Pellaud: re (furbo) dei traguardi volanti

26.10.2020
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«Non ho mai cercato le fughe per la pubblicità». Basterebbero queste parole per capire che Simon Pellaud è un corridore tutto di un pezzo: furbo e intelligente.

Lo svizzero-colombiano dell’Androni Giocattoli è stato uno dei protagonisti del Giro del d’Italia. Lo abbiamo imparato a conoscere con le sue tante fughe. Ha divorato i traguardi volanti, tanto da vincerne la speciale classifica. E soprattutto ha sempre corso con cognizione di causa. Mai un’azione banale. Persino quando si staccava.

Pellaud e i suoi tifosi prima della crono di Milano
Pellaud (classe 1992) con i suoi tifosi prima della crono di Milano
Pellaud e i suoi tifosi prima della crono di Milano
Simon Pellaud, classe 1992

In corsa con la testa

Prima della crono finale racconta: «Per me la fuga è sempre un momento ponderato. Non la cerco per la pubblicità o per lo sponsor. Gianni Savio ci dice di essere sempre protagonisti. E lo facciamo. Ma la mia idea è sempre quella di arrivare».

Simon è serio, schietto. Pulito quando parla. Mostra una decisione che si riscontra in sella. La sera prima delle tappe prendeva il Garibaldi e se lo studiava, per capire se davvero valesse la pena attaccare oppure no.

Voleva partire piano nella prima settimana, perché fino all’ultimo era incerto del suo Giro. Era caduto al Giro dell’Emilia. Alla Tirreno-Adriatico e al Giro dell’Appennino ancora aveva problemi alla schiena e persino di memoria in seguito al trauma cranico che aveva riportato.

«Faccio fatica a concentrarmi – confida Pellaud a Savio – non so se potrò esserci. Gianni però mi ha tranquillizzato. Mi ha detto che potevo fare la prima settimana piano».

Ma non è andata proprio così. Nella tappa di Villafranca Tirrena, quarta frazione, Simon è già davanti e già da solo.

«La sera avevo visto la salita di Portella Mandrazzi. Con le caratteristiche di quell’ascesa sapevo che si sarebbe faticato in gruppo. Ci sarebbero stati tira e molla. Mi hanno detto che la planata successiva era impegnativa. E allora tanto valeva far fatica davanti. Senza contare che in discesa non ho rischiato, ho deciso io il passo».

Pellaud
Nei finali di tappa si staccava per risparmiare energie
Pellaud
Nei finali si staccava per risparmiare energie

Passato nel WorldTour

Pellaud ha corso per due anni nella Iam, squadra WorldTour e si vede. Si gestisce in modo professionale. E’ consapevole delle proprie possibilità e di quelle del suo team. Sa dove può arrivare e dove no.

«Alessandro Bisolti mi dice sempre: come mai un corridore come te non è nel WorldTour? Prenderesti più soldi, faresti altre corse. Io però all’Androni sto bene. Ho un contratto, faccio le mie gare e posso permettermi di staccarmi. Voi siete i primi ad intervistarmi. Chi sarebbe mai venuto a parlare con un corridore che in 21 tappe non è mai arrivato con il tempo dei primi, neanche nelle volate. Perché ai 5 chilometri mi rialzavo. Risparmiavo energie. Fare 150° staccato o 70° in gruppo cosa mi cambiava? Però in questo modo avevo più possibilità di fare bene il giorno dopo. In un altro team non lo avrei potuto fare».

Ma la sua analisi non si ferma qui. E si lega molto bene al discorso di Portella Mandrazzi.

