La Lidl-Trek del Giro: Guercilena e lo spirito di squadra

05.06.2025
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La Lidl-Trek ha appena concluso un Giro d’Italia davvero memorabile nella storia della squadra. Sei vittorie di tappa con tre corridori diversi, 17 piazzamenti nei primi dieci, cinque giorni in maglia rosa e una maglia ciclamino dominata fin dal primo giorno con Mads Pedersen.

Quello che però ha colpito è stato anche lo spirito di squadra che hanno dimostrato durante le tre settimane. Ciccone in testa nelle tappe di pianura, il campione del mondo di Harrogate che si metteva a disposizione dei compagni nelle tappe più impegnative, e molto altro. Come si costruisce una coesione simile? L’abbiamo chiesto a Luca Guercilena, direttore generale della squadra.

Luca Guercilena, direttore generale della Lidl-Trek
Luca Guercilena, direttore generale della Lidl-Trek
Luca, quello appena concluso è stato il vostro miglior Giro di sempre?

Altre volte abbiamo vinto delle tappe e anche la maglia a punti, ma mai dominandola così. Questa volta poi le tappe vinte sono state 6, obiettivo che non avevamo mai raggiunto non solo al Giro d’Italia, ma in generale in nessun Grande Giro. Il fatto poi che siano arrivate con 3 corridori diversi rende tutto ancora più straordinario.

E in tutto questo avete perso per strada Ciccone, che sembrava avere finalmente l’occasione per puntare ad una buona (ottima?) classifica. 

Quello è un grande rimpianto. Aveva superato molto bene le due cronometro e c’erano molte salite adatte a lui nella terza settimana, quindi è chiaro che è un dispiacere che non abbia potuto sfruttare questa possibilità. Il Giro sembra stregato per Giulio, per un motivo o per l’altro non è mai riuscito a dimostrare le sue potenzialità, e quest’anno aveva dimostrato di essere nella posizione e nella posizione migliore. Ma ci riproverà, ci riproveremo.

Pronti via e subito tappa e maglia rosa per Pedersen e la sua squadra
Pronti via e subito tappa e maglia rosa per Pedersen e la sua squadra
Il vostro spirito di squadra è parso subito qualcosa di speciale.

Direi che è da sempre una nostra caratteristica. Ci sono squadre che fanno risultati con un solo atleta, noi invece abbiamo cercato di essere un gruppo che si aiuta a vicenda. Poi avere Mads ci ha fatto un salto di qualità, è ovvio che una squadra competitiva si compatta, perché vincere aiuta a vincere. La vittoria di Hoole invece si costruisce nel tempo, con la ricerca sui materiali e con il lavoro specifico per le crono. La tappa conquistata da Verona dimostra il suo grande carattere, ha fatto vedere come fossimo pronti ad sostenere Giulio nelle tappe più dure.

Come si crea questo spirito, è un indirizzo dello staff oppure nasce spontaneamente dai corridori?

Da noi non c’è un grandissimo turnover, tanti corridori stanno per molti anni col team e quindi si riesce a costruire un rapporto solido, poi viene tutto più facile. Nelle ultime stagioni abbiamo aumentato i ritiri prima delle gare, quindi i ragazzi condividono molti giorni assieme, l’hanno fatto anche prima del Giro. Poi in una gara di tre settimane i problemi ci sono sempre, ma con un gruppo affiatato si risolvono molto meglio.

Nella frazione con arrivo a Siena, Vacek (qui in seconda posizione) è stato protagonista di un grande rientro su Del Toro e Van Aert
Nella frazione con arrivo a Siena Vacek (qui in seconda posizione) è stato protagonista di in grande rientro su Del Toro e Van Aert
Abbiamo già accennato ai vincitori di tappa e a Ciccone, ma anche il giovane Vacek ha fatto bella mostra di sé.

Mathias è un atleta che rientra nel gruppo delle classiche, che ha condiviso con Mads. E’ giovane e deve ancora prendere le misure, ma credo che in questo Giro abbia dimostrato le qualità che ha. Nella tappa di Siena per esempio, o anche in quella di Vicenza, ha fatto dei numeri incredibili. Con l’esperienza diventerà un punto di riferimento.

Solo per le classiche o in futuro anche in ottica classifica generale?

