a Kigali
Pellizzari, al pari di Tiberi, ha bisogno di esperienza nelle corse di un giorno: Villa lo vorrebbe a Kigali
I tre cronoman che farebbero anche la strada sono Cattaneo e Sobrero, con l’aggiunta di Tiberi?

Esatto. I primi con cui ho parlato sono questi. Sobrero inizialmente avrebbe dovuto fare il Tour, ma è andato al Polonia ed è andato forte e adesso sta facendo bene alla Vuelta. Lui e Cattaneo possono dare una mano anche su strada, perché vanno forte in salita. Tiberi l’anno scorso non sembrava tanto dell’idea di fare il Team Relay, vediamo se cambia opinione. Al momento è tutto concentrato sulla Vuelta e non voglio stressarlo più di tanto. Abbiamo la coincidenza che la cronometro è per scalatori, perché se fosse stata veloce e avessi portato un Ganna, su strada avrebbe potuto aiutare poco. Invece agli europei la crono è per specialisti e la strada per scalatori, ma siamo vicini e si possono fare due gruppi che si interscambiano, così costi e stanze in hotel restano invariati.

Se avessi qualche posto in più per il Rwanda, Pellizzari sarebbe un nome da aggiungere?

Pellizzari era già una richiesta di sacrificio che avevo chiesto alla Federazione e ad Amadio che l’avrebbe portata avanti, per un discorso parallelo a quello di Tiberi. Abbiamo tre mondiali duri e Pellizzari è un altro che in questi tre anni può crescere, ci può far comodo e può diventare un leader. Mi piacerebbe già a questo mondiale. Abbiamo parlato, era un po’ titubante.

Come mai?

Abbiamo parlato dei vaccini e del livello degli ospedali, gli ho detto che l’UCI ha dato delle garanzie precise. Era il periodo dell’incidente di Baroncini, comprensibile che esitasse. Infatti poi si è tranquillizzato e mi ha dato l’okay per esserci. Adesso aspettiamo di avere i numeri definitivi, ma almeno per il sesto già ci sto lavorando.

Cattaneo, terzo agli europei crono 2024, è uno dei candidati di Villa a strada e prova contro il tempo ai mondiali
Mattia Cattaneo, terzo agli europei crono 2024, è uno dei candidati a strada e prova contro il tempo ai mondiali
Se il blocco del mondiale non si può replicare agli europei, qual è l’orientamento?

Mi piacerebbe fare un blocco XDS-Astana. Ulissi, Scaroni, Lorenzo Fortunato, Velasco, Conci sono tutti atleti che sto tenendo d’occhio. Stiamo valutando anche con Ganna, anche perché Cattaneo e Sobrero rientrano martedì dal Rwanda e la crono c’è di mercoledì e il team relay il giovedì. Affini mi ha chiesto di non considerarlo perché gli nasce la bimba, così per la crono ho allertato Lorenzo Milesi. Tornando alla strada, mi piace come si sta muovendo Frigo, da capire se per mondiale o europei, come pure Aleotti. Quello che cambia, se andiamo al mondiale in più di sei, è che qualcuno della strada potrebbe correre anche l’europeo. Ci sono 4 giorni dal rientro e magari c’è lo spazio per recuperare.

Hai una scadenza per dare i nomi?

Non c’è un termine come per le Olimpiadi, ma certo servono i nomi per i biglietti aerei. Per cui aspettiamo le conferme sul numero effettivo e poi tirerò fuori la squadra.

Ciccone-Pedersen: Moser, due sconfitte tanto diverse?

26.08.2025
5 min
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Se il commentatore è acuto, spaccare il capello in due può risultare un gioco molto stimolante. Per cui quando raggiungiamo Moreno Moser e gli proponiamo di confrontare i due secondi posti di Ciccone e Pedersen nella seconda e nella terza tappa della Vuelta, il gioco riesce subito alla grande. Il trentino sta affiancando Gregorio e Magrini nelle dirette integrali della corsa su Eurosport, mentre dalla prossima settimana il posto di Magrini sarà preso da Wladimir Belli.

Ciccone è stato battuto da Vingegaard a Limone Piemonte, quando credeva di avere ormai vinto. Pedersen è stato infilzato da Gaudu ieri a Ceres, quando anche lui credeva di averla portata a casa. Ci sono dei punti in comune, secondo Moser?

«Secondo me entrambi non hanno sbagliato nulla – riflette Moser – semplicemente ogni tanto ti battono. Ciccone sicuramente è partito un po’ lungo, ma non lunghissimo. Se non fosse partito lui, sarebbe andato Vingegaard. Jonas, semplicemente, l’ha battuto. Abbiamo visto più volte anche al Tour che in questi arrivi Vingegaard è diventato pericolosissimo. Dopo Tadej, c’è lui. E ovviamente, mancando l’imperatore… Quella di Ciccone mi sembra una sconfitta onorevole».

Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Ciccone si volta, Vingegaard vede che c’è ancora il margine per passarlo: si decide tutto in questi pochi metri
Facciamo un appunto nato guardando la televisione, che quindi può lasciare il tempo che trova. Ciccone sembra troppo duro (lo ha detto anche lui) e forse perde una pedalata voltandosi a guardare indietro.

