Van Rysel RCR-F, tutta velocità e zero compromessi

28.03.2025
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Van Rysel ufficializza la sua bicicletta nata per la velocità. RCR-F non è un compromesso, non è una bici buona per fare tutto e si basa su caratteristiche numeriche ben precise, dati che hanno l’obiettivo di categorizzare la nuova piattaforma. Un approccio innovativo.

Sotto i 1.500 metri di dislivello in 100 chilometri, con salite dalla pendenza media che non supera il 5%. Una bici studiata per rendere al meglio ed esprimere le sue potenzialità quando l’andatura media è superiore ai 36 chilometri orari. Adatta anche per le gare con il pavé dove le medie orarie sono diventate elevate. RCR-F è adatta agli sprinter. Come è stato possibile sviluppare una bicicletta basandosi su queste caratteristiche? Grazie al contributo di Swiss Side.

La nuova RCR-F, bici super aero
La nuova RCR-F, bici super aero

Van Rysel e Swiss Side, aero all’ennesima potenza

Pur mutuando solo in parte una sorta di impatto estetico dalla RCR (quella usata dal Team Decathlon-Ag2r), il riferimento è al carro posteriore, la nuova RCR-F si spinge verso un’importante estremizzazione dei concetti aerodinamici. La traduzione pratica e tangibile si riflette sulle forme della bicicletta e dalle varie integrazioni.

Rispetto alla RCR “standard”, la F risparmia 1,2 watt dalla forcella e 4,4 dal tubo sterzo. 1,7 watt dal tubo obliquo, 2,7 dal cockpit integrato. Significa risparmiare 1 minuto e mezzo in una gara come il Giro della Fiandre (rispetto all’utilizzo della RCR).

Nel wind tunnel con Swiss Side
Nel wind tunnel con Swiss Side

Carbonio unico e layup specifico

La tecnica utilizzata per la nuova Van Rysel RCR-F è monoscocca, senza un blend di fibre, ma con l’impiego di una sola tipologia di carbonio: altissimo modulo 60T. La posa delle pelli (ben 517 per un singolo telaio in taglia media) è dedicata a questo modello, per via delle forme così funzionali delle tubazioni.

Inoltre, il design complessivo della RCR-F (insieme alla fibra ad altissimo modulo) ha permesso di limitare l’impiego delle resine epossidiche, senza sacrificare la rigidità e limitando il valore alla bilancia.

Manubrio integrato, Van Rysel chiama Deda

Come per la RCR, anche la F adotta un cockpit integrato disegnato da Van Rysel e prodotto da Deda su richiesta specifica. «Eccellenza Italiana» dicono dalla Francia e da Swiss Side. Il disegno è diverso, se messo a confronto con quello in dotazione alla RCR. Tutta la sezione centrale/superiore è creata per limitare al massimo il contrasto con lo spazio e nel complesso è sviluppato per agevolare la presa bassa/aerodinamica per lunghi periodi, naturalmente in ottica sprint.

L’integrato prende il nome di Ergodrops e porta in dote anche una sorta di svasatura da ambo i lati per il posizionamento dal nastro manubrio, in modo da limitare qualsiasi spessore non necessario.

Taglie ed alcuni dettagli delle geometrie

Le misure disponibili sono 6, dalla XXS alla XL. Ci sono due valori comuni a tutte le taglie, la lunghezza del carro posteriore di 41 centimetri ed il rake della forcella di 45 millimetri. Inoltre, analizzando taglia per taglia la bici, emerge un prodotto decisamente compatto, con un interasse contenuto e piuttosto ribassato nella sezione frontale. Bici aggressiva.

Marchio di fabbrica Van Rysel con orientamento race
Marchio di fabbrica Van Rysel con orientamento race

Allestimenti e prezzi

Importante sottolineare che la Van Rysel RCR-F lascia un passaggio utile al passaggio degli pneumatici fino a 32 millimetri di sezione /sempre bene considerare il binomio gomme/ruote). Tre allestimenti: Signature Team, Shimano Ultegra e Shimano 105 Di2.

Il primo si basa sulla trasmissione Dura Ace con power meter annesso e ruote Swiss Side Hadron 625 ULT (9.499 euro di listino).

Il secondo ovviamente porta in dote la trasmissione Ultegra con power meter InPeak alla pedivella e ruote Hadron CLA 625 (6.499 euro di listino).

Il terzo allestimento prevede la trasmissione 105 Di2, sempre con il misuratore InPeak alla pedivella e ruote Hadron CLA 625 (5.499 euro di listino).

I pesi dichiarati sono rispettivamente di: 7,7, 8 e 8,2 chilogrammi (pedali esclusi).

