Serata del Grande Ciclismo, Pesaro, 2025, salotto Riccardo Magrini, Luca Gregorio, Eleonora Ciabocco, Gianmarco Garofoli

EDITORIALE / Al ciclismo italiano manca soprattutto un faro

17.11.2025
4 min
Salva

Venerdì sera, nel corso della classica Serata del Grande Ciclismo di Pesaro, durante un momento di salotto condotto da Luca Gregorio e Riccardo Magrini, il microfono è finito in mano a Gianmarco Garofoli, che non ci ha pensato due volte. Agganciandosi alle parole di Magrini, che parlava della difficoltà del ciclismo italiano, il corridore marchigiano della Soudal Quick Step, ha piazzato uno scatto deciso.

«Non è vero che il ciclismo italiano è in difficoltà – ha detto – ci sono tanti corridori forti che ottengono ottimi risultati. Davanti a tutti ci sono Pogacar e pochi altri, ma subito dietro ci siamo noi. Solo che chi racconta le corse non lo dice. Si parla sempre degli stessi, di quanto sia forte Pogacar e gli altri è come se non ci fossero. Faccio un esempio: Alessandro Verre. E’ arrivato secondo nella tappa regina del Giro d’Italia, ma nessuno ne ha parlato».

Magrini ha replicato che non è vero e che nessuno ricorda nemmeno chi abbia vinto la tappa di Sestriere. Aveva ragione: abbiamo avuto bisogno di ricorrere al web per ricordare il nome di Chris Harper e a maggior ragione – viene da dire – si sarebbe potuto dedicare più spazio a Verre. E con la disputa che è andata avanti ancora per qualche minuto, a noi è venuto di fare una considerazione che, dopo la vittoria di Sinner a Torino e la figuraccia della nazionale di calcio a Milano, ha preso maggiore consistenza.

Serata del Grande Ciclismo, Pesaro, 2025,
La serata del Grande Ciclismo si è svolta a Pesaro, organizzata dai primi due a sinistra: Giacono Rossi e Maurizio Radi
Serata del Grande Ciclismo, Pesaro, 2025,
La serata del Grande Ciclismo si è svolta a Pesaro, organizzata dai primi due a sinistra: Giacono Rossi e Maurizio Radi

I soliti due al comando

Sinner e Alcaraz sono davanti a tutti come Pogacar e Vingegaard: alle loro spalle c’è il vuoto. La sola differenza è che Sinner è italiano: basta questo perché i risultati dei giocatori alle sue spalle diventino immensi. Non vogliamo dire che non siano ottimi atleti, ma avendo vinto negli ultimi due anni tornei di seconda schiera (ATP Tour 250), probabilmente non avrebbero tanta eco mediatica se là davanti al posto di Sinner ci fosse un giocatore non italiano. Si parla tanto di Jasmine Paolini, senza rendersi conto che un’Elisa Longo Borghini vale cento volte di più.

Se con Pogacar ci fosse un italiano di pari livello, come per magia i risultati di Ciccone, Scaroni, Ganna, Milan, Viviani, Trentin e Vendrame sarebbero raccontati con altra enfasi. Questo perché i grandi media vivono di iperboli: l’ordinario non esiste e di conseguenza scompare. Anche al di fuori della diretta, si preferisce fare pagine e minuti su Pogacar, cadendo in esaltazioni anche ripetitive, piuttosto che approfondire quello che c’è dietro. Una vecchia storia da cui difficilmente usciremo, motivo di dibattiti estenuanti che hanno spinto noi a intraprendere una linea diversa e che comprensibilmente possono diventare causa di frustrazione per gli atleti… invisibili.

Giro d'Italia 2025, Sestriere, 20a tappa, Alessandro Verre
Secondo a Sestriere nella 20ª tappa del Giro, Verre è per Garofoli l’emblena del corridore ignorato da parte dei media
Giro d'Italia 2025, Sestriere, 20a tappa, Alessandro Verre
Secondo a Sestriere nella 20ª tappa del Giro, Verre è per Garofoli l’emblena del corridore ignorato da parte dei media

La WorldTour italiana…   nel calcio

Che cosa dovremmo dire allora del calcio italiano, se il ciclismo è in crisi? Non si vince la Champions League dal 2010, quando l’Inter vinse anche il mondiale per club. E bisogna ringraziare l’Atalanta che nel 2024 vinse la UEFA Europa League, perché andando a ritroso per vedere un’altra vittoria italiana bisogna risalire al 1999 del Parma. Nel 2006 l’Italia ha vinto i mondiali di calcio. Nel 2010 e nel 2014 è stata eliminata al primo turno. Mentre nel 2018 e nel 2022 non si è qualificata. E dopo la sconfitta di ieri con la Norvegia, rischia grosso anche questa volta.

Eppure si riempiono pagine e palinsesti di campioni stranieri, che sventolano le bandiere delle squadre di casa nostra, senza pensare (probabilmente) che proprio grazie a tale colonialismo, i giocatori italiani hanno perso consistenza e qualità. Servirebbe anche a loro una WorldTour italiana, che avesse il coraggio di investire seriamente sul vivaio?

Ciccone ha vissuto un 2025 più continuo, sia pure con incidenti. Qui primo a San Sebastian
Ciccone ha vissuto un 2025 più continuo, sia pure con incidenti. Qui primo a San Sebastian

Continuità cercasi

Garofoli ha ragione? Restando sul dato oggettivo e sportivo, probabilmente sì. Ma poiché il pubblico dello sport italiano prima di essere competente è soprattutto tifoso, in mancanza di continuità e grandi vittorie, si continuerà a sostenere che il ciclismo italiano sia in crisi. La continuità fa la differenza, su questo aveva ragione Magrini. Il Ciccone di quest’anno ha dato un seguito al podio del Lombardia 2024 e se non si fosse ammalato dopo i mondiali, probabilmente avrebbe continuato nella serie. Altri invece si sono affacciati alla porta dei grandi e poi sono spariti.

E’ importante dare al pubblico dei riferimenti. Pellizzari per la salita. Ciccone per le classiche. Milan per le volate. Scaroni e Ballerini per altre classiche. Se tutto questo diventerà un’abitudine, sarà più difficile ignorare certe prestazioni e l’arrivo di giovani interessanti come Finn verrà inquadrato in un movimento già di per sé florido. I problemi esistono. Il livello giovanile è in forte difficoltà. Ma se proprio qualcuno ha voglia si sparare sulla Croce Rossa, guardi verso il calcio. Se noi siamo in crisi, loro come sono messi?

Gianmarco Garofoli, watt, Specialize, spinta, piede, pedale

Watt. Come usa realmente il potenziometro lo scalatore?

25.10.2025
4 min
Salva

Chiudiamo questa triade dell’utilizzo del potenziometro con il terzo profilo, lo scalatore. Il grimpeur chiamato in causa è Gianmarco Garofoli. Qui cambia ancora l’approccio e cambia sia per la caratteristica, ma forse anche per l’età, nettamente più bassa rispetto ai primi due. Il corridore della Soudal‑Quick Step ci dà degli spunti davvero interessanti.

Questo è il ciclismo dei numeri, come visto, e con Garofoli questo aspetto viene esaltato. Interessante sia l’approccio verso il fine stagione che con i numeri veri e propri e ancora l’utilizzo del potenziometro quando la strada sale.

Lo scalatore marchigiano si appoggia molto all’utilizzo del potenziometro
Lo scalatore marchigiano si appoggia molto all’utilizzo del potenziometro
Gianmarco, si parla sempre dell’uso del potenziometro e dei watt, ma poi realmente un professionista come lo usa?

