Comano Terme, regno di Longo Borghini. Il bis è servito

25.06.2023
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COMANO TERME – «Quando ho visto l’ultimo chilometro, ho detto: “Adesso le secco!”. Penso sempre che se non sei convinto di vincere una corsa – dice tutto d’un fiato Elisa Longo Borghini – è meglio che non parti. E soprattutto se non sei convinto all’ultimo chilometro, è meglio che neanche fai la volata».

Tre, il numero perfetto

Le sei del pomeriggio, tre giorni dopo la vittoria nella prova a cronometro. Il campionato italiano delle donne si è concluso da mezz’ora e adesso Elisa trova il tempo per fermarsi e raccontare. Per la piemontese è il poker delle doppiette crono più strada. La corsa è stata da mal di testa, con una serie di scatti a vuoto senza lucidità apparente, che invece stavano attuando il sottile piano delle tre ragazze della Trek-Segafredo.

Yaya Sanguineti si è presa il gruppo sulle spalle e ha messo nel mirino la fuga del mattino. Gaia Realini si è sfinita di attacchi, giocando la sua carta, ma anche preparando il terreno per la Longo. E poi Elisa, in questa nuova dimensione da killer, è andata verso la volata con una lucidità impressionante.

«Ieri ho riguardato la volata di Velasco – racconta la piemontese – e mi sono detta che per vincere una volata con la Persico avrei dovuto fare qualcosa di simile. L’ho guardata più volte. L’ho analizzata. E ho provato a rifarla uguale. Non mi è venuta benissimo, perché lui ha vinto nettamente, mentre io sono arrivata letteralmente testa a testa con Silvia, ma è andata bene così».

L’aiuto di Jacopo

Il dopo corsa è stato un susseguirsi di emozioni. Mentre Elisa si stava cambiando, è arrivato di corsa Jacopo Mosca. Sudato perso, ha confermato che la compagna aveva già battezzato il finale in volata, mentre lui era convinto che avrebbe attaccato in discesa. 

«Prima nelle volate – racconta Elisa – partivo sconfitta e invece adesso a livello tecnico sono migliorata tanto. Devo molto a Jacopo perché mi ha fatta giocare in allenamento. Sembra sciocco, ma le volate ai cartelli dei paesi, le stesse che di solito fanno gli esordienti, aiutano molto. Conta molto la tecnica e come prendi la volata, in quale posizione sei. Lui ha fatto tanto e lo ringrazio anche per questo». 

Sul palco, attorniata dai genitori, dal fratello Paolo e i suoi figli, Elisa ha ringraziato per la famiglia, per i nipoti che l’hanno tenuta allegra durante la complicata primavera. E ha ringraziato per la sua stessa vita, con un sorriso che era un inno alla gioia. Commovente, lo ammettiamo.

Jacopo Mosca è diventato un grande motivatore per Elisa Longo Borghini, oltre che maestro di volate
Jacopo Mosca è diventato un grande motivatore per Elisa Longo Borghini, oltre che maestro di volate
Però Silvia Persico sulla carta era più veloce…

E’ una ragazza molto forte da non sottovalutare mai. Ha sette vite come i gatti e devo sempre anticiparla. L’ho già visto al Fiandre (Elisa è arrivata terza e Persico quarta, ndr) e mi è andata bene anche stavolta. Ogni tanto mi va bene.

Gaia Realini ha fatto un lavoro pazzesco.

Oggi avevo una squadra numericamente piccola, ma con un grande cuore. Ilaria e Gaia mi hanno supportata benissimo. Volevamo fare forte il penultimo giro, per attaccare. Sono andata via in un primo momento con Cavalli e poi ho detto a Gaia di giocarsi le sue carte. L’ho vista molto forte e per come sta andando in questa stagione, si meritava anche la maglia tricolore.

Di solito quando una squadra ha due leader c’è sempre il rischio di gelosie: cosa c’è alla base della vostra intesa?

Alla base di tutto c’è sincerità. Entrambe sappiamo quali sono le nostre caratteristiche. Io so che Gaia è un’ottima scalatrice e lei sa che può contare su di me per tutto il resto (sorride, ndr). Le opportunità per Gaia saranno tante e spero di essere un’ottima spalla per lei anche in futuro. E lei sa benissimo che quando io punto a qualcosa, lei è pronta per aiutarmi. E’ un bel rapporto, costruito durante questa stagione, nei vari ritiri che abbiamo fatto, anche in altura. Gaia sa che può contare su di me e io so che posso contare su di lei.

Gaia è andata via da sola, ma Persico l’ha messa nel mirino.

Nel momento in cui l’abbiamo ripresa, io ho provato a stancare un po’ Silvia e a sfruttare il lavoro di Marta Cavalli. E poi ho detto nuovamente a Gaia di tirare dritto. Non so perché, ma ogni tanto ti senti di vincere. E io oggi me lo sentivo che avrei vinto.

Era così chiaro che non fosse un percorso per arrivare da sole?

Ieri si era visto che questa salita fa la differenza, ma gli scalatori forti rimangono sempre insieme. C’è un tratto duro, che io avevo definito “dal cartello sesto fino alla casa” (ride, ndr), che poi diventa molto pedalabile e quindi aiuta a rientrare o comunque a tirare il fiato. Un corridore da solo poteva arrivare, ma doveva fare una grossa differenza e dietro dovevano proprio essere morte. L’ho sperato quando Gaia era davanti, ma l’hanno ripresa. E quindi nella mia testa ha preso forma lo scenario della volata.

Elisa Longo Borghini è molto legata ai nipoti: «Mi hanno tenuta allegra quando le cose non andavano troppo bene»
Elisa è molto legata ai nipoti: «Mi hanno tenuta allegra quando le cose non andavano troppo bene»
Undici maglie tricolori, quale può essere ora l’obiettivo dei sogni?

A me la bicicletta piace, mi rende felice. Ogni gara è un’opportunità per vincere e io poi sono un’agonista dentro, mi piace vincere anche quando gioco a scacchi. Oppure devo far vincere la mia squadra. E’ qualcosa con cui nasci, per cui il mio sogno è la maglia iridata. Non so se lo raggiungerò mai, magari sarò d’aiuto per farlo raggiungere a una mia compagna. Sarebbe già tanto, ma siccome è già successo, non sarebbe male se una volta la vincessi io.

La nuova maglia tricolore ora andrà al Giro, poi al Tour, ma con un nuovo sponsor.

Voglio onorare il Giro al meglio e poi porterò la maglia al Tour. E’ l’ultima maglia tricolore per Segafredo, che ringrazio per averci sostenuto così tanti anni, ed è la prima per Lidl. Sarà emozionante partire per queste due corse con il tricolore, perché i campioni nazionali sono sempre guardati, a volte è anche imbarazzante, ma è bello per me portare la bandiera della mia Nazione sulle spalle.

Il mazzo di fiori sulla Trek Emonda di Longo Borghini: è tempo per i festeggiamenti
Il mazzo di fiori sulla Trek Emonda di Longo Borghini: è tempo per i festeggiamenti

I fiori sulla bici rallegrano la stanza. I nipoti la aspettano fuori. Jacopo Mosca ha seguito sorridente le interviste, mandando via l’amarezza per la mancata convocazione al Tour. E’ la serata perfetta, peccato solo che – in barba alla sbandierata parità fra donne e uomini – tanti giornalisti siano andati via dopo la gara dei professionisti. Elisa dice che per il caldo ora andrebbe a buttarsi nel fiume del suo paese. Un po’ di venticello concede tregua ai passanti. Lei sparisce, a noi non resta che scrivere.

