Trans Himalaya, racconto di un’avventura fuori dal mondo

29.10.2023
5 min
Salva

In Italia è ancora una sfida sconosciuta, ma d’altronde lo è un po’ per tutti i team europei ed è un peccato perché la Trans Himalaya Cycling Race, che qualche giorno fa ha concluso la sua quarta edizione, è una gara davvero unica. Tre giorni di gara, con l’inedita scelta di porre un giorno di riposo subito dopo il primo, per un totale di 311,5 chilometri. Potrebbe sembrare strano, potrebbe sembrare semplice, ma così non è.

La partenza della gara, alla sua quarta edizione, tappa dell’Uci Asia Tour (foto Sonam/ChinaDaily.com)
La partenza della gara, alla sua quarta edizione, tappa dell’Uci Asia Tour (foto Sonam/ChinaDaily.com)

In altitudine, quella vera…

Si pedala sempre in quota, ma non le quote che siamo abituati a conoscere sulle Alpi. Lì non si scende sotto i 3.000 metri, la seconda tappa è anzi tutta sopra i 3.800 e allora il ciclismo, ma anche il mondo che ti circonda, la stessa sopravvivenza assumono significati diversi. E quando vai a guardare la media oraria della seconda tappa, a quasi 50 di media ti prende un sussulto: ma come è possibile?

La risposta è data dal fatto che è una frazione quasi tutta in discesa, quindi molto veloce. Se riesci a respirare a sufficienza. Già, perché la prima regola in una gara del genere è data dall’assuefazione del corpo a quelle altitudini. Non tutti ci riescono, anche dopo il necessario periodo di acclimatamento.

Le altissime vette himalayane: la gara era tutta sopra i 3.000 metri (foto Sonam/ChinaDaily.com)
Le altissime vette himalayane: la gara era tutta sopra i 3.000 metri (foto Sonam/ChinaDaily.com)

Tra entusiasmo e timore

In più di 100 hanno accettato la sfida quest’anno, in appartenenza di 17 squadre diverse. Quasi tutti asiatici, ma anche corridori sudamericani, australiani, anche un ucraino. Ne sono arrivati all’incirca la metà e non è un dato di poco conto. C’è chi ha dovuto fare i conti con il mal di montagna, con improvvisi capogiri, ma c’è stato anche qualcosa di più infido: l’aspetto psicologico.

Dai racconti sono emerse caratteristiche e anche comportamenti che vanno al di là della semplice gara ciclistica e per capire bisogna immaginarsi sul posto. Pedalare in solitudine attraverso spazi sconfinati, con chi è avanti e chi insegue che diventano puntini all’orizzonte e quella sensazione di sentirsi sperduti, oggetti estranei di un’altra galassia. Le montagne innevate che sono sì lontane, ma ti circondano e a un certo punto ti sembrano vicinissime, sul punto di schiacciarti. L’aria che manca sempre di più e i polmoni che reclamano ossigeno a più non posso.

Molti hanno mollato: sofferenza fisica o mentale? Probabilmente non c’è un confine fra le due sfere. Ma c’è anche chi ce l’ha fatta, anzi chi ha vinto perché anche la storia della corsa merita spazio ed è parte dell’avventura.

Lo strano caso Rikunov

Prima tappa, da Nyingchi City a Gongbujiangda County. E’ la più dura di tutte, quasi 130 chilometri sempre sopra 3.000 metri, ma con la caratteristica che si sale sempre. Nel gruppo permane un certo timore, così le azioni d’attacco sono sporadiche. Ne viene fuori quasi una selezione naturale che alla fine vede giocarsi la vittoria in 8 corridori. Vince il russo Petr Rikunov davanti al venezuelano Carlos Torres e al connazionale Andrei Stepanov, ma i due russi improvvisamente vengono tolti dalla classifica ed escono dalla corsa. Perché?

La dinamica della decisione della giuria resta un mistero finché qualche giornalista locale non inizia a effettuare ricerche, considerando che non parliamo certo dei Van Der Poel o Van Aert, ma di corridori che fanno un’attività geograficamente molto ristretta. Si scopre così che Rikunov e Stepanov hanno corso per il Chengdu CCN Cycling Team, ma all’Uci risultano tesserati per la Yunnan Lvshan Landscape, altra squadra al via. Un prestito non comunicato? Una squalifica per antipatia? Chi lo sa…

L’impressionante presenza di gente alle premiazioni a Lhasa. La gara però non è stata molto pubblicizzata
L’impressionante presenza di gente alle premiazioni a Lhasa. La gara però non è stata molto pubblicizzata

Una grande festa per il Tibet

Fatto sta che a giovarsene è Torres, corridore che da parte sua un proprio pedigree ce l’ha, avendo vinto tappe anche alla Vuelta al Tachira ben conosciuta dai nostri team professional e quest’anno presente anche al Tour of Langkawi. Nella seconda tappa, come detto tutta di discesa, resta coperto nel gruppo, nella terza con partenza e arrivo nella capitale tibetana Lhasa controlla senza problemi e si porta a casa la vittoria finale.