Ormai da molti anni è diventata una parte integrante della bicicletta. Un professionista lo usa sempre, dall’allenamento alla gara, in qualsiasi momento. Soprattutto sull’allenamento è fondamentale.

Più della gara secondo te?

Secondo me sì, molto più della gara. Lì vince il primo. In allenamento l’obiettivo è allenarsi bene, non è semplicemente andare a tutta. Serve qualcosa che ti permette di migliorare. Certi giorni è importante anche riuscire ad andare a quel ritmo che appunto ti allena ma non ti finisce.

Come per Maestri tu devi sia tirare per un capitano, sia attaccare: che differenze ci sono in tal senso?

Quando devi tirare per un capitano hai già tipo un ritmo prestabilito, concordato prima del via o qualche momento prima in cui devi entrare in azione. Poi dipende anche in che momento della corsa devi tirare. Perché magari se devi controllare una fuga, ovviamente guardi il potenziometro per controllare i tuoi valori, ma ti gestisci parecchio anche in base a come la fuga va.

Gianmarco Garofoli, watt,
In un’azione corale di squadra lo scalatore guarda più il rapporto potenza/peso che non i watt assoluti
In un’azione corale di squadra lo scalatore guarda più il rapporto potenza/peso che non i watt assoluti
Cioè?

Più la fuga va forte e più tu devi andare forte. Più la fuga va piano e più devi calare. Mentre se l’obiettivo è mettere in difficoltà gli altri corridori facendo un ritmo molto forte, sai che magari devi fare la salita a 6 watt/chilo per un determinato tempo.

Quindi osservi il rapporto potenza/peso e non i watt assoluti?

Esatto, il rapporto wattaggio/peso secondo me è molto importante, soprattutto quando sei in gara e stai facendo un’azione corale di squadra. Ti devi confrontare e allineare ai tuoi compagni perché magari chi deve tirare con te pesa 10 chili di più. E il modo migliore per trovare un dato che vada bene per tutti è il rapporto potenza/peso. Ai Paesi Baschi ad esempio in salita dovevo lavorare con Maximilian Schachmann che pesa circa 10 chili più di me e lui mi dava il rapporto potenza/peso da rispettare.

Ti capita mai in allenamento ma anche in gara se ti stacchi, di perdere concentrazione e andare più piano di quanto pensi? Di guardare i watt e di essere basso?

Normalmente, quando uno si stacca, perlomeno io, non guarda più i wattaggi. Cerco di salvare più energie possibili e di non andare fuori tempo massimo. Quindi il potenziometro lo guardi magari per non andare troppo forte. Mentre se ti stacchi e stai ancora lottando per un piazzamento, è sempre importante mantenere la concentrazione alta. In questo caso il potenziometro è un’arma a doppio taglio.

«Non allenarsi a tutta ma allenarsi bene. In questo il potenziometro ti fa stare sempre sul pezzo», parole di Gianmarco Garofoli
«Non allenarsi a tutta ma allenarsi bene. In questo il potenziometro ti fa stare sempre sul pezzo», parole di Gianmarco Garofoli
Perché? Spiegaci meglio…

Perché magari sei in fuga da solo, inizi la salita, sei super motivato e l’attacchi troppo forte. Sai che quella scalata durerà 30’ e tu l’approcci con i tuoi wattaggi sui 5’. No, no, altroché: il potenziometro è importante anche ai fini della concentrazione, ti fa correre con la testa, ti fa stare sempre sul pezzo. Anche se scatta qualcuno capisci subito se puoi seguirlo o se invece è meglio rispondere in altro modo.

E tu Gianmarco hai notato delle differenze tra questa fase della stagione, ossia la fine, e l’inizio?

Dal mio punto di vista, io sono un po’ un atleta di fondo, che poi ancora devo scoprirmi nel lungo termine, quindi a fine stagione andavo quasi più forte che all’inizio. L’unica differenza tra l’inizio e la fine della stagione secondo me è dal punto di vista mentale: se sei un po’ più scarico, sei un po’ meno motivato o se invece sei ancora carico. Oggi secondo me un atleta è difficile che veramente sia finito, sia completamente stanco. Puoi essere completamente stanco ma più di testa, secondo me, che di gambe.

watt, potenziometro, Garmin

Watt. Come usa realmente il potenziometro uno sprinter?

23.10.2025
5 min
Salva

Sappiamo, e lo vediamo sempre con maggior frequenza, che questo è il ciclismo dei numeri. Al netto degli attacchi folli e suggestivi di Tadej Pogacar, tutto è misurato: dalle calorie spese all’energia impressa sui pedali, dalla durata degli attacchi ai lavori in allenamento. Soprattutto i famosi watt vengono monitorati dagli atleti e dai preparatori (in apertura foto Garmin).

Ma poi al fianco di tutto questo c’è il concreto. E questo concreto è: come, cosa, quanto e quando i corridori guardano i watt. Ne abbiamo parlato con tre atleti dalle caratteristiche differenti che vi proporremo in tre puntate. Ad aprire le danze è Andrea Pasqualon, il velocista. Seguiranno un passista e uno scalatore.

In più, cosa molto curiosa e interessante, abbiamo chiesto loro se a fine stagione ci sono differenze nell’uso dello strumento e soprattutto quel che esso rivela. E la cosa a quanto pare non segue una regola, ma è del tutto soggettiva. Iniziamo dunque con Pasqualon. Lo sprinter ha certamente esigenze diverse rispetto a uno scalatore e con l’atleta della Bahrain-Victorious si entra subito nel merito.

Andrea Pasqualon, watt
Pasqualon ormai difficilmente fa uno sprint, ma di certo è un ottimo apripista
Andrea Pasqualon, watt
Pasqualon ormai difficilmente fa uno sprint, ma di certo è un ottimo apripista
Andrea, quanto utilizzi realmente il potenziometro in corsa?

Alla fine non troppo. Dipende dal tipo di corridore. Ci sono squadre come UAE Team Emirates, Ineos Grenadiers che puntano alle classifiche generali, che lo utilizzano molto, soprattutto in salita, perché impostano il corridore a fare un determinato lavoro ad una determinata intensità di watt per sfiancare gli avversari. Siamo in un mondo dove conta tantissimo guardare i numeri. Anche Pogacar imposta la squadra dicendo ai compagni: «Il tuo lavoro è questo, mettiti ad una determinata cadenza e soprattutto una determinata potenza per un tot minuti».

Questo per fare la grossa selezione…

Certo, ma poi il corridore lo utilizza anche per stabilire il proprio passo: se e quanto lo può tenere. Esempio: ho di fronte una salita di 10 minuti, so che se la faccio a 430 watt ci posso stare per quel determinato tempo, altrimenti non ce la faccio e salto prima.

E voi sprinter?

Noi lo utilizziamo più che altro per guardare i file post-gara per capire anche un po’ le sensazioni. Per valutare com’è stato magari un picco in volata o una “trenata” fatta magari in un determinato punto della corsa.

Durante la preparazione dello sprint anche se lo sforo è massimale non si guarda il potenziometro
Durante la preparazione dello sprint anche se lo sforo è massimale non si guarda il potenziometro
Tappa piatta, o comunque veloce, dove si sa che si arriverà in volata e che dovrai fare la volata o “l’ultimo uomo”? Come ti gestisci durante quella frazione?

Di base potrei dire che non lo guardo assolutamente. Non c’è il tempo di stare là a osservare i numeri. Si è talmente concentrati nella volata o comunque nel prendere le traiettorie giuste, nel riuscire a trovare il momento giusto per partire, che il computerino non lo guardi. O almeno non in quel senso.

E come lo guardi?

