La nuova Gios A.R.T.E. 2 è la novità della casa torinese che con questo modello ha voluto portare avanti un progetto votato all’interscambio di discipline e terreni. Infatti stiamo parlando di una bicicletta costruita per fornire ottime prestazioni sia su strada che nel gravel, un binomio ormai sempre più ricercato dagli appassionati di ciclismo. Asfalto e sterrato, due mondi maggiormente in contatto ma difficili da unire. Per questo in Gios si è andati alla ricerca di un’evoluzione tecnica che potesse strizzare l’occhio a entrambe le discipline.
«Il progetto A.R.T.E. è partito un anno fa – ci spiega Marco Gios – e ha trovato una sua prima collocazione nel mondo dei telaio in acciaio, dettaglio tecnico che mi piace molto. Il secondo modello di questa gamma viaggia sulla stessa lunghezza d’onda, con la particolarità di avere un passaggio ruota ancora più ampio. E’ possibile montare senza alcun problema copertoni con larghezza massima di 34 millimetri».
La larghezza del tubo sterzo è di 1,5 polliciLa larghezza del tubo sterzo è di 1,5 pollici
Titanio
A.R.T.E. 2 vede la sua anima forgiata nel titanio, materiale apprezzato per le sue qualità tecniche e che permette di avere un telaio leggero, resistente e performante. Non un dettaglio da poco, vista l’intenzione che sta alla base di questa bici.
«Le tubazioni scelte – continua a raccontare Marco Gios – sono in titanio Deda K19 grado 9. Diciamo che a differenza del primo modello realizzato di questa gamma, la A.R.T.E. 2 ha delle differenze per quanto riguarda il tubo sella, non più curvo. Una scelta che comporta, di conseguenza, una maggior lunghezza del carro posteriore. Il titanio ci permette di avere una bicicletta con prestazioni elevate, quindi un modello collocabile nell’alta gamma. Stiamo parlando di un prodotto riservato a un pubblico alla ricerca di un’ottima performance tecnica».
Il movimento centrale scelto è il t47x68 per un passaggio cavi meccanici totalmente integratoGruppo e impianto frenante sono CampagnoloIl movimento centrale scelto è il t47x68 per un passaggio cavi meccanici totalmente integratoGruppo e impianto frenante sono Campagnolo
Dettagli
Le differenze e le chicche tecniche non mancano nella nuova nata di casa Gios Torino, tante accortezze che messe insieme danno come risultato finale un bicicletta capace di rispondere a diverse esigenze.
«La forcella anteriore – dice ancora Marco Gios – è la Deda All Road, molto particolare e che garantisce lo spazio sufficiente per montare copertoni da 34 millimetri. La particolarità sta nel design, il quale permette al ciclista di avere un telaio con geometrie da strada anche nel gravel. L’obiettivo infatti era di creare una bici da terreni misti ma con animo racing».
«Il carro posteriore – conclude – presenta una “schiacciatura” nei pressi del passaggio ruote, cosa che ci permette di montare copertoni con dimensioni maggiori rispetto a quelli canonici che troviamo su strada. Il gruppo è Campagnolo, ed è possibile scegliere tra monocorona e doppia corona. Un’altra particolarità è la scelta di aver montato le ruote Deda SL5, progettate appositamente per il fuoristrada».
CREMA – Le crono sono un mondo a parte. La disciplina delle prove contro il tempo e tutto quello che ruota attorno ai componenti, in termini di consensi del grande pubblico, non sono al pari del mondo road vero e proprio. Eppure questo universo è una fucina di idee.
Dopo le tante customizzazioni viste al Giro d’Italia, solo per citare l’ultima grande corsa a tappe, ci siamo posti dei quesiti e abbiamo voluto abbozzare una sorta di confronto. Le domande: comfort del corridore e posizione in sella relativa alle protesi, cosa conta davvero? Si possono guadagnare, o perdere secondi considerando le sole estensioni? Cosa si può dedurre valutando i feedback dell’atleta? I componenti: 4 estensioni di casa Deda e due giovani atleti che si sono impegnati in questo test (nulla di troppo scentifico). Mattia Agostinacchio (Ciclistica Trevigliese ancora per questo 2025) e lo junior Lorenzo Ghelfi (Pedale Casalese Armofer).
Agostinacchio e Ghelfi durante le fasi di riscaldamento e presa confidenza con la pistaAgostinacchio e Ghelfi durante le fasi di riscaldamento e presa confidenza con la pista
Il contesto ambientale e la prova
L’ambiente è quello del Velodromo Pierino Baffi di Crema, impianto all’aperto con pista in cemento. L’anello è lungo 329,25 metri. La prova si è svolta in una calda giornata (alla mattina) intorno a metà giugno. I test sono terminati poco dopo le ore 12, cercando di non mettere eccessivamente sotto stress i ragazzi per quanto concerne il calore. Da sottolineare che, a ridosso delle ore 12, durante l’ultima fase di test, Agostinacchio ha superato i 39° di temperatura corporea (dato rilevato grazie al sensore Core).
1,01 chilometri percorsi per ogni singola fase della prova, quindi con ogni set di protesi e la distanza è stata percorsa all’interno del terzo segmento del velodromo, quello compreso tra la riga nera e quella rossa. Lorenzo Ghelfi ha utilizzato una bici standard (Drali Ametista), prima con le Deda Parabolica PRO in alluminio e in seconda battuta con le Fast PRO in carbonio, estensioni che appartengono alla medesima famiglia. Il wattaggio di riferimento di Ghelfi è stato di 320 watt per le due prove. Agostinacchio ha utilizzato la bici da crono Colnago (senza freni a disco, ma con ruota lenticolare posteriore), prima con le protesi Deda Jet, per passare alle Jet Hydro personalizzabili nella seconda fase. 350 i suoi watt di riferimento. Per entrambi i giovani atleti si è cercato di mantenere la medesima altezza delle estensioni, in modo da non cambiare la penetrazione aerodinamica della sezione frontale (testa, spalle, busto e schiena).
