La “casa” di Deda si veste di sostenibilità

30.11.2023
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Il marchio Deda è da sempre sinonimo di componenti di alta qualità. Solo per fare un esempio, basta citare il manubrio integrato Alanera, in grado di accompagnare nei loro successi tantissimi campioni. Un nome fra tutti: Tadej Pogacar. Il fuoriclasse sloveno ha infatti vinto il suo primo Tour de France stringendo fra le mani una Alanera.

L’integrato Alanera di Deda, con le leve in linea al manubrio
L’integrato Alanera di Deda, con le leve in linea al manubrio

Non solo prodotto

Da decenni l’azienda lombarda sviluppa, produce e commercializza prodotti destinati non solo al ciclismo, ma più in generale al mondo sportivo. In Dedaindustrie sono sempre più convinti che la mission di un’azienda non debba limitarsi al solo sviluppo e alla successiva produzione di prodotti destinati a chi pratica una attività sportiva. E’ infatti necessario mettere in atto azioni importanti e significative sul fronte ecologico e dell’impatto ambientale, associate al futuro dello sviluppo economico di ogni azienda.

Proprio per questo l’azienda lombarda ha deciso di intraprendere una serie di iniziative che hanno come scopo quello di ridurre il proprio impatto sull’ambiente e nello stesso rendere la propria sede di Campagnola Cremasca, situata nel cuore della Pianura Padana, sempre più autosufficiente a livello energetico.

Deda Elementi non cura solamente lo sviluppo e la realizzazione dei propri prodotti
Deda Elementi non cura solamente lo sviluppo e la realizzazione dei propri prodotti

Attenzione alle foreste

In casa Dedaindustrie è stata recentemente messa in atto una serie di azioni finalizzate ad aumentare la quantità di packaging realizzato con certificazione FSC e FSC misto. L’obiettivo che si vuole raggiungere è quello del 100% di packaging certificato FSC entro la fine del 2023. Ricordiamo a tal proposito che il Forest Stewardship Council (FSC) è una ONG internazionale senza scopo di lucro che ha dato vita ad un sistema di certificazione forestale riconosciuto a livello internazionale. La certificazione ha come scopo la corretta gestione forestale e la tracciabilità dei prodotti derivati. La presenza del logo di FSC garantisce che un prodotto è stato realizzato con materie prime derivanti da foreste correttamente gestite secondo i principi dei seguenti due principali standard: gestione forestale e catena di custodia.

Contestualmente in Dedandustrie si sta procedendo a sostituire progressivamente il packaging in plastica con carta a più basso impatto ecologico. Il ricordo alla plastica sarà inoltre limitato all’utilizzo di materiale rigenerato. L’obiettivo dell’azienda è di ridurre del 50% l’impiego di plastica entro il 2025 e essere plastic-free nel 2030.

Deda cura la sostenibilità ambientale con l’installazione di un impianto fotovoltaico di ultima generazione di 3.000 mq
Deda cura la sostenibilità ambientale con l’installazione di un impianto fotovoltaico di ultima generazione di 3.000 mq

Ecco il fotovoltaico

Fra le azioni messe in atto da Dedandustrie sul fronte ecologico e dell’impatto ambientale, rientra un’iniziativa che sta interessando le sedi operative del gruppo Dedaindustrie, Deda Elementi e Dedacciai. Queste ultime verranno dotate progressivamente di impianti fotovoltaici per un potenza totale installata di 175 kW. 

L’approvvigionamento energetico è un tema di primaria importanza. Proprio per questo è stato avviato un progetto che ha visto l’installazione di un primo impianto fotovoltaico di ultima generazione di 3.000 mq già installato. Ad esso se ne aggiungerà un secondo di 2.000 mq entro il 2024. L’impianto garantirà una produzione annuale di 190.000 kWh in grado di coprire il 65% del fabbisogno aziendale. Si stima che in 25 anni Dedaindustrie eviterà l’emissione di 1.151 tonnellate di CO2.

Chiudiamo con un pensiero sul tema da parte dell’azienda lombarda: «Si tratta di un progetto ambizioso e significativo – dichiarano da Dedaindustrie – l’impianto di 3.000 mq già installato e in grado di produrre 190.000 kWh all’anno, è un ottimo punto di partenza. L’aggiunta di ulteriori 2.000 mq rappresenterà un passo significativo verso l’autosufficienza energetica, riducendo la dipendenza dalle fonti tradizionali e contribuendo alla sostenibilità dell’ambiente. Il nostro settore di produzione e commercio inoltre è strettamente legato all’ambiente ed al benessere, dunque come azienda ci sentiamo doppiamente responsabilizzati sulla tematica».

Deda

Il punto di vista di Viel sul gravel (e sul mondiale)

03.10.2023
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CAMPAGNOLA CREMASCA – Il gravel un’opportunità di ciclismo visto in modo diverso. Abbiamo incontrato Mattia Viel alla Gera60, una pedalata tra amici promossa da Deda e con un lui abbiamo scambiato due battute. La nuova vita lavorativa, il gravel e la bici, ma anche un occhio sul prossimo mondiale gravel.

L’atleta piemontese ci illustra il suo punto di vista sul gravel in genere, con un occhio attento sulla prossima rassegna iridata di categoria. Viel è tutt’ora in attività, anche se il ciclismo praticato è sceso di un gradino nella scala delle priorità, perché ci sono diversi progetti è un ruolo nello staff marketing di DMT.

Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Ci sarai al prossimo Mondiale Gravel?

Si ci sarò, ma grazie ad una wild card e comunque l’approccio personale è completamente differente rispetto a quello del 2022. L’anno passato invece è stato diverso, perché ho gareggiato con l’obiettivo di indossare la maglia azzurra alla prima edizione dei mondiali di categoria.

Cambia il tuo approccio?

