Aurelien Paret-Peintre vuole lasciare il segno in montagna

12.07.2025
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Aurelien Paret-Peintre è uno dei personaggi francesi più amati e attesi di questo Tour de France. Noi lo abbiamo incontrato nella Maison Van Rysel  di Lille. Nelle prime frazioni, ogni volta che i team salivano sul palco prima delle tappe, lui e il fratello Valentin, ricevevano un applauso forte, intenso… ben più alto della media.

Prime tappe in cui c’era, e c’è, tensione. Soprattutto per la squadra di Aurelien, che partiva “da casa”, in qualche modo. La Decathlon-Ag2R è equipaggiata con bici Van Rysel e Van Rysel è di Lille, sede del Grand Depart. Guarda caso, in fiammingo “Van Rysel” è la traduzione di Lille.

Aurelien Paret-Peintre (classe 1996) sta affrontando il suo settimo grande Giro (foto Instagram)
Aurelien Paret-Peintre (classe 1996) sta affrontando il suo settimo grande Giro (foto Instagram)

Non solo gli Yates

«E’ sempre bello essere al via del Tour. Il fervore di alcune partenze all’estero è enorme – ha detto Aurelien – ma qui in Francia è diverso. Correre con mio fratello? Di certo è un’occasione particolare e privilegiata che capita a ben pochi corridori. Spesso parliamo, discutiamo, anche la sera per telefono ci scriviamo, come è successo al Delfinato. Sono contento di fare questo Tour con lui, anche se non siamo più nella stessa squadra. Spero però che entrambi arriveremo a Parigi».

Aurelien ha aggiunto che tra di loro si parla anche di tattiche, si discute della corsa. Chissà se lo stesso fanno i fratelli Yates: loro sì che sono rivali per davvero, visto che Adam sostiene la causa di Pogacar e Simon quella di Vingegaard.

Aurelien Paret-Peintre (in maglia azzurra) punta deciso alle tappe di montagna
Aurelien Paret-Peintre (in maglia azzurra) punta deciso alle tappe di montagna

Obiettivo montagna

Ma se gli altri due sono votati alla causa totale del loro leader, e crediamo sarà così anche per il fratello Valentin, la questione è un po’ diversa per Aurelien. Lui potrebbe essere chiamato a un duplice ruolo: attaccante, ma anche supporto per Felix Gall, che lo scorso anno ha chiuso la Grande Boucle al 14° posto, vincendo una tappa. E quest’anno punta senza mezzi termini a una top ten nella generale.

«Io – riprende Aurelien – credo che alla fine ci saranno 4-5 tappe in cui arriverà la fuga, e sono ottimista, visto l’andamento degli ultimi anni. Noi dobbiamo essere bravi ad arrivarci. Questo è il primo obiettivo, per me e per la squadra.

«Neppure Gall può lottare per i primi tre posti della generale, almeno quest’anno: bisogna essere realisti. Con quei corridori è del tutto impossibile. Per questo dico: concentriamoci sulle vittorie di tappa e su quelle di montagna in particolare. In questi primi giorni così nervosi ci vedrete poco. Per me – ricordiamo che Aurelien Paret-Peintre è uno scalatore – sarà difficile nelle prime tappe, sia mentalmente che fisicamente.

«Sono soddisfatto della mia forma e della mia preparazione. Finora è andato tutto bene. Il Dauphinée mi ha fatto bene, è stato molto duro, ma mi ha fatto progredire. A Sierra Nevada ci siamo allenati bene, anche se le temperature erano abbastanza alte anche lì, circa 36-37°C… Ci siamo già abituati al caldo che troveremo! Ma in generale abbiamo curato moltissimi aspetti, dopo quel 2023. Dallo scorso anno tante cose sono cambiate riguardo alla performance: materiali, alimentazione, attenzione ai dettagli…».

Giro d’Italia 2023: Aurelien sfreccia a Lago Laceno
Giro d’Italia 2023: Aurelien sfreccia a Lago Laceno

Dal Giro al Tour

Parlando con un giornalista italiano, in qualche modo emerge il discorso del Giro d’Italia. E Aurelien ammette di avere un buon feeling con il nostro Paese e la nostra corsa.