Maurizio Canzi e Davide Guntri di DedaMaurizio Canzi e Davide Guntri di Deda
Qualche dettaglio sulle protesi da crono
Possiamo categorizzare la famiglia PRO, composta da Parabolica in alluminio e Fast PRO in carbonio, come una sorta di standard per chi vuole usare le estensioni da crono e poterle montare anche sui manubri integrati in dotazione alle bici per le attività in linea. Sono perfettamente adattabili anche grazie ad una serie di componenti disegnati appositamente per questo. L’alluminio è semplice sotto il profilo ergonomico, una sorta di tubo. Fast PRO in carbonio mostrano una ricerca non banale in fatto di design e proprio di ergonomia. Entrambi non sono personalizzabili, se non nella larghezza quando montate sulle piastre e tramite le torrette di supporto (c’è sempre da considerare il rispetto delle proporzioni imposte dall’UCI). Da notare che Lorenzo Ghelfi ha già utilizzato le Parabolica in alluminio, ma a Crema è stata una prima con quelle in carbonio.
La famiglia Jet di Deda è molto più ricercata e, prima della strenua ricerca della personalizzazione, proprio le Jet sono state prese ad esempio ai livelli più alti. Sono le protesi alari, tra le primissime a proporre le ali di contenimento delle braccia, dei gomiti e di tenuta della posizione. Mattia Agostinacchio utilizza normalmente le Deda Jet sulla sua bici da crono, per lui a Crema la novità è stata la versione Hydro. Hydro ha il fusto principale in alluminio ed il terminale in polimero stampato 3D, quest’ultimo è customizzabile da parte di Deda in base alle richieste del corridore, tenendo conto di alcune caratteristiche fisiche dell’utilizzatore.
Le Deda Jet normalmente usate da Agostinacchio Agostinacchio con le nuove Hydro, decisamente differentiLa prima fase del test con Ghelfi e le “sue” protesi “standard” in alluminio Ghelfi nella seconda fare con le protesi in carbonioLe Deda Jet normalmente usate da Agostinacchio Agostinacchio con le nuove Hydro, decisamente differentiLa prima fase del test con Ghelfi e le “sue” protesi “standard” in alluminio Ghelfi nella seconda fare con le protesi in carbonio
I risultati del test
Ghelfi con le protesi in alluminio, 1‘22″330, alla media oraria di 44,600. Con le Fast PRO in carbonio, 1’21″770 alla media oraria di 44,900. Più veloce con le protesi in carbonio e anche il feeling del corridore ha il peso.
«Con le Deda in carbonio mi sono trovato subito meglio – ha detto – più comodo soprattutto verso il polso. Un feeling generico migliore, soprattutto grazie all’appoggio complessivo vicino al gomito e proprio del polso con una chiusura ottimale. Altra sensazione positiva è legata ad un minore impatto del vento».
Agostinacchio con le Jet standard, 1‘18″490 ad una media oraria di 46,800. Con le Jet Hydro, 1’17“730 a 47 chilometri orari di media, ma come citato in precedenza c’è da considerare anche “l’effetto caldo” nella seconda fase di test con Agostinacchio. Non solo, il terminale delle Hydro non è stato plasmato sulle caratteristiche fisiche del giovane corridore, un dettaglio che può fare tantissima differenza.
«Anche se non è stata fatta una personalizzazione certosina – ha detto il valdostano – mi sono trovato meglio con le Hydro, grazie ad una maggiore stabilità percepita, tanto appoggio e presa della mano. Mi sono sentito anche più comodo, quasi disteso, nonostante non abbia mai usato in precedenza queste protesi da crono».
Terminali customizzati per le estensioni Jet Hydro, quelle sbirciate al GiroFornite ai professionistiTerminali customizzati per le estensioni Jet Hydro, quelle sbirciate al GiroFornite ai professionisti
In conclusione
Oltre ai numeri emerge il fattore comfort del corridore. Un atleta messo a proprio agio riesce a sfruttare e fare suo un feeling migliore, traducendolo in una performance migliore. Questo si verifica nelle prove più brevi, come nel nostro caso, ma i numeri assumono connotazioni ampie nel caso di competizioni più lunghe e dure (prendiamo ad esempio le crono dei Grandi Giri). Ecco perché la customizzazione dei componenti da crono è entrata in modo così prepotente e non si tratta di dettagli marginali. Ovviamente è necessario considerare tutto quello che ruota intorno alle tecnologie dei materiali che oggi sono disponibili, che non esistevano solo poche stagioni addietro.
Se è vero che la variabile maggiore è sempre il corridore, con le sue “imperfezioni”, i suoi movimenti quando pedala e lo stesso modo di stare sulla bici che può essere soggetto a variazioni (se pur minime e talvolta involontarie), l’obiettivo delle aziende è quello di fornire materiali efficienti in grado di costruire una base solida sulla quale lavorare, esente da variabili, capace di mettere l’atleta nelle condizioni migliori. La sensazione è che in questa categoria di “strumenti per la competizione massima” si è solo agli inizi.
