De Lie: i paragoni con Gilbert, il mito Cancellara e le vacche

08.03.2022
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«E’ bello – mormora Arnaud De Lie alla partenza da Kuurne – che facciano il paragone con una leggenda come Philippe Gilbert. Non mi rende nervoso. Anzi, mi spinge in avanti. Non sento davvero la pressione, perché penso che la mia fisionomia sia più vicina al tipo di Tom Boonen. Il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix sono le gare dei miei sogni. Non Liegi-Bastogne-Liegi, che passa dietro casa mia. Se ho la fortuna di essere tra i migliori al mondo entro dieci anni, allora forse posso concentrarmi sulle classiche delle Ardenne. Ma prima voglio essere il terzo vallone a vincere il Giro delle Fiandre. Non c’è due senza tre. Sarebbe bello se un giorno potessi scrivere il mio nome accanto a Criquielion e Gilbert. Tra qualche anno saprò se quella speranza è giustificata».

Sul podio del GP Monseré con la sua faccia da ragazzino, dopo una volata devastante
Sul podio del GP Monseré con la sua faccia da ragazzino, dopo una volata devastante

Intervista alla transenna

La fortuna che si sia fermato nella zona mista al via della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, con un po’ di tempo a disposizione. Un addetto stampa benevolo e la mattina non troppo fredda. Appunti della trasferta in Belgio, alla vigilia per noi della Sanremo, mentre il ragazzino di 19 anni della Lotto Soudal, 1,82 per 77 chili, seguirà il programma fiammingo fino alle grandi classiche di lassù.

La vittoria al GP Monseré (foto di apertura) non c’è ancora stata, verrà una settimana dopo il nostro incontro. Al via di Kuurne ha vinto solo una corsa a Mallorca dopo essere stato uno degli juniores di maggior rilievo in Belgio. Lo voleva la Quick Step, se l’è preso la Lotto Soudal.

«Ero in contatto con Lefevere – dice – abbiamo parlato tanto e non si andava oltre, finché la Lotto mi ha offerto un contratto e io l’ho informato che avrei debuttato con loro. La Quick Step in ogni caso non mi avrebbe fatto passare subito. E così sono diventato un neoprofessionista. Nel media day di inizio stagione, prima sono stati annunciati i programmi dei big, poi è stato ricavato uno spazio anche per me. Ho capito che hanno fiducia in me e l’ho trovato motivante».

Nel 2020, Arnaud De Lie è stato terzo agli europei juniores di Plouay
Nel 2020, Arnaud De Lie è stato terzo agli europei juniores di Plouay

Quasi 500 vacche

Quel che più piace e che i colleghi belgi suggeriscono di chiedergli è la storia di famiglia. Il paese da cui arriva, Lescheret, è nella punta più bassa della regione vallone, quasi al confine con il Lussemburgo. Suo nonno Jules, scomparso da poco, veniva dal Nord poi decise di spostare la famiglia.

«Mio nonno era un contadino – dice – anche il mio bisnonno e adesso mio padre Philippe. Abbiamo un allevamento di bovini a casa nostra. In totale abbiamo poco meno di cinquecento vacche, di cui una quarantina da latte. L’inverno scorso ho provato a dare una mano, ma non è più tanto possibile. E così mio padre è in difficoltà, perché mio fratello Axel ha un altro lavoro e mia sorella Edwige ha solo 17 anni. La fattoria fa parte della mia vita. Ci sono cresciuto. La mattina in cui ho vinto l’Omloop Het Nieuwsblad U23 dello scorso anno, mi sono alzato con mio padre, ho aiutato a preparare le mucche per la mungitura, poi sono corso a casa alle 7,30 per andare alla corsa».

In ritiro ha diviso la stanza con Campenaerts, prendendo le misure a bici e compagni
In ritiro ha diviso la stanza con Campenaerts, prendendo le misure a bici e compagni

A scuola da Victor

La squadra gli ha messo accanto Victor Campenaerts, anche lui appena arrivato ed evidentemente capace di trasmettere nozioni al ragazzino desideroso di imparare.

«Victor è il mio mentore – racconta – un super tecnico. Mi ha subito preso sotto la sua ala, mi ha anche ospitato a casa sua per una settimana. Mi insegna il fiammingo e le strade qui intorno, che conosce benissimo. In ritiro abbiamo condiviso la stanza. Ha quella vena perfezionista che ogni professionista vuole avere. Cerca tutti i dettagli ed è disposto a condividere la sua esperienza».

Quest’anno De Lie aveva già vinto al Trofeo Playa de Palma, su Molano e Weemaes
Quest’anno De Lie aveva già vinto al Trofeo Playa de Palma, su Molano e Weemaes

Vendicare Leuven

Ma la sua origine vallone non mente. Nel 2020 ha vinto la Philippe Gilbert Juniores, corsa di due tappe. E il belga è sempre stato uno dei suoi due riferimenti ciclistici.

«All’inizio lo vedevo come una superstar – ammette mentre il tempo sta per scadere – mentre ora siamo compagni di squadra. Gli piace prendermi in giro, come fanno i valloni tra di loro. Da bambino ero fan anche di Cancellara, per il suo modo di correre, con i capelli al vento. Sembrava forte anche giù dalla bicicletta. Era davvero Spartacus, un gladiatore. Ma mi conviene restare con i piedi per terra. Va bene riuscire a vincere, andrà bene anche se capirò gli errori. La mia stagione sarà un successo se sarò selezionato per i mondiali U23 in Australia. Voglio davvero vendicarmi per Leuven (dove è caduto e ha dovuto arrendersi, ndr). In quel periodo è morto anche mio nonno Jules. Se a Wollongong va come spero, il primo anno da professionista sarà stato un successo…». 

Cinema, ciclismo e Svizzera. Alla scoperta di Lorenzo Rinaldi

01.03.2022
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Quando abbiamo sentito il protagonista che stiamo per raccontarvi, il titolo da riadattare ai suoi percorsi agonistici e scolastici si è originato quasi da sé. Lorenzo Rinaldi (in apertura, foto Swiss Racing Academy), diciottenne piemontese, corre in bici dal 2019 e frequenta il quinto anno presso l’Istituto per il cinema e lo spettacolo “Federico Fellini” di Torino. Una passione sportiva nata quasi per caso, che ora si sta trasformando in un lavoro all’estero. Una storia da film si potrebbe quasi dire.