Assolutamente, ma era già cambiato nel 2022, che è stato il primo anno da non professionista. Ero piuttosto libero, lavorativamente parlando. Mi sono allenato, ma è pur vero che ho vissuto di rendita con tutto quello che ho fatto nelle stagioni da pro.

Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Invece quest’anno?

Quest’anno invece sono coinvolto al 100% nelle attività di marketing del gruppo Diamant, DMT e MCipollini. L’attività in bici è importante, ma sono concentrato su altro.

Una tua fase di crescita in cui il gravel ha un peso?

Il gravel mi ha aperto un sacco di opportunità ed io continuo a crederci. La porto avanti, non solo come attività personale, ma in parallelo ad altri progetti. Sono nel gruppo marketing Diamant, ho un progetto personale che si chiama Alive Cycling per l’abbigliamento e sono coinvolto nell’organizzazione della Erattico Gravel, nel territorio del canavese.

In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
Ti ritrovi ancora nell’ambito race?

Bisogna essere iper specializzati per fare qualsiasi cosa, farla al meglio ed essere credibili in quello che si fa. Per fare le gare gravel è necessario essere preparati, non si può improvvisare e a mio parere è giusto così. Mi ritrovo nel gravel race e mi piace vedere alcuni grandi nomi che arrivano dalla strada, portando lustro e visibilità, fattori che aiutano ad allargare la conoscenza verso questa categoria.

Gli uomini immagine, un biglietto da visita anche per noi italiani?

Direi proprio di si. Abbiamo la fortuna di avere il mondiale in Italia per il secondo anno consecutivo, nonostante i diversi problemi organizzativi, ma è una vetrina che dobbiamo sfruttare al massimo. Pensare che un Van Aert sarà il faro della manifestazione a mio parere è motivo di orgoglio.

Hai pedalato nel nuovo percorso?

Non ho avuto occasione, ma ho ricevuto diversi feedback da fonti diverse. Più gravel rispetto al 2022, duro ed esigente, molto spettacolare. Sono contento di questi aspetti tecnici, visto che ho creduto fin da subito nella disciplina e penso che un percorso gravel deve avere le giuste caratteristiche, non troppo stradistico e neppure esageratamente mtb. Il gravel deve avere un propria identità.

Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Servono delle regole?

Io sono a favore delle regole, servono per mettere ordine anche nel settore dei materiali. In questo momento ognuno di noi ha un pensiero proprio verso il gravel. Chi è più race, chi è rivolto al bikepacking, chi un po’ di più verso l’avventura e forse in questo momento è giusto così. Ma sono necessarie delle regole per il futuro e queste devono essere scritte con cognizione.

Ti manca la vita da pro’?

Sicuramente sì, anche se ho trovato in fretta una nuova identità. Non ho chiuso la mia carriera come avrei voluto, considerando che ho iniziato nel 2018 con la Androni grazie ad uno stage. Mi sarebbe piaciuto giocarmi qualche carta in più. Al tempo stesso sono gratificato nel vedere tutto quello che costruisco in questa fase della mia carriera lavorativa.

Gios Super Record, una bici senza epoca e senza età

25.09.2023
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Il test di una bici in acciaio, la Gios Super Record. Fuori dal tempo? Dipende dai punti di vista, perché non bisogna mai dimenticare che la bici nasce proprio da qui. L'eleganza ed il fascino la fanno da padroni, ma quello che esprime questa non è nulla di banale

La storia della bicicletta passa anche da qui. Gios Super Record, una bicicletta che ha fatto la storia del mezzo meccanico, della capacità e delle qualità dell’artigiano, una bici che è molto più che un oggetto da collezione.

L’abbiamo provata nella sua versione che fa collimare la tradizione dell’azienda torinese ad una componentistica moderna, performante e funzionale. Il prezzo per questa opera d’arte? 7.300 euro, poco, se consideriamo la qualità della bici.

E anche l’abbinamento cromatico è quello Gios
E anche l’abbinamento cromatico è quello Gios

L’acciaio è sempre l’acciaio

Ancora oggi è considerato il materiale di eccellenza per la costruzione delle biciclette, ma comporta un “sapere artigiano” non comune a tutti e si scontra con le grandi produzioni di massa del giorno d’oggi. Eppure una bicicletta in acciaio ha sempre il suo fascino, in particolar modo se è una Gios con le congiunzioni cromate, con i punti di saldatura solo dove servono e con quelle tubazioni rotonde che contrastano con i profilati dai grandi volumi delle biciclette più moderne.

La tubazione dello sterzo con le sedi da un pollice ed il movimento centrale rotondo, filettato e con il passo italiano. C’è anche un piantone dove alloggia un reggisella da 27,2 millimetri di sezione, che non ha collarino e il serraggio avviene grazie ad una vite a brugola inserita nei due occhielli saldati sul tubo. Il tubo obliquo, quello sopra al forcellino del cambio, presenta il dente per l’appoggio della catena, in modo che quest’ultima non rovini il tubo e non cada a terra una volta smontata la ruota posteriore. Eppure la Gios Super Record non è una bici solo da guardare e ammirare.

La Super Record in test

Il telaio è fatto con le tubazioni Columbus SL, quelle di ultima generazione, leggere e con un design tradizionale. La bicicletta non nasce per essere sloping ed è bello vederla nella sua forma originale. Una volta queste geometrie le chiamavano “geometrie quadro”, perché il profilato orizzontale non si scaricava mai verso il basso del retrotreno ed i foderi obliqui si inserivano nella zona del nodo sella.

Il vestito moderno della Gios Super Record è la componentistica, che grazie all’estetica e al carbonio, rende questo prodotto interessante per un ampio delta di utenti. La forcella è in carbonio ed è Columbus, con i foderi curvati in avanti. La trasmissione è Campagnolo Super Record meccanica (52-36 e 11-34) e naturalmente i freni sono caliper della medesima serie. Il gruppo guida (piega, attacco e reggisella) è firmato Deda, con la serie Zero100. Deda sono anche le ruote e sono le SL48 gommate con i copertoncini Veloflex da 25. La sella è di Selle San Marco. Il valore rilevato alla bilancia è di 7,8 chilogrammi (senza pedali), per una taglia del tutto accostabile ad una 54 dell’epoca attuale.