Van Rysel ufficializza la sua bicicletta nata per la velocità. RCR-Fnon è un compromesso, non è una bici buona per fare tutto e si basa su caratteristiche numeriche ben precise, dati che hanno l’obiettivo di categorizzare la nuova piattaforma. Un approccio innovativo.
Sotto i 1.500 metri di dislivello in 100 chilometri, con salite dalla pendenza media che non supera il 5%. Una bici studiata per rendere al meglio ed esprimere le sue potenzialità quando l’andatura media è superiore ai 36 chilometri orari. Adatta anche per le gare con il pavé dove le medie orarie sono diventate elevate. RCR-F è adatta agli sprinter. Come è stato possibile sviluppare una bicicletta basandosi su queste caratteristiche? Grazie al contributo di Swiss Side.
La nuova RCR-F, bici super aeroLa nuova RCR-F, bici super aero
Van Rysel e Swiss Side, aero all’ennesima potenza
Pur mutuando solo in parte una sorta di impatto estetico dalla RCR (quella usata dal Team Decathlon-Ag2r), il riferimento è al carro posteriore, la nuova RCR-F si spinge verso un’importante estremizzazione dei concetti aerodinamici. La traduzione pratica e tangibile si riflette sulle forme della bicicletta e dalle varie integrazioni.
Rispetto alla RCR “standard”, la F risparmia 1,2 watt dalla forcella e 4,4 dal tubo sterzo. 1,7 watt dal tubo obliquo, 2,7 dal cockpit integrato. Significa risparmiare 1 minuto e mezzo in una gara come il Giro della Fiandre (rispetto all’utilizzo della RCR).
Nel wind tunnel con Swiss SideNel wind tunnel con Swiss Side
Carbonio unico e layup specifico
La tecnica utilizzata per la nuova Van Rysel RCR-F è monoscocca, senza un blend di fibre, ma con l’impiego di una sola tipologia di carbonio: altissimo modulo 60T. La posa delle pelli (ben 517 per un singolo telaio in taglia media) è dedicata a questo modello, per via delle forme così funzionali delle tubazioni.
Inoltre, il design complessivo della RCR-F (insieme alla fibra ad altissimo modulo) ha permesso di limitare l’impiego delle resine epossidiche, senza sacrificare la rigidità e limitando il valore alla bilancia.
Stem integrato con battuta sullo sterzo tutta dedicata al progettoMassiccia la tubazione dello sterzo e la testa della forcellaStem integrato con battuta sullo sterzo tutta dedicata al progettoMassiccia la tubazione dello sterzo e la testa della forcella
Manubrio integrato, Van Rysel chiama Deda
Come per la RCR, anche la F adotta un cockpit integrato disegnato da Van Rysel e prodotto da Deda su richiesta specifica. «Eccellenza Italiana» dicono dalla Francia e da Swiss Side. Il disegno è diverso, se messo a confronto con quello in dotazione alla RCR. Tutta la sezione centrale/superiore è creata per limitare al massimo il contrasto con lo spazio e nel complesso è sviluppato per agevolare la presa bassa/aerodinamica per lunghi periodi, naturalmente in ottica sprint.
L’integrato prende il nome di Ergodrops e porta in dote anche una sorta di svasatura da ambo i lati per il posizionamento dal nastro manubrio, in modo da limitare qualsiasi spessore non necessario.
Carbonio ad altissimo moduloL’inserzione aero dei foderi obliquiSimile, ma non uguale alla esistente RCRCarbonio ad altissimo moduloL’inserzione aero dei foderi obliquiSimile, ma non uguale alla esistente RCR
Taglie ed alcuni dettagli delle geometrie
Le misure disponibili sono 6, dalla XXS alla XL. Ci sono due valori comuni a tutte le taglie, la lunghezza del carro posteriore di 41 centimetri ed il rake della forcella di 45 millimetri. Inoltre, analizzando taglia per taglia la bici, emerge un prodotto decisamente compatto, con un interasse contenuto e piuttosto ribassato nella sezione frontale. Bici aggressiva.
Marchio di fabbrica Van Rysel con orientamento raceMarchio di fabbrica Van Rysel con orientamento race
Allestimenti e prezzi
Importante sottolineare che la Van Rysel RCR-F lascia un passaggio utile al passaggio degli pneumatici fino a 32 millimetri di sezione /sempre bene considerare il binomio gomme/ruote). Tre allestimenti: Signature Team, Shimano Ultegra e Shimano 105 Di2.
Il primo si basa sulla trasmissione Dura Ace con power meter annesso e ruote Swiss Side Hadron 625 ULT (9.499 euro di listino).
Il secondo ovviamente porta in dote la trasmissione Ultegra con power meter InPeak alla pedivella e ruote Hadron CLA 625 (6.499 euro di listino).
Il terzo allestimento prevede la trasmissione 105 Di2, sempre con il misuratore InPeak alla pedivella e ruote Hadron CLA 625 (5.499 euro di listino).
I pesi dichiarati sono rispettivamente di: 7,7, 8 e 8,2 chilogrammi (pedali esclusi).
Vendrame ci ha raccontato la sua Van Rysel del Giro. E abbiamo scoperto che alla Decathlon-AG2R le scelte tecniche le fanno due ingegneri, non i corridori
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Arriva in modo ufficiale la nuova bici aerodinamica di Ridley. La Noah Fast 3.0 sarà (insieme alla Falcn RS) il punto fermo per il Team Uno-X Mobility.