Si è girato, sì. Ci sta che in quel momento abbia perso qualcosa. Probabilmente non pensava che ci fosse ancora qualcuno con la forza per poterlo passare. A mio avviso, se avesse saputo che Vingegaard era già così vicino, non si sarebbe girato. Pensava di averli a ruota, non di averne uno già al fianco, che stava venendo su.

Si può dire che gli abbia quasi tirato la volata?

Sicuramente gli ha tirato la volata, però c’è sempre qualcuno che parte prima e non vuol dire che per questo la perda. Gli sono mancate un po’ di gambe. Anche lui ha parlato del rapporto, però ha anche detto che non vuole cercare scuse. Secondo me è assolutamente onorevole come secondo posto. Ovvio che quando ci arrivi così vicino, con la possibilità di fare tappa e maglia, brucia di più. Però erano i due favoriti e se la sono giocata. Ovviamente a Cicco manca una vittoria, però in questo momento Giulio non mi delude in nessun modo.

Dici che Vingegaard è diventato pericoloso su questi arrivi: ci ha lavorato per duellare con Pogacar?

Secondo me sì, è diventato più esplosivo e si era già visto al Delfinato. L’ha detto lui stesso di aver messo più massa rispetto all’anno scorso e in fin dei conti la massa serve esattamente a questo.

A ben vedere, al Tour del 2024 aveva già battuto Pogacar in un testa a testa a Le Lioran…

Effettivamente aveva già fatto quel numero. Forse l’abbiamo semplicemente sempre sottovalutato anche da questo punto di vista. Avendo di fronte uno come Tadej, che ti fucila sempre con facilità, dai per scontato che Vingegaard non sia adatto per questi arrivi. Se ci fosse stato Pogacar, avrebbe vinto con 20-30 metri. E probabilmente avrebbe vinto anche ieri a Ceres.

Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ultima curva della tappa di Ceres: Gaudu entra in accelerazione, Pedersen sembra appesantito
Ieri però non abbiamo visto il super Pedersen del Giro, altrimenti non avrebbe vinto Gaudu…

Infatti anche secondo me non è il solito Pedersen. L’ho detto anche facendo la prediction prima della cronaca: non mi sembra Pedersen al suo massimo splendore. Nella prima volata s’era perso. Ieri nello sprint intermedio ha perso la ruota del suo compagno. Non so cos’abbia, perché in realtà arrivava dal Danimarca in grandissima condizione.

Di sicuro non si aspettava che a batterlo fosse Gaudu.

L’ha detto anche Vingegaard che il francese ha fatto un’entrata un po’ assassina in quell’ultima curva, però è il ciclismo e va bene. E’ entrato a quel modo perché veniva su molto forte prima della curva, mentre tutti gli altri erano un po’ piantati. S’è buttato in curva, ma nessuno ha frenato, perché si arrivava forti. Quindi Gaudu sta bene, l’aveva dimostrato già il giorno prima. Ma il Pedersen in forma, secondo me, sarebbe entrato in curva molto più forte e poi non lo avrebbe passato nessuno. Avrebbe iniziato la volata già prima della curva, invece era un po’ seduto.

Tu dici che era un arrivo adatto a lui, che pesa 13 chili più di Gaudu? Forse avrebbero dovuto tirare per lui fino alla curva?

Forse se Cicco avesse avuto le gambe per portarlo più avanti, a quel punto avrebbe vinto Mads, ma erano tutti a tutta. Forse era un arrivo al limite per lui e per le sue caratteristiche. Se vai a vedere, oltre a lui sono tutti scalatori.

Pedersen ha vinto la tappa di Vicenza al Giro, ma era un muro stile classiche…

Quel Pedersen ieri avrebbe dominato, avevo quasi dimenticato quel numero. Fece una roba stratosferica, però è anche vero che batté Van Aert. Era un finale da classiche, più che una vera salita, anche se terzo arrivò poi Del Toro. Per questo motivo non me la sento di affiancare i due secondi posti, per tornare alla domanda di partenza. Alla fine sono due cose diverse. Ciccone si è fatto battere da un super campione ed è stata una mezza beffa, che però ti tocca accettare.

La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
La Lidl-Trek sta correndo compatta: Pedersen per Ciccone e viceversa, ma la vittoria ancora sfugge
Dici che Pedersen non l’ha vissuta come una beffa?

Si è fatto battere da un nome a sorpresa, perché probabilmente non è al cento per cento. Però è vero che ci è rimasto malissimo. Anche perché quando ci arrivi così vicino, ci rimani sempre male. Peggio ancora quando ti batte uno che non ti aspetti. Secondo me sono due secondi posti che sembrano simili, due mezze beffe, che però sono nati in modi diversi. Quando fai secondo per 10 centimetri, in fin dei conti rientra quasi nell’ambito della casualità.

Oppure, parlando di arrivi in salita, significa che c’è un livellamento incredibile verso l’alto e 10 centimetri diventano un vuoto incolmabile?

Anche quello, sì. Ma quel metro che ti manca non è fra le cose che puoi calcolare quando parti. E comunque, sempre una grande Lidl-Trek. Al Giro gli è andato tutto bene. Qui magari fanno le stesse cose, ma invece di fare primi, sono secondi. Quei 10 centimetri non bastano per dire che uno è andato più forte, diventa quasi un errore di misura. Anche se in entrambi i casi un po’ di gambe sono mancate.