Baroncini, tanta rabbia e un fiume di lacrime

24.06.2023
5 min
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COMANO TERME – Una foratura a 3,8 chilometri dall’arrivo. La fine di un sogno tricolore che ha un sapore amaro condito da tanta rabbia e lacrime. Filippo Baroncini quest’oggi era indubbiamente tra i favoriti e durante la corsa ha dimostrato di volere questa maglia ai meno 45 chilometri dall’arrivo, quando è uscito dal gruppo insieme a Matteo Sobrero e a Matteo Trentin. Dopo un inseguimento concitato, il finale era apparecchiato per un arrivo in volata ristretto tra i magnifici sette di quest’oggi. 

Sull’arrivo però Filippo ha tagliato la linea del traguardo con la ruota alzata dalla rabbia e un urlo che di liberatorio aveva ben poco. Un centinaio di metri dopo ha scaraventato la bici a terra ed è scoppiato in lacrime con le mani sul viso

Filo Fans Club

Sul percorso una curva faceva più rumore di tutte, era quella del Fans Club di Filippo Baroncini. Direttamente dalla Romagna, in particolare da Massa Lombarda la sua città natale, sono arrivati decine di sostenitori per lui. Piadine, salsiccia e il motore di una motosega ad animare la quiete di Comano Terme addobbato a festa per questi campionati italiani.

Gli stessi volti che hanno accompagnato l’ex campione del mondo U23 per 227 chilometri erano dopo l’arrivo a consolarlo di fronte al suo hotel. Le lacrime di Baroncini però non si sono mai fermate. Per un’ora la delusione era troppo forte per prendere la macchina ed avviarsi verso la sua Romagna. Nemmeno la forza di mangiare una fetta di pizza, regalata dopo un morso alla fidanzata.

Dagli occhi del papà

Quando siamo arrivati al camper della Trek-Segafredo l’ira di Filippo non si era ancora placata. Le imprecazioni avevano gli stessi decibel di quella motosega che lo aveva accompagnato per nove giri sul circuito. Ancora una volta le lacrime sul volto, questa volta seduto sull’erba con lo sguardo rivolto verso il Fiume Sarca sottostante. A consolarlo c’era Davide Bramati, diesse della Soudal-Quick Step. «Lo capisco – dice – non è un mio corridore, ma lo capisco. Io ho corso e posso immaginare come si possa sentire in questo momento». Per infondergli un po’ di speranza e consolazione prima di andare via si è voltato urlandogli: «Stai tranquillo che lo vincerai un italiano, ora vai a farti la doccia!».

A porgergli una spalla su cui piangere oltre alla sua ragazza, c’era papà Carlo Baroncini: «Dispiace tanto. Filippo è così arrabbiato e deluso perché ci credeva molto. Se la poteva giocare, stava bene. Se avesse forato a cinque chilometri sarebbe potuto rientrare, ma così non c’era niente da fare. Non ricordo delusioni di questo tipo. Posso dire che di solito sbollisce in fretta e non sta tanto a rimuginare. Questa volta però la sfortuna lo ha colpito ancora».

Per Filippo la giornata di oggi è stata una dimostrazione dell’ottima condizione
Per Filippo la giornata di oggi è stata una dimostrazione dell’ottima condizione

La sfortuna di Filippo

Filippo ha un conto in sospeso con la fortuna. Dopo il passaggio tra i professionisti quando ancora quella maglia iridata era sulle sue spalle ma non poteva essere indossata è iniziato un calvario. Due stop a inizio stagione, nel 2022 e 2023, entrambi per lo stesso motivo. La frattura del radio che ancora oggi costringe il classe ’99 a portare il tutore anche in corsa.

Oggi la dea bendata lo ha ignorato strappandogli il sogno a tre chilometri dall’arrivo. E’ chiaro che questa volta quando la rabbia sarà passata e le lacrime saranno asciugate, dall’analisi della gara potrà trarre sicuramente un bilancio positivo sulla condizione. L’inseguimento condiviso con Trentin e Sobrero prima, più una sgasata fatta vedere ai meno 14 chilometri dall’arrivo. Poche centinaia di metri che hanno fatto vedere che per Baroncini questa poteva essere davvero la giornata giusta

Mosca ha tirato i primi giri in circuito per ridurre il distacco dai fuggitivi
Mosca ha tirato i primi giri in circuito per ridurre il distacco dai fuggitivi

Una gara quasi perfetta

A consolarlo c’era anche il suo procuratore Luca Mazzanti, diviso tra gioia e dispiacere. Da una parte Velasco, gli ha regalato una vittoria inaspettata e dall’altra Filippo in ottima condizione ma con tutt’altro stato d’animo. Ciccone ha preparato le valigie e dopo aver dato due pacche sulle spalle al suo compagno si è avviato a raggiungere sua moglie, con cui si è sposato due giorni fa. 

Chi invece dopo due pacche sulle spalle si è fermato e si è messo in assetto diesse, è Jacopo Mosca che rimarrà qui fino a domani per assistere all’italiano della sua promessa sposa Elisa Longo Borghini. Al piemontese abbiamo chiesto che bilancio si porterà a casa da questa giornata per la Trek Segafredo.

«Dispiace per come è andata la corsa – dice – mi sento di dire che abbiamo fatto tutto bene. Ovviamente più di tutto dispiace per Filippo. Non se lo meritava per tutta la sfortuna che sta subendo. Le cadute ci stanno ma quest’anno ha subito un altro infortunio a inizio stagione. Non si può dire che avrebbe vinto è vero, però stava davvero bene. Ho tirato i primi giri del circuito per ridurre il distacco sui fuggitivi. Noi eravamo in tre e queste erano le nostre carte da giocare. Bisogna ricordarsi che chi ha vinto se lo è meritato quindi complimenti a lui».

Balsamo chiude nel cassetto il suo anno tricolore

24.06.2023
4 min
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Come pure Zana fra gli uomini, neppure Elisa Balsamo potrà difendere la maglia tricolore. La caduta alla Ride London Classique l’ha tagliata fuori dai giochi da un mese esatto e se lo scafoide rotto è stato un imprevisto relativamente facile da gestire, la frattura della mandibola impone ancora un recupero impegnativo.

Così per farle compagnia, allo stesso modo in cui l’avevamo cercata al momento di rimettere in palio la maglia iridata conquistata a Leuven, questa volta ci siamo fatti raccontare che cosa ha rappresentato vivere quest’ultimo anno con la bandiera italiana sulle spalle. La statistica parla di cinque vittorie individuali e una cronometro a squadre, più svariati piazzamenti alle spalle della solita Wiebes.

Quando Elisa rientrerà alle gare non avrà più la maglia tricolore e anche la squadra sarà vestita con i nuovi colori della Lidl-Trek, che saranno svelati a Bilbao alla vigilia del Tour de France.

Da domenica mattina, la maglia tricolore sarà nuovamente in palio, ma Balsamo non potrà difenderla
Da domenica mattina, la maglia tricolore sarà nuovamente in palio, ma Balsamo non potrà difenderla
Avevi già messo via la maglia iridata, cosa si prova nel riporre quella tricolore?