Van Rysel

Ridley Noah Fast 3.0, parola a chi ha progettato la bici

28.01.2025
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Arriva in modo ufficiale la nuova bici aerodinamica di Ridley. La Noah Fast 3.0 sarà (insieme alla Falcn RS) il punto fermo per il Team Uno-X Mobility.

Cosa cambia rispetto alla Noah Fast delle generazione precedente? Quali sono i cardini della rinnovata piattaforma aero-bike di Ridley? Alcuni interessanti dietro le quinte della nuova Noah Fast raccontati da Bert Kenens, Product Manager del marchio belga.

La bici con la livrea ufficiale del team (foto Uno-X Mobility)
La bici con la livrea ufficiale del team (foto Uno-X Mobility)

Ridley Noah Fast, significa velocità ed aerodinamica

Che piaccia oppure no, chi produce biciclette deve spesso confrontarsi con regole diverse rispetto al passato e norme UCI che sono nuovamente cambiate.

«C’è l’applicazione 8:1 – ci racconta Kenens – che permette di costruire tubi fino a 8 volte più grandi e lunghi, rispetto al precedente standard 3:1. Si amplia la visione di design ed aerodinamica. UCI fornisce delle vere e proprie scatole ed il telaio della nuova bici deve starci dentro, I margini di errore sono limitati e la propensione verso l’aerodinamica è reale. La maggior parte dello sviluppo della Noah Fast è stato eseguito con i modelli CFD. Qualche migliaio di modelli, con la produzione successiva dei telai e manubri 3D portati nella galleria del vento, fino al telaio finale. La galleria del vento è interna all’azienda, quella della Bike Valley.

«Il CFD – prosegue Kenens – permette di quantificare il rapporto tra il peso e l’efficienza, con una valutazione che analizza anche quanto materiale si andrà ad usare. E’ preciso e ha dato modo inoltre di combinare profili simmetrici e asimmetrici delle tubazioni. Il cockpit e tutto lo sterzo sono le parti che colpiscono maggiormente. L’attacco manubrio ha l’obiettivo di diventare un tutt’uno con l’orizzontale in modo da minimizzare l’effetto drag negativo che normalmente si genera tra manubri e telai standard. Lo abbiamo richiesto ad uno dei nostri partner storici, Deda, per dare modo ai corridori di adattarsi al meglio alla nuova bicicletta, all’avantreno e alle nuove geometrie. Ecco perché vedremo alcuni atleti in gara con i manubri Deda».

Una sbirciatina al passato

Quando si affronta l’aerodinamica nel mondo del ciclismo, i reggisella integrati e alcune soluzioni di integrazione che hanno fatto scuola, è obbligatorio citare Ridley e la bici Noah. Sono trascorsi diversi anni, sono passate generazioni diverse di corridori, l’aerodinamica è diventata un riferimento, così come l’integrazione dei componenti, il cockpit ne è un esempio.

E ancora una volta siamo a parlare e scrivere della Noah (Fast). Il gap con le altre aziende si è ridotto, perché oggi tutti usano le soluzioni che hanno reso celebre questa piattaforma Ridley, eppure la bici dell’azienda belga è sempre capace di offrire spunti interessanti e un design che colpisce.

Bici importante e muscolosa (foto Uno-X Mobility)
Bici importante e muscolosa (foto Uno-X Mobility)

Un pacchetto totale

L’ultima generazione della Noah Fast è stata categorizzata da Ridley come una bici olistica, totale, perché ogni componente e comparto del frame-kit è stato disegnato, sviluppato e prodotto per integrarsi al meglio. Design, forme e volumi, misure. Noah Fast è un monoscocca in carbonio e come vuole la tradizione Ridley i tessuti di carbonio sono diversi (blend) con orientamenti differenti in base alle zone. Carro posteriore e forcella lasciano spazio per il passaggio di coperture fino a 34 millimetri di larghezza, anche in ottica velocità sempre più elevate sul pavé.

Il cockpit Nimbus Aero è strettissimo con un flare (svasatura) pronunciato/estremo. Nella parte alta, al limite dei manettini è largo 36 centimetri. Nella parte inferiore della curva è 40 (ben 4 centimetri per parte, considerando che ci sarà una versione 33/37 disponibile esclusivamente per il team). 127 millimetri di profondità della curva e 75 verso l’avantreno. Lo stack dell’attacco manubrio (calcolato dallo stelo della forcella al centro della piega) è disponibile in tre opzioni/altezze e sarà sempre positivo (verso l’alto), 55, 75 e 100 millimetri. Passa in secondo piano la lunghezza dello stem e diventa più semplice valutare il bike fitting per chi decide di usare questa tipologia di integrati.