«Quella che – dice lui – mi ha dato la notorietà. L’atmosfera è diversa, le due corse sono completamente diverse. Ho un buon attaccamento al Giro, anche prima della mia vittoria in grande Giro. Mi piace l’ambiente della corsa italiana. Ma il Tour per noi francesi è come il Santo Graal, è sopra il Giro in termini di notorietà. Sarebbe davvero un sogno lasciare un segno anche qui. Sono contento di essere venuto al Tour, ne ho fatti solo due nella mia vita finora. E sono contento perché vedo che sono con i grandi. Sono dietro, ma non sono troppo lontano da loro».

Infine una piccola annotazione. Il savoiardo aveva detto che nelle prime dieci tappe avrebbe sofferto. In parte è vero. Ma va annotato anche il settimo posto a Boulogne-sur-Mer e il dodicesimo a Rouen: tappe molto dure, in cui si è vista un’importante selezione. «Significa che sto bene», ha sentenziato Aurelien.

Seixas sta attento ai fuorigiri: per quest’anno niente Tour

20.06.2025
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«Se un corridore è pronto – dice Thomas Voecklerse ha la capacità mentale di gestire tutto, allora non puoi porti limiti. Ma il Tour de France non è come il Giro e la Vuelta, il ritmo è più intenso e non mi riferisco alla corsa in sé. Il Tour è ingrato, invece all’età di Seixas, bisogna sognare. Quindi troverei logico non mandarlo al Tour, non ne vedo il motivo. Il Delfinato è stato già una tappa importante dopo la sua prima preparazione in altura».

L’ottavo posto del campione del mondo juniores della crono al Criterium du Dauphine (che dal prossimo anno prenderà il nome di Tour Auvergne-Rhone Alpes) ha destato scalpore in Francia. Il ragazzino ha un notevole appeal sui tifosi. Lo hanno visto vincere il Giro della Lunigiana e battagliare in tutte le altre corse a tappe juniores e oggi non è come quando alla categoria prestavano attenzione solo pochi appassionati. Oggi i social ti rendono personaggio anche a 17 anni e così le attese attorno al nome di Seixas sono esplose. Al punto che, avendolo visto correre da leader al Delfinato, qualcuno si è chiesto se potesse essere schierato anche al Tour de France (in apertura foto Decatlhon-Ag2R/KBLB).

I piedi per terra

Paul ha appena 18 anni, ma i piedi saldamente per terra. Appare ben fondato atleticamente. E’ in grado di parlare un ottimo inglese, essendo studente dell’Em Lyon Business School, la più antica scuola di economia d’Europa, fondata nel 1872. E quando gli è stato chiesto se gli piacerebbe correre il Tour, ha dimostrato che i sogni sono una cosa, la consapevolezza un’altra. Ed è solida come la sua scarsa propensione a dare credito ai social e alle voci dall’esterno.

«Il Tour è certamente un sogno – ha detto dopo l’arrivo in salita di Valmeinier – ma non credo abbia senso farlo ora. A prescindere dal risultato di qui, non mi vedrete alla partenza di Lille, anche se da più parti si scrive in questo senso. In tempi normali ignoro completamente il telefono, ma a maggior ragione in questi ultimi giorni preferisco non perdere tempo a guardarlo inutilmente».

Seixas in Francia è già un beniamino dei tifosi: giusto tutelarlo dalle attese (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)
Seixas in Francia è già un beniamino dei tifosi: giusto tutelarlo dalle attese (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)

Il rischio di bruciarlo

Non ha senso bruciare le tappe quando si hanno così tanto talento e fulgide prospettive di carriera. Seixas è passato dal 2024 in cui le distanze di gara fra gli juniores erano di 100-120 chilometri a quelle ben superiori del professionismo. Così se da un lato sarebbe una sfida interessante vederlo alla prova del Tour, dall’altro si avrebbe la sensazione di un voler bruciare le tappe forzato e privo di logica.