La foto delle premiazioni è impressionante, per la gente che si assiepa intorno al palco, quasi in contrasto evidente con gli sconfinati spazi locali, a dimostrazione di quanto il Tibet attenda con trepidazione questa corsa, che i cinesi neanche pubblicizzano poi tanto, molto meno delle altre che si disputano nello stesso periodo e che, quelle sì, accolgono i team professionistici. Eppure, almeno una volta, siamo sicuri che molti dei corridori che vediamo abitualmente durante la stagione potrebbero anche provarci, per fare qualcosa di nuovo…

Dall’Asia torna un nuovo Dalla Valle, ma adesso cosa farà?

26.10.2023
5 min
Salva

Anni fa c’era una pubblicità che recitava “Una telefonata può salvarti la vita”. Ciclisticamente lo stesso discorso può valere per una vittoria ed è quello che si augura Nicolas Dalla Valle, tornato dall’Asia con un bottino di punti non trascurabile e la speranza che la sua avventura su due ruote nel mondo del professionismo possa andare avanti.

La vittoria alla quarta tappa del Tour of Hainan, un successo rincorso tutto l’anno (foto Instagram)
La vittoria alla quarta tappa del Tour of Hainan, un successo rincorso tutto l’anno (foto Instagram)

E’ stato un anno sulle montagne russe, quello vissuto dal corridore della Corratec, con tante gare disputate (66), il suo primo Giro d’Italia, ma quel traguardo che non sembrava voler mai arrivare, fino al Tour of Hainan, a quello sprint vincente che ha rasserenato il suo tumultuoso animo. Dalla Valle non ha ancora un contratto per il prossimo anno, il tempo scorre e ogni giorno senza che quel “famoso” telefono squilli (magari anche solo per un messaggio WhatsApp) accresce i dubbi, ma almeno Nicolas, o meglio chi lavora per lui, ha qualcosa di tangibile in mano da mettere sul piatto delle trattative.

«Effettivamente non è stato come lo scorso anno – ammette il ventiseienne di Cittadella – la prima parte dell’anno non ha portato grandi risultati, ma non mi preoccupavo perché era tutto finalizzato verso il Giro d’Italia. La corsa rosa non era semplice per il nostro che è un team piccolo, ma credo di aver dato qualcosa nell’arco delle tre settimane, anche se avrei voluto qualcosa di più. Ero comunque soddisfatto, ma poi sono andato in calando. Al Giro di Slovenia ero cotto e ci ho messo tempo a ritrovare la condizione, arrivata proprio in extremis».

Quest’anno il veneto ha esordito al Giro d’Italia, dove è anche giunto 5° a Salerno
Quest’anno il veneto ha esordito al Giro d’Italia, dove è anche giunto 5° a Salerno
Molti, anche fra coloro che affrontano un grande Giro per la prima volta, dicono che una corsa di tre settimane ti dà una gamba migliore, ma non è stato il tuo caso…

Un effetto è indubbio che ce l’abbia. Il Giro è stato l’apice della mia stagione, ma ci sono arrivato senza una preparazione specifica, ad esempio non ho fatto periodi di altura prima di esso. Alla fine ero contento proprio perché ero stato capace di finirlo, mi ha dato quella sicurezza che prima non avevo perché non sapevo come avrei reagito. E’ una base sulla quale lavorare, oggi saprei come gestirmi perché ho dimostrato di saper reggere i grandi carichi di lavoro e le tre settimane di gara continua.

La tua seconda parte di stagione è vissuta quasi tutta dall’altra parte del globo…

Ho iniziato con il Tour of Qinghai Lake a metà luglio, è una gara molto particolare: 8 giorni a oltre 2.500 metri di altitudine, una trasferta impegnativa. Non sono arrivati risultati eccezionali, ma ho ritrovato un buon feeling e mi accorgevo ogni giorno che passava che andavo sempre più forte. Due mesi dopo, al Taihu Lake era una corsa a tappe che univa vari circuiti, non è la mia formula di gara preferita perché non sono un velocista puro, ma mi adatto e alla fine è servita anche quella. Ad Hainan, dove ho ritrovato percorsi adatti alle mie caratteristiche, ho trovato la sintesi e il risultato è finalmente arrivato.

Dalla Valle con Roglic al Giro, commentato così su Instagram: «Lui Primoz, io ultimo»
Dalla Valle con Roglic al Giro, commentato così su Instagram: «Lui Primoz, io ultimo»
Che impressione hai tratto dopo un così lungo periodo in Cina, che cosa ti è rimasto impresso?