Per il ciclismo di oggi, almeno in questo momento, è un atleta che può fare bene nelle classiche o in alcune tappe. I migliori si aggirano sui 65-67 kg, mentre Vacek è sopra i 70 kg quindi viene più difficile pensare alla classifica. Con il tempo e con un’altimetria particolare, mai dire mai. Per ora lo vedo per le singole tappe e per le classiche.

Pedersen si è spesso speso in prima persona per i compagni, come nella tappa degli sterrati
Pedersen si è spesso speso in prima persona per i compagni, come nella tappa degli sterrati
La tappa vinta da Verona ha emozionato tutti. Com’è stata viverla da dentro?

Anche per noi è stata un’emozione grandissima. Carlos si è sempre dedicato agli altri, si è sempre speso per il leader e noi abbiamo cercato di esaltare le sue qualità. Il giorno prima avevamo il morale sotto le scarpe per il ritiro di Ciccone e quella mattina i ds avevano cercato di motivare al massimo i ragazzi. Carlos è riuscito a trasformare quel momento in una grandissima prestazione, sia fisica che di carattere, in una tappa molto impegnativa. Il fatto poi che abbia dedicato quella vittoria a Giulio, avendo anche ad aspettarlo al traguardo tutta la famiglia, è sicuramente una delle cose più belle di questo Giro.

E poi c’è Pedersen, che corre e si comporta come un leader carismatico.

Mads può essere paragonato ad una bandiera della squadra, è passato nel WorldTour con noi e rimarrà con noi. La sua peculiarità è che nonostante sia un campione di livello assoluto, si spende sempre moltissimo. E’ una persona di carisma e gli altri lo prendono come riferimento, perché dà sempre l’anima. Sostiene la squadra e i compagni, quando è il momento di tenere i piedi per terra li tiene, quando invece bisogna spostare l’asticella verso l’alto è il primo a farlo. E’ uno che preferisce dimostrare in prima persona e poi chiedere agli altri, è un grandissimo esempio. E in più gli piace anche scherzare, come si è visto nella scommessa fatta con Mosca.

Ciccone all’arrivo di Gorizia, scortato da tre compagni: ad aspettarli dopo il traguardo c’era tutto il resto della squadra
Ciccone all’arrivo di Gorizia, scortato da tre compagni: ad aspettarli dopo il traguardo c’era tutto il resto della squadra
Infatti forse l’unica a non aver beneficiato di questa compattezza di squadra è forse Elisa Longo Borghini, che si è vista tornare a casa il marito con un taglio di capelli non preventivato…

Forse sì, ma Elisa è stata con noi diversi anni, quindi capisce bene cosa significa fare parte di un gruppo simile, qualcosa che va oltre la performance. L’immagine più bella di questo Giro, non a caso, è quando tutti hanno aspettato Giulio Ciccone il giorno della sua caduta. Un gesto che vale più delle vittorie, perché siamo tutti professionisti, ma per noi l’aspetto umano conta ancora di più.

Ad Asiago l’impresa di Verona, per la famiglia e per Ciccone

25.05.2025
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ASIAGO – Le figlie Berta e Nina lo guardano e probabilmente non capiscono quello che il padre Carlos sta dicendo in inglese ai giornalisti. Il Giro d’Italia ha incoronato Carlos Verona, di professione gregario e innamorato dell’Africa: al Giro per aiutare Pedersen e Ciccone, che forse non avrebbe neppure immaginato di ritrovarsi in questa corsa a parlare di sé. Lui è emozionato da morire e basta fargli una domanda perché la voce si rompa. Lo sguardo che rivolge verso sua moglie Esther, anche lei sul filo delle lacrime, è una delle immagini più belle di questo dopo tappa. Che cosa significa aver vinto qui, oggi, davanti alla tua famiglia?

«Tutto. Ho incontrato mia moglie quando ero junior – racconta – eravamo nella nazionale spagnola e abbiamo iniziato la nostra carriera insieme. Poi siamo cresciuti come famiglia. Accanto a lei sono cresciuto come persona e ora cresco anche come ciclista. Essere qui con loro è stato molto emozionante. Mi manca solo il mio piccolo Leo, abbiamo tre figli e lui non poteva essere qui. Ma questa vittoria è anche per lui e per la nostra grande squadra. La fatica più grande nel fare il corridore è trovare l’equilibrio tra lo sport e la famiglia. E’ molto impegnativo. Puoi dedicargli tutto il tempo e le energie che vuoi, ma loro sono sempre lì a tenermi con i piedi per terra. A ricordami di godere le piccole cose della vita, a pensare ad altro che allo sport. Averli qui è stato molto emozionante».

