Perché i Giochi sono speciali? Lo chiediamo a Mauro Berruto

03.08.2024
6 min
Salva

Oggi è il grande giorno del ciclismo in linea alle Olimpiadi di Parigi, in cui i più grandi campioni di questo sport (anche se non proprio tutti-tutti, vedi l’assenza del Tadej Pogacar) si sfideranno per conquistare una medaglia, possibilmente d’oro. Ma perché le Olimpiadi sono così importanti nella vita di un atleta? Perché, cioè, la percezione che ne abbiamo tutti è così diversa da quella di ogni altra competizione? Per provare a rispondere abbiamo parlato con uno che di Olimpiadi – meglio, di Giochi Olimpici – se ne intende: Mauro Berruto.

Berruto è stato bronzo ai Giochi di Londra nel 2012 come allenatore della Nazionale di pallavolo maschile. Ora invece è Deputato del Partito Democratico e membro della segreteria nazionale del partito con delega allo sport. L’abbiamo raggiunto appena rientrato da Parigi, dove ha preso parte ad una missione parlamentare della Commissione Cultura, di cui fa parte.

Mauro Berruto, torinese classe 1969, è stato ct della nazzionale volley fino al 2015, quando si dimise (foto Getty Images)
Mauro Berruto, torinese classe 1969, è stato ct della nazzionale volley fino al 2015, quando si dimise (foto Getty Images)
Allora Mauro, iniziamo dall’inizio: cosa distingue le Olimpiadi da tutto il resto?

Per rispondere forse è utile cominciare da un approccio linguistico. Quelli che si stanno disputando in questi giorni a Parigi sono i Giochi Olimpici. L’Olimpiade invece è l’intervallo che c’è le varie edizioni dei Giochi Olimpici. Questo solo per dire che una delle caratteristiche eccezionali dei Giochi è che presuppongono l’attesa, un’attesa anche piuttosto lunga nella vita di un atleta. Poi in generale è un tipo di manifestazione che fa storia a sé. Non c’è nulla di paragonabile nella carriera di uno sportivo, anche perché si trovano condizioni che non è in alcun modo possibile allenare.

Cioè?

In tutte le competizioni di altissimo livello che si affrontano durante l’anno, che siano mondiali o europei, esiste tutta una serie di protocolli molto schematici seguiti dalle organizzazioni e di conseguenza dagli atleti. Invece ai Giochi non è così, perché sono imprevedibili per definizione. Il Villaggio per esempio ha molto più a che fare con un campo scout che con un luogo di ritiro in cui tutto è meticolosamente allineato. E questo, ci tengo a dirlo subito, fa parte della magia dei Giochi.

Perché?

Al Villaggio sei a contatto con atleti di altre Nazioni e di altre discipline. Sei sottoposto in continuazione a tutta una serie di up and down emotivi provenienti dall’esterno che alla fine ti influenzano eccome. Tieni poi conto che lì durante quei giorni vivono circa 10.000 atleti e di questi almeno 8.500 non hanno alcuna reale possibilità di vincere. Non solo l’oro, ma nemmeno una medaglia. Sono lì per godersi quel momento e basta. La mensa è aperta 24 al giorno e ci trovi sempre qualcuno. E’ un luogo in cui può capitare di vedere un campione dell’NBA fare la fila dietro uno sconosciuto sollevatore di pesi dell’Iran. Insomma, ai Giochi sei sottoposto a stimoli, sollecitazioni, imprevisti che nelle normali situazioni della vita di uno sportivo non capitano mai.

Il Villaggio olimpico è un crogiuolo di atleti da ogni angolo, ma non è come un campus a 4 stelle (foto Ina Fried/Axios)
Il Villaggio olimpico è un crogiuolo di atleti da ogni angolo, ma non è come un campus a 4 stelle (foto Ina Fried/Axios)
Ci fai un esempio che ti è capitato?

Ne avrei a decine, vi faccio questo. Nel 2012 siamo arrivati a Londra dopo una preparazione meticolosissima, studiata al millimetro, che prevedeva due sessioni di allenamento con i pesi pochi giorni prima dell’inizio del torneo. Insomma siamo arrivati alla palestra del Villaggio e l’abbiamo trovata vuota, non c’erano né pesi né attrezzi. Parlo di questo quando dico che i Giochi hanno aspetti inallenabili, che neanche il coach più bravo può prevedere e ricostruire prima.

