Cappellino in testa, pass al collo, smartphone in mano e capello lungo: Ignazio Moser si aggira così alla Tirreno-Adriatico. Lo vedi tra i bus, tra le ammiraglie, sotto al palco, dietro alle transenne, tra le gente, persino nei bar lungo il percorso a fare interviste a chi meno te lo aspetti… sembra quasi un inviato al fronte! E il cellulare è la sua “arma”.
Il figlio di Francesco aveva deciso di lasciare il ciclismo nel 2014 per dedicarsi al mondo dello spettacolo. Ed è riuscito in questa impresa, arrivando a partecipare al Grande Fratello Vip nel 2017. Adesso, tra un impegno e l’altro eccolo di nuovo “in gruppo”, o meglio, in carovana.
Ignazio ma cosa ci fai alla Tirreno?
Cosa faccio qui? Diciamo che stiamo cercando di creare un ruolo nuovo. Voglio raccontare il dietro le quinte della gara da un punto di vista un po’ meno professionale di quello che potrebbe fare un giornalista. Cerco di cogliere dettagli particolari, visto che comunque è il mio mondo e conosco tante persone nel ciclismo.
Quali dettagli?
Fatti che magari non vengono comunicati solitamente dalla tv o dai media. Racconto la Tirreno sotto un altro punto di vista, tramite i canali social, miei e della corsa soprattutto. L’altro giorno per esempio giravo tra i corridori per conoscerne i riti scaramantici.
E sarai anche al Giro d’Italia?
Vedremo, perché il Giro dura tre settimane e io sono abbastanza impegnato. Per ora ho voluto fare questa esperienza, magari al Giro potrei fare una settimana o qualche giorno.
Perché, cosa fa adesso Ignazio?
Prima di tutto sto coltivando la mia parentesi nel mondo dello spettacolo. Faccio tante cose tra scuola di moda, impegni in tv…. Quello che si vede è solo la punta dell’iceberg. L’esposizione mediatica è una qualcosa che ti ruba la vita, c’è tanto lavoro dietro. Oltre a questo mi occupo della commercializzazione del nostro vino, che comunque resta la mia attività principale, e da qualche tempo ho anche un’agenzia di management, quindi gestisco l’immagine di altri sportivi, personaggi televisivi, attori… Sono molto impegnato!
Era un po’ che mancavi dalle corse…
Eh sì. L’ultima volta ero venuto un paio di anni fa al Giro, ma ogni volta era una toccata e fuga, quindi non respiravo quell’aria di ciclismo che sto invece respirando in questi giorni. E vi dico la verità, mi mancava molto! Ho ritrovato un sacco di persone che non vedevo da tanto tempo, persone con le quali ho condiviso tanta vita. Qualche mattina fa, per esempio, prima del via ero a fare due chiacchiere con Stefan Kung. Lui era mio compagno di squadra e di stanza alla Bmc. Stefan è stato quasi come la mia fidanzata! Abbiamo passato tanto tempo insieme: ritiri, corse, facevamo lo stesso calendario, quindi è una persona che è stata una parte molto importante della mia vita. Poi però non ci siamo praticamente più visti.
Beh, ce ne saranno di persone che senti, hai sentito…
Molte, queste cose fanno sorridere… Le persone entrano ed escono dalla tua vita. Un po’ come il ciclismo. Poi non frequentandolo più ti stacchi un po’. Per questo motivo questa esperienza mi sta piacendo molto. La sto vivendo con entusiasmo. E spero di riuscire a svecchiare alcuni aspetti. Magari svecchiare non è proprio la parola giusta, ma vorrei portare quello che ho costruito in questi anni in altri ambiti. Il ciclismo ha tanto da raccontare, ma spesso lo fa in modo un po’ “vecchio”. Non lo dico io, basta andare a vedere i dati: non è così seguito e non è così seguito dal mondo giovane. Le istituzioni ciclistiche ne parlano: l’età media dei fans del ciclismo è un pochino alta. Mi piacerebbe fare appassionare la gente più giovane.
Ti abbiamo lasciato che eri un passista, un cronoman davvero promettente. Hai nominato Kung, adesso c’è Ganna e altri ragazzi della tua età che sono protagonisti. Pensi mai che saresti potuto essere al loro posto o con loro?
Con Kung e Ganna hai preso due esempi che ho sempre visto 3-4 spanne sopra di me. E correndoci insieme so quel che dico. Mi ricordo di Filippo la prima volta che venne in nazionale a girare nel quartetto. Io facevo parte di quel treno, facemmo terzi agli europei con Viviani, Bertazzo, Scartezzini… All’epoca i tempi non erano quelli di ora, ma eravamo comunque il quartetto più forte in circolazione, almeno in Italia. Quando un giorno appunto arriva questo ragazzetto che tutti dicevano già essere molto forte. La prima volta che entrò in pista con noi Villa dovette sgridargli perché strappava, tanto andava forte. Ci aveva subito impressionato. E mi sono detto: questo qua farà qualcosa di grande. E la stessa cosa vale con Kung, lui l’ho vissuto proprio da vicino.