Cosa cambia rispetto alla Noah Fastdelle generazione precedente? Quali sono i cardini della rinnovata piattaforma aero-bike di Ridley? Alcuni interessanti dietro le quinte della nuova Noah Fast raccontati da Bert Kenens, Product Manager del marchio belga.
La bici con la livrea ufficiale del team (foto Uno-X Mobility)La bici con la livrea ufficiale del team (foto Uno-X Mobility)
Ridley Noah Fast, significa velocità ed aerodinamica
Che piaccia oppure no, chi produce biciclette deve spesso confrontarsi con regole diverse rispetto al passato e norme UCI che sono nuovamente cambiate.
«C’è l’applicazione 8:1 – ci racconta Kenens – che permette di costruire tubi fino a 8 volte più grandi e lunghi, rispetto al precedente standard 3:1. Si amplia la visione di design ed aerodinamica. UCI fornisce delle vere e proprie scatole ed il telaio della nuova bici deve starci dentro, I margini di errore sono limitati e la propensione verso l’aerodinamica è reale. La maggior parte dello sviluppo della Noah Fast è stato eseguito con i modelli CFD. Qualche migliaio di modelli, con la produzione successiva dei telai e manubri 3D portati nella galleria del vento, fino al telaio finale. La galleria del vento è interna all’azienda, quella della Bike Valley.
«Il CFD – prosegue Kenens – permette di quantificare il rapporto tra il peso e l’efficienza, con una valutazione che analizza anchequanto materiale si andrà ad usare. E’ preciso e ha dato modo inoltre di combinare profili simmetrici e asimmetrici delle tubazioni. Il cockpit e tutto lo sterzo sono le parti che colpiscono maggiormente. L’attacco manubrio ha l’obiettivo di diventare un tutt’uno con l’orizzontale in modo da minimizzare l’effetto drag negativo che normalmente si genera tra manubri e telai standard. Lo abbiamo richiesto ad uno dei nostri partner storici, Deda, per dare modo ai corridori di adattarsi al meglio alla nuova bicicletta, all’avantreno e alle nuove geometrie. Ecco perché vedremo alcuni atleti in gara con i manubri Deda».
Il Product Manager Bert Kenens (foto Ridley)L’avantreno è una sorta di DNA della Noah Fast (foto Uno-X Mobility)Ad inizio stagione alcuni atleti useranno i manubri Deda (foto Uno-X Mobility)Le linee guida “obbligate” UCI Combinazione di tubi simmetrici e asimmetrici Il Product Manager Bert Kenens (foto Ridley)L’avantreno è una sorta di DNA della Noah Fast (foto Uno-X Mobility)Ad inizio stagione alcuni atleti useranno i manubri Deda (foto Uno-X Mobility)Le linee guida “obbligate” UCICombinazione di tubi simmetrici e asimmetrici
Una sbirciatina al passato
Quando si affronta l’aerodinamica nel mondo del ciclismo, i reggisella integrati e alcune soluzioni di integrazione che hanno fatto scuola, è obbligatorio citare Ridley e la bici Noah. Sono trascorsi diversi anni, sono passate generazioni diverse di corridori, l’aerodinamica è diventata un riferimento, così come l’integrazione dei componenti, il cockpit ne è un esempio.
E ancora una volta siamo a parlare e scrivere della Noah (Fast). Il gap con le altre aziende si è ridotto, perché oggi tutti usano le soluzioni che hanno reso celebre questa piattaforma Ridley, eppure la bici dell’azienda belga è sempre capace di offrire spunti interessanti e un design che colpisce.
Bici importante e muscolosa (foto Uno-X Mobility)Bici importante e muscolosa (foto Uno-X Mobility)
Un pacchetto totale
L’ultima generazione della Noah Fast è stata categorizzata da Ridley come una bici olistica, totale, perché ogni componente e comparto del frame-kit è stato disegnato, sviluppato e prodotto per integrarsi al meglio. Design, forme e volumi, misure. Noah Fast è un monoscocca in carbonio e come vuole la tradizione Ridley i tessuti di carbonio sono diversi (blend) con orientamenti differenti in base alle zone. Carro posteriore e forcella lasciano spazio per il passaggio di coperture fino a 34 millimetri di larghezza, anche in ottica velocità sempre più elevate sul pavé.
Il cockpit Nimbus Aero è strettissimo con un flare (svasatura) pronunciato/estremo. Nella parte alta, al limite dei manettini è largo 36 centimetri. Nella parte inferiore della curva è 40 (ben 4 centimetri per parte, considerando che ci sarà una versione 33/37 disponibile esclusivamente per il team). 127 millimetri di profondità della curva e 75 verso l’avantreno. Lo stack dell’attacco manubrio (calcolato dallo stelo della forcella al centro della piega) è disponibile in tre opzioni/altezze e sarà sempre positivo (verso l’alto), 55, 75 e 100 millimetri. Passa in secondo piano la lunghezza dello stem e diventa più semplice valutare il bike fitting per chi decide di usare questa tipologia di integrati.
Nuova Noah Fast in esposizione a Velofollies Noah Fast, verrà usata anche da qualche grimpeur per via della sua rigidità e reattività (foto Uno-X Mobility)Nuova Noah Fast in esposizione a Velofollies Noah Fast, verrà usata anche da qualche grimpeur per via della sua rigidità e reattività (foto Uno-X Mobility)
Piantone a 75° (taglia media)
La geometria così raggiunta viene categorizzata come progressiva. Si basa sulla ricerca di una posizione sempre più avanzata dei corridori (considerando che la regola dei 5 centimetri della sella più arretrata rispetto al movimento centrale è stata abolita) e da qui ha preso forma la geometria della Noah Fast. Ci sono un piantone drittissimo, una scatola del movimento centrale più basso rispetto agli standard comunemente utilizzati, valore che è compensato da un incremento delle sezioni degli pneumatici (che aumentano complessivamente l’altezza da terra della bici).