Già, perché lo scalatore di Montanaro (paesino del Canavese) è uno dei nostri tanti giovani espatriati per diventare ciclisti. In inverno ha firmato il contratto (per un anno) con la Swiss Race Academy, team continental nato nel 2019 che ha sede a Schenkon, nel Canton Lucerna, di cui Fabian Cancellara è consulente e patrocinatore. Da lì sono usciti sia Stefan Bissegger (cronoman della EF Education-EasyPost, recente vincitore della crono all’UAE Tour) sia Mauro Schmid (della QuickStep-AlphaVynil, primo nel Giro 2021 sul traguardo di Montalcino). Senza dimenticare che nel 2021 la formazione elvetica ha conquistato due tappe al Giro d’Italia U23 con Alois Charrin e Yannis Voisard, due grimpeur da tenere d’occhio anche quest’anno. Insomma, non una squadra qualunque.

Lorenzo Rinaldi, classe 2003, ha iniziato a correre in Mtb a 15 anni. Predilige la salita (foto Fabio Rinaldi)
Lorenzo Rinaldi, classe 2003, ha iniziato a correre in Mtb a 15 anni. Predilige la salita.(foto Fabio Rinaldi)

Approfondiamo quindi la conoscenza di Rinaldi, che si presenta ai nastri di partenza della categoria U23 senza l’assillo mentale dei risultati richiesti ad ogni costo ai ragazzini fin dalle prime categorie giovanili dai loro tecnici.

Lorenzo come hai fatto a farti notare dalla Swiss Racing Academy?

Vincendo una gara in salita a luglio 2020 proprio in Svizzera, a Martigny. Era valevole per il campionato svizzero della montagna. Ero andato su con la Vigor Cycling Team (la sua squadra da junior guidata da Mattia Pozzo, ex pro’ dal 2013 al 2015, ndr). A tre chilometri dal traguardo sono scattato e sono arrivato da solo. Ero contento perché avevo recuperato appieno da un infortunio di qualche mese prima in cui mi ero rotto alcune vertebre. Ho rivinto la stessa corsa poi anche l’anno scorso.

Il contatto con loro come è avvenuto?

Praticamente c’è stato subito dopo quel giorno. Mi chiamò l’ex pro’ Guillaume Bonnafond (dal 2009 al 2018, ndr) che è il loro diesse e preparatore atletico. Iniziò a seguirmi negli allenamenti e verso la fine del 2021 mi fece la proposta di passare U23 con loro. Non ho avuto dubbi quando ho dovuto dare una risposta.

Offerte da team italiani ne avevi ricevute?

Ufficialmente no. C’è stato un attimo, in cui gli svizzeri non mi avevano ancora proposto nulla, che il mio procuratore Raimondo Scimone ha provato a trovarmi squadra, ma tutte ormai erano già formate. Capivo la situazione, d’altronde avevo iniziato ad ottenere i risultati un po’ tardi. In ogni caso non ci sono rimasto male perché nessuna formazione italiana mi ha chiamato.

Rinaldi primo a Martigny nel 2020 dopo la rottura delle vertebre: gli svizzeri lo hanno scoperto così (foto Fabio Rinaldi)
Rinaldi primo a Martigny nel 2020 dopo la rottura delle vertebre (foto Fabio Rinaldi)
Frequenti una scuola per cinematografia, come mai hai fatto una scelta così singolare?

Mio padre è fotografo e mi ha sempre incuriosito il suo settore. Vedevo tutti i programmi che usava per lavorare e così ho deciso di frequentare quell’indirizzo. Ce ne sono pochissimi di istituti simili in Italia. Quest’anno ho la maturità e non so ancora se dovremo fare la tesina, ma piacerebbe farla sulla cinematografia sportiva.

La passione per la bici come è arrivata? Facevi altri sport prima?

E’ stata una serie di cose. Fino al 2016 circa ho alternato tennis, atletica, nuoto e Mtb. Ho fatto questi sport solo per divertimento, mai per agonismo. Nel 2018 ho fatto un paio di gare di fuoristrada, qualche corso di tecnica di guida e niente più. Però in quella stagione ho partecipato ad una serata sul ciclismo organizzata nel mio paese in cui c’era Davide Cassani (all’epoca cittì azzurro, ndr) come ospite. I suoi racconti mi hanno stimolato ed è stato solo l’anno successivo che ho iniziato a correre seriamente da allievo di secondo anno con la Canavese Mtb. Infine ci tengo a ringraziare Mattia Viel (ora alla D’Amico UM Tools, ndr), con cui mi alleno ogni tanto, che mi ha dato sempre tanti suggerimenti importanti.

Chi sono i tuoi idoli?

Un nome su tutti e che magari non vi aspettereste da un ragazzo della mia età: Marco Pantani. Me ne sono innamorato guardando dei video che mi mostrava mio padre. Incredibile. Nell’attualità ammiro Pogacar e Bernal. Diciamo che, essendo alto 1,65 per 52 chilogrammi, osservo molto i corridori che hanno le mie caratteristiche.

Lorenzo Rinaldi è il primo italiano che va a correre nella Swiss Racing Academy, team nato nel 2019 (foto Fabio Rinaldi)
Lorenzo Rinaldi è il primo italiano che va a correre nella Swiss Racing Academy (foto Fabio Rinaldi)
Che impressione hai avuto della nuova squadra?

Buonissima. Sento che è adatta a me perché punta prima alla mia crescita e poi ai risultati. Uguale alla filosofia della Vigor tra gli junior. Siamo stati in ritiro a Calpe dove ho avuto ottime sensazioni in allenamento. E dove ho avuto l’onore di conoscere Cancellara. Anzi, ce l’ho avuto pure a fianco in allenamento e poi in auto durante alcuni spostamenti. Non potete capire l’emozione (dice raggiante, ndr). Sia a me che ai miei compagni ha già dato tanti consigli. E’ molto vicino alla squadra.

Il tuo calendario immaginiamo sarà condizionato dalla maturità.

Esatto. Farò una prima parte di stagione su misura per me. Esordirò il 13 marzo (a Fubine nel 3° Trofeo Porta del Monferrato, ndr) poi vedremo di volta in volta. Da luglio in avanti avrò più tempo per allenarmi e cercherò di ritagliarmi un po’ di spazio, soprattutto nelle gare in salita. In base al programma, è previsto che possa andare nelle case della squadra in Svizzera o in Francia, tra Aix-les-Bains e Chambery dove abita Bonnafond.