Osservi solamente la mappa della strada per capire se c’è una curva a destra, una curva a sinistra, per capire il momento in cui rimontare il gruppo. Potenziometro e watt sono molto più utilizzati da altre tipologie di corridori.

Anche in una tappa in salita? Magari se fai gruppetto?

Qualche volta si dà un’occhiata, più che altro ai fini del risparmio energetico per salvare la gamba in vista dei giorni successivi. A volte sei in gruppetto, c’è l’ultima salita e devi arrivare entro il tempo massimo. Se sei stretto coi tempi, spingi forte e dai un’occhiata per salire al meglio senza saltare; altrimenti continui a risparmiare il più possibile.

Siamo nel finale di stagione: i wattaggi sono un po’ calati oppure al contrario sei arrivato fresco? E soprattutto cambia il tuo approccio verso lo strumento?

No, l’approccio è sempre quello. A me i watt quest’anno sono aumentati assolutamente: anzi ho fatto i miei migliori cinque minuti proprio domenica scorsa in Cina al Guangxi. Sono rimasto fuori per cinque mesi dalle corse quest’anno e questo implica anche una freschezza mentale, ma anche fisica.

Lo sprinter utilizza forse meno di tutti il potenziometro. E vi fa riferimento soprattutto per i lavori intensi
Lo sprinter utilizza forse meno di tutti il potenziometro. E vi fa riferimento soprattutto per i lavori intensi
Invece quando fai la distanza in allenamento, magari vai regolare e tranquillo: ti capita che ogni tanto gli butti l’occhio perché sennò finisci sotto wattaggio. Ti capita insomma di essere un po’ distratto?

No, ormai un corridore che ha 15 anni di professionismo sa qual è il suo limite. Sa quanto riesce a spingere, conosce più o meno quali sono i watt medi da portare a casa durante una giornata di allenamento e sa soprattutto a che intensità può fare determinati lavori. A noi sprinter monitorare i watt serve soprattutto per lavorare con precisione, soprattutto sui lavori intensi tipo 30”-30”, 40”-20”.

E in salita?

Certo, anche per le salite anche da 15-20 minuti o più. Insomma, si guarda più che altro la potenza media da utilizzare in modo da non far degli sforzi superiori a quanto impostato. Il lavoro oggi si fa con maggior precisione. Anche per questo negli ultimi anni si è vista questa grande evoluzione e questo grande cambiamento nel modo di correre e non solo.

Cos’altro?

Oggi molti corridori si allenano da soli e non più in compagnia. Non si va più fuori come magari si faceva dieci anni fa, quando si faceva la distanza tutti insieme. Vedevi 7-8 corridori andare via regolari. Ormai ognuno ha le sue abitudini, ha i suoi regimi di lavoro. Ognuno tiene i propri regimi di lavoro.

Gianmarco Garofoli, nazionale

Garofoli stakanovista azzurro: tre weekend di fila in nazionale

08.10.2025
7 min
Salva

Gianmarco Garofoli è stato lo stakanovista della maglia azzurra. Il marchigiano si è sciroppato tre weekend di fila tra europeo gravel, mondiale ed europeo su strada. E lo ha fatto con ottimi risultati ovunque, mostrando un attaccamento alla nazionale come poche altre volte si è visto.

Tutto nasce dalla buona condizione dell’atleta della Soudal-Quick Step, che anche ieri si è ben mosso alla Tre Valli Varesine.
«Sto facendo un bel finale di stagione – commenta Garofoli – sono molto contento di come sono andate queste ultime gare. Mi sono fatto trovare pronto alla chiamata del commissario tecnico all’ultimo momento per il mondiale, e da lì in poi sono cresciuto. Manca certo la vittoria, qualche risultato di spessore, ma arriverà: quando stai sempre lì davanti, prima o poi arriva, ne sono sicuro».

Gianmarco Garofoli (classe 2002) sugli sterrati dell’europeo gravel. Alla sua prima esperienza nella specialità è arrivato 11°
Gianmarco Garofoli (classe 2002) sugli sterrati dell’europeo gravel. Alla sua prima esperienza nella specialità è arrivato 11°
Partendo da questo tuo finale di stagione, Gianmarco, viene da dire: peccato per quella Vuelta non finita per poco. Ma guardando il bicchiere mezzo pieno… magari ora sei più fresco.

Guardiamo al bicchiere mezzo pieno… Sì, vero, anche se l’ultima settimana è stata abbastanza facile per quello che mi hanno detto gli altri compagni, visto che con le proteste per la Palestina che hanno interrotto le varie tappe, alla fine la parte più dura è stata la seconda settimana.

In effetti nell’ultima settimana sono rimasti uguali all’originale l’arrivo vinto da Pellizzari e la Bola del Mundo…

Esatto, infatti dico che sono veramente super soddisfatto di questa stagione. Penso che, se me l’aveste chiesto a inizio anno, sarebbe stato impossibile pensare di partecipare al Giro d’Italia, al mondiale, alla Vuelta, agli europei. Ho fatto tutte belle gare, ho dimostrato di andare forte e di essere uno di quelli forti. Questo è impagabile, sono ritornato ad alto livello.

Ci ha colpito tanto questa tripletta in nazionale: europeo gravel, mondiale, europeo strada. Com’è andata? Partiamo dall’europeo gravel…

Già durante la Vuelta stavo un po’ guardando i calendari gravel e ho visto che c’era il campionato europeo “vicino” casa mia, ad Avezzano. Mi è scattata subito l’idea di poterci andare, anche perché in quel momento non avevo in programma né il mondiale né gli europei su strada.

Il marchigiano sulla salita del Mount Kigali. Ottima la prestazione iridata
Il marchigiano sulla salita del Mount Kigali. Ottima la prestazione iridata
Volevi allungarlo un po’, insomma?

Sì, infatti mi sono detto che dopo la Vuelta mi sarebbe servita una gara per tornare a divertirmi, perché dopo un Grande Giro sei sempre un po’ stanco mentalmente. E poi volevo cambiare, fare questa bella esperienza. Era vicino casa, quindi la trasferta non era così impegnativa. Dentro di me ha iniziato a girarmi questa idea. Ho parlato con la squadra, ho spiegato il mio interesse per una gara gravel – che non avevo mai fatto – e loro mi hanno supportato. Poi, parlando con Bramati, mi ha detto che avrebbe sentito il cittì Daniele Pontoni.

E lui ti ha chiamato?

Quasi subito. Daniele era contentissimo di questa mia disponibilità. E’ nato tutto così, una cosa dietro l’altra. Poi mi sono ammalato e ritirato dalla Vuelta. Sono stato un paio di giorni fermo a letto, ma col senno di poi mi ha fatto bene, perché la condizione era buona. Sono andato a questo europeo gravel senza grosse ambizioni o aspettative. Invece andavo forte. Peccato una foratura nel momento sbagliato.

Cosa è successo?

Ho dovuto fare 15 chilometri con la ruota completamente a terra. Ho perso sei minuti. Magari avrei potuto giocarmi una medaglia. Vincere è sempre difficile, ma una medaglia credo di sì, perché andavo veramente forte. Poi ho provato l’inseguimento, stavo recuperando, ma quando perdi così tanto… Ho fatto tutta la gara a inseguire. Mi è dispiaciuto, perché non sono mai stato nel vivo della corsa, nonostante la gamba ci fosse.