Per gli amanti dei numeri, la Ridley Noah Fast è più rigida del 10% a parità di taglia e rispetto alla Falcn RS. A 50 chilometri orari (nella galleria del vento) risparmia 7 watt rispetto alla Falcn RS, 8,5 se messa a confronto con la Noah Fast più anziana. Il peso dichiarato del telaio è di poco superiore al chilogrammo.
Sterzo mastodontico e manubrio specifico (foto Uno-X Mobility)Sterzo mastodontico e manubrio specifico (foto Uno-X Mobility)
Reach allungato
A parità di taglia, rispetto alla vecchia Noah Fast il reach del telaio si è allungato di 3 centimetri, ma nonostante questo fattore la scelta della misura corretta non cambia. Resta la medesima misura del passato. Le taglie disponibili sono 5, XXS, XS e S, M e L.
Il prezzo di listino del kit telaio Ridley Noah Fast è di 5.499 euro (una bici montata Ultegra con ruote DT Swiss ARC1400 ha un prezzo di 8.799 euro). Sarà disponibile anche una versione Noah (non Fast), con un carbonio meno estremizzato nel layup e senza il manubrio integrato.
MISANO ADRIATICO – C’è anche un grande ritorno dell’acciaio anche nella componentistica (non solo in ambito telai, soprattutto in ottica gravel) e i dischi per i freni sono una conferma. Deda si pone come uno dei player più importanti.
Pista frenante in acciaio e spider di supporto in alluminio, per un disco che guarda alla sostanza, alla longevità e all’efficienza. A Italian Bike Festival 2024, Deda ha presentato ufficialmente i suoi rotori.
Il nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanziosoIl nuovo disco Deda una volta montato, design essenziale e sostanzioso
Deda, maestri nelle leghe
Quando si tratta di Deda è lecito aspettarsi un componenti di qualità. L’azienda cremasca è leader, da sempre, nella categoria dei metalli. I nuovi rotori per i freni a disco si rivolgono al mondo road ed al gravel e sono costruiti combinando l’acciaio e l’alluminio.
Il primo si riferisce alla prima parte, quella superiore della pista frenante (nella zona a contatto con le pastiglie, il disco Deda ha uno spessore di 1,8 millimetri), l’alluminio 7075 è utilizzato per il ragno di supporto e per la zona di ingaggio (CenterLock) al mozzo. Non è disponibile in versione a 6 fori.
La rivettatura flottante posterioreValore rilevato della misura 160Peso rilevato del 140 di diametroLa rivettatura flottante posterioreValore rilevato della misura 160Peso rilevato del 140 di diametro
Soluzione flottante
Le due parti del disco Deda sono unite tra loro grazie ad un sistema flottate a 5 rivetti con rondelle elastiche. Questa tecnica permette un’elevata dissipazione del calore, evita la deformazione del materiale e contribuisce ad una efficienza straordinaria anche quando le temperature salgono in modo esponenziale. Il design superiore della pista frenante è arrotondato. Anche in questo caso, oltre a questioni di sicurezza, entra in gioco la ricerca di una forma adatta a garantire le migliori performance, con un valore alla bilancia ridotto.
Il disco Deda è frutto di una ricerca con analisi FEM, acronimo di Finite Element Method. Significa che le forme e l’impiego dei materiali devono collimare in modo perfetto, tanto da essere prestazionali e garantire costantemente l’integrità del componente. I diametri disponibili sono due: 160 e 140 millimetri.
Uno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostraUno dei primi campioni, soggetto di uno stress test da parte nostra
Provato in anteprima
I primi test da parte nostra risalgono alla fine del 2023. Oltre 7000 chilometri, su strada e nel gravel, in inverno e con le temperature estive. I primi campioni dei dischi non avevano una livrea definitiva e alcuni dettagli erano da rifinire, ma era importante capire l’efficacia, la bontà dei materiali e la qualità complessiva del componente, così come la longevità.
I primi risultati ci hanno fornito dei riscontri eccellenti, soprattutto se messi a confronto con i dischi (tutti) in alluminio. Maggiore modulabilità della frenata e capacità di sopportare frenate protratte nel tempo. Una maggiore stabilità del componente che non cambia forma e non pizzica le pastiglie anche dopo lunghe discese. Nessun problema di adattabilità con i vari impianti. Ma il ragno in alluminio cambiava colore (senza deformarsi) per via delle elevate temperature al quale abbiamo sottoposto i dischi. Da qui la scelta, poi definitiva, di usare il ragno in livrea nera.
I dischi Deda non puntano ad una leggerezza estrema (per gli amanti dei confronti e numeri, un disco da 160 Shimano Dura Ace pesa 103 grammi), lo si nota anche dal valore alla bilancia rilevato, perché l‘obiettivo principale è quello di fornire un prodotto sostanzioso e durevole nel tempo, da usare su strada e in ambito gravel.
Deda Alanera, ovvero uno dei manubri integrati capace di aver cambiato i riferimenti della categoria, capace di cambiare la resa tecnica di un'intera bicicletta. Il cockpit integrato cambia e si rinnova, diventa più leggero, rigido e adotta il suffisso RS, ma sopratutto diventa più efficiente in termini di aerodinamica ed ergonomia. E' stato sviluppato anche grazie al contributo della galleria del vento del Politecnico di Milano, un'eccellenza tutta italiana e sempre più un riferimento per il settore del ciclismo. Fausto Parodi, ingegnere Deda alza il velo sul nuovo Alanera RS.