Un po’ fa effetto, perché è stata una bellissima maglia da indossare. Ne andavo particolarmente orgogliosa, perché rappresenta proprio il nostro Paese. La mia squadra ha messo il tricolore su tutta la maglia, non su una piccola porzione e questo ha fatto di me la rappresentante dell’Italia. L’ho trovato molto bello.

Zana ha parlato della grande visibilità che viene dalla maglia tricolore.

E’ quello che stavamo dicendo. Col fatto che la mia divisa era completamente tricolore, ero molto riconoscibile. Devo dire che i tifosi amano quasi tutti l’Italia, quindi ho sempre ricevuto tantissimo tifo e ho anche notato che il campione italiano è sempre molto apprezzato.

L’anno scorso fu il primo campionato italiano corso con la maglia della Trek e non più quella delle Fiamme Oro.

Esatto, fu il mio il mio primo anno in Trek-Segafredo. Fu bello vincere perché lo feci indossando la maglia iridata e questo forse mi diede qualcosa di più. Alzare le braccia al cielo con quella maglia non lascia indifferenti.

La maglia tricolore è stato un forte richiamo, anche all’estero
La maglia tricolore è stato un forte richiamo, anche all’estero
Dispiace non poter difendere il tricolore?

Mi dispiace particolarmente, proprio perché saremmo state davvero una bella squadra, con delle compagne molto forti per quel tipo di percorso. Quanto a me, diciamo che si va sempre alle gare per dare il meglio. So però che il percorso di quest’anno sarà particolarmente duro, quindi di sicuro per me non sarebbe stato un obiettivo importante come l’anno scorso. Però il campionato italiano è sempre una gara particolare, quindi magari sarei potuta entrare in una fuga o avrei potuto cercare di avvantaggiarmi un po’ prima delle salite finali, per aiutare le mie compagne. Sarebbe stato bello anche lavorare per tenere questa maglia tricolore in Trek. Mi dispiace non esserci.

Che effetto fa sentir suonare l’Inno di Mameli?

Mi emoziona sempre. Devo dire che tutte le volte che sono sul podio e lo ascolto, mi fa quasi scendere lacrime, perché davvero dopo una vittoria l’emozione si accumula, è tanta. E ascoltare l’inno della propria Nazione è proprio come raggiungere il culmine dell’emozione.

In quale occasione indossare la maglia tricolore è stato speciale?

Ad esempio, correre il Trofeo Binda col tricolore è stato veramente bello. E’ una gara molto importante, una prova WorldTour in Italia, con tanti tifosi. Penso che quello sia stato uno dei momenti più intensi con il tricolore.

L’emozione più grande, dice Balsamo, è stata correre il Trofeo Binda con il tricolore sulle spalle
L’emozione più grande, dice Balsamo, è stata correre il Trofeo Binda con il tricolore sulle spalle
In teoria ti aspetta un’estate piena di grandi impegni: come stai gestendo questo momento sfortunato?

Sicuramente questo infortunio ha reso le cose un po’ più difficili. So che devo soltanto avere pazienza e aspettare che le cose si sistemino. Ho completo supporto da parte della squadra, ho tante persone che mi sono vicine e che mi stanno aiutando. Vorrei davvero ringraziarli tutti. So bene che ci sono degli obiettivi importanti e sto facendo tutto il possibile per tornare ed essere pronta. Però so anche che se questo non basterà, la stagione è lunga e spero che gli anni che mi aspettano in bici siano ancora tanti. Quindi sto davvero cercando di mantenere la calma.

Riesci ad allenarti ugualmente?

In questo momento posso allenarmi soltanto indoor sul ciclomulino e faccio anche tanta palestra. Diciamo che non è facile rimanere chiusa in casa, però è quello che mi tocca adesso. Quindi vado avanti così e sto anche facendo delle passeggiate. Tutto il possibile anche per cercare di svagarmi un po’. Perché allenarsi in casa non è semplice. Spero di rivedervi presto e che vada tutto bene. 

L’assolo italiano di Romele al Giro Next Gen

22.06.2023
5 min
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Una vittoria italiana al Giro Next Gen. A metterla a segno è stato Alessandro Romele nella tappa Pergine Valsugana-Povegliano (foto in apertura photors.it). Un assolo in mezzo a tanti successi stranieri di tutto rispetto. Una medaglia che, se vista da una parte, dimostra il livello internazionale alto che ha mantenuto la corsa U23; guardandone invece il rovescio, un solo italiano a braccia alzate può far sorgere qualche interrogativo sul livello dei nostri. 

E’ giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, così abbiamo alzato la cornetta e chiamato Alessandro. Per lui è stato il terzo successo stagionale, il primo tra i “grandi” della sua categoria. Il diciannovenne del Team Colpack Ballan CSB ha dimostrato ancora una volta di essere un cecchino quando si parla di volate ristrette. Quando ci risponde, sta preparando la valigia per i campionati italiani, cronometro e strada. 

Gran Premio Liberazione 2023 la vittoria di Alessandro Romele
Gran Premio Liberazione 2023 la vittoria di Alessandro Romele
Partiamo da qui…Sono due obiettivi che si addicono alle tue caratteristiche questi due campionati italiani?

L’italiano strada purtroppo l’hanno un po’ cambiato. Prima era molto più adatto, adesso meno. Rimane sempre un obiettivo, poi lo è sicuramente anche quello a crono. Impegnativo, però non nascondo che comunque ci punto. Mi piacciono molto queste prove e quest’anno mi ci sono voluto dedicare di più.

L’hai preparata da tempo quindi questa crono?

Sì, fin da subito, parliamo di febbraio. Mi sono allenato spesso, anche se di gare a cronometro in Italia ce ne sono poche. Ho fatto quella di Romanengo e quella del Giro. Mancano un po’ le opportunità su cui misurarsi.

Veniamo alla tua vittoria al Giro Next Gen. Innanzitutto, con che forma ci sei arrivato? Tutto secondo i piani?

Sì, in realtà mi sono anche un po’ stupito della cosa, perché stavo già pedalando bene dall’inizio della stagione. Ho avuto la fortuna di fare i ritiri a Calpe e quindi penso di avere aver trovato la condizione fin da subito. Sono riuscito a centrare gli obiettivi, come il Liberazione e un’altra vittoria (Coppa Zappi, ndr). Per quanto riguarda il Giro c’era stata una programmazione da parte della squadra per l’altura. L’unica mia volontà è stata quella di poter andar via con la nazionale all’Orlen Nations Grand Prix. Questo ha portato a un cambio di piani, quindi sono salito in anticipo rispetto alla squadra. Dopodiché sono sceso da Livigno e sono andato via con la nazionale in Polonia. 

Romele all’Orlen Nations Grand Prix (foto PT photos)
Italia, Orlen Nations Grand Prix, Italia, Romele (foto PT photos)
Come mai questa decisione?

Sentivo che era un’opportunità che mi serviva e soprattutto perché penso che la maglia azzurra, vedendo un po’ le mie esperienze, mi ha sempre dato qualcosa in più a livello mentale e motivazionale. Sono andato senza aspettative e pienamente a disposizione della squadra. Al Giro penso di essere arrivato pronto, forse non alla prima tappa, però poi man mano che si andava avanti ho trovato la condizione perfetta.