Un aneddoto divertente. Essendo arrivato all’ultimo al mondiale, Garofoli ha corso con la maglia intima con su scritto Pellizzari. Quella giusta è arrivata più tardi
Un aneddoto divertente. Essendo arrivato all’ultimo al mondiale, Garofoli ha corso con la maglia intima con su scritto Pellizzari. Quella giusta è arrivata più tardi
Serve anche un po’ di fortuna nel gravel…

Mi sono divertito tantissimo, è stata un’esperienza bellissima. E’ stata anche molto dura, perché il gravel è davvero impegnativo. Non me l’aspettavo così.

Quando hai deciso di fare il gravel, ti sei fatto mandare una bici a casa?

Sì, ma è arrivata tre giorni prima della gara. Ho sistemato un po’ le misure e sono andato alla scoperta…. Ripeto: è stato bellissimo. Credo che non sarà la mia ultima gara gravel. Anzi, il cittì mi ha anche proposto: «Vieni a fare il mondiale?». Ma coincide con il weekend del Lombardia.

Andiamo avanti. Cosa è successo dopo l’europeo gravel?

Sono tornato a casa pensando al finale di stagione. Mi aveva già contattato Marco Villa per il campionato europeo su strada, perciò mi stavo allenando con calma verso quell’obiettivo. Cercavo di recuperare dal gravel e di ricostruire la condizione per l’europeo e il finale di stagione. Poi è arrivata questa chiamata…

Dove stavi quando è arrivata?

Ero a casa, in videochiamata con la nutrizionista della squadra. Appena ho chiuso, mi ha chiamato Bramati: «Guarda, mi ha chiamato Villa che vai al mondiale. Fai la valigia». Poco dopo sono partito per allenarmi: è stato surreale.

Infine, storia di domenica scorsa, ecco Garofoli nel pieno della corsa agli europei in Francia dove è arrivato 9°
Infine, storia di domenica scorsa, ecco Garofoli nel pieno della corsa agli europei in Francia dove è arrivato 9°
La testa dov’era in quel momento?

Avevo l’adrenalina a mille, non capivo niente, ero nervosissimo. Non sapevo che allenamento fare: due ore, cinque ore? Chiamavo il preparatore che non rispondeva, ero nel panico. Poi mi sono detto: dai Gianmarco, calma. Tanto non si può inventare nulla in pochi giorni. Ho fatto un discreto allenamento, poi a casa, valigia e via.

Ti è arrivato il biglietto aereo all’ultimo momento?

Sì, tutto all’ultimo. Era martedì, il mercoledì sera sono partito e giovedì mattina ero in Rwanda. Una volta in Africa, ho fatto due allenamenti, ma i primi giorni sono stato male per l’altura e lo smog. Avevo paura di fare una figuraccia al mio primo mondiale, invece è andato tutto bene. Il primo giorno in cui mi sono sentito bene è stato proprio quello della gara. Appena finito il mondiale, già pensavo all’europeo: sono andato diretto dal Rwanda alla Francia con la nazionale.

Tu e Frigo siete stati i due azzurri che avete fatto sia il mondiale che l’europeo su strada, giusto?

Sì. Pensate che non torno a casa dal mondiale. Avevo preparato la valigia di corsa solo per la trasferta in Rwanda e invece ho fatto tutta una tirata fino in Francia e poi qui alle gare italiane. Quando è venuta mia mamma all’europeo e mi ha portato i ricambi, i vestiti della Quick-Step…

Da Garofoli a Frigo… la nazionale del futuro può passare da questi atleti. Almeno per i percorsi più duri
Da Garofoli a Frigo… la nazionale del futuro può passare da questi atleti. Almeno per i percorsi più duri
Parliamo dell’europeo su strada. Sei andato benone, uno dei 17 superstiti…

Credo che il mondiale mi abbia dato tanto. Se l’avessi preparato a lungo, forse non mi sarebbe venuto così bene, proprio perché non avevo aspettative. In Francia invece ero più mentalizzato, anche se avevo ancora mal di gambe dal mondiale, che è stato durissimo. Sono stato contento per Scaroni. Purtroppo è mancata la medaglia, ma ci siamo mossi bene e abbiamo fatto vedere l’Italia. Certo, battere Pogacar è quasi impossibile ora. Però dietro a lui c’eravamo noi.

Gianmarco, oltre alla tua professionalità, hai mostrato un grande attaccamento alla maglia azzurra. Cosa significa per te?

La maglia azzurra è qualcosa che ti fa dare anche quello che non hai. Vuoi onorare la Nazione, rappresenti tutta l’Italia e anche chi non segue il ciclismo, ma si ferma vedendo il campionato del mondo e dice “Forza Italia”. L’azzurro è una responsabilità. E’ stimolo. E ho pensato: «Cavolo, quando mi ricapita?». Ma dopo queste prestazioni credo che potrò farne ancora qualcuno.

Villa cosa ti ha detto?

E’ stato molto soddisfatto. Nessuno si aspettava che potessi essere lì davanti, anche perché mi ha chiamato all’ultimo. Marco mi ha detto: «Abbiamo un problema con Pellizzari, sta male, mi dispiace chiamarti così tardi». Inizialmente non ero neanche nella lista dei cinque, che poi è diventata di otto nomi, ma a quel punto stavo male anche io. Insomma non ero proprio nei radar di Villa. Appena però mi ha chiamato, gli ho detto subito di non preoccuparsi, che sarei stato pronto.

I prossimi mondiali saranno ancora impegnativi. Questa nazionale può essere l’ossatura del futuro, con te, Frigo, Pellizzari, Bagioli…

Secondo me in Italia manca forse il campione assoluto, ma appena sotto siamo in tanti e andiamo tutti forte. Si può ben sperare. L’anno prossimo i campionati saranno in Canada, su un percorso simile a quello di Montreal. Io lì ho già corso, so cosa mi aspetta. E se Villa mi richiamerà mi farò trovare nuovamente pronto.

La Vuelta di Garofoli, 553 chilometri di fuga. Poi il colpo di scena

09.09.2025
5 min
Salva

Gli ultimi quattro giorni della Vuelta, hanno visto Gianmarco Garofoli col segno del vento in faccia. 109 chilometri di fuga giovedì, nella tappa di Los Corrales de Buelna. 174 chilometri venerdì, nel giorno dell’Angliru. 108 chilometri sabato, andando verso La Farrapona. 162 chilometri, infine, nella tappa di Monforte de Lemos. Dato che l’obiettivo del marchigiano è provare a vincerne una, c’è da scommettere che ci proverà ancora e le occasioni arriveranno presto. Già oggi la tappa di Mos.Castro de Herville potrebbe essere quella giusta.

Giro d’Italia 2025, dopo il settimo posto di Asiago, Garofoli è in lacrime (foto Soudal-Quick Step)
Giro d’Italia 2025, dopo il settimo posto di Asiago, Garofoli è in lacrime (foto Soudal-Quick Step)

Fermato dal Covid

Parliamo con lui sul finire del riposo di Pontevedra. La Vuelta è il secondo Grande Giro della sua stagione, come mai gli era capitato in precedenza. Il Giro d’Italia lo ha visto protagonista con il settimo posto di Asiago e il quarto ben più consistente di Sestriere. Per la Vuelta Garofoli aveva aspettative superiori, ma il Covid si è messo di mezzo. E anche se siamo nel 2025 e qualcuno potrebbe storcere il naso, i giorni in cui Gianmarco ha dovuto restare fermo lo hanno portato in Spagna con la condizione il ritardo, che però sta tornando.