Carlos Verona, classe 1992, è nato a San Lorenzo de El Escorial. Pro’ dal 2013, è alto 1,86 e pesa 68 kg
Carlos Verona, classe 1992, è nato a San Lorenzo de El Escorial. Pro’ dal 2013, è alto 1,86 e pesa 68 kg

Dalla delusione al successo

Dice tutto d’un fiato, nel giorno in cui è entrato nella fuga e ha trovato le forze per staccare tutti e cercare l’azione solitaria sull’ultima salita che conduceva all’altopiano di Asiago. Alle sue spalle i primi della classifica saggiavano per la prima volta la resistenza di Del Toro.

«Sono lo stesso che ieri era a terra per la caduta di Ciccone – dice, cercando di spiegare l’emozione – quando ho tagliato il traguardo ero super deluso, ma poi ho dovuto mantenere la calma per rimanere concentrato. E oggi ho vinto ed è molto bello, perché mi ha permesso di creare emozioni e di intrattenere la gente. Spero che la gente si sia divertita a guardare questa vittoria. Mi piace molto cercare di lavorare sodo per la squadra. Fare tutto quello che posso per la mia famiglia. E per dare un senso al duro lavoro che io e la squadra abbiamo fatto durante questa stagione. Qui oggi si è vista soltanto la tappa, ma sono certo che anche Cicco avrebbe potuto giocarsi la vittoria. Siamo stati insieme negli ultimi due mesi con un atteggiamento così positivo, facendo tanti sacrifici. E sono contento, nonostante tutto, che oggi sia andato tutto per il meglio».

Al via della tappa da Castel di Sangro a Tagliacozzo, la foto con le maglie e il team quasi al completo: mancava già Kragh Andersen
Al via della tappa da Castel di Sangro a Tagliacozzo, la foto con le maglie e il team quasi al completo: mancava già Kragh Andersen

Un motore decente

Non vinceva dal Delfinato del 2022 e si era trattato della prima vittoria in carriera. Per fare il bis ha scelto il Giro d’Italia e probabilmente ha dovuto cambiare il chip in corsa. Come quando ti tolgono la briglia e ti lasciano libero di correre come vorresti e non come ti dicono di fare.

«In realtà nella prima parte della tappa – dice – stavo cercando di prendere la fuga e non ci sono riuscito e ho pensato che fosse una buona lezione, perché non ero preparato a lottare. Poi ci sono entrato e mi sono detto che alla peggio sarebbe stato un buon allenamento. Ho visto che continuavamo a guadagnare e allora mi sono detto di lasciarci una possibilità. Ho pensato di resistere più a lungo possibile e poi avremmo visto, anche perché il Monte Grappa è stato un passaggio difficile. Quando ci siamo ritrovati in 15, ho pensato che mi sarebbe piaciuto vincere. Mi sentivo forte, ma ero in fuga con corridori che non conoscevo e non potevo rischiare di arrivare con loro allo sprint. Ho un motore decente, non sono molto bravo quando devo fare molti attacchi, tattiche o sprint, ma riesco a mantenere un buon ritmo per molto tempo. Ed è quello che ho fatto. Ho dato il massimo e sono molto contento di esserci riuscito. Ma ho cominciato a credere alla vittoria negli ultimi 50 metri, prima ho sempre avuto paura che da dietro tornassero i primi della classifica».

Attacco a 44 km dall’arrivo e Verona resta solo. Alle sue spalle Garofoli e Zana
Attacco a 44 km dall’arrivo e Verona resta solo. Alle sue spalle Garofoli e Zana

Lo shock per Ciccone

Per la Lidl-Trek, che Verona definisce il luogo in cui si può essere se stessi e dare il proprio meglio, si tratta della sesta vittoria in questo Giro d’Italia, dopo la quarta di Pedersen e la crono di Hoole. Aspettando la corsa, il dottor Daniele ci ha spiegato che l’ematoma avrebbe comunque impedito a Ciccone di proseguire e che si fosse accorto da subito della gravità della situazione. Un brutto colpo per i tifosi italiani che confidavano nella terza settimana dell’abruzzese, figurarsi per la squadra pronta per aiutarlo.