E’ un mondo completamente diverso dal nostro, dove regna una enorme fiscalità. Tutto pulito, tutto sempre nella norma, mai qualcosa fuori dalle righe. Alla lunga resti colpito, senti che manca qualcosa, che non c’è alcun tipo di flessibilità e io resto convinto che in certi casi possa aiutare. L’ordine prestabilito va bene, ma sempre con la lente del buon senso…

La trasferta asiatica è però importante per team come il vostro…

Direi fondamentale. Prima il calendario era ridotto per forza di cose, c’erano meno gare dove potersi esprimere, per portare a casa buoni risultati e soprattutto punti fondamentali anche per la stessa sussistenza del team. Ora invece ci sono blocchi di gare molto ricchi e intensi, che valgono la trasferta. Dove la trovi in Europa una gara a tappe di 8 giorni, che non sia del WorldTour?

La fila dei corridori Corratec in Cina, con un successo per Dalla Valle e Conti 5° nella generale (foto Instagram)
La fila dei corridori Corratec in Cina, con un successo per Dalla Valle e Conti 5° nella generale (foto Instagram)
Proprio le gare a tappe sembrano ormai il tuo teatro di gara principale, quest’anno le corse d’un giorno per te sono meno di una decina.

Le corse a tappe sono la mia dimensione ideale proprio per quel discorso di recupero e crescita giorno dopo giorno. Fisicamente sono corse dove ci sono più opportunità per emergere proprio per uno come me, veloce ma non specialista. In salita riesco spesso a tenere, quindi si profilano occasioni proficue quando gli sprinter puri rimangono attardati. Le gare d’un giorno mi piacciono, ma per certi versi sono più un terno al lotto.

E ora?

Ora spero che tutto il lavoro fatto porti qualche frutto. So che il mio procuratore ci sta lavorando, contatti ci sono e conto che entro un mese arrivi una risposta certa, anche perché il tempo scorre e c’è la nuova stagione da preparare. Io comunque mi farò trovare pronto per i primi ritiri, ovunque siano e con chiunque siano.

Quest’anno Dalla Valle ha corso per 66 giorni, conquistando 13 top 10 con il meglio arrivato alla fine
Quest’anno Dalla Valle ha corso per 66 giorni, conquistando 13 top 10 con il meglio arrivato alla fine
Qual è stato il momento più bello della stagione?

Non è semplice trovare una risposta, ma quando insegui a lungo una vittoria, soprattutto per chi non la raggiunge così spesso come i campionissimi attuali, se la raggiungi è qualcosa che ti resta dentro, nel profondo. A me comunque anche la chiusura del Giro ha regalato grandi sensazioni, perché era un traguardo affatto scontato alla vigilia.

Il ritorno di Valerio Conti, appena prima delle vacanze

17.10.2023
5 min
Salva

Lo avevamo lasciato alla vigilia del campionato italiano, ma quello non era il vero Valerio Conti. Almeno non fisicamente, perché gli effetti della caduta rovinosa al Giro d’Italia si sentivano ancora. Terza tappa, esito infausto delle lastre: frattura del bacino. Un mese per riprendersi, ma con tanti problemi di postura, di efficienza della pedalata che solo il tempo ha potuto cancellare, insieme al suo lavoro guidato da osteopata e fisioterapista.

Ritroviamo il romano all’indomani del ritorno dal Tour of Hainan, dove ha portato a casa un importante quinto posto nella classifica generale che, proprio in base a quel che è successo quest’anno, assume un valore molto maggiore. Conti è tornato alla sua piena efficienza, quel corridore che non parte mai per ottenere un semplice piazzamento e che non nasconde mai le sue ambizioni.

«Sinceramente questi risultati me li aspettavo – esordisce – perché ho reagito bene dopo gli infortuni e uso il plurale appositamente perché non c’è stato solo l’incidente al Giro. Tanta gente si sarebbe arresa, ma sentivo che dovevo reagire, uscire dall’incubo, essere determinato. Ho visto che nelle gare di settembre andavo bene, finivo spesso vicino ai primi 10, ho capito che ero pronto».

Conti in gara ad Hainan, dove ha colto tre top 10 finendo quinto in classifica a 15″ da Sevilla (foto Facebook)
Conti in gara ad Hainan, dove ha colto tre Top 10 finendo quinto in classifica a 15″ da Sevilla (foto Facebook)
Che corsa hai trovato in Cina?

Per me è una corsa che si affermerà e che presto entrerà anche nel WorldTour. Organizzata benissimo, oltretutto dà una marea di punti Uci, quindi è vista con molta attenzione anche dalle squadre della massima serie. Non è durissima, ma fa tanto caldo che con l’umidità la rende davvero pesante. Era su 5 tappe, ma solamente due avevano davvero peso per la classifica.

Il risultato finale ti ha soddisfatto?

