Pietro Mattio ha la voce di chi ha appena visto un trucco di magia e ancora deve spiegarsi bene cosa sia successo. Il ragazzino piemontese è passato dalla Vigor Cycling al team development della Jumbo-Visma. Un primo ma importante passo nella sua crescita da corridore e anche da uomo. Non è l’unico italiano del team, oltre a lui c’è Dario Igor Belletta.
«Sono stati mesi completamente diversi dal solito – esordisce il cuneese – arrivavo da una piccola squadra di paese dove conoscevo tutti. Ora sono in un team enorme dove tutto è curato nei minimi particolari ed il mio unico pensiero è andare in bici».
Primi mesi diversi
E’ con curiosità che guardiamo insieme a Mattio alla sua nuova avventura. Le cose sono cambiate molto, ma gradualmente, così da permettere ai nuovi arrivati come lui di trovare il proprio ritmo.
«La prima volta che sono venuto in Olanda – spiega – è stato ad ottobre ed ho iniziato a conoscere tutto lo staff. Avevo già incrociato alcuni di loro al mio stage di luglio in Slovenia, un primo e piccolo assaggio di quello che avrei fatto. Gli allenamenti, in questi primi mesi, sono stati differenti: più blandi e con poca bici».
Vi siete incontrati anche successivamente?
Abbiamo fatto un secondo ritiro, quello di gennaio in Spagna, insieme a noi c’erano anche i corridori del team WorldTour. Alloggiavamo nello stesso hotel, ma li abbiamo visti poco, gli ultimi giorni alcuni sono partiti per le prime corse mentre altri sono rimasti con noi. E’ stato bello, perché con meno stress erano più liberi ed abbiamo parlato tanto, ho visto cosa vuol dire avere un progetto di crescita. I ragazzi che erano rimasti con noi sono passati dal team development, ho avuto la sensazione di continuità.
Quando avete iniziato a spingere un po’ di più?
Nel secondo ritiro, a febbraio dove eravamo solo noi ragazzi del team development.
Il modo di lavorare è cambiato tanto?
Sì, senza dubbio. Ho messo nelle gambe allenamenti completamente diversi, con tanti chilometri, cosa che prima non avevo mai fatto. L’organizzazione è impressionante, ogni mattina arrivava una mail con il programma da svolgere, è tutto perfetto.
Che metodi differenti hai trovato?
Si esce e si fanno tanti lavori specifici, in Italia ho sempre svolto molti allenamenti al medio, qui pochissimi. Si curano più la soglia ed il VO2Max. Il passaggio a questo nuovo modo di allenarmi è stato graduale.
Quanti giorni siete rimasti nel ritiro a febbraio?
Una decina, c’è stato abbastanza tempo per provare un po’ tutto, anche se i ragazzi più grandi hanno già distanze superiori nelle gambe. Gli allenamenti spaziavano tanto: dalle volate, alle simulazioni gara e abbiamo preso anche la bici da cronometro.
Che effetto ti ha fatto avere accanto compagni da tutto il mondo, o quasi?
Mi ha dato un senso di internazionalità incredibile. All’inizio ho fatto fatica a comunicare con loro perché l’inglese lo parlo poco. Pian piano sono migliorato, anche grazie alla presenza di Dario (Belletta, ndr) che è più bravo di me.
Siete tutti allo stesso livello?
Non saprei. Sicuramente posso dire che loro vanno davvero forte, c’è da lavorare tanto per raggiungere quel livello. Domani (oggi, ndr) tre dei nostri compagni sono al Gran Camino: Boven, Staune-Mittet e Van Belle. Chiederò loro com’è il professionismo, faranno da talpe e spieranno il mondo dei grandi.
Per la bici nuova come vi siete organizzati?
All’inizio ci hanno lasciato le misure che avevamo sulle bici vecchie. Poi con l’arrivo delle nuove scarpe abbiamo fatto un bike fit ed aggiornato la posizione, trovandone una migliore (in apertura il bike fitting, foto Jumbo Visma). Lo stesso con la bici da crono.
L’avevi già usata in precedenza?
Davvero poco, ho fatto solo due gare a cronometro e la posizione era un po’ così, alla buona. Ora la sto usando tanto, anche in ritiro l’ho già presa quattro o cinque volte e dal prossimo mese me la spediranno a casa.
Com’è allenarsi a cronometro?
Una bella novità. E’ molto differente, è una gara diversa dove non hai molta tattica, solo il fiatone a scandire i ritmi.
E con i rapporti liberi?
Avevo già iniziato ad usarli l’anno scorso per adattarmi alla nuova categoria. Anche se, devo essere sincero, ho fatto un po’ di fatica a tirare i rapporti lunghi, soprattutto i primi giorni.
Il calendario lo avete già stabilito?
Correrò la prima gara in Croazia, l’uno marzo: l’Umag Trophy. Poi il cinque marzo, sempre in Croazia il Porac Trophy.
E l’esordio in Italia?
A fine settembre al Giro del Friuli. La squadra aveva pensato di farmi correre il Recioto ed il Belvedere, ma alla fine hanno preferito farmi fare più corse a tappe. Ne correrò tre da marzo a giugno e poi sotto con la maturità.