Piantone a 75° (taglia media)

La geometria così raggiunta viene categorizzata come progressiva. Si basa sulla ricerca di una posizione sempre più avanzata dei corridori (considerando che la regola dei 5 centimetri della sella più arretrata rispetto al movimento centrale è stata abolita) e da qui ha preso forma la geometria della Noah Fast. Ci sono un piantone drittissimo, una scatola del movimento centrale più basso rispetto agli standard comunemente utilizzati, valore che è compensato da un incremento delle sezioni degli pneumatici (che aumentano complessivamente l’altezza da terra della bici).

Per gli amanti dei numeri, la Ridley Noah Fast è più rigida del 10% a parità di taglia e rispetto alla Falcn RS. A 50 chilometri orari (nella galleria del vento) risparmia 7 watt rispetto alla Falcn RS, 8,5 se messa a confronto con la Noah Fast più anziana. Il peso dichiarato del telaio è di poco superiore al chilogrammo.

Sterzo mastodontico e manubrio specifico (foto Uno-X Mobility)
Sterzo mastodontico e manubrio specifico (foto Uno-X Mobility)

Reach allungato

A parità di taglia, rispetto alla vecchia Noah Fast il reach del telaio si è allungato di 3 centimetri, ma nonostante questo fattore la scelta della misura corretta non cambia. Resta la medesima misura del passato. Le taglie disponibili sono 5, XXS, XS e S, M e L.

Il prezzo di listino del kit telaio Ridley Noah Fast è di 5.499 euro (una bici montata Ultegra con ruote DT Swiss ARC1400 ha un prezzo di 8.799 euro). Sarà disponibile anche una versione Noah (non Fast), con un carbonio meno estremizzato nel layup e senza il manubrio integrato.

Ridley

I dischi in acciaio Deda sono una garanzia, longevi e performanti

23.09.2024
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MISANO ADRIATICO – C’è anche un grande ritorno dell’acciaio anche nella componentistica (non solo in ambito telai, soprattutto in ottica gravel) e i dischi per i freni sono una conferma. Deda si pone come uno dei player più importanti.

Pista frenante in acciaio e spider di supporto in alluminio, per un disco che guarda alla sostanza, alla longevità e all’efficienza. A Italian Bike Festival 2024, Deda ha presentato ufficialmente i suoi rotori.

Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso
Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso

Deda, maestri nelle leghe

Quando si tratta di Deda è lecito aspettarsi un componenti di qualità. L’azienda cremasca è leader, da sempre, nella categoria dei metalli. I nuovi rotori per i freni a disco si rivolgono al mondo road ed al gravel e sono costruiti combinando l’acciaio e l’alluminio.

Il primo si riferisce alla prima parte, quella superiore della pista frenante (nella zona a contatto con le pastiglie, il disco Deda ha uno spessore di 1,8 millimetri), l’alluminio 7075 è utilizzato per il ragno di supporto e per la zona di ingaggio (CenterLock) al mozzo. Non è disponibile in versione a 6 fori.

Soluzione flottante

Le due parti del disco Deda sono unite tra loro grazie ad un sistema flottate a 5 rivetti con rondelle elastiche. Questa tecnica permette un’elevata dissipazione del calore, evita la deformazione del materiale e contribuisce ad una efficienza straordinaria anche quando le temperature salgono in modo esponenziale. Il design superiore della pista frenante è arrotondato. Anche in questo caso, oltre a questioni di sicurezza, entra in gioco la ricerca di una forma adatta a garantire le migliori performance, con un valore alla bilancia ridotto.

Il disco Deda è frutto di una ricerca con analisi FEM, acronimo di Finite Element Method. Significa che le forme e l’impiego dei materiali devono collimare in modo perfetto, tanto da essere prestazionali e garantire costantemente l’integrità del componente. I diametri disponibili sono due: 160 e 140 millimetri.

Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra
Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra

Provato in anteprima

I primi test da parte nostra risalgono alla fine del 2023. Oltre 7000 chilometri, su strada e nel gravel, in inverno e con le temperature estive. I primi campioni dei dischi non avevano una livrea definitiva e alcuni dettagli erano da rifinire, ma era importante capire l’efficacia, la bontà dei materiali e la qualità complessiva del componente, così come la longevità.

I primi risultati ci hanno fornito dei riscontri eccellenti, soprattutto se messi a confronto con i dischi (tutti) in alluminio. Maggiore modulabilità della frenata e capacità di sopportare frenate protratte nel tempo. Una maggiore stabilità del componente che non cambia forma e non pizzica le pastiglie anche dopo lunghe discese. Nessun problema di adattabilità con i vari impianti. Ma il ragno in alluminio cambiava colore (senza deformarsi) per via delle elevate temperature al quale abbiamo sottoposto i dischi. Da qui la scelta, poi definitiva, di usare il ragno in livrea nera.