Questo però non diventa un problema per gli atleti, qualcosa che rischia di minare le prestazioni e compromettere gli sforzi e i sacrifici di una vita? Anche in questi giorni abbiamo visto polemiche per i letti di cartone, la mensa scadente, l’acqua della Senna…

Infatti, mi riferivo proprio a questo. A tutte quelle incognite che capitano e che non possono non capitare in un evento così grande e grandioso. Io credo che tutto ciò faccia parte in maniera inscindibile dell’essenza dei Giochi. Ed è vero che normalmente i mondiali hanno un valore tecnico più alto, ma questa è la magia dei Giochi. Vince chi riesce ad adattarsi e a gestire meglio le condizioni di imprevedibilità che inevitabilmente capiteranno. Posso fare un altro esempio personale?

Prego.

Ai Giochi anche gli orari sono tutti sballati. Sempre a Londra la nostra partita d’esordio è iniziata alle 9 di mattina, un orario vietato dai regolamenti standard. Ci siamo svegliati alle 5,30 e abbiamo fatto colazione al sacco sul pullman che ci portava dal Villaggio al palazzetto, cosa impensabile nelle normali competizioni. Ecco, in quei frangenti mi è stata più utile l’esperienza di quando avevo vent’anni e allenavo all’oratorio rispetto a tutte le stagioni di Serie A messe assieme.

La nazionale di pallavolo femminile è ancora in lizza a Parigi, guidata da Velasco (foto Fipav)
La nazionale di pallavolo femminile è ancora in lizza a Parigi, guidata da Velasco (foto Fipav)
Certo però che non dev’essere facile entrare in quest’ottica, in uno sport sempre più attento ad ogni dettaglio.

Secondo me quando ci si trova in quei frangenti ci sono due scelte. O rifiutare tutto in blocco, quindi arrabbiarsi per i letti di cartone, la mensa perfettibile, gli orari sfasati eccetera. Oppure accettare l’eccezionalità della situazione ed adattarsi, sapendo che si sta vivendo qualcosa di unico ed irripetibile. Perché poi alla fine vince non solo il più forte, ma anche chi riesce a gestire meglio la situazione che ha di fronte, per quanto inaspettata sia.

Qualcosa di simile sta succedendo anche nella prova di ciclismo in linea, con squadre formate da un massimo di 4 corridori per un totale di 90 atleti al via, a fronte di un percorso molto lungo…

Ecco, io penso che tentare di far diventare i Giochi una gara come le altre sia un errore. Approcciarli secondo i normali protocolli, chiamiamoli così, non solo è sbagliato perché va ad uccidere lo spirito che si respira lì e lì soltanto, ma è anche meno utile per vincere. Perché questo approccio ti allena meno agli imprevisti che dicevamo prima. E quella è una cosa che puoi fare solo lì. Solo solo se ti immergi fino in fondo in quell’atmosfera. Sia chiaro, è tutt’altro che scontato. Anch’io ho imparato un po’ alla volta, grazie all’esperienza di Atene come vice-allenatore. Subito ti viene da arrabbiarti, poi capisci che invece devi conservare tutte le forze che hai per tirare fuori il meglio possibile. E questa per me è la parte davvero affascinante.

Restiamo un attimo sul ciclismo, perché questo è un magazine che alla fin fine parla di quello. Avresti qualche consiglio da dare ai tre azzurri che oggi gareggeranno a Parigi?

Consigli agli altri cerco di darne il meno possibile, ma l’unico che darei ha a che fare con quello che ho appena detto. Cioè di incanalare le energie nel qui ed ora, senza buttarle a pensare a quello che non è. Alle cose che sarebbero potute o dovute andare diversamente, ma mettersi alla prova nel presente e viverlo in maniera totalizzante. Anche perché ai Giochi i pronostici valgono qualcosa negli sport dove conta solo il cronometro, come i 100 metri magari. In tutti gli altri, quelli a catena cinetica aperta, se c’è una cosa che non conta è il pronostico.

I Giochi Olimpici richiamano pubblico da tutto il mondo per la loro particolarità (foto Paris 2024)
I Giochi Olimpici richiamano pubblico da tutto il mondo per la loro particolarità (foto Paris 2024)
Ultima cosa. Tu che li ha vissuti, i Giochi Olimpici mantengono ancora qualcosa dello spirito che avevano nell’antichità, quando erano capaci di far smettere le guerre, oppure anche quello ormai è cambiato?