Che obiettivi hai per questo 2022?

Difficile da dire. Di sicuro sono felice di poter vivere questa esperienza di vita. Mi confronterò con mentalità diverse, imparerò l’inglese. Comunque vada sarà una stagione di crescita personale molto importante, che mi tornerà utile più avanti.

La storia di Peron, dalla Cento alla conquista del mondo

03.01.2022
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Chi è Andrea Peron con cui proprio stamattina abbiamo parlato in relazione all’abbigliamento della Quick Step-Alpha Vinyl? Di lui aveva raccontato qualche giorno fa Gianfranco Contri in relazione alla Cento Chilometri a squadre, dicendo che dei tanti a dedicarsi alla specialità, il varesino fosse il più stradista. Per questo lo abbiamo cercato perché ci raccontasse la sua storia, ricordando di averlo conosciuto in una vita precedente quando nel 1992 delle Olimpiadi di Barcellona, vinse la Coppa Fiera Mercatale nella Cuoril di Ennio Piscina. Il più stradista di tutti, dice bene Contri?

«Da junior – risponde – c’era anche Rebellin, poi fra quelli della Cento Chilometri vera e propria anche Anastasia e Luca Colombo hanno fatto qualche anno da professionisti, anche Salvato, Brasi e Andriotto, però forse io sono quello che ha fatto una carriera più lunga. Ho corso per 15 anni e sono riuscito anche a togliermi qualche bella soddisfazione. Ero quello più stradista di tutti, forse è vero…».

I magnifici quattro di Stoccarda 1991, da sinistra Colombo, Peron, Anastasia, Contri
I magnifici quattro di Stoccarda 1991, da sinistra Colombo, Peron, Anastasia, Contri

Dall’Italia all’America

Nato a Besnate nel 1971, con la Cento Andrea vinse il mondiale di Stoccarda nel 1991 e prese l’argento a Barcellona, correndo sulle magnifiche e avveniristiche Colnago C35 realizzate con il contributo della Ferrari che l’Italia mise in strada per l’occasione, dopo averle presentate sul circuito di Fiorano. 

Da professionista fece i primi due anni (1993-1994) alla corte di Stanga e poi se ne andò in America con la Motorola, da lì alla Francaise des Jeux, la Once, la Fassa Bortolo e chiuse con cinque anni alla Csc di Bjarne Riis accanto a un altro varesino in rampa di lancio: Ivan Basso. Si ritirò dopo il Lombardia del 2006 (foto di apertura).

Nel 2000 corre alla Fassa Bortolo, qui nella crono finale della Vuelta
Nel 2000 corre alla Fassa Bortolo, qui nella crono finale della Vuelta
Eri uno stradista prestato alle cronometro?

Non mi sono mai visto così, perché la crono ho avuto grande voglia di farla. In quegli anni è stata il mio obiettivo principale, però ho sempre avuto la passione per la strada. Quando sono passato professionista, volevo fare risultati su strada, non fare il passista che tirava e basta. Però l’ho coltivata e ho vinto un campionato italiano di specialità.

Si poteva convivere?

La Cento Chilometri non era una specialità a sé stante, non era un condizionamento perché cambiassi qualcosa o rinunciassi a qualcosa. Non ha assolutamente modificato le mie caratteristiche. Ho sempre creduto che le due cose potessero convivere, anche se quando preparavamo le Olimpiadi o il mondiale, la crono era la priorità e la strada veniva un po’ sacrificata. Però una volta finito quell’obiettivo, riprendevo tranquillamente la solita routine. Nel 1992 vinsi anche delle belle gare su strada.

In qualche misura apriste la strada?

Facevamo parecchio lavoro specifico, però alla fine Zenoni aveva messo in atto una metodologia di allenamento basata non solo sulla potenza. Facevamo tantissimo ritmo, interval training in salita e allenamenti per velocizzare. Cose che davano vantaggi anche su strada. Non si trattava solo di spinta di grandissimi rapporti. A guardare l’evoluzione degli anni, è un po’ la stessa cosa che adesso vediamo con Ganna e prima ancora con Cancellara. Atleti veramente fortissimi e potentissimi a cronometro, che però vanno bene anche su strada.

La festa per i 70 anni del cittì Zenoni, con Pavarini, Colombo, Peron, Contri, Fina, Salvato, Rota, Aldo Fossa e Fusi
I 70 anni di Zenoni, con Pavarini, Colombo, Peron, Contri, Fina e Salvato, Rota, Aldo Fossa e Fusi
Ganna fa ancora più eccezione, essendo anche un pistard…

Prima chi correva su pista la strada non la guardava nemmeno. Invece Pippo ha dimostrato di essere in grado di prendere una maglia rosa e di vincere anche le tappe nei grandi Giri. Zenoni praticamente 30 anni fa aveva già sposato la stessa filosofia. Io non sono mai stato forte quanto Cancellara o Ganna, però era un po’ la stessa cosa. Facevo le crono e su strada riuscivo a difendermi benissimo: non solo in pianura, anche in salita. E’ chiaro che non potevo figurare sul Mortirolo, però al Tour de France dove ci sono le salite pedalabili, ho sempre detto la mia. Anche nelle classiche (nel palmares ha un 7° posto alla Liegi e un 10° al Lombardia, ndr). Non ho mai creduto a quelli che dicevano se fai la cronometro, non puoi fare nient’altro.

A un certo punto te ne andasti in America…

Ero un ragazzo molto aperto all’avventura, desideroso di provare cose nuove con la bicicletta, ma non solo legate alla bicicletta. Avevo spirito di avventura. Quando sono andato a correre all’estero, era la voglia di sperimentare. La curiosità di vedere cosa ci fosse al di là della mentalità classica degli anni 90. Non mi sono mai messo alcuna barriera e questo forse è andato anche a discapito della carriera.

In che senso?

Quando sono andato alla Motorola, l’ho visto come un’esperienza di vita. Avevo voglia di viaggiare, andare a scoprire cosa ci fosse negli Stati Uniti e presi l’opportunità di andare in questa squadra che faceva tanta attività anche in America. Se avessi pensato con uno schema classico, magari avrei accettato alcune delle belle offerte da team italiani. Sarebbe stato un approccio più classico, però per il mio modo di essere, per l’Andrea Peron di allora scelsi un’altra strada. Di cui non mi pento assolutamente.