Come va

Il piacere di tornare a pedalare su una bici in acciaio! Al di la della componentistica, una bici così realizzata offre delle risposte non comuni ai materiali attuali, talvolta accostabili, in altre occasioni del tutto differenti e non semplici da spiegare a chi non ha mai avuto la fortuna di pedalare su una bici fatta con questo materiale.

Si tratta di una sorta di elasticità delle risposte, più lunghe e progressive rispetto ad un carbonio di alta gamma e ben fatto anche nelle quote geometriche. Una bici del genere difficilmente mette in crisi la zona lombare, la schiena e anche le articolazioni del bacino.

Non è mai perentoria, eccessivamente secca e cattiva. Si beneficia di una stabilità e di una capacità di copiare il terreno che sono dei valori aggiunti non secondari, fattori che la rendono sfruttabile da chiunque e un po’ ovunque. Ma la Gios Super Record è una bici da strada, che nasce da un progetto dedicato ai corridori (quelli veri), non è un ibrido e non è una tuttofare.

Bella e comoda da usare in salita
Bella e comoda da usare in salita

Spinge in salita e non impegna in discesa

Quando la strada sale la Super Record è una di quelle bici che sa farsi apprezzare. Ci vuole la gamba prima di tutto, questo è chiaro, ma anche avere la malizia di saper sfruttare al meglio le sue peculiarità è un aspetto che fa parte del “lavoro del ciclista”. La Gios in acciaio mostra una trazione del retrotreno fuori dal comune e un’eccellente stabilità, due fattori che nell’insieme la rendono progressiva e anche comoda nel corso delle lunghe ascese. Soffre un poco quando si vuole scattare ed alzarsi in piedi sui pedali a tutti i costi.

In discesa perdona quasi tutto. Non tira lungo nei tornanti, aiutando a tenere una buona traiettoria e non portando mai verso l’esterno della curva. Si guida facile e non si pianta quando è necessario frenare in modo prepotente. Proprio in una situazione di percorso molto tecnico, sparisce e si nasconde il suo design “esile”, un qualcosa di normale per chi ha avuto la fortuna di pedalare su bici del genere in passato, difficilmente immaginabile per chi non ha mai usato un mezzo con questo disegno.

E in discesa sorprende, non poco
E in discesa sorprende, non poco

In conclusione

Alcuni accostamenti con le bici più attuali ci aiutano a descrivere meglio la Gios Super Record, anche se a nostro parere una bici di questa caratura ha ben pochi eguali. Non si tratta esclusivamente di celebrare la storia, ma non dobbiamo dimenticare che la bicicletta da corsa nasce da prodotti come la Super Record.

Questa di Gios è una signora borghese agghindata con abiti moderni, con un trucco leggero e fa bella figura in ogni situazione. Ha un valore alla bilancia relativamente contenuto, ma è il prezzo che ci ha sorpreso, perché 7.300 li vale tutti.

Gios

Gios Rally Dynamic: la gravel elegante, pulita e su misura

06.06.2023
5 min
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Il sapore del Made in Italy ad ogni pedalata anche nel gravel. Gios Torino presenta la Rally Dynamic. Una bici dall’anima comoda e confortevole pronta a macinare chilometri su lunghe distanze e terreni sconnessi. Un modello che con fierezza porta avanti tutti i valori e l’etica costruttiva della famiglia Gios. Telaio rigorosamente su misura e una qualità effettiva da toccare con mano. La blu torinese vanta anche la totale integrazione dei cavi per un fascino elegante e senza tempo. 

Pulita e precisa

Fra le caratteristiche che contraddistinguono la creazione di ogni modello firmato Gios Torino ci sono lo studio e la cura di ogni dettaglio. «La Rally Dynamic – spiega Marco Gios – è un modello nuovo che parte un po’ da quello che è la Super Rally con la differenza sostanziale della totale integrazione dei cavi anche con il cambio meccanico. 

«La presentiamo – dice – con la forcella gravel Deda cioè la Gera EDG. Questo ha consentito di tenere lo sterzo di 1”1/8  nella parte superiore e di far passare tutti i cavi dentro. La forma è conica per donarle ancora di più un’anima corsaiola. Quello che comanda è però il cuscinetto inferiore da 1,5” che permette di avere una sterzata stabile e precisa e allo stesso tempo di raccordare meglio con le pipe più leggere disponibili sul mercato. 

«L’indole di questa Rally Dynamic – afferma – dipende da che genere di telaio vogliamo realizzare insieme al cliente. Facendo tutto su misura, facciamo biciclette con gomme che arrivano ad una larghezza massima di 42mm. Non abbiamo pensato a coperture estreme tipo 60 mm, quindi si ha un’anima più vicina alla bici corsa».

Tubi iconici

Quando si parla di Gios Torino non si può non menzionare le tubazioni Columbus. La sinergia tra le due aziende, esempio del Made in Italy, permette di innalzare la qualità e la garanzia di durabilità di ogni nuovo modello, come nel caso della Rally Dynamic.

«Le Columbus – dice Gios – sono tubazioni storiche e anche simbolo dei telai italiani. Tra l’altro la Rally Dynamic prende il nome dalla Aerodynamic, la nostra bicicletta che abbiamo iniziato a fare nel ’81 ed è stata una delle prime ad avere i tubi Columbus Air. Il tubo superiore della Rally Dynamic ricorda un po’ le sagome dell’Air. Inevitabilmente si ricollega a questo discorso dell’integrazione dei cavi che si faceva negli anni ’80, ed è un po’ un omaggio anche a quello. Sempre parlando di questi tubi un particolare è posizionato in corrispondenza della sella che vede all’interno del telaio un rinforzo in alluminio. Questo ci permette di non avere il canotto d’acciaio e basta ma una sezione di solidità e robustezza migliorata».