«Non ho avuto grandi sintomi – spiega – l’unico sintomo è che andavo piano in bicicletta. Ho fatto San Sebastian e Burgos e andavo piano rispetto ai miei standard e a quanto mi aspettassi. Avevo fatto una bella preparazione, vedevo determinati numeri, mentre in gara le cose non andavano. Tornato a casa ho fatto il tampone, perché avevo sentito che tanti avevano il Covid ed è venuto fuori che ero positivo. Visti i miei trascorsi con il Covid (nel 2022 Garofoli fu uno dei primi ad essere operato per una miocardite, ndr), ho fatto riposo assoluto per cinque giorni e ho ripreso dal giorno in cui sono stato certo di essere negativo. E’ sempre meglio prendere un giorno in più, perché quando inizi troppo in fretta rischi la ricaduta. Così ho preferito guarire bene e partire per la Vuelta un po’ meno pronto, puntando a trovare la condizione strada facendo. La cosa mi ha fatto girare le scatole, non ci voleva. Anche perché avevo investito tanto tempo per trovare la condizione».

La Vuelta è il terzo Grande Giro di Garofoli, dopo la Vuelta 2024 e il Giro 2025
La Vuelta è il terzo Grande Giro di Garofoli, dopo la Vuelta 2024 e il Giro 2025
Senti che sta arrivando?

Credo di sì. Se guardate come sta andando, si vede che sono in crescita, anche se le ultime 4 tappe sono state molto dure. Ho speso tanto e, anche se ho raccolto poco, mi sono divertito. Questa settimana le tappe papabili per me sono domani (oggi, ndr), mercoledì e sabato. Per il resto ci sono una crono, una volata e domenica a Madrid che è piatta.

Qualcuno dice che domenica si potrebbe non correre per evitare guai con i manifestanti pro Palestina.

In gruppo di questo non si è parlato, però il tema di queste proteste è molto sentito, perché sta condizionando tutta la Vuelta. Non è una cosa negativa, ovviamente manifestano per una giusta causa, però condizionano anche la nostra sicurezza. Invadono le strade. Domenica eravamo in fuga e c’è stata l’invasione da parte di uno che si era nascosto in un cespuglio, c’è anche il video su Eurosport. Il tipo ha attraversato la strada e per evitarlo sono caduti Romo e il mio compagno Planckaert, non è proprio il massimo. In Spagna il tema palestinese è molto sentito. La gente partecipa molto a queste iniziative, soprattutto nel Nord della Spagna.

Nel frattempo il tuo primo anno alla Soudal Quick Step sta andando alla grande?

Mi trovo molto bene. Mi hanno rilanciato dopo tutte le sfortune che ho avuto e qualche anno sotto tono. Sono di nuovo ad alto livello nelle gare che contano. La campagna acquisti fa capire che la Soudal Quick Step vuole essere nuovamente molto forte nelle classiche, mentre punterà un po’ meno sulle corse a tappe. A fine anno andrà via Remco e questo forse a livello personale non è neanche tanto male, perché magari ci sarà più spazio, anche se finora non ho mai corso con lui.

Nel 2022 rientrato dopo i problemi cardiaci, Garofoli vince la Coppa Messapica in Puglia
Nel 2022 rientrato dopo i problemi cardiaci, Garofoli vince la Coppa Messapica in Puglia
Dopo queste prestazioni, potresti andare al mondiale oppure all’europeo. Poi il programma è già deciso?

La maglia azzurra sarebbe un bel traguardo, ci terrei. Se davvero si vuole costruire una nazionale giovane perché i prossimi tre mondiali saranno duri, potrei farne parte anche io. Poi dovrei chiudere con il calendario italiano. Di solito dalle tre settimane di gara, esco in crescendo. Dopo il Giro d’Italia stavo benissimo, ma ho dovuto fare un intervento a un occhio e non ho potuto correre. In più, visto che avevo nei programmi la Vuelta, la squadra mi ha frenato. Speriamo di uscire bene anche da qui. Se vinco una delle gare che farò da qui a fine stagione, penso che potrebbe cambiarmi la vita, perché non sono di poco conto.

Da quanto tempo non vinci?

Dal 2022, quando rientrai dopo l’intervento al cuore e Amadori mi portò in Puglia con la nazionale U23. Una vittoria mi manca, è tanto che non vinco. Mi piacerebbe alzare le braccia al cielo.

P.S. Il ciclismo è uno sport a volte crudele. La notte non ha portato consiglio e nemmeno salute. Stamattina Garofoli non riparte. Dall’annuncio della Soudal Quick Step non si evince nulla più di questo. Attraverso un rapido scambio di messaggi, il marchigiano ci ha raccontato di avere la febbre e di una notte alle prese con problemi intestinali. La sua Vuelta purtroppo finisce qui.

Un viaggio nell’anima con Garofoli al suo primo Giro d’Italia

09.06.2025
5 min
Salva

I giorni dopo il Giro d’Italia sono dedicati al riposo e a ritrovare le forze per la seconda parte di stagione. La Corsa Rosa chiude un capitolo e ne riapre un altro, arriva l’estate e la stagione dei Grandi Giri prende il via. Gianmarco Garofoli non fa eccezione, il marchigiano della Soudal-QuickStep dopo aver corso il suo primo Giro d’Italia in carriera si trova a casa. Appena sceso dalla bici si è sottoposto a un piccolo intervento chirurgico agli occhi. Nulla di preoccupante, un’operazione di routine che attendeva il momento giusto per essere fatta.

«Male fa male – racconta – è pur sempre un intervento all’occhio, ma dopo un paio di giorni la situazione è migliorata. Ho anche ripreso ad andare in bici, senza stress ma con l’obiettivo di recuperare al meglio per i prossimi impegni. A fine giugno sarò ai campionati italiani, non sarà un percorso adatto alle mie caratteristiche, ma credo sia un bel modo per tornare ad attaccare il numero sulla schiena».

Dopo il ritiro di Landa nella prima tappa, per Garofoli e la Soudal-QuickStep si è aperto un Giro diverso corso all’attacco
Dopo il ritiro di Landa nella prima tappa, per Garofoli e la Soudal-QuickStep si è aperto un Giro diverso corso all’attacco

Finalmente il Giro

Negli anni abbiamo imparato a conoscere Gianmarco Garofoli come un giovane arrembante e con le idee chiare. Il sogno era quello di diventare un corridore da Grandi Giri e l’obiettivo rimane quello. Nel corso delle ultime stagioni ci sono stati diversi momenti in cui le cose sono andate in maniera diversa da quanto ci si sarebbe aspettato e augurato. La forza del corridore e dell’uomo, perché intanto Garofoli è cresciuto e diventato tale, non cambia.

«E’ stato un bel viaggio – continua – ripensare a tutte le tappe e ai tanti momenti vissuti direi che è stato anche lungo, ma viverlo da dentro ha fatto sì che tutto passasse velocemente. Però una volta che mi sono fermato e ci penso, mi accorgo di aver vissuto tante emozioni, positive e negative. Per un bambino nato con il sogno di correre il Giro, è stato bello viverlo e soprattutto è stato bello correrlo. Non sono stato tra i protagonisti assoluti ma mi sono fatto vedere e ho ottenuto buoni risultati. Una delle cose più belle è aver sentito il mio nome sulle strade anche da gente che non avevi mai visto prima».

Nella tappa di Asiago con un settimo posto, Garofoli ha capito di avere le gambe giuste per provare a fare qualcosa
Nella tappa di Asiago con un settimo posto, Garofoli ha capito di avere le gambe giuste per provare a fare qualcosa
Eravate partiti con Landa capitano, ma alla prima tappa avete perso il vostro riferimento…

Sì, è stato strano all’inizio perché eravamo venuti con un obiettivo ma è sfumato presto. Ci siamo trovati a dover cambiare tutti i piani e da lì sono nate nuove opportunità sia per me che per i miei compagni. Abbiamo cercato una vittoria di tappa che purtroppo non è arrivata. Però io posso ritenermi soddisfatto perché dopo diverse cadute e qualche costola rotta sono riuscito a stare nelle fughe e ho sempre dato spettacolo.