«Noi e le altre squadre non WorldTour in gruppo non siamo rispettati. Siamo in settantesima, ottantesima o centesima posizione del gruppo. Non possiamo lottare. E allora siamo nel mezzo e ogni volta facciamo gli elastici. E’ anche uno sforzo mentale. Oppure restiamo indietro se si spezza il gruppo. In questo Giro finché Almeida ha avuto la maglia rosa, in tutte le discese, ma proprio tutte, Iljo Keisse della Deceuninck-Quick Step le ha sempre prese davanti e le ha fatte a tutta. Lo faceva per non far correre rischi ad Almeida, ogni volta il gruppo in qualche punto si spezzava. Cosa possiamo fare noi se attaccano anche in quei momenti?».

Pellaud nei ventagli con De Gent
Verso Brindisi i ventagli: eccolo a ruota di De Gent
Pellaud nei ventagli con De Gent
A ruota di De Gent nei ventagli verso Brindisi

Ventagli anticipati

Eppure Giovanni Ellena, uno dei ds dell’Androni, ci aveva detto che i ragazzi erano stati bravi nel giorno dei ventagli di Brindisi. Erano riusciti ad arrivare tutti all’arrivo e avevano portato Cepeda, il meno esperto, al sicuro. 

«Vero, ma io mai e poi mai sarei stato dietro oppure a metà del gruppo con quelle condizioni. Quel giorno ho lottato come un pazzo non per andare in fuga ma nel trasferimento, per essere in prima linea al chilometro zero. E ho fatto bene, perché appena si è abbassata la bandierina è partito Thomas De Gent e io gli sono andato dietro. Qualche classica l’ho fatta e so come funziona. So come corrono i belgi e cosa sanno fare i Deceuninck con il vento. Quindi ho pensato che sarebbe stato meglio essere avanti, a prescindere dalla fuga, intanto non ero dietro al gruppo».

Obiettivo traguardi volanti

Simon lo abbiamo conosciuto la prima volta in inverno in Argentina. Era lì per trovare la condizione. Ci sembrò concreto. 

Questo era il suo primo Giro, ma aveva già fatto due Vuelta. Nella terza settimana è andato forte, ma Simon esalta soprattutto la seconda. In fuga verso Cesenatico e verso Monselice: due tappe molto dure.

Pellaud in fuga
A Cesenatico si è fatto sorprendere in discesa
Pellaud in fuga
A Cesenatico si è fatto sorprendere in discesa

«Quel giorno quando Ulissi ha vinto la seconda volta ho faticato tantissimo per prendere la fuga. Ero stato fuori tutto il giorno prima, spendendo molto nella tappa della Nove Colli. Verso Monselice ero in mezzo e vedevo che un Cofidis non riusciva a chiudere. Così l’ho puntato, l’ho saltato e mi sono aggregato al drappello di testa. E’ stata una fatica tremenda. Però significava anche stavo bene, dopo lo sforzo del giorno prima. Inoltre potevo difendere la classifica dei traguardi volanti. 

«Quello è stato un obiettivo nato quasi per caso. La prima volta che potevo vincerlo ero in fuga con Marco Frapporti e glielo lasciai. Poi strada facendo ho capito che lì si poteva prendere qualcosa. Così ci ho puntato. Per noi dell’Androni Giocattoli salire sul podio di Milano era importante».

La stagione di Pellaud però non è finita. Si chiuderà domenica prossima al campionato nazionale svizzero. Dopodiché Simon prenderà il volo per la sua seconda patria, la Colombia. «Almeno – conclude – laggiù non prenderò il freddo e potrò preparare al meglio la prossima stagione».

E noi lo aspettiamo di nuovo sulle strade del Giro.

Ballerini. E lo chiamano velocista…

24.10.2020
3 min
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E lo chiamano velocista! Davide Ballerini è stato uno dei protagonisti di questo Giro d’Italia. Il ragazzo della Deceuninck-Quick Step si è visto soprattutto per l’appoggio alla maglia rosa di Joao Almeida. Tirandolo persino in salita.