Ha corso con la Motorola nel 1995 e 1996, centrando quattro vittorie
Ha corso con la Motorola nel 1995 e 1996, centrando quattro vittorie
Ti ritrovasti in squadra anche un giovane Armstrong?

Giovanissimo Armstrong, però aveva già vinto il campionato del mondo di Oslo e anche un paio di tappe al Tour. Abbiamo corso due anni insieme, poi lui si è ammalato di cancro, nel 1996 si è operato e la squadra ha chiuso come aveva già comunicato. Quando è tornato, ha vissuto una piccola parentesi con la Cofidis e alla fine è andato alla Us Postal, ma a quel punto avevamo preso strade diverse.

Il ricordo più forte di quegli anni è l’arrivo di Pau al Tour del 1995…

Il giorno dopo la scomparsa di Fabio Casartelli, tutta la squadra schierata davanti al gruppo. E due giorni dopo, la vittoria di Lance a Limoges. Fu un’esperienza toccante, forse la prima a contatto diretto con la perdita di una persona cara. Non un familiare, ma una persona molto vicina. Io con Fabio condividevo allenamenti, gare, la camera alle corse, momenti belli e momenti brutti di una carriera sportiva. E’ stata un’esperienza anche pesante, che ovviamente mi ha fatto anche crescere.

Sotto quale punto di vista?

Soprattutto quando sei nello sport, vedi tutto come un sogno. Non ti aspetti mai che il collega con cui cinque minuti prima stavi scambiando quattro chiacchiere o una battuta mentre eri in salita, quando comincia la discesa non lo vedrai più. Perché tu fai una curva e lui la fa in maniera diversa e la sua vita finisce lì. Fabio è spesso nei miei pensieri, come altre persone che sono scomparse lungo il cammino della vita. Purtroppo la morte è una parte di noi stessi, con cui dovremo avere a che fare o prima o dopo. L’importante è essere grati della vita che abbiamo ogni giorno, perché appunto non sappiamo cosa ci può succedere.

Tre giorni dopo la morte di Casartelli, a Limoges la vittoria di Armstrong
Tre giorni dopo la morte di Casartelli, a Limoges la vittoria di Armstrong
Dopo aver smesso, hai cominciato subito con lo sci alpino, le scalate…

E’ stato un ritorno verso la passione della montagna. Quando ero piccolino, sono sempre andato in montagna, ho sempre scalato e fatto alpinismo, ma l’ho lasciato un po’ da parte durante la mia carriera agonistica. E quando ho smesso di correre, ho ripreso a fare quelle cose che non potevo fare durante la mia carriera.

Come è stato smettere?

Dopo la bici, non volevo continuare in una squadra. Angelo Zomegnan (direttore del Giro d’Italia dal 2005 al 2011, ndr) mi diede la possibilità di lavorare in Rcs e ci sono rimasto per quattro anni. Poi è arrivata Castelli. Conoscevo l’azienda e sono entrato collaborando con il settore corsa e lo sviluppo dei prodotti. Sono nel ciclismo, insomma, ma a modo mio. E poi seguo anche Karpos, il marchio outdoor.

Qual è il tuo apporto?

Ci metto del mio nel creare i capi, do i miei consigli. Seguo lo sviluppo dei prodotti con le squadre. Provo anche qualcosa, ma è giusto che i feedback decisivi li diano i professionisti. Corridori e alpinisti. Io posso valutare, ma sono loro quelli che li usano e li portano tutti i giorni al limite.

E la tua curiosità si è assopita ?

Neanche un po’, avevo in programma dei viaggi, ma il Covid ha fermato tutto. Se si fosse spenta, adesso sarei in poltrona e non in giro per il mondo…

In che modo la testa da crono aiuta su strada? Scopriamolo

11.10.2021
4 min
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Ganna che va in fuga e vince, poi lo mettono a tirare e fa la differenza (foto di apertura). Evenepoel che doppia il gruppo alla Bernocchi e che al mondiale è stato capace di tirare per mezza giornata allo stesso ritmo altissimo. Per non parlare dei giorni andati, quando Cancellara si prendeva le classiche con grandi azioni solitarie. Che cosa hanno in comune i tre campioni qui sopra? Condividono la stessa attitudine per la crono.

Allora ci è venuta una domanda: la testa da crono dà effettivamente dei vantaggi su strada? In che modo la capacità di gestire il tempo diventa un’arma quando ci si trova da soli in fuga o mettendo una fuga nel mirino?

Evenepoel ha vinto la Bernocchi doppiando il gruppo: numero da cronoman?
Evenepoel ha vinto la Bernocchi doppiando il gruppo: numero da cronoman?

Lo abbiamo chiesto ad Adriano Malori, con la curiosità di entrare nella testa di chi delle crono ha fatto il suo pane quotidiano.

«E’ vero – conferma l’emiliano – il cronoman ha un’impostazione mentale tutta sua. Quando Ganna vinse la tappa di Camigliatello al Giro 2020, fece proprio un’azione da cronoman. La salita era pedalabile. Si sfilò con l’inizio degli scatti, poi attaccò lui e fu capace di tenere la velocità fino al traguardo. Il cronoman sa tenere la velocità. Può farlo per mezz’ora o per un chilometro in fondo al Poggio, con 10 secondi sul gruppo verso il traguardo di Sanremo. Per questo raccomando alle società giovanili di farli allenare a crono. Anche su bici normali, purché curino il tipo di esercizio».

Essere cronoman aiuta anche nelle fughe?

Partiamo dall’assunto che il cronoman è abituato allo sforzo solitario. E’ capace di convivere con il mal di gambe. E’ il discorso già fatto sula zona rossa, il limite oltre il quale si va oltre la propria capacità di gestire lo sforzo. Negli anni 90 gli atleti più grandi andavano bene a crono e poi ti aspettavi che crollassero in salita. Invece si staccavano al primo scatto e poi rientravano in progressione. Questo perché il cronoman sa sviluppare watt alti e sa esprimerli anche quando ha le gambe piene di acido lattico. Il passaggio crono-fuga è quasi immediato.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia
Al Giro del 2020, il cronoman Dennis tirò per tutta la lunghezza dello Stelvio e nella pianura successiva
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia
Al Giro del 2020, il cronoman Dennis tirò per tutta la lunghezza dello Stelvio e nella pianura successiva
Perché?