Il ricordo che ti porti a casa da questo Giro?

Credo la tappa di Asiago, ho capito di poter avere concrete chance per vincere una tappa. Quel settimo posto mi ha dato ottime sensazioni, essere lì davanti, poi all’arrivo ero dispiaciuto perché quando vedi la vittoria così vicina ci credi. Ma non ho rimpianti, sono convinto di aver dato tutto.

Il marchigiano ha proseguito il suo Giro nonostante le tre costole rotte nella caduta di Napoli (foto Soudal-QuickStep)
Il marchigiano ha proseguito il suo Giro nonostante le tre costole rotte nella caduta di Napoli (foto Soudal-QuickStep)s
Anche perché correvi con tre costole rotte…

Dopo tutto quello che ho passato non avrei mai mollato per tre costole rotte. Forse il momento in cui ho pensato di fare un passo indietro è stato dopo la seconda caduta nella tappa con arrivo a San Valentino. La botta alla schiena si è fatta sentire, tanto che la sera sono andato in una clinica a farmi visitare, per fortuna non avevo nulla di rotto. Mi sono detto: «Continuo solo se posso fare qualcosa di buono».

Ed è arrivato il quarto posto a Sestriere…

Diciamo che ho dato un po’ un senso alla mia sofferenza. E’ stata un po’ una liberazione, soffrivo tanto e non riuscivo a pedalare bene perché mi faceva male alla schiena. La gamba destra era un po’ bloccata. La mattina stessa non avrei mai detto di poter arrivare così vicino alla vittoria ma è stata una bella sensazione.

A Sestriere il miglior piazzamento in questo Giro: quarto, alle spalle di Harper, Verre e Simon Yates
A Sestriere il miglior piazzamento in questo Giro: quarto, alle spalle di Harper, Verre e Simon Yates
Che effetto fa aver scoperto queste tue qualità durante il Giro e soprattutto aver avuto una risposta dopo tanti anni complicati?

Dentro di me ci ho sempre creduto, bisogna sempre crederci. Per me non è stato difficile correggere il Giro d’Italia con tre coste rotte e andare forte, è stato molto più difficile continuare a crederci negli anni in cui tutto era più difficile.

In una corsa difficile hai risollevato il morale della squadra?

Tutti credevamo tanto anche Paul Magnier, era al suo primo Giro ma le qualità non si discutono. Quando a Gorizia non è arrivato il risultato sperato il morale era a terra, fortunatamente nella tappa successiva ho conquistato quel settimo posto che ha risollevato un po’ gli animi. Ci siamo convinti che avremmo potuto fare ancora qualcosa di buono.

Garofoli si è detto soddisfatto anche di quanto fatto nella cronometro di Pisa, un bel segnale per il futuro
Garofoli si è detto soddisfatto anche di quanto fatto nella cronometro di Pisa, un bel segnale per il futuro
Hai colpito tutti in maniera positiva, tanto che proprio durante il Giro è arrivato il rinnovo fino al 2027…

E’ molto importante perché crede in me e mi trovo bene. Mi piace lo spirito vincente, si sente molto ed è quello che mi è mancato negli ultimi anni: andare alle corse e partire per vincere. Qui ho ritrovato la fiducia in me stesso ed è bello, spero di migliorare ancora e di ripagarli della fiducia.

Allora in bocca al lupo.

Crepi! E speriamo di sentirci presto, vorrà dire che sono andato forte!

Garofoli, la testa e le gambe più forti del dolore

26.05.2025
4 min
Salva

ASIAGO – Una baraonda nella stradina stretta dell’arrivo, nella selva di telecamere, microfoni, obiettivi, massaggiatori e addetti stampa. Nel mezzo di tutto questo, Gianmarco Garofoli sta fermo in mezzo senza dire una parola, nessuno accanto a lui. Settimo al traguardo, a 26 secondi da Verona. La tappa lo ha visto in fuga e poi rispondere per primo allo spagnolo, purtroppo senza riuscire ad agganciarlo. Neppure quando poi è arrivato Zana e in due non sono riusciti a fare tanto di più.

Suo padre Gianluca, prima dell’arrivo era in mezzo a noi con un tablet in mano e il telefono incandescente. Anche questa volta ha seguito suo figlio, ma domani tornerà a casa e si riaffaccerà per la tappa di Bormio. I due si somigliano in modo pazzesco e quando gli abbiamo chiesto come vedesse Gianmarco nella fuga, si è lasciato scappare una battuta col fondo amaro. «Ha tre costole rotte dalla tappa di Napoli, non so come faccia ad andare avanti. Gli ho comprato una fascia, abbiamo stretto, ma non si può dire che stia bene».

Gli diamo il tempo per riprendere fiato e riconnettere i pensieri. Fissa un punto davanti, il sudore gli imperla il viso. Quando ci avviciniamo, ci guarda e il sorriso è un po’ amaro e un po’ stupito per quello che ha fatto. Tutto intorno, nulla accenna a placarsi. Gente che spinge, che va e che viene. A un certo punto al giovane marchigiano della Soudal-Quick Step di avvicina James Knox, arrivato a 1’59”. Gli poggia una mano sulla nuca, gli fa i complimenti e gli chiede come si senta. Lui farfuglia qualcosa e l’altro si allontana.

Su Garofoli è rientrato anche Zana, ma neppure insieme sono riusciti ad agganciare Verona
Su Garofoli è rientrato anche Zana, ma neppure insieme sono riusciti ad agganciare Verona
Tre costole rotte?

Eh, tre costole rotte. Si fanno sentire. Sono stato in fuga da inizio giornata. La prima volta eravamo in una trentina, poi quando ci ha ripreso il gruppo maglia rosa, ci abbiamo riprovato. Io ho dato tutto fino alla fine, ma questa è stata una tappa durissima. Le costole fanno male, le gambe ancora di più. Questo è dolore vero, mamma mia, sono stanco.

L’anno scorso alla Vuelta venisti fuori nella terza settimana: si può pensare che andrà così anche qui?

Sì, ci sono le premesse. Guardate, devo essere sincero. Ieri sera non riuscivo a dormire, non ho dormito perché mi facevano malissimo le costole. Così questa mattina ho pensato più volte di non partire. Poi mi sono detto di provare e vedere come andasse: se oggi vado forte, continuo. E oggi ho avuto la risposta che la condizione c’è. Mi tocca continuare (accenna un sorriso, ndr).

Il piano prevedeva che andassi in fuga?

Dovevo provare per capire se andare avanti, perché nelle ultime tre tappe ho avuto veramente molto, molto dolore. Tutto sommato, il Monte Grappa è stato la parte più facile. La salita più dura secondo me è stata quella di Enego, che era di 16 chilometri. L’ho attaccata dall’inizio, ho provato a seguire Verona, ma mi ha tenuto sempre lì e non mi ha fatto rientrare. E’ stata durissima, me la ricordavo quella salita, perché ci avevo vinto da allievo.

Garofoli settimo all’arrivio a 26″ da Verona. E’ al primo anno con la squadra belga (foto Soudal-Quick Step)
Garofoli settimo all’arrivio a 26″ da Verona. E’ al primo anno con la squadra belga (foto Soudal-Quick Step)
In tutto questo, le vibrazioni della strada si sono fatte sentire nel costato?

Fanno tanto male, ragazzi, non sono incrinate, sono proprio rotte. Servono tanta testa e tante palle per andare avanti.