La tappa di di Povegliano l’avevi cerchiata di rosso fin da subito o hai vissuto alla giornata?

In realtà avevo puntato alla tappa prima, la Cesano Maderno-Manerba del Garda, perché passava vicino a casa mia. Erano strade che conoscevo e mi sembravano adatte a me. Le salite erano dure, ma le abbiamo affrontate ad alta velocità regolare in gruppo e sono riuscito a stare lì. Nel finale mi sono ritrovato a lavorare per Meris e sono stato contentissimo di avergli tirato la volata aiutandolo a portare a casa un quarto posto. In più ha fatto ottavo Cretti e io decimo. La tappa del giorno dopo l’avevo guardata la sera. Non nascondo di aver pensato di non volerla fare arrivare in volata, anche perché noi non avevamo più il velocista e quindi l’ho vista come un’opportunità. 

Tre uomini in fuga: De Pretto, Alessandro Romele, Sergio Meris (photors.it)
Tre uomini in fuga: De Pretto, Alessandro Romele, Sergio Meris (photors.it)
Come hai costruito questa vittoria?

C’era una salita e poi giù in discesa e pianura fino all’arrivo. Ho colto un momento di buco a 500 metri dallo scollinamento e ci siamo trovati io, Sergio (Meris,ndr) e anche Luca (Cretti,ndr). Lì ho detto: «Ragazzi attenti, perché la Jumbo non può tenerla, visto che sono solo in due». Ho visto Sergio che mi aveva fatto un cenno come per dire: «Cosa facciamo?». Ha quindi piazzato lui il primo scatto con me ruota e poi, appena De Pretto si è messo a sua volta dietro a noi, siamo usciti. Abbiamo preso facilmente velocità e distacco nella discesa e siamo siamo riusciti a portare via la fuga decisiva.

Il finale com’è andato?

E’ andato tutto abbastanza linearmente verso l’arrivo. C’era accordo, ma nel finale giustamente De Pretto ha smesso di collaborare. 

La volata a tre è un po’ il tuo asso nella manica. Tu e Meris vi siete messi d’accordo?

Non ci siamo parlati tanto. Vedevo tanta concentrazione. Tanta voglia di arrivare perché comunque era anche un suo obiettivo quello di fare un bel risultato al Giro. Io mi sentivo bene e sicuro. Come avevo dimostrato anche al Liberazione, nelle volate ristrette mi trovo molto a mio agio.

L’altra volata ristretta vinta da Romele alla Coppa Zappi (foto Stefano Ballandi)
L’altra volata ristretta vinta da Romele alla Coppa Zappi (foto Stefano Ballandi)
Infatti la volata l’hai vinta proprio bene…

Conta effettivamente anche essere veloce, però alla fine se uno è veloce, ma arriva stanco dopo 120 chilometri di fuga, c’è poco da fare. Io stavo bene e ho sfruttato tutte le mie caratteristiche.

E a livello emotivo invece, come è stato per te vincere una tappa al Giro Next Gen?

Era il mio primo Giro. L’emozione più forte della mia, diciamo, piccola carriera. Ed è sicuramente senza dubbio la gara con il livello generale del gruppo più alto. C’erano tutti i giovani più forti. Sono veramente contento. Ripaga dei tanti sacrifici e tutto quello che abbiamo fatto quest’anno per alzare l’asticella.

Adesso obiettivo italiano poi riposo?

E’ da inizio anno che andiamo a tutta. Ho fatto tanti giorni di gara nonostante qualche stop, dovuto a qualche momento di malattia. Da lunedì vediamo di fare un po’ il punto della situazione e organizzare il finale della stagione e perché no, magari riuscire a guadagnarsi un posto con la nazionale per gli appuntamenti più importanti. Sarebbe veramente bello.

Carboni, niente italiano, tanta sfortuna e voglia di ripartire

16.06.2023
6 min
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Nella mitologia greca, la dea della fortuna è cieca. Ad essere mal pensanti viene da dire che invece la sfortuna ci vede benissimo. Giovanni Carboni dopo aver chiuso il capitolo nero della Gazprom nel 2022, si è trovato in questo 2023 a fronteggiare una serie di eventi sfortunati. Nessuno così grave, ma sportivamente parlando si può dire che il marchigiano abbia un conto in sospeso con la dea bendata. 

Il suo approdo nella formazione spagnola Kern Pharma era pieno di aspettative e buoni proposti. La condizione di inizio anno ha fatto ben sperare, poi però è arrivato l’incidente sul Teide, l’appendicite protratta e infine l’infortunio alla schiena. Si chiude così un altro capitolo di questa prima parte di stagione con il forfait forzato al campionato italiano di Comano Terme in programma a fine giugno. Scopriamo il suo stato d’animo e la reazione del classe ’95 nei confronti di questa metà stagione. 

Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Giovanni, come hai vissuto questa prima parte della stagione?

Diciamo che ho vissuto la prima parte dal punto di vista fisico e mentale nel migliori dei modi, quello che è mancata è stata un pochino di fortuna.

Spiegaci meglio?

Per quanto riguarda l’allenamento e quello che potevo fare, mi sono fatto trovare pronto quando richiesto. Ma con gli incidenti e i problemi fisici mi sono trovato in situazioni fuori dal mio controllo.

Andando nello specifico, cosa è successo?

Inizialmente ho avuto l’incidente sul Teide, il 3 marzo. Una macchina che ha aperto lo sportello e io ci sono finito dentro: questo mi ha rallentato parecchio. Di seguito sono stato male un paio di volte per un’appendicite, che però non era stata riconosciuta fin da subito. 

In che senso?

La prima volta che sono stato male è stato una settimana dopo l’incidente del Teide e sono stato male di notte. Soltanto che, essendo comunque all’estero e per giunta in un posto un po’ difficile da raggiungere, non ho potuto far visite. Quindi è passato tutto in secondo piano. L’appendicite è stata confusa inizialmente come un problema di gastroenterite.

Per Carboni l’inizio di stagione era carico di buone sensazioni e aspettative
E poi?

Mi si è ripresentata al Tour of the Alps. In quel caso mi sono ritirato alla penultima tappa. E anche quella volta si è presentata con dei sintomi strani e non è stata riconosciuta. Fino a quando il 30 di aprile sono stato proprio male, in maniera forte e tanto da costringermi ad andare all’ospedale. Dagli accertamenti, dalle analisi avevo un’appendicite ingrossata, a rischio di peritonite: sono stato operato d’urgenza. Il problema è che tutta questa situazione me la sono portata avanti per due mesi, perché dai primi sintomi di marzo sono stato operato a fine aprile.

Nel frattempo hai corso?

Sì, anche se notavo che c’era qualcosa che non andava nel mio fisico specialmente alla gamba. Avevo molto fastidio alla coscia destra. Fastidi ripetuti alla zona destra dell’addome, però mai avrei pensato di di avere l’appendicite infiammata.

L’incidente invece ha lasciato strascichi?