I dischi Deda non puntano ad una leggerezza estrema (per gli amanti dei confronti e numeri, un disco da 160 Shimano Dura Ace pesa 103 grammi), lo si nota anche dal valore alla bilancia rilevato, perché l‘obiettivo principale è quello di fornire un prodotto sostanzioso e durevole nel tempo, da usare su strada e in ambito gravel.

Deda Elementi

Nuovo Deda Alanera RS, il manubrio che cambia la bici

25.06.2024
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Deda Alanera, ovvero uno dei manubri integrati capace di aver cambiato i riferimenti della categoria, capace di cambiare la resa tecnica di un'intera bicicletta. Il cockpit integrato cambia e si rinnova, diventa più leggero, rigido e adotta il suffisso RS, ma sopratutto diventa più efficiente in termini di aerodinamica ed ergonomia. E' stato sviluppato anche grazie al contributo della galleria del vento del Politecnico di Milano, un'eccellenza tutta italiana e sempre più un riferimento per il settore del ciclismo. Fausto Parodi, ingegnere Deda alza il velo sul nuovo Alanera RS.

MILANO – Il nuovo Deda Alanera RS nasce anche grazie al contributo tecnologico di una delle eccellenze che il mondo ci invidia, ovvero il Politecnico di Milano e la sua galleria del vento. Il wind tunnel del Politecnico è uno strumento che nel corso degli anni ha visto passare tante biciclette, ciclisti e componenti, testimone fisso dell’evoluzione del ciclismo.

E’ stato emozionante poter entrare nella galleria del vento e vedere per la prima volta il nuovo manubrio Deda, un cockpit integrato che fin dalla prima versione ha cambiato le regole del gioco (e le performances) in questa categoria di prodotti, ora diventati una sorta di standard. Ma Alanera rimane unico, uno dei quei pochissimi manubri super performanti in grado di cambiare il carattere di una bicicletta. Entriamo nel dettaglio.

Minimale e aggressivo nell’impatto estetico
Minimale e aggressivo nell’impatto estetico

Deda Alanera RS, cambia tutto

Accostabile alla versione precedente? Solo per alcuni dettagli che hanno reso celebre la “vecchia” Alanera, ad esempio la nervatura centrale dello stem e per il fatto che è un manubrio integrato in carbonio, nulla più. Il nuovo Deda Alanera RS è un monoscocca in carbonio vero e proprio, che non prevede nessuna sezione incollata in un secondo momento. Non è un semplice dettaglio e non è una soluzione adotatta da molti. Il metodo obbliga ad utilizzare degli stampi appositi con dei margini di errore che sono ridottissimi. Per costruire un singolo Alanera RS sono necessari oltre 180 fogli di carbonio con relative stratificazioni delle pelli. Vengono utilizzate due tipologie di tessuti, il 3D e quello con finitura 3K.

Anche gli orientamenti (con quattro angolazioni diverse per ogni manubrio) della fibra sono stati oggetto di approfondimenti e studi, in modo che ogni singolo strato di carbonio possa rendere al massimo.

Più leggero e più rigido

Deda Alanera RS è più leggero del 6% (il peso dichiarato per la misura 110×42 è di 340 grammi), se messo a confronto con la versione più anziana (a parità di taglia), anche se il confronto preciso tra le misure è difficile. Perché? La piega ha un flare (una svasatura o apertura verso l’esterno) di 6°, con una differenza tra appoggio superiore e terminale della piega di 2,5 centimetri. E’ perfettamente in linea con le nuove normative UCI e con le nuove tendenze che prevedono una sorta di disassamento delle leve rispetto alla linea verticale del manubrio.

Per entrare nel dettaglio dei numeri e considerando le tre larghezze disponibili. 40 centimetri superiore corrisponde a 42,5 inferiore, 42 a 44,5 e la larghezza 44 corrisponde a 46,5 centimetri sul terminale della piega. Le lunghezze dello stem vanno dagli 80 ai 130 millimetri (140 millimetri su richiesta).

I dettagli che fanno la differenza

Partendo dalla sezione posteriore. Il cap che copre la parte superiore dello stelo della forcella è completamente integrato ed in linea con la superficie dell’attacco manubrio. La sua integrazione lascia comunque spazio agli eventuali 5 millimetri di sporgenza dello stelo.