Il tempo per l’ultima battuta e poi un massaggiatore viene a sfilargli di sotto la bicicletta, sorteggiata per il controllo meccanico. A questo punto Garofoli, non sapendo cosa fare, si siede per terra. E’ qui che lo raggiungiamo per girare il breve video pubblicato ieri sera su Instagram. Il tempo di fare un passo indietro e si avvicina la sua ragazza. E proprio qui, lontano da obiettivi e domande, Gianmarco crolla in un pianto liberatorio che dà l’idea delle tensioni cui è stato sottoposto dalla notte prima, del dolore che lo aveva quasi convinto a desistere e dell’immenso orgoglio che l’ha portato qui a raccontare la sua impresa (in apertura, foto Soudal-Quick Step). Sono corridori di bicicletta, hanno testa e carattere. E’ bello vivere certi momenti accanto a loro.

Casa Garofoli, una storia di passione, lavoro e ciclismo

07.05.2025
6 min
Salva

Questa è una storia di famiglia, lavoro e ciclismo. Ha come protagonista la famiglia Garofoli di Castelfidardo, in provincia di Ancona. Quella di Gianmarco, per capirci, che sabato inizierà il suo primo Giro d’Italia con la Soudal-Quick Step, ma anche quella di suo padre Gianluca e del nonno Fernando, che per primo fu corridore (immagine Instagram in apertura).

Ce la racconta proprio Gianluca, che nel weekend vorrebbe raggiungere suo figlio in Albania e per questo si sta sottoponendo ai lavori forzati. L’azienda produce porte, armadi e pavimenti coordinati. Iniziò tutto nel 1968. Operavano nel settore del legno, producendo cornici per quadri e mobili e sub fornitura per antine da cucina. Finché negli anni 80 fu Fernando Garofoli, poi insignito del titolo di Commendatore della Repubblica, a creare un prodotto tutto suo e con un marchio tutto suo, dedicandosi alle porte, che gli mancavano, e industrializzando il lavoro di falegnameria.

«Adesso stiamo ritornando sull’interior design – prosegue Gianluca Garofoli – quindi alle porte abbiniamo armadi, cabine armadio, cucine. Facciamo un total look. Chi sceglie la porta Garofoli ha una scelta di complementi abbinabili».

Gianluca e Gianmarco Garofoli, padre e figlio: un selfie dalla Vuelta del 2024, ancora in maglia Astana
Gianluca e Gianmarco Garofoli, padre e figlio: un selfie dalla Vuelta del 2024, ancora in maglia Astana

Ciclismo, un affare di famiglia

Se qualcuno pensasse di essere capitato in una rivista di architettura, vogliamo tranquillizzarlo. Questo è infatti il momento in cui entra in scena il ciclismo, che per ora è rimasto sullo sfondo e invece in tutta questa storia ha un ruolo molto importante.

«Mio padre da piccolino ha corso anche lui – racconta Gianluca – all’epoca fece gli esordienti e gli allievi. Quando ho compiuto tre anni, mi ha comprato la prima bici, ma non era come quella degli altri bambini. Aveva le rotelle, ma anche il manubrio ricurvo, perché era una biciclettina da corsa. E così, finché ero piccolino, mi portava a fare le passeggiate con lui. Poi ho iniziato a correre da esordiente e subito dopo ha iniziato mio fratello Giacomo e alla fine di tutto è toccato a Gianmarco. Anche se a un certo punto ha dovuto scegliere fra calcio e ciclismo, perché d’inverno giocava a pallone ed era anche bravo».

Dalla bici all’azienda

Gli juniores, poi qualche corsa fra i dilettanti e alla fine lo slancio di Gianluca si arresta. Oggi va ancora in bici e talvolta si infila nei gruppi degli amatori, partecipa a qualche gran fondo e a Pasqua è stato a Tenerife con suo figlio e hanno pedalato insieme, almeno per la prima ora dell’allenamento.

«Così ho cominciato a lavorare – prosegue – e per fortuna non dovevo partire da zero. Fin da piccolino, mio padre mi portava con sé al lavoro e ho scoperto che tutto quello che avevo imparato con la bici era prezioso anche in azienda. Il sacrificio, lo stringere i denti sino alla fine, non mollare fino alla riga anche se la riga è dietro l’angolo e non la vedi. Secondo me qualsiasi lavoro fai, se sei stato uno sportivo, quella dedizione ti rimane attaccata addosso. Ti fa fare le scelte giuste al momento giusto. Facendo uno sport duro come il ciclismo, è come se iniziassi a lavorare prima. Una persona normale inizia a capire il valore del sacrificio a vent’anni, chi ha corso in bici lo conosce già da quando ne ha 12».

A Castelfidardo il Fan Club è super attivo, al punto da aver seguito Gianmarco anche al Tour of Oman
A Castelfidardo il Fan Club è super attivo, al punto da aver seguito Gianmarco anche al Tour of Oman

Un piccolo imprenditore

Per lo stesso motivo, anche Gianmarco Garofoli – lo stesso che sabato debutterà al Giro d’Italianei sei mesi in cui è rimasto fermo per far passare la miocardite, ha frequentato l’azienda e seguito suo padre per lavoro.

«Quando era bambino – racconta Gianluca – ogni volta che potevo, lo portavo con me. Ma quando è stato fermo 6-7 mesi per il cuore, mi ha detto: “Papà, voglio stare accanto a te per capire meglio il tuo lavoro”. E così siamo andati spesso in giro dai clienti, nelle aziende e alle fiere. E comunque, per il livello dove è arrivato, Gianmarco è già un imprenditore. Ha vedute superiori rispetto a molti altri che hanno sempre studiato. Ha una marcia in più. Mi ricordo quando a 14 anni era stato investito e si era rotto la clavicola. Un giorno venne un signore a farmi i complimenti perché non aveva mai visto un ragazzino così sveglio. Lavorava in un’azienda di abbigliamento e Gianmarco aveva ordinato da sé i completini da campione regionale, mandandogli il file jpg con il logo della squadra e degli sponsor. A me diede il conto, mi pare 1.000 euro. Restava solo da pagare, il lavoro era tutto fatto».

La Garofoli ha sede a Castelfidardo, in provincia di Ancona
La Garofoli ha sede a Castelfidardo, in provincia di Ancona

Il ciclismo nel cuore

Garofoli nel ciclismo è presente con diverse sponsorizzazioni, dalla Due Giorni Marchigiana a tutti gli eventi cui offre il suo supporto. Più d’un manager li ha cercati per mettere il nome sulle maglie di qualche squadra, ma finora hanno preferito muoversi diversamente.

«Avevamo l’azienda davanti all’arrivo della Due Giorni Marchigiana – ricorda Gianluca – quindi il coinvolgimento è stato sempre abbastanza importante. Parecchie persone nel direttivo delle varie gare erano nostri dipendenti, quindi è sempre rimasto tutto in famiglia. Non ci siamo mai tirati indietro. Qualche anno fa abbiamo avuto la squadra dei giovanissimi più grande d’Italia, abbiamo vinto tre volte il campionato giovanile italiano, ci abbiamo investito tanto. Fare una squadra più grande sarebbe un impegno troppo grande. Quando sei troppo visibile vengono a cercarti. Ad ora investiamo sulla televisione, ma non è detto che un domani di fronte all’occasione giusta non si decida di fare di più».

Quando Giannmarco partecipò ai mondiali di Harrogate nel 2019, suo nonno fermò il lavoro e accese la tv
Quando Giannmarco partecipò ai mondiali di Harrogate nel 2019, suo nonno fermò il lavoro e accese la tv

La televisione e il Giro d’Italia

Gianluca con suo padre Fernando, Gianmarco con Gianluca. Il ciclismo come una scuola di vita e come un affare di famiglia. Ci viene da ridere nel chiederglielo, ma la risposta è perfettamente in linea con l’aria buona che abbiamo respirato finora. Con il Giro d’Italia l’azienda si ferma per seguire Gianmarco?