Recentemente, dopo l’operazione all’appendicite ho ripreso gli allenamenti e ho iniziato ad accusare un mal di schiena un po’ inspiegabile. Dagli accertamenti abbiamo scoperto che sul Teide avevo subito una microfrattura alla vertebra D9 all’altezza dell’intersezione con il costato. E infatti da dopo l’operazione, quando ho ripreso la palestra ho avuto questi sintomi di dolore al costato e alla schiena. Diciamo che c’è stato un susseguirsi di eventi non molto fortunati.

Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Questa micro frattura come la stai trattando?

Avevo appena iniziato ad allenarmi e mi sono rifermato, devo ringraziare Maurizio Radi e il Fisioradi Medical Center che mi hanno seguito in tutto e mi hanno permesso adesso in questi ultimi giorni di riprendere a pieno ritmo. Purtroppo però non abbastanza in fretta per fare il campionato italiano. Ho deciso infatti che è meglio non partecipare. 

Mentalmente come stai reagendo a tutta questa situazione?

Sia io che la squadra eravamo contenti della prima parte di stagione, perché comunque alla Valenciana, in Oman e anche al Gran Camino non ho ottenuto dei risultati pieni, ma sono andato bene. Sapevamo infatti che la mia preparazione non era incentrata sul fare un grande mese di febbraio. L’obiettivo principale e quello che interessava alla squadra erano le corse di marzo

Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
In tutto questo ti sei anche dovuto ambientare ad una squadra nuova, spagnola, in cui sei l’unico italiano…

Dovevo conoscere i compagni, conoscere la squadra perché l’anno scorso alla fine sono arrivato solo a fine stagione. C’erano un po’ di meccanismi nuovi da imparare. E’ andata anche bene. A detta di tutti, i ritmi nelle prime gare di stagione sono altissimi, a febbraio si fanno i migliori watt, quindi ho percepito che la mia preparazione fosse buona. Ero soddisfatto. A livello di squadra ho trovato quello che il team manager mi aveva anticipato e sono contento anche della scelta che ho fatto di firmare con loro. Nel loro piccolo, ciascuno si impegna per dare il massimo e quando le cose stanno così, non puoi che essere contento. 

Quando hai previsto di tornare in corsa?

Conto di rientrare a fine luglio. Ancora non so bene dove, ma ora ho l’appoggio della squadra e la tranquillità del momento, quindi penso più che altro a rimettermi in forma e senza fretta.

Per il finale di stagione hai in mente qualche gara in particolare? 

Spero di poter riconfermare quello che ho fatto lo scorso anno. Sarebbe bello, fare bene all’Adriatica Ionica Race. Avere il percorso che passa sotto casa è stato bellissimo e mi piacerebbe ricorrerla. 

La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
Veniamo a una nota dolente. La Kern Pharma non è stata invitata alla Vuelta. Come hai preso la notizia?

Non so bene i meccanismi e come siano andate le cose, però sicuramente sappiamo che i grandi Giri sono sempre delle grandi opportunità per noi corridori. Però penso anche che questa cosa rientri tra le situazioni fuori dal mio controllo. Quindi non voglio neanche pensarci più di tanto. Vorrei sottolineare che mi dispiace molto di non poter fare il campionato italiano. Correre quella gara, per quella maglia, è sempre emozionante. Una corsa che da bambino ho sempre guardato con ammirazione. Non poterla correre mi rattrista, però metto un punto e guardo al prossimo anno.

A livello mentale hai passato dei momenti difficili. Sei riuscito sempre a mantenere un atteggiamento positivo?

Sì, per questo devo ringraziare soprattutto la mia famiglia perché mi è sempre stata accanto e mi ha sostenuto. Penso che in certi momenti è indispensabile riuscire a mantenere un atteggiamento positivo e stabile. 

Soprattutto venendo dall’anno scorso…

Diciamo che gli ultimi anni non sono stati proprio dei migliori. Però ora testa ai prossimi obiettivi.

Un anno col tricolore sulla pelle: Zana racconta

15.06.2023
5 min
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Il 26 giugno 2022 Filippo Zana alzava le braccia sul traguardo di Alberobello. Da quel momento in poi, nel suo armadio ha dovuto fare spazio ad una maglia dall’importanza e dalla storia imprescindibile. A pochi giorni dal campionato italiano di Comano Terme, in cui quella maglia sarà messa nuovamente in palio, riavvolgiamo il nastro con il classe ’99. Dal passaggio da Bardiani a Jayco-AlUla, all’inverno carico di aspettative per la nuova stagione. Infine il suo Giro d’Italia vissuto come gregario prima e come protagonista poi alzando le braccia nella tappa di Val di Zoldo.

Non vi stupite se le parole “bellissimo” e “sogno” si ripetono, questo è l’anno di un ragazzo 23enne che ha vissuto 365 giorni da campione italiano

Com’è stato quest’anno tricolore?

Mah, diciamo che è cambiato tutto. La maglia ti dà un segno che ti contraddistingue. Penso sia stato un anno bellissimo, un anno in cui la maglia mi ha fatto crescere molto. Sono veramente onorato e contento di averla portata in giro per il mondo.

Partendo dall’anno scorso, da quella vittoria in Puglia. Quanto ci hai messo per realizzare quanto hai fatto?

La vittoria è stata un po’ inaspettata, quindi subito non ci credevo. Man mano che si andava alle gare vestendo quella maglia e usando la bici nuova con la livrea italiana, attraverso i dettagli ho iniziato a capire quello che ho fatto.

Venendo un po’ a quello che è il lato meno romantico, una maglia di questo tipo è in grado di darti più visibilità…

Quello sicuramente. Il telefono ha squillato di più. Mi conosce molta più gente, quindi sì, è bello ma certe volte è un po’ pesante. Andare di qua e di là non è semplice però è stato bellissimo. Indimenticabile.

Ti abbiamo incontrato a Pesaro questo inverno alla “Serata di grande ciclismo 2022”. Lì mettesti in palio una tua maglia tricolore e ricevesti un premio. Questo lato dell’essere campione italiano come l’hai vissuto?

Mi ricordo. In quei casi è sicuramente un onore essere premiati, essere invitati a questi grandi eventi. Certe volte, quando magari sono uno attaccato all’altro, pensi: “Bè, starei bene anche a casa“. Però diciamo anche che è bellissimo essere presenti. A tutti gli eventi a cui sono riuscito ad andare, mi hanno gratificato e mi ha sempre fatto piacere esserci andato.

Veniamo al tuo passaggio in una WorldTour. Com’è stato arrivare in Jayco AlUla da campione italiano?

Mi hanno accolto veramente bene e sono stato contentissimo. Poi penso mi abbiano fatto crescere molto già in questa prima parte di stagione e non me lo sarei mai aspettato così rapidamente. Il biglietto da visita tricolore mi ha aiutato a farmi conoscere subito.

C’è qualche aneddoto che ti ha riempito il cuore in questo anno?

Sicuramente le partenze. Un momento bellissimo, un sacco di tifosi, dai bambini agli adulti. Ti riconoscono tutti ed è bellissimo. 

Quante maglie firmate hai regalato?

Ne ho regalate davvero tante. Per esempio a tutto lo staff della squadra dell’anno scorso. Agli sponsor. Insomma a più gente possibile. Oppure in occasioni speciali come l’asta benefica di Enrico Pengo

Arriviamo al Giro d’Italia. Che emozione è stata correrlo con la maglia tricolore indosso?