Perché se anche la tappa ha qualche salita, il cronoman non è proprio fermo a salire, perché ha un’alta resistenza pur in acido. Atleti come me e Pinotti per vincere dovevano staccare tutti, adesso sono meno schematici e ti trovi anche Van Aert che va forte a crono e si porta dietro tutto il resto.

C’è la crono anche nelle classiche vinte da Cancellara?

Quella violenza devastante è la stessa che metteva nelle sue cronometro migliori. Perciò sì. E c’è la crono anche nel tirare di Dennis sullo Stelvio, ricordate?

Impossibile da dimenticare…

In fin dei conti l’anno scorso al Giro ha tirato per due ore. Prima ha fatto la differenza sullo Stelvio e si è gasato. Poi ha tirato per tutta la pianura fino all’ultima salita. Ha tirato anche Ganna in più di un’occasione e ricordo Tony Martin che al Tour si inventò una fuga eterna. Sono doti che ora stanno sparendo, perché grazie al misuratore di potenza, sai esattamente quanti watt puoi tenere e per quanto tempo.

Le azioni violente di Cancellara in pavé nascono dalla crono
Le azioni violente di Cancellara in pavé nascono dalla crono
L’organizzazione mentale però è diversa. Nelle crono conosci il percorso, in fuga non sempre…

Conoscere il percorso è fondamentale, anche solo vederlo in macchina. Serve per le curve, i tombini, le buche, il vento. Magari facendo le scelte giuste risparmi quel secondo che ti serve per vincere. Nelle fughe magari non conosci il percorso, ma ti viene automatico incassare le spalle, tenere la testa bassa, tagliare le curve, ricercare le strisce di asfalto più scorrevoli. La crono tira fuori le qualità vincenti dei corridori su ogni terreno. Su questo è impossibile non essere d’accordo.

SLR Boost Tekno Superflow, una novità Selle Italia che stupisce

30.09.2021
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Selle Italia ha recentemente introdotto una rilevante novità di prodotto realizzata in stretta collaborazione con un riferimento industriale italiano per quanto riguarda il settore del motorsport: Dallara. Questa nuova sella prodotta dalla storica realtà veneta, che quest’anno celebra il 124mo anniversario dalla nascita, si chiama SLR Boost Tekno Superflow. Una sella progettata si da Selle Italia, ma specificamente ingegnerizzata dai tecnici Dallara. Una delle più importanti strutture specializzate nella lavorazione del carbonio, oltre che nella progettazione, produzione e sviluppo di vetture da competizione ad alte prestazioni.

Già raccontare di questa sinergia industriale basterebbe per stuzzicare la curiosità… ma l’effetto sorpresa non finisce qui. Per “spingere” questa nuova sella verso standard qualitativi e di resa estremamente elevati, Selle Italia si è inoltre avvalsa della collaborazione di Fabian Cancellara, l’ex professionista svizzero, campione olimpico e mondiale della cronometro e vincitore di alcune tra le più importanti Classiche Monumento in calendario tra i professionisti.

Fabian Cancellara ha contribuito alla realizzazione della SLR Boost Tekno Superflow
Fabian Cancellara, grazie alla sua esperienza ha contribuito alla realizzazione della SLR Boost Tekno Superflow

Totalmente in carbonio

La nuova SLR Boost Tekno Superflow impressiona sin da subito, dal primo sguardo, per il fatto che viene prodotta totalmente in carbonio. Oltre ad elevare il Made in Italy a uno standard qualitativo altissimo, la realizzazione “full carbon” di questo nuovo prodotto Selle Italia rappresenta anche una vera e propria spinta per il progresso tecnologico di cui il ciclismo si nutre da sempre. Lo scafo in carbonio garantisce elevate prestazioni in termini di rigidità e comfort. Mentre il “rail” (realizzato mediante l’impiego di tecnologia Hi-Tech e sempre in fibra di carbonio ad altissima resistenza offre una notevole possibilità di regolazione della sella grazie ad una lunghezza maggiorata di ben 10 mm .


La tecnologia superflow permette di ridurre la pressione dalla zona prostatica
La tecnologia superflow permette di ridurre la pressione dalla zona prostatica e di beneficiare di un maggiore comfort durante la pedalata

Peso piuma

Una menzione speciale va poi fatta alla leggerezza della SLR Boost Tekno Superflow, il cui “peso” ferma incredibilmente le lancette della bilancia a quota 95 grammi (considerando la taglia S3), e questo avviene senza comprometterne la resistenza. Se invece adesso vi state chiedendo quanto possa essere confortevole una sella in carbonio, bene la risposta arriva direttamente… dalla tecnologia “superflow.” In altre parole, il foro centrale – una storica prerogativa Selle Italia – permette difatti permette difatti di ridurre la pressione dalla zona prostatica. Conferendo il comfort necessario per esprimere il meglio una volta sui pedali.

La collaborazione con Dallara è stata fondamentale per ottenere un prodotto di altissima qualità
La collaborazione con Dallara è stata fondamentale per ottenere un prodotto di altissima qualità

I commenti

«Da sempre ho creduto nello sviluppo tecnologico dei nostri prodotti – ha commentato Giuseppe Bigolin, il Presidente di Selle Italia – e oggi possiamo dire di vivere con grande entusiasmo la collaborazione con Dallara. E’ stata proprio quest’ultima a permetterci di creare questa nuova sella, un prodotto di cui siamo estremamente orgogliosi. La SLR Boost Tekno Superflow rappresenta un vero e proprio nostro contributo al progresso italiano per la crescita della tecnologica applicata al ciclismo».

Anche Fabian Cancellara ha rilasciato un’importante dichiarazione in merito a questo nuovo prodotto Selle Italia.

«E’ stato un vero piacere lavorare con l’azienda della famiglia Bigolin – ha affermato lo svizzero – per sviluppare questa sella dalle altissime prestazioni. In qualità di ex atleta professionista conosco bene le necessità dei pro, e sono davvero orgoglioso di aver dato il mio contributo nel processo di creazione di questa sella. Leggerissima, realizzata totalmente in carbonio. E’ il risultato della ricerca e della spinta di Selle Italia verso soluzioni sempre più avanzate».