Su misura

In un’industria comandata dalla produzione su larga scala o in mano alle multinazionali come per ogni cosa, la qualità e la ricerca del dettaglio sono diventati qualcosa di ancora più apprezzabile quando la si ritrova. Gios Torino rappresenta il sarto che abilmente vuole conoscere il suo cliente e cucirgli addosso il migliore abito possibile. 

«La Rally Dynamic – spiega Gios – si può allestire con tutti gli accessori per il gravel. Dai portapacchi ai parafanghi. La personalizzazione passa anche da qui, con la possibilità di inserire predisposizioni ad hoc. Per esempio c’è chi vuole il portaborracce sul tubo orizzontale, oppure sotto. Siamo pronti a soddisfare ogni esigenza. Il movimento centrale è il T47 x 68mm che ci consente di far passare la guaina dell’impianto idraulico o meccanico internamente senza uscire mai dal telaio. Il manubrio è il Deda Superzero gravel, la linea apposita per questa disciplina. La trasmissione è Campagnolo Ekar con ruote Levante molto leggere.

«Per quanto riguarda il peso – conclude – è difficile da quantificare perché facendole su misura può variare. Parliamo comunque di circa 9 chili. Il telaio pesa 1,8 mentre con la forcella siamo sui 450 grammi. Il colore invece è il blu classico e rappresentativo Gios, con il particolare delle fasce grigio metallizzato com’era per la Aerodynamic».

Gios Torino

Intermarché-Circus sceglie Deda per le crono

06.05.2023
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CAMPAGNOLA CREMASCA – Deda è al fianco del Team Intermarché-Circus-Wanty, una collaborazione tecnica che prende forma grazie alla fornitura iniziale per le bici da cronometro. La particolarità non è esclusivamente legata alla partnership tecnica, ma al fatto che sia stata la squadra belga a contattare l’azienda lombarda.

Un’azienda storica del ciclismo mondiale
Un’azienda storica del ciclismo mondiale

Siamo stati nel quartier generale di Deda, per capire meglio come nasce e cosa si cela dietro il rapporto tra una grande azienda e un team WorldTour. Hanno risposto ai nostri quesiti, Fabio Guerini, Davide Guntri e Fausto Parodi, rispettivamente responsabile marketing, responsabile delle relazioni tra Deda e le squadre pro’ e ingegnere capo.

Come nasce la collaborazione con il Team Intermarché-Circus-Wanty?

Sono stati loro a contattarci – risponde Guerini – un passaggio del tutto particolare e non scontato in un mondo che associa le forniture tecniche alle sponsorizzazioni e contratti. Il primo incontro con lo staff tecnico del team c’è stato in occasione della partenza del Tour de France 2022 a Copenhagen.

Le torri e le prolunghe sulla bici da crono di Girmay (foto Deda)
Le torri e le prolunghe sulla bici da crono di Girmay (foto Deda)
C’è stata una richiesta specifica, oppure il primo approccio è stato una sorta di 360°?

Il focus principale ha riguardato il materiale da montare sulle bici da cronometro. Il responsabile dell’area tecnica del team – continua Guerini – si è concentrato sul fatto che avevano bisogno di un partner forte nel segmento crono. Abbiamo fornito subito alcune estensioni Deda Jet2 che sono state montate sulle bici – afferma Guntri – e valutate da loro con i test in galleria del vento. I risultati sono stati eccellenti.

Quindi per voi potrebbe essere un team da sfruttare come ricerca e sviluppo per il futuro?

Sì certo. In questo è da considerare la massima apertura e disponibilità del team stesso – argomenta Guerini – che non solo è un veicolo di promozione per Deda, ma ha anche dei margini tecnici di sviluppo che sono enormi e altrettanti legati alla crescita in termini di risultati.

Il materiale per le crono e c’è la nuova Lenticolare

Davide Guntri: «Per ora rimaniamo nell’ambito crono, con la fornitura delle nuova lenticolare Deda Hero DB e le prolunghe Jet2. Le protesi sono un prodotto sviluppato di recente, ma che al momento della prima fornitura era già presente nel nostro portfolio, mentre la ruota lenticolare fa il suo debutto proprio con Intermarché. Nessuno ci vieta di pensare a forniture di altri componenti per eventuali test, ma dipende anche dalla disponibilità del team. Qui è da considerare una valutazione tecnica legata alle loro bici convenzionali, che adottano ruote loro, le NewMen che rientrano nel pacchetto Cube, come il manubrio integrato. Vedremo, ma per ora si parla solo di crono».

Si parla prima fornitura, di cosa si tratta?

La ruota lenticolare Hero DB da 1.070 grammi – ci dice l’ingegnere Fausto Parodi – con tutta probabilità è una delle più leggere della categoria. La prima volta che è stata usata dai corridori ha sorpreso per scorrevolezza, efficienza e peso ridotto. Ne abbiamo mandate 13 come primo slot, ne stiamo spedendo altre e 90 protesi Jet2. Queste ultime non sono state modificate perché rispondevano agli ultimi requisiti imposti dall’UCI, l’unica variazione che abbiamo fatto è stata la piastra in alluminio CNC di alloggio per il manubrio Cube. La maggior parte degli atleti utilizzerà quelle in taglia media da 370 millimetri.

Tecnicamente, conosciamo già le prolunghe, ma invece la nuova lenticolare?