Ah beh, è stato un Giro fantastico… E’ stato speciale indossarla. In più è andato veramente bene, quindi è stato ancora più un sogno. Non so neanche come descriverlo. Non me lo sarei mai aspettato. 

Una corsa come il Giro accomuna tante persone, dagli appassionati che ti chiamano per nome a quelli che invece riconoscono il simbolo tricolore…

Sì, è stato bellissimo. Qualsiasi persona, anche se non sapeva come mi chiamassi, mi salutava perché vedeva la maglia. Tutte le persone, anche chi magari non segue tantissimo il ciclismo, tifavano e mi riconoscevano.

La ciliegina sulla torta è arrivata con la vittoria della 18ª tappa…

Anche questa era un po’ inaspettata. Quest’anno penso di aver preparato bene il Giro, quindi sono arrivato veramente pronto. Ero contentissimo di come stava andando, aver contribuito sia alla vittoria di Matthews sia per avere aiutato i miei compagni tutta la corsa. Penso che la vittoria sia stata veramente la ciliegina sulla torta. Vincere al Giro e farlo con la maglia tricolore è stato come un sogno

E ora pochi giorni e quella maglia dovrai rimetterla in palio. Domanda banale, ma importante: ci riproverai?

Sicuramente andiamo per riprovarci. L’italiano è sempre una gara particolare, può andar bene, può andar male, però sicuramente noi ci proveremo e cercheremo di difendere il titolo. Speriamo di essere protagonisti. E poi come andrà, andrà…

Comano Terme e Garda Trentino, il perfetto scenario tricolore

14.06.2023
6 min
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Il campionato italiano è pronto ad andare in scena. Il teatro di quest’anno, dopo il caldo e il mare della Puglia, sarà Comano Terme con la sua fresca aria di montagna e i suoi panorami mozzafiato. A mezza via fra le acque del Lago di Garda e la maestosità delle Dolomiti, la sede del tricolore 2023 è pronta ad accogliere i migliori ciclisti del panorama nazionale.

Saranno assegnate nove maglie tricolori, su tracciati che porteranno gli atleti anche in Giudicarie EsterioriGarda Trentino e Valle dei Laghi. Un contesto naturale, promosso da Garda Dolomiti, che è già culla del turismo su due ruote e che con questa prova del campionato italiano è pronta a mostrarsi ancora una volta come luogo amico delle bici e dello sport in generale

Un territorio da scoprire

Comano Terme rappresenta il punto di partenza ideale per la scoperta di un territorio unico nel suo genere. La località è circondata da autentici tesori di storia, natura e cultura, borghi medievali, laghi cristallini, castelli e infinite opportunità per lo sport e le attività outdoor.

Luoghi meravigliosi a misura di bici, come la Ciclabile del Limarò e della Valle del Sarca, l’itinerario della Piana del Lomaso, quello che porta al borgo di San Lorenzo Dorsino, il Tour dei Borghi del Bleggio e la ciclabile della Val Rendena. Da non perdere sono le acque limpide della Valle dei Laghi, del Lago di Toblino, con l’omonimo castello da ammirare e fotografare, e gli incantevoli Laghi di LamarLago di TerlagoLago di Cavedine e il Lago di Santa Massenza.

«Abbiamo voluto questi campionati italiani – afferma Silvio Rigatti Presidente APT Garda Dolomiti – proprio per dare visibilità anche a località come Comano Terme e a tutta la sua valle. Un territorio storico, una località appunto che ben si presta all’utilizzo della bicicletta, in quanto ha delle strade percorribili non trafficate. E’ un territorio a misura di ciclista, che dà veramente quella sensazione di tornare indietro nel tempo, perché si vedono degli scorci dei borghi tra i più belli d’Italia. La tranquillità che si vive in quei luoghi, l’autenticità e la ruralità sono veri e propri pregi che si assaporano solo visitandoli. Qui si può fare una vacanza con la famiglia ed abbinarla allo sport in qualsiasi declinazione, tra cui ovviamente la bicicletta.

«I prodotti enogastronomici del territorio – prosegue – la fanno da padrone, abbiamo tutta la filiera del latte. Ottimi prodotti, dallo yogurt ai formaggi. Ma anche tutta quella che è la parte vitivinicola. Ci sono delle peculiarità veramente interessanti da visitare, come per esempio la produzione della noce, con tutto quello che c’è dietro».

Le acque termali di Comano sono un vero e proprio toccasana
Le acque termali di Comano sono un vero e proprio toccasana

L’acqua termale

L’acqua termale di Comano è un “farmaco”. In ambito dermatologico, è ideale per il trattamento delle malattie infiammatorie croniche della pelle come la psoriasi e le dermatiti. Se bevuta, inoltre è un valido alleato per tutto l’organismo grazie a un’azione diuretica e depurativa. Infine, respirata sotto forma di vapore, è indicata per la cura e la prevenzione dei disturbi delle alte e basse vie aeree, anche croniche, come sinusiti, riniti allergiche e bronchiti.

A Comano Terme è possibile effettuare programmi di benessere e di bellezza purificanti a effetto detox e antismog. Inoltre è possibile anche usufruire di un parco di 14 ettari, inserito nell’area UNESCO della Riserva della Biosfera delle Alpi di Ledro e delle Giudicarie, dove l’aria di montagna e le attività all’aperto la fanno da padroni.

Gli alti alberi secolari, l’aria pura delle Dolomiti di Brenta, gli ampi spazi verdi e i laghetti ornamentali fanno di questo parco un autentico angolo dedicato al benessere in cui passeggiare, respirare e rilassarsi.

«Comano Terme – spiega Silvio Rigatti – è famosa per la sua acqua miracolosa, naturale priva di controindicazioni ed effetti collaterali, nota in tutta Europa per le sue proprietà curative. Si avvicina lo sport e il relax con le Terme che fanno da collante. Il benessere è la chiave di tutto questo».

Garda Trentino

Lo spettacolo di una cornice montana che si riflette nel blu del Lago di Garda, trasmette una profonda sensazione di libertà a cielo aperto. Il brivido dell’avventura si alterna al piacere del relax. Garda Trentino è il lembo che racchiude il territorio che sarà animato dal campionato italiano. Tanto sport all’aria aperta praticabile tutto l’anno grazie al clima mite, eccellenze enogastronomiche da degustare, antiche storie da scoprire e luoghi dove rigenerare corpo e mente. Questo contesto è un riferimento per chi predilige uno stile di vita attivo, ama il cibo sano e i sapori genuini e per chi è sempre alla ricerca di nuovi stimoli e trova nella pace della natura il proprio relax.

«Comano Terme – dice Silvio Rigatti – fa parte dell’azienda per il turismo Garda Trentino che comprende Riva del Garda, Torbole e Arco e Tenno che sono un po’ le perle della bike a livello europeo. Come per esempio l’evento Bike Festival Garda Trentino nato trent’anni fa. Un luogo dove migliaia di biciclette si trovano ogni giorno per strada. Dove c’è una rete di sentieri rivolta alla mountain bike e al gravel ben segnalata e che nei mesi primaverili e autunnali registra una grande affluenza anche di bici da corsa. Qui vengono ad allenarsi molti turisti da tutta Europa».