La battuta inferiore dello stem, quella che appoggia sugli spessori è dotata di dentini che vanno ad ancorare gli stessi spessori (con disegno DCR e dedicati). Si azzera il rischio che questi ultimi ruotino su se stessi. La compatibilità (considerando le bici presenti sul mercato) offerta da Deda è molto ampia. La chiusura del collarino si struttura grazie a due viti (in titanio) a brugola ed a un ciclindro metallico, nascosto nel lato opposto. E’ predisposta una cover in TPU che chiude lo spazio delle brugole.

Il passaggio interno delle guaine ed eventuali cavi è stato maggiorato, nonostante un volume esterno del manubrio che è stato ridotto. Infatti, la sezione frontale diventa di 17 millimetri per l’RS, rispetto ai 22 della versione precedente, mentre la superficie di appoggio è aumentata di 2 millimetri (46 rispetto a 44). Anche dal punto di vista estetico, il nuovo integrato Deda è più arrotondato, sinuoso e meno spigoloso rispetto al passato. Significa anche un’efficienza aerodinamica più elevata.

L’angolo dell’attacco è di 82°. Deda è l’unica azienda ad adottare questa angolazione, una soluzione che arriva dal passato e che diventa più che mai attuale con la ricerca estrema dell’aerodinamica. Uno stem con questo angolo sarà sempre perfettamente in linea con l’orizzonte. Infine c’è il supporto frontale specifico. È in alluminio 6061 ed è compatibile anche con la serie Edge 1000 di Garmin. Ogni Alanera è munita di etichetta NFC per l’attivazione della garanzia e per verificare l’originalità del manubrio.

L’ergonomia si basa sul concetto RHM Evo (foto Deda)
L’ergonomia si basa sul concetto RHM Evo (foto Deda)

Estremo nelle prestazioni ed ergonomico

La forma si basa sul concetto RHM Evo di Deda. Significa che il polso può sfruttare un appoggio completo che arriva dal binomio manettino del cambio/manubrio. Sono stati eliminati quegli spazi vuoti che erano presenti sull’Alanera della generazione precedente. La curva ha un’altezza (drop) di 120 millimetri ed una profondità (reach) di 75, valori comuni a tutte le taglie. Il prezzo di listino è di 795 euro, non è poco, ma è perfettamente in linea con una categoria di cockpit integrati hors categorie.

Deda

Deda SL4, più leggere e performanti

28.02.2024
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Deda Elementi presenta le nuove SL4, ruote ad alto profilo pensate per sfrecciare alle alte velocità in qualsiasi condizione. Tecnologie e nuove soluzioni implementate con l’obiettivo di regalare un esperienza di guida sicura ma soprattutto performante. Grazie alla loro anima racing sono pronte ad assecondare ogni richiesta di prestazione. Design iconico di Deda con un profilo asimmetrico da 45 mm che si adatta ad ogni silhouette di bici.

Ruote pensate anche per prestazioni agonistiche
Ruote pensate anche per prestazioni agonistiche

Migliorata

Le nuove SL4 per freni a disco sono ancora più leggere e performanti grazie all’upgrade con mozzi di derivazione RS. Il cerchio ha un profilo asimmetrico da 45 mm con sezione maggiorata a 26 mm per garantire leggerezza e stabilità. Sensazioni preziose per chi cerca il meglio dalle proprie ruote, ancora più importanti se le si utilizzano per il settore agonistico dove ogni grammo o watt recuperato può determinare risultati importanti.

Tra le caratteristiche da sottolineare c’è sicuramente la raggiatura a 24 raggi che si traduce in alta rigidità. Un pregio tecnico che serve per esprimere al meglio tutta la forza a terra impressa sui pedali. Il cerchio allargato fornisce un miglior supporto al pneumatico e riduce la resistenza al rotolamento, aumentando allo stesso tempo la resistenza meccanica e l’aerodinamicità della ruota. Le SL4 si candidano ad essere un supporto ideale per chi cerca lo spirito Deda in ogni sua espressione.

Disponibili in finitura POB (Polish on black)
Disponibili in finitura POB (Polish on black)

Nuovo mozzo

Una peculiarità di queste SL4 che salta subito all’occhio è il nuovo mozzo anteriore RS che presenta un’area frontale estremamente ridotta (-20%) rispetto alla precedente generazione. Le flange del mozzo sono progettate per ridurre la resistenza all’aria, sia nel mozzo anteriore che in quello posteriore. Il corpo del mozzo vanta una lavorazione meccanica chiamata rifling design che migliora l’aerodinamica e amplifica l’effetto Magnus (deportanza della ruota) per una maggiore stabilità a velocità molto elevate. 