«C’è sicuramente un curriculum da convalidare – ha spiegato a L’Equipe Jean-Baptiste Quiclet, responsabile della performance della Decathlon-Ag2R – prima di affrontare un Grande Giro in termini di carico di lavoro e intensità. Il Tour è la corsa più intensa, la più dura dell’anno, e se vi partecipasse, potrebbe avere un aumento del carico di lavoro del 15 o 20 percento nell’arco di un mese. Dato che ha talento, potrebbe superarla senza intoppi, ma si potrebbe anche entrare in una fase di superlavoro o sovrallenamento. E questo potrebbe ostacolare la sua progressione».

Due volte secondo al Tour of the Alps. Qui a Lienz, dietro al compagno Prodhomme
Due volte secondo al Tour of the Alps. Qui a Lienz, dietro al compagno Prodhomme

Uno studente modello

La scelta è ovviamente condivisa anche dai compagni più esperti, che tuttavia si sono detti tutti stupiti per la serenità del ragazzino davanti alle prove più impegnative, dal UAE Tour di inizio stagione ai percorsi ben più severi del Delfinato.

«Non abbiamo molto da insegnargli sugli aspetti fisici, tattici o di gara – ha detto Aurelien Paret-Peintre, che scherzando i compagni hanno eletto come il padre di Seixas – semmai qualcosa di più sugli effetti collaterali, come recupero, programmi e fasi di decompressione. E’ importante perché gli verrà chiesto di assumere un ruolo di leadership, cosa che ha iniziato a fare in questa settimana. E sta imparando in fretta. E’ un buon ascoltatore ed è ambizioso, quindi è sicuramente desideroso di progredire sempre più velocemente».

Scortato dall’addetto stampa Pierre Muglach: anche le interviste sono accuratamente dosate (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)
Scortato dall’addetto stampa Pierre Muglach: anche le interviste sono accuratamente dosate (foto Decatlhon-Ag2R/KBLB)

Tour de l’Avenir, sì o no?

In sintesi: Seixas potrebbe essere alla partenza del Tour e a tratti potrebbe essere anche all’altezza della situazione. Tuttavia potrebbe bruciarsi e pagarne le conseguenze a lungo: per questo motivo la scelta più ovvia è stata quella di prevedere per lui un programma diverso, in cui non rientra neppure la Vuelta.

E’ certa la partecipazione ai campionati nazionali a cronometro, mentre nel mirino ci sarebbe il Tour de l’Avenir, ma con un punto interrogativo. Anche se la riforma UCI prevede che ancora per quest’anno gli atleti professionisti potranno prendervi parte (saranno invece banditi dal 2026), pare che la Federazione francese potrebbe portare in gara una squadra coerente con quella che poi porterà ai mondiali in Rwanda. In quel caso, essendo già tesserato in una WorldTour, Seixas non potrebbe correre e questo lo escluderebbe dall’Avenir. A meno che la FFC non decida di fare un’eccezione per il suo caso così speciale.

Resta l’opzione dei mondiali dei professionisti. E qui, tornando da Voeckler, si scopre che il cittì francese non avrebbe alcuna controindicazione per una sua chiamata in nazionale, se non il rispetto della giovane età e la volontà di agire di concerto con chi lo gestisce. Il talento è tanto e limpido, la gabbia intorno serve per evitare di disperderlo.

E se l’erede di Bardet e Pinot fosse Paret-Peintre?

22.07.2021
4 min
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Aurelien Paret-Peintre. Se fossimo stati in un altro Tour de France o in un’altra era, questo nome avrebbe avuto molta più risonanza. E sì perché un giovane che arriva 15° nella generale della Gran Boucle non è cosa da poco. Invece siamo nell’era del dominio dei “bimbi fenomeni”. Evenepoel, Pogacar, Bernal, Vingegaard e Paret-Peintre è arrivato “solo” quarto nella speciale classifica riservata agli U26. Davanti a lui appunto la maglia gialla, il danese e Gaudu.

Sulle Alpi tanto tifo per Paret-Peintre
Sulle Alpi tanto tifo per Paret-Peintre

Scalatore filiforme

Cerchiamo però di conoscerlo meglio. Si tratta di un ragazzo francese, classe 1995. Nato ad Annemasse a due passi dal confine svizzero, corre nell’Ag2R Citroen. E’ un corridore completo, uno scalatore di “nuovo stampo” cioè alto e magrissimo. Pensate: è 184 centimetri per appena 64 chili.