Una festa di sport

Verranno assegnate nove maglie tricolori. Nove competizioni saranno il ring su cui gli atleti si sfideranno a suon di pedalate, scatti e contro scatti. Emozioni uniche da vivere sul ciglio della strada e nei luoghi addobbati a festa per il campionato italiano. 

«La scelta di portare il campionato italiano da noi – afferma Rigatti – è studiata e voluta assieme a Trentino Marketing, la nostra agenzia di riferimento per il turismo trentino, e assieme all’assessorato al turismo. Una sinergia d’intenti che ci hanno spinto a ospitare in Trentino questo evento. Lo abbiamo fatto in nel nostro stile, cioè con un percorso duro. Abbiamo scelto Comano Terme per la storicità nell’organizzazione di corse per i più giovani. Abbiamo una struttura organizzativa in grado di fare tutto questo composta da GS Alto Garda e Vitesse. Vantano corse organizzate come l’europeo di Trento o come ogni anno il Tour of the Alps

«La scelta di questo territorio – conclude Rigatti – va oltre. Non sono solo i quattro giorni, ma il messaggio è lasciare un biglietto da visita e un esempio per chi verrà dopo per scoprire questi luoghi. Questo è un grande valore dal punto di vista turistico. Per quanto riguarda l’aspetto sportivo, sarà sicuramente una gara bella e impegnativa. I nove giri sul circuito finale saranno ovviamente decisivi. La salita non è così dura ma è costante e da rapporto. Sono sicuro vincerà un corridore meritevole e talentoso che ci farà divertire. Infine ci tengo a dire che siamo onorati che la Federazione abbia scelto il Trentino, Comano Terme, per per svolgere questi campionati. Sarà una festa di sport pronta ad accogliere migliaia di appassionati e curiosi».

TermeComanotricolori2023

GardaTrentino

Rota e Petilli: il ritiro, gli obiettivi e due parole fra amici

17.07.2022
5 min
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Simone Petilli e Lorenzo Rota sono in ritiro sulle montagne alpine per preparare la seconda parte di stagione. Un periodo di stacco nel quale si lavora, gli impegni sono alla porta ed è importante prepararsi al meglio. I due corridori della Intermarché Wanty Gobert arrivano da momenti diversi. Simone ha metabolizzato l’esclusione dal Giro ed è pronto ad aggredire i nuovi appuntamenti che si presenteranno. Lorenzo, invece, arriva da una prima parte di stagione ricca ma con qualche episodio sfortunato alle spalle, ed un secondo posto al campionato italiano che fa fatica ad andare giù, come un boccone troppo amaro.

L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi
L’Intermarché per questo ritiro ha messo a disposizione dei corridori i propri mezzi

Un programma “distensivo”

PETILLI: «Siamo entrambi partiti per il ritiro il 5 di luglio e torneremo il 20. Non siamo da soli, ci sono altri nostri compagni ed in più abbiamo il supporto del team, ma poi ognuno di noi ha la sua libertà per gestire le tabelle e gli allenamenti».

ROTA: «Siamo in una decina di compagni di squadra, siamo un po’ sparsi intorno alla zona di Livigno. Personalmente arrivavo da un periodo di corse molto intenso: tra Giro d’Italia, Giro del Belgio e campionato italiano ero un po’ cotto».

Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione
Livigno in questi giorni è meta di tanti corridori che si preparano per la seconda parte di stagione

Obiettivi diversi

Se Petilli sta cercando continuità ed una seconda parte di stagione con delle certezze per riscattare l’esclusione dal Giro, Lorenzo vuole delle certezze. E queste passano dalla tanto agognata vittoria. La motivazione è alta per entrambi, gli obiettivi sono diversi, ma la strada è comune.

ROTA: « Devo ammettere, ma penso lo si sappia già ampiamente, che questa vittoria manca e inizia ad essere una situazione frustrante. Ci sto provando da diverso tempo e continua a succedere qualcosa che mi frena, una volta un po’ di sfortuna, altre un piccolo errore…»

PETILLI: «Io e Lorenzo parliamo tanto, ci confrontiamo ed il nostro rapporto è bello così. Ci conosciamo da tanto tempo che ormai sappiamo tutto l’uno dell’altro, o quasi. Quando mi dice che gli pesa questa vittoria mancata, gli dico che ha dimostrato di andare forte. A San Sebastian lo abbiamo scoperto tutti e poi si è riconfermato sempre, anche quest’anno sulle strade del Giro. Insomma, se arrivi ad andare forte su questi palcoscenici, vuol dire che la gamba c’è. Non deve stare a sentire i pareri ed i commenti di tutti, anche dopo il campionato italiano ne ho sentite tante…».

Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco
Un inno di Mameli amaro per Rota dopo il secondo posto al campionato italiano, un’occasione unica sfumata per poco

Quel Giro mancato

PETILLI: «Il Giro d’Italia era un mio obiettivo di inizio stagione e mi è mancato farlo, non ne ho fatto un dramma. La squadra prende le sue decisioni ed è giusto rispettarle, ovviamente mi sarebbe piaciuto correrlo. Di contro non dovrei correre la Vuelta, non era in calendario e non mi sto preparando per questo. Mi hanno inserito come prima riserva».

ROTA: «Quando ho scoperto che Simone non ci sarebbe stato al Giro d’Italia, mi è dispiaciuto molto. Io, con il senno di poi, l’avrei portato anche perché abbiamo portato due corridori nella top ten ma ci sarebbe servito qualcuno di maggior supporto in salita. “Pozzo” e Hirt si sono ritrovati spesso da soli e lui avrebbe potuto fare tanto. D’altro canto non credo che l’esclusione dal Giro o da altre corse a tappe crei un problema, farle fa sempre piacere ma non è fondamentale. Abbiamo entrambi una certa età e quindi siamo arrivati alla nostra maturazione ciclistica. Se devo essere sincero spero non vada alla Vuelta così corre con me (dice ridendo, ndr)».

Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione
Petilli dopo l’esclusione dal Giro si è rimboccato le maniche lavorando per farsi trovare pronto nelle gare di fine stagione

Strade simili

PETILLI: «I programmi miei e di Lorenzo sono simili da qui a fine stagione, a parte per quanto riguarda l’approccio alle corse dopo questo ritiro. Io farò San Sebastian lui il Giro di Vallonia. Quando corriamo in Italia, vogliamo farlo al meglio, dando spettacolo, così come fatto al campionato italiano. Eravamo solo noi due della squadra e così abbiamo deciso di provarci, ci è mancato davvero poco».

ROTA: «Essendo lui di Como ed io di Bergamo abbiamo una corsa in comune su tutte in Italia: il Lombardia. L’anno scorso non sono andato benissimo e mi piacerebbe correrlo meglio, avendo la possibilità di rifarmi. Devo dire che mi piace molto di più l’arrivo a Como, si addice molto di più alle mie caratteristiche».

Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli altri che preparano la Vuelta
Rota e Petilli non sono soli, con loro ci sono anche gli atleti che preparano la Vuelta

Allenamenti e chiacchierate

ROTA: «In questi giorni di ritiro parliamo tanto, ma cerchiamo di spaziare un po’ negli argomenti. Parliamo di macchine, di belle ragazze – ride insieme a Simone – è bello anche così, pensare un po’ ad altro».

PETILLI: «Siamo sempre in bici, in questi giorni è divertente fare altro e chiacchierare anche con gli altri compagni di squadra che sono qui con noi».