Anche oggi è andato in fuga. E’ stato il primo a rientrare sull’attacco di uno scalatore come Nicola Conci. Ha attaccato in discesa. Ha tirato nel primo passaggio verso il Colle e anche nel fondovalle per Almeida. E lo chiamano velocista…

Davide Ballerini, da notare la cicatrice sul suo zigomo sinistro
Da notare la cicatrice sul suo zigomo sinistro

Un uomo squadra

In pianura, in salita, sul passo, Ballerini si è mostrato davvero un uomo squadra, anche sacrificando se stesso a volte.

«La tappa di oggi è stata bellissima. Conoscevo queste salite. Ero già stato al Sestriere quando ero venuto in ritiro con la nazionale under 23. Abbiamo provato (con lui c’era anche il compagno Serry, ndr) ad andare in fuga per vincere la tappa ma non ci siamo riusciti. Il gruppo non ci ha lasciato tanto spazio».

La squadra è sempre in cima ai suoi pensieri. Tanto che torna a parlare subito di Almeida.

«Joao ha dato ancora una volta una grande prova di sé stesso. Ha guadagnato qualcosa per il podio e domani sono certo che darà ancora il massimo. Mi dispiace che a crono non possiamo aiutarlo!

«Credo che noi della Deceuninck abbiamo fatto un grandissimo Giro. Compatti, uniti, amici. E quando è così fai la differenza. Siamo tutti giovani e abbiamo tenuto la maglia 15 giorni. Per Joao non è stato facile, perché se facciamo il conto lui ha almeno 15 ore di riposo in meno rispetto a tutti gli altri. Ogni sera arrivava in hotel più tardi, tra antidoping e interviste. Però ha tanta strada avanti a sé».

Sorpreso…

Davide vanta un palmares di corse veloci forte, ma ormai definirlo sprinter può sembrare riduttivo. Questa sua duttilità e queste sue performance nella terza settimana potranno cambiare qualcosa nel prosieguo della sua carriera?

«A dire la verità sono meravigliato anch’io. In quest’ultima settimana mi sono sentito molto bene rispetto all’inizio. Ho sentito che la gamba c’era e ho dato il massimo per aiutare team. Ci ho provato nella terza tappa, ma purtroppo non sono riuscito a vincere. Però credo che l’importante sia esserci ed esserci sempre». 

Il colpo di reni a Villafranca Tirrena con Demare e Sagan. Lui è il terzo.
Il colpo di reni a Villafranca con Demare e Sagan

Grinta e lavoro

Grinta e serietà non mancano. Mentre parla si nota la cicatrice (con i punti che penzolano) sotto l’occhio sinistro. Una ferita frutto di un scontro con un cartello uscendo da una curva. 

«Per fortuna sono riuscito a schivarlo con il resto del corpo! Ma pensiamo all’anno prossimo e alle Classiche. La mia foto del Giro? Bella domanda. Beh, lo Stelvio in quelle condizioni è stato fantastico. Però credo che il colpo di reni a Villafranca Tirrena sia unico. Sulla linea con Sagan e Demare. E’ da incorniciare. E anche da lavorarci su».

Cataldo, l’esperienza al servizio del team

21.10.2020
4 min
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Dario Cataldo, il veterano che non molla. Oggi l’abruzzese ci ha provato. E’ entrato nella fuga dei 28 e ad un tratto, dopo il Bondone se ne è anche andato da solo. Un’azione per sé, ma soprattutto per il suo team, la Movistar.

Dario, che Giro è senza un capitano?

Uscivo dal Tour e non avevo pianificato questo Giro, ero stanco. Sono partito soprattutto per stare vicino ai ragazzi. Per noi della Movistar questa stagione era particolare visto che sono andati via molti leader. Si è voluto fare delle scelte per i prossimi anni, perché le vittorie vanno costruite nel tempo e non solo cercate sul momento. E così al Giro ci sono i giovani e alla Vuelta i nostri assi.

Oggi però sei andato in fuga. Avevate programmato di andarci in quattro?