Quello che vi posso dire è che dentro il Villaggio Olimpico vedi davvero la sede dei palestinesi a 300 metri da quella degli israeliani. Non è retorica: io c’ero, l’ho vissuto. Poi certo, i Giochi a tratti sono anche il tripudio del nazionalismo, che per molti versi è un lascito della civiltà classica in cui le diverse polis gareggiavano tra loro. Però anche i Giochi oggi sono lì a dimostrare, anche se purtroppo solo per 20 giorni, che ogni quattro anni può accadere un’utopia. Quel momento – questo momento – è davvero la rappresentazione plastica di un sogno di tutta l’umanità. Se chi ha avuto la grande fortuna di vivere quell’atmosfera avesse più spazio nel rappresentare anche politicamente i diversi Paesi, credo sarebbe un grande passo avanti per tutti.

Giant e Dumoulin tornano a pedalare insieme

11.08.2023
3 min
Salva

Solitamente il mese di agosto porta con sé tante novità negli organigrammi dei team pronti a rinnovare il loro roster per la nuova stagione. Ogni squadra annuncia i nuovi ingaggi nella speranza che questi possano portare in dote con sé future vittorie. Tra i tanti annunci arrivati a inizio agosto, uno molto particolare ha colpito la nostra attenzione in quanto non aveva come protagonisti né un team né un ciclista attualmente in attività. L’annuncio in questione ha infatti riguardato uno dei marchi di bici più famosi al mondo e un ex ciclista. Stiamo parlando di Giant e di Tom Dumoulin che hanno deciso di tornare a condividere un cammino comune.

Tom Dumoulin in sella alla Giant celebrativa per la vittoria al Giro del 2017
Tom Dumoulin in sella alla Giant celebrativa per la vittoria al Giro del 2017

Ambasciatore globale

Lo scorso 2 agosto, attraverso un proprio comunicato ufficiale, Giant ha annunciato che Tom Dumoulin ricoprirà il ruolo di Global Ambassador del marchio di bici taiwanese. L’ex campione olandese, oggi trentaduenne, ha chiuso la sua carriera da atleta lo scorso anno. E’ stato professionista dal 2012 al 2022 e in poco più di dieci anni ha saputo ottenere risultati davvero degni di nota. Nel 2017 Dumoulin è stato il primo corridore olandese a vincere il Giro d’Italia. Nel 2018 è salito sul podio sia al Giro che al Tour de France. Durante la sua carriera, ha vinto quattro tappe alla corsa rosa, tre al Tour de France e due alla Vuelta. Si è inoltre aggiudicato il titolo mondiale a cronometro nel 2017 a Bergen in Norvegia. Sempre a cronometro ha conquistato la medaglia di bronzo ai mondiali 2014 e la medaglia d’argento ai Giochi olimpici 2016 a Rio de Janeiro ed ai Giochi olimpici di Tokyo nel 2020.

Dumoulin al Giro del 2022, anno del suo ritiro, insieme a Van Der Poel
Dumoulin al Giro del 2022, anno del suo ritiro, insieme a Van Der Poel

Sempre con Giant

I successi più importanti che Dumoulin ha ottenuto nella sua carriera hanno un unico denominatore comune: essere stati ottenuti in sella ad una bicicletta Giant. E’ lo stesso Dumoulin a ricordarlo. «Ho un rapporto davvero speciale con Giant (ha dichiarato, ndr). Durante i migliori anni della mia carriera, Giant ha supportato le squadre in cui correvo. I miei migliori risultati sono sempre stati ottenuti su bici Giant, quindi è ovvio che io sia entusiasta di essere ora un ambasciatore del marchio».

L’entusiasmo di Dumoulin è stato naturalmente condiviso dalla stessa Giant. «Siamo entusiasti di annunciare questa partnership con Tom Dumoulin (ha affermato Phoebe Liu, Chief Branding and Marketing Officer di Giant Group). Ha raggiunto i massimi livelli di questo sport e ci ha aiutato a creare prodotti innovativi e ad alte prestazioni in grado di ottenere dei vantaggi effettivi in gara. Dopo il suo ritiro, Tom ha ritrovato il suo amore per il ciclismo. Sappiamo che sarà fonte d’ispirazione per le persone in tutto il mondo».

In qualità di ambasciatore globale del marchio, Dumoulin parteciperà a tutti gli eventi che vedranno coinvolta Giant, a livello strada, gravel e mountain bike. 