E’ tutta in carbonio – ci spiega Parodi – ad eccezione del mozzo in alluminio, con un corpo centrale lavorato, scavato ed alleggerito. E’ una ruota lenticolare asimmetrica. La costruzione della nuova Deda Hero prevede tre pezzi. La due pannellature laterali in carbonio unidirezionale, applicate al cerchio che è tubeless e non prevede l’inserimento del tape. Il canale è naturalmente chiuso con il carbonio. La valvola rimane coperta da uno sportellino laterale, che è stato leggermente modificato, rispetto alla versione iniziale, proprio grazie ad alcuni feedback che sono arrivati dalla squadra. Il mozzo ha il meccanismo d’ingaggio con la ruota dentata e le tre palette montate sul perno centrale. I cuscinetti sono sigillati.

La tendenza delle appendici in taglia media

Davide Guntri: «Anche grazie all nuove regole imposte dall’UCI, relative alle misure e proporzioni, c’è la tendenza di allungare il corridore sulla bicicletta da cronometro. Al tempo stesso lo stesso atleta viene lasciato alto sugli appoggi del manubrio, in modo che non venga schiacciato il ventre ed il muscolo del diaframma. Ecco che le protesi leggermente più lunghe offrono dei vantaggi, ma senza sacrificare la forza che molti corridori esprimono arpionando le protesi durante il massimo sforzo. In parallelo è da considerare una statura media del corridore che è sempre maggiore».

Prosegue incessante lo studio dell’ergonomia legata ai manubri
Prosegue incessante lo studio dell’ergonomia legata ai manubri
Da parte vostra, quanto tempo e’ necessario per sviluppare un nuovo prodotto?

Dipende dalla categoria del prodotto e dal focus del componente stesso. Possiamo ideare un componente e darlo ai pro da testare – ci racconta Parodi – ma se viene usato in gara, questo componente deve rientrare nella produzione standard e nel listino; è una regola UCI. Paradossalmente una ruota è più semplice da sviluppare, ma sono comunque necessari almeno 6 mesi per la validazione del progetto. Come minimo un anno, dalla prima bozza alla sua presenza nel catalogo. Per fare un buon manubrio le complicanze sono maggiori e diverse. Sono necessari almeno 3-4 mesi per il solo disegno. Sotto questo punto di vista, qualcosa è migliorato nelle ultime stagioni, da quando si utilizza la macchina 3D.

Fino alla fine del 2022, Deda è stata al fianco anche di Pogacar
Fino alla fine del 2022, Deda è stata al fianco anche di Pogacar
Quindi avere la possibilità di “sfruttare” un Team World Tour non è cosa da poco!

Per noi è fondamentale – argomenta Guerini – perché oltre agli stress test da condurre sul campo, si ha l’opportunità quotidiana di interfacciarsi con professionisti di livello altissimo, che forniscono dei riscontri e idee continue.

Nella stanza dei “giocattoli”, la storia dei manubri e qualche chicca
Nella stanza dei “giocattoli”, la storia dei manubri e qualche chicca
Ma quanto costa sviluppare e produrre un componente?

Anche in questo caso le variabili in gioco sono diverse – rispondono Guerini e Parodi – e la categorizzazione del componente è una di queste. Indicativamente si può considerare un proporzione di 1/100, rispetto al prezzo di listino proposto all’utilizzatore. Disegnare, sviluppare e testare, produrre e promuovere un prodotto è un meccanismo molto costoso al giorno d’oggi.

La qualità di Deda Elementi per idmatch

27.03.2023
3 min
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L’ultima edizione della fiera internazionale Taipei Cycle Show (in apertura la foto dello stand Deda) andata in scena nei giorni scorsi a Taipei, ha rappresentato per gli operatori del settore ciclo un momento importante di confronto e nello stesso tempo di scoperta di quelli che saranno gli orientamenti futuri del mondo bici. L’evento taiwanese è da sempre anche l’occasione per definire nuove collaborazioni o per rafforzare quelle già esistenti. E’ sicuramente questo il caso di due realtà italiane dal respiro internazionale come Deda Elementi e idmatch che proprio in occasione del Taipei Cycle Show hanno aggiunto un nuovo tassello alla loro felice collaborazione.

idmatch è un sistema di bike fitting che aiuta il ciclista a individuare una configurazione e posizionamento in bici ottimali
idmatch è un sistema di bike fitting che aiuta il ciclista a individuare una configurazione e posizionamento in bici ottimali

Grafiche speciali

In fiera, lo stand Deda Elementi, ha esposto una serie di componenti per il bike fitting realizzati con speciali grafiche custom, appositamente sviluppate da Deda per la Smart Bike di idmatch. Ricordiamo che idmatch è l’unico sistema di bike fitting completo che, attraverso un’analisi scientifica dei dati, aiuta il ciclista a individuare una configurazione e un posizionamento in bici ottimali per migliorare la sensazione di comfort e benessere, oltre alla performance. 

I prodotti Deda Elementi interessati dalla partnership con idmatch sono i seguenti: manubrio Gravel 100, manubrio Zero1, manubrio Zero100 Shallow, reggisella Zero1 Ø 31,6, manubrio MTB Peak Riser & Peak Flat, Parabolica Uno, Parabolica Due, Crononero Evo.

Un duplice obiettivo

Per Deda Elementi la collaborazione con idmatch ha una duplice funzione. Da un lato rafforza la propria presenza all’interno dei negozi di alta gamma. Dall’altro conferma quella che è da sempre una filosofia di pensiero dell’azienda lombarda, ossia creare delle collaborazioni “virtuose” con altre realtà italiane del comparto ciclo. A confermarlo è Fabio Guerini, responsabile marketing di Deda Elementi.

«Questa collaborazione – racconta –  rafforza ancor di più la presenza del nostro brand all’interno dei negozi d’alta gamma che hanno scelto idmatch come partner per la valutazione biomeccanica del ciclista. Le diverse geometrie offerte nella nostra gamma, rendono i componenti Deda ideali per il lavoro del bike fitter. Come azienda infine, crediamo fortemente nella collaborazione tra marchi italiani del settore, un plus riconosciuto a livello mondiale».