MILANO – Il nuovo Deda Alanera RS nasce anche grazie al contributo tecnologico di una delle eccellenze che il mondo ci invidia, ovvero il Politecnico di Milano e la sua galleria del vento. Il wind tunnel del Politecnico è uno strumento che nel corso degli anni ha visto passare tante biciclette, ciclisti e componenti, testimone fisso dell’evoluzione del ciclismo.
E’ stato emozionante poter entrare nella galleria del vento e vedere per la prima volta il nuovo manubrio Deda, un cockpit integrato che fin dalla prima versione ha cambiato le regole del gioco (e le performances) in questa categoria di prodotti, ora diventati una sorta di standard. Ma Alanera rimane unico, uno dei quei pochissimi manubri super performanti in grado di cambiare il carattere di una bicicletta. Entriamo nel dettaglio.
Minimale e aggressivo nell’impatto esteticoMinimale e aggressivo nell’impatto estetico
Deda Alanera RS, cambia tutto
Accostabile alla versione precedente? Solo per alcuni dettagli che hanno reso celebre la “vecchia” Alanera, ad esempio la nervatura centrale dello stem e per il fatto che è un manubrio integrato in carbonio, nulla più. Il nuovo Deda Alanera RS è un monoscocca in carbonio vero e proprio, che non prevede nessuna sezione incollata in un secondo momento. Non è un semplice dettaglio e non è una soluzione adotatta da molti. Il metodo obbliga ad utilizzare degli stampi appositi con deimargini di errore che sono ridottissimi. Per costruire un singolo Alanera RS sono necessari oltre 180 fogli di carbonio con relative stratificazioni delle pelli. Vengono utilizzate due tipologie di tessuti, il 3D e quello con finitura 3K.
Anche gli orientamenti (con quattro angolazioni diverse per ogni manubrio) della fibra sono stati oggetto di approfondimenti e studi, in modo che ogni singolo strato di carbonio possa rendere al massimo.
E’ stato lasciato lo spazio per posizionare il nastro, senza che questo interferisca con l’aerodinamicaIl vecchio Deda AlaneraE’ stato lasciato lo spazio per posizionare il nastro, senza che questo interferisca con l’aerodinamicaIl vecchio Deda Alanera
Più leggero e più rigido
Deda Alanera RS è più leggero del 6% (il peso dichiarato per la misura 110×42 è di 340 grammi), se messo a confronto con la versione più anziana (a parità di taglia), anche se il confronto preciso tra le misure è difficile. Perché? La piega ha un flare (una svasatura o apertura verso l’esterno) di 6°, con una differenza tra appoggio superiore e terminale della piega di 2,5 centimetri. E’ perfettamente in linea con le nuove normative UCI e con le nuove tendenze che prevedono una sorta di disassamento delle leve rispetto alla linea verticale del manubrio.
Per entrare nel dettaglio dei numeri e considerando le tre larghezze disponibili. 40 centimetri superiore corrisponde a 42,5 inferiore, 42 a 44,5 e la larghezza 44 corrisponde a 46,5 centimetri sul terminale della piega. Le lunghezze dello stem vanno dagli 80 ai 130 millimetri (140 millimetri su richiesta).
Oltre due anni di sviluppo e diverse ore impiegate nella galleria del ventoMigliaia di dati, per analizzare, valutare e validare il progetto Alanera RSL’impatto frontale è molto diverso dal precedente AlaneraLa sezione superiore è una lama, ma lascia spazio al comfort della presaLa nervatura che caratterizza lo stemL’asola per lavorare con le guaine e le filettature per il supporto frontaleLo stem mantiene le linee decise, DNA AlaneraAl Politecnico sono state sviluppate anche le nuove protesi utilizzate al Giro d’ItaliaOltre due anni di sviluppo e diverse ore impiegate nella galleria del ventoMigliaia di dati, per analizzare, valutare e validare il progetto Alanera RSL’impatto frontale è molto diverso dal precedente AlaneraLa sezione superiore è una lama, ma lascia spazio al comfort della presaLa nervatura che caratterizza lo stemL’asola per lavorare con le guaine e le filettature per il supporto frontaleLo stem mantiene le linee decise, DNA AlaneraAl Politecnico sono state sviluppate anche le nuove protesi utilizzate al Giro d’Italia
I dettagli che fanno la differenza
Partendo dalla sezione posteriore. Il cap che copre la parte superiore dello stelo della forcella è completamente integrato ed in linea con la superficie dell’attacco manubrio. La sua integrazione lascia comunque spazio agli eventuali 5 millimetri di sporgenza dello stelo.
La battuta inferiore dello stem, quella che appoggia sugli spessori è dotata di dentini che vanno ad ancorare gli stessi spessori (con disegno DCR e dedicati). Si azzera il rischio che questi ultimi ruotino su se stessi. La compatibilità (considerando le bici presenti sul mercato) offerta da Deda è molto ampia. La chiusura del collarino si struttura grazie a due viti (in titanio) a brugola ed a un ciclindro metallico, nascosto nel lato opposto. E’ predisposta una cover in TPU che chiude lo spazio delle brugole.