I mozzi RS sono dotati di un sistema a doppio ratchet da 20 denti per l’innesto della ruota libera.
Il ratchet più piccolo si trova nel corpo ruota libera mentre quello più grande si trova all’interno della flangia mozzo per una migliore trasmissione della forza. Tra i vantaggi si denotano: leggerezza (-16%), minor attrito, migliore trasmissione di forza e una facile manutenzione. Per il corretto funzionamento del prodotto, l’azienda consiglia di eseguire un controllo periodico dello stato di usura dei componenti e, se necessario, di pulirli e ingrassarli.

Profilo asimmetrico da 45 mm con sezione maggiorata a 26 mm
Profilo asimmetrico da 45 mm con sezione maggiorata a 26 mm

Tecnologie 

A chiudere le migliorie di questa nuova SL4 firmata Deda Elementi è l’ormai indispensabile tecnologia tubeless-ready. Il cerchio è progettato per essere compatibile con pneumatici tipo copertoncino e tubeless. Presenti nuovi nipples interni per migliorare ulteriormente l’aerodinamica, mentre il sistema ABS previene lo svitamento dei raggi. I nipples hanno infatti una speciale pallina in nylon inserita direttamente all’interno della testa, che li mantiene sempre nella posizione corretta. La ruota libera è disponibile per Shimano, Sram XDR, Campagnolo e Campagnolo Ekar 13v. 

Il materiale scelto per la struttura di queste ruote è una combinazione di fibre di carbonio ad alto modulo UD e 3K. Il rotore del freno a disco è Shimano center lock con compatibilità perno anteriore 12×100 mm e posteriore 12×142 mm. Tra gli accessori inclusi si trovano: nastro e valvole tubeless, ghiera center-lock e lubrificante corpetto ruota libera. Il peso complessivo del set si attesta in soli 1.520 grammi. Il prezzo consultabile sul sito è di 1.350 euro (IVA esclusa). 

DedaElementi

Gios Torino Titanio WRL 2024, essenza di stile e affidabilità

11.01.2024
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Quando si parla di titanio, il primo pensiero va alla durabilità e al grigio opaco di questo materiale unico. Lavorato dalle sapienti mani di Gios Torino, viene utilizzato per realizzare il nuovo modello Titanio WRL 2024. Una sinfonia di soluzioni tecniche che assecondano le esigenze del ciclista e sono garanzia di comfort e affidabilità: la costruzione su misura la rende una bici pronta a soddisfare ogni aspettativa.

Migliorie tecniche

La Titanio WRL 2024 nasce dal successo del modello precedente e vanta soluzioni tecniche che mirano a migliorare il rendimento sotto il punto di vista della performance e dell’estetica.

«Il nuovo modello 2024 – spiega Marco Gios – monta una scatola del movimento centrale maggiorata, in particolare il T47. Questo permette di far passare completamente il cablaggio interno delle guaine idrauliche. Il tubo sterzo conico da 1” 1/8 serve per far passare tutte le guaine ed è disponibile anche in versione non conica.

«Per quanto riguarda i nuovi dettagli estetici – sottolinea Gios – troviamo la finitura anodizzata del logo Gios Torino sul telaio e la finitura nero opaca della forcella, particolare che non avevamo mai fatto. Il titanio si può anche fare verniciato nella livrea tradizionale, ma di solito chi sceglie una bici realizzata con questo materiale, ha piacere di vedere il titanio nel suo colore naturale. Quindi, proprio per evitare il ricorso alla vernice, abbiamo fatto ricorso all’anodizzazione. Le scritte che prima facevamo sabbiate e rimanevano leggermente tono su tono, adesso risaltano maggiormente e donano alla bici uno stile ancora più unico».

Doppia anima

Come da tradizione di Gios Torino, ciascuna bici ordinata viene realizzata su misura. Questo porta a una geometria realizzata ad hoc e all’implementazione di eventuali particolari su richiesta del cliente.

«Le nostre biciclette – ribadisce Gios – sono realizzate su misura, quindi la Titanio WRL 2024 può essere una bici da strada, ma anche gravel. Il materiale infatti si presta molto alla guida off road. Abbiamo la libertà di produrre qualsiasi tipo di bicicletta, qualsiasi tipo di geometria che si voglia esplorare. Noi forniamo il kit telaio e la forcella, però montiamo solo Campagnolo, quindi diciamo che la si può avere con qualsiasi gruppo del suo catalogo.

«Per quanto riguarda la compatibilità della forcella con le coperture – conclude Gios – Deda permette di arrivare fino a 30 mm. Mentre sul gravel si può arrivare anche a 40.  La geometria è tradizionale, con pochissimo sloping. Vi facciamo ricorso solo se necessario per non mettere spessori sotto la pipa e consentire un migliore passaggio delle guaine idrauliche. Se il cliente richiede predisposizioni per portapacchi o per borse, siamo pronti ad assecondarlo tranquillamente».