Ricordiamo che attualmente Dumoulin collabora con NOS, la rete televisiva pubblica olandese ed è coinvolto in prima persona in un nuovo bike park realizzato vicino a casa sua a Maastricht, in Olanda. Si tratta del Tom Dumoulin Bike Park e presenta un percorso strada di 3,2 chilometri accanto a percorsi per mountain bike e una pista BMX. Si tratta di un progetto nato per aiutare i giovani ciclisti ad allenarsi e a migliorare la propria tecnica di guida in un ambiente totalmente sicuro. Tutto ciò rientra in un certo qual modo nel nuovo ruolo che da oggi Dumoulin dovrà svolgere per Giant: essere fonte di ispirazione.

Giant

Paola Pezzo: ecco come preparai le Olimpiadi in Australia

17.09.2022
5 min
Salva

La trasferta in Australia crea sempre disagi e difficoltà, anche se ai nostri tempi tutto è mitigato, basti guardare a come ci si regola in tema di alimentazione. Vent’anni fa però la situazione era ben diversa: nel 2000 si tornò agli antipodi per le Olimpiadi, a 44 anni di distanza dall’edizione di Melbourne e quella di Sydney fu una rassegna olimpica che rappresentò, dal punto di vista tecnico, uno spartiacque per molti argomenti.

Sydney fu la seconda edizione per i Giochi con la mountain bike inserita nel programma olimpico. Il ciclismo fuoristrada si stava affermando in ogni continente, ma era ancora uno sport giovane e per certi versi sconosciuto. Si sperimentava. In Australia si era già gareggiato, sia in Coppa del Mondo che ai mondiali, ma i Giochi sono ben altra cosa, è la classica manifestazione che non puoi sbagliare in alcun modo.

L’arrivo vittorioso della Pezzo a Sydney. L’azzurra batté Blatter (SUI) e Fullana (ESP) che l’avevano preceduta ai mondiali
L’arrivo vittorioso della Pezzo a Sydney. L’azzurra batté Blatter (SUI) e Fullana (ESP) che l’avevano preceduta ai mondiali

Un oro da difendere

Paola Pezzo arrivava alla rassegna a cinque cerchi con l’onere di difendere l’oro di Atlanta ’96, ma i mesi precedenti l’avevano sì vista protagonista, ma non era accreditata dei favori del pronostico. Rispetto alle gare del calendario classico, però, Sydney aveva al suo interno le incognite legate alla trasferta e su quelle la veneta giocò le sue carte: «Sapevo che la trasferta era difficile – afferma aprendo l’album dei ricordi – io poi ho sempre sofferto i viaggi negli altri continenti, dovevo quindi pensare a una soluzione per ammortizzare il più possibile i disagi. Fu così che io e Paolo (Rosola, suo allenatore e compagno di vita, ndr) c’inventammo l’idea di anticipare il cambio di fuso orario nelle settimane precedenti il viaggio».

Come avvenne e in che cosa consisteva questa scelta?

Dissi a Paolo che dovevo abituarmi il più possibile alle condizioni di gara di Sydney, esattamente come avevamo fatto per Atlanta, quando invece di andare in altura mi allenai nella bassa Mantovana, in condizioni di grande caldo e umidità come quello che avremmo trovato in Georgia. La differenza oraria con l’Australia è di 8 ore e il recupero del jet lag avviene un’ora al giorno, ma noi ci saremmo trasferiti a Sydney molto più tardi, quindi il recupero sarebbe stato difficoltoso. Una quindicina di giorni prima di partire iniziammo così a trasformare lentamente il nostro ritmo vitale da quello europeo a quello australiano.

La veneta in gara in Australia. Gli allenamenti al fuso di lì si rivelarono fondamentali
La veneta in gara in Australia. Gli allenamenti al fuso di lì si rivelarono fondamentali
Come?

Iniziai ad allenarmi alle 6 del mattino e ogni giorno anticipavo di 15 minuti fino ad arrivare a uscire alle 3 di notte, che era, trasposto, l’orario di partenza della gara australiana. Tutto il resto era di conseguenza: i pasti, il sonno (andavo a dormire alle 11 del mattino…) in modo da ridurre anche i disagi del volo, che per me sono sempre stati pesanti. A tal proposito ricordo che il Coni aveva fissato per noi il volo in seconda classe, io pagai la differenza e viaggiai in prima, per stare un po’ più comoda e ridurre il disagio, che comunque ci fu. Al ritorno, con la medaglia d’oro, mi fecero viaggiare direttamente in prima…

Che cosa facevi in quegli allenamenti di notte?