Il passaggio interno delle guaine ed eventuali cavi è stato maggiorato, nonostante un volume esterno del manubrio che è stato ridotto. Infatti, la sezione frontale diventa di 17 millimetri per l’RS, rispetto ai 22 della versione precedente, mentre la superficie di appoggio è aumentata di 2 millimetri (46 rispetto a 44). Anche dal punto di vista estetico, il nuovo integrato Deda è più arrotondato, sinuoso e meno spigoloso rispetto al passato. Significa anche un’efficienza aerodinamica più elevata.
L’angolo dell’attacco è di 82°. Deda è l’unica azienda ad adottare questa angolazione, una soluzione che arriva dal passato e che diventa più che mai attuale con la ricerca estrema dell’aerodinamica. Uno stem con questo angolo sarà sempre perfettamente in linea con l’orizzonte. Infine c’è il supporto frontale specifico. È in alluminio 6061 ed è compatibile anche con la serie Edge 1000 di Garmin. Ogni Alanera è munita di etichetta NFC per l’attivazione della garanzia e per verificare l’originalità del manubrio.
L’ergonomia si basa sul concetto RHM Evo (foto Deda)L’ergonomia si basa sul concetto RHM Evo (foto Deda)
Estremo nelle prestazioni ed ergonomico
La forma si basa sul concetto RHM Evo di Deda. Significa che il polso può sfruttare un appoggio completo che arriva dal binomio manettino del cambio/manubrio. Sono stati eliminati quegli spazi vuoti che erano presenti sull’Alanera della generazione precedente. La curva ha un’altezza (drop) di 120 millimetri ed una profondità (reach) di 75, valori comuni a tutte le taglie. Il prezzo di listino è di 795 euro, non è poco, ma è perfettamente in linea con una categoria di cockpit integrati hors categorie.
Il nastro Deda Presa, ideale per le competizioni grazie alle sue caratteristiche confortevoli e antiscivolo. Leggero, morbido e facilmente ricambiabile
Deda Elementi presenta le nuove SL4, ruote ad alto profilo pensate per sfrecciare alle alte velocità in qualsiasi condizione. Tecnologie e nuove soluzioni implementate con l’obiettivo di regalare un esperienza di guida sicura ma soprattutto performante. Grazie alla loro anima racing sono pronte ad assecondare ogni richiesta di prestazione. Design iconico di Deda con un profilo asimmetrico da 45 mm che si adatta ad ogni silhouette di bici.
Ruote pensate anche per prestazioni agonisticheRuote pensate anche per prestazioni agonistiche
Migliorata
Le nuove SL4 per freni a disco sono ancora più leggere e performanti grazie all’upgrade con mozzi di derivazione RS. Il cerchio ha un profilo asimmetrico da 45 mm con sezione maggiorata a 26 mm per garantire leggerezza e stabilità. Sensazioni preziose per chi cerca il meglio dalle proprie ruote, ancora più importanti se le si utilizzano per il settore agonistico dove ogni grammo o watt recuperato può determinare risultati importanti.
Tra le caratteristiche da sottolineare c’è sicuramente la raggiatura a 24 raggi che si traduce in alta rigidità. Un pregio tecnico che serve per esprimere al meglio tutta la forza a terra impressa sui pedali. Il cerchio allargato fornisce un miglior supporto al pneumatico e riduce la resistenza al rotolamento, aumentando allo stesso tempo la resistenza meccanica e l’aerodinamicità della ruota. Le SL4 si candidano ad essere un supporto ideale per chi cerca lo spirito Deda in ogni sua espressione.
Disponibili in finitura POB (Polish on black)Disponibili in finitura POB (Polish on black)
Nuovo mozzo
Una peculiarità di queste SL4 che salta subito all’occhio è il nuovo mozzo anteriore RS che presenta un’area frontale estremamente ridotta (-20%) rispetto alla precedente generazione. Le flange del mozzo sono progettate per ridurre la resistenza all’aria, sia nel mozzo anteriore che in quello posteriore. Il corpo del mozzo vanta una lavorazione meccanica chiamata rifling design che migliora l’aerodinamica e amplifica l’effetto Magnus (deportanza della ruota) per una maggiore stabilità a velocità molto elevate.
I mozzi RS sono dotati di un sistema a doppio ratchet da 20 denti per l’innesto della ruota libera. Il ratchet più piccolo si trova nel corpo ruota libera mentre quello più grande si trova all’interno della flangia mozzo per una migliore trasmissione della forza. Tra i vantaggi si denotano: leggerezza (-16%), minor attrito, migliore trasmissione di forza e una facile manutenzione. Per il corretto funzionamento del prodotto, l’azienda consiglia di eseguire un controllo periodico dello stato di usura dei componenti e, se necessario, di pulirli e ingrassarli.
Profilo asimmetrico da 45 mm con sezione maggiorata a 26 mm Profilo asimmetrico da 45 mm con sezione maggiorata a 26 mm
Tecnologie
A chiudere le migliorie di questa nuova SL4 firmata Deda Elementi è l’ormai indispensabile tecnologia tubeless-ready. Il cerchio è progettato per essere compatibile con pneumatici tipo copertoncino e tubeless. Presenti nuovi nipples interni per migliorare ulteriormente l’aerodinamica, mentre il sistema ABS previene lo svitamento dei raggi. I nipples hanno infatti una speciale pallina in nylon inserita direttamente all’interno della testa, che li mantiene sempre nella posizione corretta. La ruota libera è disponibile per Shimano, Sram XDR, Campagnolo e Campagnolo Ekar 13v.