La WRL viene realizzata con tubazioni Deda K19 grado 9 ovviamente su misura per un peso complessivo del telaio di 1.400 grammi e 380 grammi per le forcella. Il prezzo per il kit è di 3.950 euro.

GiosTorino

Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
5 min
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

La “casa” di Deda si veste di sostenibilità

30.11.2023
4 min
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Il marchio Deda è da sempre sinonimo di componenti di alta qualità. Solo per fare un esempio, basta citare il manubrio integrato Alanera, in grado di accompagnare nei loro successi tantissimi campioni. Un nome fra tutti: Tadej Pogacar. Il fuoriclasse sloveno ha infatti vinto il suo primo Tour de France stringendo fra le mani una Alanera.

L’integrato Alanera di Deda, con le leve in linea al manubrio
L’integrato Alanera di Deda, con le leve in linea al manubrio

Non solo prodotto

Da decenni l’azienda lombarda sviluppa, produce e commercializza prodotti destinati non solo al ciclismo, ma più in generale al mondo sportivo. In Dedaindustrie sono sempre più convinti che la mission di un’azienda non debba limitarsi al solo sviluppo e alla successiva produzione di prodotti destinati a chi pratica una attività sportiva. E’ infatti necessario mettere in atto azioni importanti e significative sul fronte ecologico e dell’impatto ambientale, associate al futuro dello sviluppo economico di ogni azienda.

Proprio per questo l’azienda lombarda ha deciso di intraprendere una serie di iniziative che hanno come scopo quello di ridurre il proprio impatto sull’ambiente e nello stesso rendere la propria sede di Campagnola Cremasca, situata nel cuore della Pianura Padana, sempre più autosufficiente a livello energetico.

Deda Elementi non cura solamente lo sviluppo e la realizzazione dei propri prodotti
Deda Elementi non cura solamente lo sviluppo e la realizzazione dei propri prodotti

Attenzione alle foreste

In casa Dedaindustrie è stata recentemente messa in atto una serie di azioni finalizzate ad aumentare la quantità di packaging realizzato con certificazione FSC e FSC misto. L’obiettivo che si vuole raggiungere è quello del 100% di packaging certificato FSC entro la fine del 2023. Ricordiamo a tal proposito che il Forest Stewardship Council (FSC) è una ONG internazionale senza scopo di lucro che ha dato vita ad un sistema di certificazione forestale riconosciuto a livello internazionale. La certificazione ha come scopo la corretta gestione forestale e la tracciabilità dei prodotti derivati. La presenza del logo di FSC garantisce che un prodotto è stato realizzato con materie prime derivanti da foreste correttamente gestite secondo i principi dei seguenti due principali standard: gestione forestale e catena di custodia.

Contestualmente in Dedandustrie si sta procedendo a sostituire progressivamente il packaging in plastica con carta a più basso impatto ecologico. Il ricordo alla plastica sarà inoltre limitato all’utilizzo di materiale rigenerato. L’obiettivo dell’azienda è di ridurre del 50% l’impiego di plastica entro il 2025 e essere plastic-free nel 2030.

Deda cura la sostenibilità ambientale con l’installazione di un impianto fotovoltaico di ultima generazione di 3.000 mq
Deda cura la sostenibilità ambientale con l’installazione di un impianto fotovoltaico di ultima generazione di 3.000 mq

Ecco il fotovoltaico

Fra le azioni messe in atto da Dedandustrie sul fronte ecologico e dell’impatto ambientale, rientra un’iniziativa che sta interessando le sedi operative del gruppo Dedaindustrie, Deda Elementi e Dedacciai. Queste ultime verranno dotate progressivamente di impianti fotovoltaici per un potenza totale installata di 175 kW. 

L’approvvigionamento energetico è un tema di primaria importanza. Proprio per questo è stato avviato un progetto che ha visto l’installazione di un primo impianto fotovoltaico di ultima generazione di 3.000 mq già installato. Ad esso se ne aggiungerà un secondo di 2.000 mq entro il 2024. L’impianto garantirà una produzione annuale di 190.000 kWh in grado di coprire il 65% del fabbisogno aziendale. Si stima che in 25 anni Dedaindustrie eviterà l’emissione di 1.151 tonnellate di CO2.