Alle parole di Fabio Guerini hanno fatto seguito quelle di Matteo Paganelli, Brand Manager di idmatch : «Da molto tempo utilizziamo prodotti Deda nei nostri laboratori di bike fitting. L’ufficializzazione della collaborazione con un brand di riferimento per la componentistica non può che renderci orgogliosi e ci dà la consapevolezza di poter offrire ai nostri ciclisti informazioni di ancor migliore qualità rispetto alla scelta dei corretti accessori per le loro bici».

Deda

Il Team Sias-Rime porta le Drali in gruppo: che bici sono?

07.01.2023
5 min
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Drali Milano entra ufficialmente nel mondo delle corse su strada di alto livello e fornirà le biciclette ai ragazzi del Team Sias-Rime continental.

La partnership con un team così sancisce la crescita del marchio milanese, che da bottega artigianale, diventa un brand riconosciuto anche all’estero, grazie anche ad una storia che ha inizio a fine 800. Ma andiamo ad analizzare la bicicletta che la squadra bresciana avrà a disposizione per la stagione 2023, un mezzo interamente fatto in Italia. Abbiamo chiesto al reparto tecnico di Drali.

Qual’è la bici fornita al team per la stagione entrante?

E’ la nuova Drali Ametista, di fatto l’evoluzione della piattaforma Aero ed è nativa per i freni a disco. Il nome identifica anche la vocazione aerodinamica del progetto iniziale. E’ disegnata, sviluppata e prodotta interamente in Italia, nella zona di Modena, identificata come la carbon valley italiana. Il collegamento con la F1 ed il motorsport in genere non è secondario. Ametista è prodotta per essere efficiente e rigida, è completamente in carbonio ed è un telaio fasciato. Non è un monoscocca. Non ha la leggerezza come obiettivo primario.

I ragazzi del Team Sias-Rime al primo ritiro nella zona del Garda (foto Team Sias-Rime)
I ragazzi del Team Sias-Rime al primo ritiro nella zona del Garda (foto Team Sias-Rime)
Qual’è il valore alla bilancia?

Siamo intorno al chilogrammo nella taglia media con finitura grezza.

Anche la verniciatura è fatta in Italia?

Assolutamente si, completamente Made in Italy.

E per quanto concerne il bollino UCI?

Drali Ametista è UCI approved. E’ un aspetto fondamentale e importantissimo. Per fornire una bicicletta ad una squadra Continental è obbligatoria l’omologazione e il deposito del progetto.

La forcella è una full carbon di Deda (foto Drali)
La forcella è una full carbon di Deda (foto Drali)
Ci sono delle peculiarità progettuali?

La forcella è sempre in full carbon ed è fornita da Deda. Questo componente è particolarmente difficile da progettare e sviluppare, motivo per il quale abbiamo preferito rivolgerci a Deda, che da sempre costruisce forcelle di qualità e performanti. Telaio e forcella permettono di montare coperture fino a 30 millimetri di sezione. Il reggisella, anche questo completamente in carbonio è specifico per Ametista. La scatola del movimento centrale è di natura T47, quindi di ultima generazione ed ha una larghezza di 85,5 millimetri. L’inserimento delle calotte T47 permette di irrigidire ulteriormente un comparto già molto rigido e mantiene una linea catena ottimale, anche in vista dell’utilizzo della trasmissione a 12 velocità.

Un telaio aero fatto a mano con un passaggio ruota abbondante. Come mai?

E’ una scelta voluta che cerca di guardare in avanti. Abbiamo visto che si usano ruote con uno shape sempre più largo e gomme con sezioni ampie. Ametista è stata disegnata con un concept di versatilità non secondario. Inoltre è un fattore molto considerato anche dal team, visto che c’è in preventivo di fare anche qualche puntata alle corse del nord.

Sloping marcato e inserzione molto bassa dei foderi obliqui (@Team Sias-Rime)
Sloping marcato e inserzione molto bassa dei foderi obliqui (@Team Sias-Rime)
Come sono equipaggiate le bici dei corridori?

Il cockpit e le ruote sono Deda. L’azienda cremasca ci ha fornito delle ruote da allenamento con cerchio in alluminio, il modello è lo Zero2, con cerchio full carbon e tubeless ready RS4 per le competizioni. Le gomme sono Vittoria, da valutare passo dopo passo se copertoncino o tubeless. Le selle di Selle Italia e la trasmissione Shimano Ultegra a 12 rapporti. In merito al pacchetto del cambio l’unica variabile è legata alla guarnitura, con un power meter esterno a Shimano. Drali si è impegnata a fornire la bicicletta completa e non solamente il frame-kit.

Quante bici fornisce Drali?

Per ora una bici per ogni corridore e alcune biciclette di scorta che tiene il team in caso di necessità. Siamo comunque oltre le 20 biciclette come prima fornitura.

Cockpit e ruote Deda, le Zero2 in alluminio da allenamento (foto Drali)
Cockpit e ruote Deda, le Zero2 in alluminio da allenamento (foto Drali)
E in caso di rottura?

La produzione italiana, oltre ad accorciare i tempi di gestione del prodotto ci permette di intervenire sul danno e riparare in tempi ridottissimi. Se dovesse capitare, mettendo la sicurezza davanti a tutto, forniremo un telaio nuovo e all’istante. E comunque c’è il massimo supporto verso il team.

Traspare una sorta di produzione artigianale. E’ possibile anche su misura?

Certamente. Lo permette la tecnologia della fasciatura e anche la produzione che è davvero artigianale. Ai corridori del team sono state fornire delle bici con taglie standard, ma siamo in grado di affrontare qualsiasi richiesta in termini di misure e geometrie.