A posteriori direi che si poteva anche fare meglio, anche vincerla. Nella prima delle due tappe di salita ero nella fuga giusta, ma sono rimasto chiuso allo sprint. Nella seconda eravamo in 4 davanti a giocarci non solo la vittoria di tappa ma anche il Giro. E’ stato bravo Sevilla a rientrare su di noi, ma d’altronde non è un corridore che scopriamo oggi. Paradossalmente però sono proprio queste considerazioni che mi danno morale, significa che con un pizzico di fortuna in più si potevano fare davvero grandi cose.

Il secondo giorno il romano ha anche vestito la maglia di leader della classifica a punti (foto Facebook)
Il secondo giorno il romano ha anche vestito la maglia di leader della classifica a punti (foto Facebook)
Eri già stato in Cina?

Ci avevo corso 9 anni fa, quand’ero alla Lampre. Fu anzi allora che iniziò la moda delle corse asiatiche di fine stagione, utili per fare gruppo e anche per sgrezzare i più giovani. Hainan è un’isola bellissima, piena di turisti, con strade fantastiche, enormi e pulite. Poi devo dire che tutta la trasferta è stata davvero piacevole, si è formato un bel gruppo.

L’amarezza per com’è andata la stagione è quindi svanita?

In parte. Ho imparato che basta davvero un secondo per cambiare tutto: ero andato al Giro pieno d’ambizioni, con una condizione che non ricordo di avere mai avuto, ma tutto è svanito in un attimo. Ho imparato anche che l’aspetto morale spesso conta più di quello fisico, se non hai l’umore giusto non ti riprendi e alla fine molli. E’ la testa che fa la differenza, devi pensare che il periodo brutto presto finirà, ma questo non vale solo nel ciclismo, credo sia una regola valida per ogni lavoro.

Il Team Corratec al via in Cina, con Dalla Valle vincitore di una tappa e della classifica a punti (foto Instagram)
Il Team Corratec al via in Cina, con Dalla Valle vincitore di una tappa e della classifica a punti (foto Instagram)
Tu hai già il contratto per la prossima stagione, questo è stato un aiuto?

Sì, ma devo dire che la squadra mi è stata sempre vicina. Sembrerà strano, ma a dispetto di quanto è successo è l’anno nel quale mi sono divertito di più, mi sono sentito maggiormente a mio agio nel gruppo. Tanto è vero che se anche mi fosse arrivata un’offerta avrei rifiutato, perché questo è l’ambiente per me adesso.

La tua ripresa è purtroppo coincisa con la fine della stagione…

Lo so, infatti non starò fermo molto, voglio riprendere presto. Per fortuna chiudo la stagione non solo con un buon risultato, ma anche con la voglia di tornare subito in sella e questo credo sia utile per preparare la meglio il 2024.

Conti al Matteotti, chiuso con un 12° posto di buon auspicio per la trasferta
Conti al Matteotti, chiuso con un 12° posto di buon auspicio per la trasferta
Ti sei posto qualche obiettivo particolare?

Avrei detto il Giro d’Italia, ma non solo come termine di riscatto dopo quanto successo quest’anno. Per un corridore italiano la corsa rosa è il massimo, in me ha sempre suscitato un fascino particolare.

Che cosa ne dici della prossima edizione appena ufficializzata?

Era tanta l’attesa, sono anche andato appositamente alla presentazione. E’ un Giro durissimo, sin dalle sue primissime battute. Io credo che con una conformazione del genere i distacchi saranno ben distribuiti e nella terza settimana la situazione di classifica sarà già abbastanza chiara. Io chiaramente non ci guardo, ma devo dire che con quel disegno, occasioni per le fughe non mancheranno. Starà a me farmi trovare pronto e cercare di entrarci.

Tour of Guangxi: si comincia, fra tifosi e due espulsioni

11.10.2023
7 min
Salva

BEIHAI – Prima un centro commerciale, poi l’hotel delle squadre. Il Tour of Guangxi comincia alla cinese, con tanti ragazzini pieni di domande e il vociare allegro. Siamo stati accolti con grandissimo calore e tanti sorrisi, ma la barriera della lingua finora è risultata difficilmente sormontabile. I pochi che parlano inglese diventano il bersaglio delle mille domande che il cervello annota a ogni passo. E poi c’è internet, chiuso rispetto al resto del mondo. La VPN che dovrebbe permetterci di aggirare il blocco in questo momento non funziona troppo regolarmente, speriamo si connetta per tempo. Google e tutti i social di Meta, compreso Whatsapp, in Cina non si aprono. E pare che negli ultimi mesi il governo abbia inasprito i filtri.

Anne Wu, assieme all’olandese Sjors Beukeboom, ha condotto la presentazione: una in cinese, l’altro in inglese
Anne Wu, assieme all’olandese Sjors Beukeboom, ha condotto la presentazione: una in cinese, l’altro in inglese

Tutti al Wanda Plaza

Il Wanda Plaza è un centro commerciale, probabilmente uno dei più grandi di questa città, piccola per essere cinese. Dai 26 milioni abbondanti di Shanghai, siamo arrivati a Beihai che ha 400.000 abitanti e si affaccia sul Mar Cinese Meridionale, davanti all’isola di Hainan su cui si è corso fino a pochi giorni fa.

