Tra Giro d’Italia e Tour de France. Un periodo sempre particolare per i corridori e anche per i team. Con Joxean Fernandez, al secolo Matxin, andiamo a vedere cosa succede in casa UAE Emirates. La società asiatica infatti al Delfinato, senza il suo leader Tadej Pogacar è quella che si è vista meno, tra gli squadroni.
Come è stato il loro dopo Giro? Come stanno approcciando il Tour? Sono i campioni uscenti e non possono passare di certo in secondo piano.
Matxin, partiamo dal post Giro. Qualcuno ipotizzava che non avendo finito la corsa rosa, Joao sarebbe andato al Tour. E così?
Assolutamente no. Nessuno di quelli del Giro, almeno inizialmente, è stato previsto per il Tour. E vogliamo mantenere questo planning annuale. Ad inizio stagione facciamo un programma personalizzato (calendario e di conseguenza la preparazione) con i singoli ragazzi. Li ascoltiamo, sentiamo cosa gli piacerebbe fare e insieme alle esigenze della squadra tiriamo giù un programma e cerchiamo di mantenere la parola data.
Così ognuno sa cosa deve fare e farsi trovare pronto…
Esatto. Ma la realtà è che con il covid alcune cose possono variare, ma quello è un altro conto. Può succedere che un ragazzo non sia in condizione, ma di base si rispetta il programma. Così da lavorare più serenamente e con le idee chiare.
Tornando a Joao Almeida: come sta?
Piò o meno si è ripreso. Ci ha messo un po’ per negativizzarsi. Ha iniziato a pedalare, ma prima ha dovuto superare il nostro protocollo che è abbastanza stringente. Sapete con tutti i problemi di cuore che ci sono stati. Sarebbe dovuto rientrare al Giro di Svizzera, ma non è il caso di fargli fare subito sforzi del genere. Per il resto non mi preoccupo di quello che dice la gente. Nel suo programma c’erano il Giro e la Vuelta. Se poi chiaramente si fosse fermato dopo tre tappe allora qualcosa poteva cambiare. E poi non è da noi far fermare un corridore per portarlo ad un altra corsa. E’ successo, ma per ben altri motivi.
A chi ti riferisci?
A Gaviria al Romandia. Lo abbiamo fermato prima delle due tappe finali, due tapponi di montagna, per portarlo al Gp Francoforte che invece è per velocisti. Ma prima ne avevamo parlato con l’organizzatore, in segno di rispetto.
E veniamo a Pogacar: come sta Tadej?
Bene. Sta seguendo il suo percorso di avvicinamento al Tour in modo corretto. Abbiamo stretto un accordo con Livigno per i suoi ritiri in altura. Ed è tutto come previsto dal suo coach, Inigo San Millan. Correrà al Giro di Slovenia (dal 15 al 19 giugno, ndr).
Ha cambiato qualcosina nei suoi lavori, magari più qualità o al contrario più resistenza?
Più che altro posso dire che sta testando la nuova Colnago da crono. Ci sta uscendo molto. E poi sta curando le cose di cui ha più bisogno, quelle nelle quali sentiva di essere più carente. La nostra idea comunque è di lasciarlo in quota il più possibile, in modo tale che questa altura se la ritrova nella seconda e nella terza settimana del Tour, quando serve davvero. In tal senso fare lo Slovenia è perfetto.
La squadra per il Tour l’avete fatta?
Per il 95% anche 97% direi… è stata fatta. Tra Delfinato e Svizzera la sveleremo, aspettiamo che tutti svolgano il loro programma, come detto all’inizio. Idem le riserve.
Anche loro si allenano come se dovessero andare in Francia?
Sì, anche loro saranno pronti. Però i nomi non posso dirli. Spetta alla squadra e poi vorremmo fare un bel lancio social. Poi è chiaro che ci sono ragazzi imprescindibili come Majka e Soler, così come McNulty più o meno… Già vi ho detto molto!
Certo, Matxin, che il Richeze visto al Giro sarebbe una manna nelle tappe di pianura e del pavé di inizio Tour?
E’ stata una scelta mia: al Tour non portiamo velocisti. Non c’è Max, ma abbiamo tanti altri corridori in UAE che possono fare bene sul pavé e col vento. Penso a Trentin, a Laengen.
Si è ritirato per febbre, ma visto come stava andando al Delfinato, Ayuso al Tour sarebbe stata una bella suggestione…
No – risponde secco Matxin – per nulla! Juan ha 19 anni. E lo dico io che credo in lui da quando era un allievo di primo anno. Il mio è un no, senza ombra di dubbio. Penso alla sua carriera. Juan ha davanti a sé 15 anni e se vuol crescere e avere una carriera a lungo termine, non solo quella in relazione al contratto con la UAE, deve fare le cose con calma e sbagliare poco. Sin qui la corsa più lunga che ha fatto è stato il Giro U23 lo scorso anno. E poi non porterei mai un campione, sentite: ho detto campione, per farlo fermare al secondo giorno di riposo. E lo stesso vale per la Vuelta. Discorso diverso per il velocista.
Sei stato molto chiaro!
Guardate, portare il giovane ad un grande Giro e poi farlo fermare l’ho fatto una sola volta con Felline (il riferimento è alla Footon-Servetto del 2010, ndr). Ma all’epoca eravamo una squadra molto piccola, avevamo poche chance e neanche un programma di gare definito.