In casa sua il ciclismo è una passione potente. Il fratello Valentin (21 anni), il prossimo anno lo raggiungerà alla Ag2R Citroen e anche la sorella Maeva (20 anni) corre in bici.

Per gran parte della Grande Boucle è stato anche terzo nella classifica per la maglia bianca, salvo che David Gaudu, uno dei suoi rivali storici con cui si divideva le gare juniores di mezza Francia, non ha azzeccato la fuga verso Saint Gaudens. Quel giorno il gruppo se la prese comoda e Paret-Peintre incassò 14′ dal collega della Groupama-Fdj.

La crono è un aspetto che deve migliorare. In questo Tour è stato 52° nella prima e 36° nella seconda.
La crono è un aspetto che deve migliorare. In questo Tour è stato 52° nella prima e 36° nella seconda.

L’eredità di Bardet e Pinot

Lo scorso anno concluse il suo primo grande Giro proprio da noi. A Milano fu 16° e la corsa rosa finita in autunno inoltrato gli ha consentito di partire forte, tanto da vincere la sua prima gara in carriera tra i pro’, il Gp La Marseillaise. Che tra l’altro era anche la prima della stagione.

«Il mio obiettivo – ha detto Paret-Peintre – è quello di continuare a migliorare, sempre. L’anno scorso ho chiuso il Giro d’Italia a 45′ dalla maglia rosa, adesso il Tour a meno 40′ da quella gialla. In Francia ci sono dei buoni corridori giovani, noi possiamo raccogliere l’eredità di Bardet e Pinot». In tal senso, una cosa a favore di Paret-Peintre è la tenuta sotto pressione. Lui stesso ha dichiarato a Le Figaro che è un ruolo che gli piace. Che non è facile gestirla, ma è necessario se si vuol diventare un leader.

Una delle cose del Tour che più ha colpito Paret-Peintre è stato il nervosismo in gruppo
Una delle cose del Tour che più ha colpito Paret-Peintre è stato il nervosismo in gruppo

Il primo Tour

Per Aurelien, come detto, si trattava del primo Tour. «In tanti – racconta Paret-Peintre – mi dicevano che era diverso sia dalla Vuelta che dal Giro – ma non credevo così tanto. Un nervosismo incredibile in gara. Ero testo. In qualche occasione sono anche riuscito ad andare in fuga e questo era l’obiettivo.

«Avrei voluto vincere una tappa ma non è stato facile. Nella terza settimana poi c’erano davvero poche possibilità. Se pensiamo che una squadra come la Ineos non aveva ancora vinto mi ero immaginato (come poi è stato, ndr) che avrebbero provato a controllare la corsa per Carapaz. E quando è così l’unica speranza è quella di avere le gambe per restare davanti».

Ottima prestazione a Le Grand Bornand, settimo
Ottima prestazione a Le Grand Bornand, settimo

Già si guarda al fututo

«Come archivio il mio Tour? Ci sono state alcune cose molto buone ed altre meno – ha detto il corridore della Ag2R Citroen a Cyclisme Actu – come l’aver sofferto un po’ troppo nella terza settimana. Però è importante fare certe gare per trovare i giusti automatismi. E alla fine arrivare sugli Champs-Elysees è stata una grande soddisfazione».

Aurelien è ambizioso e parla con le idee chiare. Come detto vuol continuare a crescere. Sa che non è un fuoriclasse come i primi due di Parigi, tanto per intenderci, ma sa che può fare bene. E soprattutto ha voglia. E che dovrà lavorare tanto e arrivarci passo dopo passo. Prima del Tour per esempio era stato quasi un mese in altura con Jungles e O’Connor. E tornando al discorso delle idee chiare sapete cosa aveva detto a FranceInfo prima del Tour?

«Una top dieci sarebbe la ciliegina sulla torta ma è quasi impossibile, ma una top 15 sarebbe un qualcosa già di molto interessante». Quando si dice un cecchino!