Lo svizzero è un talento, anche se…
Ne parlavo con lui – interviene Ignazio – è stato molto sfortunato ad inizio carriera perché si è rotto una vertebra proprio al Giro. E’ caduto tante volte perché è uno che rischia troppo, ma ha un motore… Gli ho visto fare delle cose che non ho visto fare a nessuno.
E’ anche un ottimo sciatore di fondo, ha persino fatto delle gare…
Sì, va anche a correre a piedi! E’ un personaggio. Mi ricordo quando ha vinto il Tour de Normandie nel 2014. Un giorno ha fatto 100 chilometri con altri due a 30” secondi davanti al gruppo tutto in fila indiana che li inseguiva. Mi dicevo: qua c’è qualcosa che non va – ride – se lui è davanti in quel modo e io in gruppo sono “a tutta”, vuol dire che non so se posso fare il ciclista! Insomma, tutto questo per dire che non ho pentimenti in questo senso. Oltre al fattore talento, io purtroppo non ho mai avuto quella dedizione così maniacale che il ciclismo moderno pretende.
Ma di brutto la pretende!
Non è più come una volta, come ai tempi di mio papà, per esempio. Lui ti racconta che andava a fare cinque ore di bici, usciva regolare, ogni tanto menava un po’ e via. Adesso è una cosa incredibile. Ci si allena come dei cyborg, si mangia come dei cyborg… Io non ero fatto per queste cose: sono sincero e sono anche molto onesto con me stesso. Ho visto dei dati della Strade Bianche di Van der Poel che mi hanno fatto venire la pelle d’oca: 440 watt medi per gli ultimi novanta minuti. Io 440 watt, quando andavo forte, li tenevo per 5′-6′ e poi ero arrivato! Questo ci fa un’ora e mezza e pesa 15-20 chili meno di me.
Chi ti piace dei corridori di oggi? Anche nel modo di correre intendiamo.
Secondo me è veramente un bel momento per il ciclismo, perché ci sono tanti corridori che mi piacciono e che entusiasmano il pubblico. Penso ad Alaphilippe che mi piace da sempre: pur essendo francese è molto simpatico e lo conosco anche abbastanza bene. Mi piace moltissimo Van der Poel. Mi piace Van Aert, che è uno veramente solido e che dà l’impressione di non cedere mai. E mi piace Filippo Ganna. Pippo può fare tanto per il ciclismo italiano nei prossimi anni. Nelle crono ha già fatto tutto quello che poteva…
Beh proprio tutto, tutto no: mancano le Olimpiadi…
Ah sì, hai ragione. Però dove lo voglio vedere e dove sono sicuro che potrà fare bene sono le classiche del Nord. Secondo me se uno con le sue caratteristiche non vince una Roubaix da qui a fine carriera è veramente grave. Non voglio gufargliela, anzi tocchiamo ferro, però mi sembra difficile che in futuro non riesca a centrare una Roubaix.
C’è qualcuno che senti con una certa costanza, con cui sei rimasto in rapporti più stretti?
Proprio con Pippo siamo molto amici. Ci sentiamo spesso, poi lui è anche un grande amante dei nostri vini e un bicchiere gli capita di farselo, anche durante la stagione. Sento spesso Trentin. Siamo conterranei e poi abbiamo anche un gruppo di amici in comune, un gruppo su WhatsApp…. Ehi guarda (mostra il telefono, ndr), mi ha scritto adesso Filippo!
Vai ancora in bici ogni tanto?
Devo essere sincero, molto meno di quello che vorrei. Vivendo a Milano risulta parecchio difficile. Là si rischia la vita quando si esce in bici! Neanche ce l’ho più a Milano, l’ho riportata a Trento e lì, l’estate soprattutto, esco quasi sempre. Il problema è che a Trento ci vado poco… quindi esco poco in bici.
Ormai si parla sempre di loro: i giovani che passano e vanno forte. Che idea ti sei fatto?
E’ un qualcosa che stava iniziando quando correvo io e che sta prendendo sempre più piede. Se vai a vedere come si allena uno juniores adesso, praticamente è un professionista. Guardiamo Evenepoel. Okay lui è fenomeno fuori categoria, anzi prima non ho citato lui tra quelli che mi piacciono, però vedi che già da juniores faceva delle prestazioni stupefacenti. Mi ricordo che nella crono che vinse Van der Poel tra gli under 23 ad Innsbruck, se non sbaglio, Remco aveva fatto 2” secondi in meno di lui e su un settore aveva preso solo 10”-15” dal vincitore dei professionisti. Il fatto che si sia estremizzato tutto tra i giovani influisce sulle prestazioni che vediamo tra i pro’. E poi secondo me c’è anche un’altra cosa che incide.
Quale?
Una volta quando si passava, nei primi anni, volente o nolente anche se eri più forte del capitano dovevi tirare. E non c’era niente da fare. Adesso c’è molta meno gerarchia in gruppo. E anche come corrono conta. Non sempre mandano via la fuga, c’è spesso sparpaglìo, la corsa è molto più anarchica e anche questo, secondo me, favorisce i giovani.