Si comincia domani e i primi ad essere applauditi sono stati i tre corridori che si sono prestati oppure sono stati estratti per la partecipazione al bagno di folla. Tim Wellens che ha da poco vinto il Renewi Tour e di questa corsa colse la prima edizione. Elia Viviani, campione olimpico. E Jakub Mareczko, che in Cina ha vinto più di 30 corse, quest’anno ha fatto centro per due volte e magari spera con un colpo di coda di trovare la giusta ispirazione per la prossima stagione, dopo il 2023 di pochissime corse con la Alpecin-Deceuninck (appena 32 giorni di gara).

Dopo 4 anni di buio

Mentre scrutiamo fra gli sguardi delle ragazzine che dalla balconata riprendono tutto con i cellulari, pensiamo a quel senso di festa clamorosa che fu in Italia il ritorno alle gare dopo i 4 mesi di lockdown. Loro si accorgono che le guardiamo: prima salutano, poi si nascondono emozionate. Il Guangxi Tour mancava da quattro anni, comprensibile che per il pubblico sia qualcosa da esaltare, alimentare con risate e foto.

«Sono super felice di essere qui – dice Wellens –  ho tanti bei ricordi. Il percorso è più duro di quando vinsi, c’è una tappa molto impegnativa, per cui conterà avere ancora buone gambe. E’ comunque una prova WorldTour, nessuno è venuto per non fare sul serio. Mi piace sempre viaggiare verso parti di mondo che normalmente non frequentiamo. E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che si è corso da queste parti, sono certo che per i tifosi sarà molto bello»

Maglie da firmare per Viviani, accolto come una star
Maglie da firmare per Viviani, accolto come una star

Un giorno per volta

Gli hanno regalato dei fiori e una collanina, che osserva lentamente. Poi gli hanno portato un mucchio di maglie da firmare. Elia Viviani ce lo aveva detto in una delle ultime interviste: la squadra ha deciso che, vista la sua condizione, venire qui gli farà bene. E così, se da un lato avrebbe preferito mandare la bici in vacanza, il veronese sa di avere la gamba vincente (il successo in Croazia è ancora fresco) e cercherà di battere il ferro ancora caldo.

«Ho già corso in Cina, al Tour of Beijing dove vinsi due tappe – racconta lasciando dopo ogni frase il tempo per la traduzione – però mai da questa parte. Sono uno sprinter, quindi ho delle ambizioni prima di chiudere la stagione. Una vittoria di tappa sarebbe molto importante, abbiamo diverse chance e domani ci sarà la prima. Meglio andare avanti giorno per giorno. Ci sono strade larghe, quindi si arriverà alle volate a grande velocità, ma con buona sicurezza. Le motivazioni a questo punto della stagione sono importanti e la mia è vincere di nuovo. Essere qui con una corsa dopo quattro anni è strano, pensando a quello che hanno vissuto e che noi seguivamo attraverso i media. Per loro è stato tutto più lungo, ma adesso vogliamo che i fan si divertano».

Lionel Marie, primo da sinistra, guida la nazionale cinese al debutto WorldTour
Lionel Marie, primo da sinistra, guida la nazionale cinese al debutto WorldTour

Marie e la nazionale

Il tempo di sentire Mareczko che ha raccontato la sua voglia di vincere, perché ha vinto in tutta la Cina però mai al Tour of Guangxi e nel centro commerciale è entrata la nazionale cinese guidata da Lionel Marie. Il francese, 57 anni, racconta di aver avuto i primi contatti con la Cina 12 anni fa e più di recente di aver fondato la continental China GLory. Dice che i suoi ragazzi non sanno cosa significhi andare a 60 all’ora per due ore. Racconta che dopo quattro anni di Covid c’è da ricostruire da zero.

Qualcuno sogna di diventare professionista, ma senza fretta perché un alto livello da queste parti equivale a un medio livello europeo. Lavorano per i punti della qualificazione olimpica e dice che con i suoi parla in inglese, perché il cinese è troppo complicato. La stessa parola ha almeno quattro diversi significati, impossibile per lui. Non lo dica a noi che siamo qui da appena due giorni…

Due corridori… espulsi

Poi dal centro commerciale, salendo sul pullman che da ieri ci trasporta seguendo gli orari che ogni giorno arrivano su WeChat (che sostituisce Whatsapp), arriviamo all’hotel delle squadre. Si parla di conferenza stampa, in realtà è un evento organizzato da Giant per la Jayco-AlUla. Tutti i corridori seduti e poi di colpo in piedi per posare con i tifosi. Quindi domande, domande con premi e alla fine anche una sfida virtuale fra i corridori presenti. E’ festa grande, genuina e semplice. Ma l’ingenuità non tragga in inganno, irriderli porta a conseguenze pesanti. Se ne sono accorti Thijssen e Mikhels della Intermarché-Wanty messi fuori corsa per aver simulato gli occhi a mandorla in un video social. La rivolta sui social cinesi ha costretto la squadra a fermarli.