Siamo qui per attaccare. Più eravamo davanti e meglio era. Per quel che mi riguarda c’è servita un po’ di esperienza per gestire le forze in gara. Dopo una partenza così intensa e lo sforzo fatto bisognava subito analizzare i corridori che c’erano per capire che situazioni potevano crearsi. E si vedeva che c’era gente molto forte.

Cataldo (35 anni) in fuga verso Madonna di Campiglio
Cataldo in fuga verso Madonna di Campiglio
Quindi cosa avete fatto?

Allora abbiamo studiato un piano alternativo per provare a cogliere la vittoria. Dovevamo sfruttare la nostra superiorità numerica. Ho deciso di lanciarmi in discesa. Speravo venissero a prendermi più tardi così i miei compagni sarebbero stati a rimorchio e una volta che mi avessero ripreso ci sarei stato io. Non volevamo lo scontro faccia a faccia nella salita finale ma non ci siamo riusciti.

Hai parlato di analizzare i volti e allora ti chiediamo chi vedi bene tra gli uomini di classifica?

Nibali e Pozzovivo è normale che attendano queste tappe. Sono stati tutto il Giro a cercare di risparmiare energie. Il problema è che si sono ritrovati con gente che va più forte in salita e a crono. Ora è difficile per loro. Mi sorprende Almeida: sapevamo che tenesse, ma non in un tappone come quello di oggi. Adesso fa paura. A Piancavallo sono emerse delle Vam altissime. E se esce dalle montagne con poco svantaggio dalla sua ha la crono finale.

La tappa sarà stata dura, ma dietro non lo hanno attaccato…

Ecco, questo è un limite del ciclismo. Anche a me, che sono corridore, dalla tv sembra che vadano piano. Oggi i corridori sono composti, stabili, ben messi in sella, non si percepisce la velocità. Ma posso assicuravi che non andavano piano. L’ho visto di persona quando mi hanno ripreso. Se il ritmo fosse stato più basso ci avrebbero provato almeno nel finale.

A 5 chilometri dal traguardo Almeida ha detto a Kelderman che non aveva più uomini. E così Wilco ha messo a tirare Hindley. Strano, non trovi?

Non posso esprimermi perché non ho assistito. Ma se davvero le cose sono andate così posso dire che è un modo ingenuo di correre. Se hai la maglia rosa isolata e non l’attacchi, finisci che la porti in carrozza.

Alla vigilia dello Stelvio, su chi punteresti 100 euro per la vittoria finale?

Su Tao Geoghegan Hart perché si è mostrato solido: forte in salita e a crono. E poi non lo stanno considerando. Inoltre ha una squadra (Ineos-Grenadiers, ndr) fortissima.

Alberto Torres, Dario sta molto vicino all’ex pistard spagnolo
Alberto Torres, Dario sta molto vicino all’ex pistard spagnolo
Vendendo quel che è successo a Piancavallo, abbiamo la sensazione che Hindley possa scattare a 10 chilometri dallo Stelvio e fare il vuoto…

La Sunweb ne ha due davanti e può far bene. Negli ultimi anni chi aveva due uomini in classifica e ha giocato bene le sue pedine ha vinto. Però bisogna saperlo fare. 

Gli ci vorrebbe un Cataldo insomma! Tu cosa farai il prossimo anno?

Ho ancora un altro anno di contratto in Movistar. Continuerò a sfruttare le occasioni e a stare vicino ai giovani. Qui al Giro mi sta colpendo Albert Torres. Viene dalla pista, è al primo grande Giro ma si muove bene in gruppo, ha margine. Può essere un uomo importante per le vittorie di un capitano. Perché certi corridori sono indispensabili per i successi dei leader. Anche Einer Rubio sta facendo un “master universitario”.