«Quando abbiamo saputo che sarebbe andato a casa – dice Verona – siamo rimasti scioccati. Aspettavamo tutti la prossima settimana. Anche nel mio caso personale, non vedevo l’ora di dare un senso a tutto il lavoro della settimana scorsa. Il giorno dello sterrato mi sono svegliato super preoccupato non per me, ma per la paura di perdere Mads o Cicco (Pedersen o Ciccone, ndr), perché sono loro due che danno un senso al mio lavoro. E’ stato un durissimo colpo, ma alla fine la vita è così. Bisogna essere resilienti e guardare al futuro. Penso che tutto accada per una ragione. Si vede che non doveva essere il Giro di Ciccone, ma di sicuro lo attende qualcosa di buono. E questa vittoria è per onorare lui e tutto ciò che ha fatto».

Il 2023 sarà l’anno del gravel? I confini si allargano

26.01.2023
5 min
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E’ innegabile che il mondo gravel sia in continua espansione. Se da una parte il calendario della strada si è ormai lanciato con prove in contemporanea in ben 3 continenti, quello del gravel attende ancora il suo inizio e perché ciò avvenga si dovrà aspettare la primavera: il 23 aprile con La Indomable di Berja, in Spagna, inizieranno infatti le World Series, il principale circuito della specialità, che rispetto allo scorso anno mostra profondi cambiamenti.

Il circuito voluto dall’Uci aumenta notevolmente il suo numero di prove. Nel 2022 erano state 11, quest’anno si passa a 17, con la penultima, il 2 settembre, che si svolgerà in Italia, La Monsterrato di Quattordio in Piemonte, che di fatto chiuderà il periodo di qualificazione per i mondiali della specialità che com’era avvenuto lo scorso anno si svolgeranno in Veneto, per la regia apprezzatissima di Pippo Pozzato, prima di passare la mano a Flanders Classics nel 2024.

Le World Series si comporranno di 17 prove. I mondiali saranno il 7 e 8 ottobre sempre in Veneto
Le World Series si comporranno di 17 prove. I mondiali saranno il 7 e 8 ottobre sempre in Veneto

In programma ben 7 novità

Il calendario che il massimo organo internazionale ha voluto quest’anno ha un baricentro maggiormente spostato nella vecchia Europa. E’ stata tolta la gara filippina che aveva inaugurato il circuito mentre una delle prove australiane, la Gravelista è stata posizionata dopo i mondiali e varrà come evento qualificativo per il 2024.

Su 17 gare solo 5 escono dal Vecchio Continente, appunto le due gare australiane (l’altra è la Seven del 13 maggio), la Swartberg 100 del 29 aprile in Sud Africa, la Blue Mountains Gravel Fondo dell’11 giugno in Canada e la riconfermata Highlands Gravel Classic negli Usa, in quella Fayetteville diventata un tempio del ciclocross, prevista per il 24 giugno.

Il problema delle concomitanze

Andando da fine aprile a inizio ottobre, con 17 gare, non mancano le concomitanze. Una scelta che fa storcere un po’ il naso ai puristi, ma rispecchia proprio i fini che l’Uci ha previsto, quello di consentire attraverso ogni prova di staccare il biglietto per i mondiali veneti. A tal proposito il regolamento parla chiaro: per qualificarsi è necessario arrivare nel primo 25 per cento dei classificati della propria categoria di appartenenza. Non c’è una classifica generale come ad esempio per la Coppa del Mondo di ciclocross, sono tutte prove a sé stanti, magari in attesa che anche nel gravel venga costruito un ranking.

Il calendario

23 aprileLa IndomableESP
29 aprileSwartberg 100RSA
30 aprileGravel Fondo LimburgNED
6 maggioGravel Challenge Blaavands HukDEN
13 maggio3RIDES Gravel RaceGER
13 maggioSevenAUS
20 maggioThe GrallochGBR
4 giugnoHutchinson Ranxo GravelESP
11 giugnoBlue Mountains Gravel FondoCAN
18 giugnoWish One Millau Grands CaussesFRA
24 giugnoHighlands Gravel ClassicUSA
15 luglioGravel One FiftyNED
22 luglioGravel AdventurePOL
19 agostoGravel Grit ‘n GrindSWE
26 agostoHouffa GravelBEL
2 settembreLa MonsterratoITA
15 ottobreGravelistaAUS

Un circuito per specialisti?