ROTA: «Prima di lasciarvi propongo un gioco: quello dei “difetti” dell’altro, altrimenti dopo questa intervista sembriamo troppo amichevoli (scherza il bergamasco, che poi resta in silenzio un attimo, ndr). Ci sto pensando ma non mi vengono! Ah no, ecco, se devo dire qualcosa direi che sei troppe volte per terra!».

PETILLI : «Anche tu non scherzi – replica con una risata – questa cosa mi piace, così poi domani ci scattiamo nei denti per vendetta. In realtà siamo abbastanza affini, ci capita più spesso di discutere con qualcuno del gruppo piuttosto che tra di noi. Ciao Lore, a domani e mi raccomando, puntuale!».

Podenzana e ora Zana: i tre tricolori di Reverberi

11.07.2022
6 min
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Trent’anni fa, poco meno. Massimo Podenzana aveva già 32 anni, perché lui – come dice spesso scherzando – è passato a 26 che era già vecchio. A Prato si correva il campionato italiano, in un giorno caldo come a fine giugno in Puglia. E come quest’anno, fu una fuga ad assegnare la maglia tricolore. E se Zana per vincere ha dovuto fare la volata, il “Pode” preferì arrivare da solo, come da solo sarebbe arrivato anche l’anno successivo, centrando una clamorosa doppietta nel 1994 a Cles. Sono i tre tricolori di Reverberi.

Alla corte di Reverberi

Tra le curiosità e le coincidenze, oltre a quelle ultime quattro lettere, il denominatore comune per entrambi è infatti Bruno Reverberi. Tanto che dopo la vittoria di Filippo, l’attuale direttore sportivo del Team Novo Nordisk, ha mandato un messaggio al reggiano, scherzando sul fatto che abbia impiegato trent’anni per rivincere l’italiano.

«A Prato – ricorda – non ero partito per vincere, ma di sicuro per dare battaglia. Ricordo che uscimmo dal circuito di Seano che mi avevano quasi preso. Vedevo dietro Lelli e Sciandri a 100 metri, ma dissi a me stesso che finché non mi avessero raggiunto avrei tenuto duro. Col caldo non ho mai avuto problemi. Salii fino a 1’30” e alla fine ne mantenni uno su Bugno in maglia iridata, Cassani e Faresin».

Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati
Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati

Un altro ciclismo

Trent’anni fa, poco meno. Una vita. Forse Zana non conosce nemmeno la storia del suo predecessore, essendo nato nel 1999 che per Podenzana e gli uomini della Mercatone Uno fu invece maledetto. Ma nel 1993, con Pantani al primo anno da professionista e lo spezzino vestito della maglia Navigare, quel che sarebbe accaduto non era neppure immaginabile. Era un altro ciclismo. Prima del Giro, la squadra di Reverberi partecipò alla Vuelta, perché prima del WorldTour si poteva.

Le stesse squadre, più o meno, ma un ciclismo molto diverso…

Oggi è difficile andare alle grandi corse, devi sperare nell’invito. Prima le facevi tutte. La Navigare era una di quelle squadre piccole, che aveva sempre dentro qualche buon corridore. Bruno puntava sui giovani e, come oggi, ne prendeve sei o sette all’anno, sperando di tirarne fuori qualcuno più forte. Non io, perché ero già vecchio. Ma quell’anno passò con noi Guerini, c’erano Shefer, Barbero e Davidenko, il mio attuale team manager.

Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
La maglia tricolore non ha mai cambiato valore però…

Quello non cambia. Indossarla dà sensazioni e una responsabilità. Porti la bandiera del tuo Paese in giro per il mondo. Ricordo che io ero uscito bene dal Giro d’Italia, come anche Zana, che ha fatto bene anche alla Adriatica Ionica Race. Scoprirà anche lui che quando la avrà indosso, sarà spinto a dare il massimo.

Ricordi la tua prima uscita con il tricolore sulle spalle?

Il Trofeo Melinda, se non ricordo male, che vinse Della Santa su Gianetti e Belli. Si arrivava in salita a Fondo. Di certo, ricordo quanto fu strano prepararsi. Ero così poco convinto di vincere il tricolore, che mi ero organizzato una vacanza in Sardegna con la famiglia. Di solito avrei preso la bici davvero poco, quella volta pensai più ad allenarmi che alla vacanza. Il Melinda fu una corsa dura, ma per me fu un’emozione incredibile. E poco dopo andai a Camaiore e vinsi.

Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Oggi ci si stupisce per la pulizia della maglia, nel 1993 non si pensava a un tricolore alternativo…

Credo che il primo per cui si fece una maglia diversa dalla bandiera fu Pozzato, perché la Katusha volle cambiare. La mia era tricolore e basta.

L’anno dopo vincesti nuovamente l’italiano: dopo un po’ ti sei abituato a quel simbolo?

Ero fortunato, perché il tricolore cade in un periodo in cui io sono sempre andato bene. Feci bene alla Bicicleta Basca, vinta ancora da Della Santa. Poi feci bene al Giro, che chiusi al settimo posto. Ebbi anche una caduta, ma per evitare terapie che mi distraessero o mi condizionassero, corsi fino all’italiano senza andare dal dottore. Ci andai dopo e venne fuori un problemino di facile soluzione all’anca. A Cles, al campionato italiano del 1994, feci metà corsa in gruppo e poi me ne andai.

Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
E l’anno dopo cambiasti squadra: il tricolore fa mercato?

Difficilmente cambiavo squadra. Passai all’Atala, poi con Reverberi, la Brescialat, Carrera e Mercatone Uno. La Brescialat era la novità, creata da Giupponi, Leali e Bordonali. Il 1995 andò bene, al secondo anno si divisero. Io avevo il contratto con Leali e Giupponi e rischiai di smettere, perché nel 1996 la squadra che nel frattempo era diventata San Marco Group, chiuse. Poteva davvero finire la carriera, ma Boifava mi salvò.

Cosa fece?

A maggio mi aprì le porte della Carrera. Mi portò al Giro di Svizzera e poi al Tour, dove vinsi una tappa e mi sistemai per il futuro. A Boifava devo tanto, voglio ringraziarlo. Fu lui che nel alla fine di quell’anno mi portò da Luciano Pezzi e mi fece firmare con la Mercatone Uno di Marco Pantani, nonostante lui stesse facendo la Asics con Chiappucci.

Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Due anni da campione italiano cambiano la vita?

Sono sempre stato uno che non si montava la testa. Sapevo dove potevo arrivare, che poi è il consiglio che mi sento di dare a Zana. Ho vinto poco, ma corse importanti. La tappa al Tour, una al Giro. Il Toscana. Ho portato la maglia rosa e quella azzurra. Sono tutte in un armadio, anche le due tricolori, ma quelle originali.

Ti capita mai di aprire quell’armadio?

E’ successo proprio nei giorni scorsi. Ho preso il Covid e mi sono isolato su in mansarda. E così mi sono messo a riguardare le vecchie foto e le maglie, perché sennò le giornate sarebbero state lunghe. Ho aperto i cassetti e ho rivisto la maglia rosa e la gialla con la dedica e l’autografo del Panta. Bei ricordi. Mia figlia non capiva cosa stessi facendo. Non guardavo la televisione, in compenso ho rivisto la mia storia.