Androni Giocattoli, all’assalto coi giovani

19.10.2020
4 min
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L’Androni Giocattoli di Gianni Savio e del suo ds, Giovanni Ellena, è al Giro d’Italia con una squadra a dir poco giovane. Mai come quest’anno il team del manager piemontese si è affidato ai ragazzi. Nel giorno di riposo, proprio Ellena, ci dice qualcosa di più.

Giovanni, un’Androni giovane…

Sì, la nostra è stata una scelta ponderata. Abbiamo fatto una valutazione in base alla condizione dei nostri atleti. I più esperti, Belletti e Gavazzi non erano stati bene. Belletti 20 giorni prima del Giro ha avuto una faringite piuttosto seria. Insieme allo staff sanitario che ha valutato la situazione dell’ultimo mese e mezzo abbiamo scelto gli otto uomini che ci davano più garanzie.

Simon Pellaud in fuga. Lo svizzero ha attaccato spesso
Pellaud in fuga. Lo svizzero ha attaccato spesso
Senatori a casa, dunque…

Per noi che abbiamo sempre puntato sui giovani, può essere un’opportunità in più. Perché non puntare su un Mattia Bais? L’aver portato Alexander Cepeda è stato un investimento per la squadra. Questo ragazzo due giorni fa mi ha guardato in faccia e mi ha detto: Giovanni, che pensi, come sto andando? Io gli ho risposto che aveva imparato più in questi 15 giorni che nei tre anni precedenti.

Cosa può fare l’Androni Giocattoli in questo Giro?

Manca la settimana più dura e due tappe sono difficilissime. Continueremo a fare dei tentativi è nel nostro Dna. Ne parlavo qualche giorno fa con Savio. Quando abbiamo portato al Giro per la prima volta Ballerini, Vendrame o Masnada loro già avevano almeno un anno di professionismo. Oggi non possiamo paragonare i nostri ragazzi a loro.

Conta molto un anno in più?

Sì. Nella tappa di Dowsett, per esempio, non dico che avremmo vinto ma saremmo andati più avanti, godendo di un’altra visibilità. Simone Ravanelli si era staccato proprio con Dowsett che, posso garantire, era il meno forte della fuga. Eppure quando sono rientrati Ravanelli è rimasto lì e Dowsett ha allungato. Questa è solo esperienza.

Per Cepeda e Restrepo un caffè prima del via
Per Cepeda un caffè prima del via
Pellaud e Bais sembrano i più vivaci. Un giudizio su di loro?

Sono due attaccanti nati. Simon Pellaud è più esperto rispetto a Bais. Mattia ieri è rimasto tra due gruppetti. Lo affianco con l’ammiraglia e vedo che mena. Vuole rientrare su quello davanti. Gli ho dovuto dire io di aspettare il drappello dietro. Stava sprecando energie preziose per i giorni a venire. Simon un errore simile non lo avrebbe commesso. Viene da due anni di WorldTour, era alla Iam. Hanno numeri simili. In futuro possono essere uomini importanti per team importanti. Con un pizzico di fortuna magari un successo lo raggiungono.

Questa vostra consapevolezza è un limite o un punto di forza?

Un punto di forza. Quando ti guardi allo specchio devi sapere di chi sei e cosa hai. Non posso andare da Bais stasera e dirgli domani devi vincere perché tu correvi con il Cycling Team Friuli e conosci queste strade. Psicologicamente lo distruggerei. Se poi si ritrova in fuga e si può giocare la tappa il discorso cambia. Ma è tutt’altro approccio.

Giovanni Ellena durante la riunione
Ellena durante la riunione
Con i giovani bisogna tatto…

Io seguo i sudamericani. Non posso trattare Cepeda come Bernal. Hanno storie e culture ciclistiche diverse. Bernal aveva assaggiato un po’ di gare internazionali con la Mtb. Parlava un po’ d’inglese. Sapeva utilizzare i file degli allenamenti. Cepeda parte da zero. Quando è arrivato a fine luglio, tanto per rendere l’idea, gli abbiamo dovuto spostare la sella di 4 centimetri. Un’enormità per un pro’.