Ricordiamo che la sella SLR Boost Tekno Superflow è disponibile nelle misure S3 e L3, mentre il prezzo consigliato al pubblico è di 449 euro.


selleitalia.com

Non solo Jumbo, 20 anni fa c’era la Mapei giovani…

07.08.2021
5 min
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L’articolo sull’Academy della Jumbo Visma e su come lavorino con i giovani e il team development e ci ha fatto rivenire alla mente la Mapei Giovani. Quello fu un progetto davvero innovativo. Un progetto che col senno del poi lanciò moltissimi personaggi di spicco. Sono passati da lì corridori come Fabian Cancellara e Filippo Pozzato, ma anche tecnici Roberto Damiani e Luca Guercilena. Di quello staff faceva parte anche un tecnico, bravissimo, che spesso lavora nell’ombra e che all’epoca era giovanissimo: Andrea Morelli.

Oggi lui è una colonna portante del Centro Mapei ed è la persona ideale per ricordare quella avventura, ma anche per capire come lavoravano. Furono quattro stagioni (dal 2000 al 2003) molto costruttive.

Andrea Morelli, Fabian Cancellara
Andrea Morelli con Fabian Cancellara, qualche stagione dopo gli anni della Mapei: rapporti sempre buoni
Andrea Morelli, Fabian Cancellara
Andrea Morelli con Fabian Cancellara, qualche stagione dopo gli anni della Mapei: rapporti sempre buoni

Rivoluzione Mapei

«Il progetto Mapei giovani nasce a cavallo del 1999-2000 – spiega Morelli – ha anticipato i progetti attuali delle squadre che lavorano con i ragazzi. L’idea era di centralizzare il monitoraggio degli atleti, soprattutto per quel che riguarda la preparazione, visto che qualcuno aveva dei preparatori esterni. Si davano delle linee guida generali sulla vita da tenere anche oltre la bici, ma certo per vedere se il corridore faceva il furbo avresti dovuto vivere con lui notte e giorno. E non era semplice.

«L’idea di Squinzi e Sassi fu rivoluzionaria. Si voleva far crescere l’atleta a 360°, avere un gruppo omogeneo e da lì la squadra giovani. Capirono per primi che se non hai una base su cui costruire poi è difficile mantenere un alto livello tra i grandi».

Aldo Sassi e Giorgio Squinzi, alla presentazione della Mapei-Quick Step nel 2001
Aldo Sassi e Giorgio Squinzi, alla presentazione della Mapei-Quick Step nel 2001

L’importanza del vivaio

Il vivaio resta un qualcosa di centrale. E sempre di più è così. Lo vediamo con i grandi team WorldTour attuali, ma anche nel calcio e persino nella F1, ci sono le cosiddette Academy, anche la Ferrari ne ha una.

«Anche il calcio che ha più risorse economiche lo sta facendo. Guardiamo il Sassuolo per esempio con Generazione S. Oggi si analizzano i dati di alcuni allievi e se sono buoni li fai allenare come i pro’. No, noi volevamo un vivaio allargato per far crescere i corridori con gradualità. All’epoca, per capacità o per fortuna, avevamo tante squadre satellite. Ho detto per fortuna perché Mapei essendo così grande e internazionale spesso aveva dei rivenditori privati che sponsorizzavano delle società. Un anno tra junior e dilettanti avevamo 18 team. Iniziava ad essere un bacino ampio.

Anche oggi come allora tanti campioni passano dal Centro Mapei Sport, ecco Elisa Longo Borghini
Anche oggi come allora tanti campioni passano dal Centro Mapei Sport, ecco Elisa Longo Borghini

Okay la cultura, ma i test…

La Jumbo valuta i corridori dai dati e anche sotto il profilo umano, andando a casa dei genitori, esaminando anche l’aspetto culturale. La Mapei giovani come faceva?

«Sicuramente i tempi sono cambiati e l’aspetto esterno al ciclismo è importante, ma i dati restano fondamentali. Bisogna vedere i risultati storici e i risultati in laboratorio, perché comunque se non hai quei valori fisiologici non puoi andare avanti. Poi ci sono le capacità: guidare bene la bici, leggere la corsa, avere testa… ma se non hai il “motore” è difficile che tu possa diventare corridore. E poi gli interessi di un corridore nel privato possono essere diversi. C’è quello super informato che studia e quello che invece vuole salire in sella e basta. E’ anche una mentalità diversa da soggetto a soggetto: meno pensieri, meno stress, essere più rilassato…».

In ammiraglia Mapei anche Roberto Damiani, qui con Bettini
In ammiraglia Mapei anche Roberto Damiani

Una fitta rete di scouting

«Nei nostri screening fisiologici si vedeva che Cancellara anche da junior aveva dei valori molto alti per appartenere a quella categoria. Sapevi che poteva diventare qualcuno. E lo stesso, in tempi più recenti, Ganna.

«Noi i ragazzi li trovavamo come ho detto tramite le nostre squadre satellite, ma poi anche grazie ai nostri tecnici e talent scout, o il passaparola che vale ancora molto. Magari c’era un U23 che non vinceva tanto ma era costante e otteneva bei piazzamenti. Individuati i soggetti si faceva loro un test.

«Mettiamoci che Mapei aveva interessi economici anche all’estero. E quindi era interessata ad altri mercati. Ecco che dal’Ungheria arrivò Bodrogi, dall’Inghilterra (che non era la potenza ciclistica di adesso, ndr) arrivò Wegelius, individuammo già anni prima Vandenbroucke in Belgio, Rogers dall’Australia… Poi non è detto che il corridore diventi un campione. Anche da noi ci furono dei casi di gente durò una stagione o due.

«I ragazzi erano seguiti da Guercilena e Damiani. Prendemmo Cancellara e Pozzato direttamente dagli juniores. Oggi è quasi la normalità, all’epoca fu un caso eclatante. Ma l’idea della crescita graduale fu subito centrale. Ed è questa forse la cosa che manca di più oggi, quando vedi questi ragazzini che passano dagli junior al WorldTour. Noi facevamo delle brevi corse a tappe di 3-4 giorni e ogni anno un po’ di più fino alle corse di “prima categoria“.