Analizzando i risultati delle gare dello scorso anno emergono alcune considerazioni interessanti. Va innanzitutto detto che quello che si è visto nel corso dell’anno è profondamente diverso dai risultati emersi dal mondiale: nei primi 10 è comparso solo uno specialista vero (o meglio uno che si divide davvero fra strada e gravel), il danese Andreas Stockbro vincitore della Gravel One Fifty in Olanda e finito 10° in Veneto. Neanche una fra le donne e questo significa che la specialità deve ancora assumere una propria connotazione, per ora è terreno di conquista per chi viene principalmente dalla strada (soprattutto con il mondiale posto a fine stagione) e dalla mountain bike.

E’ anche vero però che ci sono specialisti che interpretano queste World Series in maniera molto professionale. Un esempio è Adam Blazevic, vincitore delle due gare australiane, ossia quelle di casa ma che nel corso dell’anno ha collezionato molte Top 10 in giro per il mondo. Ma quando sono entrati in campo gli stradisti come ad esempio l’olandese Niki Terpstra alla Wish One Gravel Race in Francia oppure l’iberico della Movistar Carlos Verona alla Ranxo in Spagna, non ce n’è stato per nessuno.

Adam Blazevic ha trovato nel gravel la sua dimensione: 2 vittorie nelle World Series 2022 (foto Noéko/Seven)
Adam Blazevic ha trovato nel gravel la sua dimensione: 2 vittorie nelle World Series 2022 (foto Noéko/Seven)

Si parte dall’Andalusia

Non è neanche un caso che l’Uci abbia deciso di far partire la nuova stagione con una raffica di novità. Si comincia il 23 aprile con La Indomable, nel sud dell’Andalusia. Sei giorni dopo l’appuntamento sudafricano con la Swartberg100 su un percorso che gli organizzatori preannunciano molto tecnico, con alternanza di tratti in pavé ad altri su sterrato tipico da gravel e l’ultima aspra salita a 20 chilometri dal traguardo. Comunque chi vorrà evitare la lunga trasferta potrà dirigersi verso Valkenburg, con la Gravel Fondo Limburg che partirà addirittura dal mitico Cauberg e la scalata del Keutenberg prima dell’arrivo in centro città.

Il 6 maggio si va in Danimarca, sulla costa occidentale con la Gravel Challenge Blaavands Huk disegnata prevalentemente attraverso piccoli villaggi sul lungomare con molti tratti in spiaggia. Una settimana dopo si va ad Acquisgrana per la 3RIDES Gravel Race a cui è abbinato un grande expo ciclistico. Poi nel corso della stagione sono previste altre novità come The Gralloch, prima sfida gravel in Gran Bretagna, in Scozia per la precisione e la Blue Mountains Gravel Fondo in Canada.

Verona nel 2022 ha vinto la Ranxo, ma al mondiale è stato solo 26° (foto organizzatori Ranxo)
Verona nel 2022 ha vinto la Ranxo, ma al mondiale è stato solo 26° (foto organizzatori Ranxo)

Arriva un certo Tom Boonen…

Inoltre c’è un altro aspetto che emerge da queste settimane di lento riavvio della stagione ciclistica (ciclocross a parte): l’estremo interesse che il gravel riscuote in misura sempre maggiore fra campioni attuali e passati. Molti hanno già aggiunto nella propria agenda l’appuntamento mondiale di ottobre, come ultimo squillo di una stagione lunghissima, una sorta di ciliegina sulla torta cambiando bici.

Ma c’è anche chi pensa di ritornare a pedalare, ad esempio un certo Tom Boonen, uno dei più grandi cacciatori di classiche che ha annunciato di volersi cimentare in qualcuna delle prove del calendario internazionale. Quelle dove di professionisti attuali non ce ne sono, salvo sorprese…

Carlos Verona, dalla Vuelta al mondiale gravel

09.10.2022
4 min
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Protagonista oppure no, Carlos Verona è un altro stradista che ha risposto presente al primo mondiale gravel UCI. Lo abbiamo incontrato e pedalato con lui.

Una Canyon Grail CF SLX in taglia large presa in mano dopo la Vuelta, con la trasmissione elettronica e la corona singola davanti. Ma vediamo le curiosità principali della bici del corridore iberico.