Non granché dal punto di vista specifico, ma il grosso era già stato fatto. Quel che contava era abituare il fisico a essere pronto a quell’ora, il metabolismo a mettersi in moto all’orario che serviva per la gara. Paolo stava con la macchina dietro con i fari a illuminare, per farmi vedere il percorso. Non furono giorni semplici, ma il risultato ripagò di tutto.

Il gruppo in gara a Geelong 2010. La trasferta oceanica venne programmata per tempo
Il gruppo in gara a Geelong 2010. La trasferta oceanica venne programmata per tempo
Quanto tempo ti allenavi?

Dovevamo ripetere l’orario di gara, allora i cross country duravano almeno 1h50’ quindi mi allenavo per almeno 90 minuti. Ricordo che, il giorno della partenza per l’Australia, avevamo il volo al mattino ma io mi misi in moto dall’inizio della notte. All’autogrill mi fermava la gente per chiedermi che ci facevo lì a quell’ora e io rispondevo «Sto andando alle Olimpiadi»

Pensi che questa scelta personale abbia influito sulla gara?

Sì, perché le avversarie che avevano scelto un avvicinamento più tradizionale partirono a tutta, io infatti persi terreno nelle prime fasi, ma poi pagarono, io invece rimanevo fresca. Dopo in molti vennero a chiederci lumi sulla nostra preparazione, anche perché i giornalisti ne parlarono come di qualcosa di assolutamente innovativo e devo dire che molti hanno seguito quella strada. Telser ad esempio ha fatto allenare le ragazze svizzere della mtb, in vista dei Giochi di Tokyo, al caldo umido invece che in altura e anche nel suo caso la scelta è stata indovinata.

I ragazzi diplomati in mtb alla Scuola Sacra Famiglia. Con la Pezzo anche Paolo Savoldelli come insegnante
I ragazzi diplomati in mtb alla Scuola Sacra Famiglia. Con la Pezzo anche Paolo Savoldelli come insegnante
Molti corridori, o meglio le loro squadre WorldTour, hanno deciso di rinunciare alla trasferta iridata temendo le ripercussioni sul fisico al ritorno. Tu le subisti?

Parzialmente, ma per me non era un problema, avevo centrato l’obiettivo e non mi aspettavano impegni fondamentali al ritorno, tanto è vero che io e Paolo ci prendemmo due settimane di vacanza da trascorrere proprio in Australia. Al ritorno si fatica, ma meno di quando si ritorna dall’America, a noi europei la trasferta verso est è più favorevole al ritorno. Se però devo correre subito è comunque dura, capisco quindi alcune scelte.

Un’ultima domanda: che cosa fa Paola Pezzo oggi?

Continuo a dedicarmi alla mountain bike ma in veste diversa. Insegno in un liceo a Castelletto di Brenzone, sul Lago di Garda, con specializzazione in mtb. I ragazzi fanno quattro anni di corso e alla fine acquisiscono con il diploma di maturità anche il brevetto di guide di mtb, praticamente hanno già un lavoro in tasca. E’ il primo in Italia e ne vado orgogliosa come di un’altra grande vittoria.

Parigi Tour 2021

Già si parla di Parigi 2024. Ganna, parte tutto da te…

26.04.2022
5 min
Salva

Lo spostamento delle Olimpiadi di Tokyo di un anno ha accelerato a dismisura tutto il metabolismo sportivo. Quello che stiamo vivendo, che doveva essere l’anno postolimpico, per molti un necessario passaggio “soft”, una stagione da prendere in maniera rilassata, è invece già un pezzo importante nella costruzione della prossima avventura a cinque cerchi, Parigi 2024. Basti pensare alla Coppa del mondo di ciclismo su pista che ha costretto molti big, Ganna in testa, a lasciare in fretta e furia le gare su strada per “qualificarsi” per i mondiali che daranno punti importanti per il ranking olimpico.

Si lavora anche dal punto di vista organizzativo. Di Parigi 2024 si sa già molto per quel che riguarderà la porzione ciclistica della grande manifestazione. Nei giorni scorsi è stato ufficializzato il calendario generale, sul quale poi ogni singolo sport dovrà lavorare per la costruzione del proprio programma. Parlando di ciclismo su strada, già ci sono novità importanti.