«Per esempio Cancellara. Al primo anno – dice Morelli mentre ogni tanto fa delle pause e verifica i vecchi dati – fece il Recioto, il Circuito Franco Belga e qualche altra gara. Nel 2001: Algarve, Tour di Rodi, Noekere, Gp Berna, Alentejo, Slovenia, Ain e altre gare singole. O Pozzato: nel 2000 fece gli Etruschi, Almeria, una corsa a tappe in Austria e l’anno dopo il Giro del Lussemburgo, quello di Danimarca, il Limousin, delle gare in Giappone».

Meno conoscenze sull’alimentazione, ma grande collaborazione con Enervit già in quegli anni
Meno conoscenze sull’alimentazione, ma grande collaborazione con Enervit già in quegli anni

Alimentazione e ginnastica

«Non c’erano certo le conoscenze che ci sono adesso sull’alimentazione – spiega Morelli – Si davano delle indicazioni generali, c’era la plicometria e lì finiva. Tuttavia Sassi collaborò molto con Enervit e già riuscimmo a dare delle indicazioni in tal senso. Semmai il problema di quegli anni era lo stacco invernale che era davvero lungo. E si vedevano anche casi di gente che metteva su 7-8 chili. Oggi al massimo riposano dieci giorni in totale e poi già riprendono con altre attività.

«Anche la palestra serviva quasi più come attività alternativa che per la preparazione vera e propria. C’erano i classici esercizi per l’irrobustimento della parte superiore e quelli più mirati per la bici.

«Mapei Giovani era un progetto di “evidence based coaching” cioè l’insieme di dati scientifici ed esperienze sul campo. Per esempio avevi visto e capito che quel determinato allenamento faceva bene, ma c’era già un riscontro scientifico».

Moser 2018

Moser ci va giù duro: «Ganna è gestito male»

23.05.2021
3 min
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C’è un filo sottile che lega Francesco Moser e Filippo Ganna. Non è la provenienza geografica (l’uno trentino, l’altro piemontese), né l’epoca ciclistica, ma è legato più allo snodarsi della propria carriera, fortemente legata alle grandi doti di passista di entrambi e da come siano riusciti ad entrare nel cuore della gente. Si sente, quando ne parla, che Francesco ha per Ganna una leggera predilezione, come se fosse lo specchio attuale delle sue imprese.

Non nascondiamocelo: a tanti il trattamento che la Ineos Grenadiers riserva a Ganna non piace a tutti e Moser è tra questi: «Quel che ho visto a inizio Giro mi ha indispettito: ma quando mai una maglia rosa si mette a tirare come un forsennato per i compagni? Fossimo stati ora, con un capitano meglio attrezzato per la classifica finale, potrei anche capirlo, ma all’inizio proprio no…».

Ganna Sanremo 2021
Ganna a tirare il treno della Ineos all’ultima Sanremo, cosa ripetuta al Giro e poco apprezzata
Ganna Sanremo 2021
Ganna a tirare il treno della Ineos all’ultima Sanremo, cosa ripetuta al Giro e poco apprezzata
Molti dicono che Ganna potrebbe un domani puntare a fare classifica…

Certo, ma su un percorso molto diverso, disegnato per un passista e se Ganna riuscirà a migliorare nelle grandi salite. Inoltre bisognerebbe eliminare un’autentica stortura esistente nei grandi Giri, ossia la mancanza di abbuoni per le cronometro. E’ qualcosa che non ho mai capito, perché si premiano gli scalatori nelle grandi montagne alpine e non i passisti nelle cronometro? Non è una faticaccia anche quella? E’ qualcosa che è completamente illogico…

Anche di Moser dicevano che non avrebbe mai vinto una grande corsa a tappe, ma alla fine il Giro arrivò…

Fu un’edizione particolare, il percorso mi si confaceva di più e soprattutto andai a caccia di abbuoni in molte tappe. La volata che feci il terzultimo giorno mi regalò 10” che furono molto importanti, anche a livello morale, per la sfida finale a Fignon.

Moser Roubaix 1979
Moser primo a Roubaix nel ’79: potrebbe essere Ganna un suo erede, magari già in autunno?
Moser Roubaix 1979
Moser primo a Roubaix nel ’79: potrebbe essere Ganna un suo erede, magari già in autunno?
Torniamo a Ganna: un altro paragone che viene spesso fatto è fra lui e Cancellara…

E’ un paragone che tecnicamente ci sta e spero che Ganna vinca tanto quanto lo svizzero. Il fisico è molto simile e parliamo di un campione, nel caso di Cancellara, che ha vinto tanto a cronometro, ma anche nelle classiche. Ganna è giovane e deve sicuramente migliorare, però la sua strada potrebbe essere quella.

A differenza però di Cancellara e più simile alla carriera di Moser, Ganna ha un grande passato/presente su pista…

Io non venivo dalla pista, mi ci dedicai per qualche anno finendo tre volte sul podio mondiale dell’inseguimento e vincendo a Ostuni nel ’76. Ganna fa bene a pensare all’Olimpiade, è un percorso intrapreso tanto tempo fa e che non ha ancora un capitolo finale, poi si vedrà.

Cancellara Sanremo
Fabian Cancellara in azione: anche per Moser, Ganna potrebbe ispirarsi a lui
Cancellara Sanremo
Fabian Cancellara in azione: anche per Moser, Ganna potrebbe ispirarsi a lui
Tu però nelle classiche avevi già ottenuto molto nei primi anni di carriera…

Tempi diversi ed evoluzioni diverse. Anche Ganna ha già dimostrato nelle classiche di poter far bene: non vinci una Roubaix da junior se non sei portato per quei percorsi e l’ultima Sanremo poi… Lo fecero tirare all’impazzata sul Poggio non si sa per chi, per finire oltre il 50° posto con il “capitano”… No, è sicuramente gestito male, di questo sono convinto.

Sei fiducioso sul suo futuro?

Moltissimo, mi piacerebbe vederlo già in autunno fare la Roubaix, potrebbe anche avere fortuna. Il tempo è dalla sua parte, state tranquilli…

I due pesi massimi e lo scugnizzo: parla Ballan

13.03.2021
3 min
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Senti Ballan, due come Van Aert e Van der Poel li abbiamo mai visti? Possiamo rivedere in loro la rivalità che ci fu di recente fra Boonen e Cancellara? Oppure fra Cancellara e Sagan, se mettiamo sul piatto anche la diversità di carattere? E Alaphilippe che ruolo può svolgere?