Abbiamo intervistato un Verona entusiasta di essere al Mondiale Gravel
Abbiamo intervistato un Verona entusiasta di essere al Mondiale Gravel

Con la bici e un po’ di normalità

«Dopo la Vuelta – dice – mi hanno consegnato la Canyon Grail, ho speso qualche giorno per sistemarla al meglio in base alle mie caratteristiche. Ho utilizzato la bici gravel anche per scaricare un poco l’impegno della Vuelta. Normalmente sono concentrato solo sulla bici da strada e sulla crono. In questo ultimo mese non ho mai abbandonato la bicicletta, ma è pur vero che mi sono goduto la famiglia e anche un po’ di normalità, che per noi corridori è sinonimo di bella vita».

«Se alla partenza riuscirò a stare con i migliori allora mi impegnerò fino al termine della gara, se invece soffrirò e farò fatica, come è probabile che avverrà, allora mi farò da parte e mi godrò la giornata in uno scenario che mi piace molto. Correre in Italia mi stimola e mi da sempre emozioni particolari e, questo è il primo mondiale gravel».

La Grail CF SLX nel dettaglio

Verona ha mantenuto il cockpit integrato full carbon double-deck, quello con la doppia barra orizzontale. C’è una trasmissione Sram Red eTap AXS, con 12 rapporti posteriori (i pignoni sono XPLR) e una monocorona (piena) da 46 denti. C’è il power meter Quarq. Una particolarità: Verona ha voluto i due pulsati aggiuntivi per cambiare, posizionati su una delle due barre dritte del manubrio.

Le ruote sono le Zipp 303 Firecrest con i tubeless Continental da 40. Nel corso della pedalata, dopo il primo tratto, quello più tecnico del tracciato, l’atleta si è fermato per abbassare la pressione, portata intorno alle 2,5 bar posteriori e 2,2 anteriori.

La sella è una Fizik Terra Argo con rails in lega. Il reggisella è il Canyon full carbon con lo stelo sdoppiato, flessibile e smorzante.

Stradista con scarpe da offroad

Al contrario di molti suoi colleghi stradisti, l’atleta della Movistar ha montato dei pedali off-road e relative calzature Fizik dedicate al fuoristrada.

Roglic è tornato, cresce a vista d’occhio e adesso sorride

12.06.2022
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Roglic, in maglia gialla al Delfinato, non vede l’ora di mettere mano anche all’ultima tappa, oggi appunto, per capire se potrà portarsi a casa la classifica finale. E se ieri Carlos Verona è riuscito a resistere alla sua rincorsa, sarà difficile che sia il compagno Vingegaard a impensierire lo sloveno, che sta lentamente tornando ai suoi livelli. Anche se proprio Roglic, prima di salutare i giornalisti, ha voluto schiudere una porta su questa eventualità.

Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza
Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza

Rispetto per Verona

Difficile dire se ieri non abbia spinto a fondo per lasciare la vittoria allo spagnolo della Movistar, di certo la sensazione è che non lo abbia mai neppure visto. Oppure, memore della crocifissione per aver ripreso e battuto Mader lo scorso anno alla Parigi-Nizza, Roglic potrebbe aver semplicemente evitato di spingere al massimo.

«Ovviamente volevo vincere la tappa – ha detto dopo l’arrivo – ma non era quello l’obiettivo principale. L’obiettivo principale era riprendere il ritmo. Anche la squadra è stata super forte. Alla fine ci siamo andati molto vicini, ma Carlos Verona si meritava di vincere».

All’arrivo lo ha abbracciato a lungo. E lo scuotere del capo di Vingegaard sul traguardo, dopo il duro lavoro per lanciare il capitano, fa pensare che una vittoria non sarebbe dispiaciuta.

Avvicinamento complicato

L’avvicinamento non è stato dei migliori, lo abbiamo già detto. Il ginocchio lo ha fatto tribolare, tanto che il suo allenatore è stato ben attento ad evitare interviste, rispettando la cortina di silenzio imposta dal Team Jumbo Visma. Tuttavia a partire dal ritiro di Sierra Nevada le cose hanno ripreso a girare nel modo giusto.