Ganna Tokyo 2021
Filippo Ganna nella crono di Tokyo, chiusa a 2″ dal podio su un percorso non suo
Ganna Tokyo 2021
Filippo Ganna nella crono di Tokyo, chiusa a 2″ dal podio su un percorso non suo

Si comincia con le crono

Rispetto a Tokyo, il programma è stato invertito e spalmato maggiormente. La gara in linea maschile, che da Atene 2004 era l’evento centrale della prima giornata di finali, lascia il campo alla cronometro maschile. Toccherà quindi a Filippo Ganna assumersi sulle spalle il peso dell’intera spedizione azzurra. Lanciare la rincorsa a quella “road to 50” com’è stata battezzato l’intero obiettivo generale dello sport italiano, dopo i fasti giapponesi. Il programma di gare di sabato 27 luglio vedrà dalle 14,30 in gara prima le donne e poi gli uomini, nello stesso giorno.

Il percorso di gara avrà la sua partenza a Invalides e l’arrivo a Ponte Alessandro III, per un tracciato tutto nel centro cittadino. Si tratterà di un percorso completamente pianeggiante, senza molte curve e saliscendi che quindi sarà più nelle corde del campione della Ineos Grenadiers rispetto a quello di Tokyo, con la possibilità di sviluppare al massimo i cavalli nel proprio motore.

Si allarga come detto la forbice fra le gare a cronometro e quelle in linea, che andranno in scena nel weekend successivo, il che significa che ci saranno quantomeno due settimane di spazio fra esse e la fine del Tour de France (tra l’altro con il suo termine sempre a Parigi, sempre che i preparativi olimpici non costringano l’ASO a una soluzione diversa). Sabato 3 agosto dovrebbe toccare alle donne, il giorno dopo agli uomini, ma su questo va ancora fatta una scelta da parte dell’Uci.

Un percorso da interpretare

Qui è importante il discorso relativo al tracciato di gara, ancora in costruzione. Una prima bozza è però al vaglio del CIO già dalla fine dello scorso anno e su alcuni aspetti è già stata presa una decisione. Innanzitutto l’epicentro della corsa sarà al Pont d’Iena, di fronte alla Tour Eiffel, uno spazio di 155 metri di lunghezza e 35 di larghezza dove verranno costruite apposite tribune per assistere a una serie di eventi sportivi: qui, oltre a partenza e arrivo delle gare su strada, si svolgeranno anche le gare di marcia di atletica.

Dopo la partenza, il tracciato di gara si svilupperà inizialmente nel centro città, su un raggio più ampio però rispetto a quello tradizionale del carosello conclusivo della Grande Boucle. Ci si dirigerà poi nel dipartimento d’Yvelines per tornare a Parigi e affrontare un circuito comprendente la salita del Trocadero. Chi ha visto le bozze parla di un percorso nel complesso filante, senza grandi difficoltà altimetriche. Proprio quest’ultimo strappo, soprattutto se ripetuto, potrebbe però far male.

Diminuiscono i contingenti?

Se si unisce questo al fatto che, come sempre avviene nel ciclismo olimpico, le squadre nazionali saranno composte da un numero inferiore di corridori rispetto alle normali prove, si capisce bene come tenere sotto controllo la gara e puntare tutto su una volata generale potrebbe essere un gravissimo errore. Oltretutto c’è un altro aspetto importante da considerare.

L’edizione parigina dei Giochi rappresenterà un ulteriore passo avanti nel progetto di equiparazione fra i sessi. Ciò comporta che un pari numero di atleti e atlete sarà qualificato per le gare di ciclismo su strada. Il contingente massimo per le formazioni maschili potrebbe quindi scendere da 5 a 4 corridori, rendendo di fatto quasi impossibile ogni gioco di squadra, a meno della costruzione di quegli accordi legati più all’appartenenza di club che a quella della nazionale.

Fin qui quello che si sa. C’è ancora molto da fare e va detto anche che due stagioni, nel mondo del ciclismo rappresentano un’eternità, uno spazio nel quale possono emergere nuovi talenti e sparirne altri. Intanto però è giusto fare i propri ragionamenti, anche, anzi soprattutto in chiave italiana considerando che tutte le discipline saranno chiamate a dare il proprio contributo nella ricerca del nuovo record di medaglie e della conferma nella Top 10 del medagliere, appannaggio italiano sin da Atlanta 1996.