Voluminosa ed aero, ma una bicicletta compatta (@Team Sias-Rime)
Voluminosa ed aero, ma una bicicletta compatta (@Team Sias-Rime)
Il team è passato dalle bici con freni tradizionali alle Drali con il disco. Avete fatto dei test che hanno anticipato la fornitura?

Si, abbiamo fatto delle prove con alcuni corridori per trovare un setting ottimale, cercando anche di capire ed anticipare le richieste di un team professionistico. In termini di sviluppo l’ambito amatoriale di ha dato un buon ritorno, però l‘obiettivo è quello di continuare a crescere e il banco di prova dei pro è il massimo in termini di feedback tecnici.

Wilier Rave SLR, il gravel race non è l’unica opzione

02.11.2022
6 min
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Il test della Wilier Rave SLR

La Wilier Rave SLR è un progetto pensato e sviluppato molto bene. In fatto d’impatto estetico è molto stradale, richiama l’iconico design Wilier delle piattaforme road ed ha un approccio race che non passa inosservato. Sulle strade sconnesse sorprende, lo fa non poco.

E’ una bicicletta che dà il meglio di sé nel contesto gravel race, considerando anche un allestimento adeguato. La nostra prova si è sviluppata in momenti diversi e include anche il mondiale gravel UCI che si è svolto in Veneto .

A Cittadella, al termine del mondiale, categorie amatoriali ovviamente (foto Sara Carena)
A Cittadella, al termine del mondiale, categorie amatoriali ovviamente (foto Sara Carena)

Rave SLR, test a tutto tondo

Il framekit è quello della Rave SLR, quindi un monoscocca in carbonio che vede l’inserimento di una particolare membrana viscoelastica che prende il nome di Liquid Crystal Polymer. Ovviamente ci sono delle differenze, legate principalmente al posizionamento delle pelli di carbonio, ma il procedimento di costruzione è lo stesso adottato per la produzione delle biciclette Zero e Filante. Da tenere ben presente però, che la Rave SLR è categorizzata come endurance, un suffisso che aiuta a contestualizzare il prodotto ed il suo animo di bicicletta non estremizzata.

L’abbiamo utilizzata con il cockpit Wilier Zero, ovvero il manubrio in carbonio molto road race oriented, con la trasmissione Shimano Ultegra Di2 a 12 rapporti e con il doppio plateau anteriore (50/34 davanti e 11/34 dietro). Il nostro test si è completato con l’impiego di tre differenti tipologie di ruote: le Deda Gera Carbon ( usante anche al mondiale e gommate Challenge, tubeless con sezione da 36), le ruote Wilier SLR42 (con gomme Vittoria da 35) e le Miche Graff Route (gommate Schwalbe, da 40).

La trasmissione stradale

Può essere un vantaggio sotto tanti punti di vista. Deve avere una combinazione di rapporto adeguata, non solo ai vari contesti ambientali, ma anche alla “gamba”, perché spingere il 50 su strada non è come spingerlo in offroad. Il range di utilizzo del cambio è davvero ampio e su una bicicletta del genere è un fattore da considerare, perché si può sfruttare bene su strada (anche con gomme radiali) al pari di una bici votata alle lunghe distanze e molto bene nell’ambito gravel race.

Inoltre, il design compatto e asciutto del deragliatore Ultegra di ultima generazione offre dei vantaggi per il passaggio delle gomme da 40 con tasselli laterali sporgenti, quello che non accadeva con il deragliatore delle vecchi cambi (trasmissioni Di2 ad 11 rapporti). Invece la luce tra la gomma anteriore e la forcella è ampio.

E poi ci sono i numeri che rappresentano le geometrie, valori facilmente accostabili ad una bici road di alto livello, ma che al pari della prestazione non sacrificano una certa comodità, stabilità e piacere di guida. Il carro posteriore è leggermente più lungo, se paragonato ad una bicicletta “solo” da strada, sinonimo di stabilità e trazione. L’angolo dello sterzo si sviluppa tra i 70° e 72°, in base alle taglie, aperto in avanti, ma non troppo e infatti la Wilier Rave si guida bene. Non è lenta nei cambi di direzione, anche sullo sterrato (soprattuto in off-road).

Il passo complessivo della bicicletta è in linea con le bici gravel race di ultimissima generazione, segno che la Rave SLR è stata sviluppata anticipando le tendenze.

Le ruote

Con le ruote Deda, dal profilo ridotto e usate in competizione con i tubeless da 36, la Wilier Rave diventa davvero agile, molto più sull’anteriore. Le Gera Carbon non sono ruote estremamente rigide e offrono un elevato potere ammortizzante anche sui sassi sporgenti. Un altro vantaggio di questa combinazione è un buon comfort dopo tante ore di sella tra asfalto, sterrato e concentrazione.

Con le Wilier SLR42, la Rave SLR assume i contorni di una vera bici road e all-road. Queste ruote diventano il simbolo della configurazione più versatile e veloce, ma anche esigente quando si affronta lo sterrato importante, quello veramente sconnesso. Perché versatile? Perché le ruote Wilier con questo profilo vestono alla perfezione la bicicletta e sono molto gratificanti da usare su strada anche gomme da 30 e 32 millimetri. Se usate fuoristrada, il manto non deve essere eccessivamente smosso, oppure è necessario prevedere ruote con una sezione almeno da 40 millimetri ed avere un po’ di manico.

Con le Graff Route di Miche abbiamo un pacchetto votato al gravel race nel senso stretto della considerazione. A nostro parere è l’abbinamento più corsaiolo e agonistico, che esprime anche una maggiore rigidità proprio nella parte bassa della bici. La scorrevolezza del mezzo è eccellente, lo è alle basse ed alte velocità, lo è nei cambi di ritmo anche sullo sterrato, nonostante una rigidità che non fa fatica ad emergere. E’ fondamentale adeguare gli pneumatici, in base alla natura del percorso e allo stile di guida.