Domani comincia il Guangxi Tour, corsa di sei tappe che chiude la stagione 2023. L’arrivo della prima tappa è previsto per le 14,30 ora locale: le 8,30 in Italia. La vivremo con la curiosità della prima volta in Cina e raccontando dei suoi protagonisti. Sperando che la connessione in qualche modo anche stasera decida di funzionare. Sono le 18 adesso che chiudiamo il pezzo, ci sono due ore per cercare di metterlo nel sito.

La Cina ha riaperto le porte. Il racconto dal Qinghai Lake

23.07.2023
8 min
Salva

Due squadre italiane sono state protagoniste del Tour of Qinghai Lake, corsa a tappe che ha rappresentato il ritorno in Cina del ciclismo dopo molto tempo (foto Facebook in apertura). Con la prova che durava ben 8 giorni, si può dire che il lungo periodo legato al Covid sia finalmente alle spalle anche nel ciclismo e che si riapre un filone di gare che fino al 2020 era stato fondamentale per una larga fetta del movimento al di sotto del WorldTour.

Non si tratta di gare dal livello eccelso, questo è chiaro, ma molte squadre hanno sempre avuto nel mercato cinese un approdo importante, una buona parte della propria attività, grazie anche agli inviti degli organizzatori e ai contributi alle spese generali. In quest’occasione c’erano 5 squadre professional, fra cui due italiane, Team Corratec e Green Project Bardiani Faizané e attraverso i loro diesse presenti al via – Francesco Frassi e Luca Amoriello – abbiamo voluto saperne di più, non solo degli aspetti agonistici della corsa, ma anche di tutto il contorno.

Per Mulubrhan secondo giro a tappe vinto nel 2023 dopo il Tour of Rwanda (foto Tour of Qinghai Lake)
Per Mulubrhan secondo giro a tappe vinto nel 2023 dopo il Tour of Rwanda (foto Tour of Qinghai Lake)
Che Cina avete trovato dopo tre anni?

FRASSI: «Io ero alla mia settima volta in Cina e, se devo essere sincero, differenze non ne ho trovate. Ho visto tantissimo entusiasmo per il ritorno delle ruote europee e un’organizzazione impeccabile».

AMORIELLO: «Ho trovato un’organizzazione ben allestita e molto precisa. Quante differenze con la mia prima esperienza nel 2012, soprattutto come alberghi tutta un’altra storia… Sul piano della sicurezza poi i cinesi sono vere macchine da guerra, un’attenzione perfino maniacale. E rispetto a prima del Covid ho visto anche molti miglioramenti come pulizia dei locali».

Quanto conta ritrovare le gare cinesi nel calendario?

FRASSI: «Molto, è importante per un team come il nostro anche perché danno molti punti per il ranking Uci, noi ad esempio ne abbiamo portati a casa 293, un bottino mica male… Questa poi era importante perché ci permetteva di riempire il mese di luglio, solitamente un po’ scarno di gare».

AMORIELLO: «Avere queste gare è un’appendice fondamentale per la nostra attività, accresce l’esperienza internazionale in contesti molto diversi da quelli a cui siamo abituati. A gare simili puntiamo molto».

In quanti vi siete mossi per la trasferta e con quanto materiale?

FRASSI: «Noi eravamo una dozzina, con 7 corridori, due massaggiatori, due meccanici. L’organizzazione ci ha messo a disposizione, come per tutte le squadre, un’ammiraglia e un camion per i materiali. Avevamo a disposizione 11 bici, poi ci siamo portati dietro pezzi di ricambio, ruote e molto cibo. Diciamo che ci siamo affidati all’esperienza che avevo assommato nelle mie tante presenze precedenti».

AMORIELLO: «Siamo partiti dall’Italia in 12, trovando poi Henok Mulubrhan direttamente in Cina, proveniente dalla sua Eritrea. Avevamo 7 corridori in tutto, tre massaggiatori, due meccanici e il sottoscritto. Ci hanno dato un’auto e un camioncino, poi i corridori erano portati direttamente con pullmini agli alberghi. Questa è stata la grande novità: le gare finivano dove sarebbero ripartite il giorno dopo, con alberghi in zona. Questo ci ha fatto guadagnare molto tempo e risparmiare energie».

Per il mangiare come vi siete regolati?

FRASSI: «Abbiamo portato molto cibo da casa: pasta, tonno e carne in scatola, parmigiano oltre a tanti integratori. Ci preparavamo da mangiare da soli, un giorno tra l’altro pioveva così tanto che siamo rimasti nelle camere e ci siamo arrangiati lì, d’altronde ci eravamo portati anche una piastra a induzione proprio per essere indipendenti».

