La storia di Mark Cavendish (nella foto di apertura di Wout Beel) potrebbe essere la trama di un film: ne ha tutti gli ingredienti. C’è il grande campione, il più veloce di tutti, che però ha smarrito la strada. Niente è più facile come una volta. Gli anni passano, vari problemi di salute rendono difficile raggiungere la forma. Le squadre smettono di dargli fiducia. E mentre sembra avviato sul viale del tramonto, la vita gli offre una chance inattesa. Il campione che ha preso il suo posto si infortuna. Mark correrà di nuovo il Tour de France, l’unica corsa che lo motivi davvero. Potrebbe già esserlo un film, se ci sarà anche un lieto fine sarà perfetto e oggi inizieremo a capirne di più
Primo sprint
Da Lorient a Pontivy ci sono infatti 182,9 chilometri, con una promessa di arrivo in volata che ha fatto drizzare le antenne ai velocisti e ai loro uomini. Ce lo aveva detto Jacopo Guarnieri alla vigilia del Tour: «Non cercateci fino a lunedì!». E anche se l’altimetria è tutto fuorché banale e di nervosismo in gruppo ce n’è anche troppo, di certo oggi la palla passerà ai treni.
«Non sarei qui se non provassi a fare il mio sprint – ha detto Cavendish a Stephen Farrand di Cyclingnews – in questi giorni i corridori cercano di allontanare le aspettative. Io odio farlo, anche se a volte devo. Sono un corridore, sarò sempre un corridore e cercherò sempre di vincere. Nessuno può dire che non ci avrò almeno provato. Non ho mai dato per scontato il Tour de France. Il Tour de France è speciale, è la più grande corsa del ciclismo, ma anche uno dei più grandi eventi sportivi del mondo. Ogni bambino che sale in bicicletta sogna di correrlo. E questo non cambia mai, per quanto si diventi vecchi».
Mistero Bennett
La trama del film è nota, ma la sua reazione alla chiamata di Lefevere si incapsula benissimo nella trama del film che è la sua vita da qualche anno a questa parte.
«Il suo programma era deciso – racconta nuovamente Patrick Lefevere – quando dopo il Giro del Belgio ci ha chiesto che cosa avrebbe fatto ora, gli avevamo detto subito che non sarebbe stato nella squadra del Tour».
L’intoppo o la situazione fortunata che segna la svolta nel copione di questo film si crea quando Sam Bennett va in confusione. L’irlandese andrà via, si sa da un pezzo, ma anziché continuare a correre come se niente fosse, racconta di aver avuto un problema in allenamento a Monaco prima del Giro del Belgio. La squadra inizialmente gli va incontro, perché non farlo? Al Tour del 2020 Bennett ha vinto due tappe e la maglia verde, l’investimento è importante, il treno è stato costruito per lui ed è nel pieno interesse della Deceuninck-Quick Step averlo nuovamente in Francia al top della forma. Nel frattempo il team si affida alle volate di Cavendish che, senza il peso psicologico del Tour, si rilancia negli stimoli e nei risultati. Vince quattro tappe in Turchia e una al Giro del Belgio. Ma Bennett non recupera. La sua ultima corsa resta l’Algarve, in cui ha vinto due tappe e la classifica a punti. Così la squadra predispone un volo da Nizza a Herentals per una visita, ma l’irlandese non si presenta.
I dubbi di Mark
Con uno come Lefevere il tira e molla non può durare in eterno, ma di fatto la squadra che punta forte su Alaphilippe per la classifica, si ritrova alla vigilia del Tour senza un velocista. Nessuno dimentica il tono fra l’ironico e l’irriverente con cui durante il Giro il team manager ha parlato di Cavendish, ma adesso proprio il britannico che ha nel palmares 30 vittoria di tappa al Tour e si trova a 3 lunghezze dal record assoluto di Merckx, è l’unica risorsa rimasta. La vita a volte è più splendida di qualsiasi film: Lefevere ingoia l’orgoglio e cambia marcia.
«Abbiamo detto a Sam che poteva restare a casa – dice – che avremmo fatto a meno di lui e abbiamo chiamato Cavendish. La prima reazione di Mark è stata colorita: «Shit!». Poi ha cominciato a dire che non sarebbe stato pronto, che non aveva un programma adatto al Tour. Ma alla fine siamo riusciti a convincerlo».
Già il Giro del Belgio lo aveva corso per rimpiazzare Bennett, perché dopo il pasticcio della Scheldeprijs, la squadra aveva deciso che i due non potessero coesistere in corsa. Era arrivato a Beveren la notte prima della partenza e a forza di stringere i denti e alzare l’asticella, l’ultimo giorno a Beringen si è lasciato dietro Merlier, Ackermann, Groenewegen, Bouhanni e Coquard.
Aria di leggenda
Da oggi alla fine del Tour, sapremo come sarà fatto il capitolo che Cavendish potrà aggiungere alla sua storia.
«Ho il miglior ultimo uomo del pianeta in Michael Morkov – ha detto ancora a Cyclingnews – ho l’opportunità di correre il Tour con la Deceuninck-Quick Step e questo lo rende qualcosa di speciale. Siamo una vera squadra anche fuori dalla bici e sono solo felice di indossare questa maglia. Che io sia qui a portare borracce o far ridere la gente, sono semplicemente onorato di essere al Tour de France. Ci sono persone che hanno avuto molti più problemi nella vita di quanti ne abbia io, ma quello che ho dovuto affrontare mi ha fatto capire cosa sia importante nella vita e perché faccio le cose che faccio».
Lefevere però ha fiutato qualcosa. Perciò da vecchio volpone va in giro a ribadire che la squadra non gli metterà pressioni e che Cavendish avrà tutto il tempo per prendere le misure in un Tour che di occasioni per i velocisti ne riserva parecchie. Indubbiamente il livello della sfida è più alto di quello che negli ultimi cinque anni ha dimostrato di poter reggere, anche se su ogni cosa è pesata quella mononucleosi mal curata che lo ha debilitato e svuotato di motivazioni. Perciò cosa vuoi togliere le pressioni a uno che è abituato a mettersene addosso a tonnellate? La sfida è lanciata, il film sta per scrivere la prossima scena. Nessun velocista del gruppo, conoscendolo, è disposto a darlo per finito. Appuntamento fra qualche ora sul traguardo di Pontivy.