In conclusione

Volendo sfruttare un accostamento motoristico, la Wilier Rave SLR è una sorta di supermotard. Non è “solamente” una bicicletta endurance se la portiamo sull’asfalto, perché ha un boost in più, decisamente superiore alla media della categoria. E’ veloce, agile e stabile, è bella da vedere e non è mai eccessiva e con le gomme larghe non sfigura, è certamente comoda, ma non è una bici da viaggio. Pensarla in ottica bikepacking è sprecata. Oppure, sì al viaggio e alle lunghe cavalcate, ma che prevedono lo spostamento separato dei bagagli per godere di qualche bella accelerata.

E’ una bicicletta gravel da competizione e a gas aperto è gratificante, offre un bel sostegno ovunque ed è divertente da guidare, oltre a configurarsi bene con svariati allestimenti.

L’allestimento con le ruote Wilier e la trasmissione Ultegra è disponibile a catalogo, ha un costo (listino) di 9.000 euro. Non è poco e sconfiniamo in una fascia di biciclette di elite, per la spesa e anche per la qualità complessiva del prodotto. Però è pur vero che si argomenta una bicicletta che non cede il passo, a prescindere dall’ambiente dove è inserita.

Deda Gera Carbon, torchiate al mondiale gravel

28.10.2022
4 min
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Deda Gera Carbon, ovvero le ruote leggere, con cerchio in carbonio HM costruite in modo specifico per il gravel. Hanno un profilo di 32 millimetri, sono tubeless ready e nonostante il ridotto valore alla bilancia hanno una notevole stabilità.

Le abbiamo messe sotto torchio, utilizzate anche al recente mondiale gravel, senza risparmiare qualche colpo proibito. Di seguito le nostre considerazioni.

Sulla Wilier Rave SLR utilizzata nella competizione iridata
Sulla Wilier Rave SLR utilizzata nella competizione iridata

Gera, sinonimo di ghiaia

Gera è il termine dialettale che tradotto significa ghiaia e ben rappresenta il concetto gravel. Le Deda Gera Carbon sono la versione superlight, con i loro 1.415 grammi rilevati (con tubeless tape inserito). Nonostante questo numero le ruote non sono tirate all’osso; la sensazione è quella di un pacchetto che ha ancora del margine di riduzione del peso. Il cerchio è consistente, full carbon e non è asimmetrico. Ha una larghezza totale di 29 millimetri, con un canale interno da 23.

I nipples sono esterni al cerchio e facilitano eventuali operazioni di manutenzione ed assestamento. I raggi (in acciaio) sono 24 per ogni ruota, 12 per parte a testa dritta ed incrociati in seconda. Sono piatti e nel punto di incrocio si sfiorano. Il mozzo è in alluminio ed ha una sorta di forma oversize (è diverso da quello utilizzato sull’ultima generazione delle ruote road dell’azienda lombarda). I cuscinetti sigillati, in acciaio, non sono soggetti a precarico esterno.

Come vanno

Uno dei punti di forza della Deda Gera Carbon è il cerchio. E’ ben fatto, senza troppi fronzoli, quasi essenziale nelle forme e con una canale interno disegnato a regola d’arte. Ha un uncino di tenuta dello pneumatico ben costruito, capace di arpionare il tubeless e diventare ermetico anche a pressioni molto basse. Non meravigliamoci se vedremo queste ruote anche in ambito ciclocross, utilizzate con le gomme tubeless. Nell’era delle ruote dal profilo medio e alto anche in ambito fuoristrada, le Deda Gera Carbon non sfigurano per nulla, anzi, la facilità di guida che esprimono (a prescindere dalle gomme) è esemplare.

La raggiatura non è tiratissima, agevola una fase ammortizzante e di controllo della ruota sullo sconnesso. Non si tratta di una ruota molle e che flette, ma non è un sistema particolarmente rigido. Si sfrutta bene anche in discesa (contano anche le gomme ovviamente), perché non ostacola le correzioni anche all’ultimo. Grazie ad un rigidità non eccessiva, le Deda Gera Carbon non sono secche e non rimbalzano. Non è un dettaglio secondario che influisce in maniera esponenziale sulla trazione e sulla stabilità (eccellenti).

Il canale interno è da 23 millimetri
Il canale interno è da 23 millimetri

Nel gravel l’ambiente ideale

Le consideriamo ruote versatili, ma restando nell’ambito del gravel spinto e race. Le Deda Gera Carbon non sono ruote violente, rigide ed estremamente reattive. Sono fattori da cucire e adeguare al proprio stile di guida. Sfruttate nel modo giusto offrono dei reali vantaggi nell’ambiente off-road, dove gli eccessi tecnici contano fino ad un certo punto e quello che definiamo “comfort” gioca un ruolo fondamentale ai fini della performance.

Lo shape del cerchio con la finitura che riproduce la ghiaia che dà il nome alle ruote
Lo shape del cerchio con la finitura che riproduce la ghiaia che dà il nome alle ruote

In conclusione

Mettendo insieme i diversi fattori, qualità e leggerezza, prezzo (1.390 euro di listino) e prestazioni, le Deda Gera Carbon sono ruote di vertice. Sono ruote pensate per la competizione, ma grazie alla loro trasversalità e rigidità contenuta, sono facili da sfruttare anche per chi si vuole guidare in modo più tranquillo.

Al mondiale gravel in Veneto le abbiamo usate con pneumatici tubeless da 36 millimetri di sezione, ma nelle successive fasi del test abbiamo montato anche i 40. Le Gera mostrano un equilibrio costante, anche quando lo pneumatico tende a spanciare all’esterno del cerchio.

Non solo: dopo diverse ore di utilizzo e una competizione sul groppone, senza aver risparmiato qualche colpo violento, avere una ruota così leggera che non necessita di un controllo della raggiatura, è sinonimo di una costruzione fatta a regola d’arte.

Deda Elementi