Durante la tappa lo si è visto provare la gamba e persino fare quelli che in certi momenti sono parsi dei lavori di forza. Di sicuro, quando il suo gruppo è arrivato all’attacco della salita di Vaujany, la pedalata è tornata agile e potente in tempo per l’attacco.

«In realtà – ha proseguito Roglic – mi sono davvero divertito. Ero già stato qualche anno fa da queste parti e vinsi una tappa. Ora siamo passati dall’altra parte della stessa valle e m’è sembrata ugualmente dura. E’ stata una bella prestazione. E’ andata bene, ho ritrovato le sensazioni giuste». 

Resa Van Aert

La staffetta in casa Jumbo Visma era prevedibile, anche se Van Aert ha provato a tenere duro fino alla Croix de Fer, almeno fino a quando il ritmo in testa al gruppo lo ha fatto la sua squadra. E di colpo tanti ragionamenti sulle sue attitudini in salita sono tornati nei vari cassetti.

«Quando la Groupama ha iniziato ad accelerare – ha dovuto ammettere il campione belga – per me è diventata dura. Sapevo dal via che se avessi avuto difficoltà sulla Croix de Fer, non avrebbe avuto senso lottare alla morte per difendere la maglia, perché in ogni caso mi sarei staccato sulla salita finale. Così non ho neanche cercato di limitare i danni. Penso che ora dovremo cercare di ottenere la vittoria assoluta con Primoz. Ci vorrà molto impegno, ma saremo tutti con lui».

L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova
L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova

Sponda a Vingegaard

A questo punto non resta che aspettare il tappone di oggi, che chiuderà la corsa. E capire se i 44 secondi che dividono Roglic da Vingegaard siano un tesoretto che lo sloveno difenderà o se invece, non volendo forzare troppo i tempi della ripresa, potrebbe lasciare via libera al danese in caso di difficoltà.

«Oggi il più forte ha fatto girare la squadra – ha detto ieri a proposito del compagno – e possiamo essere leader sia io che Jonas. Più forti siamo, più forte è il team. Tutti possiamo trarne vantaggio. Resta la tappa regina. Me ne sono successe tante nelle tappe finali negli ultimi anni, vedremo come va. Finché la maglia gialla rimarrà nella nostra squadra, saremo tutti contenti. Io sono venuto qui per riprendere fiducia ed è stato importante. Mi sento sempre meglio ogni giorno, anche durante la cronometro. Dopo una settimana così intensa, sarò pronto per il Tour de France».

La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia
La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia

Il suo rivale dichiarato, il connazionale Pogacar, ha scelto di arrivare al Tour passando per la corsa di casa: il Giro di Slovenia che inizierà mercoledì prossimo. E se non ci sono dubbi che vi arriverà bene, la tappa di ieri al Delfinato ha fugato dubbi importanti sulla consistenza di Roglic. Che aveva già previsto di correre meno a primavera per arrivare più fresco alla sfida di luglio, ma forse nemmeno lui pensava che ci sarebbe arrivato con più giorni dello scorso anno e finalmente senza dubbi sulle sue capacità.

La storia di Carlos Verona e del suo amore per i Masai

28.04.2022
6 min
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«Grazie a @bikes4masai speriamo che presto questa immagine diventi realtà nella savana. I bambini delle nostre scuole a volte devono camminare più di 2 ore per arrivare in classe. Per loro la bicicletta non è un giocattolo. La bicicletta è una possibilità per il futuro. Le mamme Masai camminano interminabili giorni per raccogliere l’acqua, una bicicletta per loro sarà una liberazione. Le ragazze non dovranno lasciare la scuola per andare a prendere l’acqua. Pensiamo che portare le bici nella savana significhi cambiamento e rispetto per l’ambiente. Asante sana @verona92 @estherfcasasola @martamchef6 @barbssanchezz».

Il post sulla pagina Facebook “Amigos de Ositeti” si conclude con un ringraziamento in swahili: asante sana, grazie mille. Dell’impegno di Carlos Verona per i Masai avevamo letto qualche tempo fa nella rubrica Industry, in un pezzo che raccontava il supporto fornito al corridore della Movistar da La Passione, che da quest’anno veste il team spagnolo. Ma volevamo saperne di più, così alla prima occasione abbiamo raggiunto Verona. E l’occasione è la presentazione delle squadre il giorno prima della Liegi.