«Quando ha fatto il mondiale da junior nel 2019 – ride lui di gusto – mio padre ha messo la TV in azienda, ha fermato il lavoro e hanno visto tutti insieme la corsa. Certo sarebbe bello rifarlo col Giro, ma ho paura che sarebbero un po’ troppi giorni e il lavoro è tanto. Però vediamo come va Gianmarco. Se le cose si avviano nel verso giusto, farebbe piacere anche a me portare uno schermo di là e fare tutti quanti il tifo per lui».

Grinta Garofoli. Gran feeling con compagni, staff e bici

26.01.2025
5 min
Salva

Basta guardarlo in faccia, anche sulle sue pagine social, per capire quanto ci stia dando sotto Gianmarco Garofoli. Il marchigiano sta sfoderando una grinta che non gli si vedeva da un po’, almeno da fuori. Perché dentro di sé Gianmarco è sempre stato quello che in gergo si definisce un “cagnaccio” (in apertura foto di Wout Beel).

Una grinta che nasce probabilmente dal cambio di squadra. Garofoli ha lasciato l’Astana per approdare alla Soudal-Quick Step. E’ stato accolto a braccia aperte dai compagni, ma anche dal direttore sportivo Davide Bramati. Si cercano giovani di talento da far crescere al fianco di Remco e non solo.

Gianmarco Garofoli (classe 2002) si appresta ad affrontare la sua prima stagione da pro’ (foto Instagram)
Garofoli (classe 2002) si appresta ad affrontare la sua prima stagione da pro’ (foto Instagram)
Gianmarco, un cambio di squadra netto, anche per differenze di approccio…

Sicuramente il salto è grosso, l’Astana era l’ultima nel ranking e la Soudal la terza. Il salto c’è stato e l’ho toccato con mano durante il primo ritiro. Non che l’Astana sia un brutto team, ma si nota la differenza. Avere un corridore come Remco è una responsabilità, non solo un piacere, e devi farti trovare pronto per il tuo capitano. Sarà bello perché avrò un punto di riferimento e dare il massimo è ciò che mancava in questi due anni in Astana.

Cosa intendi con quel “traccia la via”?

Che è proprio un riferimento. Una persona da cui imparare e, essendo un grande leader, tira fuori il meglio dalle persone che ha intorno. E per me è anche un obiettivo.

Intendi anche come valori fisici?

Certo, anche per crescere a livello di numeri. Ovvio, il dislivello è ampio, gigantesco! Però è uno stimolo, forza e motivazione. Se lui li fa, voglio farli anche io o avvicinarmici il più possibile. Hai di fronte, e vicino, dei numeri concreti che ti fanno da riferimento.

Vieni dall’Astana dove c’era e c’è tanta Italia, qui c’è un ambiente più internazionale…

Su questo aspetto non c’è tutta questa differenza. Dover parlare in inglese non è certo un problema per cominciare davvero. E comunque anche in Astana la componente internazionale era aumentata. Semmai le differenze si sentono di più a livello culturale. E’ vero che è un team internazionale ma belga. E i belgi mi piacciono.

Garofoli sta lavorando sodo, anche a crono
Garofoli sta lavorando sodo, anche a crono
E cosa ti piace dei belgi?

Il loro modo di fare, di concepire il ciclismo: sapete quanto conti in Belgio. Mi piace che la squadra si aspetti qualcosa da te, ed è come me l’aspettavo: una squadra che funziona. E nonostante sia una squadra grande qui riesci a tirare fuori la tua individualità all’interno del gruppo. Tutto è incastrato alla perfezione.

Negli allenamenti è cambiato qualcosa?

Un po’ sì. Da questo punto di vista ti ascoltano, prendono in considerazione le tue esigenze e le decisioni si prendono insieme (la stessa cosa che ci aveva detto Paret-Peintre, anche lui nuovo arrivato, ndr). E se le cose si fanno insieme si è più felici. Con De Wolf, il preparatore, ho un bellissimo dialogo. In bici invece le cose sono più o meno quelle: Z2, soglia, VO2 max, forza…

Con chi hai legato di più fin qui?

Sicuramente con Mattia Cattaneo, siamo in camera insieme, ma direi di aver legato benone con tutto il Wolfpack. C’è una bella atmosfera. Come per tutti i nuovi arrivati sono stato “battezzato” al primo incontro…

Immaginiamo quanta birra!

Sì, ma non ci siamo ubriacati come tanti pensano. Abbiamo fatto un banchetto tutti insieme, mi hanno fatto vestire da cheerleader e poi da lottatore di sumo. Il tutto in modo sano. Ho stretto un buon rapporto anche con Landa, un po’ perché parliamo italiano e poi perché siamo nello stesso gruppo di allenamento. In più abbiamo parlato dell’Astana, dove era stato anche lui.

Garofoli alla Vuelta 2024, suo primo grande Giro
Garofoli alla Vuelta 2024, suo primo grande Giro
E con Remco come va?

Veramente zero, semplicemente perché l’ho visto solo nel ritiro prestagionale in Belgio. Io venivo dalla Japan Cup e poi lui ha avuto l’incidente. Non so quanto i nostri programmi si intrecceranno.

Bramati ci ha detto che sei nella lista lunga del Giro…

Ovviamente ci spero, il Giro d’Italia è la gara dei sogni, quella giusta per la mia carriera. Ho fatto la Vuelta e ho visto che le tre settimane sono il mio ambiente. Ci tengo particolarmente a farlo con Landa e imparare cosa significa correre vicino a un leader. Insomma a stare nella corsa.

Sempre Bramati, ci ha detto che i primi due mesi di gare saranno importanti per capire davvero quanto sia possibile per te essere al Giro…

Esatto, in una squadra nuova devi capire come sei tu e viceversa. Per ora tutto è bello, spero di aver fatto buona impressione, ma devi poi andare forte. Devo dimostrare che me lo merito quel posto al Giro.

L’aerosol portatile di Garofoli
L’aerosol portatile di Garofoli
Cambiamo un po’ argomento Gianmarco: le “sfighe” sono finite? Insomma ne hai avuti di problemi di salute in questi primi anni da pro’…

Lo spero! Anche se ho passato i primi tre giorni di ritiro a letto! Ma era una influenza normale. Spero che sia tutto acqua passata. Vero: ho avuto tanti problemi, ma dipende da come reagisci, non da ciò che ti succede. Fisicamente ora mi sento pronto. Accolgo infortuni e problemi con più maturità. Anche se sono giovane ho esperienza ormai. Credo di aver reagito bene anche quando non vedevo la luce. Il 2024 è stato un anno duro, anche se su carta il migliore. Pensate che viaggio sempre con aerosol, antibiotici e antinfiammatori. La mia ragazza dice che sono ipocondriaco, ma dopo tutto quello che ho passato…

Comprensibile

Ho comprato un aerosol portatile. Si attacca allo smartphone. E’ l’acquisto dell’anno! Però guardando il bicchiere mezzo pieno, c’è una cosa che mi avvantaggerà quest’anno e lo voglio dire.

Vai!

Con la nuova bici, la Specialized, parto avvantaggiato. Una bici atomica! La migliore che abbia mai avuto in tutta la mia vita. Parlo proprio di geometrie: quell’angolo sterzo così “in piedi” la bici accelera subito tanto. Senti la differenza appena ti alzi sui pedali.