Il materiale scelto per la struttura di queste ruote è una combinazione di fibre di carbonio ad alto modulo UD e 3K. Il rotore del freno a disco è Shimano center lock con compatibilità perno anteriore 12×100 mm e posteriore 12×142 mm. Tra gli accessori inclusi si trovano: nastro e valvole tubeless, ghiera center-lock e lubrificante corpetto ruota libera. Il peso complessivo del set si attesta in soli 1.520 grammi. Il prezzo consultabile sul sito è di 1.350 euro (IVA esclusa).
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Quando si parla di titanio, il primo pensiero va alla durabilità e al grigio opaco di questo materiale unico. Lavorato dalle sapienti mani di Gios Torino, viene utilizzato per realizzare il nuovo modello Titanio WRL 2024. Una sinfonia di soluzioni tecniche che assecondano le esigenze del ciclista e sonogaranzia di comfort e affidabilità: la costruzione su misura la rende una bici pronta a soddisfare ogni aspettativa.
Serie sterzo disponibile in versione conica o drittaLa scritta anodizzata dona un tocco in più di stile alla biciLa scatola T47 permette il passaggio dei cavi integratoSerie sterzo disponibile in versione conica o drittaLa scritta anodizzata dona un tocco in più di stile alla biciLa scatola T47 permette il passaggio dei cavi integrato
Migliorie tecniche
La Titanio WRL 2024 nasce dal successo del modello precedente e vanta soluzioni tecniche che mirano a migliorare il rendimento sotto il punto di vista della performance e dell’estetica.
«Il nuovo modello 2024 – spiega Marco Gios – monta una scatola del movimento centrale maggiorata, in particolare il T47. Questo permette di far passare completamente il cablaggio interno delle guaine idrauliche. Il tubo sterzo conico da 1” 1/8 serve per far passare tutte le guaine ed è disponibile anche in versione non conica.
«Per quanto riguarda i nuovi dettagli estetici – sottolinea Gios – troviamo la finitura anodizzata del logo Gios Torino sul telaio e la finitura nero opaca della forcella, particolare che non avevamo mai fatto. Il titanio si può anche fare verniciato nella livrea tradizionale, ma di solito chi sceglie una bici realizzata con questo materiale, ha piacere di vedere il titanio nel suo colore naturale. Quindi, proprio per evitare il ricorso alla vernice, abbiamo fatto ricorso all’anodizzazione. Le scritte che prima facevamo sabbiate e rimanevano leggermente tono su tono, adesso risaltano maggiormente e donano alla bici uno stile ancora più unico».
Qui la forcella in colorazione opaca Il passaggio per le coperture si adegua in base alle esigenze di terrenoQui la forcella in colorazione opaca Il passaggio per le coperture si adegua in base alle esigenze di terreno
Doppia anima
Come da tradizione di Gios Torino, ciascuna bici ordinata viene realizzata su misura. Questo porta a una geometria realizzata ad hoc e all’implementazione di eventuali particolari su richiesta del cliente.
«Le nostre biciclette – ribadisce Gios – sono realizzate su misura, quindi la Titanio WRL 2024 può essere una bici da strada, ma anche gravel. Il materiale infatti si presta molto alla guida off road. Abbiamo la libertà di produrre qualsiasi tipo di bicicletta, qualsiasi tipo di geometria che si voglia esplorare. Noi forniamo il kit telaio e la forcella, però montiamo solo Campagnolo, quindi diciamo che la si può avere con qualsiasi gruppo del suo catalogo.
«Per quanto riguarda la compatibilità della forcella con le coperture – conclude Gios – Deda permette di arrivare fino a 30 mm. Mentre sul gravel si può arrivare anche a 40. La geometria è tradizionale, con pochissimo sloping. Vi facciamo ricorso solo se necessario per non mettere spessori sotto la pipa e consentire un migliore passaggio delle guaine idrauliche. Se il cliente richiede predisposizioni per portapacchi o per borse, siamo pronti ad assecondarlo tranquillamente».
La WRL viene realizzata con tubazioni Deda K19 grado 9 ovviamente su misura per un peso complessivo del telaio di 1.400 grammi e 380 grammi per le forcella. Il prezzo per il kit è di 3.950 euro.
Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.
Abbiamo messo insieme quattro considerazionidi altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.
Manon Bakker usa una posizione piuttosto alta sul davanti (foto Giacomo Podetti)Manubrio largo per la Bakker, si controlla meglio la biciLa Bakker usa molto l’appoggio dei polsiManon Bakker usa una posizione piuttosto alta sul davanti (foto Giacomo Podetti)Manubrio largo per la Bakker, si controlla meglio la biciLa Bakker usa molto l’appoggio dei polsi
Bakker, leggerezza al top
«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.
«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».
Sweeck ha una posizione nel mezzo, tra uno stradista e un crossistaSolo uno spessore da 1 centimetro, tra stem e manubrio, per SweeckSweeck ha una posizione nel mezzo, tra uno stradista e un crossistaSolo uno spessore da 1 centimetro, tra stem e manubrio, per Sweeck
Sweeck, compromesso semi-aero
«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.
«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».
Setting frontale molto aggressivo per KampRyan Kamp corre con la maglia della Pauwels Sauzen BingoalSetting frontale molto aggressivo per KampRyan Kamp corre con la maglia della Pauwels Sauzen Bingoal
Kamp, come su strada
«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.
«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».
Vanthourenhout usa i manettini molti rialzati (foto Giacomo Podetti)Il Superzero di Vanthourenhout Vanthourenhout usa i manettini molti rialzati (foto Giacomo Podetti)Il Superzero di Vanthourenhout
Vanthourenhout, Superzero e Zero100
«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondodi tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.
«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».