Sarai soddisfatto a fine Giro se…

Se i ragazzi continueranno a correre con questo atteggiamento e questa voglia d’imparare. Nella tappa di Brindisi, quella corsa a 51 di media e con i ventagli, nella riunione gli ho detto: guardate che non è banale. Non siamo capaci in queste condizioni. Stasera rischiamo di essere uno in meno. Ho preso la cartina. Gli ho fatto vedere da dove arrivava il vento. Li ho resi consapevoli dei ventagli. Cepeda mi guardava con due occhi che sembrava il personaggio di un fumetto. Non sapeva neanche cosa fossero i ventagli. In corsa sono stati bravi e alla fine hanno chiuso davanti. Altri più esperti, senza questa voglia, non sarebbero rimasti lì.

Jhonathan Narvaez, tappa Rimini, Giro d'Italia 2020

Narvaez vince il braccio di ferro

15.10.2020
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La sorpresa. Diciamoci la verità, chi si aspettava di vedere arrivare in solitaria Jhonatan Narvaez sul lungo rettilineo di Cesenatico? La squadra di Pozzovivo che tirava. Simon Pellud in fuga che scattava e ne aveva il doppio degli altri. Fuglsang che aveva il dente avvelenato e voleva rifarsi. E invece ecco un altro ecuadoriano che va forte e vince sulle strade del Giro d’Italia.

Cioni
Dario David Cioni ds della Ineos Grenadier al termine della frazione di Cesenatico
Cioni ds della Ineos Grenadier

Una fuga cercata

«Sono davvero contento per lui e per la squadra – commenta il ds Ineos Grenadier, Dario Cioni a fine tappa – Jhonatan sarà una sorpresa per voi ma non per noi della squadra. Questo ragazzo stava bene. Tante volte aveva provato ad entrare nella fuga ma era sempre capitato nei tentativi sbagliati. Se la meritava».

Anche Narvaez è un giovane: ha 23 anni. Come dice Davide Cassani in questa pazza stagione i “novellini” che hanno meno bisogno di gare per andare a regime sono agevolati. Da due anni Narvaez è alla Ineos-Grenadiers, prima aveva corso nella Deceuninck-Quick Step. Se passi per queste due squadre qualcosa di buono devi avere.

E qualcosa di buono aveva fatto vedere proprio su queste strade. Giusto qualche settimana fa, Narvaez  aveva trionfato vincendo una tappa e la generale alla Coppi e Bartali.

Narvaez e Padun (prima della foratura) in fuga verso Cesenatico
Narvaez e Padun verso Cesenatico

Sangue freddo

Oggi il capolavoro è stato dapprima quello di prendere la fuga (la prima ora di corsa è volata via di nuovo sul filo dei 50 orari), poi di non perdere la concentrazione quando sono iniziati gli scatti e soprattutto di restare freddo quando Mark Padun lo stava riprendendo nel finale.

«E’ stato davvero bravo – riprende Cioni – per radio gli davamo i distacchi. Padun stava guadagnando ma poi dopo quello striscione dei meno 10 ha trovato altre energie ed è riuscito a tenere la prima posizione. Jhonatan è un buon cronoman. Sapeva che in volata era più veloce, ma non ha voluto rischiare lo stesso».

In tv si era detto che la mossa di togliere l’ammiraglia da dietro Narvaez fosse una scelta tattica: Cioni smentisce.

«No è stata la giuria a mandarci dietro a Padun. Non si è trattato di scelta tattica. Per radio lo incitavamo e basta. E’ un professionista e non c’è bisogno di dargli indicazioni sul rapporto o sul come fare. Jhonatan ha avuto la forza di allungare e quando Padun ha visto che non riusciva a chiudere o che scappava di nuovo deve aver perso le morale. E’ stato un bel braccio di ferro dai!».