AMORIELLO: «Le esperienze del passato ci sono state utili, abbiamo portato tutto il necessario, dalla pasta alle scatolette di tonno e salmone e tanto altro. Cucinavamo direttamente nel ristorante, una pentola di un paio di chili di pasta, poi univamo verdure cotte, unica concessione alla cucina locale considerando che era molto speziata e non volevamo correre rischi».

Che tipo di corsa avete trovato?

FRASSI: «Non era una gara facile, anche perché oltre alla lunghezza bisogna mettere in conto che si viaggiava sempre in altura, mai sotto i 2.000 metri. I nostri ragazzi venivano da uno stage a Livigno, praticamente hanno continuato la loro permanenza in altura. Un dato interessante è che abbiamo monitorato i nostri durante l’intera corsa: la loro saturazione d’ossigeno non saliva mai sopra i 93, considerando che normalmente si è a 98-100. Quando si abbassa così ci vuole adattamento, ma lavorando tutti i giorni in fuorisoglia non sale».

AMORIELLO: «Nel calendario cinese questa è la corsa più corta, ma l’altitudine ha un grande influsso, si arriva anche a 4.000 metri. Henok era favorito, venendo dai 3.200 metri di casa in Eritrea. Un plauso va fatto ai percorsi, sempre su strade di almeno 2-3 corsie. Abbiamo trovato caldo, salvo un giorno di pioggia dove le temperature sono crollate».

Come giudichi i risultati portati a casa?

FRASSI: «Nella prima tappa abbiamo cercato di difenderci, evitando di fare azioni proprio per ambientarci e considerando che già la seconda era una tappa importante. Abbiamo vinto due tappe con Davide Baldaccini e Attilio Viviani e nell’ultima tappa abbiamo anche provato a ribaltare la corsa. Sapevamo che era una frazione con molto vento e potevano crearsi dei ventagli, a 30 dall’arrivo ne abbiamo sfruttato uno per scatenare la fuga giusta e alla fine Baldaccini e Murgano sono risaliti fino al 3° e 4° posto, ma la cosa che più mi è piaciuta è che la strategia che avevamo pensato, i ragazzi sono riusciti a metterla in pratica».

AMORIELLO: «Non possiamo davvero lamentarci. Sapevamo che Mulubrhan era uscito bene dal Giro e ha lavorato molto in Eritrea per mantenere la condizione, in Cina ha sfruttato la situazione. Ho poi rivisto il Lucca dello scorso anno e sono sicuro che farà un gran finale di stagione. Zanoncello ha vinto una tappa, ma poteva conquistarne almeno un’altra il primo giorno, solo che con Henok non si sono intesi nel tirargli la volata. Avrei voluto che Colnaghi potesse lottare in volata, ma ha avuto la febbre e si è ritirato. Nieri da parte sua ha portato a casa la classifica dei GPM, insomma si sono tutti distinti».

Terza vittoria Stagionale per Zanoncello dopo quelle a Taiwan e in Serbia (foto Tour of Qinghay Lake)
Terza vittoria Stagionale per Zanoncello dopo quelle a Taiwan e in Serbia (foto Tour of Qinghay Lake)
Obiettivamente la gara di che livello era?

FRASSI: «Secondo me era molto buono: oltre alle 5 squadre professional c’erano i colombiani del Team Medellin a proprio agio su quei percorsi, poi formazioni belghe, norvegesi, australiane, il China Glory che è una vera multinazionale con corridori forti oltre a varie nazionali asiatiche».

AMORIELLO: «Non ci sono differenze rispetto a prima del Covid, la concorrenza era molto qualificata con tanti europei. Io dico che era assimilabile a una delle tante gare a tappe che si corrono nel Vecchio Continente».

Tornerete?

FRASSI: «Sicuramente, abbiamo già ricevuto l’invito per il un’altra gara a tappe per metà settembre e per il Tour of Hainan. Ora la nostra attività torna a essere completa».

AMORIELLO: «Molto volentieri, ora che l’attività è ripresa appieno valuteremo gli inviti per poter allargare l’attività a due-tre gruppi anche contemporaneamente. Quello cinese è un mercato importante».

Tjallingii 2015

China Glory, idea che va al di là del solo ciclismo

22.01.2022
5 min
Salva

Spesso parliamo delle squadre continental italiane, ma allarghiamo un po’ il discorso per raccontare una storia. Nel mondo ce ne sono ben 140, divise fra 48 Paesi e l’Italia è la primatista assoluta avendone con la tessera Uci ben 13, con il Portogallo che segue a distanza con 10.

La Cina ne ha 5, ma un team è davvero speciale, è l’espressione di un grande progetto che dovrà svilupparsi in breve tempo. L’obiettivo è arrivare ai vertici e considerando quel che i cinesi hanno fatto nel calcio, c’è da credere che ci riusciranno. Non andando a comprare team stranieri o affiliandoli in casa, ma fabbricandone uno di sana pianta. E’ il China Glory Continental Team.