Sono i pensieri che ti vengono guidando dopo le tappe della Tirreno-Adriatico, avendo assistito anche ieri a un altro show del belga e dell’olandese. E così l’idea è stata di condividere tutte queste domande con uno che si è trovato a correre in mezzo a Cancellara e Boonen e che magari, vivendola da dentro da corridore e ora con la Rai, può essersi fatto un’idea.

Per Ballan, le sfide fra Boonen e Cancellara ricordano quelle fra Van Aert e VdP
Le sfide fra Boonen e Cancellara ricordano quelle fra Van Aert e VdP
Boonen e Cancellara?

Come rivalità somiglia, ma qui c’è più qualità. Boonen era nettamente più veloce, ma “Cance” era ovviamente superiore a crono. Qui la sensazione è che vadano forte allo stesso modo da tutte le parti. Anche la volata di ieri a Gualdo Tadino (foto di paertura). Ha vinto Van der Poel e Van Aert è arrivato “solo” quinto, ma prima ha dovuto chiudere il buco su Stybar. Se fossero partiti insieme, sarebbero arrivati al fotofinish.

Ti viene in mente un’altra rivalità del genere?

Non ho tutta questa storia sulle spalle. Ci sono stati fenomeni come Merckx o come Saronni, ma c’è sempre stata una differenza fra loro. Anche fra Moser e De Vlaemick.

Sono proprio uguali secondo te?

Non sovrapponibili. Van der Poel forse è più esplosivo e su un arrivo come quello di Siena ha un cambio di ritmo che l’altro non ha. Anche nel ciclocross, se ci fate caso. Van Aert prendeva la corsa in testa e magari la finiva vincendo. Ma al mondiale, mentre faceva così, l’altro da dietro gli ha mangiato terreno giro dopo giro, scattando sul ponte o in punti precisi.

Forse Van Aert va meglio in salita?

Su quelle lunghe, sì, almeno lo ha fatto vedere. Penso a quelle del Tour l’anno scorso, ma è anche vero che finora Van der Poel non lo abbiamo visto farle.

Secondo Ballan, Alaphilippe può infilarsi nel mezzo con le sue invenzioni
Alaphilippe può infilarsi nel mezzo con le sue invenzioni
Come carattere?

Qui la differenza si vede. Van Aert è molto più impulsivo, forse è quello che teme di più l’altro. Magari perché ha perso tante sfide dirette. Penso all’occhiataccia che ha dato a Pidcock quando lo ha passato alla Strade Bianche durante l’inseguimento. Era nervosissimo, non so nemmeno se gli abbia detto qualcosa. Non ho capito come abbia corso a Siena…

Cioè?

Si è staccato in un momento di non particolare selezione. Se avesse pagato il ritmo perché era alla prima corsa, avrebbe sofferto tutto il giorno. Invece ha perso 200 metri e poi è andato forte come quelli davanti. Quasi da pensare a una crisi di fame, qualcosa di passeggero. Quasi abbia voluto farli andare per dare una dimostrazione e poi non sia più riuscito a riprenderli. Forse per questo era così nervoso.

Addirittura?

Anche sullo strappo finale, se li è tolti tutti di ruota. Non lo so, un giorno sicuramente strano. Comunque a occhio, si potrebbe pensare che Van der Poel abbia più classe.

E Alaphilippe che cosa può fare lì in mezzo?

Inventarsi l’attacco a sorpresa che li possa sorprendere, come la volata di Chiusdino. Anche lui è uno che sbaglia parecchio, però è forte e riuscirà a dargli filo da torcere. Ma non nel corpo a corpo, quello con due come loro è vietato.

Fabian Cancellara

Selle Italia: c’è l’accordo con Cancellara

29.12.2020
2 min
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Selle Italia non finisce di stupire, confermando per il 2021 una strategia di marketing molto aggressiva e ben pianificata.
Il brand veneto ha difatti definito un rilevante accordo di partnership (sarà “official supplier”…) sia del circuito Chasing Cancellara che della Swiss Racing Academy.

Brand Ambassador Selle Italia

Il grande campione svizzero sarà Brand Ambassador di Selle Italia con un impegno diretto nello sviluppo di nuovi prodotti e con l’obiettivo di creare una prossima collezione espressamente a lui dedicata. La partnership con Selle Italia si estende poi a tutti gli eventi del circuito Chasing Cancellara, con una particolare attenzione al sostegno del ciclismo giovanile attraverso la Swiss Racing Academy.
«Un percorso comune unisce il grande campione elvetico alla nostra azienda – ha dichiarato Nicola Baggio, il Direttore Generale Selle Italia – un percorso che prevederà per i prossimi due anni, oltre alla collaborazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, la nostra presenza agli eventi Chasing Cancellara e un nostro supporto diretto al team Swiss Racing Academy».

Logo Cancellara Selle Italia
La collaborazione è stata celebrata anche con un elegante logo
Logo Cancellara Selle Italia
La collaborazione è stata celebrata anche con un elegante logo

Arriverà una Fabian Cancellara Collection?

Ma la “Locomotiva di Berna” non sarà un semplice testimonial di Selle Italia. Cancellara ha difatti espressamente chiesto di essere coinvolto nello sviluppo di nuove selle, pensando per il futuro alla creazione di una Fabian Cancellara Collection frutto del connubio tra l’esperienza del grande campione e il “know-how” tecnologico dell’azienda di Asolo.

Fabian Cancellara con Selle Italia
Fabian Cancellara è sempre molto attento ai materiali tecnici che usa
Fabian Cancellara con Selle Italia
Fabian Cancellara è sempre molto attento ai materiali tecnici che usa

Si collabora per scoprire nuovi talenti

Contando su un calendario di ben cinque eventi – i famosi appuntamenti “Chasing Cancellara” – Selle Italia potrà così entrare in contatto con moltissimi ciclisti amatori che si sfidano sui percorsi più iconici che hanno reso leggendaria la carriera di Fabian Cancellara. Per quanto riguarda invece la collaborazione con la Swiss Racing Academy, l’azienda trevigiana fornirà selle e assistenza tecnica a tutti gli atleti del team. Questa importante attività si inserisce in un più ampio progetto di sostengo nei confronti di nuovi e potenziali talenti del ciclismo, un impegno che accomuna sia Selle Italia che lo stesso Fabian Cancellara.

selleitalia.com