Abbiamo incontrato Verona, primo da destra con Van Vleuten e Valverde, alla presentazione delle squadre della Liegi
Abbiamo incontrato Verona, qui con Van Vleuten, alla presentazione delle squadre della Liegi

I corridori della Movistar sono tutti lì aspettando che Valverde termini con le interviste e probabilmente Verona non si aspetta la domanda. «Ci racconti come sono nate le tue attività benefiche in Africa, a sostegno dei Masai?».

Due viaggi in Kenya

Lo spagnolo cambia faccia. Si gira di scatto e gli si illumina il volto. La mascherina abbassata, perché in Belgio si respira un’altra percezione del Covid e nelle strade nessuno più si protegge bocca e naso. Green pass per entrare nei posti al chiuso non lo chiede mai nessuno.

«Ho fatto due viaggi in Kenya – inizia a raccontare a una velocità pazzesca – entrambi per vacanze. Lì ho conosciuto uno spagnolo che gestisce il Camp Enkewa nella Riserva del Masai Mara, si chiama Jose e collabora con delle scuole. Nel secondo viaggio ho avuto più tempo per farmi un’idea della situazione. Volevo capire come fare qualcosa che li aiutasse a cambiare. Quando sei lì, la pensi in modo differente».

Il World Bicycle Relief

A forza di pensare, l’attenzione si ferma sul punto forse per lui più scontato. Carlos infatti si rende conto che biciclette in giro se ne vedono poche e si chiede perché.

«Mi hanno risposto – dice – che la gente non le usa perché poi non è in grado di ripararle, altrimenti sarebbero un mezzo di trasporto sostenibile, che potrebbe cambiare in modo sensibile la quotidianità delle persone».

Così scatta la ricerca. Prima provano con diversi produttori di bici, poi affinano l’indagine e arrivano alle Buffalo Bike, le stesse che già vengono messe a disposizione da altre realtà, fra cui ad esempio Qhubeka.

«Buffalo Bike – prosegue Verona – fa parte del World Bicycle Relief, che a sua volta appartiene al nostro sponsor SRAM. Attraverso loro abbiamo trovato il contatto della sede in Kenya, che si trova a Kisumu nel Lago Vittoria. Ci hanno detto quello che dovevamo fare, cioè trovare come minimo 100 biciclette per una scuola. E a partire da lì ci siamo messi al lavoro. Abbiamo messo all’asta e in vendita delle maglie. E finora abbiamo raccolto 25 mila euro, supportati anche da La Passione che con la sua azione ne ha raccolti 10 mila. Sono super contento perché possiamo comprare le bici per una scuola che si chiama Embiti che si trova ai margini del Masai Mara e a maggio finalmente arriveranno le prime».

Un fatto di felicità

Ciò che sembra interessante è capire come mai questo ragazzo di 29 anni e sua moglie Esther provino questa grande attrazione per l’Africa. Nel suo profilo Instagram non sono infrequenti foto con persone che operano in Kenya in supporto delle famiglie locali. 

«Ci torno ogni anno – dice – sono partito per una vacanza e adesso, se non facessi il corridore, penso che vivrei laggiù. L’anno scorso non ci sono andato per la pandemia, ma nell’ultimo inverno sono andato per tre settimane. Per passarci del tempo e studiare questo progetto. Alla fine laggiù incontri modi di vivere diversi da quelli che abbiamo qui in Europa. Possiamo aiutarli a svilupparsi, ma da loro possiamo anche imparare tanto. Capire come con molto meno si possa essere ugualmente felici. Anche loro hanno diritto ad avere un po’ di benessere, la qualità della vita che non hanno. E lavorandoci un po’, sarà possibile farglielo avere».

Verona ha chiuso la Liegi al 38° posto, nello stesso gruppo di Caruso, Landa e Gilbert
Verona ha chiuso la Liegi al 38° posto, nello stesso gruppo di Caruso, Landa e Gilbert

Valverde ha concluso, Verona adesso non se ne andrebbe, ma a questo punto il pullman blu della Movistar ha acceso il motore e ce lo portano via. Carlos ha parlato in modo rapidissimo e per fortuna abbiamo registrato le sue parole. Ci vorrà un po’ per sbobinare tutto, ma intanto pensiamo che tutto questo sia splendido. La dedizione di questo ragazzo. E il potere della bicicletta, davvero in grado di cambiare vite e salvare il mondo.