Per farlo, la federazione locale è venuta incontro alle ambizioni e alle idee di un olandese che conosce bene il ciclismo di quei posti. Maarten Tiallingii (nella foto di apertura) è stato un corridore di buon livello, capace anche di conquistare il podio alla Roubaix del 2011. L’olandese, pro’ dal 2006 al 2016 e vincitore di 5 gare, era considerato un personaggio: famoso per essere riuscito ad avere una buona carriera sportiva pur essendo senza un rene (asportato a 2 anni) e per essere rigorosamente vegetariano, ma anche per avere un carattere molto intraprendente.

China Glory maglia
La divisa del China Glory Team, la nuova formazione Continental
China Glory maglia
La divisa del China Glory Team, la nuova formazione Continental

L’esperienza cinese

Chiusa la carriera da corridore, Tiallingii è rimasto nell’ambiente e avendo qualche saltuario contatto con il ciclismo cinese ha maturato l’idea. Maarten conosce bene il ciclismo locale, ha militato per tre anni, dal 2003 al 2005, nella Marco Polo, una squadra cinese e spesso era tornato anche a gareggiare vincendo il Tour of Qinghai Lake nel 2011. Così è nata l’idea di costruire una squadra internazionale.

A comporla saranno 12 corridori, equamente divisi fra cinesi e stranieri. Corridori forse non di gran nome, se si eccettua l’americano Sean Bennett, che ha trovato in extremis spazio dopo essere uno dei fuoriusciti dalla Qhubeka-Nexthash portando anche in dote una buona dose di punti. Con lui sono stati tesserati il sudafricano Willie Smit proveniente dagli spagnoli del Burgos-BH, gli olandesi Etienne Van Empel che faceva parte della disciolta Vini Zabù e Reinier Honig (Rmpoot), il decano della squadra con i suoi 38 anni e infine il francese Lucas De Rossi dell’altra formazione scomparsa, la Delko.

Fari sul movimento locale

Nella dichiarazione d’intenti data alle stampe, la China Glory annuncia di “voler ambire allo sviluppo di corridori cinesi per portarli a un adeguato livello internazionale e consentire a molti di loro di avere una proficua carriera”. C’è però qualcosa in più, che traspare tra le righe, un concetto al quale non può essere data troppa ufficialità considerando il rigido controllo sulla stampa locale.

Fra i 6 corridori cinesi c’è infatti anche Nazaerbieke Bieken, che nel suo passato vanta anche un paio di esperienze alla Mitchelton Scott e la cui particolarità è l’appartenenza alla minoranza Uiguri, come si evince anche dal nome. Stiamo parlando di una popolazione turcofona che vive nella provincia di Xinjiang e che è sottoposta a una feroce repressione etnica. Bieken è nato in Kazakhstan e i suoi genitori lo hanno portato in Cina a 8 anni. E’ rimasto molto legato alle sue origini, tanto che il suo idolo è Vinokourov olimpionico a Londra 2012, la sua vittoria lo ispirò. Averlo inserito in questo progetto rappresenta il tentativo di mandare un messaggio diverso proveniente dal mondo del ciclismo, considerando anche che, a parte qualche sporadico pugile, i ragazzi di quella popolazione hanno poche possibilità di affermarsi tramite lo sport.

Insieme al 27enne Bieken ci saranno anche i due ciclisti cinesi considerati i migliori esponenti locali, Xianjing Liu vincitore del Tour of China 2019 e pluricampione asiatico di Mtb, alla ricerca di un miglior futuro, economicamente parlando, grazie alla strada e di Xue Ming, campione nazionale a cronometro.

Marie 2020
Per lavorare in Cina, Lionel Marie ha lasciato l’Israel Start-Up Nation
Marie 2020
Per lavorare in Cina, Lionel Marie ha lasciato l’Israel Start-Up Nation

Una coppia francese

Tiallingii però non poteva certo fare tutto da solo e ha quindi coinvolto due francesi di provata esperienza: Lionel Marie, il diesse della squadra, è considerato uno dei più esperti del ciclismo transalpino, passato anche per la Cofidis dove ha guidato tra gli altri anche Amael Moinard, che condividerà l’aspetto manageriale del team con Tiallingii.

«Lo statuto è depositato e l’affiliazione all’Uci già ottenuta – ha dichiarato Moinard all’Equipemi è stato proposto di lavorare allo sviluppo di un’idea innovativa e ho risposto di sì con entusiasmo, per far sì che le grandi ambizioni si tramutino in realtà».

La squadra svolgerà per la maggior parte la sua attività in Asia, ma in estate è già prevista la partecipazione a più gare europee, per alzare il livello di qualità delle sfide in programma. E’ chiaro che per i non cinesi è una grande esperienza di vita, ma il ciclismo globalizzato di oggi richiede anche questi sacrifici.