Vamos in Spagna! Sabato comincia la Vuelta, scopriamola

09.08.2021
6 min
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E’ la numero 76 della sua storia: la Vuelta a Espana si appresta a scattare. Lo farà sabato prossimo da Burgos, 21 tappe fino al 5 settembre, da Nord a Sud del Paese iberico e poi ancora verso Nord, per un totale di 3.417,7 chilometri. Una Vuelta un po’ diversa dagli ultimi anni, che “balla” tra elementi classici e altri innovativi. Un bel mix… che cerchiamo di scoprire.

Enric Mas, Alto de Angliru, Vuelta 2020
L’anno scorso la Vuelta chiuse la stagione a novembre inoltrato, quest’anno torna a fine agosto (e addirittura anticipa un po’)
Enric Mas, Alto de Angliru, Vuelta 2020
L’anno scorso la Vuelta chiuse la stagione a novembre inoltrato, quest’anno torna a fine agosto (e addirittura anticipa un po’)

Tappe brevi ma non troppo

Partiamo dalle conferme. La prima cosa sono le tappe più brevi, che poi anche questo è “un mezzo” mito da sfatare. Se infatti andiamo a guardare bene, il Tour de France quest’anno è stato più corto di tre chilometri (3.414,4 chilometri) e il Giro d’Italia, complice l’accorciamento della tappa di Cortina, ancora di più (3.410,9). Alla fine la lunghezza media delle tappe è per tutti e tre i Giri di circa 162 chilometri, metro più, metro meno.

La differenza però la fanno le crono. Giro e Vuelta praticamente ne propongono due in fotocopia: una breve iniziale e una più lunga finale. Per il Giro: 8,6 chilometri la prima e 30,8 la seconda. Per la Vuelta: 7,1 chilometri la prima e 33,8 la seconda. In Francia invece le crono sono state due e più lunghe, entrambe sui 30 chilometri. E questo di fatto ha allungato di poco la lunghezza media reale delle frazioni, ma parliamo davvero di una manciata di chilometri.

In Spagna le tappe al di sopra dei 200 chilometri sono solo tre e tra l’altro li superano di pochissimo: 202, 203 e ancora 202 chilometri. Di contro non c’è mai una “mini” frazione come si è visto al Tour per esempio. La tappa più breve di questa Vuelta è l’11ª, la Antequera-Valdepenas de Jaén di 133 chilometri, tra l’altro con un finale durissimo: uno strappo al 20%.

Altro classico è l’arrivo ai Lagos de Covandonga, che è l’unico “super must”. Quest’anno infatti niente Angliru o Covatilla.

Le novità

Il tracciato spagnolo è davvero ben ponderato e variegato. Basterebbero le prime tre frazioni per sintetizzare questa Vuelta: una crono, una tappa ondulata, un arrivo in quota.

Stavolta i velocisti hanno, su carta, nove arrivi adatti alle loro caratteristiche. Ma ce ne sono almeno tre che si dovranno sudare. Quel che è interessante sono alcune tappe intermedie. Frazioni insidiose: o con arrivo su uno strappo, o con delle colline nel finale. Come il traguardo sul Balcone de Alicante (tappa 7) che è anche un inedito per la corsa spagnola.

Ed è insolita anche la disposizione di queste tappe ondulate. Una disposizione molto più da Tour. Un esempio sono le frazioni 19 e 20. Soprattutto quest’ultima, la Sanxenxo-Castro de Herville (202 chilometri), che non propone come ci si poteva attendere un super tappone di montagna in vista delle crono finale, ma un arrivo su una collina dopo una scalata di seconda categoria e dopo aver superato tante altre colline in precedenza. Pensate che Fernando Escartin l’ha definita una Liegi-Bastogne-Liegi di Galizia.

E a proposito di tapponi e di novità. C’è grande attesa per l’ultimo di questi: la Salas-Altu d’El Gamoniteiru (tappa 18) di 162 chilometri e 4.957 metri di dislivello. Tante salite ed un inedito arrivo ai 1.770 metri di questa vetta asturiana. Si tratta di una scalata molto lunga, oltre 14 chilometri, con pendenze costantemente tra il 10% e il 12%. Senza dimenticare che si viene da un altro tappone (181 chilometri e 4.749 metri di dislivello) con arrivo in quota ai Lagos de Covadonga. Sarà questa doppietta a definire con grande probabilità la classifica.

La crono finale della Vuelta 2021
La crono finale della Vuelta 2021

Crono finale tortuosa

Tuttavia queste due tappe di montagna potrebbero non decretare il vincitore, per quello bisognerà attendere la crono finale. Ed anche questa appartiene in qualche modo alle novità. Niente più la classica passerella finale, ma una vera crono (quasi 34 chilometri) per chiudere la Vuelta. Chiusura che tra l’altro non avverrà a Madrid, ma a Santiago de Compostela.

Se la prima breve prova contro il tempo, a parte quale strappo iniziale, è veloce questa seconda crono è molto impegnativa. Tanti strappi nella prima parte e saliscendi più brevi nella seconda. Non solo, ma sembra bisognerà essere molto abili nella guida, visto che si parla di strade tortuose e anche strette. In poche parole i super specialisti non dovrebbero essere avvantaggiati.

Primoz Roglic, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Roglic re della Vuelta 2020. Vinse davanti a Carapaz (a 24″) e a Carthy (a 1’15”). Le tappe furono 18 e non le consuete 21
Primoz Roglic, La Covatilla, Vuelta Espana 2020
Roglic re della Vuelta 2020. Vinse davanti a Carapaz (a 24″) e a Carthy (a 1’15”). Le tappe furono 18 e non le consuete 21

Roglic favorito, suggestione Pidcock

Chiudiamo con uno sguardo ai favoriti. A noi, visto il disegno del percorso, viste le tante “Liegi” proposte, verrebbe in mente un nome secco: Alejandro Valverde, ma certo anagrafe e impegni recenti (Tour e Olimpiadi) pongono un grosso punto interrogativo su di lui. Sarebbe stata la Vuelta ideale per Purito Rodriguez. Su un percorso del genere, con tanti punti per attaccare e finali che richiedono esplosività, ci sta che un finisseur resistente possa accumulare anche un minuto tra abbuoni e piccoli secondi di vantaggio.

Il favorito principale pertanto non può che essere Primoz Roglic (campione uscente): è sereno per l’oro olimpico nella crono, al Tour non si è stancato troppo (si è ritirato dopo otto tappe), senza contare che ha una squadra molto forte. Ma visto quanto detto sopra lasciateci lanciare un nome: Tom Pidcock. L’inglese tiene in salita, è uno scattista e anche lui ha vinto un oro (nella Mtb): ha tutto per poter stupire e correre nella massima serenità. In una situazione molto simile è il suo compagno di squadra, Richard Carapaz, anche lui è forte di un oro al collo che potrebbe sgravarlo di tante pressioni. Sempre in casa Ineos c’è Bernal, re del Giro, che al rientro post corsa rosa non ha brillato, ma da lui c’è da attendersi di tutto. Solita attesa per Mikel Landa: indiscutibilmente forte, ma poco finalizzatore. E di Damiano Caruso, forte della piazza d’onore al Giro.

Tutti gli altri partono davvero con un ruolo di outsider. Qualche nome? Romain Bardet, il nostro Giulio Ciccone, Guillame Martin, Miguel Angel Lopez, Enric Mas (nella prima foto), Hug Carthy. E perché no: Fabio Aru che è sempre un piacere poter inserire in certe liste e che questa corsa l’ha vinta nel 2015.