Chiudiamo con un pensiero sul tema da parte dell’azienda lombarda: «Si tratta di un progetto ambizioso e significativo – dichiarano da Dedaindustrie – l’impianto di 3.000 mq già installato e in grado di produrre 190.000 kWh all’anno, è un ottimo punto di partenza. L’aggiunta di ulteriori 2.000 mq rappresenterà un passo significativo verso l’autosufficienza energetica, riducendo la dipendenza dalle fonti tradizionali e contribuendo alla sostenibilità dell’ambiente. Il nostro settore di produzione e commercio inoltre è strettamente legato all’ambiente ed al benessere, dunque come azienda ci sentiamo doppiamente responsabilizzati sulla tematica».

Deda

Il punto di vista di Viel sul gravel (e sul mondiale)

03.10.2023
4 min
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CAMPAGNOLA CREMASCA – Il gravel un’opportunità di ciclismo visto in modo diverso. Abbiamo incontrato Mattia Viel alla Gera60, una pedalata tra amici promossa da Deda e con un lui abbiamo scambiato due battute. La nuova vita lavorativa, il gravel e la bici, ma anche un occhio sul prossimo mondiale gravel.

L’atleta piemontese ci illustra il suo punto di vista sul gravel in genere, con un occhio attento sulla prossima rassegna iridata di categoria. Viel è tutt’ora in attività, anche se il ciclismo praticato è sceso di un gradino nella scala delle priorità, perché ci sono diversi progetti è un ruolo nello staff marketing di DMT.

Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Ci sarai al prossimo Mondiale Gravel?

Si ci sarò, ma grazie ad una wild card e comunque l’approccio personale è completamente differente rispetto a quello del 2022. L’anno passato invece è stato diverso, perché ho gareggiato con l’obiettivo di indossare la maglia azzurra alla prima edizione dei mondiali di categoria.

Cambia il tuo approccio?

Assolutamente, ma era già cambiato nel 2022, che è stato il primo anno da non professionista. Ero piuttosto libero, lavorativamente parlando. Mi sono allenato, ma è pur vero che ho vissuto di rendita con tutto quello che ho fatto nelle stagioni da pro.

Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Invece quest’anno?

Quest’anno invece sono coinvolto al 100% nelle attività di marketing del gruppo Diamant, DMT e MCipollini. L’attività in bici è importante, ma sono concentrato su altro.

Una tua fase di crescita in cui il gravel ha un peso?

Il gravel mi ha aperto un sacco di opportunità ed io continuo a crederci. La porto avanti, non solo come attività personale, ma in parallelo ad altri progetti. Sono nel gruppo marketing Diamant, ho un progetto personale che si chiama Alive Cycling per l’abbigliamento e sono coinvolto nell’organizzazione della Erattico Gravel, nel territorio del canavese.

In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
Ti ritrovi ancora nell’ambito race?

Bisogna essere iper specializzati per fare qualsiasi cosa, farla al meglio ed essere credibili in quello che si fa. Per fare le gare gravel è necessario essere preparati, non si può improvvisare e a mio parere è giusto così. Mi ritrovo nel gravel race e mi piace vedere alcuni grandi nomi che arrivano dalla strada, portando lustro e visibilità, fattori che aiutano ad allargare la conoscenza verso questa categoria.

Gli uomini immagine, un biglietto da visita anche per noi italiani?

Direi proprio di si. Abbiamo la fortuna di avere il mondiale in Italia per il secondo anno consecutivo, nonostante i diversi problemi organizzativi, ma è una vetrina che dobbiamo sfruttare al massimo. Pensare che un Van Aert sarà il faro della manifestazione a mio parere è motivo di orgoglio.

Hai pedalato nel nuovo percorso?

Non ho avuto occasione, ma ho ricevuto diversi feedback da fonti diverse. Più gravel rispetto al 2022, duro ed esigente, molto spettacolare. Sono contento di questi aspetti tecnici, visto che ho creduto fin da subito nella disciplina e penso che un percorso gravel deve avere le giuste caratteristiche, non troppo stradistico e neppure esageratamente mtb. Il gravel deve avere un propria identità.

Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Servono delle regole?

Io sono a favore delle regole, servono per mettere ordine anche nel settore dei materiali. In questo momento ognuno di noi ha un pensiero proprio verso il gravel. Chi è più race, chi è rivolto al bikepacking, chi un po’ di più verso l’avventura e forse in questo momento è giusto così. Ma sono necessarie delle regole per il futuro e queste devono essere scritte con cognizione.

Ti manca la vita da pro’?

Sicuramente sì, anche se ho trovato in fretta una nuova identità. Non ho chiuso la mia carriera come avrei voluto, considerando che ho iniziato nel 2018 con la Androni grazie ad uno stage. Mi sarebbe piaciuto giocarmi qualche carta in più. Al tempo stesso sono gratificato nel vedere tutto quello che costruisco in questa fase della mia carriera lavorativa.